XVII Legislatura

Commissione parlamentare per le questioni regionali

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Mercoledì 13 aprile 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE FORME DI RACCORDO TRA LO STATO E LE AUTONOMIE TERRITORIALI, CON PARTICOLARE RIGUARDO AL «SISTEMA DELLE CONFERENZE»

Audizione del segretario generale della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Marcello Mochi Onori, del direttore della Conferenza Stato-Regioni, Antonio Naddeo, e del direttore generale della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome, Paolo Pietrangelo.
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 3 
Mochi Onori Marcello , Segretario generale della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ... 3 
Naddeo Antonio , Direttore della Conferenza Stato-Regioni ... 5 
Pietrangelo Paolo , Direttore generale della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome ... 6 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 7 
Gigli Gian Luigi (DeS-CD)  ... 8 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 8 
Pietrangelo Paolo , Direttore generale della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome ... 8 
Naddeo Antonio , Direttore della Conferenza Stato-Regioni ... 9 
Mochi Onori Marcello , Segretario generale della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ... 10 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 10

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANPIERO D'ALIA

  La seduta comincia alle 8.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del segretario generale della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Marcello Mochi Onori, del direttore della Conferenza Stato-Regioni, Antonio Naddeo, e del direttore generale della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome, Paolo Pietrangelo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al «sistema delle conferenze», l'audizione del segretario generale della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Marcello Mochi Onori, del direttore della Conferenza Stato-Regioni, Antonio Naddeo, e del direttore generale della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome, Paolo Pietrangelo.
  Nel ringraziare i presenti per la loro disponibilità, do la parola al dottor Marcello Mochi Onori.

  MARCELLO MOCHI ONORI, Segretario generale della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. Signor presidente, onorevoli senatori, onorevoli deputati, come segretario generale della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome non posso che partire dalle considerazioni espresse dal presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Stefano Bonaccini, nell'audizione del 7 aprile scorso, e dal documento approvato dalla Conferenza e consegnato in quell'incontro.
  La presente indagine conoscitiva della Commissione parlamentare per le questioni regionali è utile e opportuna, anche perché si svolge all'indomani dell'approvazione, da parte del Parlamento, della riforma costituzionale che, in caso di conferma referendaria, darà vita a un bicameralismo differenziato e, per forza di cose, finirà per incidere nel cosiddetto «sistema delle conferenze».
  Occorre quindi riflettere sulla messa a punto del loro nuovo ruolo, della loro rinnovata missione e del loro concreto funzionamento. Occorre identificare una configurazione coerente con il diverso assetto istituzionale, legato alla nuova funzione del Senato, che sarà sede di raccordo con le istituzioni territoriali; un raccordo che va inquadrato nell'ambito del potere legislativo e va comunque distinto dal ruolo che spetta ai governi, siano essi centrali, regionali o locali.
  Premetto che concordo con quanto il professor Bassanini ha sostenuto nella sua audizione presso questa Commissione, allorquando ha affermato testualmente che le «esigenze operative concrete affidate al “sistema delle conferenze” [...] non potrebbero mai essere trasferite a un'assemblea parlamentare, perché riguardano essenzialmente il raccordo tra esecutivi». Pag. 4
  Bisogna quindi immaginare una nuova intelaiatura delle conferenze, che consenta un efficace raccordo amministrativo e una più puntuale definizione e organizzazione di alcuni aspetti tecnico-amministrativi (i due termini vanno tenuti distinti), tali da consentire, innanzitutto, tempi certi e più rapidi per l'assunzione delle decisioni.
  Penso a una migliore proceduralizzazione del meccanismo dei pareri, delle intese, siano esse deboli o forti, e degli accordi. Voglio fare solo un esempio, in realtà più tecnico che procedurale, di un'innovazione che consentirebbe di risparmiare non solo tempo, ma anche denaro. Mi riferisco all'introduzione dell'uso massiccio, per le numerosissime riunioni preparatorie che precedono gli incontri formali, della videoconferenza, strumento fra l'altro molto sfruttato dalla nostra Conferenza delle Regioni (nel 2015 abbiamo avuto 130 videoconferenze).
  Non va inoltre trascurata la necessità di prevedere comunque forme di raccordo adeguate fra il Senato e il «sistema delle conferenze», per realizzare uno strumento coeso di contatto fra Parlamento, Governo e Regioni. Il Senato sarà, infatti, il luogo della mediazione politico-istituzionale, che si esplica nella partecipazione dei territori alla legislazione dello Stato, o in via diretta (leggi bicamerali) o, più frequentemente, in via consultiva e di controllo (pareri e indagini).
  A maggior ragione, le conferenze dovranno essere, come in gran parte già sono, la sede della collaborazione amministrativa. Penso al riparto dei fondi e al fondo sanitario nazionale, all'esame dei decreti attuativi, un quadro che rende opportuno che il raccordo fra queste due fasi, da considerare due facce di un'unica medaglia, avvenga possibilmente attraverso la presenza nel futuro Senato di chi, in base alla Costituzione, rappresenta la Regione e ne decide quindi l'indirizzo politico.
  È questo del resto quanto auspicano i Presidenti delle Regioni, quando sostengono la necessaria presenza dei presidenti stessi nel Senato, come si evince dalle posizioni assunte nel corso di questi ultimi due anni. Temi Su questo tema occorrerà prestare la dovuta attenzione quando si affronterà il contenuto della successiva legge elettorale, prevista dalla riforma costituzionale, all'articolo 2 del disegno di legge.
  Vi è però un secondo aspetto che suggerisce una più attenta riflessione su questo tema: l'eliminazione della legislazione concorrente – se non sbaglio caso isolato nei Paesi a struttura federale in Europa – consiglia di tenere ben stretti i legami fra la normazione primaria e quella secondaria, per evitare che le finalità da raggiungere, quali la coesione del sistema complessivo, vengano contraddette da risultati opposti, in una sorta di eterogenesi dei fini.
  In questo quadro, va sottolineato che l'attuale «sistema delle conferenze» è un grande deposito di esperienze da non disperdere, essendo stato per oltre 30 anni lo strumento principale della governance e della leale collaborazione fra diversi livelli di governo. Tale esperienza nasce con il decreto dell'ottobre del 1983, che istituì, in via amministrativa, la Conferenza Stato-Regioni, ad opera del Governo Craxi, cui ha fatto seguito l'istituzione per legge, nell'ambito del riordino della Presidenza del Consiglio dei ministri nel 1988, sotto il Governo Spadolini, mentre del 1996 è l'istituzione della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali.
  Il cosiddetto «federalismo amministrativo», a costituzione vigente, della riforma Bassanini del 1997, ha ridefinito e riordinato quelli che sono attualmente ruolo e compiti del «sistema delle Conferenze», fra l'altro razionalizzandone l'attività, con l'unificazione della Conferenza Stato-Regioni e Stato-Città, nella cosiddetta Conferenza unificata, nei casi in cui debbano esprimersi su un medesimo oggetto.
  Sinora mi sono riferito al sistema di coordinamento verticale tra diversi livelli di governo, ma occorre sottolineare anche la forma di coordinamento orizzontale, su base volontaria fra Regioni, ossia la ratio della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome – oltre la Conferenza dei Consigli regionali – forma di coordinamento che in Paesi stranieri a solida struttura federale, in particolare Germania, Austria Pag. 5 e Belgio, ha una funzione fondamentale e più diffusa di quella verticale.
  Sulla Conferenza delle Regioni non mi dilungo, ma deposito agli atti un breve dossier statistico riferito all'anno 2015, che evidenzia l'importanza che riveste per le Regioni questo strumento. In particolare, segnalo un grafico nel quale è sintetizzato, dal versante delle Regioni, il percorso decisionale tecnico e politico che, dopo un iter molto partecipato, conduce a posizioni quasi sempre unanimi, che la Conferenza delle Regioni poi sosterrà non solo nelle sedi ufficiali, nella Conferenza Stato-Regioni unificata, ma anche nei confronti del Governo, del Parlamento e dell'Unione europea.

  ANTONIO NADDEO, Direttore della Conferenza Stato-Regioni. Grazie, presidente, buongiorno, senatori e onorevoli, io sono il Capo del dipartimento per gli affari regionali e il segretario della Conferenza Stato-Regioni e unificata.
  Prima di addentrarmi nella tematica da un punto di vista tecnico, poiché tutte le relazioni precedenti di autorevoli esponenti del Governo hanno delineato il futuro della Conferenza in relazione alla riforma costituzionale, vorrei soffermarmi sul lavoro che attualmente svolgono la Conferenza Stato-Regioni e la Conferenza unificata, portandovi dei numeri ed esprimendo qualche considerazione sul futuro di questo importante organismo, come è stato detto dal collega Mochi Onori.
  Nel 2014 sono state svolte 21 sedute della Conferenza Stato-Regioni, con 221 ordini del giorno iscritti e 196 atti adottati; nel 2015 le sedute della Conferenza Stato-Regioni sono state 22, 302 gli ordini del giorno iscritti e 239 gli atti adottati.
  Come più volte è stato detto, l'attività della Conferenza si estrinseca in pareri su disegni di legge e su decreti-legge del Governo. Nel 2014 i pareri della Conferenza Stato-Regioni sono stati 50, nel 2015 sono stati 65.
  L'attività più forte della Conferenza è quella sulle intese e gli accordi che si raggiungono. Nel 2014 le intese raggiunte sono state 72 e le mancate intese 5, mentre nel 2015 sono state 91 le procedure avviate per addivenire ad intese, con 2 mancate intese. Gli accordi sono stati 20 nel 2014 e 31 nel 2015.
  L'attività più rilevante è quella sulle intese, che si esplica nella normazione secondaria, mentre i pareri vengono dati sulla normazione primaria e le intese e gli accordi vengono fatti su atti regolamentari, su attività di raccordo tra lo Stato e le Regioni.
  La Conferenza unificata ha qualche numero inferiore, perché c'è stato un minor numero di sedute, 19 nel 2014 e 14 nel 2015, 193 gli ordini del giorno iscritti nel 2014, 188 nel 2015, 162 gli atti adottati nel 2014, 136 nel 2015. Le intese che, come ho detto, secondo me sono la parte più rilevante, sono state 39 nel 2014 (non c'è stata nessuna mancata intesa), mentre sono state 28 nel 2015, di cui una mancata intesa: gli accordi sono stati 15 nel 2014 e 12 nel 2015.
  Questo serve a capire quale può essere il futuro della Conferenza in relazione alla normativa. Nella parte dei pareri, dei disegni di legge, dei decreti-legge, spesso il parere della Conferenza sul più importante documento di finanza pubblica, cioè sulla legge di stabilità, viene dato con ritardo, anche perché la trattativa politica non viene svolta nella sede della Conferenza delle Regioni. Se il nuovo Senato si occuperà della parte legislativa e dei rapporti tra lo Stato e le Regioni, ciò potrà liberare di più la parte delle intese per quanto riguarda il rapporto della normazione secondaria e le applicazioni della legge. Il riparto dei tagli nel settore della sanità, a seguito della legge di stabilità, è un atto molto importante che viene realizzato in sede di Conferenza, come dimostra il fatto che viene più volte rinviato e l'intesa viene raggiunta dopo una serie di riunioni sia tecniche che politiche.
  Sulla parte delle riunioni tecniche, ho letto l'intervento del professor Bassanini, che ha evidenziato come spesso le conferenze si chiudano in pochissimi minuti, perché c'è stato un forte e importante lavoro tecnico, che c'è tuttora, perché le riunioni tecniche svolte dai membri del Governo e dai rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali, ANCI, UPI e UNCEM, hanno sempre portato a un'istruttoria Pag. 6 completa, per cui si arriva alla Conferenza quando si è praticamente già deciso tutto, e poche volte si discute in questa sede.
  Una delle volte in cui si discute in sede di Conferenza Stato-regioni e in sede di Conferenza unificata è quando la Conferenza ha un ruolo più importante dal punto di vista politico e devono essere decisi, ad esempio, dei tagli, che vengono individuati nella legge di stabilità, ma ripartiti in sede di Conferenza tra le varie Regioni e tra le varie tipologie di tagli, come nel già richiamato esempio del settore della sanità.
  Il futuro può essere un mantenimento del ruolo delle conferenze, perché tutta l'attività di rapporto nell'ambito della normazione secondaria è un'attività importante, più volte ribadita dalla Corte costituzionale. La Conferenza è nata con un atto amministrativo, è stata confermata poi da alcune leggi e la sua attività è stata ribadita e incrementata più volte dalla Corte costituzionale, rilevandone l'importanza.
  Un Senato che viene riformato (ovviamente andrà visto come questo sarà composto e chi si siederà in Senato) induce a riformare la Conferenza, e ciò era necessario anche a prescindere dalla riforma costituzionale, per cercare di snellire l'attività della Conferenza e concentrarla sugli atti più rilevanti da un punto di vista amministrativo e di normazione secondaria.

  PAOLO PIETRANGELO, Direttore generale della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome. Grazie, presidente, ringrazio questa Commissione e gli onorevoli deputati e senatori per questo invito.
  Innanzitutto, vorrei ringraziare a titolo personale per questa indagine conoscitiva che, anche dalla lettura degli atti finora depositati, è risultata di grande utilità da un punto di vista conoscitivo, rispetto ad una delle questioni che, come è stato sottolineato da chi mi ha preceduto, sarà dirimente nell'attuazione della riforma costituzionale approvata ieri dalla Camera dei deputati, in quarta lettura.
  Il «sistema delle conferenze» ha rappresentato, come evidenziato anche da Marcello Mochi Onori, un elemento di grande importanza nell'assetto di una collaborazione istituzionale tra governi regionali e governo centrale, dinanzi a un Paese che si era molto spinto su una differenziazione di carattere legislativo tra Stato e Regioni ma, al contempo, non aveva programmato un coordinamento di carattere istituzionale.
  Ricordo – il Presidente D'Alia è una memoria storica in virtù delle sue esperienze di carattere scientifico – che, all'indomani dell'approvazione della riforma del Titolo V nel 2001, prese avvio il dibattito sull'attuazione e integrazione di questa Commissione parlamentare con i rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali, dibattito che, a un certo punto, si arenò per una serie di motivi. Forse, oggi, è invece possibile mettere a sistema tutto quello di cui si era già rilevata, qualche anno fa, l'importanza.
  Dal nostro punto di vista di rappresentanti delle Assemblee legislative regionali, le quali siederanno indirettamente nel nuovo Senato della Repubblica, perché i senatori saranno consiglieri regionali, si creeranno quella collaborazione e quell'elemento di collegamento tra il Senato della Repubblica, ossia una Camera costituzionale di rango nazionale, e le Camere legislative di carattere regionale. È quanto credo finora sia mancato.
  Nell'elaborazione della legislazione, giustamente, è stato sottolineato quanto ha fatto il «sistema delle conferenze», al fine di strutturare un'ottima collaborazione di carattere amministrativo, ma è mancata finora una trasparente, pubblica, legittima discussione di carattere politico e istituzionale sulla legislazione. La potestà legislativa concorrente è abrogata dalla riforma costituzionale, quindi a maggior ragione occorre una sede in cui le esigenze del legislatore nazionale vengano contemperate e organizzate con quelle del legislatore regionale, al fine dell'attuazione delle politiche pubbliche.
  Da questo punto di vista credo che, se saremo capaci di strutturare e fare tesoro delle esperienze fin qui maturate, ci avvieremo verso un'esperienza di carattere virtuoso, basata sulla collaborazione. Il «sistema delle conferenze», per quanto riguarda Pag. 7 i rapporti tra i governi e il sistema delle Assemblee regionali – che rappresenta la Conferenza di cui sono direttore – potrà dare un importantissimo e utile contributo di rete, perché avremo in Senato 74 consiglieri regionali, oltre ai rappresentanti dei sindaci.
  Come diceva il dottor Mochi Onori, vedremo le modalità di elezione di questi rappresentanti, se siederanno o meno anche i Presidenti delle Regioni, quali sindaci siederanno in questa sede, che tipo di impegno e di lavoro chiamerà a svolgere il nuovo Senato, ma è indubbio che la rete, il sistema delle conferenze, delle assemblee e dei governi regionali sarà dirimente, di grande importanza per amplificare e dare risonanza al lavoro da fare.
  Credo che questo sia finalmente l'elemento di grande novità: l'armonizzazione legislativa, cioè fare in modo che il sistema istituzionale non proceda a compartimenti stagni, ossia che non si proceda ognuno per sé, nella migliore delle ipotesi con equivoci in buona fede, nella peggiore, come spesso è accaduto, con prese di posizioni di carattere autoreferenziale, sfociate in un pregiudizievole contenzioso di carattere costituzionale.
  L'obiettivo è questo. Se riusciremo a organizzare un nuovo Senato con un buon Regolamento che ne disciplini il funzionamento, in cui – richiamo la posizione espressa dal mio presidente nell'audizione del 23 marzo scorso innanzi a questa Commissione – i sistemi legislativo ed esecutivo, a rete, possano interagire con il nuovo Senato, si offrirà un'esperienza di grande utilità.
  La Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome rappresenta l'organo istituzionale di raccordo tra tutte le Assemblee legislative regionali e, finora, è stato un elemento di forte armonizzazione anche ai fini dell'attuazione di alcune politiche nazionali molto delicate. Richiamo, come esempio, il decreto-legge Monti n. 174 del 2012, in cui abbiamo giocato un ruolo fondamentale, affinché vi fosse un'attuazione armonizzata e omogenea su tutto il territorio nazionale, in quanto abbiamo capito che l'autonomia regionale è tanto più forte quanto è armonizzata: avere una sede in cui c'è una compensazione, una concertazione e un riconoscimento dei luoghi in cui si possa procedere a scelte condivise risulta di grande importanza.
  Lo stesso si può affermare nel rapporto con la Corte dei Conti, riconosciuto dallo stesso presidente Squitieri proprio quest'anno, all'inaugurazione dell'anno giudiziario: è stato infatti sottolineato l'elemento centrale di coordinamento tra la sezione delle autonomie e il sistema delle Assemblee per quanto riguarda tutta la fase dei controlli, che abbiamo avviato con il decreto-legge n. 174, e a maggior ragione con l'entrata in vigore dell'armonizzazione di carattere anche finanziario.
  Propongo altri due elementi di notazione: c'è già con il Senato della Repubblica un percorso avviato rispetto alla fase legislativa di carattere europeo, che è uno degli elementi cardine di attuazione delle politiche pubbliche, quindi il rapporto Europa-Stato e livelli regionali e locali. Da anni, collaboriamo con il Senato alla fase ascendente, con la XIV Commissione, e anche nel merito con alcune Commissioni parlamentari di settore relativamente ad alcuni early warning.
  C'è poi l'elemento di novità su cui le Assemblee regionali, da anni, hanno investito, che è stato riconosciuto dalla riforma costituzionale, ossia il tema della valutazione delle politiche pubbliche. Ieri abbiamo inaugurato il master sulla valutazione delle politiche pubbliche tra il Senato della Repubblica e la Conferenza, con un grande elemento di novità istituzionale a legislazione costituzionale vigente, realizzando un investimento a prescindere dagli esiti della riforma, in quanto crediamo che sarà centrale l'elemento di collaborazione di carattere istituzionale, ma al contempo anche tecnico e quindi di carattere professionale.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, vorrei rivolgere alcune domande.
  Come interpretate la disposizione dell'articolo 55 della Costituzione, secondo il testo di riforma, definitivamente approvato Pag. 8ieri dalla Camera, che attribuisce al Senato l'esercizio delle funzioni di raccordo?
  Chiedo questo perché il raccordo legislativo è disciplinato dall'articolo 55 e negli altri articoli del testo della riforma nell'ambito del procedimento legislativo, sia attraverso le leggi bicamerali che attraverso l'esercizio del potere di richiamo che il Senato ha relativamente a leggi esaminate dalla Camera: questo esercizio delle funzioni di raccordo e il concorso nell'esercizio delle funzioni di raccordo dello Stato con l'Unione europea e il sistema regionale delle autonomie locali nel testo di riforma costituzionale evidentemente assume un contenuto più ampio. La difficoltà è quella di riempire di contenuti questo aspetto e siamo interessati a comprendere come voi pensate che questa funzione, che non è solo di raccordo legislativo, possa o debba essere esaminata dal Senato in un contesto di collaborazione con l'attuale sistema delle Conferenze.
  La seconda domanda che vorrei rivolgervi è questa: quali sono le questioni prioritarie che un'eventuale riforma del sistema delle Conferenze dovrebbe affrontare, cioè quali possono essere i correttivi, i miglioramenti che, rispetto alla legislazione vigente, possono essere introdotti nell'eventuale nuovo testo di riforma del sistema delle Conferenze, ovviamente sia a Costituzione vigente che a Costituzione modificata all'esito del referendum?
  La terza e ultima domanda è questa: considerate utile che tutto il «sistema delle conferenze» – qui mi riferisco non solo alle conferenze che sono codificate e disciplinate che si occupano del rapporto fra l'esecutivo nazionale e quelli regionali, ma anche al sistema delle conferenze delle Assemblee legislative regionali – per le ragioni esposte sia da voi che dai Presidenti della Conferenza Stato-regioni e della Conferenza delle Assemblee legislative regionali sia incardinato funzionalmente nell'ambito del Senato?
  Do ora la parola al collega Gigli che ha chiesto di intervenire.

  GIAN LUIGI GIGLI. Mi riferisco soprattutto all'inizio dell'intervento del dottor Mochi Onori, che credo abbia messo il sale su una piaga o, quantomeno, un dubbio che una piaga possa manifestarsi. Ha infatti giustamente evidenziato una funzione di raccordo tra governi regionali e delle Province autonome per quanto riguarda la Conferenza Stato-Regioni e, al tempo stesso, del Senato, come un luogo nel quale, stante la riforma costituzionale appena approvata, dovrebbero essere rappresentate le autonomie territoriali.
  Il limite che dall'inizio è stato sottolineato per quanto riguarda questa nuova configurazione del Senato è proprio questo, ossia la sua capacità di rappresentare le autonomie territoriali. Vedremo come ciò si tradurrà con le leggi elettorali che dovranno declinare lo spirito di questa riforma per quanto riguarda la composizione del Senato, ma è certo che lo stesso Presidente del Consiglio, nella sua replica dell'altro giorno, si è posto forse per la prima volta in maniera netta un problema di questo tipo, dicendo che, forse, bisognava immaginare un sistema di voto per delegazione (ha usato queste parole), che in forme da costruire poteva rendere più stringente quel rapporto che, fin dall'inizio, molte forze politiche – forse con l'esclusione di una sola che era alla base del patto che ha portato alla riforma costituzionale – avrebbero invocato. Si è parlato a più riprese del Bundesrat o, comunque, di una presenza ufficiale dei governi regionali all'interno del Senato. La domanda è sempre quella: se tutto questo è vero, a vostro avviso, in questo contesto sarà possibile dare corso all'impegno assunto dal Governo – in occasione della seconda lettura – tramite l'ordine del giorno con cui la Conferenza Stato-Regioni veniva richiamata solo relativamente agli aspetti di ordine tecnico-amministrativo e non più di ordine politico?

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai nostri ospiti per la replica.

  PAOLO PIETRANGELO, Direttore generale della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome. Ringrazio per queste domande che ci consentono di spiegare Pag. 9forse più chiaramente quello tutti e tre abbiamo detto qui questa mattina.
  Io la vedrei così, con molta chiarezza e molta franchezza: noi adesso dobbiamo ragionare chirurgicamente; ci troviamo di fronte ad un testo costituzionale approvato che in effetti poteva essere migliore per alcuni aspetti (lo ha detto anche lei), ma non è quello che abbiamo sotto mano, nel senso che alcune aporie non sono state volutamente risolte oppure c'è stata una volontà politica chiara.
  Non entro nel merito dell'opportunità della presenza dei Presidenti delle Regioni, perché sono in un ruolo diverso, però, allo stesso tempo, se leggo le carte come sono abituato a fare, abbiamo un testo che è partito in un modo e si è chiuso in un altro, addirittura tra i pochi emendamenti introdotti in seconda lettura c'è stata da parte del legislatore costituente, il Parlamento, la volontà che siano gli elettori, i cittadini a scegliere i loro rappresentanti al Senato, scelta completamente diversa rispetto a quella di un modello chiaro come il Bundesrat.
  Dobbiamo partire da questa realtà. Allo stesso tempo, sappiamo come deve essere il sistema per funzionare, quindi un forte raccordo sulla legislazione è determinante. Il Senato, a questo punto, dovrà essere un organo che, da una parte concorre alla legislazione statale, dall'altra, deve al contempo andare in sinergia nell'elaborazione della legislazione statale con quella regionale, altrimenti torniamo ai problemi di prima.
  Stando così le cose, non focalizzerei l'attenzione sul discorso della legge elettorale, anche perché il tema potrebbe diventare nuovamente specioso e perdere la sua efficacia di carattere istituzionale, per tornare a un trito dibattito politico. Dobbiamo invece studiare i meccanismi per mettere in assonanza il lavoro del Senato con quello che dovrà svolgere il «sistema delle conferenze», come ha detto il presidente D'Alia: da una parte la Conferenza Stato-Regioni – come diceva il consigliere Naddeo – rafforzando, rivedendo e codificando il carattere amministrativo, dall'altra, intervenendo sull'aspetto legislativo, rispetto al ruolo del sistema regionale – con giunte e assemblee – in relazione al Senato.
  Credo che si possa molto lavorare da questo punto di vista. Voi sapete che il nuovo Senato – non so se eletto direttamente dai cittadini con la legge di principio scritta dal Parlamento nel 2018, o il nuovo Senato con la legge transitoria, se si dovesse andare a votare nel 2017 – dovrà rivedere il suo regolamento di funzionamento.
  Sapete che i regolamenti interni delle Camere hanno rango quasi costituzionale, quindi sono superiori addirittura ad una legge dello Stato: se quei regolamenti disciplinano perfettamente il funzionamento di raccordo tra autonomie territoriali e Senato, in qualche modo procedimentalizzando l'audizione, la presenza, il parere degli organi legislativi e degli organi esecutivi regionali, potremmo risolvere tanti problemi senza tornare ai massimi sistemi.
  Forse in questo modo rafforzeremo una volontà iniziale del Governo, quella di calmierare la rappresentanza politica con la rappresentanza territoriale, perché il coinvolgimento del «sistema delle conferenze» tra legislativi ed esecutivi rafforza la dimensione territoriale e depotenzia quella politica.

  ANTONIO NADDEO, Direttore della Conferenza Stato-Regioni. Rispondo da un punto di vista tecnico. Avevo già detto nel mio intervento che le Conferenze, già ora, a prescindere dalla riforma costituzionale, devono essere oggetto di una riorganizzazione.
  Lo dico perché, andando a vedere la relazione che il Ministro Boschi ha svolto in questa sede, ci sono alcune risposte alle domande poste dal presidente e dall'onorevole Gigli per quanto riguarda sia la declinazione dell'articolo 55 della Costituzione per il nuovo Senato, sia la presenza del Governo all'interno del Senato con l'articolo 64, in cui c'è già un forte rapporto. La priorità sta quindi nell'attuazione di queste norme della Costituzione, nella riforma dei regolamenti parlamentari e nell'approvazione della legge elettorale; successivamente si potrà vedere come debbano essere riformate le conferenze.
  Se però vado a vedere i risultati dell'attività delle conferenze, oggi sui pareri – cioè quella parte di attività delle conferenze Pag. 10 inerenti all'attività legislativa e soprattutto all'attività legislativa del Governo – più volte ci siamo detti che un provvedimento era già in Parlamento, un altro era stato emanato e la Conferenza era arrivata in ritardo a esprimere pareri che poi non venivano considerati dal Governo.
  Se c'è un luogo, in questo caso il Senato, dove c'è una rappresentanza del Governo, in quella sede l'attività legislativa, il rapporto tra Regioni e Governo – il Ministro Boschi risponde anche a quello che si diceva in merito a un rapporto ascendente, non discendente, verso l'Unione europea – porterà a rafforzare la funzione delle conferenze, in particolare nella normazione secondaria e nell'attuazione delle disposizioni legislative.
  Il tutto però dipende da come sarà costruita la legge elettorale, dalla composizione del Senato, dall'eventuale presenza dei Presidenti. Considero difficile che all'interno del Senato ci siano i Presidenti, visto che presiedere una Regione è un impegno notevole e diventa complicato gestire il tutto, ma questa è una mia opinione personale. La priorità è quindi su come verranno attuate le norme costituzionali e, da lì, si potranno riformare le conferenze.

  MARCELLO MOCHI ONORI, Segretario generale della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. Sarò brevissimo. Per quanto riguarda il «sistema delle conferenze», sono dell'idea che vadano riformate, ma con piccoli ritocchi, nel senso che vanno proceduralizzati meglio i tempi e bisogna abbreviare il procedimento, perché a volte c'è un rimpallo fra Governo, Conferenza, Regioni: quindi si tratta di fare delle piccole modifiche, in quanto fondamentalmente la Conferenza Stato-Regioni unificata funziona.
  Per quanto riguarda quello che diceva l'onorevole Gigli, in merito al raccordo fra Governo, Senato e autonomie territoriali, che si lega anche alla prima domanda del presidente D'Alia sull'articolo 55, vi invito a leggere nella riforma costituzionale l'articolo 31 del disegno di legge, che modifica l'articolo 117 della Carta costituzionale.
  Intanto non abbiamo più la legislazione concorrente, ma una legislazione esclusiva. Faccio un esempio di legislazione esclusiva statale: disposizioni generali e comuni per la tutela della salute. Un esempio di potestà legislativa esclusiva regionale è la programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali. Potrei fare altri esempi di legislazione esclusiva statale, come le disposizioni generali e comuni sull'istruzione e l'ordinamento scolastico e le disposizioni generali e comuni sull'istruzione e formazione professionale, materie che sono estremamente collegate con un vuoto al centro, quindi è importantissimo riempire quello che diceva il presidente.
  Cosa è questo raccordo richiamato dall'articolo 55? Le Regioni hanno sempre avuto l'idea del Bundesrat, anche se poi le cose sono cambiate, tanto che la Conferenza delle Regioni è un Bundesrat fatto in casa dalle Regioni. Da trent'anni le Regioni vanno d'accordo nell'ambito di questa organizzazione, che ha delle differenze rispetto al Bundesrat, perché non vi sono pesi diversi fra Regioni, però fondamentalmente è la Conferenza degli esecutivi.
  Ritengo che questo nuovo articolo 55 possa realizzare il raccordo in base al ruolo – Consiglieri regionali o Presidenti – di coloro che porteranno le esigenze di ciascuna Regione, perché sappiamo tutti come funziona nel Bundesrat.
  È fondamentale dunque la legge elettorale, anche perché la scelta dei cittadini – questo lo dico a titolo personale – ha in parte reciso il collegamento con le autonomie territoriali e questo è il punto delicato di tutta la riforma. Il resto si può risolvere, però per questo, politicamente, occorre trovare una soluzione e una sintesi che eviti impasse da cui è difficile uscire.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.