XVII Legislatura

XIV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 13 gennaio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bordo Michele , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI STRUMENTI E I METODI PER LA VALUTAZIONE EX ANTE E EX POST DELL'IMPATTO DELLA NORMATIVA DELL'UNIONE EUROPEA

Audizione di rappresentanti dell'EASO (European Asylum Support Office).
Bordo Michele , Presidente ... 2 ,
Camilleri Mark , Coordinatore per le politiche e le relazioni interistituzionali dell'EASO ... 3 ,
Bordo Michele , Presidente ... 11 ,
Buttiglione Rocco (AP)  ... 11 ,
Berlinghieri Marina (PD)  ... 12 ,
Guerini Giuseppe (PD)  ... 12 ,
Bordo Michele , Presidente ... 12 ,
Camilleri Mark , Coordinatore per le politiche e le relazioni interistituzionali dell'EASO ... 13 ,
Bordo Michele , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MICHELE BORDO

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'EASO (European Asylum Support Office).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli strumenti e i metodi per la valutazione ex ante e ex post dell'impatto della normativa dell'Unione europea, l'audizione di rappresentanti dell'EASO (European Asylum Support Office).
  A loro va il nostro ringraziamento per aver accettato l'invito a intervenire in audizione nell'ambito dell'indagine conoscitiva che stiamo svolgendo e che in questa prima fase, come sanno i commissari, si sta concentrando innanzitutto sulle tematiche relative alla gestione dei flussi migratori e ai problemi a essi connessi.
  L'intervento di Mark Camilleri fa seguito all'audizione, che abbiamo già svolto, dei rappresentanti dell'UNHCR, che ha offerto numerosi e utili elementi di informazione e valutazione alla nostra Commissione. Acquisire il punto di vista dell'EASO sulle tematiche oggetto dell'indagine appare oggi particolarmente utile anche alla luce delle iniziative adottate recentemente dalla Commissione europea e dal Consiglio per fronteggiare il consistente incremento dei flussi migratori registratosi nell'ultimo anno.
  Peraltro, alcune di quelle decisioni non hanno sinora trovato integrale attuazione per la resistenza di alcuni partner. Mi riferisco in modo specifico al programma di ricollocazione a favore di Italia e Grecia, che sta procedendo molto, molto lentamente, con una lentezza per noi assolutamente inaccettabile.
  Tra le iniziative assunte a livello europeo merita di essere segnalato in particolare il rafforzamento dell'assistenza ai Paesi più esposti agli arrivi di migranti anche attraverso la creazione dei cosiddetti hotspot. Quest'Agenzia, come le altre Agenzie europee competenti in materia, in questo contesto è sollecitata a svolgere un lavoro aggiuntivo che dovrebbe valorizzarne le specifiche competenze e rafforzarne il ruolo. È evidente che le accresciute responsabilità che le Agenzie europee sono chiamate ad assumere dovranno trovare un riscontro nel potenziamento delle risorse e delle strutture a disposizione delle Agenzie medesime, in modo che esse possano svolgere al meglio le delicate funzioni loro assegnate.
  Si sta discutendo a livello europeo sull'esigenza di pervenire a una maggiore uniformità dei criteri e delle regole adottate per quanto riguarda la valutazione delle domande di asilo e il riconoscimento dello status di rifugiato. È stata prospettata l'ipotesi di istituire una procedura unica, con un regime valevole su tutto il territorio dell'Unione europea. Su questi aspetti acquisire le valutazioni vostre diventa decisivo per supportare sul piano tecnico decisioni di estrema importanza Pag. 3che presto dovranno essere assunte, a partire dalla riforma del Regolamento di Dublino.
  La delicatezza di tale materia e la portata dei diritti in gioco impongono di evitare il rischio di adottare decisioni dettate da ragioni meramente emotive o da atteggiamenti pregiudiziali o ideologici ispirati a sentimenti xenofobi. I dati a disposizione dimostrano che le condizioni in cui versano alcuni dei Paesi prossimi ai confini dell'Unione europea di provenienza dei migranti sono talmente gravi da escludere rapide soluzioni. L'aumento dei flussi migratori è, pertanto, un problema strutturale e non contingente, che richiede da parte dell'Unione europea risposte coerenti e destinate a durare nel tempo.
  Da ultimo voglio ricordare che nel corso della recente riunione COSAC, per iniziativa italiana, è stato approvato nelle conclusioni della medesima riunione un emendamento che invita le Agenzie europee competenti a lavorare insieme per elaborare un report sui temi dell'immigrazione e dell'asilo anche nella prospettiva del superamento, come si diceva prima, del Regolamento di Dublino. La predisposizione di un documento condiviso che intrecci le diverse competenze delle tre Agenzie offrirebbe alle Istituzioni europee, ma anche alle Istituzioni dei Paesi membri, un importante contributo di conoscenza su temi tanto complessi.
  Cedo adesso la parola a Mark Camilleri per la sua relazione.

  MARK CAMILLERI, Coordinatore per le politiche e le relazioni interistituzionali dell'EASO. Grazie. Onorevole presidente, onorevoli deputati, è un onore per l'EASO essere stato chiamato a questa udienza. Scusatemi se non mi esprimerò in italiano qui con voi oggi. La ragione principale è che nell'ambito dell'asilo ci sono molti termini tecnici e che per noi, che lavoriamo sempre in inglese, è più facile esprimerci in inglese con questi termini. È solo per questo motivo che chiedo scusa se non userò l'italiano per la maggior parte della presentazione che farò oggi.
  Vorrei iniziare spiegando il ruolo dell'EASO e tutto il contesto appena illustrato dal Presidente Bordo, ossia il ruolo dell'EASO nella gestione dei flussi migratori e dell'asilo, il Sistema europeo comune di asilo e il ruolo dell'EASO nell'attuazione delle due decisioni del Consiglio di cui ha parlato anche il presidente.
  L'EASO è una nuova Agenzia dell'Unione europea, istituita nel 2010 e, quindi, ha una storia breve. È stata creata perché il Sistema europeo comune di asilo nelle fasi iniziali consisteva essenzialmente di strumenti giuridici, ma ci si è resi conto ben presto che, per avere un sistema comune, erano necessari anche dei comportamenti e delle prassi comuni. Dunque, l'Unione europea decise di istituire un'Agenzia apposita per promuovere e rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri e concorrere all'attuazione degli strumenti giuridici approvati.
  All'EASO sono stati assegnati tre compiti alquanto ambiziosi: in primo luogo, sostenere l'attuazione del Sistema europeo comune di asilo; in secondo luogo, rafforzare ulteriormente la cooperazione in materia di asilo tra gli Stati membri; in terzo luogo, dare sostegno agli Stati membri esposti a pressioni particolari.
  Questo era uno degli aspetti più controversi perché nessuno aveva definito il concetto di «pressioni particolari». Nel nostro contesto noi attribuiamo questa interpretazione: gli Stati membri che debbono affrontare flussi migratori straordinari, con numeri straordinari di richieste di asilo.
  Inoltre, all'EASO è stato affidato anche un altro compito, ossia sostenere la dimensione esterna del Sistema europeo comune di asilo e fornire sostegno ai Paesi terzi nel rafforzare le proprie strutture e le proprie capacità in materia di asilo. Il legislatore comunitario ha anche deciso di creare un'Agenzia di piccole dimensioni, dandole il nome di «ufficio», proprio per sottolineare il fatto che si trattava di una piccola struttura deputata ad aiutare e non a surrogare gli Stati membri. Pag. 4
  Nel 2016 l'EASO si trova proprio al centro del Sistema europeo comune di asilo perché sono andate aumentando le aspettative, settimana dopo settimana. Avrete seguito tutti gli sviluppi nel corso del 2015 e, in particolare, dal mese di marzo in poi. Ogni nuovo documento del Consiglio e le nuove conclusioni di ogni vertice facevano sempre riferimento all'EASO, aumentandone e allargandone le competenze. È, quindi, aumentata l'importanza di EASO. Oggi, come Agenzia, dobbiamo dimostrarci, quindi, all'altezza di queste aspettative e produrre risultati concreti rispetto alle funzioni che ci sono state attribuite.
  Ovviamente, questo richiede anche risorse adeguate. A volte è difficile ottenere queste risorse, ma confidiamo che, oltre all'incremento e all'ampliamento dell'organico che ci è stato concesso l'anno scorso per dare supporto agli hotspot, arriveranno anche nuove risorse, nuovi finanziamenti.
  Concretamente, che cosa deve fare l'EASO? L'EASO deve garantire nella massima misura possibile che casi simili vengano trattati in modo simile in tutti gli Stati membri dell'UE e che l'esito della procedura sia la stessa. Non è cosa da poco, perché attualmente, ma anche in precedenza, se un afgano con un determinato profilo faceva la domanda in uno Stato membro o in un altro, spesso l'esito della procedura era diverso e le condizioni erano diverse. È stato, quindi, chiesto all'EASO di dare sostegno e di supportare questo processo per rendere omogenee l'applicazione del diritto comunitario e le prassi concrete.
  Non è cosa facile. Abbiamo elaborato del materiale formativo comune, incoraggiando gli Stati membri e le autorità competenti a formare i funzionari competenti con il nostro materiale. Molti Stati membri utilizzavano del proprio materiale e altri non ne avevano. Oggi, quindi, la formazione comune è andata rafforzandosi e viene utilizzata da un numero maggiore di Stati membri, a volte affiancata a moduli di formazione nazionale.
  Questo si fa insieme agli Stati membri. L'EASO non è solito produrre qualche cosa nel chiuso del proprio ufficio per poi darlo agli Stati membri. C'è sempre un contatto tra EASO e gli esperti nazionali per garantire che il materiale che noi elaboriamo possa essere utilizzato agevolmente dagli Stati membri, che sono stati coinvolti nella preparazione.
  Abbiamo messo a punto delle informazioni comuni sui Paesi di origine. Per armonizzare le decisioni sull'asilo è necessario avere informazioni comparabili sul Paese di origine. In passato, e in una certa misura anche oggi, ciascuno degli Stati membri aveva le proprie fonti e i propri rapporti. Alcuni Stati membri facevano affidamento su fonti esterne, come l'Alto Commissariato dell'ONU. Se abbiamo tre Stati membri che debbono trattare casi simili, sulla base però di informazioni diverse, l'esito delle tre procedure può essere diverso.
  Abbiamo, dunque, incoraggiato gli Stati membri a utilizzare informazioni comuni sul Paese di origine. Non è qualcosa che l'EASO vuole imporre agli Stati membri. Noi elaboriamo queste informazioni insieme agli esperti degli Stati membri. Quando abbiamo messo a punto un'informativa importante di alto livello, questa informativa può diventare un rapporto proprio con il timbro europeo e può essere utilizzata dagli Stati membri.
  Il disbrigo comune delle pratiche, il trattamento comune delle richieste d'asilo, era un tabù fino a qualche tempo fa. Nessuno voleva parlarne. Tuttavia, l'EASO ha realizzato dei progetti pilota, iniziando con alcuni segmenti della procedura di decisione e ha iniziato a collaborare con alcuni Stati membri. Positivamente abbiamo visto che alcuni Stati membri si sono resi conto che in altri Paesi alcune parti della procedura erano analoghe. Abbiamo fatto anche dei progetti pilota qui in Italia nel comparto Dublino e c'è stata una certa positiva sorpresa, perché con Dublino la base giuridica è comune.
  Ovviamente, il trattamento comune delle pratiche richiede molta fiducia. Comunque i progetti pilota ci hanno incoraggiato Pag. 5 ad avanzare in questa direzione. Ci sono degli ostacoli e dei vincoli, a volte imputabili alla normativa nazionale, che non permette di utilizzare esperti di altri Paesi, ma sono tutti ostacoli superabili. Se c'è la volontà, si può andare in questa direzione.
  Quando parleremo di hotspot, ci si renderà conto che, in realtà, anche in quel caso c'è un disbrigo comune delle pratiche. Abbiamo esperti di altri Stati membri che vengono in Italia e danno supporto all'autorità nazionali italiane, per esempio con le iniziative di ricollocazione.
  EASO produce anche statistiche e informazioni comuni, quali statistiche sugli arrivi e sul numero di richieste. Abbiamo un sistema di allarme precoce e di preparazione che richiede agli Stati membri di fornirci dei dati specializzati diversi da quelli di Eurostat, dati mirati proprio sull'asilo. Oggi con cadenza settimanale, mensile e trimestrale produciamo delle statistiche sul numero delle richieste, sui tassi di approvazione e sui casi di Dublino. Pare che questi dati siano molto utili, perché alcuni Stati membri – questo ci ha sorpreso quando abbiamo visto, per esempio, le cifre relative ai «casi Dublino» in alcuni Stati membri – anche grandi, ricevono molte «richieste Dublino» da parte di altri Paesi, contrastando un po’ l'impressione che soltanto i piccoli Paesi venissero svantaggiati.
  Noi incoraggiamo anche le analisi comuni, le statistiche, il quadro complessivo e i dati qualitativi e analizziamo tutti questi dati. Abbiamo in corso, per esempio, un programma di ricerca sui fattori che spingono a emigrare e sulle ragioni per cui i migranti vogliono andare in un determinato Paese, per esempio sul perché vogliono andare in Germania o in Svezia e non in altri Paesi. Alcune risposte sono ovvie, ma ci sono anche dei motivi più complessi.
  Perché, per esempio, i richiedenti asilo di alcune nazionalità preferiscono andare verso uno Stato membro piuttosto che un altro? Vengono in Europa o vogliono andare in un determinato Paese per le possibilità di occupazione e perché hanno rapporti familiari? Questo è un programma di ricerca ampio, di lungo periodo, con un contributo anche da parte delle università e della società civile per capire meglio questi fattori.
  Abbiamo anche quello che noi chiamiamo un «quadro di supporto». Noi diamo supporto agli Stati membri che hanno esigenze speciali o esigenze di emergenza. Finora l'EASO ha aiutato Cipro, la Grecia, l'Italia e la Svezia, in passato il Lussemburgo e la Bulgaria, che ancora si avvale del sostegno di EASO. Facendo fronte a determinate esigenze individuate dagli Stati membri, aiutiamo mandando esperti e anche mettendo a punto degli strumenti, in particolare uno strumento relativo al sistema di Dublino che sta acquistando un'importanza crescente.
  A livello europeo l'EASO cerca di promuovere questa impostazione comune di cui stiamo parlando e di fornire anche delle raccomandazioni politiche basate su dati concreti. Con le nostre analisi, i nostri rapporti e le nostre attività conoscitive forniamo informazioni dirette e indirette ai legislatori su come funziona il sistema. Per esempio, se prima si riteneva che ci fosse un sistema che funzionava bene, poi si è visto che, in realtà, c'erano delle lacune. L'esame della realtà concreta aiuta a migliorare le procedure.
  In nuce ho tentato di fornirvi un quadro d'insieme delle attività di EASO. In maniera molto più semplice, la nostra realtà è molto cambiata. Con l'Agenda europea sulla migrazione del maggio dello scorso anno il ruolo di EASO ha vissuto una svolta. EASO è dovuto diventare immediatamente, in tempi rapidissimi, un'Agenzia molto operativa. Oggi EASO è attivamente coinvolto in Italia e in Grecia per supportare gli hotspot. In passato, invece, la parte operativa era – sì – importante, ma non era la parte prevalente. In passato avevamo priorità diverse. Questo aspetto operativo oggi è diventato fondamentale. Abbiamo dovuto ridurre la priorità annessa ad altre attività, visti Pag. 6anche il piccolo organico e le risorse a disposizione.
  Vi faccio un esempio. Oggi a livello di Unione europea in materia di asilo e immigrazione ci troviamo a un punto di svolta. Si sente ogni giorno l'evoluzione dell'opinione pubblica nei diversi Paesi, con posizioni molto diverse a seconda del Paese. L'azione europea è approvata ovvero fortemente criticata. Alcuni Stati membri agiscono in maniera molto drastica, altri Paesi danno prova di maggiore apertura.
  Nel 2015 ci sono stati 1,4 milioni di richieste di asilo, il doppio dell'anno precedente. Parlo delle richieste di asilo, non degli arrivi. C'è stata veramente una crescita che possiamo definire esponenziale.
  Le rotte di accesso all'Unione europea sono cambiate. Prima c'era la rotta attraverso il Mediterraneo centrale, adesso c'è la rotta attraverso il Mediterraneo orientale. Alcune richieste vengono avanzate da persone che sono già in Europa.
  La Germania, la Francia, l'Austria, l'Italia e la Svezia rimangono i top five, i primi cinque Paesi per quanto riguarda il numero di richieste. Le nazionalità dei richiedenti in Italia nell'anno scorso sono relative a Nigeria, Pakistan, Gambia, Senegal e Bangladesh. Queste erano le nazionalità del maggior numero di richiedenti. A livello di Unione europea le nazionalità più rappresentate sono siriani, afgani, iracheni, kosovari e albanesi.
  Ci si attenderebbe che con 1.400.000 richieste di asilo la maggior parte di queste venga accettata. Invece, anche se questi dati non sono definitivi, sembra che soltanto il 50 per cento di queste richieste venga approvato. Ovviamente, si tratta di un continuum, perché ci sono il momento della presentazione e poi tutto l’iter del dossier. Comunque l'anno precedente era più o meno il 40 per cento e quest'anno è il 50 per cento. Sono dati indicativi. Aumenta il tasso di accettazione perché ci sono più siriani.
  Ci sono però delle nazionalità che fanno richiesta di asilo anche se non ne avrebbero diritto. Abbiamo un sistema la cui efficienza è del 50 per cento. Dato che il sistema prevede dei benefici nel periodo di disbrigo della domanda, alcune persone che arrivano in Unione europea fanno comunque la domanda e tolgono servizi e benefici a chi in realtà ne avrebbe diritto. Questo è un aspetto molto interessante e importante. Molti sono i casi in sospeso.
  Oggi c'è una decisione per cui si prevede che la richiesta di asilo debba essere sbrigata entro sei mesi, ma ci sono ancora molte richieste che superano i sei mesi perché i Paesi come la Germania e la Svezia hanno ricevuto un numero elevatissimo di richieste. Tuttavia, il numero di casi in sospeso sta aumentando in tutta l'Europa, nella media comunitaria.
  Farò adesso qualche rapida osservazione sul quadro giuridico. Il quadro giuridico dell'asilo si articola in cinque strumenti. C'è il Regolamento di Dublino, che ha un obiettivo molto chiaro: decidere oppure assegnare la responsabilità allo Stato membro che deve sbrigare la pratica e garantire che il richiedente abbia accesso al sistema di protezione.
  C'è poi la direttiva sulle procedure di asilo. La direttiva parla dello svolgimento della procedura e contiene, per esempio, la lista dei Paesi di origine sicuri, uno dei documenti di cui si parlava nel testo che ci siamo scambiati. Quella lista fa parte della direttiva sulle procedure di asilo. Per i richiedenti che provengono da Paesi inclusi nella lista dei Paesi sicuri si apre una corsia rapida, una procedura più rapida. Se si viene da un Paese sicuro, in linea di principio non si ha bisogno di protezione, ma il singolo caso deve essere comunque analizzato, perché potrebbe darsi il caso in cui una persona viene – sì – da un Paese sicuro, ma la sua situazione personale non è sicura. Va, quindi, esaminato il merito del singolo caso.
  Poi c'è la direttiva sui titoli di idoneità e le condizioni di accoglienza (dove vanno accolti i migranti, con quali benefici, l'accesso al mercato del lavoro, l'accesso all'assistenza sanitaria).
  Da ultimo, c'è il Regolamento Eurodac sul rilievo dattiloscopico. Eurodac e Dublino debbono lavorare insieme perché, Pag. 7una volta che un migrante entra nell'Unione europea dopo il rilievo dattiloscopico, soprattutto se ha fatto richiesta di asilo e poi si sposta in un altro Stato membro, a quel punto l'altro Stato membro sa da dove viene il soggetto, perché c'è stato il rilievo dattiloscopico nel primo Paese membro.
  Si verifica, però, un problema: alcuni migranti entrano nell'Unione europea senza rilievo dattiloscopico, vanno a finire in un altro Stato membro e presentano la domanda lì, ma quello Stato membro non può in alcun modo accertare la provenienza della persona, perché non c'è stato il rilievo dattiloscopico. Questo per alcuni Stati membri è un grosso problema anche per i profili di sicurezza. Si tratta di persone che entrano nell'Unione europea e che poi, una volta entrate, girano da un Paese all'altro senza essere rilevate o individuate.
  Ci sono anche altri strumenti giuridici pertinenti, per esempio la direttiva sul ricongiungimento familiare, collegata al Regolamento di Dublino, la direttiva sui ritorni e la direttiva sulla residenza a lungo termine. Esiste una serie di strumenti giuridici nell'ambito migrazione che si ricollegano all’acquis sull'asilo. Nel luglio dell'anno scorso c'è stato un pieno recepimento, tant'è che la Commissione ha avviato alcune procedure di infrazione contro i Paesi membri che non avevano ancora proceduto a recepire l’acquis in materia di asilo nel proprio ordinamento nazionale.
  Qual è il ruolo di EASO? EASO contribuisce al monitoraggio dell'applicazione concreta dell’acquis comunitario, verificando dove e come viene applicato nei diversi Stati membri. L'applicazione del diritto è compito della Commissione. L'EASO ha un ruolo concreto, cioè la dimensione pratica dell'applicazione della normativa comunitaria.
  Spendo brevemente due parole sugli hotspot, perché si tratta di un argomento potenzialmente interessante e molto attuale. Abbiamo già fatto riferimento alle due decisioni del Consiglio. L'articolo 78, comma 3 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea prevede il meccanismo di emergenza. È stato attivato questo articolo e, a quel punto, la Commissione ha consigliato al Consiglio di adottare due decisioni per aiutare gli Stati membri che debbono accogliere molti migranti e che ricevono molte richieste d'asilo, segnatamente Italia e Grecia.
  Il Consiglio ha approvato due decisioni che coprono 160.000 richiedenti asilo, cioè la ricollocazione di 160.000 richiedenti asilo dall'Italia e dalla Grecia verso altri Stati membri, ivi inclusa la Germania, che a sua volta riceve molte richieste. È stato fatto un calcolo sul numero di richiedenti da assegnare ai singoli Stati membri sulla base di una formula complessa (numero di abitanti, numero di richieste di asilo ricevute in un dato lasso di tempo, tasso di disoccupazione, PIL) e l'attuazione di queste decisioni è iniziata alla fine del settembre dell'anno scorso.
  Erano state poste alcune condizioni. Italia e Grecia dovevano produrre una tabella di marcia su come avrebbero affrontato alcune lacune e deficienze del loro sistema. Un'altra condizione era la seguente: identificazione, registrazione e rilievo dattiloscopico dovevano essere attuati per tutte le persone, in maniera sistematica, in Italia e in Grecia, perché c'erano dei dubbi sul fatto che questi due Paesi procedessero in maniera sistematica a questi rilievi.
  Gli aventi diritto dovevano provenire da determinati Paesi, ossia Siria, Eritrea e Iraq. Questo elemento cambiava ogni trimestre secondo dati Eurostat. Il tasso di riconoscimento per queste nazionalità doveva essere superiore al 75 per cento a livello di Unione europea. Questo era il requisito. Queste tre nazionalità probabilmente figureranno sempre in questa lista, mentre, per esempio, Afghanistan o Repubblica Centrafricana per quanto riguarda il futuro magari vi entreranno.
  C'era anche un altro requisito: bisognava presentare richiesta di asilo in Italia e in Grecia per poi essere ricollocati. Questo sistema era stato sperimentato con il progetto EUREMA a Malta, che mirava alla ricollocazione delle persone da Malta Pag. 8verso altri Stati membri. Ci è stato chiesto di fare una valutazione. Noi abbiamo riscontrato che i criteri di selezione applicati dagli Stati membri in realtà limitavano il numero di persone che poteva essere ricollocato in provenienza da Malta. Per esempio, si trattava essenzialmente di uomini della Somalia immigranti in Malta, mentre gli Stati membri volevano cristiani. Diventava così impossibile procedere alla ricollocazione.
  Oggi non c'è la possibilità di scegliere il profilo. I Paesi possono esprimere preferenze e possono respingere la richiesta soltanto per motivi di sicurezza, ma per garantire che le persone che vengono ricollocate in altri Stati membri non si spostino in un altro Stato membro era necessario aiutare gli Stati membri nelle procedure di abbinamento, per esempio considerando legami familiari e legami linguistici. Si cercava comunque di abbinare le richieste verso lo Stato membro che offriva determinate caratteristiche.
  Nel caso di Malta c'erano persone che avevano già ricevuto protezione a Malta. Qui, però, la situazione è diversa. Si tratta di persone che hanno solo richiesto l'asilo. La decisione ultima sarà adottata dal Paese in cui vengono ricollocati. La responsabilità di Italia e Grecia cessa nel momento in cui il migrante viene ricollocato in un altro Stato membro, che assume a quel punto tutta la responsabilità.
  Queste due decisioni, in realtà, comportano una deroga al Regolamento di Dublino, perché si consente a una persona di essere assegnata a un altro Paese membro a prescindere dallo Stato in cui è arrivato. Si tratta, quindi, di una deroga a Dublino.
  Questi sono alcuni fatti relativi al programma di ricollocazione: 34.953 persone debbono essere ricollocate in provenienza dall'Italia, 63.302 dalla Grecia e 54.000 vengono messe in un pool, un sistema centrale. L'attuazione durerà due anni. I beneficiari debbono fare richiesta di asilo ed essere sottoposti al rilievo dattiloscopico.
  Non si può scegliere il Paese di ricollocamento. Se si vuole andare in Germania e l'Italia assegna l'Estonia, non si può rispondere di non voler andare in Estonia. L'unica possibilità è fare ricorso se si ritiene che, andando in Estonia, si subiranno violazioni dei propri diritti fondamentali, il che è difficile da dimostrare.
  Come ho detto in precedenza, nel momento dell'abbinamento si tiene conto delle vulnerabilità, della presenza di parenti e delle competenze linguistiche. Voglio sottolineare, però, che il Regolamento di Dublino trova sempre applicazione in prima istanza. Prima si fa il controllo ai sensi di Dublino. Se la persona ha legami familiari diretti, passa per il canale di Dublino, non per il canale della ricollocazione. La deroga vale soltanto per il Paese responsabile della richiesta di asilo, ma le garanzie procedurali e la tempistica si prendono da Dublino.
  Qual è il ruolo di EASO? In primo luogo, ci è stato assegnato un compito ambizioso: fornire informazioni ai richiedenti asilo e, quindi, in realtà, convincerli della bontà della ricollocazione. Non è facile, perché sappiamo tutti che ci sono dei facilitatori in questa equazione che offrono canali ufficiosi più rapidi. Non è facile per noi e per i nostri esperti convincere le persone. Alcuni richiedenti potrebbero avere l'impressione che l'opzione ufficiosa sia più rapida e li porti direttamente dove vogliono andare.
  Quanto alla registrazione, gli esperti dell'EASO in Italia partecipano ed aiutano lo svolgimento delle relative procedure. Anche questo non è poco, perché in realtà si tratta proprio di un disbrigo comune. Abbiamo esperti che utilizzano i computer e che caricano informazioni nel sistema italiano, esperti non italiani. L'EASO dà supporto anche al processo di abbinamento. In Grecia l'EASO partecipa anche all'individuazione di documenti falsificati.
  In Italia e in Grecia l'EASO fa cose diverse. Per esempio, in Grecia ci occupiamo poco di registrazione, mentre facciamo molta registrazione in Italia. In Italia non ci occupiamo di documenti falsificati, mentre lo facciamo in Grecia. Ci sono dinamiche diverse. Pag. 9
  Nelle slides ci sono delle immagini di esperienze concrete. Vedete i dati. Abbiamo chiesto 374 esperti di supporto. Ne abbiamo ricevuti 201. Non abbiamo, dunque, ricevuto il numero di esperti di cui abbiamo bisogno. Tuttavia, complessivamente riusciamo a soddisfare i bisogni correnti. Potremmo, però, in futuro avere bisogno di più esperti.
  Abbiamo bisogno di un approccio duttile e su misura nei due Paesi, perché ci sono realtà diverse. In Grecia gli hotspot sono sparsi su cinque diverse isole, mentre in Italia la maggior parte degli hotspot sono in Sicilia, sia pur in punti diversi, nonché a Roma e a Milano.
  C'è questo continuo cambiamento della realtà sul terreno, sul campo, perché all'improvviso c'è un arrivo massiccio in un hotspot e non in un altro. In Italia, dicevo, a Catania c'è l'ufficio dell'Unione europea con l'EASO, Frontex e le autorità italiane. Lampedusa è un hotspot già operativo. Poi ci sono Trapani, che sta diventando operativo, Porto Empedocle, Pozzallo, Augusta e Taranto. Questi sono gli hotspot in Italia. La maggior parte dei dossier passa per l'unità di Dublino, che, come dicevo prima, è a Roma. Quindi, abbiamo degli esperti nella maggior parte di questi luoghi.
  Ci sono alcuni hotspot che non sono ancora aperti in Italia. Pozzallo e Augusta non sono aperti. Soltanto due hotspot sono stati aperti in Italia. Quando aumenterà il numero di hotspot aperti, avremo bisogno di più esperti.
  In Grecia abbiamo l'ufficio dell'Unione europea ad Atene, al Pireo, poi abbiamo Lesbo, operativo, Chios, in fase di operatività, Samos, Leros e Kos, che sono ancora non operativi. Quando diventeranno operativi, avremo bisogno di più personale.
  Quali sono i problemi principali? Uno è il fatto che non tutti gli hotspot sono operativi. Ci sono alcune questioni logistiche e alcune questioni di potenziale delle amministrazioni nazionali, nonché problemi legati all'accoglienza, a dove ospitare tutte queste persone, e problemi di coordinamento all'interno degli hotspot con le autorità e con le altre Agenzie.
  All'inizio non si capiva proprio che cosa fosse un hotspot. L’hotspot è, in realtà, un centro di lavoro condiviso tra Agenzie, Commissione e autorità nazionali che lavorano insieme. Questo è l’hotspot. Si pensava che hotspot volesse dire un luogo concreto, ma non è un luogo concreto. È un'idea, un concetto, un modo di lavorare assieme in situazioni di emergenza.
  Come dicevo, c'è un'evoluzione continua. Sono fluide le realtà sul terreno. Come possiamo risolvere questi problemi? Ci concentriamo maggiormente sui flussi di ricollocazione al di fuori degli hotspot perché ci sono altri flussi, non soltanto in determinati luoghi. In Italia sono chiamati siti di hotspot, in Grecia centri d'ingresso operativi.
  Inoltre, utilizziamo uffici mobili. Abbiamo dei container che possono essere utilizzati in Grecia nelle diverse isole e strumenti flessibili come le squadre mobili. In Italia mandiamo una squadra che deve essere a Roma, poi magari la mandiamo a Milano e, se serve, a Lampedusa. Di nuovo c'è una impostazione flessibile, su misura.
  Inoltre, dobbiamo migliorare la raccolta dei dati. Questo è veramente un lavoro immane. Tutti vogliono sapere quante persone sono state ricollocate, di che nazionalità sono, dove vanno e quando vanno. Soltanto per avere un quadro d'insieme ci sono difficoltà. All'EASO è stato chiesto di fare qualche cosa di extra ordinem, ragion per cui abbiamo creato un gruppo di lavoro interservizi. Questo gruppo di lavoro, questa task force si occupa appunto di raccolta dei dati e di pianificazione. La parte operativa, invece, si occupa delle operazioni, delle attività operative. L'anno scorso nel periodo di Natale abbiamo avuto bisogno di tantissimo staff. Abbiamo dovuto effettivamente utilizzare tutto il nostro staff, insieme agli esperti dei Paesi membri.
  Passiamo ai dati sui casi di ricollocazione. Si tratta di dati molto limitati: 190 Pag. 10dall'Italia e 82 dalla Grecia. Ci si chiede perché ci siano numeri così bassi per Paesi membri che hanno accolto 160.000 persone. Come mai dopo quattro mesi dalla data della decisione ci sono numeri tanto bassi? Ci sono diversi motivi. Da un lato, non tutti gli Stati membri stanno assumendo degli impegni chiari e concreti e, dall'altro, il sistema comporta delle lungaggini. Tutta la procedura è lunga.
  D'altro canto, se in Italia arrivano meno persone di nazionalità che hanno diritto (pochi siriani e pochi eritrei), a quel punto si riduce il numero delle persone ricollocabili, e questo vale anche per la Grecia. Anche questo rientra nell'equazione. Non spiega, ovviamente, tutto il fenomeno, che in gran parte dipende dalla capacità del sistema di sbrigare le pratiche e anche il numero di offerte degli Stati membri, sia di esperti da assegnare, sia di persone da accogliere. Anche lì non siamo arrivati ai livelli ottimali.
  Vedete quali sono i Paesi che hanno accolto richiedenti dall'Italia: Svezia, Finlandia, Francia, Spagna, Germania, Portogallo e Belgio hanno già accolto persone provenienti dall'Italia e ci sono anche altri Paesi. In Italia durante il periodo natalizio, dal 18 dicembre al 10 gennaio, non ci sono state ricollocazioni.
  Adesso c'è un'audio-diapositiva, che commenterò. Si vede una donna eritrea che è stata ricollocata dall'Italia in Svezia e parla della sua esperienza in una breve testimonianza, in cui esprime la propria soddisfazione rispetto a tutta la procedura e incoraggia altri a seguire lo stesso canale, un modo sicuro di spostarsi. Ricordiamo che viene data priorità alle persone vulnerabili e alle famiglie che viaggiano insieme. Questa persona esprime il suo consenso e cerca di incoraggiare altri richiedenti a seguire questa procedura.
  Non voglio dilungarmi oltre. Magari avrete delle domande. Prima di concludere aggiungo una cosa sul Regolamento di Dublino. Il Regolamento di Dublino è proprio il nucleo del dibattito. È stato sottoposto a molteplici critiche innanzitutto perché non è in grado di far fronte a ondate massicce di richiedenti asilo in determinati Stati membri. Inoltre, non è uno strumento basato sulla solidarietà e sulla divisione degli oneri, ma, anzi, ha un profilo diverso, o perlomeno molti la pensano così.
  Il sistema di Dublino è stato criticato perché ritenuto iniquo, ad esempio per il sistema di rilievo dattiloscopico e per gli ingressi irregolari. Se non c'è il rilievo dattiloscopico, non si riesce ad applicare Dublino.
  Inoltre, i tassi di trasferimento sono bassi. Quindi, abbiamo questo Regolamento. Il Regolamento è lo strumento di rango più elevato. Sappiamo bene che i Regolamenti dell'Unione trovano applicazione diretta anche in assenza di norme di recepimento. Tuttavia, i trasferimenti sono bassi. Ci sono poche richieste di presa in carico, molti casi di elusione, di fuga, ricorsi, appelli e problemi logistici. A volte non si trova proprio l'unità di Dublino in alcuni Paesi. C'è mancanza di coordinamento.
  Ci sono anche delle sentenze della Corte europea. C'è una sentenza che riguardava Italia e Svizzera. Si trattava di una persona che con la sua famiglia non voleva essere rimandata in Italia perché era convinta che non ci fossero sufficienti garanzie per la sua famiglia e che non fossero adeguate le condizioni di accoglienza. Si tratta di una sentenza della Corte europea di qualche tempo fa.
  Effettivamente nell'Unione europea ci sono diverse strutture e diverse forme organizzative. C'è una grande differenza per quanto riguarda le dotazioni. In un Paese c'è una persona che si occupa di Dublino e in un altro ce ne sono sessanta. La qualità dei procedimenti è molto diversa.
  Anche la documentazione a volte è problematica. È difficile a volte dimostrare i legami familiari. È fondamentale avere degli elementi concreti e oggettivi. La valutazione degli elementi è fondamentale. Noi forniamo supporto. Ci sono richieste spesso incomplete. A volte è difficile reintegrare delle persone che sono state fatte tornare al primo Paese di arrivo attraverso il sistema di Dublino. Pag. 11
  Attualmente siamo in fase di valutazione del Regolamento di Dublino per verificare queste criticità, con l'idea di aggiungere anche un sistema di ricollocazione di crisi e di emergenza come parte del Regolamento di Dublino. Per esempio, in caso di crisi in Italia o in Grecia si aggiungerebbe una dimensione di condivisione degli oneri. In un documento distribuito dalla Commissione europea in una recente riunione abbiamo visto che i costi diretti e indiretti di Dublino nel 2014 sono stati di un miliardo di euro. Sono tanti soldi, con un sistema che peraltro non è soddisfacente. È un sistema lento e farraginoso, con diversi passi e diverse garanzie e alcuni Stati membri ritengono che debba essere rivisto e modificato. Vedremo quale sarà l'esito di questa verifica. Ci aspettiamo un sistema che garantisca che un Paese membro debba prendersi la responsabilità di una richiesta.
  Qual è il ruolo dell'EASO in questo? L'Agenda sulla migrazione ha chiesto all'EASO di riunire gli esperti nazionali delle diverse unità di Dublino. Inizieremo a febbraio con una prima riunione. In questa riunione di esperti del sistema di Dublino cercheremo di migliorare la cooperazione tra gli Stati membri (comunicazione, coordinamento, messa in comune delle informazioni). Si tratta a volte di problemi molto pratici. Magari si vuole telefonare all'ufficio corrispondente, all'omologo ufficio, e non si trova nessuno.
  Poi faremo formazione sul sistema Dublino, con strumenti e anche attività rivolte ai bambini nel contesto di Dublino.
  Mi fermo qui perché ho parlato già a lungo. Sono a disposizione per rispondere alle vostre domande su questi aspetti e su altri che magari ho tralasciato durante la mia relazione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Mentre attendo di sapere se ci sono colleghi che chiedono di intervenire, volevo ricordarle che ho posto due questioni nell'intervento introduttivo. Intanto mi interessava capire qual è la sua valutazione sull'ipotesi della procedura unica sul riconoscimento dello status di asilo, di rifugiato.
  Poi c'era un'altra questione che abbiamo approvato in sede di COSAC. Tra l'altro, l'emendamento l'abbiamo presentato anche noi, come Italia. Mi interessava comprendere quale sia la sua analisi o comunque quali siano le proposte che potete fare in comune anche con le altre due Agenzie proprio sul superamento di Dublino, che, come sappiamo, è un tema che è stato affrontato molto nel corso di queste settimane di fronte all'emergenza che stiamo ancora vivendo.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signor presidente. Sono lieto di sapere che quella signora eritrea era contenta del modo in cui funziona il sistema. Non posso dire lo stesso dei legislatori italiani. A noi il sistema sembra drammaticamente deficitario, perché è nato avendo in mente una situazione di ordinaria amministrazione e si trova a fronteggiare una situazione di drammatica emergenza umanitaria. È chiaro che Dublino è insufficiente. Non si tratta – vorrei qui il suo parere – di rimodernarlo. Si tratta di cambiarlo, di fare un altro accordo generale.
  Ci sono tre parole che non ho ascoltato dalla sua bocca e che mi sembrano importanti. La prima è la parola «sanzioni». Un grande giurista inglese, John Austin, ha scritto che «A norm is a command backed by the threat of a sanction», ossia «Una norma è un comando appoggiato dalla minaccia di una sanzione». Nel sistema che lei ci ha descritto dove sono le sanzioni? Uno non vuole dichiarare la sua identità: quali sono le sanzioni? Uno Stato non vuole prendere quelli che pur si è impegnato a prendere: dove sono le sanzioni? Può funzionare il sistema senza sanzioni?
  Cito i due estremi, l'inizio del processo e la fine del processo, ma anche nei livelli intermedi non si vede il principio «chi sbaglia paga». Può funzionare un sistema in cui chi sbaglia non paga?
  L'altra parola che vedo mancante è la parola «armonizzazione». Non sarebbe il caso di passare da una fase fondata, tutto Pag. 12sommato, sul principio del mutuo riconoscimento a una fase fondata sull'armonizzazione delle legislazioni, se non addirittura sulla produzione di una comune legislazione europea in materia? A suo parere, questo è possibile sulla base dei trattati esistenti, usando le passerelle interne contenute nel sistema dei trattati?
  Su queste due cose mi piacerebbe sentire la sua opinione e che ci indicasse un cammino praticabile.

  MARINA BERLINGHIERI. Ho un paio di domande molto semplici. Volevo capire una cosa. Il Piano di sostegno dell'EASO è partito a marzo del 2015 ed è stato pensato per un anno. A settembre, invece, è partito il meccanismo di ricollocazione permanente. Io volevo capire come le cose che lei ci ha raccontato, ossia il lavoro che l'EASO sta facendo, si raccordano e integrano con le esigenze nuove previste dal meccanismo di ricollocazione permanente e quanto, invece, era già partito. Vorrei sapere se si prevede che questo supporto dell'EASO a tale meccanismo venga prorogato e diventi un supporto permanente o quali possono essere le evoluzioni da questo punto di vista.
  C'è una seconda cosa che mi piaceva capire. Lei ci ha fornito i dati sul meccanismo di ricollocazione rispetto a Italia e Grecia, ma ci ha anche detto che l'EASO sta supportando anche altri Paesi europei. Volevo capire se c'è una base di dati o se ci può fornire qualche indicazione su come gli altri Paesi che voi state seguendo stanno dando attuazione alle ricollocazioni o anche a questo Piano di supporto dell'EASO.
  Come ultima questione, lei ha parlato di uno staff piuttosto significativo. Volevo capire come è composto e qual è il contributo del nostro Paese rispetto allo staff chiamato ad agire concretamente sulle diverse situazioni.
  Grazie.

  GIUSEPPE GUERINI. Intervengo molto rapidamente, anche perché un paio di questioni sono state sollevate dal presidente e dal collega Buttiglione. Pongo una domanda molto pratica: nella vostra esperienza esiste una best practice delle procedure di qualche Paese europeo che potrebbe essere estesa, sempre avendo come orizzonte – prospettiva che anch'io condivido appieno – quello di arrivare a una procedura unica sia sul riconoscimento, sia sulla procedura di accoglienza, sia sugli standard di accoglienza? Esiste, pur senza entrare nei dettagli, una procedura o una modalità di svolgimento di queste funzioni che possa essere considerata come best practice europea e che possa essere imitata dagli altri Stati europei, oppure ci sono, come immagino, criticità ed esperienze positive in ogni singolo Stato?
  Il dato che lei ricordava prima è, se non ho capito male, del 50 per cento delle domande accolte e per il restante 50, invece, respinte. Volevo capire se sia possibile quanto meno avere una riduzione di tempi e una maggiore efficacia e se ci sono esperienze in Europa che già lo possono prevedere in questo momento.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, collegandomi a quanto appena detto dall'onorevole Guerini rispetto ai tempi e alle procedure diverse che ci sono tra i diversi Stati, in attesa che si possa arrivare a una procedura unica, mi ponevo un problema. Molto spesso gli Stati accumulano ritardi anche consistenti nel riconoscimento dell'asilo. Molto spesso passa più del doppio del tempo previsto, come lei ha detto.
  In Europa si discute molto del fatto, molto spesso anche scaricandosi le responsabilità tra gli Stati, che una delle questioni per accelerare le procedure di riconoscimento dello status è la realizzazione degli hotspot. Come lei sa, è in atto una discussione tra i diversi Paesi europei, perché ce ne sono alcuni che dicono che per accelerare le procedure innanzitutto dobbiamo realizzare gli hotspot – lo dicono all'Italia – mentre noi diciamo che, se non camminano di pari passo gli hotspot e il meccanismo di ricollocazione non diventa obbligatorio, gli hotspot rischiano di non essere sufficienti.
  Le chiedo: per accelerare i tempi di riconoscimento dell'asilo è già sufficiente la realizzazione degli hotspot, oppure il tema del riconoscimento, come si diceva, è dovuto molto di più alla lentezza e alla diversità delle procedure? Le domando, dunque, ricollegandomi Pag. 13 a quello che diceva poco fa l'onorevole Guerini, se ci sia qualche Paese che rispetto all'utilizzo delle procedure si muove anche diversamente da quello che accade innanzitutto da noi. Mi piacerebbe comprendere.
  Do la parola a Mark Camilleri per la replica.

  MARK CAMILLERI, Coordinatore per le politiche e le relazioni interistituzionali dell'EASO. Grazie. Quanto alle procedure uniformi, già qualche anno fa, ai sensi dei trattati dell'Unione europea, a partire dal Consiglio di Tampere, quando fu creata l'area di sicurezza, di giustizia e di libertà, questo concetto dello status uniforme esisteva. Si prevedeva che l'Unione europea dovesse adottare questo concetto dello status uniforme per l'asilo. Invece, abbiamo vari status da riconoscere: protezione sussidiaria, rifugiato e protezione umanitaria.
  Come vedete, non esiste un unico status. Quando esiste un sistema comune, ci dovrebbe essere uno status comune, un unico status europeo per l'Unione europea, ma non siamo ancora arrivati a questo punto. Si sente dire, per quanto mi riguarda, che il Sistema europeo comune di asilo è la seconda fase del Sistema comune. Era stato preceduto dalla prima fase. In questa seconda fase si cerca di raggiungere una maggiore armonizzazione.
  L'onorevole deputato ha utilizzato questo termine. Si cerca di arrivare a questo, ma non ci siamo ancora. L'armonizzazione non esiste in modo universale. Abbiamo una cornice giuridica comune, che è applicabile in tutti gli Stati membri dell'Europa. Da questo punto di vista c'è l'armonizzazione, ma possiamo anche riconoscere degli status aggiuntivi. Parliamo di armonizzazione – sì – ma gli Stati membri possono aggiungere anche altri elementi.
  Se l'Italia riconosce uno status a un richiedente asilo che si reca presso un altro Stato, quello status magari non viene riconosciuto in quest'altro Paese e quindi no, non abbiamo un sistema comune. Non siamo ancora arrivati ad averlo. Un Sistema europeo comune di asilo ha tre valori fondamentali, a mio avviso: il primo è la responsabilità, il secondo riguarda la solidarietà e il terzo, che secondo me è il punto più importante, è quello della fiducia reciproca. Gli Stati membri devono fidarsi delle decisioni prese in un altro Stato membro, ma non siamo ancora arrivati a questo punto.
  Ci sono degli Stati in cui riteniamo che vi siano delle best practice in materia di asilo. Possono questi Stati accettare decisioni da parte di altri Stati membri che non hanno questo stesso risultato e che non hanno delle procedure che seguono gli stessi standard? Siamo in questa fase e l'EASO sta cercando proprio di stimolare, di promuovere questa armonizzazione. Non è un compito facile, certamente.
  Anche quando si parla di questo elenco di Paesi di origine sicuri non abbiamo un accordo a livello europeo sul significato di questo, perché in alcuni Paesi vi possono essere legami storici con Paesi terzi fuori dall'Unione europea. Sono varie le motivazioni.
  Inoltre, mi avete chiesto perché non abbiamo condizioni di accoglienza comuni in tutta l'Europa. La legge dice che dopo alcuni mesi chi ha richiesto asilo deve avere accesso al mercato del lavoro. Una volta non era così. Invece ora è così. Se non si segue questa procedura, si viola la legge europea, il diritto europeo.
  Giustamente, però, lei ha posto la domanda: chi deve accertarsi che vi sia l'osservanza di questi strumenti giuridici? Se uno Stato membro decide di non partecipare al programma di ricollocazione o se uno Stato membro dice «No, a noi non piace questa persona e non la vogliamo accogliere», chi ne risponde? Questo succede. Si stanno già verificando casi di questo genere. Alcuni Stati membri ci hanno detto: «Non vogliamo quel genere di persona, non vogliamo questo, non vogliamo quello, oppure non possiamo soddisfare il nostro target perché c'è troppa pressione». Sono cose che accadono già. La Commissione si deve assumere la responsabilità di far rispettare il diritto, la legge. Pag. 14
  Mi potete rispondere che il Regolamento Dublino III ha un articolo molto conosciuto, il 33. L'articolo 33 è stato concepito proprio per essere certi che i Paesi che stanno per rendersi inadempienti possano, invece, essere costretti a rispettare gli impegni. Quante volte è stato attivato il sistema? Mai. Conosciamo gli Stati membri che possono rientrare in questa categoria, ma ci sono comunque tanti motivi.
  La Commissione decide sulla base di tutta una serie di elementi. Forse dal punto di vista giuridico si sarebbe dovuto affrontare questo aspetto con delle procedure di infrazione o in altro modo. Tuttavia, come sappiamo, la Commissione non ha attivato procedure d'infrazione in materia di asilo per molto tempo. Perché? Perché l’acquis europeo in materia di asilo era sotto esame – mi riferisco alla seconda, nuova versione – ma ormai questo lavoro è stato compiuto e la Commissione ha, quindi, intensificato il proprio lavoro e ha reclutato molti più operatori nel campo dell'asilo proprio per poter affrontare la questione.
  Il monitoraggio dell'attuazione è molto importante, perché, come voi avete detto, altrimenti si perde credibilità. Quando esistono le regole ma nessuno le segue, perché mai esistono le regole? Il ruolo dell'EASO può aiutare nell'attuazione pratica, ma anche la Commissione ha un ruolo. Deve assicurare una buona legge, una buona norma. Gli Stati membri che non osservano queste leggi devono in qualche modo risponderne.
  Il riconoscimento reciproco è un tema che è stato esaminato anche durante la presidenza italiana e nell'ambito dei dibattiti europei, ma su cui non si è mai giunti a un risultato concreto. Perché? Perché attualmente l'Unione europea in materia di asilo non è arrivata ancora a questo punto. Il mutuo riconoscimento che cosa vuol dire? Vuol dire fiducia reciproca. Uno Stato membro deve accettare la decisione presa da un altro Stato. Non siamo arrivati a questo punto, purtroppo, mentre con un sistema comune bisognerebbe, invece, poter operare in questo modo.
  Quanto alle best practice, non mi risulta che vi sia uno Stato membro perfetto in materia di asilo. Alcuni Stati membri possono avere delle buone pratiche per un certo verso, ma pratiche non molto buone per altri versi. Dipende anche dalle proprie situazioni. Se ci sono tante pressioni in uno Stato, naturalmente l'esito non può essere altrettanto buono. Prima dell'inondazione di domande in Germania si pensava che la Germania operasse molto bene. Invece ora sappiamo che ci sono tanti casi sospesi in Germania perché non sono più in grado di gestire questa mole di lavoro.
  Altri Stati membri sono molto piccoli e ricevono pochissime domande di asilo. Potrebbero sembrare piuttosto veloci nell'esaminare le pratiche. Poi però, se consideriamo la questione nel merito, stanno esaminando nel merito questi casi, stanno riconoscendo il giusto tipo di protezione ai richiedenti? Nessuno è perfetto e nessuno è veramente pessimo. Dipende dal punto di vista che si vuole adottare. Noi abbiamo cercato di creare un sistema che ci consenta di seguire il modo in cui uno Stato membro gestisce la questione in un dato momento della procedura.
  Non è facile. È una procedura che esiste soltanto da quattro o cinque anni e si è dovuti ripartire da zero. In passato io ho dovuto proprio creare l'Agenzia da zero. Abbiamo reclutato i primi direttori. Nel giro di quattro o cinque anni siamo arrivati al punto attuale, ma dobbiamo ancora crescere nei prossimi quattro o cinque anni per diventare un attore, un protagonista rilevante.
  Per quanto riguarda la composizione dello staff, del personale, forse posso avvalermi di una delle mie diapositive. Questi sono gli esperti che noi richiediamo ai nostri Stati membri. Non sono parte dello staff dell'EASO, perché ci avvaliamo degli esperti degli Stati membri e anche del nostro personale. Non ho esattamente l'origine di questi esperti, ma so che ci sono vari Stati membri che offrono questo personale, un buon numero. I 201 non provengono Pag. 15 solo da due o tre Stati membri, ma da un numero più ampio.
  Abbiamo anche degli esperti che provengono dalla Grecia e che cercano di sostenere l'Italia e viceversa. Vi possono essere degli esperti che si sostengono reciprocamente. È molto incoraggiante vedere questi dati. Forse non siamo arrivati al numero desiderato, ma questo dato dei 374 è per tutto il periodo. Vediamo che tanti Stati membri vogliono in qualche modo contribuire e questo ci fa capire che la solidarietà non è soltanto un termine scritto sulla carta e che lo possiamo veramente toccare con mano.
  La solidarietà nel mondo dell'asilo non è forse al livello che vorremmo vedere, ma è stato davvero un duro lavoro far attuare queste due decisioni da parte della Commissione e del Consiglio. Alcuni Stati membri non vogliono ancora partecipare e dicono «No, noi non ci stiamo». Questo avviene per vari motivi. Alcuni Stati pensano che, anche volendo accogliere queste persone, esse se ne andranno in Germania e in Svezia comunque. Un piccolo Stato membro può prendere una manciata di persone, ma a distanza di qualche mese quelle persone non saranno più lì perché se ne saranno andate. Alcune preoccupazioni riguardavano questo fatto.
  Altri pensavano che potesse essere un fattore di attrazione quello di accettare i migranti, perché avrebbero creato poi delle comunità e altre persone sarebbero venute. Il primo punto riguarda la solidarietà. Se abbiamo un sistema comune, con uno spazio comune e con una procedura comune si lavora in un determinato modo.
  Se parliamo di accoglienza, non possiamo dire che le condizioni di vita in Estonia o in Portogallo siano le stesse. Non lo sono. Anche le occasioni di lavoro e di impiego sono diverse, come le condizioni climatiche e linguistiche. Sono tante le differenze tra i vari Stati membri e un richiedente asilo, naturalmente, può avere una preferenza. Noi ci chiediamo, però, se queste persone non cerchino uno Stato in cui si sentano protette. Non è questo il motivo principale per ricevere la protezione? Se in tutti gli Stati membri abbiamo una situazione che garantisce lo stesso tipo di protezione, secondo me questo è già un passo avanti.
  Non siamo ancora arrivati neanche a questo, perché in alcuni Stati si può avere una protezione sussidiaria e in altri lo status di rifugiato. Ovviamente, questo è uno status ancora più importante, perché concede anche dei titoli di viaggio e dei documenti. Quindi, è vero, c'è ancora molto lavoro da fare sia dal punto di vista tecnico e operativo, sia a livello politico. Possiamo avere la fiducia, possiamo aver lavorato congiuntamente per i visti e per il controllo delle frontiere, su Schengen. Alcuni anni fa non se ne sarebbe mai parlato. Nessuno avrebbe concesso a un altro Paese la possibilità di rilasciare un lasciapassare o un visto per entrare in un altro Paese. Invece, oggi è così. Si può consentire a un altro Stato di esaminare una pratica di asilo e poi la si deve accettare. Dobbiamo avere un approccio più europeo. Ora lavoriamo ancora a livello nazionale. Forse attraverso un esame congiunto lo possiamo fare.
  L'approccio ora è europeo. Abbiamo esperti che provengono da altri Stati e che si occupano delle domande presentate nel nostro Paese. Per esempio, si è parlato del sostegno da fornire all'Italia. Continuerà, verranno sostituite le procedure attuali? No, viene fatto in parallelo. Abbiamo un Piano di sostegno per l'Italia, che comprende anche una parte del discorso di Dublino. Anche per quanto riguarda il sostegno di tipo giudiziario dato all'Italia questo Piano continuerà fino a marzo. Poi abbiamo l'altro Piano, quello degli hotspot per la ricollocazione. Quindi, come vedete, abbiamo dei Piani paralleli che vanno avanti contemporaneamente.
  Ci sono poi altri Stati che hanno ricevuto il sostegno da parte dell'EASO, ma non per la ricollocazione. Gli unici due Stati che possono beneficiare di questo tipo di sostegno sono Italia e Grecia. Gli altri Stati possono ricevere sostegno di tipo diverso. Pag. 16
  Attualmente l'EASO sta subendo un cambiamento. Abbiamo un direttore esecutivo ad interim al momento perché il primo direttore dell'EASO ha lasciato il suo incarico. È terminato il suo mandato alla fine di ottobre. Stiamo individuando, quindi, un nuovo direttore e dovremmo concludere questa procedura nel giro di poche settimane, ormai. Quando questa persona verrà insediata, la proposta potrà essere formulata. Mi riferisco al fatto di avere un rapporto congiunto con le altre Agenzie. Questa era la domanda che ci era stata fatta.
  È chiaramente un'idea ambiziosa quella di far lavorare congiuntamente queste Agenzie europee. Ovviamente, ognuno ha una prospettiva diversa, ma la fiducia reciproca e il mutuo riconoscimento sono molto importanti. Sono molto importanti perché in questo modo si può lavorare con piena forza. Tuttavia, ci vuole ancora tempo per arrivare a questo risultato. La fiducia naturalmente deve partire proprio dalle radici, dalla base. Noi vogliamo stimolare e favorire questo tipo di fiducia tra tutti gli Stati membri. Si sono compiuti dei passi importanti, ma a livello politico ci vuole ancora tempo. A volte ci vogliono degli eventi straordinari per far accadere le cose e gli hotspot hanno già fatto tanto. Ci hanno fatto andare avanti di qualche anno nel giro di pochissimi mesi.
  Spero di aver risposto a tutte le domande e vi ringrazio ancora.

  PRESIDENTE. Grazie a Mark Camilleri per l'audizione di oggi e per il contributo che fornirà certamente alla nostra indagine conoscitiva. Grazie ai colleghi che sono intervenuti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.35.