XVII Legislatura

XIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Mercoledì 22 luglio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sani Luca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE RICADUTE SUL SISTEMA AGROALIMENTARE ITALIANO DELL'ACCORDO DI PARTENARIATO TRANSATLANTICO SU COMMERCIO E INVESTIMENTI (TTIP)

Audizione dei rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
Sani Luca , Presidente ... 3 ,
Caselli Simona , Assessore all'agricoltura della regione Emilia-Romagna ... 3 ,
Sani Luca , Presidente ... 5 ,
Gallinella Filippo (M5S)  ... 5 ,
Romanini Giuseppe (PD)  ... 6 ,
Taricco Mino (PD)  ... 7 ,
L'Abbate Giuseppe (M5S)  ... 8 ,
Mongiello Colomba (PD)  ... 8 ,
Zaccagnini Adriano (SEL)  ... 9 ,
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD)  ... 9 ,
Sani Luca , Presidente ... 10 ,
Caselli Simona , Assessore all'agricoltura della regione Emilia-Romagna ... 10 ,
Sani Luca , Presidente ... 12 

ALLEGATO: Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 13

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUCA SANI

  La seduta comincia alle 14.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle ricadute sul sistema agroalimentare italiano dell'accordo di partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP), dei rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
  Saluto i nostri ospiti, che presento. Sono Simona Caselli, assessore all'agricoltura della regione Emilia-Romagna; Roberta Chiarini, responsabile del servizio percorsi di qualità della regione Emilia-Romagna; Paolo Alessandrini, dirigente per i rapporti con il Parlamento della Segreteria della Conferenza delle regioni e delle province autonome; Alessandro Palmacci, dirigente agricoltura della Segreteria della Conferenza delle regioni e delle province autonome; Stefano Mirabelli, capo ufficio stampa della Segreteria della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
  Do la parola all'assessore Simona Caselli.

  SIMONA CASELLI, Assessore all'agricoltura della regione Emilia-Romagna. Buongiorno a tutti. Vi ringrazio per questa audizione. Per prima cosa, vorrei consegnare alla segreteria della Commissione due risoluzioni che sono state approvate, di recente, il 25 giugno, dall'Assemblea legislativa della regione Emilia-Romagna a proposito del TTIP.
  Una risoluzione è del gruppo di maggioranza, quindi del PD, invece l'altra risoluzione approvata è del gruppo del Movimento 5 Stelle. Entrambe hanno in comune la preoccupazione di tutelare adeguatamente le nostre produzioni tipiche rispetto al TTIP. Ve le lascio perché contengono un'articolazione di argomenti che per brevità non descrivo.
  Comunque, posso parlare con più contezza dei pareri che sono stati espressi in Emilia-Romagna, ma anche nell'ambito della Conferenza delle regioni si è discusso, anche se diverso tempo fa ormai, proprio su un documento che avevamo presentato come regione.
  In generale, sono preoccupazioni che riguardano fondamentalmente tre elementi.
  Il primo è quello che non si ingeneri un rischio di concorrenza sleale basata sul dumping contrattuale o comunque su qualche forma di lesione dei diritti dei lavoratori attraverso l'utilizzo di formule di contrattualistica che non rispettano gli standard europei, soprattutto in materia di welfare e di altre questioni.
  L'altra preoccupazione fondamentale, che ha a che fare con tutto l'impianto, riguarda la modalità di soluzione delle controversie. Questo è un elemento che, obiettivamente, fa pensare perché, se ci si deve difendere a proprie spese secondo una modalità internazionale di risoluzione delle Pag. 4controversie, i grandi gruppi o chi è più potente da un punto di vista economico sono in una condizione di vantaggio. Sappiamo che si tratta di preoccupazioni che sono state espresse in più occasioni anche dal Parlamento e da molti parlamentari, quindi lo vedrei come un rafforzativo.
  Per stare nell'ambito delle materie agricole devo dire che troviamo soddisfacente il mandato che è stato dato, nell'ambito dell'Unione europea, dalla Commissione agricoltura dell'Unione, nel senso che per noi l'elemento chiave è la tutela delle nostre produzioni tipiche.
  Oggi sono qui a parlare anche perché sono l'assessore della regione che ha più prodotti DOP e IGP in Italia. Ne abbiamo 41 nella regione Emilia-Romagna; siamo quelli che ne hanno di più in Europa.
  La dottoressa Chiarini, che è qui con noi, segue da molto tempo tutti i procedimenti e la relazione con l'Unione europea. Abbiamo elaborato, quindi, una posizione che è stata assunta dalle regioni. Nel documento che vi è stato consegnato c'è una parte abbastanza analitica, che suppongo avrete visto, che riguarda i tipi di produzioni, il tipo di prodotto, le barriere all’export, tariffarie e non, quindi quale può essere l'interesse da tutelare da parte nostra nell'ambito di questo tipo di contrattazione.
  Nel nostro ambito ci sembra che il mandato attribuito dalla Commissione agricoltura dell'Unione europea rispetto alla tutela delle DOP e delle IGP sia buono, nel senso che ci dà una possibilità in più che attualmente non abbiamo, che è quella di tutelare le nostre DOP e IGP anche negli Stati Uniti.
  Attualmente siamo in una situazione – forse bisognerebbe fare chiarezza anche nella comunicazione al pubblico – in cui nell'ambito dell'Unione le DOP e le IGP sono protette dal principio di reciprocità che con fatica si è riusciti finalmente ad affermare in tempi recenti, per cui all'interno dei 28 Paesi l'utilizzo del meccanismo dell’Italian sounding o comunque di prodotti che richiamano le denominazioni DOP e IGP non è ammesso ed è perseguibile, cosa che, per esempio, è accaduta a Francoforte per il Parmesan e altre situazioni di questo genere.
  In pratica, abbiamo visto che questo meccanismo funziona, mentre non c'è uno strumento di tutela quando si è fuori dall'Unione Europea, dove valgono le legislazioni nazionali, per cui, in assenza di accordi bilaterali, si è perennemente scoperti e privi di tutela, se non quelle delle parti direttamente in causa. Per esempio, il Consorzio del Parmigiano Reggiano dovrebbe fare direttamente causa a qualcuno che ritiene gli abbia contraffatto il prodotto negli Stati Uniti, lasciando quindi l'onere al Consorzio, che appare abbastanza inerme di fronte a tutto quello che accade.
  Riteniamo che il TTIP possa essere un elemento che ci dà un'arma in più, che adesso non abbiamo, contro la contraffazione nel rapporto con gli Stati Uniti.
  La nostra Regione ritiene – forse più di altre, visto che abbiamo i prodotti che sono in assoluto i più esportati negli Stati Uniti, cioè il Prosciutto di Parma e il Parmigiano Reggiano – che i prodotti di qualità debbano essere opportunamente seguiti. Devo dire che il progetto di promozione dei prodotti italiani negli Stati Uniti sta dando risultati abbastanza buoni. Alcuni dati mostrano infatti incrementi dell’export molto rilevanti in questi primi mesi per entrambi i prodotti, soprattutto per il parmigiano reggiano.
  Quindi, come annunciato, questo impegno straordinario sta producendo buoni risultati. A nostro avviso, possiamo guadagnare seriamente da un buon accordo fatto in questo senso. È chiaro che non basta un qualsiasi accordo; occorre – ripeto – un buon accordo che rispetti il mandato che è stato approvato dall'Unione Europea, dal momento che sulle DOP e le IGP quel mandato ci sembra soddisfacente.
  Invece, parlando di altre questioni che possono riguardare noi, credo che ci sia da fare ancora uno sforzo di comunicazione o comunque di spiegazione su cosa è compreso in questo trattato perché si ingenera confusione nell'opinione pubblica.
  Il fatto che all'inizio ci fosse stata una certa segretezza degli atti è stata una stupidaggine seria. Dopo è stato posto rimedio Pag. 5pubblicando tutto, per cui ormai da alcuni mesi sul sito dell'Unione europea c'è tutto. Tuttavia, anche da questo punto di vista bisogna proseguire nello sforzo di trasparenza, che è dovuto.
  Un altro elemento abbastanza importante sta nel chiarire che non risultano nel mandato – e non potrebbero risultare – deroghe alle norme dell'Unione europea di tipo sanitario e sulla salubrità degli alimenti. Peraltro, mi pare di ricordare che come Unione europea stiamo pagando multe da parecchi anni sulla base del WTO sulla questione degli ormoni, visto che non ci rassegniamo a importare carne con gli ormoni.
  L'ultima cosa che vorrei sollevare – se ho dimenticato qualcosa sono qui a rispondere alle domande – riguarda il tema delle importazioni.
  Credo che nell'ambito del mandato sia molto chiaro che la vicenda degli OGM non è materia di trattativa. Torna, però, sempre fuori sui giornali, per cui credo che vada fatto uno sforzo per chiarire una volta per tutte, almeno dal punto di vista agricolo, cosa è oggetto di trattativa del TTIP e cosa non lo è. Dico questo anche nell'interesse di una discussione che vada sui punti chiave e non si perda su materie che non sono oggetto del trattato. Tra l'altro, anche nelle risoluzioni che vi lascio ci sono elementi che riguardano altri campi, per esempio la cultura, i beni pubblici (l'acqua, l'istruzione e così via) che sono oggetto di preoccupazione, anche se da più parti viene ribadito che non sono nell'ambito del negoziato. Questo a dimostrazione che la perimetrazione della faccenda è abbastanza complessa.
  Comunque, credo di avervi illustrato quali sono, in generale, le nostre linee di indirizzo. Il resto è spiegato in maniera più completa nella documentazione.
  Vorrei aggiungere solo una considerazione sulle barriere non tariffarie. Abbiamo notato che sta succedendo un po’ dappertutto – non riguarda solo gli Stati Uniti – che, essendo sempre più difficile giustificare l'adozione di barriere tariffarie, si lavora sempre di più sul non tariffario. Questa è una materia su cui bisognerebbe trovare un modus operandi.
  Faccio un esempio che conosco. Con il servizio fitosanitario dell'Emilia-Romagna stiamo facendo degli sforzi titanici soprattutto sulla frutta e di recente anche sui salumi proprio per evitare di trovarci in qualche secca dal punto di vista dell'esportazione dei nostri prodotti per barriere non tariffarie. Abbiamo fatto dei significativi passi avanti con alcuni Paesi proprio sulla frutta (kiwi, pere e così via), ma questa prassi sta diventando una scusa.
  Si tratta, infatti, di nascondere dietro una questione sanitaria un vero e proprio dazio. Questo sta mettendo sotto stress i vari servizi fito. Da questo punto di vista, un maggiore coordinamento nazionale ci potrebbe aiutare, nel senso che molte delle nostre produzioni – al di là del fatto che regionalmente si possono avere varietà diverse – incontrano barriere molto simili nei vari Paesi. Questo è, dunque, un altro elemento di attenzione.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FILIPPO GALLINELLA. Ringrazio tutti i presenti. Vorrei porre una domanda e fare con voi alcune considerazioni. È chiaro che questo tipo di accordo bilaterale tocca tanti settori, compreso quello agroalimentare, che è più di interesse di questa Commissione.
  A tal proposito, vorrei segnalare proprio la questione delle DOC e delle IGP. Come è stato accennato, nell'Unione abbiamo la legislazione ex officio che permette a qualsiasi forza dell'ordine di poter combattere i fenomeni contraffattivi. Negli Stati Uniti, questo non è possibile perché basano tutto sulla registrazione del marchio. Si registra un marchio, anche se la procedura è piuttosto complessa, dopodiché se si dimostra di difenderlo dal punto di vista legale, si è autorizzati a mantenerlo. Abbiamo avuto un incontro con negoziatori della Direzione generale per il Commercio della Commissione europea, proprio per parlare di questa problematica. Pag. 6
  Nell'accordo TTIP si dovrebbe semplificare la procedura di registrazione per i nostri marchi. Non sarà mai prevista, però, l'eventualità che le forze dell'ordine degli Stati Uniti vadano a difendere le nostre denominazioni. Dico questo per chiarire le differenze tra la legislazione ex officio e quello che avverrà negli Stati Uniti.
  Sarà compito dell'Unione indicare le denominazioni – non saranno tutte, per motivi di volume e di mercato – che potranno essere oggetto di accordo con il negoziatore statunitense in modo tale che le procedure di registrazione del nome siano facilitate e soprattutto sia evitato l'onere di fare causa per forza a chi copia un nostro marchio altrimenti si perde questo diritto.
  I negoziatori ci hanno spiegato questo. Ora, dal nostro punto di vista, tutto ciò ha due grandi limiti. Il primo è che bisogna capire quali sono i marchi italiani. Infatti, penso che le regioni, che hanno varie denominazioni d'origine, proporranno dei nomi, dal momento che se il volume d'affari è molto basso oppure non c'è mercato, immagino che il marchio non sarà oggetto di discussione. Questo è il tema di un'interrogazione che abbiamo fatto al Ministro dell'agricoltura per capire quali sono, di tutte le DOP che abbiamo, quelle di cui stiamo parlando.
  Inoltre, quante di queste si possono permettere delle cause legali negli Stati Uniti? Più che di tutela, parlerei, quindi, di riconoscimento del marchio, visto che la tutela sta sempre dalla parte del produttore, che deve agire legalmente.
  Questo è un aspetto molto critico, forse perché abbiamo delle aspettative un po’ troppo alte nella difesa della denominazione. Su questo, vorrei chiedere una riflessione da parte dei presenti. In particolare, vorrei sapere quali sono, nelle loro regioni, i marchi che hanno mercato negli Stati Uniti che si possono permettere un tipo di azione del genere.
  Oltre a questo, come è stato accennato, c'è la clausola Investor-State dispute settlement (ISDS) che il Parlamento europeo non ha potuto discutere perché i negoziatori americani non vogliono cedere nulla rispetto alle autonomie degli Stati membri. È chiaro, infatti, che si toccano anche aspetti sociali.
  Abbiamo avuto degli esempi di accordi commerciali con questi risvolti. Penso alla questione del reddito minimo imposto dall'Egitto per quanto riguarda coloro che raccolgono i rifiuti. Insomma, non ci vorremmo trovare in queste situazioni.
  Vorrei, quindi, capire anche qual è il punto di caduta per il quale la vostra idea su questo accordo è negativa. È chiaro, infatti, che sicuramente i negoziatori guardano all'Unione europea come un'unica entità, quindi se il PIL aumenta è giudicato positivo l'oggetto dell'accordo, ma non abbiamo le ricadute per ciascun Stato membro.
  Dalla relazione, che anche i colleghi hanno ricevuto, fatta dalla Segreteria generale dell'Ufficio rapporti con l'Unione europea, il settore agroalimentare sarà quello più danneggiato rispetto alla meccanica, alla moda o alle bevande, che avranno un PIL aggiuntivo; invece, il rischio di un effetto negativo è per la filiera chimica, farmaceutica e dell'agricoltura, carta e legno.
  Insomma, vorrei sapere se c'è un punto di caduta per cui sarebbe meglio non procedere. Infatti, ci sarà un mandato, una discussione e un documento finale. Attualmente, è ancora tutto in discussione. C'è stato il decimo round, per capire se conviene andare avanti, visto che le carte non sono ancora chiare. È vero che non c'è stata trasparenza, ma ci sarà un punto di caduta o va bene comunque?

  GIUSEPPE ROMANINI. Ringrazio gli auditi, in particolare l'assessore Caselli che conosco e con la quale abbiamo avuto modo di fare qualche riflessione in incontri pubblici sul tema del TTIP.
  Devo dire che condivido l'impostazione complessiva che, peraltro, coincide grosso modo con quello che è stato il mandato a trattare approvato dal Parlamento e anche con le ultime espressioni di voto del Parlamento europeo. I limiti, quindi, sono piuttosto definiti. Poi, dico a chi mi ha preceduto che il punto di caduta ha dei risvolti diversi a seconda del punto d'osservazione. Pag. 7 Infatti, a differenza del collega Gallinella, sono convinto che proprio nel settore agricolo e per i Paesi dell'area mediterranea, che sono forti esportatori di prodotti agro-industriali di alta qualità, il ritorno può essere interessante. Non è un caso che, anche in Europa, opinioni divergenti si hanno soprattutto a partire da Paesi del nord che di queste caratteristiche godono meno.
  Se è vero che gli Stati Uniti – qui si apre tutto un ragionamento sugli OGM, che comunque è parallelo a quello del TTIP – hanno grande interesse a vendere una loro quota di prodotti agricoli di base perché sono fondamentalmente produttori di commodity, noi abbiamo interesse, invece, a potenziare le nostre vendite negli Stati Uniti di prodotti alimentari di alta qualità. Peraltro, il nostro export di prodotti di alta qualità, che già misura oltre 30 miliardi di euro, ha un potenziale inespresso già misurato per effetto dell’Italian sounding di almeno il doppio. Sappiamo che vengono compravenduti nei mercati prodotti che si richiamano all'italianità o che vengono venduti come italiani, anche se non lo sono, per circa 90 miliardi.
  Quindi, la mia preoccupazione è semmai quella contraria, cioè che vi sia una posizione piuttosto lasca da parte dell'Europa per arrivare a concludere, che incontra gli interessi da parte degli Stati Uniti a chiudere prima un accordo con la realtà sia asiatica, quindi del Pacifico, con la quale le trattative sono molto avanti.
  Dunque, mi preoccupa la posizione non dell'Emilia-Romagna o della Conferenza Stato-Regioni, ma piuttosto dell'Europa e del Parlamento europeo che sta sollevando dei dubbi sullo schema di accordo già concluso da parte dei negoziatori, ma non ancora notificato dal Parlamento europeo e dagli Stati membri. Mi riferisco all'accordo con il Canada, che ha aperto la strada ed è l'elemento di paragone sul quale si confrontano anche gli elementi di questo negoziato.
  Siamo al decimo round. Per quel che si sente, si legge e anche in questa Aula viene discusso, penso ci sia una grande necessità – richiamata anche dall'assessore Caselli – di una maggiore informazione e trasparenza.
  Occorre un lavoro di coinvolgimento delle comunità, delle associazioni agricole e imprenditoriali, altrimenti tutti i passaggi di ratifica del Parlamento europeo e di tutti gli Stati nazionali – a patto che si arrivi a chiudere un accordo di partenariato che sia in linea con il mandato a trattare, che io considero vantaggioso – rischiano di naufragare per effetto dell'opinione pubblica dei vari Paesi, che una volta si concentra sul ISDS, l'altra volta su altri aspetti come gli OGM o i controlli sanitari.
  Questo è un impegno, non ancora giunto a un livello sufficiente, che riguarda tutti, quindi il Parlamento, le regioni e tutta la nostra comunità.

  MINO TARICCO. Vorrei cogliere l'opportunità della presenza dell'assessore, che porta la voce dell'insieme delle regioni, per chiedere se è stata fatta una valutazione su alcune delle questioni che sono state poste dai colleghi e che già l'assessore aveva anticipato nella sua relazione introduttiva.
  Credo che ognuno di noi abbia cercato di farsi un'idea in questa vicenda in merito a dove potrebbe fermarsi il pallino e a cosa succederebbe. Ci sono tantissimi aspetti che stanno emergendo man mano che il negoziato va avanti. Per quel che riguarda l'agricoltura, mi pare che le due questioni a cui lei ha fatto riferimento racchiudono tutto il tema DOC, DOP, IGP e IGT, prima e dopo. Infatti, non siamo all'anno zero, ma in una situazione che oggi ha tutte le difficoltà a trovare riconoscimento su quel versante dell'Atlantico, rispetto alla quale dentro a questo negoziato ci sono alcune ipotesi o livelli già avanzati di negoziazione che potrebbero portare delle modificazioni di scenario.
  C'è, poi, tutto il tema delle barriere non tariffarie – come giustamente si diceva – che stanno diventando come uno dei grandi strumenti per fare le politiche di settore. Anche qui, non siamo all'anno zero, per cui prima non c'è niente e adesso facciamo l'accordo, ma siamo in una guerra totale, in cui questi strumenti vengono indebitamente e impropriamente utilizzati per condizionare Pag. 8 pesantemente lo stato delle relazioni commerciali.
  Le chiedo qual è la sua sensazione e quella dei suoi colleghi in un'ipotesi in cui faticosamente nel quadro di scenario che abbiamo oggi si approdi oppure non si approdi a un accordo. Peraltro, le osservazioni che faceva prima il collega Romanini non sono impossibili in questo scenario. Infatti, tra le tante cose che potrebbero succedere, se le cose si protraggono troppo a lungo, è che si chiudano prima altri accordi, visto che la spinta che c'è in questo momento in quella direzione (peraltro già non fortissima da parte di tutti) rischia di sgonfiarsi.
  Pertanto, è uno scenario non impossibile quello di trovarci di fronte al fatto che poi l'accordo, così come noi oggi lo concepiamo, non venga fatto e si arrivi a livelli minimali ben lontani da ciò di cui stiamo parlando in questo momento.
  Nei due scenari – ovvero che il percorso che abbiamo avviato vada in fondo o, invece, che venga totalmente depotenziato – avete fatto qualche ragionamento sul contesto in cui ci troveremmo a dover operare, diversificando? Legittimamente ognuno, dal proprio punto di vista, fa tutte le osservazioni su tutti i potenziali rischi che ci sono dentro la chiusura degli accordi, ma credo che bisognerebbe anche chiedersi cosa succede se questi non ci sono. Chiedo, quindi, se ci sono da parte vostra delle valutazioni in tal senso, che aiutino a capire qual è l'effettiva posta in gioco che è di fronte a noi.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Ringrazio gli auditi. Tutti parlano dei vantaggi che potrebbero arrivare da questo accordo, ma nessuno quantifica anche gli svantaggi perché si fa la mera considerazione che il mercato libero equilibra tutto. In realtà, però, non è proprio così perché si parte da situazioni diverse. Questa, peraltro, è una cosa che si è già ripetuta quando abbiamo adottato la moneta unica dell'euro. Tutti ci dicevano dei vantaggi, ma degli svantaggi non ha mai parlato nessuno, eppure c'erano.
  Ci sono anche degli studi autorevoli che dicono che i vantaggi che si avrebbero in termini economici nel portare a termine questo trattato sarebbero dello 0,48 per cento in più del PIL spalmato su 13 anni. Sarebbero, sostanzialmente, vantaggi irrisori in termini economici, con svantaggi che, però, non vengono quantificati.
  Vi chiedo, quindi, se avete visto questi studi, se avete chiesto quali sono gli eventuali svantaggi in termini economici e se avete fatto queste valutazioni in merito al trattato e a cosa potrebbe accadere per evitare di commettere l'errore commesso nel passato, quando si è pensato che il mercato da solo potesse regolare il tutto, mentre così non è. C'è, infatti, un problema di lavoro, di ricollocazione dei lavoratori, che non è sempre semplice, quando si passa dal settore agroalimentare ad altri settori.
  Questi sono tutti svantaggi che si porta dietro questo trattato, su cui, però, non viene posta la dovuta attenzione.

  COLOMBA MONGIELLO. Do il benvenuto all'assessore Caselli. Siamo molto lieti di averla qui oggi e la ringraziamo anche per la spiegazione che ha rivelato la posizione della Conferenza degli assessori regionali all'agricoltura.
  Nessuno di noi mette in dubbio la potenzialità e soprattutto l'importanza di questo trattato, nonché gli scenari che esso pone rispetto a un mercato che è molto appetibile per i prodotti agroalimentari italiani.
  È ovvio che si sono levate voci non tanto di dissenso, quanto di perplessità sui temi oggetto della scrittura finale del trattato. Lei ha posto in luce quello delle geographical indications, che è il tema di fondo della discussione che si sta facendo a tutti i livelli anche perché pensiamo a un mercato nel quale questi marchi non sono tutelati per legge. Al contrario, il common denomination è previsto nel principio del libero scambio, quindi è qualcosa di completamente diverso rispetto al tema che ci poniamo.
  Tra l'altro, questa settimana 45 senatori americani esortano, con una lettera presentata al Senato, soprattutto i loro rappresentanti a non limitare le restrizioni nell'ambito del TTIP. Ecco perché la nostra preoccupazione è dovuta soprattutto alla Pag. 9fase avanzata del trattato, in cui siamo. Peraltro, lei faceva riferimento al fatto che nell'Unione europea, con la legge che citava il collega Gallinella, abbiamo un baluardo per andare ad attaccare l'usurpazione del marchio, cosa che non possiamo fare sul mercato americano. Penso che questa sia stata la valutazione che ne abbiate fatto voi assessori. A questo riguardo, vorrei porre due domande.
  La sua posizione è condivisa all'interno o ci sono anche voci di dissenso da parte di qualche regione di questo Paese, così come sento da alcune dichiarazioni?
  Lei ha citato il caso del Parmigiano. Ora, poniamo il caso che l'Asiago sia un prodotto generico, come avverrà, se non viene scritto all'interno del TTIP. Poniamo il caso che non abbiamo la tutela del marchio, come oggi, visto che siamo oggetto d'attacco da parte dell’Italian sounding, che non possiamo contrastare legalmente. Ciò significa che già su questo andiamo oltre i 10, 20, 30 miliardi; peraltro, non c'è un'ipotesi nemmeno per quel che riguarda la quantificazione.
  Su questo avete ragionato e soprattutto posto alcune condizioni? Insomma, le indicazioni geografiche per noi restano il punto di non ritorno? Questa è la domanda che le pongo.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Oltre a voler sottolineare che, in realtà, dalla società civile non sono state fatte emergere soltanto le criticità, ma anche un vero e proprio dissenso per come il sistema economico andrebbe a modificarsi in peggio, vorrei chiedere i riferimenti con i quali gli auditi hanno formato le proprie opinioni. Inoltre, vorrei sapere a quali valutazioni di impatto, in particolare, si è fatto riferimento e se queste hanno prodotto un dibattito all'interno della Conferenza.
  Un'altra cosa che vorrei sottolineare è che le criticità che stiamo facendo emergere e di cui tutti siamo preoccupati per segnare un punto da non sorpassare riguardo all'agroalimentare, ma anche riguardo alle altre parti del TTIP, come abbiamo visto anche nella risoluzione Lange al Parlamento europeo, verranno schiacciate dalla necessità di portarlo avanti in una maniera funzionale a chi l'ha proposto e portato avanti finora. Mi riferisco ai grandi gruppi economici che sono i maggiori interessati e non tanto la società o la possibilità di evoluzione della nostra società in termini di benessere e di elevazione degli standard.
  Mi rendo conto che i colleghi sollevano criticità, ma poi si fa ben poco per porvi rimedio. Vediamo, infatti, come le questioni si accavallano l'una sull'altra, senza un approdo normativo.
  Quindi, probabilmente si arriverà soltanto a dire che l'avevamo detto, ma poi è andata così. Adesso mi sembra questo il tenore del dibattito, che è blando e superficiale, quando sin dall'inizio, cioè un anno fa, abbiamo posto delle criticità molto forti, rimaste inascoltate dal Parlamento, ma anche da altri stakeholder.
  Mi auguro, pertanto, che ci sia maggior tempo prima di un'eventuale approvazione del trattato e che tutti gli attori in campo abbiano la capacità di approfondire e di portare dei dati e delle valutazioni di impatto che possano chiarire la loro posizione.

  NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Non entro nel merito della partita doppia dei vantaggi e degli svantaggi che produce il TTIP. Non voglio nemmeno avventurarmi in altre valutazioni. Vorrei soltanto rivolgere all'assessore Casselli un benvenuto per questa prima delle tante audizioni che verranno svolte qui in Aula e che la vedranno sicuramente protagonista.
  Vorrei, inoltre, augurare un buon lavoro a lei e alla giunta regionale dell'Emilia-Romagna. Devo dire che credo che sia importante il testimone che ha lasciato all'assessore Caselli il vecchio assessore Tiberio Rabboni. Abbiamo, infatti, avuto modo di apprezzare il lavoro che ha svolto nella Conferenza Stato-regioni e i suggerimenti che ha sempre fornito a questa Commissione.
  In particolare, ho avuto modo di apprezzare sul campo l'assessore regionale, visto che ci occupiamo di agricoltura, e ho visto il taglio, l'impegno e la passione con la quale affronta i problemi dell'agricoltura. Non a caso, se l'Emilia-Romagna è una Pag. 10delle sei regioni che ha visto approvato il PSR dall'Europa significa che c'è un lavoro che bisogna valorizzare sempre di più.
  Ho visto anche le direttive di questo PSR – favorire i giovani, le donne, l'agricoltura svantaggiata – che credo siano le condizioni indispensabili per far ripartire non solo l'economia agricola dell'Emilia-Romagna, ma anche per essere una testimonianza per le altre regioni.
  Quindi, il mio voleva essere solo un benvenuto, un augurio di buon lavoro e un arrivederci a presto per le prossime occasioni che possiamo utilizzare per affrontare i problemi che riguardano l'agricoltura italiana. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola all'assessore per una breve replica.

  SIMONA CASELLI, Assessore all'agricoltura della regione Emilia-Romagna. Specificavo già prima che la nostra discussione è stata fatta in Conferenza delle regioni lo scorso mese di marzo. A ogni modo, eravamo in una fase in cui – come del resto adesso – c'era ancora una certa incertezza sul fatto che i tempi di conclusione di questo trattato possano essere più o meno brevi. Infatti, in realtà, che si faccia in tempo a farlo durante la presidenza Obama non è così ovvio, da quel che si capisce.
  Il che, ovviamente, sposta avanti la palla parecchio, anche rispetto alla stessa dinamica dei negoziati perché è evidente che tutto cambia, se dovesse cambiare un'amministrazione, al di là del suo colore.
  Quindi, il tema di fondo è che non si è entrati in una dinamica di valutazione di impatto così approfondita. Peraltro, anche volendoli cercare, non ci sono molti studi. Inoltre, da macroeconomista, diffido delle previsioni a 13 anni perché le trovo non credibili.
  Dal punto di vista della documentazione, credo possa esservi utile un riferimento. Infatti, ho partecipato a un workshop di natura internazionale che è durato tre giorni e che, anche se ne ho fatto uno e mezzo, ho trovato molto interessante all'Università di Parma. C'erano anche degli americani.
  Tra l'altro, non dobbiamo pensare che la questione delle geographical indications (GI) interessi solo noi perché riguarda anche loro. Inoltre, è positivo che culturalmente si stia diffondendo una certa consapevolezza, anche in altri Paesi, che le denominazioni geografiche sono importanti e possono essere un elemento di qualificazione dell'offerta. Se l'Europa fa cultura in questo, credo che si sia lavorato bene per l'Europa.
  Dico questo per dire che anche gli americani si stanno ponendo dal punto di vista di cominciare a proteggere alcune loro denominazioni geografiche. Del resto, in alcuni luoghi del mondo organizzazioni come Slow Food e altre stanno piazzando presidi o cose di questo genere. Sta crescendo, dunque, questa attenzione.
  Teniamo conto che nell'ambito di un negoziato così complesso, che ovviamente non è a compartimenti stagni, l'elemento per noi fondamentale è quello delle DOP e delle IGP, sulle quali c'è la linea Maginot. Non bisogna mollare su questo, altrimenti siamo fritti.
  È chiaro, insomma, che quello per noi è un tema di fondo. Per gli americani si pone un tema più sulla moda. Del resto, ognuno vede il suo interesse. In questo caso, siamo noi che facciamo della contraffazione sulla moda dei marchi americani, per esempio nell'abbigliamento sportivo. Pertanto, ci sono elementi che vanno considerati dai diversi punti di vista.
  A ogni modo, quel seminario è stato l'unico caso in cui ho visto degli studi che danno un minimo di definizioni quantitative anche degli elementi di cui stiamo parlando, almeno dal punto di vista agricolo.
  Forse, onorevole, non era ancora arrivato quando all'inizio dicevo che l'elemento della risoluzione delle controversie e della normativa sul lavoro sono due elementi chiave molto critici, che però sono trasversali, quindi non li ho messi al centro di questa comunicazione. Pur essendo trasversali, sono comunque elementi su cui mi concentrerei molto se fossi nei negoziatori.
  Dal punto di vista dell'agricoltura, la discussione in sede della Conferenza degli Pag. 11assessori è consistita nello scambio di documenti, finché si è arrivati a definire che il documento che poteva sintetizzare meglio la posizione era quello dell'Emilia-Romagna.
  Non so se ci sono delle posizioni diverse, nel senso che non le ho sentite esprimere in quella sede. In quel caso, la considerazione è stata abbastanza semplice – credo molto nel rasoio di Occam, ovvero che le cose semplici sono quelle che ci spiegano meglio – ovvero che noi attualmente non abbiamo strumenti di tutela. Allora, è meglio un accordo che ci dà uno strumento in più o è meglio niente?
  Questa è la situazione, fermi restando i due grandi punti di cui dicevo, vale a dire il lavoro e la risoluzione delle controversie, che possono metterci in una condizione peggiorativa, ma sono questioni – ripeto – di natura generale. Invece, sulle questioni di natura particolare – cioè sulle DOP e sulle IGP – ritengo che abbiamo da guadagnarne, anche come sistema agricolo. Questa è stata la considerazione che abbiamo condiviso di più.
  Infatti, il nostro è un sistema agricolo basato su produzioni di qualità per la natura stessa del Paese, che non è adatto a coltivazioni estensive o a commodity. Peraltro, non abbiamo quasi più alcune commodity per ragioni risalenti ad accordi di molti anni fa, come per lo zucchero. Le altre le consumiamo noi. Insomma, non siamo esportatori e non abbiamo interessi.
  Sugli OGM abbiamo fatto una scelta. Nello specifico, la nostra è una regione OGM free. A ogni modo, stando sul piano nazionale, sapete meglio di me che abbiamo un livello di proibizione della coltivazione. In sostanza, come sistema Paese abbiamo fatto una scelta sulla qualità. Noi come Emilia-Romagna teorizziamo questa scelta, nel senso che intendiamo basare in futuro tutto il nostro valore aggiunto in agricoltura sulle produzioni di qualità, anche per toglierci da una logica di competizione di prezzo che di solito non fa bene ai redditi degli agricoltori, che in ultima analisi sono quelli che dobbiamo difendere.
  L'accordo sta in poco posto. Capisco che rischio di sembrare didascalica in questa considerazione, ma l'elemento di fondo è che allo stato attuale la tutela rispetto all’Italian sounding non c'è in questi Paesi.
  Rimarco anche un'altra cosa che non è di secondaria importanza, ovvero che forse ricomprendere all'interno del ragionamento solo la questione delle barriere non tariffarie può essere riduttivo. All'interno di questa discussione c'è anche l'elemento – che sapete quanto pesa visto che noi stessi stiamo combattendo una battaglia per semplificare il settore – che non è basato semplicemente sul fatto che si introduce un requisito specifico rispetto a un particolare batterio, ma magari si prevede il raddoppio dei controlli o non si riconosce la reciprocità, quindi si obbliga a duplicare.
  Questo comporta un meccanismo di duplicazione dei costi che scoraggia i produttori dall'affrontare un mercato. Talvolta, questi sono gli schemi che ci vengono messi davanti, quindi l'elemento del riconoscimento della reciprocità fa andare indubbiamente avanti. Per esempio, ha consentito al sistema Paese in tempi recenti di ottenere un risultato rilevante sulla questione dei salumi, visto che con gli Stati Uniti siamo riusciti a fare un passo in avanti decisivo.
  Il punto di fondo è stato questo. Allo stato attuale siamo sicuri di essere tra i Paesi più danneggiati all'interno dell'Unione europea dall'usurpazione dei marchi. Questo credo che sia innegabile, non fosse altro che siamo il Paese che ha più DOP e IGP.
  Peraltro, anche all'interno dell'Unione europea è abbastanza recente il principio di reciprocità. Se si è riusciti a ottenerlo è stato perché un'associazione, quella delle regioni produttrici di DOP e IGP, ha fatto un lavoro molto pesante sul Parlamento europeo, anche di lobbismo, in termini positivi, per far riconoscere questo principio che, come sapete, nell'Unione non è caro a tutti, altrimenti avremmo ottenuto il made in.
  Insomma, siamo all'interno di una situazione in cui la possibilità di tutelare dei marchi straordinari, che hanno ancora un grande potenziale di export, come quelli che citavo io, ma lo stesso Asiago o la Pag. 12mozzarella campana e tanti altri marchi che fanno famosa la nostra gastronomia del mondo, di per sé, è un elemento che, guardando solo al settore agricolo, ci consente di fare grandi passi avanti.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'assessore per il contributo che la Conferenza ha portato alla nostra indagine conoscitiva. Autorizzo pertanto la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna dei commenti al negoziato con allegato della Conferenza delle regioni e delle province autonome dalla stessa depositata in data odierna (vedi allegato). Dichiaro infine conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.35.

ALLEGATO

Pag. 14

Pag. 15

Pag. 16

Pag. 17

Pag. 18