XVII Legislatura

XIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Mercoledì 18 marzo 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sani Luca , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE RICADUTE SUL SISTEMA AGROALIMENTARE ITALIANO DELL'ACCORDO DI PARTENARIATO TRANSATLANTICO SU COMMERCIO E INVESTIMENTI (TTIP)

Audizione dei rappresentanti dell'Istituto per la cooperazione economica internazionale (ICEI).
Sani Luca , Presidente ... 2 
Somoza Alfredo , Presidente dell'Istituto per la cooperazione economica internazionale (ICEI) ... 2 
Sani Luca , Presidente ... 6 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 6 
Sani Luca , Presidente ... 7 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 7 
Taricco Mino (PD)  ... 7 
Bordo Franco (SEL)  ... 7 
Benedetti Silvia (M5S)  ... 8 
Sani Luca , Presidente ... 8

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCA SANI

  La seduta comincia alle 15.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti dell'Istituto per la cooperazione economica internazionale (ICEI).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle ricadute sul sistema agroalimentare italiano dell'accordo di partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP), dei rappresentanti dell'Istituto per la cooperazione economica internazionale (ICEI).
  Ringrazio Alfredo Somoza, presidente dell'ICEI, per aver accolto l'invito della Commissione, e gli cedo la parola. Al suo intervento faranno seguito eventuali domande da parte dei deputati a cui il nostro ospite potrà replicare. Mi scuso per l'attesa, ma avevamo un'altra audizione su un tema molto delicato che ha preso più tempo del previsto.

  ALFREDO SOMOZA, Presidente dell'Istituto per la cooperazione economica internazionale (ICEI). Ringrazio il presidente e gli onorevoli componenti la Commissione.
  L'ICEI – dico due parole, visto che non siamo così noti come altre realtà che sono state recentemente audìte – opera da trent'anni nel campo dello sviluppo agricolo, sia nell'ambito della ricerca e dello studio dei modelli agricoli sia come operatore diretto di progetti di sviluppo agricolo in Europa e nel resto del mondo, con fondi europei e fondi italiani.
  Non partiamo da una presa di posizione politica su questi temi, ma analizziamo ciò che si sta discutendo, nello specifico il TTIP, di cui, come tutti sapete, è molto poco ciò che sappiamo. Abbiamo consegnato un documento che approfondisce una serie di aspetti in modo articolato e che, se richiesto, potrebbe essere ulteriormente approfondito.
  Mi limiterò a commentare due filoni di questioni che si possono leggere tra le righe del mandato negoziale del giugno 2013, che è stato desecretato dalla Commissione nell'ottobre del 2014 e che contiene alcuni elementi sui quali riflettere. Poi tenterò di dire qualcosa su altre esperienze di questo tipo di partenariato, sebbene molto diverse rispetto a ciò che stiamo discutendo, che si sono già verificate.
  Il mandato negoziale del 17 giugno 2013, al punto 25, non include il settore agroalimentare tra i settori considerati di importanza significativa. Questo è un primo dato di partenza, che dà vita alla prima riflessione, dal momento che, in merito a questi settori di importanza significativa, come l'industria farmaceutica o i servizi finanziari, viene specificato che meritano disposizioni e procedure specifiche e sostanziali. Dunque, quando parliamo Pag. 3di agroalimentare, va precisato che all'interno del mandato negoziale – in considerazione del fatto che non fa parte di ciò che teoricamente si sta discutendo – non è previsto un trattamento specifico, come invece per gli altri sette settori economici enunciati.
  Il settore agroalimentare viene trattato nel capitolo riguardante il richiamo dell'Accordo SPS (Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie) del WTO, che in qualche modo all'epoca della sottoscrizione da parte dei Paesi membri del WTO, compresa ovviamente l'Italia, tutelava in qualche misura – anche se tra le righe – il principio di cautela dell'Europa, che è uno dei capisaldi della politica europea su questi temi, parlando di «tempi ragionevoli» per l'applicazione di misure restrittive in mancanza di prove scientifiche. È stato il ricorso che si è utilizzato, ad esempio, per mantenere fino ai nostri giorni, anche se recentemente è cambiata la legislazione, il divieto di coltivazione di organismi geneticamente modificati o di commercializzazione di prodotti OGM per il consumo umano.
  Tuttavia, il richiamo all'Accordo SPS viene in realtà cambiato. Nel mandato negoziale si fa un richiamo ma si ribadisce un punto importante, ossia che queste misure precauzionali senza base scientifica possono essere basate su risultati scientifici, limitando l'applicazione di misure senza base scientifica disponibili solo in casi gravi di pericoli per la vita o la salute umana, in modo trasparente e senza ritardi inutili. Questo non viene citato nell'Accordo SPS del WTO, quindi possiamo dedurre che si parta da una lettura più restrittiva che lede in qualche modo la sovranità nell'applicazione del principio di cautela, che come dicevo prima è stato utilizzato dall'Unione europea sul tema degli OGM ma non solo. Infatti, il tema degli OGM, uno dei grandi temi che percorrono il dibattito su questo settore all'interno dell'accordo TTIP, nel combinato con il meccanismo di risoluzione delle controversie, cioè con gli ISDS (tribunali privati per la risoluzione delle controversie), potrebbe essere l'arma perfetta per disarticolare qualsiasi tipo di politica residua su questa materia. Intendo dire che, partendo dal mandato negoziale, se questo porterà a termine qualcosa del genere, attraverso gli ISDS potrebbero essere aggrediti singolarmente i Paesi – visto che la competenza è stata calata sui Paesi – nel caso di eventuali divieti di questo tipo senza base scientifica.
  Un altro punto forse ancora più delicato – il tema OGM è ovviamente molto opinabile, da tutti i punti di vista – è il riconoscimento dell'equivalenza in materia fitosanitaria. Contrariamente a quei settori economici che vengono enumerati al punto 25, e tra i quali non c’è il settore agroalimentare, si ipotizza il riconoscimento dell'equivalenza, quindi sostanzialmente non si starebbe lavorando a una regolamentazione mediata tra le parti per creare una specifica regolamentazione in materia agroalimentare, ma si andrebbe sull'equivalenza.
  Secondo il Corporate Europe observatory, che si occupa proprio di questi temi, il tema dell'equivalenza automatica, come sarebbe fino a prova contraria ciò che sta succedendo all'interno del TTIP, sarebbe il primo passo verso l'armonizzazione in materia di divieti: se un prodotto agroalimentare, che è stato trattato ad esempio con pesticidi non autorizzati dall'Unione europea, per un motivo di equivalenza viene immesso sul mercato, automaticamente il fabbricante di quei pesticidi col quale è stato trattato il prodotto immesso può aprire una vertenza per l'autorizzazione a commercializzare quel prodotto. Quindi, equivalenza e armonizzazione, in questo caso, senza regolamentazione specifica effettivamente potrebbero aprire le porte non soltanto ai citati pesticidi – sappiamo che si tratta di un'area nella quale il settore agroalimentare utilizza una serie di altri prodotti – ma anche ad anticrittogamici, antibiotici e ormoni il cui uso non è autorizzato in Europa. Questo potrebbe essere sicuramente qualcosa che scardina il sistema.
  L'ultimo punto da affrontare su questo tema è quello dell'etichettatura, che secondo il mandato negoziale non dovrà Pag. 4contenere informazioni fuorvianti. Ciò va letto da due punti di vista. Per noi è chiaro che cosa si intende. Negli Stati Uniti, ad esempio, «informazione fuorviante» vuol dire che un'etichetta non può esaltare le qualità del prodotto se quell'esaltazione in qualche modo danneggia il concorrente che non ha quelle qualità. Quindi, negli Stati Uniti un produttore biologico non può pubblicizzare la sua merendina «OGM free» perché farebbe intendere che chi invece lavora con OGM sta facendo qualcosa che non va bene.
  È da capire cosa vuol dire «informazione fuorviante» nell'etichettatura, perché sicuramente vuol dire anche, ad esempio, l'eliminazione dell'indicazione della filiera nelle carni, che negli Stati Uniti non esiste. Quindi, l'indicazione di «etichetta trasparente», che abbiamo conquistato dopo tanto tempo, potrebbe essere a rischio anche fornendo più informazioni di quelle che può fornire la concorrenza.
  Sugli accordi di questo tipo anzitutto non esiste alcun caso paragonabile, cioè non è mai esistita una trattativa fra due aree così omogenee per tipo di mercato, per reddito dei cittadini, per caratteristiche dei sistemi produttivi, da tutti i punti di vista, terziario, primario e secondario. Non abbiamo precedenti di questo tipo.
  Vi sono altresì precedenti di accordi asimmetrici, cioè tra Paesi molto diversi tra di loro, tra i quali forse il più noto è il NAFTA (North American free trade agreement), l'accordo tra Stati Uniti, Canada e Messico del 1994. Se andiamo a vedere – anche se ovviamente non è paragonabile a ciò di cui stiamo parlando – ad esempio il Messico, che era il Paese debole all'interno di questo mercato, dal momento che l'asimmetria era soprattutto tra il Messico, da un lato, e Canada e Stati Uniti, dall'altro, esso ha avuto sicuramente un incremento della capacità industriale, perché è stato oggetto di delocalizzazione industriale da parte degli Stati Uniti. Anche questo è un discorso molto relativo, perché in realtà si trattava più di attività di assemblaggio che di industrializzazione, ma comunque ha migliorato un tessuto industriale, mentre vi sono state conseguenze devastanti per l'agricoltura messicana.
  Il Messico era un Paese nel quale c'era una prevalenza di piccola e media proprietà, soprattutto produttrice di mais, che è l'alimento principale di quel Paese, che è stata devastata e portata al fallimento dall'arrivo, senza nessun tipo di barriere – il Messico aveva un mercato agricolo protetto –, delle eccedenze agricole statunitensi sovvenzionate, sottocosto rispetto al costo del prodotto locale.
  Quel fallimento della media e piccola agricoltura è stato il campo sul quale è maturato il grande business attuale delle campagne messicane, che non è più il mais ma è la droga. Questo è un caso lontano nel tempo e lontano come tipologia, ma se andiamo a vedere l'accordo che si sta trattando adesso, il TPP, cioè l'accordo del Pacifico che gli Stati Uniti stanno negoziando con undici Paesi dell'area del Pacifico, non possiamo trovare una somiglianza con il TTIP anzitutto perché quell'accordo non è altro che l'estensione di un accordo già esistente, il P4, che comprende una serie di Paesi molto diversi dagli Stati Uniti, alcuni produttori di commodity, come il Brunei, che produce petrolio, quindi Paesi molto diversi dalla realtà statunitense, che sono già agganciati al mercato degli Stati Uniti e fanno già parte dell'area del dollaro.
  L'unico Paese con il quale si stanno presentando dei problemi, nel percorso di questo trattato che va in parallelo a quello del TTIP, non a caso è il Giappone, che è il Paese più simile agli Stati Uniti. Il punto centrale riguarda proprio l'agricoltura giapponese, che è una delle agricolture più protette al mondo e in relazione alla quale sussistono seri dubbi soprattutto sulla tenuta della risicoltura rispetto alla forza degli Stati Uniti.
  Non esprimo alcun giudizio di merito, ma osservo che ci sono due culture contrapposte, sia di tipo commerciale sia di mercato sia di produzione. Sono forse le due culture più lontane rispetto al resto dei servizi o delle merci dei settori produttivi che entreranno a far parte di quelli Pag. 5che beneficeranno di questo accordo. Se, come sappiamo benissimo, oggi ci sono poche distanze nella grande industria, per quello che riguarda il modo di produrre da una parte e dall'altra, sappiamo altrettanto bene che ci sono invece ancora grandi distanze sia sull'agricoltura e sul modello agricolo sia sul settore agroalimentare.
  Noi abbiamo un modello recente, il CETA, l'accordo tra l'Unione europea e il Canada, con un Paese che presenta alcune somiglianze con gli Stati Uniti, anche se non tutte, nel senso che il Canada è molto più specializzato su pochi prodotti e ovviamente il mercato agroalimentare di questo Paese ha un'importanza molto minore rispetto a quello degli stati Uniti. Con il CETA si è raggiunto un accordo di mediazione rispetto ai marchi – entrerò più nel dettaglio velocemente – che in qualche modo ha legalizzato una parte dell’Italian sounding, e quindi in qualche modo introduce degli elementi di novità rispetto alla posizione finora tenuta.
  Come è vero che i prosciutti San Daniele e Parma potranno essere venduti con quel nome in Canada, dove erano già venduti, ma con un nome diverso (original ham), viceversa i prosciutti San Daniele e Parma canadesi potranno essere venduti in Europa, cosa che finora non si poteva fare.
  Con il Canada la mediazione ha riguardato 176 marchi europei che saranno riconosciuti dal Canada, bloccandone quindi l'importazione da altri Paesi, ma quello che rimane fuori riguarda pochi settori. Con gli Stati Uniti sicuramente – c’è da scommettere ed è una questione statistica – il conto potrebbe essere molto più alto, innanzitutto per la varietà dell'industria e della produzione statunitense, che copre quasi tutto l'equivalente della produzione europea come tipologia, ma anche perché per alcuni dei prodotti caposaldo dell'agricoltura italiana, come il Parmigiano reggiano, difficilmente gli Stati Uniti accetteranno di stabilire una tutela del marchio, essendo dall'altra parte il principale produttore mondiale di Parmesan, quindi legittimamente punteranno a crearsi un mercato in Europa, che è attualmente impedito.
  Noi non abbiamo ancora studi seri di impatto e questo è un punto preoccupante. Abbiamo dei numeri generali su flussi, in uscita e in entrata, cioè import ed export, che quasi sempre vanno a pari. Per l'Italia si parla di 90 in più o 90 in meno rispetto agli Stati Uniti, ma il dato preoccupante è la trade diversion, cioè come cambieranno i flussi di importazione ed esportazione all'interno dell'Europa. In altre parole, parliamo di quanto mercato perderà l'Italia sui suoi prodotti tipici in Germania e in Francia – dove andrà in concorrenza con un prezzo molto diverso, per tanti motivi, rispetto a questi prodotti – e soprattutto di quale impatto avranno anche sul mercato locale, ossia sul nostro mercato, questo tipo di prodotti.
  Questi dati non li abbiamo. Sappiamo soltanto che c’è una stima di – 27 per cento di esportazioni verso la Germania, che è uno dei principali compratori di prodotti italiani, ma fa specie la mancanza di informazioni precise su quali Paesi, quali prodotti e quali regioni saranno beneficiati oppure danneggiati.
  Un'ultima riflessione riguarda la filiera produttiva agroalimentare. In un mercato di concorrenza con prodotti simili, con nomi uguali o simili, sullo stesso mercato ma con un grande differenziale di prezzo, è sicuramente da prevedere anche un indebolimento delle filiere produttive dell'eccellenza italiana, perché alcuni grandi produttori che oggi, scommettendo sulla qualità, riescono comunque ad avere un mercato praticamente garantito, almeno in termini europei, dovranno andare in concorrenza con soggetti anche più grandi delle altre aree, quindi è probabile che molti abbandoneranno i consorzi per buttarsi sul mercato del Parmesan piuttosto che del Parmigiano, potendo anche fare un'offerta economica.
  Su questo tema gli Stati Uniti e il Canada si stanno già preparando. L'equivalente della legge finanziaria degli Stati Uniti, appena presentata dal Governo Obama, ha introdotto quest'anno una voce Pag. 6nuova per risarcire i settori economici danneggiati dagli accordi internazionali. Sul sito ufficiale – nel mio documento lo cito – dell'accordo TPP (Trans-Pacific Partnership) c’è la mappa interattiva degli Stati Uniti: potete cliccare su ogni singolo Stato e si apre il pop up che vi spiega che vantaggio avrà quello Stato, equivalente alla nostra regione, da questo accordo e quali problemi ne deriveranno.
  Negli Stati Uniti sanno già perfettamente quali saranno gli impatti e hanno già previsto uno strumento per risarcire o per sostenere i settori che non avranno vantaggi dall'accordo. Lo stesso succede in Canada, dove gli Stati del Québec e dell'Ontario stanno negoziando con lo Stato centrale risarcimenti per il settore più colpito dell'agricoltura, che per loro sarà il lattiero-caseario.
  Questi Paesi, quindi, l'hanno già messo in conto e hanno creato strumenti finanziari, il che vuol dire innanzitutto che hanno anche i numeri e sanno di cosa si sta parlando.
  Per concludere, i rischi che si intravedono da questa trattativa, se non cambieranno le premesse di cui parlavo all'inizio, sono sicuramente: un abbassamento del sistema di tutela dei consumatori; l'indebolimento del sistema di filiera, che è più costoso del sistema americano; l'abdicazione almeno parziale dal principio di cautela; un condono parziale o totale – questo lo sapremo più avanti – dell’Italian sounding, cioè della politica rispetto all’Italian sounding; la perdita certa di quote di mercato europeo, anche se probabilmente invece avremo un aumento di quote di mercato statunitense; la concorrenza che subiranno i nostri produttori soprattutto sul mercato locale, quello che, alla fine, costituisce la maggior parte della destinazione del fatturato del settore agroalimentare.
  In questi giorni, i toni di alcuni esponenti che stanno lavorando alla trattativa sono cambiati e purtroppo, almeno a me, fanno intuire che su questi temi le trattative non stanno andando bene per l'Italia.
  Il viceministro Carlo Calenda su Il Sole 24Ore parla di un compromesso obbligatorio sulle IGP, senza il quale non si può procedere; l'eurodeputato del Pd Alessia Mosca, che era tra gli ottimisti – la cito perché aveva fatto diverse dichiarazioni –, recentemente in un incontro pubblico ha lanciato l'idea dello stralcio dell'agroalimentare dal negoziato; l'EFFAT (European federation of food, agriculture and tourism) chiede l'esclusione dell'agricoltura dal TTIP. Insomma, si stanno moltiplicando le voci che parlano di un veloce cambio di rotta piuttosto che chiedere lo stralcio. Sono posizioni sicuramente sensate.
  Il punto più pericoloso ritengo sia la combinazione tra la modifica delle norme senza poterle discutere, quindi tout court, e il potere che avranno gli ISDS se questo meccanismo arbitrale andrà avanti.
  Se saltasse l'ISDS, che è una delle cose più quotate, in questo momento, perché è inviso soprattutto alla Germania e alla Francia ultimamente, sebbene anche negli Stati Uniti su questo tema vi siano delle resistenze, si potrebbe cominciare a ragionare su questo capitolo. Penso tuttavia che la richiesta importante sia che il settore agroalimentare venga inserito tra quei settori economici di rilevanza enumerati nell'accordo, quindi che si vada a una regolamentazione specifica su questo tema.
  Senza considerare questa voce come meritevole di un ulteriore approfondimento e mediazione, attraverso cioè la creazione di un sistema di equivalenze e non in automatico, l'applicazione dell'accordo avrebbe sicuramente, senza alcun dubbio, delle ricadute riguardo all'armonizzazione al ribasso.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FILIPPO GALLINELLA. Questa è un'audizione interessante che analizza l'impatto internazionale. Finora questo accordo era stato promosso – ma noi, sempre molto critici, abbiamo presentato anche una mozione contro – come la salvezza dalla crisi. Chiaramente quest'accordo Pag. 7nasce per abbattere le barriere tariffarie ma, come avevamo accennato, le disparità di valutazione euro-dollaro possono compensare qualsiasi tipo di rimozione del dazio, da una parte o dall'altra, anche perché la FED ha una flessibilità che la BCE non ha. Anche questo l'avevamo segnalato.
  Lei giustamente ha parlato dei settori di importanza significativa, dai quali è escluso l'agroalimentare, quindi forse è meglio escluderlo proprio dal trattato, il che forse per molti faciliterebbe la discussione.
  Lei ha anche parlato degli ISDS, questo sistema di arbitrato internazionale che sicuramente rappresenta un vulnus rispetto a qualsiasi decisione: infatti un'eventuale regolamentazione interna da parte di un Paese, che può in qualche modo disturbare gli interessi di una multinazionale (che fanno leva sull'applicazione di questi accordi) potrebbe anche rimettere in gioco qualsiasi decisione presa nello stesso accordo. Pertanto apprezziamo il suo intervento. Anche il viceministro Calenda è venuto a parlarci di questo.

  PRESIDENTE. È ripresa la seduta con il Presidente del Consiglio, quindi chiederei di contenere i tempi.

  FILIPPO GALLINELLA. Riguardo all'agroalimentare, mi fa piacere che lei abbia riportato nel suo rapporto che in Europa vi sono 1.268 marchi, 269 dei quali sono italiani. È chiaro che un compromesso – come riporta nella battuta il viceministro Calenda – è al ribasso, perché o li tuteliamo tutti o non ne tuteliamo alcuno.
  Lei ha esplicitato tutte le nostre preoccupazioni, quindi il mio intervento mirava solo a ribadire alcuni punti e a ringraziarla per averci fatto sapere che, negli altri Paesi, che trarrebbero forse più beneficio da questo accordo, perché vedono l'Europa come 500 milioni di consumatori, si sono già tutelati nel caso andassero male le cose, cosa che il Governo italiano non ha fatto. Noi l'abbiamo chiesto con la nostra mozione, ma il Governo l'ha respinta, e in Europa non si parla di questo. Io confido solo nella Germania che, avendo interessi diversi e contrari alla dollarizzazione, potrebbe opporsi al trattato internazionale anche per gli ISDS. Forse questa è l'unica speranza.

  MINO TARICCO. Vorrei esprimere solo una breve considerazione e porre una domanda. Credo che sulle questioni attinenti alle nostre produzioni a denominazione di origine si dovrebbe precisare che in realtà oggi non vi è alcun tipo di riconoscimento e di tutela – la situazione oggi è infatti questa –, quindi su questo fronte sono moderatamente ottimista che quello che si potrà costruire potrà essere comunque un'opportunità per chi oggi lavora in questo campo sulle nostre produzioni.
  Le osservazioni che lei ha fatto prima sul principio di precauzione – la ringrazio molto per la chiarezza con cui ha affrontato la questione – destano in noi, così come lei le ha esposte, qualche preoccupazione. La domanda che intendo porle è questa: sulla base dei dati oggi disponibili, per la maggior trasparenza che c’è sui dati dell'andamento di questo negoziato, sulla base delle risultanze dei round fin qui già portati avanti, circa le questioni che lei poneva come questioni critiche vi sono già passaggi consolidati ? Se sì, con quale tipo di lettura ?
  Oppure le preoccupazioni legittime che noi abbiamo in questo momento riguardo alle ricadute di questo percorso negoziale si basano sui presupposti di chiarezza o di insufficiente chiarezza che ci sono sul mandato negoziale ? Tradotto in soldoni, sono preoccupazioni legittime ma di fondo, oppure hanno già nella risultanza dei round fin qui portati avanti e nei rapporti sui round che noi abbiamo in mano, e si tratta di preoccupazioni che sono più che preoccupazioni ?

  FRANCO BORDO. Ringrazio per l'intervento e chiedo al presidente Somoza se può aggiungere una valutazione sul punto seguente: se il trattato dovesse andare Pag. 8avanti così com’è stato impostato e concludersi, secondo lei quali sono i Paesi europei che ne beneficerebbero maggiormente ?
  Ci viene posta la questione che, se il TTIP si ferma, gli Stati Uniti lo faranno o potrebbero farlo con la Cina ed altri Paesi dell'Oriente. Secondo lei, questo tipo di osservazione è giustificata, mirata e supportata o meno ?
  Infine, il rischio che il nostro Paese, da un Paese di eccellenze nella produzione agroalimentare, quindi di esportazione di un vero made in Italy, possa trasformarsi in un Paese di trasformazione, mettendo una sorta di bollino sulla produzione made in Italy, facendo poi decadere la nostra eccellenza nell'arco degli anni, quanto secondo lei può essere concreto ?

  SILVIA BENEDETTI. Ringrazio anch'io il presidente Somoza per l'intervento molto chiaro e interessante, soprattutto per quel che riguarda la materia fitosanitaria. Al momento, da quello che è noto, visto che si parla di trasparenza, si sa che vengono ridiscussi i limiti massimi residui dei pesticidi, ma non si sa in che direzione vengano discussi.
  Siccome, a fronte delle criticità, si proponeva direttamente lo stralcio per quel che riguarda il settore agroalimentare, nel dubbio che possa essere vantaggioso, le domando se possa essere fatto lo stesso ragionamento per quel che riguarda i parametri in merito ai pesticidi. In altre parole, visto che l'Europa applica un principio di precauzione che consente di tutelare maggiormente la salute dei propri consumatori, quindi questo va a vantaggio chiaramente del sistema sanitario in tutti i Paesi europei, mi domando se anche questo possa diventare un parametro su cui basare l'accordo: nel senso che non si va assolutamente al ribasso su questi princìpi, perché comunque ciò diventa un indiretto guadagno economico, anche per gli Stati Uniti stessi, visto che spenderanno molti soldi in termini di sanità pubblica.

  PRESIDENTE. Chiederei al presidente Somoza la cortesia di inviarci per iscritto le risposte ai quesiti posti dagli onorevoli. Sarà mia cura allegarle all'indagine conoscitiva che in questo momento la Commissione sta svolgendo.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.05.