XVII Legislatura

XIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Giovedì 19 marzo 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sani Luca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA DI FINANZIAMENTO DELLE IMPRESE AGRICOLE

Audizione dei rappresentanti del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CRA).
Sani Luca , Presidente ... 3 
Carillo Felicetta , Esperta del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CRA) ... 3 
Sani Luca , Presidente ... 5 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 5 
L'Abbate Giuseppe (M5S)  ... 5 
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD)  ... 6 
Sani Luca , Presidente ... 6 
Henke Roberto , Esperto del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CRA) ... 6 
Carillo Felicetta , Esperta del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CRA) ... 7 
L'Abbate Giuseppe (M5S)  ... 7 
Carillo Felicetta , Esperta del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CRA) ... 7 
Sani Luca , Presidente ... 8 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 8 
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD)  ... 8 
Sani Luca , Presidente ... 8 

Audizione dei rappresentanti dell'Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) SpA:
Sani Luca , Presidente ... 8 
Corali Enrico , Amministratore unico dell'Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) SpA ... 8 
Sani Luca , Presidente ... 12 
L'Abbate Giuseppe (M5S)  ... 12 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 12 
Cova Paolo (PD)  ... 13 
Corali Enrico , Amministratore unico dell'Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) SpA ... 13 
Cova Paolo (PD)  ... 13 
Sani Luca , Presidente ... 13 
Corali Enrico , Amministratore unico dell'Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) SpA ... 13 
Bellantonio Walter , Direttore generale dell'Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) SpA ... 14 
Corali Enrico , Amministratore unico dell'Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) SpA ... 14 
Marotta Mario , Direttore di amministrazione finanza e controllo dell'Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) SpA ... 15 
Sani Luca , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCA SANI

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CRA).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema di finanziamento delle imprese agricole, l'audizione dei rappresentanti del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CRA). Sono presenti il dottor Roberto Henke e la dottoressa Felicetta Carillo, che ringrazio per la loro presenza.
  Do la parola all'esperta del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CRA), Felicetta Carillo.

  FELICETTA CARILLO, Esperta del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CRA). Grazie, presidente, per l'invito. Il mio intervento cerca di fornire un quadro sul sistema di finanziamento delle aziende agricole il più possibile completo, evidenziando le interconnessioni tra le diverse fonti di finanziamento per le aziende agricole.
  I grandi contenitori di finanziamento per il settore agricolo riguardano quelli pubblici, assicurati attraverso due principali strumenti della Politica agricola comune (PAC): il primo è lo strumento dei pagamenti diretti alle imprese agricole a sostegno del reddito aziendale, nell'ambito del cosiddetto «primo pilastro» della PAC, che rappresenta una fonte di liquidità piuttosto importante per le aziende agricole, per attivare i processi produttivi come fonte di liquidità corrente; nel cosiddetto «secondo pilastro» della PAC sono previsti diversi interventi, questa volta però diretti al sostegno agli investimenti delle aziende agricole. La partita è abbastanza importante dal punto di vista dei finanziamenti complessivi messi a disposizione del settore agricolo. A questi si deve poi aggiungere il credito bancario, che ha finalità diverse, perché non è un finanziamento pubblico e quindi ha obiettivi e strumenti di intervento diversi.
  Quali sono le variazioni intervenute negli ultimi anni per quanto riguarda i nuovi scenari della PAC ? Innanzitutto il pagamento diretto è mutato nelle modalità con cui viene riconosciuto alle aziende agricole, perché adesso è composto da diverse componenti che sono legate a comportamenti dell'imprenditore; quindi ottenere queste disponibilità può essere difficile laddove aziende di piccole dimensioni debbano adottare i comportamenti richiesti per ricevere il pagamento diretto.
  Dal punto di vista dell'ammontare dei finanziamenti, poi si è – e probabilmente sarà – ridotto l'importo complessivo per motivi di convergenza e di redistribuzione Pag. 4dei pagamenti diretti tra le diverse tipologie aziendali, con un complessivo ridimensionamento dei finanziamenti.
  Per quanto riguarda lo sviluppo rurale non ci sono grandi variazioni, però emerge come nella passata programmazione – si spera che nella prossima siano previsti interventi di aggiustamento – sia spesso mancata un'adeguata adesione delle aziende agricole a questi interventi, sia per difficoltà burocratiche, laddove le pratiche di finanziamento sono lunghe e farraginose, sia perché l'intervento prevede una parte pubblica che varia dal 40 al 60 per cento, ma anche una parte che deve essere necessariamente coperta dal singolo imprenditore, il quale si trova a farvi fronte con fondi propri o a ricorrere al finanziamento bancario. Qui emerge quindi il difficile rapporto tra banche e imprese, soprattutto per le imprese agricole perché, come da più parti affermato, negli ultimi anni si è assistito a un vero e proprio razionamento del credito del sistema bancario alle imprese per effetto della crisi economico-finanziaria, ma, probabilmente, gli effetti della crisi hanno acuito problemi già presenti nel rapporto tra le banche e le imprese. Il sistema bancario ha subìto infatti una rivoluzione nella sua struttura, in quanto nel corso degli ultimi 10-15 anni molte banche sono state accorpate e sono diventate più grandi a discapito delle banche locali che sono scomparse: questo processo di accorpamento ha rafforzato il sistema bancario, ma lo ha allontanato dal sistema produttivo italiano, che spesso è caratterizzato dalla piccola dimensione delle imprese. Banche e imprese si sono quindi allontanate, perché le banche hanno standardizzato il loro prodotto nei sistemi di rating, di associazione del rischio alle imprese, nei sistemi di offerta di finanziamenti, ma il tessuto produttivo è caratterizzato da una grossa frammentazione, da una polverizzazione delle imprese, le quali spesso – soprattutto nel settore agricolo – non riescono a comunicare la loro solidità economica in modo adeguato per vedersi riconoscere l'affidamento di credito.
  Questi recenti mutamenti si sono accompagnati agli accordi di Basilea, quindi alla mutata normativa europea che ha ulteriormente inasprito la necessità di utilizzare sistemi di rating e di valutazione del merito creditizio più rigidi e legati a indicatori quantitativi piuttosto che sulle relazioni, come avveniva in passato, quando i titolari delle piccole imprese agricole conoscevano il direttore di banca e c'era un rapporto fiduciario basato su relazioni di lunga data. Questa distanza funzionale dei centri decisionali delle banche dal tessuto produttivo locale piccolo, frammentato e incapace di fornire adeguate informazioni sulla propria realtà, ovviamente, complica la situazione.
  Questi sono i problemi che – a nostro avviso – andavano evidenziati: nella relazione abbiamo riportato alcune informazioni statistiche sui dati degli impieghi bancari al settore, soprattutto per quanto riguarda le condizioni di accesso al credito fornite al settore agricolo, che sono spesso peggiori rispetto a quelle degli altri settori, evidenziate da un tasso di interesse sia nominale che effettivo – il cosiddetto TAEG – sensibilmente superiore a quello richiesto ad altri settori produttivi. Con riferimento al sistema di garanzie, poi, c’è da un lato un sostegno con garanzie pubbliche, dall'altro il sistema bancario che, a parità di rischio, richiede garanzie maggiori alle aziende agricole rispetto a imprese di altri settori.
  Gli effetti dell'attuale crisi economica condizionano questo razionamento del credito e questo difficile rapporto tra banche e imprese, ma bisogna evidenziare che questo rapporto era già difficile ed è peggiorato nel corso degli ultimi anni. Il settore agricolo presenta, infatti, delle caratteristiche di debolezza, oltre ad essere caratterizzato da un tessuto produttivo polverizzato di aziende di piccole dimensioni, con un'esposizione debitoria molto forte soprattutto verso le banche, secondo alcuni patologica e non fisiologica.
  Bisognerebbe lavorare per una ripatrimonializzazione delle aziende agricole, perché c’è un'incidenza del debito sul patrimonio piuttosto elevata. C’è una riduzione Pag. 5delle risorse disponibili con la PAC e, quindi, con gli aiuti pubblici e difficoltà maggiori rispetto al passato a usufruirne; ci sono elevate asimmetrie informative e una distanza funzionale che si è acuita negli ultimi anni per una serie di motivi, quindi una sempre maggiore distanza delle imprese del settore agricolo rispetto al sistema bancario, aspetto che complica ulteriormente le relazioni. Si tratta di un problema complesso, vasto, con diverse interdipendenze, che quindi andrebbe gestito in maniera organica e non a compartimenti stagni, tenuto conto di tutte queste variabili, senza aggiungere ulteriori strumenti finanziari e interventi, ma lavorando su tutte quelle strutture, quelle organizzazioni e quegli accordi cosiddetti di quasi mercato, sulle strutture di garanzie collettive come i Confidi, su tutta quella strutturazione, chiamiamola software, che aiuta ad avvicinare le due parti in una relazione in cui la parte debole è rappresentata dal settore agricolo.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  FILIPPO GALLINELLA. Vorrei chiedervi se sappiate perché i pagamenti diretti arrivano sempre in ritardo e, trattandosi di grosse somme, soprattutto che fine facciano gli interessi. Non se ne parla mai, però vorrei sapere se voi ne siate a conoscenza.
  Passando al secondo pilastro, al Programma di sviluppo rurale (PSR), quindi alla partecipazione del contributo da parte dell'ente pubblico, lei ha evidenziato la difficoltà di accesso del singolo – per diversi motivi – per quanto riguarda la parte bancaria. Le banche forse hanno difficoltà nelle erogazioni perché il TAEG e il TAN sono più alti – le chiederei di dettagliare questo aspetto – in quanto le banche vedono un rischio più alto rispetto ad altre imprese, però vorrei sapere se questo perduri anche adesso che le aziende hanno un piano di gestione del rischio e c’è un nuovo Programma di sviluppo rurale nazionale (PSRN). Vorrei sapere inoltre se le aziende agricole, in caso di ritardo nell'erogazione del finanziamento al quale hanno diritto, possano essere autorizzate a ricevere queste risorse dal sistema bancario utilizzando la documentazione come garanzia per un eventuale prestito e con quali meccanismi.
  Lei ha accennato all'assistenza tecnica nella preparazione delle pratiche, con un deficit che si riscontra ovunque, perché alcuni si rivolgono ai Centri di assistenza agricola, altri a un agrotecnico o a un agronomo, ma mi sembra che nel decreto-legge n. 91 del 2014 fosse previsto un impegno da parte degli enti pubblici, delle regioni, a fornire assistenza tecnica. Vorrei sapere quindi a che punto sia questo impegno ora trasferito in capo alle regioni per l'assistenza nella realizzazione burocratica di queste pratiche. Le domande formulate in maniera corretta devono infatti pervenire entro una certa data, perché dopo i fondi finiscono: c’è un recupero in overbooking in qualche caso, ma i ritardi cambiano le cose. Inoltre, quando si fa un progetto che prevede un impegno di spesa particolare per l'acquisto di materiali, l'erogazione arriva dopo un certo tempo e magari quando si va a spendere si spende meno, quindi si può essere sospettati di aver fatto un conteggio fasullo. Questo rischia di bloccare anche l'erogazione del credito. Vorrei avere da lei maggiori dettagli su questi aspetti.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Ringrazio gli auditi per la relazione e per il materiale lasciato agli atti. L'utilizzo dei fondi del PSR e la scarsa capacità di spesa delle nostre regioni rappresentano sicuramente un problema per le nostre aziende agricole, però oggi il problema maggiore in merito al finanziamento riguarda le aziende che non sono in bonis, che versano in gravi difficoltà e non possono accedere ai PSR, perché non riescono a finanziare la quota da investire. Vorrei chiedervi quindi se abbiate individuato un intervento in grado di aiutare queste aziende. Ricordo la ristrutturazione dei debiti fatta nel 2007, che però riguardava Pag. 6i debiti che le aziende agricole avevano contratto con l'INPS: ci fu una moratoria per i vecchi debiti, mentre per gli altri ci fu una ristrutturazione. Una ristrutturazione per queste aziende in accordo con l'ABI potrebbe facilitare l'accesso al credito e, quindi, il loro rientro in carreggiata. Non so se voi abbiate già vagliato questa possibilità, anche se capisco che dipenda al 99 per cento dalle banche, però sarebbe opportuno stilare una proposta che sia spendibile e accettabile dalle banche stesse.

  NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Grazie per il contributo e per la riflessione presentata. Da tempo, tra i mutui che vengono concessi alle imprese agricole diminuiscono quelli a lungo termine – di moltissimo, intorno al 20-25 per cento –, rimangono stazionari quelli a medio termine e aumentano quelli a breve termine. Questo significa che le aziende agricole vanno in banca per mantenere l'ordinaria amministrazione, per i costi di gestione della produzione. Rispetto a questo c’è il problema degli interessi, laddove nella penisola gli interessi non sono uguali su tutto il territorio, in quanto al sud, dove è necessario investire di più, gli interessi sono elevatissimi, mentre al nord sono inferiori, mentre servirebbero criteri oggettivi e uniformemente validi.
  Negli ultimi anni tutte le banche hanno, inoltre, soppresso la sezione del credito agrario, per cui i titolari delle aziende non trovano in banca nemmeno l'interlocutore adatto, in quanto concedere un mutuo a un'azienda che non si interessa di agricoltura e che ha una patrimonializzazione diversa dall'azienda agricola – che ha come patrimonio il terreno (e sappiamo bene come è calcolato il reddito dominicale o catastale) – non crea le stesse difficoltà.
  C’è poi un problema che riguarda le regioni, i cofinanziamenti, perché spesso i PSR vengono concessi, ma queste aziende finiscono in balia del sistema bancario, in quanto non riescono a presentare la rendicontazione nei tempi stabiliti. Dalle mie parti capita spesso di incontrare aziende che si sono rovinate per prendere le risorse PSR. Rispetto a questo l'ISMEA offre un contributo significativo al sistema agricolo e all'acquisto di terreni, specialmente da parte dei giovani, ma c’è un sistema ulteriore per finanziare l'azienda nella ordinaria amministrazione e anche nella gestione di investimenti ? Credo infatti che, oggi, il credito agrario sia negato alle aziende, specialmente a quelle del sud, quindi come possiamo aiutare le aziende in difficoltà ?

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica, ricordando loro che eventuali integrazioni possono essere fornite anche in forma scritta.

  ROBERTO HENKE, Esperto del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CRA). Intervengo solo per integrare alcune questioni. Un piccolo chiarimento sui pagamenti diretti, sul finanziamento pubblico che viene dalla Comunità europea: si è parlato del ritardo con cui arrivano queste risorse e il problema probabilmente andrà ad amplificarsi piuttosto che a ridursi, vista la complessità dei nuovi pagamenti diretti. Oggi, ci sono problemi di accesso a questi pagamenti che non avvengono in maniera automatica, ma attraverso la realizzazione di specifiche attività o l'adozione di taluni comportamenti da parte delle aziende. Questo mette in moto meccanismi di accesso più complessi, perché sono previsti controlli e verifiche, aspetto che potrebbe comportare ulteriori rallentamenti.
  La questione fondamentale è che queste risorse, che un tempo arrivavano alle aziende senza alcun impegno, oggi richiedono da parte degli agricoltori attività che condizionano le risorse all'effettivo comportamento adottato dall'azienda. Oggi abbiamo parlato per grandi aggregati, per comportamenti medi delle aziende, considerandole una specie di soggetto unico, ma sappiamo bene che in Italia c’è una situazione estremamente eterogenea e variegata di aziende e di imprese. Il milione e mezzo di aziende censite nasconde una quantità di comportamenti, dimensioni, specializzazioni, Pag. 7rapporti con il territorio estremamente diversi, ossia piccolissime aziende, grandi imprese commerciali, imprese di montagna, aziende che diversificano e si allontanano dall'attività agricola per fare anche altre cose sul territorio. Tutto questo richiede, quindi, un approfondimento per valutare quali strumenti adottare e per quali tipologie di imprese. Come ex INEA abbiamo gli strumenti per realizzare questo approfondimento, quindi, se questa questione è oggetto di interesse, potremmo approfondire il tema attraverso la nostra banca dati RICA (Rete di informazione contabile agricola) e analizzare con maggiore precisione i fabbisogni specifici di credito delle diverse tipologie aziendali.

  FELICETTA CARILLO, Esperta del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CRA). Io volevo fare un passo indietro e cercare di dare una giusta dimensione al fenomeno del finanziamento pubblico e di quello bancario.
  Il finanziamento pubblico attraverso il primo pilastro e il PSR rappresenta un 15 per cento degli impieghi bancari in agricoltura, quindi il problema principale è risolvere il rapporto delle imprese con il sistema bancario. Lo stesso «consumo» di politiche presenta delle frizioni determinate proprio dal difficile rapporto delle imprese agricole con il sistema bancario, però desidero ribadire che bisognerebbe agire molto di più nella integrazione dei rapporti, il pubblico da una parte e il sistema bancario dall'altro, e le imprese agricole, perché probabilmente lo stesso PSR funzionerebbe già nella fase di programmazione, cioè dovrebbe coinvolgere il sistema bancario per capire concretamente le sue esigenze nel concedere credito a certe condizioni.
  Se le stesse politiche vengono disegnate fin dall'inizio con questo coinvolgimento, non solo vengono disegnate meglio, grazie agli accordi presi fin dall'inizio con il sistema bancario, ma questo può anche fungere da fornitore di servizi e aiutare le imprese agricole a presentare le richieste di finanziamento nell'ambito del PSR.
  Il merito creditizio che il sistema bancario riconosce alle imprese agricole è legato all'impresa individuale, ma anche al settore, al contesto localizzativo, individuando aree ambientalmente più difficili. Non so se le aree rurali siano considerate più rischiose, ma sicuramente il meridione è considerato più rischioso e quindi, anche a parità di solidità e rischio della singola impresa, un'impresa del sud sconta difficoltà e condizioni di accesso al credito peggiori rispetto alle aziende del nord.
  In questo modo si penalizzano le eccellenze, che ovviamente esistono nel meridione, aziende che funzionano bene, ma che, essendo localizzate in aree considerate più rischiose, si vedono imporre condizioni peggiori. Bisognerebbe lavorare molto di più per avvicinare il sistema bancario alle imprese singolarmente considerate, non come un coacervo localizzato nel meridione oppure come aziende agricole tutte uguali, perché in ogni settore ci sono aziende che funzionano bene, aziende che non funzionano, aziende in bonis e aziende in difficoltà.
  Una standardizzazione dell'offerta di finanziamento da parte del sistema bancario non va bene, perché si tratta di mercati così variegati che l'offerta di finanziamento andrebbe presidiata in maniera differente, a seconda delle diverse caratteristiche specifiche locali, tipologiche, aziendali. Ho cercato di fare una sintesi per rispondere, ma non so se ho risposto a tutte le domande.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Il discorso è pienamente condivisibile, ma l'attuale emergenza è che ci sono imprese agricole che non sono in bonis. Quindi: chi le tira fuori dai guai ? Dai dati in mio possesso, infatti, l'indebitamento delle imprese agricole ammonta a 54 miliardi di euro. Quelle che risultano attualmente non in bonis cosa dovrebbero fare, come potremmo aiutarle ?

  FELICETTA CARILLO, Esperta del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CRA). Sono prevedibili anche interventi «di ingegneria Pag. 8finanziaria» che cercano di risolvere il problema delle emergenze, quindi di dare una mano con garanzie particolari, di aiutare le aziende a ripianare i debiti, però sono cose realizzabili soltanto nella misura in cui il pubblico dialoghi con le rappresentanze delle banche per individuare una soluzione comune. Spesso, purtroppo, mancano competenze specifiche delle autorità di gestione dei PSR. Chiedevate prima se l'assistenza tecnica delle regioni avesse funzionato nell'aiutare le aziende, ma probabilmente neanche loro hanno un personale adeguatamente formato a queste tematiche non facili da affrontare. Sarebbe quindi opportuna una formazione del personale delle autorità di gestione delle politiche e del personale delle banche, perché con la «despecializzazione» verificatasi negli ultimi anni, spesso, il personale è preparato per i settori industriali, ma conosce poco le specificità, le dinamiche e le problematiche del settore agricolo.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio del contributo che avete portato. Vi saremmo grati se ci inviaste quella integrazione cui faceva riferimento il dottor Henke.

  FILIPPO GALLINELLA. La dottoressa Carillo ha specificato relativamente al finanziamento bancario che solo il 15 per cento ottenga i contributi comunitari, mentre l'85 per cento riguardi altro tipo di richieste. Vorrei chiedervi di fare un focus anche su questo aspetto, perché è molto interessante.

  NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Vorrei solo ringraziare gli auditi. Spesso parliamo dell'INEA e del CRA e ne parliamo, forse, con una non piena consapevolezza delle risorse presenti in questi due enti. L'audizione di oggi ha confermato che al loro interno ci sono risorse straordinarie che bisogna valorizzare. Di questo vorrei ringraziare gli auditi e, soprattutto, il sistema agroalimentare, che ancora riesce a produrre simili eccellenze.

  PRESIDENTE. Colgo l'occasione per dire che siamo a qualche mese dall'avvio della riforma del CRA e dell'INEA e dall'insediamento del commissario, quindi è mia intenzione audire nelle prossime settimane il commissario, per dare alla Commissione, che su questo si è confrontata durante l'esame della legge di stabilità e ha anche condizionato la norma in essa inserita, la possibilità di capire quali azioni il commissario abbia messo in atto a seguito di quella approvazione.
  Dichiaro quindi conclusa l'audizione.

Audizione dei rappresentanti dell'Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) SpA.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema di finanziamento delle imprese agricole, l'audizione dei rappresentanti dell'Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) SpA.
  Sono presenti il dottor Enrico Corali, amministratore unico, Walter Bellantonio, direttore generale, e Mario Marotta, direttore di amministrazione finanza e controllo.
  Cedo loro la parola, chiedendogli la cortesia di presentarsi prima dei loro interventi.

  ENRICO CORALI, Amministratore unico dell'Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) SpA. Buongiorno a tutti, sono il professor Enrico Corali, amministratore unico dell'ISA. Con me ci sono, come lei ha anticipato, il direttore generale, dottor Walter Bellantonio, e il direttore amministrativo, dottor Mario Marotta.
  Signor Presidente, onorevoli membri della Commissione, desidero innanzitutto ringraziarvi dell'invito che considero un gesto di attenzione verso l'ISA.
  L'ISA è una società per azioni controllata interamente dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nonché un soggetto vigilato anche da Banca d'Italia, in quanto rientrante negli articoli n. 106 e n. 107 del Testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993). Per quanto riguarda l'ambito di operatività, la società si colloca nella parte centrale della Pag. 9filiera agroindustriale, ovvero nella parte relativa alla trasformazione, in particolare nella cosiddetta «prima trasformazione» dei prodotti agricoli.
  In questa parte centrale della filiera, l'ISA dispone di due strumenti diretti di intervento e di uno strumento di intervento a supporto del Ministero. In questo comparto della filiera agricola l'ISA ha quindi la possibilità di partecipare al capitale delle imprese agroalimentari a condizioni di mercato, cioè investendo in un'ottica di merchant banking dell'agricoltura, quindi intervenendo nel capitale delle aziende a condizioni di mercato, i cui dettagli poi spiegherò.
  L'altro strumento a disposizione è la possibilità di concedere finanziamenti agevolati alle imprese agroalimentari, i cui dettagli anche mi riservo di spiegare. Il terzo strumento indiretto è l'opera di supporto tecnico al Ministero per quanto riguarda la procedura, la parte istruttoria, di erogazione e di controllo delle erogazioni dei cosiddetti «contratti di filiera».
  Questi strumenti hanno in comune una serie di elementi, pur distinguendosi come modalità operative. La partecipazione al capitale e il finanziamento agevolato, per quanto obbediscano a logiche diverse, sono interventi che possono essere erogati a imprese commercialmente e finanziariamente sane, quindi non a supporto di situazioni di criticità, di difficoltà.
  Il track record che viene richiesto a queste società per dimostrare questi presupposti è rappresentato dagli ultimi tre esercizi di bilancio, per cui effettuiamo un'analisi per capire in base agli ultimi tre esercizi di bilancio se si tratti di aziende patrimonialmente ed economicamente sane. La possibilità di usare uno strumento esclude l'altro, quindi sono alternativi, ma nonostante l'alternatività hanno dei presupposti comuni.
  Il secondo elemento comune è una conseguenza del primo presupposto: si interviene in imprese sane per finanziare progetti di sviluppo, quindi sono due strumenti che vengono utilizzati per finanziare progetti di sviluppo delle imprese agroalimentari. La differenza che può portare a preferire un intervento piuttosto che l'altro risiede nella natura dell'intervento. Se abbiamo di fronte un'impresa sana che ha programma articolato di sviluppo e in particolare di sviluppo sull'estero, che implica acquisizioni, progetti di sviluppo articolato, costruzione di piattaforme, capacità di espandersi all'estero anche con partnership, è più consono un intervento nel capitale.
  Se invece abbiamo di fronte un intervento di scopo, in particolare la costruzione di un impianto (necessariamente in Italia per le garanzie che chiediamo), quando l'impresa si dichiara intenzionata ad aumentare la sua capacità produttiva o la sua produttività attraverso un investimento in un impianto singolo, si preferisce (è più facile ricostruire i flussi di cassa e le possibilità di rimborso) andare sul finanziamento tipico, un mutuo.
  Se è un intervento complesso in cui le risorse hanno una pluralità di impieghi all'acquisizione, alla piattaforma, all'accordo, alla patrimonializzazione per procedere a qualche acquisizione, si preferisce il capitale; se c’è un impianto da finanziare che incrementi la produttività o la capacità produttiva, non è un dogma ma si preferisce questo tipo di intervento.
  Il terzo elemento in comune è l'esigenza di dimostrare che l'intervento nella parte centrale della filiera agroalimentare abbia una ricaduta positiva sul comparto agricolo, ossia che l'investimento fatto nella parte centrale della trasformazione produca ricadute positive sul comparto agricolo, sui produttori, aumentando la produzione o avendo altre ricadute indirette.
  Non come dogma ma come possibilità, un altro elemento in comune è che sia quando l'ISA entra nel capitale sia quando eroga finanziamenti non entri con una sola erogazione, ma di solito lo faccia con i mutui per stato avanzamento lavori e nel capitale per stato avanzamento del processo di aggregazione, per non creare squilibri all'interno di una società per eccesso di patrimonializzazione e perché è una forma di controllo e di tutela del denaro pubblico, in quanto si entra con Pag. 10prudenza e una volta dimostrato l'effettivo avanzamento del progetto presentato.
  Un altro elemento comune alle due tipologie di intervento è che l'ISA – a mio giudizio opportunamente – chiede degli stringenti covenant sia patrimoniali che finanziari, cioè i ratio dell'indebitamento, della patrimonializzazione, i vari indici della sostenibilità di bilancio. In questo caso si tratta di un elemento di controllo sulla solidità patrimoniale della società e sulla solidità finanziaria, ma in questo momento ha un'altra valenza molto importante. Come sapete meglio di me, infatti, il mondo dell'impresa agricola, a parte alcuni campioni nazionali, sconta le difficoltà e i limiti di tutto il sistema produttivo nazionale, ossia una polverizzazione e il carattere estremamente ridotto delle nostre imprese.
  Questo oggettivamente produce una gracilità dal punto di vista del management e dei controlli di gestione all'interno di queste società. Con l'ingresso dell'ISA e la richiesta di questi covenant, dal momento che bisogna rispettarli, inviare report continui alla società, perché le stiamo sul fiato sul collo per il rispetto di una serie di vincoli, queste piccole società hanno la possibilità di crescere da un punto di vista professionale, il che rappresenta un ulteriore cascame di un intervento pubblico che a mio giudizio è positivo.
  Ovviamente noi chiediamo la presenza nel consiglio di amministrazione, la presenza nel collegio sindacale e la richiesta della società di revisione, altro elemento che si introduce nelle società per farle crescere, perché bisogna strutturarsi anche da un punto di vista manageriale per rispondere alle richieste che questa pone alla società in termini di puntualità, di trasparenza, di rapporti con i fornitori, di rispetto del decreto legislativo n. 231 del 2001.
  Per quanto riguarda gli interventi nel capitale non è mai lo Stato padrone, ma è un intervento estremamente discreto, sempre in posizione di minoranza e con ruoli gestionali di mero controllo dell'andamento dei conti all'interno dalla società.
  L'altro elemento in comune è che rispetto agli interventi analoghi che si potrebbero trovare sul mercato (mutui bancari o operazioni di merchant banking con soggetti privati) sono due interventi con una proiezione temporale mediamente più lunga. Per quanto riguarda l'intervento sul capitale, l'ISA interviene per 7, massimo 10 anni, quindi è una permanenza discreta ma lunga nel capitale, mentre di solito un fondo di investimento pretende tempi di uscita molto più brevi.
  Perché la presenza nel capitale per un periodo così lungo ? Perché è una presenza che avviene con un obbligo di riacquisto delle azioni che noi sottoscriviamo, cioè o la stessa società o un altro soggetto come la controllante deve impegnarsi con l'ISA a riacquistare l'intervento a prezzi di sottoscrizione, cioè al valore nominale.
  A differenza di un altro merchant banking noi non vogliamo uno sbocco sul mercato della nostra partecipazione: vogliamo solo che l'imprenditore si riprenda questa partecipazione e quindi ritorni in possesso della propria quota (è un accompagnamento). Un tempo più lungo della presenza del capitale deriva quindi dalla necessità di creare degli ammortamenti e una provvista finanziaria alla società o all'imprenditore per potersi ricomprare le nostre azioni.
  Per quanto riguarda invece la durata del finanziamento, questo dura 15 anni con 5 anni di preammortamento. Capite che oggi nessun istituto bancario ha a disposizione un simile strumento e che 5 anni di ammortamento sono previsti per ovvie ragioni: il momento in cui la società fa l'investimento è il momento meno opportuno per chiederle soldi, perché li ha impegnati, quindi il preammortamento consente alla società di superare il momento più difficile, di rimborsare solo gli interessi e iniziare ad ammortizzare dal decimo anno in poi.
  Il dato che per questa onorevole Commissione può essere forse centrale è l'ultimo in comune: l'ISA interviene con un effetto leva almeno pari a 2. Questo significa che per ogni euro finanziato o immesso nel capitale della società a questa Pag. 11viene chiesto di immettere altrettanto con evidenti implicazioni. Si tratta quindi di un volano, perché magari la società non riesce da sola e in questo momento la aiutiamo a fare l'investimento, ma l'imprenditore deve crederci quanto ci crede lo Stato.
  Questi sono gli elementi in comune, mentre la differenza sostanziale fra queste due tipologie è che, mentre gli interventi agevolati sono nell'ambito degli aiuti di Stato, quindi sotto un regime di aiuti preventivamente autorizzato dalla Commissione europea (a giugno è in scadenza e dovrà essere riproposto), gli interventi nel capitale sono a condizioni di mercato, quindi il Ministero delle politiche agricole e forestali per prudenza richiede un'autorizzazione preventiva da parte della Commissione europea.
  Non vi nascondo che questo elemento allunga i termini dell’iter e, se una società si rivolge all'ISA per acquisire una società in Marocco laddove l'acquisizione è una cosa da chiudere rapidamente, aspettare un anno per ottenere l'autorizzazione può creare difficoltà, però finora è sempre stato superato; è un elemento che si pone ma è gestibile.
  Il finanziamento ha la durata di 15 anni con 5 anni di preammortamento a un tasso agevolato. Oggi, per legge, l'ISA impiega denaro al 30 per cento di un tasso di riferimento delle operazioni – che si trova su Il Sole 24 Ore – dell'agroalimentare, e questo è un elemento che sottopongo alla vostra attenzione.
  Oggi, se un imprenditore dovesse, come è avvenuto recentemente, attingere a un finanziamento agevolato di ISA, pagherebbe lo 0,68 per cento. Posso sommessamente permettermi di dire che 0,68 per cento con l'inflazione reale rebus sic stantibus non lo definirei più un intervento a tasso agevolato, ma qualcosa di prossimo a un contributo non fruttifero. Questo è un elemento che va preso in considerazione. Se quindi ci fosse la possibilità di mettere un floor alla possibilità di discesa di questo tasso oltre una certa misura (ad esempio, 1 per cento), rimarrebbe comunque nell'ambito di un tasso estremamente agevolato, ma non più vicino a un contributo a fondo perduto.
  Questo si ricollega a un altro aspetto patrimoniale dell'ISA: in questo momento, dopo vari interventi normativi di riduzione, ha un patrimonio di 280 milioni di euro (molti sono stati sottratti per esigenze di bilancio dello Stato).
  Un altro elemento di riflessione che sottopongo a questa onorevole Commissione è che si tratta di una banca un po’ anomala perché, come vedrete dalle slide, abbiamo impiegato tutto il patrimonio dell'ISA nel capitale o nei fondi (diciamo due terzi e un terzo). Oggi, dopo Basilea 1, 2 e 3, le banche non dovrebbero impiegare il patrimonio, ma tenerlo come garanzia di eventuali default di impresa.
  È chiaro che l'ISA non è una banca come tutte le altre, però l'impiego di questo patrimonio – non un impiego a leva – produce l'effetto per cui l'ISA si trova passiva. Esclusi gli interventi sul capitale, infatti, abbiamo un outstanding di mutui in essere per i due terzi del nostro intervento, per cui quando i tassi erano al 5-6 per cento avevamo una remunerazione di un certo tipo, ma con la discesa dei tassi, non avendo la possibilità di scaricare sulle passività, sulle liability, il costo dell'indebitamento, abbiamo subìto un calo irreparabile degli interessi che l'ISA riscuote.
  Oggi nessuno presterebbe al tasso dello 0,68, perché non si pagherebbe il costo che prudenzialmente dovrebbe accantonare, il costo del credito per i rischi che si assume a 15 anni. In questo momento, quindi, l'ISA ha un bilancio che chiude sempre in utile, ma è in continua discesa perché è assolutamente passiva, non potendo scaricare sulle liability il costo del proprio patrimonio, quindi subisce la decrescita dei tassi.
  Un floor sarebbe indicativo, perché oggi lo 0,68 non remunera il costo del credito su 15 anni, laddove una banca piccola o media con interventi e con ipoteca nell'ambito di mutui ipotecari accantona a 10 anni minimo ogni anno il 2 per cento dell’outstanding per i rischi, mentre lo 0,68 Pag. 12non remunera i rischi del credito. Devo dire però che finora gli interventi dell'ISA, a parte alcune difficoltà, non sono andati male e quindi questo ha protetto la società.
  L'ideale sarebbe (ma questa è una mia opinione personale) poter ragionare in questi termini: il patrimonio lo metto nel capitale, quello che presto e che mi lascia scoperto su questo rischio di tasso vado a prenderlo da uno strumento come Cassa depositi e prestiti, lasciando un buffer di patrimonio libero, come Basilea suggerirebbe, a disposizione, perché mi assumo il rischio di non poter rimborsare chi mi dà i soldi (speriamo che questo non avvenga mai), e un patrimonio a disposizione per fronteggiare eventuali elementi di criticità che in questa situazione economica non è escluso che possano emergere.
  Vi ho quindi anticipato che su 280 milioni oggi l'ISA ha impegnato (non erogato) tutto, quindi non toglieteci altri soldi perché non ne abbiamo !
  Sugli interventi sul capitale vorrei evidenziare un'altra questione interessante. Come ho detto, noi interveniamo in posizioni assolutamente minoritarie, non facciamo lo Stato gestore o padrone, ma un elemento molto apprezzato dagli imprenditori è la modalità con cui ci facciamo remunerare questo capitale.
  Tendenzialmente chiediamo oggi il 4,5 per cento fisso, a prescindere dal fatto che facciano o meno utili, il che è una specie di subordinato, quindi prendiamo il 4,5 per cento e se l'impresa va bene ci riserviamo di avere ulteriori incrementi della nostra redditività sul capitale, questo avviene però non agendo su parametri di bilancio, in quanto non leghiamo l'addizionale redditività del nostro intervento a parametri bilancistici, ma la colleghiamo a parametri industriali (numero di bottiglie vendute, numero di polli macellati, numero di capi). Ciò garantisce all'imprenditore che si trovi all'interno di un gruppo che la presenza dell'ISA non influisca sul mark down e mark up degli eventuali trasferimenti di ricchezza infragruppo, non obbliga l'imprenditore a fare una politica degli utili bassa, perché poi li deve dare all'ISA, la politica di bilancio resta tutta in mano all'imprenditore e noi ci prendiamo giustamente un'ulteriore addizione al nostro rendimento se la società da un punto di vista degli indicatori industriali vende, esporta di più e via dicendo.
  Oggi – mi scuso di averla fatta lunga, ma il piacere di essere qui ha prevalso – il credito si sta aprendo anche a tassi interessanti e gli imprenditori vengono a chiederci di patrimonializzare le loro imprese, cioè di avere patrimonio per andare dalle banche e spuntare oggi tassi molto interessanti di intervento.
  Questa è la direzione che prenderà l'ISA: privilegiare interventi sul capitale per consentire alle società di patrimonializzarsi e di beneficiare dei ratio Basilea, rivolgersi alle banche e ricevere danaro a condizioni oggi convenienti, non allo 0,68 ma comunque a tassi interessanti che si possono spuntare se uno si presenta patrimonializzato.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Ringrazio gli auditi anche per la documentazione che ci hanno fornito. Si diceva che il finanziamento è erogato alle imprese in buone condizioni, ma il problema oggi è che molte imprese risultano non lo sono e quindi hanno enormi difficoltà di accesso al credito. Sarebbe quindi interessante conoscere la percentuale di imprese che riescono a utilizzare questi strumenti in Italia.

  FILIPPO GALLINELLA. Mi collego all'intervento del collega L'Abbate perché anche nel sito dell'ISA si legge che voi erogate contributi a «società di capitali e società cooperative economicamente e finanziariamente sane», ma, se la percentuale di tutte le imprese agricole che possono accedere ai vostri contributi è misera (1-2 per cento), è chiaro l'intervento dell'ISA in questa fase non serve più.
  Credo che sia opportuno modificare lo Statuto dell'ISA, inserendo anche altri Pag. 13punti che avete rilevato in questa sede come un ricalcolo dei tassi d'interesse. Non so se l'approccio combinato della modifica statutaria di ISA possa rispondere alle attuali esigenze.
  La situazione economico-finanziaria delle aziende non permette di accedere al vostro capitale, perché purtroppo avete dei vincoli più rigidi di quelli ora necessari. Si potrebbero adottare quindi parametri diversi dal «finanziariamente sane», come ad esempio quelli che fanno riferimento alle possibilità di sviluppo, perché ho conosciuto aziende molto importanti con debiti che non avrebbero potuto accedervi.
  Si potrebbe intervenire inoltre dal punto di vista statutario per il ricalcolo degli interessi. Credo che questo sia compito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali come socio unico dell'ISA. Questa Commissione potrebbe scrivere una risoluzione in tal senso, come strumento efficace per modificare il vostro comportamento nel rispetto delle regole. Vorrei sapere se ci abbiate già pensato e ne abbiate già una bozza.

  PAOLO COVA. Ringrazio per la relazione molto interessante e mi scuso qualora non riuscissi ad ascoltare la risposta per andare a votare. Ho due domande da porre, perché probabilmente non ho capito e ho bisogno di una delucidazione.
  Voi avete detto che l'ISA interviene mettendo 1 e l'imprenditore deve mettere il doppio.

  ENRICO CORALI, Amministratore unico dell'Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) SpA. No, il rapporto è di 1 a 1.

  PAOLO COVA. Bene, quindi questa domanda è accantonata. La seconda domanda riguarda i tassi, perché inizialmente avete citato lo 0,68 per cento e poi avete parlato di 4,5.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, vorrei porre anch'io una domanda. Nell'ambito del Collegato agricolo attualmente in esame al Senato c’è una norma che riguarda l'ISA. Vorrei chiedere se anche rispetto alle questioni che avete sollevato vada incontro alle vostre esigenze.
  Do la parola all'amministratore unico dell'Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) SpA, Enrico Corali, per la replica.

  ENRICO CORALI, Amministratore unico dell'Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) SpA. Mi permetto di caldeggiare questo emendamento perché amplia la possibilità dell'ISA di intervenire nel comparto agroalimentare.
  Oggi, per una serie di incongruenze, possiamo finanziare la trasformazione di vino e invece, sebbene sia un procedimento simile e ci siano filiere tutte italiane, non possiamo finanziare quella della birra artigianale fatta con il malto per una serie di incongruenze tra le norme. È una cosa che non ha senso, anche perché siamo forti nella birra artigianale e ci sarebbero interessanti opportunità orientate all'esportazione. Non possiamo finanziare nemmeno la pasta, il pane, dove abbiamo delle eccellenze.
  Un giorno Mitterrand convocò tutti i presidenti delle società di grande distribuzione e disse che sarebbero state le loro portaerei all'estero per consentire ai prodotti francesi di andare in tutto il mondo, quindi dovevano dirgli di cosa avessero bisogno per esserlo.
  È impossibile recuperare questa cosa, però c’è in corso una rivoluzione tecnologica, informatica: le piattaforme informatiche di vendita diventano strumenti che forse potranno scardinare questo tipo di approccio al mercato, tanti prodotti sono internet oriented, magari tutelati da un marchio che renda visibile l'italianità del prodotto come i vini e una serie di altre cose.
  Con questo emendamento si chiede all'onorevole Parlamento di consentire di finanziare queste piattaforme che con l'attuale regime non è possibile finanziare, quindi di ampliare il campo di intervento dell'ISA non per una questione dogmatica o per il piacere di stupire con idee, ma perché abbiamo delle richieste in tal Pag. 14senso, ma non possiamo farlo. Questa è quindi la filosofia di questo emendamento.
  Sui tassi abbiamo già inserito nel nuovo regime di aiuti che verrà deliberato dal CIPE il floor dell'1 per cento, perché comunque è un tasso agevolato. Al di sotto non è più un'agevolazione, ma è qualcosa di simile a un fondo perduto. Il denaro pubblico che è nato per un finanziamento agevolato non deve però trasformarsi in un contributo a fondo perduto, laddove, se rimborsa meno dell'inflazione, di fatto si indebita gratuitamente, quindi è una cosa che per scrupolo va evitata. Lascio il resto delle risposte al direttore.

  WALTER BELLANTONIO, Direttore generale dell'Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) SpA. La prima parte delle domande mi è sembrata estremamente interessante, però deve essere declinata in maniera puntuale, perché quando si dice che l'ISA finanzia imprese economicamente e finanziariamente sane è un concetto che potrebbe non essere pienamente definito, perché economicamente sane può significare tante cose.
  L'interpretazione corrente è che l'ISA non può fare progetti di salvataggio aziendale, perché sono vietati a livello europeo. Se quindi c’è un'impresa che sta fallendo, non buttiamo i soldi, perché altrimenti diventa una contribuzione a fondo perduto: è una scelta che considero sana, come è sano supportare l'imprenditore senza buttare i soldi dello Stato.
  Parliamo di imprese agroindustriali perché l'ISA interviene nel sistema agroindustriale, in una realtà che si colloca a metà della filiera, tra la parte produttiva, agricola, e la parte distributiva, commerciale.
  Le dimensioni sono estremamente diverse: si parla di 1 milione di agricoltori a fronte di un complesso di aziende in cui c’è un consiglio di amministrazione, un collegio sindacale e una previsione di bilancio che non può riguardare le imprese di dimensioni limitate, ma quelle di una certa dimensione; infatti, strutturalmente un intervento di questo tipo non è conveniente per imprese che fatturano 20 milioni di euro (parlando di dimensioni mediamente rilevanti) perché si perderebbero i benefici.
  La platea di aziende su cui l'ISA può intervenire, tenendo conto che il nostro patrimonio ammonta a 280 milioni di euro, è un patrimonio importante ma non particolarmente rilevante: è chiaramente limitata.
  Tra i 50 e 200 milioni vi saranno 500 aziende in Italia nel settore agroindustriale, mentre superiori ai 200 milioni di euro vi saranno 70 aziende. Questa è la platea del nostro intervento, che però è una platea fondamentale, perché grazie a queste imprese si muove una filiera agricola estremamente importante, quindi l'industria di trasformazione è fondamentale per il trascinamento di tutta la parte agricola.
  Stiamo immaginando delle modifiche del regime, le abbiamo già proposte al Ministero che è il soggetto deputato a realizzare questo tipo di intervento. Oggi, ad esempio, i tassi sono particolarmente bassi, lo 0,68 non è un tasso remunerativo, ma è nulla, e non è neanche giusto regalare i soldi; quindi abbiamo immaginato un intervento non più al 30 ma al 60 per cento e stabiliamo un floor di intervento, tenendo conto che il nostro obiettivo, come giustamente diceva il professor Corali, è quello di spostarci verso l’equity, grazie alla quale si muove una leva importante, quella del credito bancario, che è l'altra parte che oggi deve essere inserita nel circuito.
  Spero di aver risposto alle vostre domande.

  ENRICO CORALI, Amministratore unico dell'Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) SpA. Sulle modifiche statutarie che più che altro sarebbero modifiche legislative, nella platea di soggetti con i quali possiamo avere a che fare l'80 per cento delle aziende sono potenzialmente interessate, ma il problema è che non investono.
  Rispetto alla platea non vedo un intervento di nicchia, con poche aziende, anche se il «finanziariamente ed economicamente sane» ha dato l'impressione che si abbia a che fare con la Federal Riserve; in Pag. 15realtà, si tratta aziende italiane che hanno anche strutture di debito, ma non devono essere in un evidente stato di difficoltà, ma del resto noi finanziamo piani di sviluppo e quindi un'azienda in difficoltà non si rivolge a noi.
  Da un punto di vista macroeconomico e di intervento anche per un'esperienza estera vanno tenuti distinti gli strumenti a sostegno dello sviluppo e delle eccellenze dagli strumenti a sostegno delle situazioni di difficoltà, perché mescolare le due cose significherebbe danneggiare entrambi. Anche la struttura deve avere un orientamento diverso: sono filosofie e interventi diversi.
  A mio sommesso parere vanno tenuti distinti fondi e strutture pubbliche che si occupano di recuperare da strutture pubbliche che si occupano di incentivare l'eccellenza e lo sviluppo, perché sono due filosofie che non considero opportuno combinare.
  Eventualmente si potrebbe allargare lo spazio, perché oggi per alcuni per casi di eccellenza anche laddove vorremmo farlo le norme non ce lo consentono, quindi chiediamo al Parlamento di aiutarci, ma nel mescolare le due cose vedo invece degli aspetti di criticità.

  MARIO MAROTTA, Direttore di amministrazione finanza e controllo dell'Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) SpA. Solo per consentire una valutazione politica più puntuale, evidenziamo come questo intervento abbia generato con 283 milioni di euro impiegati da quando l'ISA esiste (il 2005 c’è stata la costituzione, ma l'operatività parte dal 2006) 600 milioni di euro di investimenti, che hanno prodotto a livello di beneficio agricolo 1 miliardo e 100 milioni di produzione lorda vendibile (PLV).
  Questo significa che quell'intervento, seppur limitato all'interno del settore dell'agroindustria, produce per il comparto agricolo nazionale un incremento e uno sviluppo notevolissimi. Questo era solo per darvi un dato macroeconomico che consente di comprendere meglio quanto sia forte l'intervento dell'ISA.

  PRESIDENTE. Faremo tesoro del contributo che ci avete portato e rispetto alle vostre valutazioni vedremo quali elementi cogliere nella nostra attività legislativa.
  Nel ringraziare gli auditi per il contributo fornito all'indagine, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.55.