XVII Legislatura

XIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Mercoledì 5 marzo 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sani Luca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA VALORIZZAZIONE DELLE PRODUZIONI AGROALIMENTARI NAZIONALI CON RIFERIMENTO ALL'ESPOSIZIONE UNIVERSALE DI MILANO 2015

Audizione dei rappresentanti delle organizzazioni Associazione italiana per l'agricoltura biologica (AIAB), Associazione medici per l'ambiente (ISDE Italia), Associazione per lo studio del picco del petrolio (ASPO Italia), Centro internazionale Crocevia, Coordinamento europeo Via Campesina, Federazione italiana movimenti agricoli (FIMA), Fondazione Banco alimentare onlus, Forum italiano dei movimenti per la terra e il paesaggio.
Sani Luca , Presidente ... 3 
Litta Antonella , Membro del comitato scientifico dell'Associazione per lo studio del picco del petrolio (ASPO Italia) ... 3 
Lucchini Marco , Direttore generale della Fondazione Banco alimentare onlus ... 5 
Rocchi Francesca  ... 8 
Vizioli Vincenzo , Presidente dell'Associazione italiana per l'agricoltura biologica (AIAB) ... 11 
Zanin Giorgio (PD)  ... 12 
Vizioli Vincenzo , Presidente dell'Associazione italiana per l'agricoltura biologica (AIAB) ... 12 
Fanelli Andrea , Membro del comitato scientifico dell'Associazione per lo studio del picco del petrolio (ASPO Italia) ... 13 
Sani Luca , Presidente ... 15 
Fanelli Andrea , ASPO Membro del comitato scientifico dell'Associazione per lo studio del picco del petrolio (ASPO Italia) ... 15 
Sani Luca , Presidente ... 15 
Fanelli Andrea , ASPO Membro del comitato scientifico dell'Associazione per lo studio del picco del petrolio (ASPO Italia) ... 15 
Sani Luca , Presidente ... 16 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 16 
Zanin Giorgio (PD)  ... 17 
Bordo Franco (SEL)  ... 17 
Taricco Mino (PD)  ... 17 
Sani Luca , Presidente ... 18

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCA SANI

  La seduta comincia alle 14.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti delle organizzazioni Associazione italiana per l'agricoltura biologica (AIAB), Associazione medici per l'ambiente (ISDE Italia), Associazione per lo studio del picco del petrolio (ASPO Italia), Centro internazionale Crocevia, Coordinamento europeo Via Campesina, Federazione italiana movimenti agricoli (FIMA), Fondazione Banco alimentare onlus, Forum italiano dei movimenti per la terra e il paesaggio.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla valorizzazione delle produzioni agroalimentari nazionali con riferimento all'Esposizione Universale di Milano 2015, l'audizione dei rappresentanti delle organizzazioni Associazione italiana per l'agricoltura biologica (AIAB), Associazione medici per l'ambiente (ISDE Italia), Associazione per lo studio del picco del petrolio (ASPO Italia), Centro internazionale Crocevia, Coordinamento europeo Via Campesina, Federazione italiana movimenti agricoli (FIMA), Fondazione Banco alimentare onlus, Forum italiano dei movimenti per la terra e il paesaggio.
  Ringrazio gli auditi per aver raccolto l'invito della nostra Commissione. Sono nostri ospiti, tra gli altri, l'Associazione medici per l'ambiente con Antonella Litta, referente, e Luisa Moglia, collaboratrice; l'Associazione per lo studio del picco del petrolio con Dario Faccini, segretario, e Andrea Fanelli, membro del comitato scientifico; per la fondazione Banco alimentare, Marco Lucchini, direttore generale; per il Forum italiano dei movimenti per la terra e il paesaggio, Roberta Pascali e Francesca Rocchi.
  Il Centro internazionale Crocevia e la Federazione italiana movimenti agricoli hanno comunicato di non poter intervenire, mentre il Coordinamento europeo via Campesina non ha fatto pervenire alcuna comunicazione.
  Ringrazio gli auditi e cedo loro la parola per lo svolgimento delle relazioni.

  ANTONELLA LITTA, Membro del comitato scientifico dell'Associazione per lo studio del picco del petrolio (ASPO Italia). Sono referente dell'Associazione italiana medici per l'ambiente. Ringraziamo per l'invito perché siamo assolutamente convinti del rapporto fondamentale tra ambiente e salute, quindi in questo caso tra agricoltura, cibo e salute.
  L'Associazione italiana medici per l'ambiente da oltre 20 anni si occupa di formare e informare sia la classe medica sia i cittadini di questo rapporto. Un ambiente sano determina condizioni di salute per le persone, mentre un ambiente malato, purtroppo, determina situazioni estremamente preoccupanti per la salute delle persone.Pag. 4
  Voglio fornire un dato che probabilmente sarà a vostra conoscenza: l'Italia è il primo Paese europeo per aumento costante ogni anno dei tumori nei bambini. Ogni anno, in Italia si ammalano oltre 350.000 persone di tumore; lo scorso anno, i morti di tumore sono stati oltre 170.000. C’è un legame evidente tra inquinamento e salute.
  Ovviamente, se vogliamo andare verso una forma di agricoltura responsabile, questa deve assolutamente tutelare la salute delle persone, ma anche delle specie vegetali e animali. Questo significa che, come medici per l'ambiente, siamo assolutamente impegnati per un'agricoltura di qualità, biologica, che rifiuti la chimica.
  La presenza di pesticidi, infatti, come è dimostrato da una miriade di studi, favorisce una serie di patologie tumorali e autoimmuni nei lavoratori stessi dell'agricoltura. In Francia, ad esempio, si è riconosciuto che il morbo di Parkinson è una malattia professionale negli addetti all'agricoltura.
  Esistono, inoltre, le forme leucemiche. Ricordiamo che i pesticidi rilasciati in agricoltura sono sostanze inquinanti che si accumulano, non sono più eliminate e questo significa che predispongono alterazioni addirittura già a livello fetale che sono alla base di malattie che si svilupperanno successivamente.
  È chiaro, quindi, che l'Italia ha un grandissimo impegno e responsabilità nel lanciare la sfida per un'agricoltura di qualità, che favorisca le produzioni di eccellenza, locali, il biologico e che dica in maniera chiara e forte no agli organismi geneticamente modificati (OGM). Molte di queste sostanze, utilizzate e propagandate come la panacea alla fame delle popolazioni nel mondo, sono in grado di interagire con l'epigenoma cellulare. È assolutamente importante, quindi, che si dica che da quest'iniziativa dell'anno prossimo deve emergere in maniera chiara questo tipo di indicazione.
  Vengo al rapporto con l'acqua. Agricoltura e acqua sono due campi interconnessi. Andiamo verso una situazione in cui la richiesta di acqua andrà aumentando, come testimoniato da studi OCSE. Abbiamo, quindi, assolutamente necessità di dare delle direttive per il risparmio dell'acqua anche in agricoltura. Questo è fondamentale. È altrettanto fondamentale che si riduca la presenza, ovviamente scegliendo il biologico, dei pesticidi.
  Conoscete tutti il rapporto dell'ISPRA del 2013 che indica un aumento elevatissimo di pesticidi, che – lo ribadisco – sono sostanze tossiche e cancerogene, che finiscono nei piatti delle persone adulte, ma anche dei bambini, e quindi fanno la differenza dal punto di vista della salute, oltre a rilevare in termini di costi sanitari.
  Sono un medico e mi rendo conto che, quando le persone si ammalano di cancro, il Servizio sanitario nazionale spesso non è in grado di dare dei tempi rapidi né per la prevenzione né per la diagnosi, e spesso nemmeno per la cura. Mettiamoci in testa, allora, che anche attraverso questo ragionamento sull'agricoltura possiamo fare molto per la prevenzione delle malattie e per la salute non solo delle generazioni attuali, ma anche delle generazioni future.
  Come medici per l'ambiente facciamo anche un annuncio. Quest'anno, le VIII Giornate mediche per l'ambiente saranno proprio sui temi agricoltura, ambiente e salute. Riteniamo che nel modo in cui si tratta il cibo, in cui si fa agricoltura, ci sia una sorta di cartina di tornasole dei rapporti e della democrazia, non solo in Italia ma nel mondo. Dobbiamo arrivare a un'agricoltura rispettosa degli equilibri naturali, che non inquini, che sia salutare e, soprattutto, che superi il problema della fame nel mondo consentendo a tutti i popoli del mondo di avere dignità. Agire diversamente non sarà possibile.
  Teniamo anche a sottolineare molto, come medici per l'ambiente, che siamo fortemente contrari a un'agricoltura intensiva e dedicata, per esempio, a fornire biomasse, che sono chiaramente fonti di energia altamente inquinanti. Pensiamo che sia un argomento di grande importanza e perciò ribadiamo la nostra posizione.
  Vi rivolgiamo anche l'invito a partecipare al nostro convegno nazionale. Siamo Pag. 5convinti che, se l'Italia vorrà veramente essere protagonista dell'evento dell'anno prossimo, dovrà assolutamente parlare in maniera forte e chiara di risparmio idrico, rispetto per l'ambiente, rispetto per l'agricoltura, che significa rispetto per la salute delle persone delle generazioni future e dei popoli di tutto il mondo.

  MARCO LUCCHINI, Direttore generale della Fondazione Banco alimentare onlus. Il tema per cui ci avete chiesto un contributo è quello delle eccedenze alimentari e delle fonti di nutrimento per l'uomo. Presidente, onorevoli tutti, concordiamo con quanto detto in precedenza. La produzione di alimenti sicuri, di buona qualità e quantità sufficiente appare, innanzitutto, una necessità sociale, oltre a rappresentare un importante valore economico.
  Da questo punto di vista, la lotta agli sprechi alimentari non appare più differibile. Aggiungiamo che riteniamo anche che l'Esposizione universale di Milano 2015 sia un'occasione irripetibile per mostrare al mondo intero quanto l'Italia sia all'avanguardia nel recupero del cibo. Non siamo così spreconi come spesso si legge sui giornali.
  Il tema della sostenibilità nel settore agroalimentare è oggi al centro di un ampio dibattito cui partecipano cittadini, realtà sociali, imprese, policy maker e studiosi. Ciò che maggiormente stimola gli stakeholder può essere riassunto come di seguito: innanzitutto, la sfida sempre più importante della riduzione dello spreco alimentare nell'attuale contesto di crisi economica; i prezzi instabili delle commodity agricole; i nuovi problemi di povertà alimentare anche nei Paesi avanzati come il nostro; la crescente consapevolezza ambientale. Inoltre, finora le analisi accademiche e governative hanno prodotto risultati parzialmente confrontabili. La maggior parte degli studi disponibili si concentra sulla fase della produzione agricola. Quando si affrontano le altre fasi, cioè la trasformazione, la distribuzione, la ristorazione e il consumo, tali studi soffrono di diverse ambiguità nell'oggetto dell'analisi e nella presentazione della metodologia. Vi è, ad esempio, scarsa chiarezza nel distinguere l'eccedenza dallo spreco, lo spreco dagli scarti, lo spreco in ottica sociale dallo spreco in ottica ambientale, la fase del consumo dalle altre fasi del processo a monte.
  In ultimo, il dibattito pubblico sul tema dello spreco appare viziato non solo da oggettive difficoltà nell'uso dei risultati prodotti dalla ricerca, ma anche dall'approccio sensazionalistico al problema che sembra prevalere nei media.
  In contrasto con i problemi della ricerca e del dibattito ora menzionati, va invece sottolineato che aziende e organizzazioni non profit hanno cumulato negli ultimi anni un'esperienza di grande valore nella gestione delle eccedenze alimentari e nella riduzione dello spreco. L'Italia è sicuramente tra le Nazioni con maggiore know how.
  A partire dalle precedenti osservazioni, nel 2012 la Fondazione per la sussidiarietà, in collaborazione con il Politecnico di Milano e la fondazione Banco alimentare, ha presentato uno studio dal titolo «Dar da mangiare agli affamati. Le eccedenze alimentari come opportunità», che fornisce una visione di insieme del fenomeno delle eccedenze alimentari e dello spreco nelle diverse fasi della filiera agroalimentare italiana, offrendo alcuni suggerimenti per rendere più virtuoso l'utilizzo delle eccedenze e ridurre il più possibile lo spreco.
  Il volume, inoltre, vuole dare sia un contributo metodologico replicabile sia un approfondimento nel senso orizzontale e verticale della filiera sino al consumatore finale, comprendendo anche le attuali azioni di recupero già consolidate nel nostro Paese.
  A questo punto, occorrono definizioni utili per comprendere il fenomeno: le eccedenze alimentari sono prodotti alimentari o cibo che, per varie ragioni, non sono acquistati o consumati dalle persone, per cui sono stati prodotti, trasformati, distribuiti, serviti o acquistati. Sono esclusi da questo, però, per definizione, gli scarti della lavorazione.Pag. 6
  I motivi della generazione dell'eccedenza alimentare possono essere diversi: nelle fasi a monte possono esservi errori di previsione della domanda, difetti qualitativi che riducono il valore percepito nel prodotto anche in termini estetici, danneggiamenti del packaging e così via. Nello stadio del consumo, vi sono comportamenti come la bassa frequenza della spesa, l'acquisto di confezioni non divisibili, gli acquisti d'impulso. Il risultato finale è un'eccedenza, che deve essere gestita al di fuori degli usuali canali commerciali di consumo domestico.
  L'altro tema importante è lo spreco alimentare, che non è uguale all'eccedenza alimentare. Lo spreco alimentare, infatti, è l'eccedenza alimentare non recuperata per il consumo umano, in un'ottica sociale, per l'alimentazione animale, in un'ottica zootecnica, per la produzione di beni o energia, in un'ottica ambientale. Non sono, in ogni caso, da comprendere nello spreco alimentare gli scarti della produzione e derivanti dalla preparazione degli alimenti, così come le eccedenze immesse nei mercati secondari.
  Infine, se vogliamo realmente combattere lo spreco, è importante il termine fungibilità. Il grado di fungibilità è, infatti, definito come la possibilità di utilizzare l'eccedenza con un livello minimo di attività aggiuntiva da parte degli attori della filiera. A sua volta, il grado di fungibilità è in funzione della fungibilità intrinseca del prodotto, ossia il grado di utilizzo potenziale dell'eccedenza da parte di un beneficiario anche in assenza di ulteriori attività di gestione e di intermediazione e dall'intensità di gestione richiesta, ossia l'impegno richiesto alle aziende e agli intermediari per rendere le eccedenze il più utilizzabili possibile dai beneficiari.
  L'eccedenza alimentare è, dunque, contemporaneamente una ricchezza e uno spreco. È una ricchezza perché testimonia che esistono risorse disponibili per soddisfare il bisogno degli indigenti; è uno spreco perché buona parte di quest'eccedenza non è, in realtà, utilizzata per lo scopo primario, ossia quello di soddisfare le necessità alimentari, per cui diviene rifiuto, consumando inutilmente tutte le risorse produttive, campi, acqua, energie, serviti per produrre e lasciando chi ha più bisogno nella povertà.
  Vediamo i principali risultati di questa ricerca. Nella filiera agroalimentare italiana, la quantità di eccedenze, misurate per l'anno 2011, è pari a 6 milioni di tonnellate all'anno. Tale quantità rappresenta il 16,9 per cento dei consumi.
  Le cause di generazione delle eccedenze sono differenti a seconda dello stadio della filiera considerato. Se ci concentriamo sullo stadio a maggiore fungibilità, le aziende di trasformazione, sono state riscontrate 5 cause principali: per il 66,9 per cento, il raggiungimento della data di scadenza interna degli alimenti; per il 12 per cento, la non conformità del prodotto agli standard estetici richiesti; per il 5,7 per cento, la non conformità dell'imballaggio; per il 9,1 per cento, i resi contestuali alla consegna; infine, i resi per invenduto per il 6,1 per cento.
  La rilevanza delle eccedenze varia molto tra le diverse fasi della filiera. Nel raccolto e nell'allevamento, ad esempio, è pari al 2,93 per cento dalla produzione; nella produzione industriale, è pari allo 0,41; nella grande distribuzione organizzata, è pari all'1,41 per cento dei prodotti venduti e per la ristorazione, è pari al 6,31 per cento degli elementi serviti; infine, per i consumatori, è il 7,84 per cento.
  La rilevanza dello spreco, invece, varia molto tra le diverse fasi della filiera e tra le diverse categorie merceologiche a causa del grado di fungibilità. Nella fase di raccolta e allevamento, ad esempio, la fungibilità è bassissima, con uno spreco dell'88 per cento dell'eccedenza alimentare.
  Nella fase di trasformazione industriale, a medio-alta fungibilità, è sprecato il 45 per cento delle eccedenze alimentari. Nella fase di distribuzione, di media fungibilità, è sprecato il 92 per cento delle eccedenze alimentari. Nella fase di ristorazione, a medio-bassa fungibilità, è sprecato il 91 per cento delle eccellenze elementari. Nella fase del consumatore, a Pag. 7bassissima fungibilità, è sprecato quasi il 100 per cento delle eccedenze alimentari.
  A oggi, gran parte delle eccedenze alimentari diviene spreco a livello sociale e, diventando rifiuto, incide anche nei costi ambientali. Solo una piccola parte, stimata in 400.000 tonnellate, è destinata all'alimentazione umana mediante la donazione, ad esempio, alla rete Banco alimentare e ad altri enti caritativi, per cui la quantità di spreco è di 5,6 milioni di tonnellate all'anno sui 6 milioni di tonnellate di eccedenze. Tale quantità rappresenta il 93 per cento delle eccedenze, il 15,6 per cento dei consumi.
  La presenza di tentativi più strutturati di riduzione dello spreco alimentare avviene laddove la fungibilità è maggiore, ossia nelle aziende di trasformazione. È da notare, però, che anche in questo stadio della filiera sussiste un'eterogeneità di comportamenti. Se, da una parte, il 35 per cento delle eccedenze è donato alla rete Banco alimentare o a enti caritativi sparsi sul territorio, esiste ancora un 32 per cento di prodotti alimentari smaltiti in discarica.
  I motivi alla base delle diverse scelte aziendali, a parità di grado di fungibilità, sono diversi: una valutazione economica, rischi di immagine, modalità di generazioni di eccedenza alimentare, carenza gestionale, caratteristiche degli operatori presenti sul mercato.
  Prima di concludere, vorremmo avanzare qualche proposta per facilitare o, meglio, alzare questo grado di fungibilità. È, infatti, questo il tema se vogliamo ridurre gli sprechi e, quindi, aumentare il recupero.
  Tra i nostri suggerimenti c’è quello che riguarda la comunicazione. Sul mercato sono state realizzate con successo iniziative di riduzione dello spreco con la collaborazione di operatori no profit di grande esperienza. Si tratta di aumentare la conoscenza delle caratteristiche, dei benefìci delle pratiche virtuose e di adeguare il processo logistico produttivo per aumentare il grado di implementazione.
  Nelle altre fasi (agricoltura, ristorazione, mondo della distribuzione) c’è ancora molto lavoro da fare. In questi ambiti, dove la fungibilità è minore, sono richiesti investimenti a livello di sistema, come la trasformazione dei prodotti ortofrutticoli.
  Un altro punto è la semplificazione delle agevolazioni. In quest'ambito, gli attori pubblici, l'amministrazione, il Governo dovrebbero favorire questi tentativi di innovazione, innanzitutto monitorando e valutando le pratiche di gestione delle eccedenze attraverso opportune regolazioni primarie per le aziende che adottano comportamenti virtuosi.
  Vengo, infine, alla comunicazione e all'educazione. La formazione del consumatore rappresenta una sfida importante per la riduzione dello spreco alimentare, anche se va notato che molte famiglie italiane adottano normalmente pratiche di prevenzione delle eccedenze.
  Mi limiterò ad accennare ad alcune delle proposte normative che possono contribuire, anche in questo caso in modo semplice ma concreto, alla riduzione degli sprechi, ma nei documenti che ho lasciato potrete trovare l'approfondimento. Nel decreto del Presidente della Repubblica n. 441 del 1997, all'articolo 2, comma 2, dovrebbe essere elevato a 10.000 euro il limite oltre il quale inviare la comunicazione all'Agenzia delle entrate. Questo, infatti, blocca molte aziende, che sono portate più a distruggere che a donare.
  In relazione poi all'articolo 13 del decreto legislativo n. 460 del 1997, comma 4, necessita definire cosa si intenda per modico valore nelle cessioni di beni facilmente deperibili: non essendo chiaro, infatti, le espressioni suscitano timori e paure. Occorrerebbe una circolare dell'Agenzia delle entrate.
  Infine, ma forse ancora più importante, il 17 dicembre 2012 è stato emanato un decreto ministeriale da parte del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali che costituiva un tavolo di lavoro comprendente, oltre che i ministeri di competenza, la filiera agroalimentare, i soggetti non profit, le organizzazioni che avevano a che fare con questi argomenti, come l'ANCI. Obiettivo del tavolo era di Pag. 8migliorare tutte queste situazioni a livello normativo e incrementare l'aiuto alimentare agli indigenti.
  Dal dicembre del 2012 a oggi non è ancora stato convocato una volta. Credo che in un momento come questo, in cui quasi 5 milioni di italiani hanno seri problemi a recuperare il cibo, quindi in un'emergenza alimentare, occorra rapidamente convocarlo. Chiedo alla Commissione che faccia presente al Ministro di convocarlo urgentemente, altrimenti rischiamo di trasformare un problema sociale in uno di sicurezza.

  FRANCESCA ROCCHI. Forum italiano dei movimenti per la terra e il paesaggio. Sono membro della segreteria nazionale della Slow Food Italia e in quanto tale sono qui a rappresentare il Forum «Salviamo il paesaggio». Ne siamo fondatori insieme a 934 organizzazioni che si battono sul territorio contro il consumo di suolo e per la difesa dei territori e la tutela del paesaggio.
  Sono qui per parlare dell'Expo, soprattutto per il tema del consumo del suolo. Sapete che il tema scelto per l'Expo 2015 è «Nutrire il pianeta, energia per la vita» ed è di straordinaria importanza per il futuro del nostro Paese e della comunità internazionale più in generale.
  Secondo uno studio condotto dal Food climate research network, l'intera filiera alimentare dell'Europa dei 25 contribuisce al 31 per cento delle emissioni totali di gas serra. Il cibo è tra le prime cause di inquinamento ambientale. I cambiamenti climatici certificati dall’Intergovernmental panel on climate change, che mettono a rischio la stessa sopravvivenza del genere umano di qui a meno di 300 anni, sono causati prima di tutto dal nostro modo di nutrire il pianeta. Al contempo, proprio l'agricoltura è il primo settore dell'attività umana a subire già da oggi le conseguenze disastrose dei cambiamenti climatici già in corso.
  D'altro canto, sappiamo che nel 2050 sul pianeta vivranno 9 miliardi di persone da sfamare ogni giorno e già oggi il sistema alimentare soffre di squilibri assurdi e intollerabili: da un lato, 840 milioni di persone soffrono la fame; dall'altro, si stima che 1,6 miliardi di persone è obeso o sovrappeso.
  Risulta chiaro, dunque, che il modo in cui nutrire il pianeta in futuro è il tema più importante che riguarda i destini dell'umanità. Se non sapremo modificare radicalmente i nostri sistemi alimentari e il modo in cui produciamo, trasformiamo, distribuiamo e consumiamo cibo, andremo a velocità crescente verso la catastrofe ambientale, economica e sanitaria. Guerre per la terra e per l'acqua saranno all'ordine del giorno e il tema di come nutrire il pianeta diventerà il primo punto all'ordine del giorno delle agende politiche internazionali.
  Per contro, il cambiamento che deve partire necessariamente dal cibo può contaminare positivamente anche altri settori dell'attività umana. In fondo, l'agricoltura funziona con energie rinnovabili da oltre 10.000 anni e nelle culture contadine, nelle culture indigene ancora di più, esistono i semi di una straordinaria modernità per coltivare quelle innovazioni necessarie a rendere il cambiamento percorribile e davvero efficace.
  Oltretutto, la tutela dei suoli e la qualità dell'agricoltura che scegliamo di praticare sono strettamente collegate alla disponibilità di acqua per la sopravvivenza di tutti noi e sempre più territori si trovano a dover fronteggiare la crescente carenza di questa risorsa o la sua peggiorata qualità.
  Ci pare utile ricordare in estrema sintesi i dati che recentemente l'ISPRA ha ufficialmente presentato e che riteniamo mostrino l'assoluta drammaticità della situazione. Negli ultimi anni, il consumo di suolo in Italia è cresciuto a una media di circa 8 metri quadrati al secondo. Ogni ora spariscono 2,8 ettari, ogni giorno a mezzanotte se non sono andati per sempre quasi 70 ettari e questo capita per 365 giorni all'anno da oltre 50 anni, per la precisione dal 1956.
  La media europea di terreni cementificati è del 2,3 per cento, mentre 14 regioni su 20 in Italia superano abbondantemente Pag. 9la soglia del 5 per cento, alcune quella del 10. Ci pare doveroso aggiungere che il nostro Forum è già stato audito alla Camera dei deputati dalle Commissioni congiunte agricoltura e ambiente proprio sul tema del contenimento del consumo di suolo e dei disegni di legge in discussione su questo tema per noi così centrale.
  Proprio in queste settimane, abbiamo messo a punto un documento che contiene una nostra specifica serie di contributi in merito al disegno di legge approvato nel dicembre scorso dal Consiglio dei ministri. Vi proponiamo, in primo luogo, di modificare anche l'approccio sintattico all'emergenza del consumo di suolo e di definire più opportunamente progressiva riduzione ciò che oggi è timidamente chiamato contenimento. Il documento è in piena sintonia con gli enunciati degli stessi articoli del disegno di legge, che intendono allineare le politiche del nostro Paese agli orientamenti espressi dall'Unione europea e dalla roadmap da essa suggerita a tutti gli Stati membri per giungere al consumo netto pari a zero di suolo e territorio entro il 2050.
  Risulta, pertanto, estremamente contraddittorio ai nostri occhi che un evento dedicato a un tema tanto sensibile e strategico per il nostro futuro sia responsabile di un grave scempio per l'agricoltura, e quindi per l'argomento che intende trattare. Per realizzare il sito dove si svolgerà l'Expo sono stati sacrificati 1,1 milioni di metri quadri di suoli agricoli fertili e molti altri milioni di metri quadri sono stati consumati o saranno perduti per realizzare le opere connesse alla realizzazione del sito.
  Altri suoli fertili spariranno per la realizzazione di opere che effettivamente non sono utili all'Expo, ma che sono state messe in cantiere approfittando di ipotizzati collegamenti con l'evento e l'accesso al sito. Tutto questo avviene senza che vi sia stato il benché minimo dibattito sull'opportunità o meno di sacrificare queste enormi porzioni di un territorio in un Paese e in una regione già pesantemente martoriati sotto questo punto di vista.
  Esisteva un sito alternativo per ospitare l'Expo a zero consumo di suolo ? Tutte le opere connesse sono davvero necessarie all'evento ? Ancora, saranno necessarie dopo l'evento ? Vi è un piano di compensazioni che, pur non sanando la grave ferita inferta a una risorsa non rinnovabile qual è il suolo fertile, riesce almeno a ridimensionare l'impatto ambientale favorendo, ad esempio, una politica di zero consumo di suolo in Lombardia negli anni a venire ?
  Non siamo riusciti a trovare alcuna risposta a questi nostri quesiti e non possiamo immaginare come si possa affrontare un evento così importante, di cui riconosciamo lo straordinario potenziale politico e culturale, senza avere minimamente considerato l'evidente corto circuito generato dall'immensa distruzione di suoli agricoli.
  Riteniamo che il Paese debba ancora avere la forza di affrontare questi quesiti per cercare almeno qualche parziale risposta, per non negare l'evidenza dei fatti che denunciamo e assumere alcuni impegni di segno opposto, coerenti davvero con il tema di nutrire il pianeta. Il problema del consumo di suolo agricolo fertile e di distruzione dei paesaggi e dei territori da cui provengono quelle produzioni agroalimentari nazionali, oggetto dell'indagine conoscitiva di questa Commissione, riguarda tutta l'Italia, un Paese unico al mondo per storia, collocazione geografica, clima, ambiente, territori, cultura.
  L'irripetibile mix che si è creato tra tutti questi elementi ha generato nel corso di secoli un patrimonio straordinario di biodiversità, razze animali, specie vegetali, prodotti, mestieri e saperi che costituiscono oggi la più evidente conosciuta nozione di made in Italy. Grazie alla nostra cultura del cibo, all'immagine del cibo italiano nel mondo, creiamo economia e lavoro non solo nel settore agroalimentare, ma anche in quello turistico e trainiamo altri settori collegati in parte o per niente con il cibo. Grazie al cibo italiano si vendono le macchine imbottigliatrici, di cui siamo tra i migliori produttori al mondo, ma anche le scarpe che richiamano Pag. 10sempre a quel gusto italiano che proprio nella nostra cultura alimentare ha le radici.
  Non è solo da ambientalisti affermare che, se distruggeremo i suoli fertili, mineremo alla base il nostro Paese, ma da economisti. Quale imprenditore al mondo farebbe scempio dei propri fattori produttivi pensando di continuare a fare reddito ? Ovviamente, nessuno. L'Italia, invece, lo fa tutti i giorni. Devasta il primo fattore produttivo, il suolo fertile, e il suo principale settore economico, l'agroalimentare.
  Vogliamo presentarci all'Expo con queste credenziali ? Quale credibilità avremo di fronte al mondo aprendo porte e finestre di casa nostra per mostrare che il re è nudo ? Anche in questo caso, c’è ancora tempo per provare a porre qualche rimedio. L'Expo, nel pieno e rigoroso rispetto del tema che propone, deve diventare l'occasione per una radicale conversione delle politiche di sviluppo del nostro Paese, a partire dal cibo, come già dicevamo in precedenza.
  Abbiamo intuito, scegliendolo come tema per l'esposizione universale, che il cibo è strategico nel futuro del pianeta. Sappiamo di avere grande credibilità come produttori di qualità, e di poter usare tale qualità per guadagnare un ruolo strategico nel consesso internazionale sui temi di agricoltura, alimentazione e ambiente, più di ogni altro temi in cui si giocheranno gli equilibri nello scacchiere internazionale del futuro. È il momento di agire di conseguenza all'interno del nostro Paese. Arrestare il consumo di suolo deve essere la prima e fondamentale scelta strategica che l'Italia adotta in vista dell'Expo, pensando soprattutto al dopo Expo, al futuro del Paese.
  Chiediamo, altresì, che l'Expo sia il veicolo di un messaggio inequivocabile, straordinario, riguardo al metodo di impiego e di utilizzo delle risorse, un messaggio che deve trovare immediata corrispondenza nell'evento stesso. Su un pianeta in cui oltre un terzo del cibo è buttato via, in un Expo il cui slogan è di nutrire il pianeta, nemmeno una goccia d'acqua deve essere sprecata. Ogni materiale utilizzato deve essere riciclato e meno che mai deve essere sprecato il cibo che sarà esibito e somministrato.
  Auspichiamo che, a fianco di questa prima mossa, indispensabile come la prima tessera di un domino, si affianchi un'iniziativa volta a diffondere in tutti i territori del Paese un'approfondita, articolata e partecipata riflessione attorno al tema dell'Expo. Ogni territorio del nostro Paese deve discutere di come nutrire se stesso in futuro, come nutrire la Lomellina, l'Irpinia, il Sulcis.
  Quale modello alimentare vogliamo per il nostro futuro per ridurre gli impatti sull'ambiente, per coltivare la biodiversità, per ridurre l'obesità e combattere la malnutrizione, per migliorare ambiente e paesaggio sui territori per creare nuove e più diffusa ricchezza ? Come possiamo ricostruire la sovranità alimentare dei singoli territori del Paese nel suo insieme ?
  Avviare e alimentare una grande discussione su questi temi è la scintilla che può accendere tanti piccoli fuochi. Sono necessarie iniziative di recupero di produzioni abbandonate o a rischio di scomparire, di rigenerazione di settori produttivi locali in difficoltà, di creazione di nuovo lavoro, di generazione di forme innovative o recupero e modernizzazione di forme tradizionali di distribuzione, di riflessione sull'interazione tra i sistemi alimentati, l'ambiente, la cultura, la società e così via.
  Chi considera l'Expo una sorta di grande fiera del made in Italy alimentare o, peggio, un grande luna park del cibo, resterà deluso. Se quella sarà l'idea che daremo al mondo dell'evento, non potrà che constatare un clamoroso fallimento, le cui conseguenze saranno molto pesanti e non solo per il territorio lombardo. Chi, invece, vede nell'Expo una grande opportunità di cambiamento da usare come leva per muovere ciò che altrimenti sarebbe stato difficile muovere, potrà contribuire a far sì che l'Italia celebri l'Expo in ogni territorio, coltivando e curando le proprie produzioni anche senza metterle in vetrina nel sito dell'Expo.Pag. 11
  Se davvero saremo capaci di attrarre molti visitatori e se anche dopo l'Expo sapremo mantenere vivo questo flusso di visitatori, sarà solo portandoli sui territori, specialmente in quelli più marginali, che potremo davvero fare di questo Expo un fattore capace di incidere in maniera positiva e duratura sull'economia del Paese. In vista del 2015, dobbiamo organizzarci per riportare al centro gli asset strategici di questo settore: suolo fertile, semi, saperi tradizionali, biodiversità, acqua, per citare i principali.
  In conclusione, l'Expo ha bisogno che il Paese operi una grande scelta strategica e lo faccia nei prossimi mesi, così da arrivare all'appuntamento del prossimo anno già pronti. Ribadiamo che la grande scelta strategica è una legge nazionale che fermi il consumo di suolo senza finte e senza trucchi. Uno stop al consumo di suolo subito è il miglior biglietto da visita per l'Expo 2015 e il migliore investimento per le produzioni agroalimentari del nostro Paese.

  VINCENZO VIZIOLI, Presidente dell'Associazione italiana per l'agricoltura biologica (AIAB). Vi ringraziamo per l'opportunità. Rappresento per delega anche Via Campesina, col cui presidente, che è fuori e non può essere presente ma si riserva di mandare un documento, ho concordato quanto illustrerò.
  Credo che la sfida dell'agricoltura italiana del nostro Parlamento in chiave Expo sia quella di discutere seriamente del modello di sviluppo a partire dal modello di sviluppo agricolo. Ormai, è chiarissimo che questo modello di sviluppo non è sostenibile. Tutti sanno che il problema non è trasportare quanto facciamo dal nord al sud, ma modificare quanto facciamo al nord e permettere al sud di sviluppare le proprie risorse.
  Purtroppo, questo non sta avvenendo e mi sembra che il ragionamento sul modello di sviluppo sia anche lontano dai temi che il comitato scientifico dell'Expo ha messo al centro. Nel corso del primo convegno scientifico, infatti, dell'inizio dell'anno, la discussione era sulla competitività, la grande innovazione che portavano gli organismi geneticamente modificati. Parlavano di innovazione citando il mais MON 810, la cui autorizzazione è del 1998, che porta come innovazione la resistenza agli erbicidi. Tutta la legislazione europea e la nuova PAC parlano di diminuzione dell'uso dei pesticidi e di diverso modello anche in funzione dell'emissione di anidride carbonica.
  Il segnale di grande confusione veniva anche, per esempio, da chi rappresentava il mondo produttivo: a un convegno in cui l'Italia ha ospitato gran parte del mondo per discutere dei problemi alimentari, la Confindustria si faceva rappresentare dalla Cargill. La ricordiamo non precisamente per atti di benevolenza verso il mondo e mi viene da suggerire che forse un nome italiano, Barilla, in zona avrebbe potuto mostrare un appeal più interessante come discussione. Peraltro, proprio la Barilla sta lavorando in termini di valutazione dell'impatto del suo modello di produzione del grano e finalmente ha iniziato a parlare di rotazione, di indirizzo attraverso un modello innovativo di coltivazione.
  È evidente che tutto questo deve essere sostenuto da una ricerca finalizzata agli obiettivi che stavo citando. C’è, infatti, anche una grande confusione quando si parla di ricerca, laddove l'unico elemento di valutazione sembra sia il brevetto. In agricoltura, il ragionamento su quando intervenire in un ciclo colturale è difficilmente brevettabile: o si fa una macchina straordinaria o si brevettano le sementi. Questa è la grande sfida su cui bisogna muoversi. La biodiversità è un bene comune.
  Dobbiamo ragionare allo stesso modo in cui abbiamo ragionato con l'acqua. La biodiversità non può essere ristretta in poche e inquietanti mani che l'hanno utilizzata male. Oggi, abbiamo un'emergenza relativa agli organismi geneticamente modificati, è di luglio un decreto interministeriale tra il Ministero dell'ambiente, il Ministero della Salute e il Ministero dell'agricoltura che vietava e vieta tuttora – dura 18 mesi – la coltivazione di Pag. 12sementi geneticamente modificate: per la prima volta, in presenza di un divieto così forte, il mais MON 810 è stato seminato, coltivato e raccolto senza che nessuno intervenisse e si opponesse.

  GIORGIO ZANIN. La semina era stata precedente.

  VINCENZO VIZIOLI, Presidente dell'Associazione italiana per l'agricoltura biologica (AIAB). Sì, però è stato poi coltivato e raccolto. L'obiezione è giusta perché, in effetti, la semina è arrivata ad aprile: sta di fatto che sarebbe stato necessario andare con le ruspe e spiegare che stava frodando perché la legge non lo permetteva. Il problema è che questo mais è stato raccolto. Addirittura, chi ha seminato questo mais ha fatto ricorso al TAR, a cui si è opposto solo il Ministero dell'ambiente e non il Ministero dell'agricoltura e il Ministero della salute, che avevano firmato quel decreto, indebolendo in maniera incredibile la posizione.
  Per fortuna, è di poche ore fa una dichiarazione della Grecia con cui si propone come linea guida quella per cui gli Stati membri possono decidere. È un passo avanti enorme per l'opportunità che offrono all'Italia per fermare le semine di quest'anno; è un grande passo indietro rispetto alla strategia di chi propone gli OGM. Non è sicuramente quella di conquistare qualche ettaro in Friuli o in Emilia-Romagna. L'obiettivo è controllare la sovranità alimentare.
  Sono state catalogate circa 250.000 specie, 70.000 sono state coltivate. Oggi solo tre specie – dati FAO, non miei – sfamano il 50 per cento della popolazione mondiale: controllare attraverso il brevetto tre specie significa controllare la sovranità alimentare del mondo proponendo un modello di sviluppo agricolo insostenibile e che caccia dai territori le piccole aziende, non tenendo conto – è un tema che dovrà essere centrale nell'Expo – che è l'agricoltura contadina, la famiglia contadina a sfamare il mondo.
  Secondo dati ISTAT, il 30 per cento delle aziende è sparito e tutti hanno sostenuto, con un'ennesima analisi belluina – mi scusi chi l'ha fatta – che finalmente anche noi andavamo verso l'accorpamento delle grandi aziende. Quel 30 per cento rappresentava per la gran parte aziende che praticavano zootecnia montana e collinare e che governavano il territorio: ora è scappata via e adesso alle piogge persistenti piangiamo frane e smottamenti perché non c’è più nessuno a occuparsi del governo del territorio.
  Questo è, a nostro avviso, l'elemento su cui ragionare. Bisogna porre grande attenzione al discorso delle sementi. Bisognerebbe, anzitutto, fermare le semine che il mese prossimo potrebbero esserci per aprire un ragionamento serio, non però su chi è più forte e chi ha più soldi, e utilizzare uno strumento eccezionale, adesso forse l'ultimo di questa portata, ossia i piani di sviluppo rurale.
  Se parliamo di modello di sviluppo, i piani di sviluppo rurale sono in grado di dare l'indirizzo politico all'agricoltura, sempre che non si snocciolino in 23 misure e chi è più bravo accaparri i soldi, ma si inizi a parlare di misure in vista di obiettivi dati.
  Quanto all'agricoltura biologica, noi per primi continuiamo a vantarci di essere i primi in Europa per numero di operatori e superficie, snoccioliamo i dati dell’export e della crescita del mercato interno, dopodiché negli ultimi 10 anni l'agricoltura biologica non è cresciuta, non è crepata e si risponde a una crescita del mercato interno con le importazioni, che rappresentano il problema delle frodi alimentari.
  Questo accade perché, se si analizza all'interno delle regioni, i picchi ci sono perché si apre un bando, ma poi questo richiude e non c’è nessuna strategia, nessuna decisione su misure di incremento per l'agricoltura biologica o anche di chiusura, nel quale caso però ce la vediamo con l'Unione europea. Se, però, ci poniamo degli obiettivi di incremento, dobbiamo mettere le poste e monitorare che siano utili. Diversamente, per l'ennesima volta anche questo strumento non darà indirizzo politico all'agricoltura.Pag. 13
  Concludo segnalando che un tema che dovrà essere portato nell'Expo e che credo sia fondamentale: quello di lavorare su una ricerca mirata al territorio e alla capacità di stare sul territorio delle aziende agricole. Il decreto dell'ex Ministro dell'istruzione Carrozza ha fatto compiere un passo avanti importante e ha iniziato ad affermare che i progetti biennali fanno ridere. Tutti i bandi europei lavorano sul settennio: anche la ricerca lavori sul settennio, altrimenti non ci sarà una ricerca di base, a sostegno dell'agricoltura, a modello di sviluppo, che raccolga quello che si è detto: il problema dell'acqua, delle sementi e della biodiversità.

  ANDREA FANELLI, Membro del comitato scientifico dell'Associazione per lo studio del picco del petrolio (ASPO Italia). Faccio parte del comitato tecnico scientifico dell'Associazione ASPO Italia. Siamo un po’ diversi perché siamo partiti parlando di petrolio. L'associazione si occupa di energia, petrolio, e ha studiato, all'incirca dal 2000, il problema della disponibilità di energia fossile e fissile nel tempo.
  La ragione per cui pensiamo di portare dei suggerimenti coordinabili tra loro, che ho visto coincidere in grandissima parte con quelli già suggeriti dagli altri auditi, è legata al fatto che l'energia fissile e fossile, soprattutto fossile, sostanzialmente petrolio, è legata al cibo, e quindi all'agricoltura e alla sua industrializzazione.
  Si è parlato del fatto che l'agricoltura ha sfruttato la solare per decine di migliaia di anni ed è vero. Ora, invece, tutte le volte che mangiamo un piatto di spaghetti, per dare un ordine di grandezza, abbiamo indotto il consumo dell'equivalente di 400 cc, un boccale di birra, di petrolio.
  Se si va a una bistecca, alla trasformazione naturale, biologica, con la digestione ruminante e così via e la bistecca non è di maiale ma di manzo, quindi con tutti i costi dell'agricoltura, quel mezzo litro si trasformerà in 5 litri di petrolio utilizzato negli anni precedenti per la coltivazione o l'importazione di mangimi, la lavorazione delle carni e l'allevamento e anche per la conservazione, il trasporto, le lavorazioni e tutti gli sprechi che sono stati citati prima dal collega.
  Le domande chiave di oggi su cibo, energia, pianeta, vita, parole chiave anche per l'Expo e per nutrire il pianeta, le energie per la vita, in particolare la nutrizione per l'uomo nel rispetto della terra su cui quale vive e da cui attinge le sue risorse vitali ma esauribili, sono collegate perfettamente con i temi che stiamo studiando nell'ASPO.
  Dal picco del petrolio, l'ASPO è passata a una visione sistemica, peraltro un modello antico. Ricorderete, infatti, quasi tutti – Club di Roma, anni 1970-72 – il grande studio del modello World realizzato al MIT sponsorizzato dall'Italia con lo studio dei limiti dello sviluppo. Lo studio includeva una simulazione, peraltro perfettamente dimostrata delle ultime analisi quantitative degli indicatori allora stimati e previsti nel modello base, che portava problemi proprio sulla produzione di quantità di cibo per le persone che siamo.
  Si è richiamato quanti diventeremo sulla terra e in quanti dovremo mangiare: le varie tecniche utilizzate dall'ASPO sono orientate alla visione sistemica, quindi a guardare il mondo in un'ottica quantitativa e oggettiva e, possibilmente, anche all'utilizzo di strumenti scientifici di misure e valutazione. Citerò l'EROEI, un criterio di valutazione degli investimenti in termini energetici, praticamente l'equivalente calcolato con unità di misura termiche del più comunemente conosciuto ROI, return on investment, per cui, quando si fa un investimento, si fa una valutazione finanziaria e si calcola l'indice di ritorno.
  L'EROEI è fondamentale e, a differenza del ROI, che viaggia in pochi punti percentuali per considerare buono un valore d'investimento, è calcolato sulla sostenibilità energetica della società: si richiede un EROEI minimo di 5, quindi 5 volte l'energia disponibile rispetto a quella investita. Per il petrolio, negli anni Trenta, si parlava di 100 volte quella misura, per cui con l'energia di un barile di petrolio se ne poteva estrarre 100, un margine incredibile che ha permesso l'industrializzazione.Pag. 14
  L'EROEI del petrolio sta calando. Le cosiddette fonti alternative, peraltro quelle originali visto che il sole esiste da 4 miliardi di anni e estraiamo il petrolio da cento o poco più, hanno una caratteristica meno concentrata, meno intensa, quindi meno maneggevole a livello industriale. Allora torniamo a fare considerazioni di altra natura, legate a come funziona il mondo. Ho bisogno di richiamare un paio alcune questioni semplici per proporre in modo comprensibile la nostra ventina di proposte.
  In relazione alla situazione ambientale energetica mondiale, tutti hanno parlato in questo momento di analisi molto precise e puntuali. L'ASPO non segue direttamente il biologico o la medicina. Conosciamo vari aspetti, ma li integriamo, quindi abbiamo una visione, che purtroppo non posso presentare poiché di solito lo faccio col mio mappamondo gonfiato, per spiegare che il mondo è finito, che il mondo è in una certa dimensione, che viviamo solo dove è stampata la terra e neanche dappertutto e che lo spessore dello spazio vivibile, la biosfera, è molto meno spesso dello spessore delle gomme del mappamondo.
  Sotto abbiamo magma: l'energia che arriva è tutta e sola quella che abbiamo. Dobbiamo considerare, quindi, una differenza sostanziale tra le energie di flusso, l'energia solare, che è un flusso che investe il mondo e deve entrare in quantità uguale a quella che esce sennò c’è il riscaldamento globale, e l'energia di stock, laddove lo stock è nucleare, per citarlo una volta e poi dimenticarlo, inserito nel corpo della terra al momento dell'esplosione della stella precedente e che nessuno riformerà mai più, e le energie fossili, carbone, petrolio, gas e altro, che sono invece il residuo di un'agricoltura non coltivata, ma derivanti dalle piante che hanno fissato l'eccesso di carbonio e lo hanno creato in certe condizioni e concentrato sottoterra.
  Questo è a tutti gli effetti uno stock perché non viene rigenerato rapidamente. Questa differenza tra flusso e stock è fondamentale per permettere di ragionare su ciò che è sostenibile e ciò che non lo è. Una delle parole chiave, infatti, nell’incipit dell'Expo 2015 è proprio la sostenibilità, l'alimentazione buona, sana, sufficiente e sostenibile assicurata a tutta l'umanità, sempre citando dal sito.
  Vi è il problema della distribuzione molto difforme del cibo. Non scenderò in dettagli su questo. Ne avete già parlato ed è uno dei temi. Rimango sull'Italia, per cui seguiranno delle considerazioni locali sull'Italia.
  Divido per l'Italia, ma anche per il resto del mondo, le regole del gioco, come le definisco per fornire una battuta che resti in mente, in due parti: le regole naturali, che si trovano nel manuale di un'ingegnere, di un biochimico, nei libri di medicina, e che sono scoperte, non inventate, su come funziona il mondo, ineludibili, senza che la polizia controlli che funzionino in quel modo; dall'altra parte, si affiancano e servono per creare una cultura e una società le regole umane e sociali. A questo punto, quindi, si aggiunge una serie di leggi, regolamenti, usi e valori: il codice civile, le leggi nazionali, le regole internazionali e anche, piuttosto interessanti, i sistemi e modelli economici di valorizzazione.
  Prima ho citato il ROI e l'EROEI: quasi tutti gli investimenti valutati a livello nazionale o aziendale sono calcolati in termini di denaro, e quindi sono valutazioni economiche. Bisogna tener conto che queste sono assunzioni e scelte, per cui bisogna decidere se l'alimentazione per tutti sana e buona è prevalente rispetto all'aspetto economico oppure no, passando così ai problemi etici.
  Lascio questa parte di analisi e torno a un piccolo ultimo spunto molto pratico sul concetto dalla scala di valori. Secondo la piramide di Maslow vi sono i bisogni di primo livello, di sicurezza fisica, di secondo livello, come sentirsi socialmente riconosciuti, di terzo, la soddisfazione personale, l'arte e così via. Il primo livello è quello che dovrebbe essere garantito a tutti i cittadini e in effetti stiamo dicendo che 5 milioni di persone sono a rischio di alimentazione e di cibo, quindi c’è un problema.Pag. 15
  La sicurezza fisica è stata citata prima. La resilienza, in termini di capacità di un sistema – sto parlando di Italia o di sottosistemi come l'agricoltura, l'industria, un comune, una famiglia – di resistere alle sollecitazioni diventa elemento chiave di valutazione della capacità di sopravvivere a stimoli forti e pesanti.
  Da ora in avanti saremo sicuramente soggetti – stanno venendo chiaramente al pettine una serie di aspetti – a sollecitazioni forti di tipo economico, la cosiddetta crisi economica, che dura da tempo e, sostanzialmente, secondo alcuni a cui l'ASPO fa riferimento, permanente e dovrà portare un cambiamento significativo di alcuni problemi economici. Parlo di sistemi economici stazionari o sistemi biofisici e bioeconomici come secondo Georgescu-Roegen o Hall in America, della sicurezza fisica delle persone, per cui aria e acqua, già citate abbondantemente, e terreno per coltivare sono gli elementi fondamentali.
  Salto alla situazione italiana con alcuni dati. Uso dati dell'ISTAT a memoria perché non ho la possibilità di una presentazione con slide.

  PRESIDENTE. Se ha dei dati e anche della produzione documentale, può lasciarceli.

  ANDREA FANELLI, ASPO Membro del comitato scientifico dell'Associazione per lo studio del picco del petrolio (ASPO Italia). Li manderò per posta.

  PRESIDENTE. Le chiederei cortesemente di arrivare alla conclusione perché abbiamo una seduta congiunta con un'altra Commissione.

  ANDREA FANELLI, ASPO Membro del comitato scientifico dell'Associazione per lo studio del picco del petrolio (ASPO Italia). Faccio riferimento e citavo aspetti evidenziati anche prima sul capitale umano, sulla stratificazione sociale e così via, e un documento dell'ISTAT pubblicato nel 2013, recentissimo, coi dati precedenti: vi si dichiara che è stato perso dagli anni Cinquanta-Sessanta a ora per l'uso agricolo un 20-25 per cento di terreno.
  Ancora, la quantità delle persone attive che lavorano i terreni è passata dal 48 per cento negli anni Sessanta a circa il 4 per cento, praticamente una riduzione di 10 volte. Le proposte che leggerò sono state elaborate mescolandole tra obiettivi da raggiungere, sostenibilità fisica, resilienza del clima, minore dipendenza energetica. Non ho sottolineato che, se in Italia, per quanto in fretta lo facessimo, estraessimo tutto il petrolio disponibile in Lucania o il gas in Pianura Padana, ne avremmo per un po’ meno di un anno del consumo italiano.
  Della protezione del suolo e del risparmio idrico si è già detto. L'occupazione è uno dei problemi. Come possiamo intervenire ? Si tratta di aspetti organizzativi, per cui le Onlus, citate prima da alcuni, stanno già facendo attività, ma dal basso e hanno anche problemi normativi. Uno degli aspetti di verifica e integrazione tra norme per permettere di fare e non impedire attività dal basso autorganizzate è, quindi, molto interessante.
  Vi sono, inoltre, gli aspetti culturali, su cui si può intervenire in maniera lasca. Gli ultimi, invece, sono aspetti come normative e incentivi. A questo punto, i macrotemi – leggo velocemente gli spunti che lascerò come documento che invierò alla Commissione – sono l'accesso a terreni statali, regionali, provinciali e comunali ora non coltivati. Ce n’è una discreta quantità in provincia di Rimini, c’è già l'intervento citato dal collega in Valmarecchia. Si sta cercando di recuperare per sviluppare con la provincia e con altri enti locali un ritorno all'agricoltura e una ottimizzazione locale.
  Vi è il recupero dei terreni a bassa resa e anche non meccanizzabili. Sono stati persi tutti i territori montani. Prima sono stati citati come fonte del dissesto idrogeologico e, in effetti, il problema della regimazione delle acque e del mantenimento, per esempio, di tutte le coltivazioni terrazzate in Liguria e in altre parti parlano di una perdita. Quella è la coltivazione Pag. 16di sussistenza, quindi non era valutata in maniera economica, ma in altro modo. Le attuali valutazioni monetarie ed economiche fanno scegliere di abbandonare quei terreni e questo è un problema. Il riconoscimento esplicito, quindi, della valorizzazione dei servizi ecologici ambientali dell'agricoltore può essere un modo per favorire questo ritorno economico.
  Della semplificazione della normativa si è già detto. Vi sono poi gli incentivi per il ritorno all'agricoltura, l'agricoltura smart, il supporto informatico, la formazione agevolata per gli agricoltori di ritorno, cioè tutte le persone disoccupate con possibilità di impiego, ma che non sono competenti ed esperte.
  Sto valutando con l'Istituto di agraria di Bologna la possibilità di un supporto tecnico con le tecnologie moderne smart e classiche, quindi PC, telefoni e così via, per favorire l'orticoltura cittadina e accumulare la conoscenza e il know how già noti, le informazioni free, libere, che non sono brevettate e non sono distribuite o diffuse in maniera efficace. Abbiamo bisogno di recuperare circa di un fattore 10 il numero di agricoltori necessari per coltivare i terreni ora non sfruttati.
  Direi che sostanzialmente l'ultimo punto è legato al conflitto tra coltivazioni energetiche, quindi per oli e biomasse e altri oggetti del genere, biogas, e la logica di valutazione della validità degli impianti proposti. Sostanzialmente, è possibile fare delle attività convenienti energeticamente valide e non distruttive, come per esempio ha fatto a Cesena la Pollo Amadori con un bellissimo e grande impianto per il recupero in forma di biogas delle acque di lavaggio degli impianti di macellazione dei polli (ne sono macellati in decine di migliaia al giorno).
  Quel materiale faceva parte degli scarti citati come sottoprodotto. In effetti, in questo caso sono valorizzati molto bene perché si abbatte di moltissimo l'inquinamento come richiesta di ossigeno chimico e si recupera molta energia. Quello è il biogas che ha senso, mentre la produzione di biogas con granella di granturco o altre coltivazioni saccarifere o con amidi ha una resa energetica negativa, nel senso che è inferiore a 1 l'energia inserita e investita di quel bicchiere di petrolio che citavo per avere il grano per un piatto di spaghetti che non viene ripagata dall'energia ottenuta successivamente. C’è una difformità legata agli incentivi sulle produzioni di biogas, bioalcool e simili.

  PRESIDENTE. Rischio di essere scortese, ma abbiamo tempi molto ristretti. Alle 16.15 ricomincia l'Assemblea, ma alle 16 abbiamo una seduta congiunta con la Commissione giustizia.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FILIPPO GALLINELLA. Vorrei solo concordare, innanzitutto, con tutto quanto è stato detto, soprattutto in merito al salvataggio del paesaggio e all'osservazione secondo cui, per salvare e sfamare il pianeta, è un controsenso cementificare. Ci siamo trovati d'accordo anche a un convegno in cui si parlava di consumo di suolo.
  In aggiunta a quest'osservazione, forse mi è sfuggito, ma vorrei segnalare la battaglia che tutto il Parlamento sta combattendo sull'OGM. Speriamo nell'applicazione del famoso articolo 26-ter per lasciare lo Stato membro libero di decidere, anche se incombe, almeno per quanto ci riguarda, la minaccia di un accordo transatlantico con gli Stati Uniti, per cui si importerà di tutto perché saranno distrutte tutte le barriere anche di controllo su questo tipo di organismi, che a noi comunque con riferimento alla biodiversità non piacciono e che ci distruggerebbero.
  Inoltre, c'era una critica da parte vostra sul fatto che proprio con il titolo alla salvezza del pianeta sono invitate multinazionali che, più che salvare il pianeta, lo affamano. Penso a multinazionali che sfruttano le risorse, a grandi multinazionali. Sul padiglione USA ci sono McDonald's e Coca-Cola, non so se ci sarà anche la Monsanto.Pag. 17
  Voi vi sentite di opporvi anche a questo tipo di scelte ?

  GIORGIO ZANIN. Intervengo per porre qualche domanda puntuale, anche se non posso esimermi dal sottolineare, in relazione all'ultimo intervento che abbiamo sentito dell'ASPO, che in qualche modo il discorso di oggi verte su un tema su cui dovremmo porre tutti attenzione.
  È evidente che quello della resilienza è un tema di scenario in un sistema in cambiamento ed è una delle questioni dentro cui ritengo che la manifestazione dell'Expo trovi il suo significato più autentico. Vedo che esistono già delle modalità di applicazione del famoso motto per cui bisogna pensare globalmente e agire localmente e mi fa molto piacere.
  L'attenzione e il tempo sono limitati, ma vorrei chiedere alla dottoressa Litta un approfondimento sui temi legati alla salute. La ringrazio per questa puntualizzazione anche breve, ma mi sembra importante cercare di capire dove possiamo andare a parare come legislatori. È evidente, infatti, che quello dell'Expo si presenta come un tema di scenario all'interno del quale quest'audizione ha un suo significato, ma è chiaro che l'orientamento è più importante.
  Sul tema del tabacco in particolare, sappiamo che tra la salute e le regole del mercato anche a livello europeo si va evidentemente verso norme chiare, il packaging, lo spazio del 65 per cento occupato da pubblicità in qualche misura dissuasiva.
  Siamo in presenza, anche per tutta la filiera alimentare, di iniziative, come quella dei semafori, che trovano nel nesso della salute un punto d'aggancio da non sottovalutare. Si cerca già di implementare alcuni programmi, come quello – che ha attirato maggiormente la mia attenzione – delle scuole, delle proposte positive dal punto di vista della legge e del sostegno: quali potrebbero essere, invece, le attenzioni che il legislatore potrebbe mettere proprio sulla base delle regole del mercato ?
  Evidentemente, infatti, chi acquista il prodotto o il cibo per la salute deve essere comunque libero rispetto al mercato e a quello che offre: quali potrebbero essere delle indicazioni di merito che come medici per l'ambiente e a tutela della salute riuscite a suggerire ?
  Penso che questa potrebbe essere una partita interessante sul piano proprio anche dell'Expo e come trampolino di lancio più ampio.

  FRANCO BORDO. Vi ringrazio per gli interventi. Ho trovato i vostri contributi molto interessanti. Forse avremo anche occasione, se vi sarà la possibilità, di compiere ulteriori approfondimenti rispetto anche alla documentazione che ci avete lasciato.
  Siamo nell'ambito di un'indagine conoscitiva del Parlamento rispetto alla realizzazione di questo grande evento, per cui la mia domanda vuole essere molto finalizzata a quest'aspetto. Dobbiamo fornire una report al Governo oltre che al Parlamento, per cui vorrei sapere se le vostre associazioni sono coinvolte e in che modo nella realizzazione dell'Expo anche soltanto per un confronto, un apporto, un supporto o quant'altro, visto che l'Expo ha anche una valenza di natura culturale, didattica, informativa, divulgativa, come almeno ci è stato spiegato.
  Vorrei sapere se siete già stati coinvolti e, se così non è stato, se le vostre associazioni – forse la domanda è retorica – sono disposte a essere maggiormente coinvolte rispetto alla fase attuale.

  MINO TARICCO. Mi limiterò a una sola considerazione visto che il presidente ha detto che ci faranno pervenire risposte su questo tema. È stata riportata la necessità, o la possibilità, di valorizzare territori oggi non utilizzati o non ben utilizzati, cosiddetti marginali, come prospettiva di investimento in termini di nuova agricoltura e nuove opportunità. Da questo punto di vista, il tema di tutti coloro che si occupano di questi territori, soprattutto Pag. 18collinari, montani e marginali, è della sostenibilità economica.
  Il 30 per cento di aziende che lo hanno fatto, infatti, hanno chiuso perché non riuscivano più a campare, non trovavano le modalità con cui, in determinati contesti ambientali e con determinate modalità produttive, alla fine dell'anno riuscire a mantenere la famiglia su quei determinati territori.
  Mi piacerebbe che ci faceste pervenire materiali, esperienze, iniziative, progetti, programmi che abbiano provato ad affrontare nel concreto e con esito positivo questo tipo di opportunità. Ho seguito negli anni passati tanti progetti che sono nati sotto grandi auspici e grandi stelle, ma poi hanno chiuso. Mi piacerebbe capire se esistano, invece, esperienze che hanno marcato in segno positivo e che possiamo utilizzare come esempio di buone prassi e norme che accompagnino e agevolino determinati percorsi.

  PRESIDENTE. Sono costretto e concludere l'audizione perché, come dicevo, abbiamo una seduta congiunta nell'aula di un'altra Commissione. Rinnovo l'invito a farci pervenire in forma scritta le risposte ai quesiti che sono stati posti dai colleghi.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.55.