XVII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 16 di Martedì 30 settembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Damiano Cesare , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI RAPPORTI DI LAVORO PRESSO I CALL CENTER PRESENTI SUL TERRITORIO ITALIANO

Audizione del Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Teresa Bellanova.
Damiano Cesare , Presidente ... 3 
Bellanova Teresa (PD) , Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali ... 3 
Damiano Cesare , Presidente ... 9 
Bellanova Teresa (PD) , Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali ... 9 
Damiano Cesare , Presidente ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CESARE DAMIANO

  La seduta comincia alle 13.25.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Teresa Bellanova.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui rapporti di lavoro presso i call center presenti sul territorio italiano, l'audizione del Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Teresa Bellanova.
  Diamo il benvenuto al Sottosegretario Teresa Bellanova e al dottor Paolo Onelli, direttore generale della Direzione della tutela delle condizioni di lavoro e delle relazioni industriali.
  Faccio presente che l'audizione odierna segna la conclusione di questa indagine avviatasi lo scorso 8 maggio con l'audizione dei rappresentanti di Assocontact e ha consentito alla Commissione di acquisire importanti elementi di conoscenza e di valutazione grazie all'interlocuzione con le parti sociali, le associazioni imprenditoriali, le istituzioni pubbliche competenti in materia e adesso con il Governo.
  Come ricorderete, il 15 luglio scorso si è svolta l'audizione del Viceministro dello Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, e ora, a conclusione del ciclo delle indagini, ascolteremo il rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  Do la parola al Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Teresa Bellanova.

  TERESA BELLANOVA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Grazie, presidente. Tengo a sottolineare la particolare attenzione che fin dall'inizio del mio incarico di Governo ho rivolto a questo settore, così ricco di problematiche e di aspetti particolarmente critici.
  Uno dei primi punti di crisi su cui sono intervenuta è stato quello riferito alla società AlmavivA. Quella è stata un'occasione non solo per affrontare il caso specifico, ma anche per contribuire a porre in luce la difficile situazione occupazionale all'interno del comparto dei call center, in cui senza dubbio le problematiche già esistenti sono state acuite dal momento di crisi che da tempo il nostro Paese sta attraversando.
  Tali aspetti negativi possono tuttavia essere affrontati e arginati facendo ricorso a una serie di strumenti che l'ordinamento giuridico mette a nostra disposizione.
  Mi sembra opportuno, inoltre, evidenziare il fatto che si sia deciso di riaccendere i riflettori su un settore posto in secondo piano nell'agenda politica italiana, dopo essere stato oggetto di interesse e di analisi fino a qualche anno fa. Tra gli interventi volti a disciplinare il settore ricordo quello dell'allora Ministro Damiano, che con la circolare n. 17 del 2006 è intervenuto per definire i criteri di legittimo utilizzo del contratto di collaborazione coordinata e continuativa, limitandone l'applicazione alle sole prestazioni di lavoro qualificabili come lavoro autonomo.Pag. 4
  Con quell'intervento è stata meglio precisata la distinzione tra attività di tipo inbound e attività di tipo outbound, stabilendo che solo queste ultime sono caratterizzate da un ampio margine di autonomia, perché consistenti nel contattare in maniera attiva l'utenza di un prodotto o servizio riconducibile a un committente.
  Laddove, invece, i lavoratori fossero deputati a ricevere telefonate senza poter organizzare il proprio lavoro, devono essere considerati come dipendenti a tutti gli effetti, a tempo determinato o indeterminato.
  Negli ultimi anni sono stati adottati vari interventi legislativi allo scopo di semplificare e meglio disciplinare i contratti relativi a una categoria di lavoratori, che svolge una molteplicità di attività all'interno di un settore caratterizzato da innovazioni tecnologiche e settoriali di un certo peso.
  Tra le disposizioni di maggior rilievo, senza dubbio vi è l'articolo 24-bis del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito della legge n. 134 del 2012, che ha modificato l'assetto originario dell'articolo 61, comma 1, del decreto legislativo n. 276 del 2003, il quale per primo ha disciplinato le forme contrattuali di tipo coordinato e continuativo.
  Oggi la nuova versione dell'articolo citato permette di determinare in maniera chiara le disposizioni specifiche che riguardano l'utilizzo del contratto a progetto nel settore dei call center. La norma interviene, infatti, sia sui requisiti necessari per la stipula dei contratti per le attività di tipo outbound, sia in riferimento alle misure volte a frenare il fenomeno della delocalizzazione.
  La rinnovata attenzione che oggi rivolgiamo al settore, confermata dall'apertura presso il Ministero dello sviluppo economico di un tavolo finalizzato alla creazione di un confronto costruttivo sul tema, si prefigge in primo luogo l'obiettivo di tutelare i lavoratori in quanto soggetti più deboli, che subiscono in massima parte le conseguenze delle problematiche proprie di questo ambito.
  Uno degli aspetti che maggiormente contraddistingue questo settore, ponendosi all'origine di una serie di conseguenze negative che lo colpiscono è rappresentato dalla composizione del costo complessivo. La produzione di un servizio di call center è qualificata come labour-intensive, in quanto costo totale da sostenere è costituito in massima parte dal fattore lavoro. Quest'ultimo ha un peso tanto elevato da poter incidere per una percentuale molto alta, che si aggira intorno al 70-80 per cento.
  Tra gli effetti che ciò produce vi è il primo luogo il fatto che i soggetti che competono sul mercato, al fine di ottenere un risparmio, fondano la propria competitività esclusivamente sulla riduzione dei costi, da perseguire eventualmente anche con l'evasione di obblighi contributivi, previdenziali e fiscali.
  Ciò naturalmente avviene sempre più di frequente nel contesto attuale, condizionato dal persistere di una crisi che induce le imprese a intervenire proprio sui costi, nel tentativo di continuare ad essere competitive o, comunque, di riuscire a rimanere sul mercato.
  Questo fenomeno sembra essere ulteriormente acuito dal fatto che la maggior parte delle società operano nel settore offrendo questo servizio in outsourcing, così trovandosi inevitabilmente a subire la riduzione dei prezzi operata dai committenti. Questo aspetto si manifesta con particolare evidenza nelle procedure di gara, in cui i soggetti committenti nell'acquisto dei servizi svolti dai call center perseguendo l'obiettivo del risparmio fanno ricorso in maniera prevalente al massimo ribasso, quale criterio di aggiudicazione della gara.
  Ciò contribuisce senza dubbio ad alimentare fenomeni di dumping sociale, producendo un eccessivo abbassamento della retribuzione della prestazione lavorativa e determinando come conseguenza ripercussioni negative non solo sulla condizione dei lavoratori, ma anche più in generale sulla concorrenza e sulla vita stessa delle imprese.Pag. 5
  Queste ultime, in alcuni casi di procedure di gara da aggiudicare con il criterio del massimo ribasso, non riescono a prendervi parte, vista l'impossibilità di sostenere i costi in assenza di adeguata remunerazione.
  Non va dimenticato, inoltre, che, come sappiamo, il settore degli appalti è quello che forse più di altri alimenta il contenzioso giudiziario, per cui un intervento di riforma potrebbe avere riflessi positivi anche su questo versante, nonché più in generale sull'iniziativa economica.
  In questo settore, soprattutto da parte delle pubbliche amministrazioni, potrebbe essere incentivato in maniera significativa l'uso dell'offerta economicamente più vantaggiosa in luogo di quella del prezzo più basso, quale criterio di selezione delle offerte nelle procedure di gara che hanno ad oggetto l'aggiudicazione dei servizi da affidare ai call center.
  Con questa modalità di selezione, come è noto, non si prende in considerazione solo il prezzo del servizio, ma la valutazione operata dalla stazione appaltante è più complessa, abbracciando molti altri fattori che caratterizzano lo svolgimento della prestazione lavorativa e concorrono a determinare la qualità del servizio offerto.
  A titolo di esempio, possono assumere un ruolo importante la qualità del servizio e la sicurezza sul lavoro, ma in questo settore più che in altri l'uso delle tecnologie rappresenta un elemento chiave, il cui migliore utilizzo può concorrere ad attribuire un peso significativo all'offerta presentata da una determinata società.
  A tal proposto, potrebbe essere accolta la proposta avanzata dal Presidente della Commissione, relativa all'esclusione del costo del lavoro dai fattori che concorrono a determinare l'offerta nelle procedure di gara, magari attraverso l'elaborazione di un costo standard.
  Sempre con riferimento al settore degli appalti, una delle criticità che va affrontata con una certa priorità, perché si ripercuote maggiormente sulla condizione dei lavoratori, è la mancata previsione di disposizioni che tutelino i lavoratori nel caso di cambi d'appalto. Tale mancanza deriva dall'attuazione solo parziale della direttiva europea 2001/23/CE, che garantisce la conservazione dei diritti acquisiti dai lavoratori anche nel caso di mutamento di titolarità del contratto di appalto.
  Nel nostro ordinamento, invece, la previsione di cui all'articolo 29, comma 3, del decreto legislativo n. 276 del 2003 dispone che questa fattispecie non costituisce trasferimento d'azienda o di parte d'azienda, così sottraendo il cambio di appalto all'ambito di applicazione delle tutele previste dall'articolo 2112 del Codice civile.
  La finalità di quell'articolo è quella di garantire in primo luogo la continuità del rapporto di lavoro, così come la conservazione delle garanzie economiche e normative, pur nel mutamento della titolarità dell'attività economica.
  Considerata dunque l'assenza di norme di tutela di rango primario, sarebbe auspicabile ricorrere allo strumento della contrattazione collettiva, pur nella consapevolezza delle inevitabili difficoltà connesse all'esigenza di tutelare il diritto di iniziativa privata dell'imprenditore.
  Come sappiamo, in altri settori quale quello delle pulizie, uno specifico articolo del contratto collettivo è finalizzato a vincolare il soggetto subentrante nel contratto ad assumere i dipendenti del precedente affidatario. Al riguardo, come peraltro è stato osservato nel corso delle precedenti audizioni, era stata registrata anche un'apertura da parte dell'ex Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture a vincolare il soggetto subentrante nell'appalto ad assumere il personale già impiegato dal precedente affidatario.
  Ciò consentirebbe non solo di offrire maggiori garanzie di salvaguardia dei livelli occupazionali, ma condurrebbe all'ulteriore vantaggio di non disperdere le professionalità formatesi.
  Con riferimento a quest'ultimo punto, mi sembra utile sottolineare il caso dei contact center dell'INPS, di cui hanno riferito i rappresentanti dell'Istituto di previdenza, in quanto ritengo che questo Pag. 6possa essere un esempio virtuoso di come un investimento su questo tipo di servizio possa consentire di sviluppare un'attività più strutturata e supportata da professionalità qualificate.
  Purtroppo in questo settore si assiste a una concorrenza operata solo sulla leva del costo del lavoro, senza investimenti su migliori tecnologie o sulla qualità del servizio. Al contrario, l'adozione di misure volte a incrementare la formazione di chi opera nei call center può costituire un vantaggio non solo per i lavoratori di cui viene accresciuta la professionalità, ma anche per l'utenza, che può fruire di un servizio più efficiente.
  Negli ultimi anni il risparmio da ricercare agendo sul costo del lavoro ha indotto le imprese ad alimentare un ulteriore aspetto problematico, rappresentato dal frequente ricorso alla delocalizzazione. Questa determina la produzione di rischi per la riservatezza delle persone, soprattutto in considerazione del fatto che spesso i dati vengono trasferiti in Paesi esterni all'Unione europea, dove le garanzie di protezione sono notevolmente inferiori.
  Queste problematiche si possono inoltre ripercuotere non solo sul trattamento dei dati, ma anche sulla loro conservazione, che, se non adeguatamente tutelata, può esporre i dati stessi a un utilizzo illecito.
  In considerazione dell'esigenza di intervenire per arginare tali risvolti negativi, sarebbe opportuno adottare disposizioni normative che possano tutelare in maniera efficace il diritto alla riservatezza degli utenti dei call center soprattutto qualora vengano trattati dati sensibili. Al riguardo, sarebbe utile aprire una riflessione sulla proposta avanzata dal Garante della privacy, inerente all'introduzione di una norma che chiami in causa anche le società committenti in presenza di violazioni sulle norma a tutela della riservatezza, in questi casi attribuendo la titolarità del trattamento dei dati anche al soggetto committente.
  In caso di illecito, quest'ultimo potrebbe essere chiamato a rispondere in solido con gli operatori che in concreto hanno operato nell'ambito dei call center. Anche in questo caso le criticità maggiori sembrano essere legate a società di più piccole dimensioni, che, nell'affidare ad altri soggetti lo svolgimento di attività di marketing, non vigilano adeguatamente sul rispetto delle norme poste a tutela dei dati personali e sensibili.
  Come già sottolineato nel corso di questa audizione dal punto di vista giuridico, un'oggettiva difficoltà di intervento nel fronteggiare questo fenomeno è determinata dal fatto che molti Paesi in cui le società decidono di delocalizzare i loro servizi sono extra europei. Ciò quindi comporta l'impossibilità di intervenire ricorrendo a strumenti giuridici quali le direttive, che potrebbero garantire l'uniforme applicazione di determinate norme e, dunque, la possibilità di arginare il fenomeno in maniera abbastanza celere. In questi casi una soluzione percorribile potrebbe essere quella di fare ricorso alle intese bilaterali.
  Da più parti, dunque, si invoca un'attuazione più puntuale della direttiva 2001/23/CE, che, come ribadito dalla Corte di giustizia europea nel 2014, è stata adottata con la finalità di garantire il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di mutamento della titolarità dell'impresa.
  Intanto, in attesa di giungere a soluzioni di più complessa realizzazione, ci si potrebbe attivare in primo luogo per vigilare sulla concreta applicazione di norme già vigenti, come in particolare l'articolo 24-bis del decreto-legge n. 83 del 2012, la cui osservanza consentirebbe di vigilare maggiormente sulle condotte adottate in questo settore.
  Questa norma prevede che il cittadino italiano che effettui o riceva una chiamata da un call center sia informato preliminarmente sul Paese estero da cui parla l'operatore, avendo la possibilità di scegliere di parlare con un operatore collocato sul territorio nazionale. La stessa norma stabilisce che le aziende che vogliono collocare all'estero la propria attività debbano preventivamente darne comunicazione al Ministero del lavoro e Pag. 7delle politiche sociali, indicando i lavoratori coinvolti e all'Autorità garante per la protezione dei dati personali specificando quali misure vengono adottate per il rispetto della legislazione nazionale.
  La delocalizzazione, inoltre, comporta spesso che i lavoratori cui si riferisce la comunicazione al Ministero del lavoro siano ritenuti in esubero dal datore di lavoro, dunque interessati da procedure di licenziamento o, comunque, da ammortizzatori sociali. Quest'ultimo versante degli ammortizzatori sociali rappresenta un aspetto ulteriormente critico per il comparto dei call center, in quanto solo alcune società rientrano nel settore industria e contribuiscono con i propri contributi ad alimentare gli ammortizzatori sociali, laddove invece la quasi totalità delle società è inquadrata nel settore terziario e di conseguenza, fruendo di ammortizzatori in deroga, incide sulla fiscalità generale.
  Un'ulteriore riflessione potrebbe inoltre essere dedicata al fatto che i limiti posti dal sopra citato articolo 24-bis alla delocalizzazione sono applicabili solo ai call center che abbiano almeno 20 dipendenti. Ciò naturalmente contribuisce al proliferare di aziende di piccole dimensioni, aumentando la difficoltà di monitoraggio sulle condotte di queste imprese.
  Nel corso degli anni, il sistema degli incentivi ha rappresentato un altro elemento problematico, che ha determinato effetti distorsivi per la concorrenza, alimentando squilibri anche tra le diverse regioni del Paese.
  Ricorrendo alla legge n. 407 del 1990 sono state effettuate numerose assunzioni, però l'attribuzione degli incentivi per la durata di tre anni ha fatto sì che spesso, trascorso questo periodo, molti lavoratori siano stati destinatari di procedure di mobilità o di cassa integrazione. Ciò accade perché, trascorso il periodo di 3 anni coperto dagli incentivi, un'azienda diviene molto meno competitiva di quella che aprendo ex novo ne può fruire.
  Questo fenomeno ha prodotto ricadute negative non soltanto sulla sorte dei lavoratori, già vittime del dumping salariale, ma anche sul bilancio dello Stato, pregiudicato dal mancato versamento dei contributi all'INPS e all'INAIL, dall'utilizzo improprio dei fondi sociali europei così come dalla considerevole spesa causata dagli ammortizzatori sociali.
  Nella sua formulazione originaria la norma sopra citata escludeva l'erogazione di sgravi al datore di lavoro che avesse assunto nuovi lavoratori in sostituzione di altri, a meno che non si fosse trattato di licenziamenti per giusta causa. Tale tipologia di incentivi a macchia di leopardo ha contribuito ad alimentare uno sviluppo eterogeneo, attraendo risorse solo in determinate zone del Paese, senza alcun interesse verso la formazione dei lavoratori, né tanto meno verso la creazione di una prospettiva di stabilità o di occupazione di lunga durata.
  Nell'affrontare il fenomeno dei call center è necessario considerare che i problemi non sono limitati solo alla difficoltà di normare un fenomeno così frastagliato e spesso connotato da condizioni di precarietà. Non bisogna trascurare gli aspetti di profilo sociale e psicologico, che caratterizzano il ruolo di un operatore telefonico, connotato spesso dalla ripetitività delle mansioni svolte, dagli ambienti poco idonei dal punto di vista della salute e sicurezza o dall'incertezza causata dalla mancanza di attività formative e, quindi, di prospettive di carriera.
  Si tratta di aspetti che accomunano molte realtà aziendali di questo comparto, ma per fortuna abbiamo avuto anche testimonianze che vanno in controtendenza e si caratterizzano per l'alta qualità degli ambienti di lavoro e del rispetto per la professionalità del singolo addetto.
  L'analisi dell'evoluzione che ha interessato il settore dei call center sembra inoltre essere in qualche modo specchio delle mutevoli condizioni sociali degli ultimi anni, in particolar modo in conseguenza della crisi economica che ha colpito il nostro Paese. Questa infatti ha inciso su un profilo interessante, che forse più di altri offre la misura dell'incidenza della congiuntura economica sulla contrazione dei posti di lavoro e sul diverso ruolo che Pag. 8di conseguenza l'occupazione nei call center può assumere oggi rispetto al passato.
  All'inizio della diffusione del settore in Italia, intorno agli anni 2000, l'ingresso in un call center costituiva un mezzo per superare le difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro, rappresentando la possibilità per un giovane di maturare un'esperienza in un determinato ambito, con la facoltà per l'azienda di riferimento di assumere il lavoratore, proprio in virtù delle conoscenze da lui acquisite sia del settore che del prodotto. Nella maggior parte dei casi rappresentava un'attività lavorativa di passaggio.
  Attualmente, invece, la penuria di occasioni di lavoro ha fatto sì che l'ingresso in un call center da attività puramente transitoria si sia trasformata in un'attività connotata da stabilità, che coinvolge anche lavoratori con formazione e titolo di studio qualificati.
  Al tempo stesso, però, occorre considerare che l'utilizzo di risorse di questo tipo per lo svolgimento di funzioni che non richiedono particolare preparazione e competenza può costituire un problema per la collettività, comportando una perdita di prezioso capitale umano. Bisogna tuttavia rilevare come non necessariamente il lavoro del call center sia da considerare come «usa e getta», in quanto, se determinate condizioni vengono rispettate, può essere un'attività non meno dignitosa di molte altre, da poter svolgere stabilmente, cosa che di fatto accade soprattutto nelle regioni meridionali.
  In linea generale è abbastanza considerevole il numero totale di lavoratori impiegati stabilmente in un call center, che ammontano a circa 80.000 persone.
  Altro aspetto che senza dubbio costituisce una peculiarità del settore da non tralasciare è la questione di genere. La forza lavoro impiegata nei call center è costituita solo per il 30 per cento da uomini e per il 70 per cento da donne.
  Altra caratteristica da tenere in considerazione è l'età media dei lavoratori che, come mostrato per esempio dai dati presentati dall'ISFOL, sono costituiti in grande maggioranza da lavoratori con un'età inferiore a 40 anni. Per un verso occorre considerare che il livello di età media si sta innalzando in conseguenza del carattere di maggiore stabilità assunto da tale attività, per altro verso, però, l'età mediamente più bassa del settore può determinare problemi di lungo periodo nella ricollocazione sul mercato del lavoro a seguito di crisi aziendali che, come sopra accennato, possono far seguito anche a processi di delocalizzazione.
  Ad ogni modo, per tutti i lavoratori del settore c’è da rilevare un livello di istruzione mediamente alto, che spesso rende il lavoro svolto sottopagato rispetto alla qualità della preparazione che sono in grado di offrire.
  In conclusione, mi sta a cuore porre in evidenza il ruolo di primo piano che il Ministero che rappresento svolge quasi quotidianamente sul difficile fronte delle numerose e delicate vertenze che interessano questo comparto. Tengo a sottolineare questo aspetto non solo per mettere in evidenza il lavoro che viene compiuto al fine di arginare il più possibile le conseguenze dannose provocate dalla crisi che il settore sta attraversando, ma perché questo è un momento senza dubbio decisivo, in cui il Governo ha tutta l'intenzione di svolgere un ruolo attivo.
  Tenendo conto delle riflessioni prodotte in questa sede, nonché delle istanze che parti sociali e datoriali avanzano costantemente alle istituzioni, è necessario percorrere nuove strade, che portino avanti le possibili soluzioni cui ho appena fatto cenno. Tra queste credo debba essere riconosciuta priorità all'introduzione della clausola sociale, quale garanzia concreta di salvaguardia dei livelli occupazionali, come peraltro già previsto in altri settori, analogamente caratterizzati dalla frequente possibilità che possano mutare i soggetti titolari dell'appalto dei servizi.
  Voglio chiedere scusa ai commissari per aver letto molto velocemente un testo che avevo provveduto a trasmettere alla segreteria della Commissione e al presidente, ma l'ho fatto perché vorrei dare tempo a chi ne avesse la voglia e l'interesse di interloquire sulle questioni poste questa Pag. 9mattina – non vi è nulla di nuovo rispetto alle questioni poste nelle tante audizioni già svolte – che in gran parte richiamano quelle poste durante l'audizione del rappresentante del Ministero dello sviluppo economico con il quale ovviamente concordiamo per grandi linee. In questo modo, sarà possibile per i membri della Commissione porre delle questioni alle quali, se saremo in grado, avvalendomi anche delle competenze e della professionalità del direttore generale dottor Onelli, risponderemo in questa sede o ci riserveremo di tornare con gli approfondimenti del caso. Grazie, presidente.

  PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario. Mi pare che la relazione di alta qualità (posso dirlo avendo curato l'argomento) sia anche un utile compendio delle problematiche.
  Vorrei porre una domanda. Credo che sarebbe utile riprendere il discorso con il Governo appena avremo fatto il punto della situazione. Ci sarebbero tanti argomenti, ma evito di affrontarli in questa sede.
  Rilevo con piacere, data la sensibilità al tema dell'onorevole Bellanova e del dottor Onelli, con il quale ho avuto modo di collaborare, un'affermazione importante, nel senso che il Governo intende svolgere un ruolo attivo.
  Noi abbiamo inteso svolgere un'indagine conoscitiva proprio perché dalle imprese e dai sindacati del settore giunge un grido d'allarme: la crisi morde e morde anche in questa situazione, in cui si possono determinare casi nei quali una concorrenza sleale da parte di aziende del settore mette fuori gioco le aziende che si sono comportate nel modo giusto.
  Secondo il Governo, al termine di queste audizioni, nel momento in cui abbiamo messo in evidenza le problematiche – tra cui cito il subentro negli appalti, l'Osservatorio sul settore, la riservatezza, il carattere degli incentivi, la difformità dei trattamenti di Cassa integrazione a seconda del contratto utilizzato, la soglia di 20 dipendenti, che favorisce degli atteggiamenti opportunistici, la clausola sociale – è possibile immaginare un intervento normativo che consenta di venire incontro alle istanze, a volte comuni, dei sindacati e degli imprenditori del settore, per delimitare questo fenomeno della delocalizzazione ?
  Faccio un esempio banale e non chiedo una risposta immediata: il Governo sarebbe interessato a rendere operativo l'Osservatorio costituito a suo tempo, mai utilizzato, che prevedeva di mettere attorno a un tavolo i sindacati, le imprese e anche i committenti, proprio per regolare il sistema, e quindi per questa strada prevedere normative che siano in grado di rispondere alle particolari criticità evidenziate nella relazione.
  Do la parola al nostro ospite per la replica.

  TERESA BELLANOVA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Come avrete colto dall'intervento introduttivo, stiamo lavorando sulla clausola sociale e, ovviamente, vorremmo provare a lavorare d'intesa con tutte le parti, perché il settore è così delicato anche dal punto di vista della tenuta che a mio modesto avviso mal sopporterebbe un'operazione che determinasse una rottura tra le parti.
  Vorremmo provare, quindi, a mettere insieme tutti i soggetti interessati e arrivare a definire per via normativa la questione della clausola sociale. Nel frattempo, però, siccome ci rendiamo conto che alcuni processi sono abbondantemente in corso e siamo quotidianamente investiti da vertenze di piccole e soprattutto di grandi imprese, che sono quelle che più stanno andando in difficoltà vista la concorrenza sleale e il richiamo che facevo prima alle gare al massimo ribasso, abbiamo incontrato le parti sociali singolarmente e congiuntamente e abbiamo fatto un appello affinché per via pattizia si possa individuare un'intesa sulla clausola sociale.
  Non intendiamo derubricare questo argomento solo alla via pattizia e, per quanto riguarda il Governo, continuiamocon Pag. 10il lavoro che ho richiamato in precedenza.
  Per quanto riguarda la domanda sull'Osservatorio che lei richiamava, presidente, già a luglio (non ricordo di preciso la data) nell'ambito del Ministero dello sviluppo economico, congiuntamente con i Ministeri competenti e tutti i soggetti interessati, comprese le Authority, abbiamo avuto un primo incontro, al quale farà seguito nelle prossime settimane il lavoro più di merito.

  PRESIDENTE. Bene, siamo soddisfatti per la ripresa di questo tavolo che, come il dottor Onelli sa, in passato si è rivelato molto prezioso; quindi, come vediamo, il Governo è operativo.
  Se non ci sono altre domande, ringrazio il Sottosegretario Bellanova e il dottor Onelli per il prezioso contributo. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.55.