XVII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Martedì 22 luglio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Rizzetto Walter , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI RAPPORTI DI LAVORO PRESSO I CALL CENTER PRESENTI SUL TERRITORIO ITALIANO

Audizione di rappresentanti di Teleperformance Italia.
Rizzetto Walter , Presidente ... 3 
Piva Gabriele , General manager di In & Out S.p.a. – Teleperformance Italia ... 3 
Rizzetto Walter , Presidente ... 7 
Albanella Luisella (PD)  ... 7 
Rizzetto Walter , Presidente ... 7 
Piva Gabriele , General manager di In & Out S.p.a. – Teleperformance Italia ... 7 
Rizzetto Walter , Presidente ... 7 
Albanella Luisella (PD)  ... 8 
Rizzetto Walter , Presidente ... 8 
Piva Gabriele , General manager di In & Out S.p.a. – Teleperformance Italia ... 8 
Iannamorelli Antonio , Consulente per le relazioni istituzionali di Teleperformance Italia ... 8 
Rizzetto Walter , Presidente ... 8 

ALLEGATO: Documento presentato dai rappresentanti di Teleperformance Italia ... 9

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE WALTER RIZZETTO

  La seduta comincia alle 14.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Teleperformance Italia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui rapporti di lavoro presso i call center presenti sul territorio italiano, l'audizione di rappresentanti di Teleperformance.
  Oggi ospitiamo e salutiamo i rappresentanti di Teleperformance, ricordando sempre l'importanza del motivo di queste audizioni. Ricordiamo in primis a noi stessi che il settore dei call center in Italia, come ricordato anche dal Vice Ministro De Vincenti, ha in suo seno almeno 80.000 addetti. È un settore che sta soffrendo a tutti gli effetti di problematiche abbastanza importanti, quali l'elevato costo del lavoro e il fenomeno – secondo me drammatico – delle delocalizzazioni, che appare piuttosto importante nell'economia di questo processo. L'audizione di oggi ci farà capire ancora meglio, grazie al contributo dei nostri ospiti, quanto effettivamente si possa fare. Ci aspettiamo dei feedback importanti.
  Sono presenti il dottor Paolo Sarzana, vicepresidente communication e public affair di Teleperformance Italia e il dottor Gabriele Piva, general manager di In & Out spa, che costituisce la ragione sociale di Teleperformance Italia, e il dottor Antonio Iannamorelli, consulente per le relazioni istituzionali di Teleperformance Italia.
  Avverto che i nostri ospiti hanno messo a disposizione della Commissione un documento, di cui autorizzato la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Nel ringraziare per la presenza i nostri ospiti, do loro la parola. Considerato che i lavori dell'Assemblea riprenderanno alle ore 15, abbiamo una ventina di minuti per lo svolgimento delle relazione e, eventualmente, per qualche domanda da parte dei commissari della Commissione.

  GABRIELE PIVA, General manager di In & Out S.p.a. – Teleperformance Italia. Sono il direttore generale della filiale italiana di Teleperformance. Anzitutto, vi ringrazio per averci offerto la possibilità di esporre il nostro punto di vista sul mercato dei call center in Italia. Facciamo parte della multinazionale di servizi di call center più grande al mondo, quindi abbiamo la fortuna di approfittare di questo punto di vista privilegiato, in quanto operiamo in oltre 60 Paesi, con 230 call center nel mondo e oltre 150.000 dipendenti, come riportato nel documento depositato che aggiunge altri dettagli.
  Sorvolo su quello che avviene nel gruppo nel resto del mondo per concentrarmi subito sul mercato italiano. Nel 2003, Teleperformance ha deciso di aprire l'attività nel mercato italiano. La filiale nasce a Roma nel 2003, per svilupparsi poi rapidamente con ulteriore sede a Taranto Pag. 4e una terza a Fiumicino nel 2007, quindi con un percorso che ha visto crescere l'occupazione fino a oltre 3.000 unità dal 2003 a oggi.
  Nel 2007, abbiamo aderito e sposato in pieno la circolare n. 17 del 2006 emanata dall'allora Ministro Cesare Damiano, che aveva l'intenzione di «sdoganare» il settore; infatti, in quel momento, i lavoratori di call center erano impiegati esclusivamente con contratti a progetto, a prescindere dal tipo di attività svolta, sia che fosse attività di customer care – (cosiddetta inbound) sia che fosse attività di vendita (quindi outbound).
  La circolare aveva posto le basi per la trasformazione di questo tipo di contratto in una forma di lavoro subordinata. In tale contesto, decidemmo di trasformare integralmente i contratti di tutta la nostra forza lavoro, composta da circa 3.000 collaboratori a progetto, in contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
  In quel momento, però, svolgevamo per la maggior parte attività di vendita telefonica, quindi di outbound, rispetto alla quale, nell'anno successivo al processo di stabilizzazione, fu chiarito che poteva essere svolta con collaborazioni a progetto. In uno slancio di entusiasmo, giudicando difficile affiancare lavoratori dipendenti e lavoratori a progetto che svolgevano più o meno la stessa attività, abbiamo scelto di gestire una forza lavoro che fosse omogenea dal punto vista contrattuale.
  Cito solo un aneddoto per evidenziare la particolarità del nostro settore in Italia: spesso abbiamo avuto difficoltà a spiegare al consiglio d'amministrazione, composto appunto da amministratori di filiali di altri Paesi del mondo, come fosse possibile questa distinzione. A fornire la sintesi più efficace è stato il fondatore e presidente del gruppo mimando una chiamata al telefono, nella quale si domandava se dovesse ricordarsi di aver ricevuto la telefonata, come dipendente, o di averla effettuata, come consulente (consultant, con espressione di gergo in inglese). Lì sta anche il paradosso di avere due forme contrattuali per un lavoro teoricamente assimilabile, se non per la possibilità di determinare il ritmo di lavoro; da un lato, si può decidere se continuare o meno a fare telefonate, dall'altro, come le ultime circolari hanno chiarito, non si ha la possibilità di farlo, perché si risponde a una chiamata.
  Chiaramente, il nostro percorso di stabilizzazione ha portato garanzie occupazionali. Nella sede di Taranto, dove abbiamo a oggi circa 2.600 operatori, tra 1.600 dipendenti e circa 1.000 collaboratori a progetto, ha portato alla formazione di nuclei familiari, che dal 2007, anno della stabilizzazione, a oggi hanno visto la nascita di oltre 500 bambini. Questo è giusto per dare la misura di quanto abbiamo rappresentato in quella città, dove siamo il secondo datore di lavoro.
  A seguito della circolare del 2008, nel momento in cui è stato chiarito che potevano essere impiegati lavoratori a progetto per svolgere attività di vendita, chiaramente ci ha visto entrare in crisi nel giro di un semestre. La committenza ha rapidamente adeguato il proprio pricing, quindi il riconoscimento economico che dà in virtù del servizio di vendita, a un costo del lavoro per un lavoratore a progetto che è quasi un terzo di quello di un dipendente.
  Nel 2009, quindi, siamo entrati in crisi. Nel documento che abbiamo depositato si può vedere, nella slide n. 5, un confronto tra fatturato, utile e forza lavoro, che mette chiaramente in evidenza che dal 2009 abbiamo accumulato fino al 2013 perdite di oltre 28 milioni di euro, che sono state completamente finanziate dal gruppo, ricapitalizzando più volte la filiera italiana per consentire la normale operatività.
  Questo è lo scenario in cui stiamo operando in Italia. Chiaramente, abbiamo avuto la necessità di trasformare rapidamente il nostro business in attività inbound, per la quale il committente è disposto a riconoscere un compenso adeguato a una forma di lavoro subordinata.
  Questa trasformazione, purtroppo, non è stata sufficiente. Non condividiamo le posizioni dell'associazione datoriale o di Pag. 5quella dei sindacati, che parlano di gare al massimo ribasso. Non sono le gare al massimo ribasso il problema ma, come abbiamo evidenziato, le offerte al massimo ribasso. È il settore degli outsourcer, quindi sono le aziende, che forniscono il servizio di call center, che si offrono a un prezzo spesso inferiore al costo del lavoro. La committenza si trova a valutare varie offerte e, in una logica di mediazione tra punteggio tecnico e punteggio economico, spesso privilegia un'offerta economica molto bassa.
  Abbiamo provato a sintetizzare come questo avvenga, individuando due motivi. Il primo è che c’è un forte esubero di personale nel settore, legato al processo di stabilizzazione e, soprattutto, alla contrazione dei volumi che il mercato del call center sta subendo. Meglio, i committenti stanno riducendo il numero di chiamate che i loro numeri verdi devono gestire. Questo accade per due motivi: l'esubero che hanno internamente, per cui, piuttosto che ridurre il personale, adibiscono il personale che svolgeva fino a quel momento altre attività ad attività di call center; l'automazione, che ha progressivamente ridotto il numero di chiamate che arrivano ai numeri verdi per rendere efficienti i sistemi, al fine di avere minori errori, come fatturazioni o aspetti tecnici.
  Basti pensare alle ADSL, per attivare le quali un tempo venivano contattati spesso i call center. Il numero verde oggi è un'apparecchiatura plug and play; arriva la scatola, si connette e non c’è nessun problema. Questo si traduce, per quanto riguarda il mercato dei call center, in meno chiamate da gestire. Ci sono anche gli sviluppi informatici delle App disponibili, che fanno sì che ci sia sempre più il cosiddetto self care, per cui l'utente può ottenere le informazioni che prima riceveva da un operatore telefonico attraverso Internet, lo smartphone e le App in modo molto efficace. Tutto questo fa sì che diminuiscano i volumi che devono essere gestiti dai call center, producendosi degli esuberi anche negli outsourcer.
  La scelta compiuta, quindi, da alcuni call center è stata di offrire lavoro anche in perdita, ma a patto di limitare le perdite di un eventuale esubero senza alcuna attività lavorativa. Questo è un fenomeno. Questa scelta, però, chiaramente può essere una tattica di breve periodo. In questo momento, invece, sta diventando una strategia. Sono anni che le gare sono aggiudicate a prezzi vicini o inferiori al costo del lavoro.
  L'altra causa è legata a un costo del lavoro effettivamente più basso sostenuto dal fornitore per effetto, tra l'altro, di sgravi contributivi. Se l'azienda assume tutto personale in una regione «obiettivo 1» che abbia lo status di disoccupato di lungo periodo, quindi sia disoccupato da più di 24 mesi, usufruirà di sgravi contributivi legati alla legge 29 dicembre 1990, n. 407, che danno un abbattimento del costo del lavoro che rende estremamente competitivi rispetto alle aziende che non ne usufruiscono più. Questa è, infatti, un'attività labour intensive, per la quale il costo del lavoro rappresenta circa l'80 per cento: con un differenziale del 30 per cento sul costo del lavoro, chiaramente si è estremamente competitivi. La differenza di qualità che può dare un'azienda come Teleperformance difficilmente riesce a colmare un gap del 30 o del 40 per cento del costo del lavoro.
  Altre casistiche sono quelle in cui alcuni fornitori, alcune aziende, hanno un debito in termini di contributi non versati o imposte, come in alcuni casi riscontrati in passato. Parlo del caso Phonemedia o, secondo quanto apprendo dai giornali, di InfoContact, aziende che hanno una notevole esposizione verso INPS ed Erario e fanno sì che, non avendo quei costi, sono molto più competitive di chi ogni anno versa, come noi, circa 30 milioni di euro per questo tipo di oneri.
  L'ultima casistica che giustifica un costo più basso è quella di un uso non corretto della forma contrattuale. È chiaro che, usando contratti di collaborazione a progetto al posto di lavoro somministrato, si ha un costo notevolmente più basso. È una scelta non consentita dall'attuale normativa.Pag. 6
  Le offerte al massimo ribasso sono possibili anche in virtù di un basso livello di servizio in termini qualitativi che oggi il committente è obbligato a rendere al consumatore. Abbiamo dei casi in Brasile o in California e in alcuni altri Stati degli Stati Uniti in cui è obbligatorio consentire di scegliere di parlare con un operatore entro 10 secondi dalla risposta al numero verde, mentre in Italia ciò ancora non è previsto. Su alcuni numeri si trascorrono decine di secondi, 60-90 o anche più, ascoltando una voce registrata che suggerisce quale numero scegliere in funzione del servizio di cui si ha bisogno prima di poter parlare con un operatore.
  In questi Paesi, dove l'autorità ha imposto livelli di servizio più stringenti, ciò ha generato due aspetti virtuosi: in primo luogo, si è in presenza di un servizio molto più evoluto, molto più qualitativo verso il consumatore; inoltre, si registra un notevole incremento di occupazione – il numero di operatori di cui ci sarebbe bisogno sarebbe notevolmente superiore – rispetto a una scelta guidata che farebbe evadere meno telefonate o scoraggerebbe il consumatore ad attendere prima di poter parlare con un operatore.
  Altro elemento di cui soffre il settore è un'imposizione fiscale fortemente penalizzante per un settore labour intensive, rappresentata dall'IRAP, applicata al costo del lavoro. Nel nostro caso, quindi, è quasi una tassa sul fatturato, indipendentemente dal fatto che l'azienda produca utili o sia in perdita a fine anno.
  I fondi strutturali per queste società, ad esempio, sono un'opportunità che non riusciamo a cogliere. Essendo, infatti, definiti grandi imprese in virtù del numero di dipendenti, l'investimento richiesto è di almeno 10 milioni di euro, somme non coerenti con l'attività di servizi, ma piuttosto con il settore industriale. Queste opportunità sono precluse a priori per la maggior parte delle aziende di questo settore.
  Altro elemento fortemente penalizzante è la formazione del personale, costo importante sostenuto dagli outsourcer, un investimento sul capitale umano che va a minare la redditività. Anche questo costo potrebbe essere alleviato se fosse possibile ricorrere più facilmente ai fondi sociali europei, che hanno proprio questa funzione.
  A dispetto di quello che abbiamo dovuto fare negli anni passati, come la chiusura di una sede, abbiamo sicuramente l'intenzione di restare nel mercato italiano, ritenuto strategico dall'azionista, ma auspicando che questo possa diventare un settore in cui sia possibile fare impresa, senza la prospettiva di continue ricapitalizzazioni da parte dell'azionista, ovvero stando in piedi con l'esercizio della propria attività.
  A fronte di queste criticità, pensiamo che possa produrre risultati positivi la modifica del codice degli appalti per le gare al massimo ribasso. Già il settore della pubblica amministrazione e delle partecipate potrebbe aiutare a effettuare gare di aggiudicazione degli appalti puntando più all'aspetto tecnico che non a quello del puro costo.
  Potrebbe esservi, inoltre, una rimodulazione degli incentivi o aiuti di Stato, in particolar modo della legge n. 407 del 1990 che, ad esempio, oggi incide eccessivamente sul differenziale di costo del lavoro. Qualora l'incentivo fosse sottoposto a un limite massimo annuale e quindi l'importo complessivo fosse spalmato o diluito su un arco temporale più ampio, questo si tradurrebbe nello stesso beneficio per l'azienda in termini assoluti, ma con un impatto sul costo del lavoro che potrebbe consentire alle altre aziende che non ne usufruiscono di essere competitive in termini di qualità.
  Oggi la legge n. 407 del 1990 per le regioni «obiettivo 1» prevede il 100 per cento dei benefici per tre anni: se fosse il 25 per cento per dodici anni, si avrebbe un differenziale molto più sopportabile dalla concorrenza. Se un'azienda è riuscita a organizzarsi in dodici anni, riuscirebbe tranquillamente a sostenere un aumento meno impattante nella propria organizzazione anche dal tredicesimo anno. Oggi, invece, spesso dopo tre anni un'azienda non è più competitiva, perché non assorbe Pag. 7un aumento del 100 per cento dei contributi, e quindi spesso succede che chiuda.
  Ho ipotizzato maggiore flessibilità in uscita, dal momento che quest'esubero del settore determinato dalle offerte al massimo ribasso – quindi sottocosto – sta trascinando tutto il settore verso l'insostenibilità economica. I casi che citavo prima di Phonemedia e di InfoContact ne sono una testimonianza importante.
  In Francia è stato istituito un ente di responsabilità sociale composto da associazione datoriale, sindacato, istituzioni e associazioni dei consumatori che ha stabilito delle regole di autodeterminazione della condotta dell'attività di call center: ciò ha aumentato la qualità del servizio fornito ai consumatori nel rispetto di alcune regole. In pratica, i committenti che fanno parte di quest'ente bandiscono le gare rivolgendosi esclusivamente ai fornitori che hanno le caratteristiche stabilite dall'ente stesso.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Il documento che ci avete consegnato è a una prima lettura molto interessante. Avete dato una lettura in parte differente rispetto a qualche altro vostro collega rispetto alle gare al massimo ribasso. Abbiamo capito sicuramente qualcosa di più e di questo vi ringraziamo.
  C’è tempo per una domanda telegrafica di 30 secondi e per un minuto di risposta. Purtroppo, siamo contingentati con questa tempistica, dal momento che i lavori di Assemblea stanno per riprendere. Do quindi la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUISELLA ALBANELLA. Interverrò molto velocemente. Ringrazio i rappresentanti di Teleperformance per il documento e per la relazione svolta dal presidente.
  In definitiva, nelle conclusioni o nelle considerazioni che svolgete, fornite soluzioni che sono state precedentemente individuate anche dagli altri auditi: mi riferisco alla questione degli appalti al massimo ribasso, a quella degli incentivi a pioggia, ai sensi della legge n. 407 del 1990, che non hanno creato posti di lavoro, ma che, di fatto, servono solo ad abbassare il costo di produzione.
  Non avete detto nulla sulla questione delle delocalizzazioni, che in questo momento sta creando gravi problemi alla situazione occupazionale di questo settore, mentre questo è stato argomento di discussione con tutti gli altri soggetti che sono stati ascoltati in audizione.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Piva per una breve replica. Mi dispiace, ma queste sono le tempistiche.

  GABRIELE PIVA, General manager di In & Out S.p.a. – Teleperformance Italia. Oggi le delocalizzazioni riguardano solo le attività non svolte nell'ambito dell'Unione europea, quindi, al momento, solo l'Albania è individuata come destinazione di delocalizzazione. La maggior parte delle attività per il mercato italiano sono oggi svolte dalla Romania, dalla Grecia, dal Portogallo, mentre ormai l'Albania rappresenta una minaccia residuale.
  La problematica della fuga di lavoro dall'Italia si risolve, probabilmente, con maggiori livelli qualitativi imposti ai committenti, che potrebbero derivare, ad esempio, dal fatto di prevedere la possibilità di parlare entro dieci secondi con un operatore o dallo svolgimento di un'indagine sulla soddisfazione del cliente ad opera di un ente terzo, come avviene nel settore dell'energia. Se esistesse l'obbligo di registrare, attraverso l'Agcom o un altro ente super partes, la soddisfazione dei consumatori sopra un certo livello, questo potrebbe far preferire un operatore italiano che risponde in Italia, a un rumeno, a un greco, a un portoghese o a un albanese. La lotta, quindi, è sulla qualità, non tanto sul perimetro geografico da cui si deve rispondere.

  PRESIDENTE. Abbiamo ancora qualche minuto, poiché i lavori dell'Assemblea sono sospesi e riprenderanno alle 15.15. Qualora ci fossero altre domande o un altro intervento per non più di cinque Pag. 8minuti, ascolteremmo volentieri ulteriori domande ed eventuali considerazioni aggiuntive.

  LUISELLA ALBANELLA. Parlavate di esuberi del personale e per questo chiedevate una maggiore flessibilità in uscita: vorrei capire meglio cosa intendete.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per un'ulteriore replica.

  GABRIELE PIVA, General manager di In & Out S.p.a. – Teleperformance Italia. Oggi un'azienda di call center che perde una commessa con 200-300 operatori vede compromettere il proprio bilancio se non ha altre attività da far svolgere a questi operatori. In termini di flessibilità in uscita potrebbero esserci misure come la clausola sociale: i margini di quest'attività sono talmente bassi che per ogni stipendio pagato senza attività occorrono almeno quindici altri dipendenti che producano per compensare quelle perdite. Tale è la proporzione essendo i margini molto risicati sulla struttura dei costi di questo tipo.
  È chiaro che non è sostenibile accollarsi un 10-20 per cento di forza lavoro senza che vi sia un'attività; quindi un tema potrebbe essere rappresentato dalle clausole sociali, che obbligherebbero il nuovo vincitore della commessa a farsi carico dei lavoratori. Questo aiuterebbe anche a contrastare le gare al massimo ribasso, nel senso che a quel punto il costo della forza lavoro è certo. Questo potrebbe essere un tema.
  Inoltre, si potrebbero trovare altre forme di incentivazione, di formazione, per riallocare in altri settori la forza lavoro.

  ANTONIO IANNAMORELLI, Consulente per le relazioni istituzionali di Teleperformance Italia. Parlando di incentivi, vorrei sottolineare un aspetto e rivolgere una preghiera a questa Commissione. L'anno scorso, la Camera dei deputati ha approvato una norma, il comma 22 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2014 che, al contrario di quello che si è detto in precedenza, non prevede incentivi a pioggia, ma anzi uno strumento meritocratico, perché architettato in modo da premiare la virtuosità e la serietà dell'azienda che ha prodotto la stabilizzazione e che ha voglia di mantenerla: automaticamente, appena dovesse mettere in cassa integrazione o licenziare un lavoratore, l'incentivo legato a quella singola unità verrebbe meno.
  Purtroppo, sono passati 7 mesi e non è ancora stato adottato il relativo decreto attuativo. È una grossa preoccupazione che colpisce le aziende più serie, cioè quelle che hanno fatto le stabilizzazioni in maniera regolare. L'incentivo, infatti, è ben strutturato e quindi, proporzionalmente, premia questo tipo di aziende, aiutandoci – ne siamo protagonisti – a recuperare una serie di gap di competitività.
  Ogni azione, sia come singoli parlamentari sia come Commissione, che voleste compiere per fare in modo che il procedimento normativo si concluda e che, quindi, l'incentivo diventi operativo e risponda alla finalità per cui è nato dopo un anno di consultazioni, di lavoro, confronto tra mondo delle imprese e livelli istituzionali, sarebbe importante per le famiglie dei nostri lavoratori.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il contributo offerto all'indagine.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.

Pag. 9

ALLEGATO

Pag. 10

Pag. 11

Pag. 12

Pag. 13

Pag. 14

Pag. 15

Pag. 16

Pag. 17