XVII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Martedì 8 luglio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Polverini Renata , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI RAPPORTI DI LAVORO PRESSO I CALL CENTER PRESENTI SUL TERRITORIO ITALIANO

Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL.
Polverini Renata , Presidente ... 2 
Azzola Michele , Segretario nazionale di SLC-CGIL ... 2 
Polverini Renata , Presidente ... 4 
Serao Giorgio , Operatore di FISTel-CISL ... 4 
Servello Massimo , Funzionario di UIL Tem.p ... 6 
Ugliarolo Salvo , Segretario nazionale di UIL-COM ... 8 
Polverini Renata , Presidente ... 8 
Ugliarolo Salvo , Segretario nazionale di UIL-COM ... 8 
Polverini Renata , Presidente ... 8 
Conti Stefano , Segretario nazionale di UGL telecomunicazioni ... 8 
Polverini Renata , Presidente ... 9 
Ugliarolo Salvo , Segretario nazionale di UIL-COM ... 9 
Polverini Renata , Presidente ... 10 
Ugliarolo Salvo , Segretario nazionale di UIL-COM ... 10 
Polverini Renata , Presidente ... 10 
Albanella Luisella (PD)  ... 11 
Dell'Aringa Carlo (PD)  ... 11 
Serao Giorgio , Operatore di FISTEL ... 11 
Dell'Aringa Carlo (PD)  ... 11 
Miccoli Marco (PD)  ... 12 
Albanella Luisella (PD)  ... 12 
Polverini Renata , Presidente ... 12 
Azzola Michele , Segretario nazionale di SLC-CGIL ... 12 
Vitale Vito Antonio , Segretario generale di FISTel-CISL ... 13 
Polverini Renata , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione presentata dai rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RENATA POLVERINI

  La seduta comincia alle 10.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui rapporti di lavoro presso i call center presenti sul territorio italiano, l'audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL.
  Sono presenti, per la CGIL, Michele Azzola, segretario nazionale della SLC-CGIL, e Riccardo Saccone della medesima Federazione; per la CISL, Vito Antonio Vitale, segretario generale FISTel-CISL, Giorgio Serao, operatore FISTel-CISL, Marcello Balzola, del Dipartimento politiche dei servizi della CISL; per la UIL, Massimo Servello, funzionario, Lucia Grossi, funzionaria di UIL Tem.p., e Salvo Ugliarolo, Segretario nazionale UIL-COM; per l'UGL, Stefano Conti, segretario nazionale UGL telecomunicazioni, e Viviana Muti, componente della segreteria nazionale UGL telecomunicazioni.
  Avverto che i nostri ospiti hanno messo a disposizione della Commissione una documentazione di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Ricordo che la durata dell'audizione è di circa un'ora. Come vi ho detto, infatti, alle 11 avranno inizio i lavori dell'Assemblea, quindi chiedo ai nostri ospiti di contenere i propri interventi in un termine massimo di 10 minuti, in modo da consentire gli interventi dei componenti della Commissione e le successive repliche a tali interventi.
  Nel ringraziare i rappresentanti sindacali per la loro presenza, inizio con il dare la parola, nell'ordine, a Michele Azzola.

  MICHELE AZZOLA, Segretario nazionale di SLC-CGIL. Per noi, questa è un'occasione importante perché quello dei call center italiano è un settore particolare. È il settore che ha dato lavoro a 80.000 giovani nell'ultimo decennio e credo sia uno dei pochi che ad aver dato occupazione a quella fascia giovanile. Non a caso, in quel settore c’è un’ occupazione con un altissimo tasso di scolarità, un altissimo tasso di lavoro femminile e con una serie di problemi che credo iniziate a comprendere, visto che questa è l'ennesima puntata di un'indagine che dura da un po’ di tempo. Proverò a descrivervela, ma in ogni caso troverete un approfondimento nel documento depositato.
  Riteniamo che ci sia una serie di conflitti, di leggi, di incentivi e un vuoto normativo che sta creando in Italia un autentico «sconquasso» occupazionale nel settore dei call center, «sconquasso» occupazionale non presente negli altri Paesi europei, dove non si avverte l'emergenza presente in Italia.
  Perché questo accada è semplice. Al 2007 risalgono le stabilizzazioni – non vi ripeto tutta la storia, che conoscete molto meglio di me, ma vi dirò cosa succede da Pag. 3quel momento –; abbiamo, quindi, il sistema degli incentivi della legge n. 407 del 1990, e i fondi sociali europei, da un lato, e gli ammortizzatori sociali dall'altro, che mettono in moto un meccanismo di migrazione dell'occupazione.
  Il documento che vi consegniamo contiene una tabella: trascorsi tre anni, persi gli incentivi, l'azienda diventa immediatamente meno competitiva dell'azienda che apre ex novo, fino ad arrivare a differenze economiche sul costo del lavoro dell'87 per cento. Capite che, quando sul mercato ci sono due aziende in cui l'80 per cento del fatturato è riferibile al costo del lavoro e una delle due beneficia di un costo minore dell'87 per cento, la partita non ha gara.
  In questi anni, si è avviata una migrazione dell'occupazione. I call center si stanno spostando dal nord al sud del Paese e, siccome siamo arrivati al fondo del costo del lavoro perché nulla è più marginabile, adesso abbiamo una migrazione che si sposta dal sud del Paese a est, con i primi fenomeni di delocalizzazione.
  Cosa sta succedendo è presto detto. Ve l'ho riassunto in una tabellina esplicativa. Nel triennio 2012-2014, lo Stato italiano rischia di spendere 480 milioni di euro per ammortizzatori sociali e incentivi alla nuova occupazione per non creare neanche un posto di lavoro, perché il lavoro è sempre quello e si sposta nell'ambito del Paese.
  Quella cifra è un calcolo su 5.000 persone che perdono il posto di lavoro, che sono in cassa integrazione o in solidarietà per i primi due anni, che accederanno alla mobilità per il terzo anno. Parimenti, esiste un meccanismo di incentivazione con la legge n. 407 del 1990 e i fondi sociali europei, che porta a una spesa prevista e stimata di circa 500 milioni di euro.
  Questo è possibile, a nostro giudizio, perché l'Italia ha trasposto male una direttiva europea del 2001, che impedisce che quello che sta succedendo in Italia accada anche all'estero: mi riferisco alla direttiva n. 2001/23/CE secondo la quale, nel passaggio di un'attività economica da azienda ad altra azienda, deve esserci una tutela offerta ai lavoratori affinché mantengano i loro diritti e il loro posto di lavoro.
  In Italia, abbiamo limitato l'applicazione di quella direttiva alle cessioni di ramo d'azienda o alle cessioni d'azienda, escludendo, attraverso l'articolo 29 del decreto legislativo n. 276 del 2003, il cambio d'appalto, regolato da una serie di normative confuse e che si sono modificate negli anni, che assegnavano solo la responsabilità solidale come formula di tutela.
  Questo meccanismo esclude completamente la dinamica della contrattazione dalla conoscenza di quello che accade. Il sindacato viene chiamato in causa quando i lavoratori hanno già perso il posto di lavoro perché è stato cambiato il soggetto che fornisce l'appalto, a cose già avvenute. Non c’è una negoziazione preventiva e spesso ci troviamo con migliaia di lavoratori che stanno perdendo il posto di lavoro.
  Vi cito alcuni casi, di cui abbiamo scritto anche al Governo nei giorni: Infocontact, 2.000 posti di lavoro in Calabria; Voice Care, 300 posti di lavoro a Ivrea; Accenture, 300 posti di lavoro a Palermo. Queste sono solo le crisi che si stanno verificando negli ultimi dieci giorni, ma sarà un crescendo che porterà nei mese di settembre, ottobre, novembre a una dinamica che potrebbe mettere a repentaglio migliaia e migliaia di posti di lavoro.
  Cosa riteniamo che sia possibile fare ? Crediamo che ci sia l'occasione per provare a trasportare la direttiva europea in maniera corretta anche nella disciplina del lavoro italiana. Ripeto che ci ha affascinato e interessato verificare se i Paesi nostri competitor, quali Germania, Belgio, Francia, Inghilterra, i Paesi sviluppati al nostro livello, avessero la stessa dinamica di abbattimento del costo del lavoro e di migrazione dell'occupazione itinerante.
  Quando abbiamo scoperto che negli altri Paesi tutto questo non avviene, abbiamo provato a fare una verifica di quale legislazione quei Paesi avessero per tutelare il lavoro. Nel documento che vi consegniamo, abbiamo provato a indicare alcuni elementi di legislazione europea che Pag. 4impediscono quello che sta avvenendo in Italia, migliorando l'occupazione e riducendo notevolmente la spesa pubblica. In un periodo in cui la spending review va molto di moda perché bisognerebbe spendere al meglio le risorse pubbliche, immaginare condizioni che impediscano un uso improprio delle risorse del Paese è un'opportunità che vorremmo fosse colta.
  Esiste la possibilità di farlo ? Se lo si facesse nel settore dei call center, potrebbe essere anche un ottimo elemento di sperimentazione. È ovvio, infatti, che la disciplina vale a tratti generali per tutto il sistema degli appalti italiani, non per il settore dei call center. È evidente che una sperimentazione nel settore dei call center potrebbe permettere di verificare cosa succede in tema di politica industriale.
  L'altro dato drammatico, infatti, è che questo sistema legislativo caccia il lavoro buono a favore di quello cattivo. L'azienda che rispetta le regole, che tiene i dipendenti, che aumenta il suo costo del lavoro, è espulsa dal mercato per il nuovo ingresso di chi con gli incentivi parte a un livello di competitività molto più basso.
  Questo ha determinato il fatto che l'Italia sia il Paese europeo con l'unico primato di avere più aziende di call center rispetto a tutto il resto d'Europa: 2.227. Ne abbiamo così tante perché la competizione non avviene sulla qualità e sull'efficienza dell'azienda. Non si investe in tecnologie, in IT (information technology), in sistemi informatici che migliorino la capacità di risposta, che facciano efficienza. Qui non avviene tutto questo perché la competizione unica avviene con la leva del costo del lavoro: meno si fa pagare il lavoro, meno si paga il dipendente, più si è competitivi sul mercato, anche se non si hanno computer che funzionano.
  Questo va a scapito dei due aspetti. Anzitutto, non si fanno investimenti nel settore. Le aziende non investono, non ce n’è bisogno. Non si fanno investimenti in IT, si peggiora la qualità e la qualità del servizio diventa un problema delicato anche per voi. Come sapete, infatti, dai call center ormai passa gran parte dell'attività di sportello che il cittadino ha con le aziende private o pubbliche. L'INPS oggi risponde attraverso l'utilizzo di un call center.
  Capite che avere del personale che abbassa la qualità ha come primo immediato impatto il fatto che quei lavoratori non saranno più in grado di dare risposte ai cittadini italiani che chiameranno. Non parliamo del call center di Tutta la vita davanti, ma di lavoratori che devono essere in grado di spiegare a un cittadino o a una cittadina italiana il calcolo della loro pensione, come inoltrare domande per gli assegni familiari, come chiedere la cassa integrazione, quali moduli compilare, domande molto più complesse di quelle che potevano esserci un tempo.
  Questo meccanismo sta abbassando la qualità. Credo che tutti voi ne abbiate percezione, ne parlano molto i giornali, ma di nuovo il cittadino italiano vive il call center come una sorta di fastidio, cioè quello che chiama e disturba quando sta per sedersi a cena. Il Registro delle opposizioni è praticamente fallimentare perché le liste stanno viaggiando in Paesi esteri, in cui non c’è nessuna possibilità di controllo. Tutto questo, a nostro avviso, avviene perché manca una regolamentazione che negli altri Paesi c’è.
  Chiediamo a questa Commissione, al Governo e al Parlamento un atto di coraggio per provare a dare futuro a una generazione che era giovane quando si è appoggiata ai call center, che oggi ha 35 anni, mediamente si è creata una famiglia, fatto figlioli e rischia di perdere l'unica opportunità di lavoro che questo Paese gli ha riconosciuto negli ultimi anni. Credo che, nel clima di emergenza occupazionale per i giovani che vive l'Italia in questi giorni, una risposta a chi si è visto rubare un pezzo della propria vita sia opportuna.

  PRESIDENTE. Do ora la parola a Giorgio Serao.

  GIORGIO SERAO, Operatore di FISTel-CISL. Penso che parlerò meno di 10 minuti. Azzola ha rappresentato bene una storia, un'Italia che da alcuni anni stiamo vivendo all'interno del settore dei call Pag. 5center, una crisi senza fine. Per anni abbiamo lottato contro la precarietà dei lavoratori di call center, ma sono anni che rincorriamo una fase di stabilità e di stabilizzazione che non arriva mai.
  Abbiamo lanciato un allarme in queste settimane perché vediamo a rischio nel Paese circa 10.000 posti di lavoro. Non è il solito allarmismo sindacale, ma la realtà dei fatti. Abbiamo tavoli aperti, crisi in atto e una grande azienda, un grande call center come AlmavivA che in Sicilia, dove occupa circa 6.000 persone, ne ha 4.000 a rischio. Questo è il dato di fatto alla base della nostra richiesta di incontro rivolta alla Commissione lavoro, ma anche al Governo.
  Devo dire che, dopo la manifestazione del 4 giugno con i lavoratori dei call center, c’è stata una grande sensibilità politica, il Governo si è affrettato a dire che era a fianco dei lavoratori per trovare delle soluzioni.
  Purtroppo, in questi giorni abbiamo scritto al Governo che dopo il 27 maggio, data dell'incontro con il Ministero dello sviluppo economico, c’è un assordante silenzio su questa questione. Vorremmo capire le ragioni per cui il Vice Ministro De Vincenti ha dato delle disponibilità a trovare delle soluzioni e oggi non riusciamo ad avere una convocazione né dal Ministero dello sviluppo economico né dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, mentre abbiamo in atto una serie di tavoli aperti e una crisi spaventosa che rischia di mettere sulla strada migliaia di giovani, in particolare nelle aree più depresse del Paese, nel Mezzogiorno. Siamo molto preoccupati.
  Chiediamo al Governo alcune azioni concrete, ma da anni, per mettere il settore dei call center in sicurezza dal punto di vista dei conti economici. Lo chiediamo perché siamo convinti che questo rappresenti un'industria del Paese, che fattura circa 1 miliardo e 300 milioni di fatturato, che va salvaguardata. Migliaia di lavoratori rischiano il posto e sono lasciati dalle istituzioni in una condizione di galleggiamento. Crediamo che, con alcuni interventi di carattere legislativo, a questo settore si possa dare una dignità e una continuità occupazionale, come la diamo a tante imprese di questo Paese.
  È necessario lavorare sulla riduzione dell'IRAP. Queste sono aziende labour intensive e hanno un costo del lavoro che supera l'80 per cento dei ricavi. Nessuna azienda può fare investimenti se ha dei costi del lavoro che assorbono quasi l'intero fatturato. Chiediamo che per quelle aziende che hanno un costo del lavoro superiore al 50 per cento si possa intervenire sull'IRAP, con una riduzione che non deve stravolgere i conti dello Stato, ma che possa dare un segnale di attenzione verso queste aziende, che spesso chiudono i bilanci in pareggio o in negativo perché su di esse si abbatte, appunto, il costo dell'IRAP.
  Esiste un problema legato alle delocalizzazioni: 15.000 postazioni di lavoro che potrebbero lavorare in Italia sono delocalizzate in Albania e in Romania. Su questo siamo già intervenuti negli anni scorsi ed è stato introdotto l'articolo 24-bis del decreto-legge n. 83 del 2012, che avrebbe dovuto essere un antidoto alle delocalizzazioni.
  Purtroppo, l'articolo 24-bis non viene rispettato. Abbiamo chiamato a rispondere il Ministero del lavoro e delle politiche sociali attraverso gli uffici ispettivi, abbiamo inoltrato una denuncia alla procura della Repubblica di Roma perché apra un fascicolo sulle aziende che non rispettano la legge. Anche su questa richiesta di rispettare una legge dello Stato c’è assoluto silenzio.
  Abbiamo chiesto al Ministero del lavoro e delle politiche sociali un report sulle aziende che comunichino al Ministero entro 120 giorni quali delocalizzano. Non abbiamo avuto nessuna notizia, così come non abbiamo avuto notizie sulla privacy e non abbiamo altre notizie su quello che prevede l'articolo 24-bis in termini di contrasto alle delocalizzazioni.
  La terza questione è una necessaria regolamentazione delle gare al massimo ribasso. Non è possibile che nella pubblica amministrazione e nel privato si indicano gare per le quali si sa in anticipo che non Pag. 6riescono a pagare il costo del lavoro. Le aziende partecipano a gare, fanno dei ribassi sulle gare sapendo di non poter pagare i lavoratori che dovranno impiegare, perché il costo del lavoro è superiore ai valori delle gare a cui accedono.
  Chiediamo che su questo si intervenga, che le gare non possano andare al di sotto del costo minimo contrattuale per cui si impiegano i lavoratori. Mi sembra siano misure oggettivamente non devastanti per il mercato del lavoro o la libera concorrenza. Chiediamo regole certe in un contesto in cui sembra di essere nel far west dell'occupazione, dove ognuno pensa di fare di tutto e a pagare sono migliaia di lavoratori.
  Come evidenziava Azzola, ormai non sono più giovani, ma adulti con famiglia, che hanno acceso mutui e sono costantemente sotto tiro, perché rischiano quotidianamente di perdere il posto di lavoro. Con la circolare Damiano abbiamo stabilizzato questi lavoratori, ma restano sempre lavoratori a tempo determinato, essendo legati alla durata delle commesse. Se un'azienda perde una commessa, si può avere avere anche un lavoro a tempo indeterminato, ma i fatti sono diversi. Le commesse non durano secoli, ma subiscono delle revisioni dei prezzi ogni sei mesi; quindi i contratti possono durare sei mesi e, al termine, si possono mandare a casa i lavoratori perché si è persa una gara.
  Questo è il punto definitivo. Ripeto la richiesta di Azzola, che fa parte del patrimonio comune della nostra rivendicazione unitaria, di estendere le disposizioni dell'articolo 2112 del codice civile anche ai cambi d'appalto. Ogniqualvolta c’è un cambio d'appalto, le aziende che subentrano devono assumere i lavoratori che lavorano a quell'appalto con lo stesso salario e gli stessi diritti.
  A me sembra una richiesta di civiltà del lavoro. Portiamo avanti con forza questa rivendicazione, l'abbiamo espressa con determinazione al Ministero dello sviluppo economico, nonché quando abbiamo incontrato il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Ci auguriamo che si possa trovare una strada legislativa per mettere fine alla precarizzazione selvaggia dei call center a cui vorremmo provare a dare una stabilizzazione definitiva, potendoci misurare su altre sfide di carattere sindacale con queste aziende. Ci auguriamo, infatti, un giorno di riconoscere a questi lavoratori la loro professionalità anche in termini economici, cosa che purtroppo manca da anni.

  MASSIMO SERVELLO, Funzionario di UIL Tem.p. Cercherò di impiegare anche meno di 8 minuti. Molte cose sono state dette. Innanzitutto, ringrazio il presidente e tutti gli onorevoli deputati per l'audizione.
  Molte cose sono state dette e molte sono note. Quello che, sicuramente, non manca in Italia sono gli osservatori che analizzano i dati del mercato del lavoro o le situazioni economiche. Su quelli siamo tutti bravissimi.
  Sono Massimo Servello, segretario nazionale della UIL Tem.p, la categoria che rappresenta i collaboratori, i lavoratori in somministrazione, le partite IVA e tutte le forme di lavoro non standard. Tenevamo a specificare questa mattina alla Commissione che non tutti i lavoratori sono uguali. Nell'ambito della crisi, non tutti hanno le stesse condizioni, non tutti hanno pagato allo stesso modo la crisi economica.
  Nel settore ci sono circa 30.000 collaboratori a progetto, che statutariamente e praticamente rappresentiamo. Pur apprezzando il percorso che si è avviato nel 2006-2007 con le stabilizzazioni, quel percorso purtroppo, a nostro avviso, ha reso strutturale il contratto di collaborazione a progetto nell’outbound. Sicuramente, non devo parlarvi neanche dei film citati, ma saprete tutti che stiamo comunque parlando di gente che il lunedì esce di casa, rientra la sera dal lunedì al venerdì e che di autonomo non ha nulla.
  La logica che si è affermata dal 2006-2007 sulle collaborazioni a progetto per l’outbound ha una sola spiegazione: ridurre il costo del lavoro facendolo pagare alle persone. Purtroppo, onorevoli, la legge 28 giugno 2012, n. 92, ha confermato Pag. 7questa deroga sull’outbound. Visto che non bastava – alle aziende non basta mai – e si è creata una concorrenza nel settore, successivamente è stata fatta una deroga anche per il recupero crediti, che comunque fanno attività telefonica, e le ricerche di mercato, che pure fanno attività telefonica, settore quest'ultimo dove la contrattazione collettiva di settore ha permesso che non si estendessero alcune logiche che andavano affermandosi nel settore dei call center.
  In questi 10 anni, inoltre, questa riduzione dei compensi, pari a circa il 50 per cento rispetto a quello dei dipendenti, non ci ha portato oggi a parlare di miliardi di posti di lavoro: siamo qui, infatti, a parlare di crisi. Stiamo parlando di persone che, per ottenere una proroga, spesso devono firmare una conciliazione. Non sarà neanche una politica salariale al ribasso con anche meno di 4,60 euro che aiuterà l'impresa. I lavoratori saranno precari e le imprese saranno precarie. Se, infatti, si parla con l'impresa, questa dice che non è colpa sua, ma dell'appaltante; se si parla con l'appaltante, è sempre colpa di qualcun altro.
  Inoltre, non è soltanto un problema legato alla delocalizzazioni. Poco potremo fare se non affrontiamo un problema di servizi sostitutivi che vengono affermandosi tramite Internet e social network. Crediamo, e stiamo tentando di verificarne la praticabilità, che i servizi in remoto da casa possano garantire l'abbassamento dei costi, ma anche il mantenimento delle condizioni di lavoro e le garanzie sui compensi e sui diritti. Soprattutto, come dicevamo, questo bacino di 30-40.000 lavoratori non sono, come raccontano i film, studenti universitari, ma madri e padri di famiglia che mantengono sé stessi e spesso tutta la famiglia.
  Con questa premessa, non possiamo che arrivare a dire che per noi va modificata la legge n. 92 del 2012, che rende strutturale il contratto a progetto nei servizi outbound. Fanno praticamente la stessa identica cosa e non è possibile che per legge ci siano lavoratori di serie A e lavoratori di serie B.
  È stato già detto, naturalmente, di una legge, di un intervento sugli appalti che estenda il principio di parità di trattamento in caso di esternalizzazioni e terziarizzazione. Crediamo che questo principio – conosco già tutte le critiche e le obiezioni che potrebbero essermi opposte – vada esteso anche nei casi di delocalizzazione, con un contributo sui servizi resi in Italia per le aziende che lo offrono attraverso aziende delocalizzate, pari alla differenza di costo tra quello che sarebbe stato in Italia e quello che si realizza all'estero, un contributo che alimenti un fondo a sostegno della stabilizzazione dei collaboratori a progetto.
  Conosco tutte le obiezioni, come l'Unione europea e la globalizzazione. È stata già citata la direttiva europea n. 2001/23/CE sul trasferimento d'imprese. Non perché sia direttamente correlata, ma c’è la questione della 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori.
  Chiediamo che il semestre di Presidenza europeo affronti la questione complessiva delle regole e dei diritti dei lavoratori a prescindere da dove l'impresa è collocata. Se oggi non affrontiamo questo problema, saremo sempre sotto il ricatto di un'azienda che, di fronte a un problema posto, risponderà andandosene all'estero. Questa è la classica risposta che ci viene data.
  Per sei mesi l'Italia assumerà la Presidenza dell'Unione europea: molto probabilmente, tutte queste direttive, quella sul distacco, quella sul trasferimento d'azienda, il progetto dell'ILO sui centri per l'impiego in Albania, che poi ha invece finanziato le delocalizzazioni in Albania dei nostri call center, vanno un po’ messi insieme. Non potrei riferirmi solo a questo a quell'aspetto: probabilmente, rispetto alle regole del lavoro, in Europa va assunta una decisione di insieme.
  È già stato detto che vanno urgentemente rese operative le previsioni del «decreto sviluppo», che impone l'identificazione della chiamata dall'estero. Parlando ancora di collaboratori a progetto, pur avendo chiesto l'abrogazione di quella previsione della legge n. 92 del 2012, riteniamo Pag. 8che, essendoci una delega al Governo sulla riforma degli ammortizzatori sociali, che il precedente Ministro Fornero chiamava universali e universali non erano, in questo caso serva una riforma degli ammortizzatori sociali in tema di malattia, infortunio, maternità, sostegno al reddito, che sia effettivamente universale e che estenda i diritti già previsti per i dipendenti ai collaboratori a progetto.
  Vorrei – lo dico polemicamente e scherzando, perdonatemi la battuta – invitare chiunque di noi ad andare in un call center e riconoscere fisicamente se uno ha un contratto di lavoro dipendente o uno di collaborazione a progetto. Se non ci riesce, non capiamo perché quel lavoratore debba avere una protezione o una tutela in più o in meno.

  SALVO UGLIAROLO, Segretario nazionale di UIL-COM. Intervengo semplicemente per un'integrazione e un chiarimento. Sono il segretario nazionale della UIL-COM, la categoria delle telecomunicazioni. Con la convocazione della presidenza è arrivata una comunicazione in confederazione per la quale c’è stata un po’ di confusione...

  PRESIDENTE. Atteniamoci all'ordine degli interventi, poi semmai aggiungerà un'integrazione.

  SALVO UGLIAROLO, Segretario nazionale di UIL-COM. Vorrei integrare, perché è un tema che stiamo seguendo e non vorrei, malgrado gli interventi, che distogliessimo l'attenzione da un problema che riguarda il settore delle telecomunicazioni.

  PRESIDENTE. Non vogliamo distogliere assolutamente l'attenzione da nulla. Terminerei, quindi, con l'intervento dell'UGL, poi semmai potrà fare una piccola integrazione.
  Do ora la parola a Stefano Conti.

  STEFANO CONTI, Segretario nazionale di UGL telecomunicazioni. Buongiorno a tutti. Ringrazio la Commissione lavoro per l'audizione di questa mattina. Cercherò di intervenire brevemente anche per dare la possibilità a Salvo Ugliarolo di integrare.
  Credo che il cuore del problema sia stato ben individuato da Michele Azzola e da Giorgio Serao nei precedenti interventi, l'estensione delle tutele dell'articolo 2112 del codice civile anche ai cambi d'appalto nei call center, sicuramente risolverebbe gran parte delle problematiche che ci sono in questo settore.
  Abbiamo presentato un documento che cerca di sintetizzare e far conoscere le caratteristiche e le professionalità dei lavoratori dei call center. Spesso, talune professionalità sono generalizzate, laddove invece noi, che conosciamo benissimo il settore, sappiamo quale ventaglio di professionalità ci siano tra le figure di operatori di call center. Ricordo, tra l'altro, che questo è un settore in cui il 77 per cento, secondo i dati ISTAT, è formato da donne, un aspetto che non sottovaluterei e che, al contrario, porrei con forza all'attenzione.
  Sinteticamente, credo che alcune risposte alle nostre domande in realtà ci siano già. Il citato articolo 24-bis del decreto-legge n. 83 del 2012 è, comunque, una norma importante. Il problema è che questa norma, purtroppo, nonostante varie sollecitazioni da parte sindacale, è in alcune parti completamente disattesa. Mi riferisco, nello specifico, alla possibilità per gli utenti di decidere se, al momento della chiamata, parlare con un operatore che risiede in Italia o con un operatore che si trova al di fuori del territorio italiano.
  Ripeto che questa previsione è disattesa. Non ci risulta che i grandi committenti, quali quelli del settore delle telecomunicazioni, Telecom, Wind, Vodafone, H3G e così via, per citarne alcuni, abbiano implementato l'albero di navigazione per permettere agli utenti questa scelta. Abbiamo visto che questo in Francia si è dimostrato un deterrente al fattore delocalizzazioni con un'importanza notevole. Il cittadino sicuramente preferisce parlare con l'operatore italiano piuttosto che con uno estero. La ragione è semplice: molte volte dai call center i Pag. 9lavoratori che stanno in Italia debbono richiamare l'utente perché delle segnalazioni non vengono evase per una serie di problemi, non ultimo quello della difficoltà di farsi comprendere.
  Per quanto riguarda, invece, la pubblica amministrazione con specifico riferimento alle gare al massimo ribasso, come abbiamo più volte cercato di far osservare, con il codice sugli appalti è stata prevista una norma che parla di offerta economicamente più vantaggiosa con un senso e una logica assolutamente condivisibili. Non si basa, infatti, solamente sull'offerta economica del prezzo della gara, ma valuta un mix di altri criteri importantissimi, tra cui la qualità del servizio offerto, la sicurezza sul lavoro, l'ambiente di lavoro in cui si opera.
  Purtroppo, registriamo che sempre più spesso da parte della pubblica amministrazione, invece, quando vengono fatte gare di appalto, l'unico criterio continua a essere quello del prezzo, con gare al massimo ribasso. Addirittura, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, l'AVCP, in una risposta a un'azienda che ha partecipato a una gara di appalto per i servizi ACEA, ha ribadito nero su bianco il metro di giudizio secondo cui delocalizzare per diminuire il costo del lavoro è assolutamente condivisibile e nella possibilità della gara.
  Sostanzialmente, siamo di fronte a un fenomeno per cui addirittura chi dovrebbe controllare che le gare avvengano secondo certi criteri, autorizza e incentiva la delocalizzazione e il ribasso del costo del lavoro. Tra l'altro, su questo tema è stata presentata un'interrogazione parlamentare a risposta scritta qualche tempo fa, ma a quanto risulta essa non ha ancora avuto una risposta.
  Ultimo punto, ma secondo me non di poco conto e sicuramente non meno importante, è quello relativo alla tutela dei dati sensibili, come ricordava qualcuno che mi ha preceduto. La cosa più eclatante è che qualche tempo fa come UGL Telecomunicazioni abbiamo presentato un interpello al Garante per la privacy proprio per capire se effettivamente la tutela dei dati sensibili, che ricordo essere riferiti a carte di credito, bancomat, codici fiscali, partite IVA e simili, gestite in Paesi al di fuori dell'Italia, seguissero norme lineari e di garanzia.
  Ricordo che alcuni Paesi, anche europei come la Romania, sono considerati, da fonte del Ministero dell'interno nei resoconti semestrali, come assolutamente a rischio per la pirateria informatica, nella fattispecie per i furti di identità. Al di là del fatto che anche nell'Unione europea esistano situazioni di questo pericolo, alla nostra domanda per capire la situazione in relazione ai Paesi non appartenenti all'Unione europea, come la Tunisia o l'Albania, il Garante purtroppo non ha risposto. Riteniamo che sia doveroso dare una risposta. I dati sensibili riguardano tutti.

  PRESIDENTE. Direi che possiamo dare la parola a Salvo Ugliarolo per un'integrazione.

  SALVO UGLIAROLO, Segretario nazionale di UIL-COM. Ringrazio il presidente e la Commissione per l'opportunità che quest'oggi ci state offrendo nell'ambito dell'analisi conoscitiva sul problema dei call center.
  Aggiungerò poche considerazioni, presidente, perché i colleghi che mi hanno preceduto, dell'SLC, della FISTEL, dell'UGL, sono quelli con cui ormai da diversi anni stiamo provando a difendere e mettere in sicurezza un settore come quello dei call center che, dopo il piano e il periodo di stabilizzazione del decreto Damiano, che ha dato 80.000 posti di lavoro, soprattutto nelle aree del Mezzogiorno, oggi è in una situazione – mi permetto utilizzare un termine forse forte – di «bomba sociale» sulla tenuta occupazionale.
  I colleghi che mi hanno preceduto hanno evidenziato tutti i punti principali. Mi permetto alcune brevi considerazioni. C’è una legge italiana che i sindacati di categoria hanno seguìto attentamente fino all'esito, l'articolo 24-bis del decreto-legge n. 83 del 2012 (il cosiddetto «decreto sviluppo»), che fa riferimento alla comunicazione Pag. 10da parte delle aziende agli organi competenti e ai ministeri della decisione di portare lavoro fuori dall'Italia. A oggi, non c’è questa comunicazione da parte di nessuna delle aziende, sia quelle che applicano il contratto delle telecomunicazioni e che lavorano per aziende di telecomunicazioni, quindi i principali operatori, sia da parte di aziende come ENI, ENEL, Sky e altre aziende che operano e utilizzano il mondo dei call center.
  Non viene data la possibilità, così come stabilisce la legge, al cliente e al cittadino italiano di decidere se alla chiamata vuole parlare con un operatore italiano o, diversamente, con un operatore che risponde magari dalla Romania o dall'Albania. Dico qui, per chiarezza, che non abbiamo niente contro i lavoratori della Romania e dell'Albania.
  Purtroppo, il paradosso è che in questi ultimi anni, mentre qui in Italia il sindacato ha fatto di tutto e di più per salvare l'occupazione, utilizzando ingenti dosi di strumenti di ammortizzatori sociali, in maniera particolare i contratti di solidarietà, magari ci sono aziende che qua chiedono aiuto al sindacato in un confronto sicuramente non facile, ma continuano a portare il lavoro fuori dall'Italia.
  Alcune aziende usano questo strumento e altre non lo usano perché c’è l'altro tema delle gare al massimo ribasso, fatte non soltanto dalle aziende private, ma ormai dalla pubblica amministrazione: ACEA, come diceva bene il collega prima, il comune di Milano.
  Ieri leggevo sul Corriere della Sera, nell'inserto economico, di un sottosegretario di cui non mi ricordo il nome: parlava del tema degli 80 euro, un dibattito politico degli ultimi mesi, spiegando che forse non sono serviti bene o non del tutto per rilanciare il sistema economico e che si dà mandato, si incentivano le parti sociali e le aziende a ricercare di contrattare i rinnovi dei CCNL nazionali.
  Facciamo i contratti nazionali con tutte le difficoltà connesse e poi la pubblica amministrazione o il privato non tengono conto nemmeno dei minimi contrattuali e indicono gare pubbliche, in questo caso, andando al di sotto dei minimi contrattuali. Significa che un'azienda che partecipa a quella gara già sa che andrà sotto il minimo dei contratti; quindi o utilizzerà lo strumento della delocalizzazione per contenere i costi e scendere al di sotto dei minimi, o utilizzerà i contratti di solidarietà in maniera particolare per cercare di contenere i costi complessivi e provare a stare in un equilibrio abbastanza delicato per mantenere l'occupazione.

  PRESIDENTE. La pregherei di essere più sintetico perché stanno per avere inizio i lavori dell'Assemblea.

  SALVO UGLIAROLO, Segretario nazionale di UIL-COM. Ho concluso. Abbiamo un problema dei call center in termini generali e di uno in maniera particolare, che è AlmavivA. Diceva bene Serao nel suo intervento parlando di più di 10.000 posti di lavoro concentrati nel Mezzogiorno.
  Quest'azienda già per il terzo anno sta finanziando i contratti di solidarietà, ha fatto più volte richieste di convocazione di un tavolo presso i ministeri di competenza, soprattutto quello dello sviluppo economico. Anche la regione siciliana, nella fattispecie l'Assessorato regionale delle attività produttive, lo ha richiesto, ma da più di sei mesi non si riesce a mettere in piedi un tavolo. Parliamo non di 4.000 posti di lavoro: complessivamente, in Sicilia sono 5.700 i posti di lavoro oggi a rischio.
  Mi permetto di provare a sensibilizzare la Presidenza della Commissione lavoro per vedere perché, a distanza di sei mesi, dopo una serie di richieste di incontro delle segreterie nazionali, dell'Assessorato regionale della Sicilia, della presidenza della Regione siciliana – è un problema che, ovviamente, non riguarda soltanto la Sicilia – non si riesce ad aprire un tavolo di confronto, che in parte affronta i medesimi problemi che puntualmente i colleghi che mi ha preceduto hanno evidenziato rispetto al tema complessivo della tenuta occupazionale nell'ambito dei call center all'interno del nostro Paese.

  PRESIDENTE. Solo per chiarezza, stiamo conducendo un'indagine conoscitiva Pag. 11per capire, nell'ambito della legislazione, quali interventi, evidentemente, possano venire dal Parlamento. Audiremo anche i ministeri interessati e quella forse potrà essere l'occasione, ma non stiamo in questa sede occupandoci – purtroppo, perché siamo quasi tutti ex sindacalisti – delle vertenze.
  Abbiamo circa dieci minuti a disposizione. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUISELLA ALBANELLA. Ringrazio tutti i presenti. Abbiamo fatto diverse audizioni. Oggi è toccato alle organizzazioni sindacali. Mi pare che il punto emerso in tutte le audizioni svolte sia che ci sono tre o quattro problemi che attanagliano questo settore. Non starò qui a ripeterli. Mi è sembrato, ad esempio, di sentire una risposta anche nell'esposizione di Michele Azzola riguardo alle gare d'appalto.
  Dite che, partendo da questo, bisognerebbe modificare la legislazione perché una norma applicata normalmente nelle cessioni di ramo d'azienda potrebbe essere utile nei cambi d'appalto per i call center: questo potrebbe anche arginare il fenomeno delle delocalizzazioni ?
  Inoltre, i contratti collettivi non hanno la cosiddetta clausola sociale. È vero quanto avete osservato stamattina. I call center oggi svolgono una funzione di servizi. Abbiamo avuto in audizione l'INPS e ci faceva notare quanto sia complicato per loro formare i lavoratori che fanno, ovviamente, un servizio particolare, perché nei cambi d'appalto la ditta che subentra non ha l'obbligo di assumere questi lavoratori.
  Avete detto che per voi sarebbe importante inserire nella legislazione l'estensione dell'ambito di applicazione dell'articolo 2112 del codice civile alle ipotesi di cambi d'appalto: ritenete opportuno anche modificare le clausole sociali, come avviene anche in altri contratti collettivi ?
  Relativamente alla questione delle delocalizzazioni: da quanto ci hanno detto nelle audizioni, spesso è anche un problema di competitività e di costo del lavoro. Come affrontarlo ? Stamattina, avete detto che gli incentivi dati a pioggia, come sono stati sino ad ora, non hanno creato nuove opportunità di lavoro perché, dopo il periodo degli incentivi, le aziende mandano via i lavoratori.
  Vorrei che chiariste questo concetto. L'eliminazione degli incentivi a pioggia potrebbe essere utile per far intervenire il Governo in materia di riduzione dell'IRAP, per rendere le aziende più competitive ? Avrei voluto rivolgervi tante domande, ma il tempo è poco, quindi mi attengo a quelle formulate.

  CARLO DELL'ARINGA. Mi sembra di aver capito che nella memoria della CGIL si accenni al salario minimo. Vorrei capire un po’ meglio. Dal momento che diventerà argomento di discussione e lo è già nell'ambito della legge delega in materia di lavoro che stanno discutendo al Senato, vorrei che illustraste per un minuto in più le modalità.
  Si parla di un rinvio ai minimi del contratto collettivo. Ci si potrebbe porre qualche problema giuridico relativamente all'efficacia erga omnes dei contratti collettivi ? Come pensate di giostrarvi all'interno di questa problematica ? Si riconosce che può essere utile per limitare l'eccesso di concorrenza che c’è attualmente nel mondo del lavoro. Già i minimi tabellari di per sé dovrebbero essere applicati. Gli ispettori dovrebbero farli applicare. In genere si ritiene, dal punto di vista fattuale, non solo giuridico, un minimo di legge...

  GIORGIO SERAO, Operatore di FISTEL. C’è anche la pubblica amministrazione !

  CARLO DELL'ARINGA. No, nella pubblica amministrazione c’è una legge che riconosce l'efficacia erga omnes, ma è diverso. Sono situazioni diverse. C’è un obbligo per le pubbliche amministrazioni. L'efficacia erga omnes dei contratti collettivi, invece, pone problemi quasi costituzionali.Pag. 12
  C’è il problema di coinvolgere la contrattazione collettiva e le parti sociali in questo, ma avendo presente che ci sono problemi giuridici di non poco conto.

  MARCO MICCOLI. Formulerò brevemente una considerazione più che una domanda, poi lascerò la riflessione e l'opportunità di rispondere, se desiderano, alle organizzazioni sindacali. Mi riferisco anche allo spirito ricordato dalla presidente poco fa in merito al fatto che la Commissione ha la possibilità di fornire al Parlamento, anche attraverso le audizioni che stiamo effettuando, possibili soluzioni rispetto alla crisi del settore e alle ricadute che questa comporta anche descritte in maniera molto dettagliata in quest'audizione.
  Ho partecipato alla grande manifestazione dei lavoratori dei call center che si è tenuta qualche tempo fa. Ho visto una manifestazione attraversata da una grande consapevolezza di quei lavoratori, che sono prevalentemente lavoratori di una generazione che ha visto stabilizzarsi il rapporto di lavoro grazie a una stagione di riforme, sostanzialmente, inaugurata dall'allora Ministro del lavoro Cesare Damiano.
  La consapevolezza di quella manifestazione era, appunto, in perfetta sintonia con lo spirito con cui abbiamo messo in campo l'indagine conoscitiva: quello di dare suggerimenti, come avete fatto anche voi oggi e anche in modo dettagliato. Condivido molto alcuni dei passaggi rispetto a possibili soluzioni e anche la descrizione di quello che sta accadendo, come condivido molto l'impianto di questo nostro percorso di audizioni.
  Su un punto abbiamo sentito molta prudenza, penso in modo legittimo: il tema che riguarda le committenze. Capisco la prudenza anche maggiore dal punto di vista degli imprenditori, che, attraverso, le associazioni, sono intervenuti in questa sede. Ma abbiamo colto che lì c’è una questione che riguarda anche l'etica, la morale di questo Paese, che coinvolge anche committenze importanti, istituzionali, di cui probabilmente la politica ha il compito di regolare anche i comportamenti. C’è, però, un altro quadro che riguarda l'impegno di tutti. Qui mi rivolgo alle organizzazioni sindacali, non solo di questo settore, che ovviamente hanno il compito di tutelare i lavoratori.
  Quei lavoratori lavorano fianco a fianco con altri lavoratori a volte, che sono quelli del settore delle telecomunicazioni, del settore dell'energia, del settore dei trasporti, dei settori a cui, appunto, questi importanti committenti si rivolgono, spingendo gli imprenditori di call center alla pratica che denunciate del massimo ribasso, che determina un abbassamento del costo del lavoro.
  Penso che proprio nello spirito di quella manifestazione, di quella consapevolezza, bisognerebbe aprire una nuova stagione. Qui chiedo – la domanda sta in questo – quel livello di solidarietà tra categorie, un intervento anche di pressioni dei lavoratori dell'energia, delle comunicazioni, dei trasporti, dell'amministrazione pubblica. L'episodio del comune di Milano è evidente, con una gara al massimo ribasso che ha comportato addirittura l'impossibilità di partecipare per aziende consolidate.
  La riflessione e anche un po’ la domanda sta in questo: non pensate che ci sia bisogno, anche da parte vostra, di aprire una nuova stagione di consapevolezza trasportata al di fuori di quella – che definisco buona – che abbiamo riscontrato nella manifestazione dei lavoratori di call center ?

  LUISELLA ALBANELLA. Qualcuno ha fatto riferimento alla richiesta di un incontro in Sicilia per i lavoratori AlmavivA: stiamo cercando di fare pressioni. Abbiamo per intero il quadro della drammatica situazione siciliana sulla questione dei call center.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai nostri ospiti per la replica.

  MICHELE AZZOLA, Segretario nazionale di SLC-CGIL. Vi ringrazio per le domande, tutte molto puntuali.Pag. 13
  Provo a raccontarvela così, partendo dall'onorevole Miccoli. Non abbiamo nessuna prudenza nei confronti della committenza. Quando chiediamo di applicare l'articolo 2112 del codice civile ai cambi d'appalto, stiamo facendo il più grave torto alla committenza che possiamo immaginare, perché vuol dire impedire loro di fare i cambi d'appalto per abbassare le condizioni e i diritti dei lavoratori, che è quello che oggi fanno.
  Abbiamo provato a farlo nel contratto scorso, ma non ci siamo riusciti. L'onorevole Dell'Aringa ha centrato un tema: poiché il contratto non produce effetti erga omnes, le clausole sociali che vi sono inserite rischiano di determinare la fuga delle aziende dal contratto. Si è, infatti, tenuti ad applicare le clausole sociali se si applica quel contratto. Siccome un'associazione «simpatica» che firma un contratto «leggero» si trova sempre, basta cambiare il contratto.
  Noi immaginiamo, al pari degli altri Paesi europei peraltro, una norma legislativa che dica che nei cambi d'appalto bisogna applicare una procedura, in base all'articolo il 2112 del codice civile, e rimandi ai contratti collettivi nazionali di lavoro, magari stipulati ai sensi dell'accordo del 10 gennaio, che introduce una sorta di effetto erga omnes, le modalità con cui quella norma vada applicata. Credo, infatti, che la contrattazione tra le parti sia l'elemento più forte per tutelare quei casi, ma una norma di sostegno è indispensabile. In assenza di una norma di sostegno legislativo non riusciamo a dare una tutela certa a quei lavoratori.
  Quindi clausole sociali e norma di sostegno sull'articolo 2112 del codice civile vanno di pari passo. Nel contratto non ci sono le condizioni per riuscire a introdurre una norma del genere. Il problema è vero. Le aziende stesse ci dicono che, se una norma di legge implicasse la continuità lavorativa di quei lavoratori, per loro sarebbe meglio in quanto li hanno formati e messi in condizione di lavorare: un'offerta più vantaggiosa li costringe a ripartire da zero e la qualità se ne va a spasso, oltre a fare emigrare l'occupazione.
  Quanto al costo del lavoro, se il Parlamento decidesse un qualsiasi intervento a riduzione del costo del lavoro per i call center, deciderebbe di trasferire soldi direttamente nelle tasche della committenza. Se abbassate di 10 punti l'IRAP, il giorno dopo la committenza chiamano i call center per chiedere di abbassare loro di 10 punti il valore dell'appalto. È un trasferimento di risorse immediato.
  È evidente che, se si volessero azzerare tutti gli incentivi dati a pioggia oggi, si introducesse una norma che desse continuità occupazionale a quei lavoratori, allora sì un abbassamento dell'IRAP avrebbe un senso, perché alleggerirebbe il costo di società che hanno l'80 per cento del fatturato rappresentato dal costo del lavoro, una vera enormità. Si darebbe fiato a quel settore, ma solo in presenza della continuità occupazionale.
  Diversamente, sarebbe un trasferimento di risorse dal Governo alla committenza, perché quei 480 milioni di euro che si sono spesi e si stanno spendendo in questo Paese sono stati la fortuna dei bilanci della grande committenza, che è riuscita a strappare gare d'appalto a valori bassissimi.
  Non c’è, quindi, nessuna prudenza. Continueremo. Abbiamo previsto, per il giorno 18 luglio, un nuovo presidio. Abbiamo deciso che questa vertenza deve avere una risposta. Abbiamo bisogno di una norma che aiuti la contrattazione a ottenere misure di civiltà, come hanno fatto Paesi come il Belgio, la Francia, l'Inghilterra, che hanno dato alle parti strumenti con cui misurarsi e provare a tutelare l'occupazione.

  VITO ANTONIO VITALE, Segretario generale di FISTel-CISL. Devo dare un plauso a come state portando avanti i lavori nella Commissione. Essendo una indagine conoscitiva, avete capito che c’è tanto da conoscere in questo benedetto sistema dei call center. Credo che la fretta faccia partorire figli ciechi, e conoscere più a fondo i temi sia la cosa più importante.Pag. 14
  Oltretutto, negli interventi effettuati, nelle richieste e nelle domande poste, ci sono tanti termini che toccano soprattutto anche noi, la responsabilità richiamata dall'onorevole Miccoli, laddove la solidarietà, come si è visto anche qui, non è tanta nella rappresentanza. Dobbiamo iniziare anche noi a dare un canale di rappresentanza vera e non distribuita su molti, che poi alla prima occasione abbassano tutti i valori di contrattazione che abbiamo cercato di portare a casa in termini positivi.
  La legislazione, come la richiamava l'onorevole Carlo Dell'Aringa, interessa tantissimo, perché è su quella che dovremo cucire il nostro abito di rappresentanza e portarlo nei contenuti per quello che è stato richiesto.
  Siamo con l'acqua alla gola, per la crisi generale del sistema. Questo è uno dei settori che ha visto dei momenti di grande gloria sindacale confederale, che si è tramutata poi nella grande difficoltà della gestione di oggi.
  L'invito è che questa Commissione abbia la capacità di coinvolgere sempre tutti. Fateci partecipare, perché la nostra non è una posizione di comodo, ma una vera posizione di necessità. Apriamo il confronto e riuniamoci tutti, istituzioni, aziende e sindacato. Credo sia la cosa immediata da fare. Questo vostro lavoro portato nel Parlamento necessita poi di mettere insieme i tre soggetti principali per mettere in piedi un modello che cerchi di risolvere tutte le difficoltà che abbiamo.
  Sicuramente, avremo dei rivoli. L'essenziale è non far uscire fuori i fiumi. I rivoli ogni tanto si possono anche curare.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti.
  Siamo assolutamente consapevoli della difficoltà del settore. Siamo ormai alla nona o alla decima audizione. Abbiamo ascoltato tutti coloro che riteniamo interessati per un motivo o per l'altro al settore.
  Devo dire che su alcune questioni, delle quali molti colleghi erano sufficientemente consapevoli, c’è stata una conferma che viene un po’ da tutte le parti audite, al di là del fatto che siano appunto rappresentanti di aziende o dei lavoratori. Abbiamo ascoltato, ovviamente, autorevoli esponenti di università, esperti del settore. Adesso, addirittura, stiamo cercando di integrare rispetto ad alcune questioni più specifiche, tornate in modo ricorrente nell'ambito della discussione di questa indagine conoscitiva.
  Come dicevo, la prossima audizione è per i ministeri che seguono in maniera più mirata il sistema e poi, probabilmente, sentiremo anche i rappresentanti del comune di Milano. Come sapete meglio di noi, è una questione ormai tristemente nota. Lo spirito è proprio quello di provare a dare una risposta mirata dal punto di vista legislativo che non sia rivolta solo a quello che è un segmento di un mondo ormai molto complesso.
  Ovviamente, siamo molto soddisfatti per aver acquisito ulteriori elementi che ci danno la possibilità di provare a legiferare al meglio.
  Vi ringrazio. Se avremo necessità, ci sentiremo nei prossimi giorni.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.10.

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