XVII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Giovedì 18 luglio 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Polverini Renata , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE MISURE PER FRONTEGGIARE L'EMERGENZA OCCUPAZIONALE, CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLA DISOCCUPAZIONE GIOVANILE

Comunicazioni del presidente, esame di un documento interlocutorio.
Polverini Renata , Presidente ... 3 
Airaudo Giorgio (SEL)  ... 3 
Di Salvo Titti (SEL)  ... 4 
Gnecchi Marialuisa (PD)  ... 4 
Di Salvo Titti (SEL)  ... 4 
Rizzetto Walter (M5S)  ... 4 
Gnecchi Marialuisa (PD)  ... 5 
Rizzetto Walter (M5S)  ... 5 
Airaudo Giorgio (SEL)  ... 5 
Miccoli Marco (PD)  ... 6 
Polverini Renata , Presidente ... 6 
Rizzetto Walter (M5S)  ... 6 
Polverini Renata , Presidente ... 7 
Rostellato Gessica (M5S)  ... 7 
Di Salvo Titti (SEL)  ... 7 
Zappulla Giuseppe (PD)  ... 7 
Polverini Renata , Presidente ... 8 
Rizzetto Walter (M5S)  ... 8 
Polverini Renata , Presidente ... 9 
Gnecchi Marialuisa (PD)  ... 9 
Polverini Renata , Presidente ... 10 

ALLEGATO: Documento interlocutorio della presidenza sulle tematiche oggetto dell'indagine ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RENATA POLVERINI

  La seduta comincia alle 8.55.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non ci sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Comunicazioni del presidente, esame di un documento interlocutorio.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle misure per fronteggiare l'emergenza occupazionale, con particolare riguardo alla disoccupazione giovanile, comunicazioni del presidente.
  Comunico che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi della XI Commissione, nella riunione di ieri ha convenuto sull'opportunità che la presidenza – nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle misure per fronteggiare l'emergenza occupazionale, con particolare riguardo alla disoccupazione giovanile, il cui termine è stato prorogato sino al prossimo 30 settembre 2013 – definisse un documento con il quale dare conto dei lavori sino ad oggi svolti e dei conseguenti elementi conoscitivi emersi.
  Avverto, pertanto, che la presidenza ha predisposto tale documento interlocutorio che è in distribuzione e di cui propone l'approvazione da parte della Commissione (vedi allegato).

  GIORGIO AIRAUDO. Vorrei esprimere una perplessità derivante non so se dalla mia inesperienza di questa Commissione e dei suoi lavori o, invece, da una differente opinione. Ve la sottopongo, così vediamo se siete in grado di interloquire con questo mio dubbio.
  Stiamo svolgendo un'indagine conoscitiva con particolare attenzione alla disoccupazione giovanile. Il documento di transito che ci proponete si concentra su questo, ma tutti noi sappiamo – anche per aver svolto questa indagine – che il tema della disoccupazione è assai più vasto. Siamo di fronte a un elemento qualitativo importantissimo ma non risolutivo. Pertanto, mi chiedo se sia indispensabile votare un documento a mezza via o se non si debba aspettare la fine dei lavori per poter esprimere un giudizio complessivo, recuperando anche gli altri elementi che man mano si aggiungono.
  Tutti ci parlano della disoccupazione giovanile, anche gli esperti che abbiamo audito, ma lo fanno in un contesto assai più ampio. Non vorrei, quindi, che in questo modo pregiudicassimo un giudizio più completo.
  È possibile, tuttavia, che il dubbio che sollevo sia dovuto alla mia inesperienza; non so se è uso e costume nelle Commissioni Pag. 4di dare giudizi nel corso dei lavori allo scopo di preparare il documento finale, altrimenti non si capirebbe perché votare il documento a metà strada.

  TITTI DI SALVO. Non ho consultato il gruppo, ma mi trovo d'accordo con quanto espresso dall'onorevole Airaudo. Questo è un documento di lavoro, che può essere utile perché fa il punto della discussione avvenuta finora, ma mi chiedo perché dobbiamo votarlo.

  MARIALUISA GNECCHI. Come ha detto la presidente, ne abbiamo parlato anche ieri in Ufficio di presidenza, intergrato dai rappresentanti dei gruppi. Vorrei ricordare la posizione di partenza rispetto alla predisposizione di questo documento: una delle priorità indicate dal Governo è l'occupazione giovanile, fermo restando che in questa Commissione stiamo discutendo in modo molto appassionato di situazioni gravi di disoccupazione, di gente senza lavoro, senza ammortizzatori sociali e senza pensione.
  Dunque, nell'avvio di questa indagine conoscitiva la Commissione ha deciso di seguire questi due percorsi, ai quali se ne aggiunge un terzo, quello della delocalizzazione. Complessivamente, quindi, si definisce il panorama della situazione: la disoccupazione giovanile – con una particolare attenzione al vertice europeo sulla disoccupazione giovanile previsto per la fine di giugno – tema del quale la Commissione lavoro dimostra di occuparsi attivamente, le altre situazioni di disoccupazione delle quali la Commissione si occupa altrettanto attivamente, nonostante i problemi legati alla scarsità di risorse che causano ritardi, e infine il tema della delocalizzazione. Ci sembra che sia un ventaglio completo di argomenti.
  Esprimere un voto su questo lavoro esplicitamente definito «documento interlocutorio sulle tematiche oggetto dell'indagine» significa mettere un punto fermo, come Commissione lavoro, rispetto a ciò che si è fatto finora. Non c’è una volontà diversa da questa. Ne abbiamo parlato in Ufficio di presidenza, intergrato dai rappresentanti dei gruppi ed eravamo d'accordo, come la presidente ha ricordato oggi a tutta la Commissione.

  TITTI DI SALVO. Può darsi che non ci capiamo o che non ci siamo spiegati. Va bene che si «fotografi» il lavoro fin qui fatto. Peraltro, un'indagine conoscitiva raccoglie il senso delle audizioni e, naturalmente, va molto bene che la Commissione dia conto, anche pubblicamente, delle riflessioni che compie per risolvere i problemi drammatici che esistono, che riguardano non solo la disoccupazione giovanile, ma anche le questioni industriali, le questioni degli esodati, le riforme del lavoro e via dicendo. Tuttavia, a maggior ragione, avrebbe senso che la presidenza assumesse il punto a cui si è arrivati; votare ora è come chiedere un voto sui contenuti dell'indagine conoscitiva, e quindi sulle opinioni, il che non aggiunge nulla alla preoccupazione esposta prima dall'onorevole Gnecchi, su cui siamo d'accordo, cioè riguardo alla possibilità di fissare in un testo il lavoro fatto, in modo che non si disperda in una serie di audizioni senza capo né coda, ma se ne ricostruisca invece il filo.
  Votare il documento è una cosa diversa. Se, invece, la Presidenza lo assume, in questo modo fotografiamo quanto è stato detto e fatto finora. Il documento rimarrebbe comunque agli atti, sarebbe pubblico, pertanto non vedo cosa aggiunga l'atto di votarlo.

  WALTER RIZZETTO. Signor presidente, anche noi del Movimento 5 Stelle, non essendo esperti di lavori di questo tipo e nello specifico di questo tipo di procedura in Commissione, non capiamo – chiediamo venia – l'utilità del voto rispetto a questo documento.
  Noi abbiamo svolto delle audizioni, abbiamo approfondito alcuni argomenti, ma non capisco la necessità di votare quanto ci è stato detto. Si tratta di un modus operandi che nella mia vita non ho mai visto. Non capiamo la ratio di questo voto.Pag. 5
  Mi sembra che la proposta della collega Di Salvo sia condivisibile: se la Presidenza assume il documento, penso che, a cascata, lo stesso debba essere assunto anche da tutta la Commissione.
  Quanto alla richiesta di dare un voto su un documento specifico, chiedo scusa ma il significato di questo passaggio lavorativo – cioè il voto su quanto ci è stato riferito nelle audizioni – non mi è chiaro, quindi invito qualcuno a spiegarmelo.

  MARIALUISA GNECCHI. Vorrei solo precisare che gli Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, devono servire per organizzare i lavori della Commissione. Certo, siamo all'inizio della legislatura e non sappiamo neanche quanto durerà, tuttavia vorrei chiedere che l'Ufficio di presidenza abbia un senso. Peraltro, essendo anche l'unica sede per la quale non c’è verbalizzazione, né streaming, né pubblicità, gli Uffici di presidenza devono avere la funzione di concordare i lavori della Commissione, e finora è sempre accaduto questo.
  Il problema che adesso pongo – lo faccio come capogruppo del gruppo più numeroso qui dentro – è che noi non vogliamo un voto per partito preso. Se n'era comunque parlato, ma non vorremmo che questa decisione sul voto o non voto coinvolga una questione di merito che riguarda il contenuto.
  Ci va anche bene di non votare il documento se il problema è relativo solo all'aspetto formale, ma vorremmo che, in termini di contenuto, sui tre percorsi che stiamo portando avanti – disoccupazione giovanile, lavoro, in particolare con le due proposte di legge su esodati, salvaguardati e flessibilità, e delocalizzazione – e che a noi sembra coprano il ventaglio degli argomenti importanti, venisse confermato lo spirito, l'impegno e il lavoro che svolgiamo come Commissione.
  Inoltre, inviterei nuovamente a discutere di più e a decidere meglio negli Uffici di presidenza.

  WALTER RIZZETTO. Ringrazio la collega Gnecchi per la spiegazione, che però non mi ha del tutto soddisfatto. Ho capito questo passaggio: come lei riferiva, in questo modo noi avalliamo quanto ci è stato detto nelle audizioni.
  A questo punto, dato che dovremo ascoltare altre persone, immagino che alla fine di questo iter ci sarà un ulteriore voto, quindi mi chiedo – scusatemi se non arrivo a comprenderla – quale sia la ratio di questo voto in mezzo al guado. Se mi si chiede di votare a favore o contro quanto è stato riferito da qualcuno che è stato audito dalla Commissione, mi trovo in difficoltà; posso dire se ho capito o meno quanto ho ascoltato, ma non esprimere un voto. Accetto quanto ci dice il relatore, ma non posso dargli un voto. Potrei dare un voto da zero a dieci in base alla simpatia o alla preparazione del relatore, ma non su quanto ci riferisce. Peraltro, si tratta di un iter al 50-60 per cento del suo svolgimento, quindi la procedura deve essere ancora conclusa.

  GIORGIO AIRAUDO. Per franchezza dico che non ci sono problemi politici, altrimenti – almeno per quello che mi riguarda – li avremmo esplicitati.
  Nell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, abbiamo concordato un calendario. Il presidente – mi dispiace citarlo in sua assenza, ma so essere preciso, e da tempo lo ascolto con attenzione – ci aveva detto di preferire un voto, aggiungendo «poi ditemi voi». O c’è una ratio nel voto, e in tal caso si deve spiegare qual è la ragione politica di un voto in Commissione, oppure, se non c’è una ragione politica, non inventiamoci problemi inesistenti.
  Ieri abbiamo votato la proroga dell'indagine – io l'ho votata, l'abbiamo votata tutti, credo sia passata all'unanimità, e peraltro risulta a verbale – quindi troverei più razionale votare alla fine.
  La dinamica dei problemi che stiamo approfondendo nell'indagine dalla disoccupazione giovanile ci porta inevitabilmente a sfiorare l'intero tema. Ieri pomeriggio, ad esempio, nella rete si è animato un dibattito sulla proposta di Pag. 6Boeri di dare il salario di cittadinanza dai 55 anni in su. Noi abbiamo audito Boeri, ma non ha parlato di questo, è un'aggiunta di ieri.
  Se c’è una ragione politica la si spieghi e possiamo ragionarci.

  MARCO MICCOLI. È vero che vi sono le procedure e tutti poniamo attenzione alla tecnica con cui i passaggi devono concludersi, tuttavia poi c’è la politica e noi siamo qui anche per questo. Questo – lo dico rivolgendomi soprattutto ai colleghi del Movimento 5 Stelle e di SEL – non è un documento neutro, che noi assumiamo agli atti per riportare dei dati, ma esprime anche dei giudizi su quello che abbiamo ascoltato.
  Leggo un passaggio che condivido: «a giudicare dai dati sull'occupazione la situazione attuale sembra essere ritornata la medesima di allora; le riforme attuate negli ultimi 16 anni sembrano non aver avuto effetto sul mercato del lavoro e sulla nostra economia», e poi «nel complesso appare che la riforma, pur modificando la composizione delle forme contrattuali, non abbia aiutato a rafforzare nel suo complesso il mercato del lavoro in un periodo di crisi». Queste valutazioni nascono dalle audizioni e dalle considerazioni che ne sono emerse.
  Secondo il mio parere, dobbiamo esprimere rispetto al documento un giudizio anche politico. Pertanto, si può votare o meno, ma vorrei che rimanesse agli atti che noi – io, ma credo anche il mio partito – condividiamo queste affermazioni. Di conseguenza, o ci esprimiamo sul testo, anche attraverso il voto, oppure pensiamo di essere ancora nella fase in cui riportiamo dei dati senza esprimere un giudizio.
  Dobbiamo dire se condividiamo oppure no i passaggi relativi agli studi svolti e alle cose che abbiamo ascoltato. Si tratta di un giudizio politico e io – al di là del fatto che si voterà o meno – esprimo un giudizio positivo, perché condivido queste valutazioni.

  PRESIDENTE. Vorrei segnalare alcune questioni.
  In primo luogo, abbiamo a disposizione questo documento da mercoledì scorso. Ieri sera, insieme agli uffici della Commissione, ho inviato le mie osservazioni e le ho condivise con il presidente, che ne ha assorbito oltre il 90 per cento.
  Avendo fatto questo lavoro, vorrei avere la consapevolezza che tutti i commissari presenti oggi abbiano letto, condiviso o non condiviso con la presidenza il contenuto del documento. Ieri l'Ufficio di presidenza, intergrato dai rappresentanti dei gruppi, ha deciso di votarlo e, proprio per quello, ieri sera, non avendolo fatto prima, ho impiegato un'ora del mio tempo per capire di che cosa si stesse parlando.
  In questo momento esprimo una posizione anche come gruppo Popolo della Libertà: intendo votare il documento, altrimenti non avrebbe senso quello che abbiamo fatto fino ad oggi, perché ritengo che questo testo aggiungerebbe al lavoro che sta facendo il Governo una posizione chiara, decisa e determinata della Commissione, ma solo se viene votato. Al contrario, se è un documento della presidenza che riassume le indagini svolte, allora abbiamo perso tempo. Infatti, abbiamo messo in campo queste indagini nel momento in cui il Governo ci ha comunicato che era intenzionato a proporre un decreto che trattasse in maniera specifica l'occupazione giovanile. Lo dico per chiarezza. Se vi sono, invece, delle contrarietà sul documento, è bene che ognuno le esprima.
  Oggi non c’è il presidente, al quale ieri l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha dato il via libera per la votazione: quando egli ha detto che avrebbe preferito votare il documento, a meno che non vi fossero state contrarietà, nessuno si è espresso. Io ero presente e non so se chi lo era insieme a me ha pensato lo stesso. Comunque, possiamo prendere la nota dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, per verificare quanto è successo.

  WALTER RIZZETTO. Signor presidente, non ricordo questo passaggio nell'Ufficio Pag. 7di presidenza di ieri, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ma evidentemente ero distratto.
  Dopo aver ascoltato l'intervento dell'onorevole Miccoli, vorrei sottolineare di nuovo quanto ho già detto, e poi spero di terminare questa discussione perché non vogliamo fare ostruzionismo né opposizione su questo argomento. Il giudizio, per quanto mi riguarda – ma è un'opinione del tutto personale – va dato alla fine di un percorso, mentre noi siamo a metà.
  Se dobbiamo esprimere un giudizio, un voto, un'opinione, un parere politico, quindi iniziando ad addentrarci un po’ di più rispetto alla definizione di un voto generale, come invece era stato indicato, a questo punto non possiamo più chiamarle «audizioni» – l'etimologia della parola «audizione» indica «ascoltare» – ma dobbiamo chiamarle «esami», perché dopo un esame possiamo dare un giudizio, un voto.
  Mi era sfuggito ieri il passaggio del voto – chiedo scusa per non averlo ascoltato – ma siamo a metà del percorso, quindi non comprendo il senso di esprimere il voto alla metà di un percorso, e questo non ci sta bene. Lo ripeto, a questo punto non si tratta più di audizioni, ma di veri e propri esami su cui dare un giudizio politico.

  PRESIDENTE. Sono qui convinta di fare politica, altrimenti magari avremmo vinto un concorso e saremmo funzionari.

  GESSICA ROSTELLATO. Signor presidente, vorrei ribadire quello che ha detto il collega che mi ha preceduto. Ovviamente abbiamo letto il documento, ma non mi risultava che dovessimo inviare i nostri commenti al presidente, quindi non l'abbiamo fatto.
  Essendo a metà percorso, riteniamo che sarebbe opportuno concluderlo. Non si può esprimere un giudizio a metà lavoro; lo daremo alla fine, perché potrebbe cambiare a seguito delle prossime audizioni.
  Non vedo il motivo per cui dobbiamo votare a metà percorso. Se poi si tratta di farsi pubblicità, è un altro discorso.

  TITTI DI SALVO. Signora presidente, inizialmente vorrei esprimere l'intenzione e l'interesse a chiudere una discussione che più va avanti più assume caratteristiche diverse dalle intenzioni di chi l'aveva iniziata.
  Inoltre, vorrei dire che non stiamo parlando di una risoluzione, che viene votata in Commissione indicando un tempo per gli emendamenti, perché se così fosse sarebbero altre le modalità e le procedure che avremmo scelto. Lo stesso fatto che l'indagine prosegua vuol dire che siamo a un punto intermedio che ha bisogno di supplementi; per questa ragione, nel momento in cui il documento venisse assunto, esisterebbe comunque la funzione di fissare un punto e una valutazione. Se il tema è una risoluzione sulla legge n. 92 del 2012, facciamola.
  Mi sembra che, continuando in questo modo – lo dico anche per me, non solo per gli altri – la discussione assumerà caratteristiche che non deve avere, mentre credo che sia nell'interesse di tutti fissare un punto. Portare avanti questa discussione significa contrapporre opinioni che non c’è motivo di contrapporre.
  Insisto sul fatto che non si tratta di una risoluzione, che ha una procedura differente, con un tempo per gli emendamenti. Qui stiamo fissando una valutazione nel tempo intermedio, ma vorrei sottolineare l'aspetto procedurale: se si prosegue un lavoro è perché non è concluso; e se non è concluso perché esprimere un voto rispetto a un giudizio, che teoricamente potrebbe cambiare nel corso del tempo ? Questo per quanto riguarda l'aspetto metodologico. Per il resto, non c’è alcuna intenzione di nascondersi dietro ad un dito. Sulla legge n.92 del 2012 penso tante cose, ma non è questo il punto. Francamente non capisco.

  GIUSEPPE ZAPPULLA. Neanche io sono particolarmente appassionato alla Pag. 8questione del voto o non voto, facendolo diventare un fatto ideologico. Ferma restando la componente formale e procedurale, che credo siamo tutti interessati a rispettare, che attiene alle decisioni condivise nell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, vorrei andare oltre e ragionare nel merito. È vero che, in un'indagine conoscitiva, il giudizio e l'eventuale voto finale si assumono alla fine del percorso; tuttavia, mi pare che se non procedessimo in questo modo faremmo un torto a noi stessi e al lavoro che è stato messo in campo, con alcune questioni di principio politico, che mi sembra siano state largamente condivise, inserite in questo documento.
  È chiaro che ci saranno altri elementi importanti, ma credo di poter esprimere un giudizio di merito. Affermare oggi con un voto o senza voto che questo documento, ciò che finora abbiamo prodotto grazie alle audizioni, è un patrimonio comune della Commissione, a me pare un buon lavoro.
  Peraltro, all'interno del documento ci sono alcune affermazioni e valutazioni di ordine politico su temi delicati e sensibili della politica attiva del lavoro, a partire da quello che diceva l'onorevole Miccoli, che mi pare siano assolutamente condivisibili.
  Sgombriamo, quindi, il campo da preoccupazioni e da dietrologie. Secondo me, votare questo documento non significa opzionare un risultato finale, ma mettere un punto fermo rispetto al lavoro che è stato fatto e su cui spero ci sia un'opinione condivisa.
  Questa è la mia convinzione e credo che, al di là delle posizioni di partito di ognuno di noi, il criterio da seguire sia il buonsenso e non fare un torto al lavoro che noi stessi abbiamo svolto.

  PRESIDENTE. Vorrei semplicemente ricordare che ieri abbiamo ricevuto, anche per e-mail, la nota relativa alla riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi che, al terzo punto, riguardo alla seduta di domani, reca: «Nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle misure per fronteggiare l'emergenza occupazionale con particolare riguardo alla disoccupazione giovanile, non avendo la presidenza ricevuto alcuna segnalazione specifica, si fa presente che il documento interlocutorio – quindi non definitivo – già consegnato ai gruppi nella giornata di giovedì 11 luglio scorso sarà presentato alla Commissione nella seduta fissata per domani mattina – cioè adesso – anche ai fini della sua votazione».
  Richiamo i componenti dell'Ufficio di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, a mostrare maggiore attenzione non soltanto nella lettura dei documenti che ci vengono inviati, ma anche nelle decisioni che assumiamo, perché – lo ripeto – ieri sera, nella consapevolezza che ci sarebbe stata una votazione questa mattina, la Commissione, il presidente e coloro che avevano voglia di farlo, si sono attivati per offrire un contributo alla Commissione in vista della predisposizione di un documento il più possibile condiviso.
  Detto ciò, vorrei avere la consapevolezza che non ci sono contrarietà rispetto al contenuto del documento e, stando agli interventi che ho ascoltato, sia di SEL che del Movimento 5 Stelle, mi pare che questo si possa affermare. Se ho capito bene, si sta discutendo solamente della possibilità di arrivare a una votazione complessiva anche alla fine del secondo round delle audizioni.
  Poiché dunque non ci sono contrarietà sul testo, per evitare di spaccare la Commissione su un argomento così importante qual è l'occupazione giovanile, considerando anche il lavoro che sta facendo il Governo, proporrei di assumere il documento senza esprimere una votazione, nella consapevolezza che la discussione di oggi è limitata al metodo e non al contenuto, che invece mi pare sia condiviso. Inviterei i gruppi a individuare un metodo condiviso circa la procedura da adottare in relazione al documento presentato dalla presidenza.

  WALTER RIZZETTO. Chiedo scusa, so di essere noioso. Rispetto all'attenzione sui Pag. 9documenti presentati da lei giustamente sollecitata, signor presidente, ricordo che il Movimento 5 Stelle è sempre stato presente in Commissione, a differenza di altri gruppi che sono evidentemente mancati. Ma non è questo che importa.
  In seconda battuta, nella nota sulla riunione dell'Ufficio di presidenza, intergrato dai rappresentanti dei gruppi, si legge: «sarà presentato alla Commissione nella seduta fissata per domani mattina, anche ai fini della sua votazione».
  Non voglio fare il «precisino», perché non lo sono, né il pignolo, ma a questo punto, a voler essere precisi, si sarebbe dovuto aggiungere «nella stessa mattinata di domani»; l'espressione «anche ai fini della sua votazione» potrebbe far pensare, infatti, a una votazione successiva.
  Inoltre, il documento è stato letto molto velocemente, e va bene, perché in Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, siamo sempre molto rapidi. Non vogliamo fare ostruzionismo, ma ancora nessuno mi ha spiegato la ratio di questo voto. Possiamo anche andare avanti, votare o non votare, ci asterremo o non ci asterremo, ma non vorrei che la ratio di questo voto fosse politica, perché, come giustamente da lei ricordato, non abbiamo vinto un concorso, ma siamo stati eletti.
  Nell’incipit di questo percorso non ci era stato detto, né prima, né dopo, né durante, né ieri in Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, che sarebbe stato dato un voto politico a questo tipo di documento, su cui noi siamo d'accordo – voglio che venga verbalizzato – ma lo siamo in quanto auditori. Se c’è stato qualcosa su cui non eravamo d'accordo, lo abbiamo detto direttamente ai nostri interlocutori, anche se non possiamo aprire un dibattito ogni volta che ci sono persone con i minuti contingentati (e sapete che la presidenza è attenta ai minuti del contingentamento, perché c’è Aula, perché bisogna votare e via dicendo). Se dunque c’è stato qualcosa su cui non siamo stati d'accordo è già stato verbalizzato in sede di audizioni, con il professor Tito Boeri, con Rete imprese e via elencando
  Siamo d'accordo, come auditori, con quanto è stato scritto. A questo punto vogliamo continuare con i lavori di stamani e chiediamo che la presidenza assuma questo documento; di conseguenza, tutta la Commissione, con o senza voto, lo assumerà.

  PRESIDENTE. Vorrei sentire l'onorevole Gnecchi per capire se siamo ancora dell'idea di non votare, altrimenti rinviamo la votazione a martedì.

  MARIALUISA GNECCHI. Richiamo quello che ho detto prima: bisognerebbe discutere di più nell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi. Non è una questione di vita o di morte votare il documento oggi o martedì. Per noi era importante che alcuni giudizi – l'hanno richiamato l'onorevole Miccoli e altri colleghi – venissero condivisi, come voi avete confermato nel merito.
  È ovvio che ci interessa – lo dico in modo molto chiaro – di più che ci sia una condivisione della Commissione lavoro, quindi non vogliamo creare forzature che possono sembrare più di merito e di valutazione politica che non procedurali. Riconosciamo che siamo all'inizio di questo lavoro comune, in termini generali e anche come Commissione, quindi ci interessa di più riuscire a mantenere – lo dico anche ironicamente – una tradizione di Commissione lavoro quasi sempre all'unanimità, perché i problemi che si discutono qui dentro sono i problemi della gente che sta fuori di qui, del lavoro, della disoccupazione, degli ammortizzatori sociali, delle pensioni e così via. Per fortuna normalmente c’è condivisione su questi temi.
  Pertanto, non vogliamo spaccarci su una questione procedurale, che può essere letta in maniera diversa. Sottolineo che gli Uffici di presidenza sono aperti anche a tutti i colleghi che vogliono partecipare.
  Penso che si possa decidere di rinviare per il momento la votazione.

Pag. 10

  PRESIDENTE. Condivido, come ho già detto, l'intervento dell'onorevole Gnecchi – parlo per il mio gruppo – anche perché c’è una discussione che sta investendo anche il presidente e mi sembrerebbe scorretto assumere una decisione che non vada secondo l'indirizzo che lui ieri ci aveva dato nell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi. Prospetto l'opportunità di definire nella prossima settimana le modalità per la prosecuzione dell'esame del documento presentato.
  Ringrazio gli onorevoli che sono intervenuti e rinvio il seguito ad altra seduta.

  La seduta termina alle 9.30.

Pag. 11

ALLEGATO

Indagine conoscitiva sulle misure per fronteggiare l'emergenza occupazionale, con particolare riguardo alla disoccupazione giovanile.

DOCUMENTO INTERLOCUTORIO DELLA PRESIDENZA SULLE TEMATICHE OGGETTO DELL'INDAGINE

Premessa.

  Il presente documento intende proporre una riflessione sulle prime risultanze dell'indagine conoscitiva al fine di orientare le valutazioni della Commissione, e dei suoi componenti, nell'ambito dell'esame parlamentare (già avviato al Senato) del decreto-legge n. 76 del 2013.
  Benché la gran parte delle audizioni si siano svolte prima della pubblicazione del decreto-legge in Gazzetta ufficiale e, quindi, abbiano avuto ad oggetto (oltre alle anticipazioni giornalistiche del decreto medesimo) soprattutto misure normative previgenti (a partire dalla legge n. 92 del 2012, di riforma del mercato del lavoro), dalla gran parte delle valutazioni proposte dagli auditi è possibile desumere, per la loro valenza generale, indicazioni operative di indubbia utilità nell'ambito del dibattito in corso, nell'ottica di una valutazione informata e consapevole anche dei contenuti del decreto-legge n. 76 del 2013.
  Ai contenuti meramente ricognitivi delle audizioni si sommano, quindi, specifici elementi valutativi, di natura più squisitamente politica, su alcuni dei principali temi oggi all'attenzione delle forze politiche e del Parlamento in materia di lavoro.

Disoccupazione: dimensioni e natura del fenomeno.

  La disoccupazione in Italia presenta caratteristiche peculiari, in termini quantitativi e qualitativi. Innanzitutto, dal confronto con gli altri Paesi europei emerge che nel nostro Paese il rischio di rimanere disoccupati è molto più alto per i giovani (sino a 4 volte) rispetto alle altre classi di età. Inoltre, gli scoraggiati (ossia coloro che non sono classificati tra i disoccupati in quanto hanno abbandonato la ricerca attiva di un impiego) sono – caso unico in Europa – più numerosi (2,9 milioni) rispetto ai disoccupati (2,7 milioni). Nel complesso, tuttavia, si può stimare che i soggetti in situazione di disagio occupazionale (includendovi, cioè, anche i part time involontari e i lavoratori che beneficiano di uno strumento di sostegno al reddito) siano circa 7 milioni.
  L'analisi su base territoriale, pur facendo emergere, in maniera abbastanza omogenea, i medesimi problemi su tutto il territorio nazionale, mostra una differenziazione tra il centro-nord e il Mezzogiorno.
  La crisi occupazionale si lega soprattutto a una carenza di domanda di lavoro, in calo costante dall'avvio della crisi. Non può essere trascurato, tuttavia, il fenomeno inverso, quello della carenza di offerta di lavoro, che riguarda soprattutto taluni profili professionali (skill mismatch e skill gap). Si tratta dei cosiddetti lavori dimenticati (infermieri, panettieri, falegnami, baristi e camerieri, tecnici informatici, operai specializzati) pari a circa 150.000 posti di lavoro disponibili e non coperti.
  L'ampia diffusione di contratti di lavoro a termine e flessibili (con un alto tasso di ricadute nella precarietà anche di lavoratori con rapporti a tempo indeterminato), Pag. 12conducono a carriere lavorative, soprattutto dei più giovani, caratterizzate da frammentarietà e discontinuità, mettendo a rischio l'accumulo di anzianità contributiva e, in prospettiva, l'ammontare degli assegni pensionistici.

Apprendistato.

  Il contratto di apprendistato, nonostante gli investimenti fatti negli ultimi anni, resta marginale e ancora non rappresenta lo strumento privilegiato di accesso al lavoro per i giovani. Benché dopo l'Accordo interconfederale del 18 aprile 2012 si sia assistito a una lieve ripresa, l'apprendistato resta sottoutilizzato rispetto alle sue potenzialità, legate ai benefici economici e normativi previsti dal decreto legislativo n. 167 del 2011 e dalla legge di riforma del mercato del lavoro. I dati sembrano dimostrare, inoltre, che il ricorso all'apprendistato da parte dei datori di lavoro trova in tali benefici la motivazione principale, mentre la formazione in azienda, in un'ottica di investimento individuale finalizzata all'assunzione stabile del lavoratore, continua a rappresentare un elemento marginale (sintomatico, in tal senso, è anche l'alto tasso di ritorno al precariato tra gli apprendisti stabilizzati). A ciò si aggiunge l'instabilità normativa, cui si legano in particolare le difficoltà che derivano dalla competenza legislativa concorrente riconosciuta alle regioni e, conseguentemente, dalla coesistenza, sul territorio nazionale, di una pluralità di sistemi normativi differenziati.
  Le ragioni dello scarso utilizzo dell'apprendistato vanno tuttavia ricercate soprattutto nel fatto che tale forma contrattuale non si inserisce organicamente all'interno del sistema scolastico e formativo del Paese, diversamente da quanto accade nei sistemi duali (Germania e Austria), dove i due percorsi (scolastico e lavorativo) hanno pari dignità e l'apprendistato rappresenta effettivamente il canale di accesso al lavoro per la maggioranza dei giovani. Nei sistemi duali, la fascia di età degli apprendisti è molto più bassa che nel nostro Paese e le retribuzioni sono più contenute (ciò che tuttavia si concilia con il fatto che si tratta di retribuzioni percepite da studenti contemporaneamente impegnati in un percorso scolastico).
  Se la realizzazione di un sistema duale analogo a quello tedesco richiederebbe un generale ripensamento del sistema scolastico, evidentemente non realizzabile (per quanto auspicabile) in tempi brevi, ciò nondimeno appare necessario interrogarsi sull'opportunità di introdurre nuove misure volte a garantire un più esteso accesso alla formazione aziendale, a valorizzare il ruolo di scuole e università per il collocamento degli apprendisti nel tessuto produttivo locale, a promuovere un più esteso ricorso a forme di alternanza scuola-lavoro. Inoltre, nel definire la disciplina di altre fattispecie contrattuali e incentivi all'assunzione e stabilizzazione di giovani, occorre prestare particolare attenzione per evitare sovrapposizioni e incoerenze. Infatti, è stato osservato da più parti come talune norme contenute nel decreto-legge n. 76 del 2013 rischiano di «cannibalizzare» il contratto di apprendistato, riducendone la convenienza relativa rispetto ad altre forme contrattuali oggetto di nuovi e più ampi benefici.

Centri per l'impiego e Youth Guarantee.

  La qualità dei servizi offerti dai Centri per l'impiego è nel complesso ampiamente insoddisfacente, nonostante alcune positive eccezioni, collocate in particolari aree del Paese. I Centri per l'impiego intermediano appena l'1,6 per cento della nuova manodopera (dati Istat, 2012). Tre giovani NEET su quattro non hanno avuto contatto con i Centri per l'impiego negli ultimi sette mesi, mentre tra coloro che ad essi si sono rivolti più della metà lo hanno fatto (nel medesimo arco temporale) con un unico contatto.
  Dai confronti internazionali sulla ripartizione della spesa per le politiche del lavoro, emerge che il livello di investimenti pubblici nei Servizi per l'inserimento nel mercato del lavoro si colloca sensibilmente Pag. 13al di sotto della media europea (appena un quinto). Inferiore alla media europea (sebbene in termini assai meno evidenti) risulta anche la spesa per Politiche attive, mentre la spesa per Integrazioni al reddito e, in particolare, la spesa per Pensionamenti anticipati, sopravanzano la media europea.
  Le difficoltà dei Centri per l'impiego si legano alla grave carenza di personale (appena 7.500 addetti, molti dei quali precari, a fronte dei 77.000 della Gran Bretagna e 115.000 della Germania), a un quadro di competenze normative e amministrative disarticolato (strutturato su tre livelli – Stato, regioni e Province – e, soprattutto, segnato dalla mancanza di un soggetto a livello nazionale con funzioni di coordinamento dell'intero sistema), alla scarsa interoperabilità degli uffici, alla mancanza di un efficace raccordo con gli altri operatori pubblici (scuola, università) e privati (agenzie per il lavoro e sistema della bilateralità).
  La Youth Guarantee prevede, com’è noto, che ogni giovane di età inferiore a 25 anni riceva un'offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio, entro quattro mesi dall'inizio della disoccupazione o dall'uscita dal sistema di istruzione. A ben guardare, si tratta di livelli di prestazioni del tutto assimilabili a quelli già definiti, a livello nazionale, dal decreto legislativo n. 181 del 2000 e rimasti sostanzialmente sulla carta.
  L'attivazione delle risorse della Youth Guarantee rappresenta una grande occasione per mettere finalmente mano alla riforma dei Centri per l'impiego, con l'obiettivo di incrementarne i livelli di efficienza. Occorrono interventi rapidi ed efficaci, che facciano leva su meccanismi volti a premiare le strutture più efficienti, sulla base di indicatori che tengano conto non tanto dell'attività di intermediazione genericamente svolta, quanto dei risultati occupazionali effettivamente ottenuti. Tale mutamento richiede, non v’è dubbio, la disponibilità di adeguate risorse, in primo luogo umane. A tal fine appare opportuno, a fronte dei limiti derivanti del processo di contenimento dei costi del pubblico impiego, considerare in via prioritaria l'attivazione di processi di mobilità interna alla pubblica amministrazione, operando tutte le razionalizzazioni possibili al fine di convogliare risorse umane sull'emergenza occupazionale. Senza un'ampia e solida «infrastruttura» del mercato del lavoro, del resto, la stessa attivazione della Youth Guarantee nel nostro Paese appare fortemente a rischio.

Politiche per l'occupazione e incentivi pubblici.

  Le modalità attraverso le quali è possibile intervenire per promuovere l'occupazione mediante l'utilizzo di risorse pubbliche sono state oggetto di un ampio dibattito. Taluni ritengono preferibile adottare misure generalizzate di riduzione del costo del lavoro (intervenendo sul cosiddetto cuneo fiscale) che riguardino lo stock e non solo i flussi lavorativi. Altri, al contrario, soprattutto considerando il contesto di vincoli di bilancio assai stringenti, auspicano la concentrazione delle poche risorse disponibili su platee definite, in un'ottica di politiche del lavoro segmentate. Con specifico riferimento alla disoccupazione giovanile è stato osservato, in particolare, che l'evidenza empirica consiglierebbe di estendere gli interventi ai giovani da 29 a 34 anni, trattandosi di una fascia di età per la quale non sono previsti specifici benefici (l'apprendistato è rivolto a giovani fino a 29 anni) e mediamente caratterizzata da maggiori carichi familiari.
  Per quanto concerne gli incentivi finalizzati a nuove assunzioni o alla stabilizzazione di lavoratori flessibili, è stato osservato come il legislatore sia spesso vittima di una presunzione di efficacia, che porta a ricondurre a un incentivo tutti gli effetti che si osservano successivamente alla sua introduzione. Si tratta di una prospettiva fuorviante, che induce sistematicamente a sovrastimare gli effetti degli interventi, conducendo spesso a sprechi di risorse pubbliche. Non tutto quello che Pag. 14si osserva a seguito di un intervento normativo (in termini di assunzioni e stabilizzazioni), infatti, è ad esso legato da un nesso di causalità. Un'ormai consolidata letteratura, fondata sull'analisi cosiddetta «controfattuale» (tesa cioè ad indagare cosa sarebbe comunque accaduto in assenza dell'intervento), mostra che gli effetti netti degli incentivi per l'occupazione sono spesso assai inferiori a quanto comunemente si ritiene. A tali conclusioni sono giunti, ad esempio, importanti studi aventi ad oggetto il credito d'imposta per le assunzioni a tempo indeterminato di cui all'articolo 7 della legge n. 388 del 2000 (cosiddetto bonus sud). Un analogo intervento della regione Piemonte del 2007 (voucher di 5.000 euro per la stabilizzazione di lavoratori precari) ha mostrato scarsa efficacia (l'addizionalità è risultata pari al 10 per cento, con il risultato che ogni assunzione stabile aggiuntiva è costata, in realtà, 50.000 euro). Anche con riguardo all'intervento di recente disposto dall'articolo 24, comma 27, del decreto-legge n. 214 del 2011 (12.000 euro per la stabilizzazione di rapporti di lavoro flessibile) le prime analisi giungono a conclusioni analoghe, in quanto circa i due terzi delle risorse impegnate sono andate a datori di lavoro che, secondo le stime, avrebbero comunque proceduto ad assunzioni o stabilizzazioni (il costo reale per ogni nuova assunzione/stabilizzazione è stato quindi pari, in realtà, a 30.000/40.000 euro).
  Per quanto la letteratura fin qui prodotta consenta di formulare alcune valutazioni di carattere generale, che inducono a ritenere di scarsa efficacia incentivi temporanei sui flussi, resta il problema di fondo della valutazione delle politiche pubbliche, su cui l'Italia registra un grave ritardo. Occorre acquisire consapevolezza che già in sede di definizione di un nuovo intervento normativo il legislatore deve precostituire gli strumenti che consentano l'analisi controfattuale, al fine di poter operare valutazioni attendibili della reale efficacia degli interventi rispetto agli obiettivi e, sulla base di esse, apportare progressivamente i correttivi necessari (secondo il metodo che ha contrassegnato le riforme Hartz in Germania).
  Alla luce di quanto fin qui esposto, perplessità suscitano le misure previste dall'articolo 1 del decreto-legge n. 76 del 2013, ove si prevede un incentivo per l'assunzione/stabilizzazione di giovani tra 18 e 29 anni in possesso di determinati requisiti, in una fascia di età che si sovrappone con quella dell'apprendistato e prevede la presenza di almeno una su tre condizioni (privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi; privi di diploma di scuola media superiore o professionale; soli con una o più persone a carico). Tali condizioni – pur comprensibili – possono creare dei paradossi. Ad esempio, chi completa il percorso di studi è svantaggiato rispetto a chi abbandona precocemente gli studi stessi, cosa che favorisce indirettamente il già alto livello di abbandono scolastico. Di conseguenza, fermo restando quanto previsto nell'ambito della Garanzia per i giovani sui tirocini post titolo di studi, si ritiene opportuno eliminare ogni condizionalità, assicurando così la massima possibilità di accesso agli incentivi per le assunzioni.

Dalla legge di riforma del mercato del lavoro al decreto-legge n. 76 del 2013.

  La legge n. 92 del 2012 ha rappresentato l'ultima tappa di un percorso di riforme legislative del mercato del lavoro avviatosi nel 1997 con l'approvazione del cosiddetto «pacchetto Treu».
  A giudicare dai dati sull'occupazione, la situazione attuale sembra essere ritornata la medesima di allora. Le riforme attuate negli ultimi 16 anni sembrano non avere avuto effetto sul mercato del lavoro e sulla nostra economia.
  I continui e repentini cambiamenti del quadro normativo rendono difficile alle imprese programmare le proprie politiche occupazionali. L'annuncio di nuovi incentivi normativi e benefici economici (che spesso precedono di mesi l'effettiva entrata in vigore delle misure) porta le aziende a Pag. 15rinviare scelte occupazionali già programmate, con il risultato di ritardare assunzioni che sarebbero state invece effettuate. La concreta operatività degli interventi, poi, è messa a repentaglio dal fatto che le riforme rinviano a numerosi provvedimenti attuativi, spesso adottati con ritardo e/o parzialmente. In questo senso il decreto-legge n. 76 del 2012 non sembra garantire un quadro di maggiore affidabilità e certezze, in quanto per la gran parte delle disposizioni in esso contenute è previsto il rinvio a successive norme attuative.
  Per quanto concerne l'attuazione della legge n. 92 del 2012, dai primi dati del monitoraggio (forniti dall'ISFOL) emerge una significativa riduzione dei contratti a tempo indeterminato (più sensibili all'andamento economico), a fronte di un incremento dei contratti a termine (soprattutto di breve durata e, quindi, senza causale), per effetto del travaso da altre forme contrattuali flessibili e parasubordinate (per le quali il legislatore ha introdotto correttivi volti a contenerne l'uso incongruo).
  Nel complesso, appare che la riforma, pur modificando la composizione delle forme contrattuali, non abbia aiutato a rafforzare, nel suo complesso, il mercato del lavoro in un periodo di crisi.
  Taluni correttivi alla legge n. 92 del 2012 appaiono opportuni.
  In particolare, la riduzione dei periodi di sospensione tra successivi contratti a termine appare utile e condivisibile.
  Una complessiva riflessione dovrebbe essere avviata, poi, sul lavoro autonomo, al fine di comprendere che se il contrasto al fenomeno delle false partite IVA passa anche attraverso la conversione dei rapporti di lavoro e, quindi, aliquote contributive più alte, l'aggravio contributivo per i veri lavoratori autonomi non iscritti a ordini professionali (con il passaggio dal 27 per cento al 28 per cento dell'aliquota contributiva da versare alla gestione separata INPS nel 2014) appare ingiustamente penalizzante e andrebbe attentamente valutato.
  Nel complesso, il decreto n. 76 del 2013 reca interventi non sempre coerenti tra loro. Soprattutto per quanto attiene alle norme finalizzate a promuovere l'occupazione giovanile, gli incentivi di cui all'articolo 1 e la riforma dei tirocini formativi si rivolgono a una platea in buona misura sovrapponibile a quella dell'apprendistato, con il rischio di comprometterne definitivamente il dichiarato ruolo strategico di strumento di accesso privilegiato dei giovani nel mondo del lavoro.