XVII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Mercoledì 27 aprile 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Epifani Guglielmo , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SU «INDUSTRIA 4.0»: QUALE MODELLO APPLICARE AL TESSUTO INDUSTRIALE ITALIANO. STRUMENTI PER FAVORIRE LA DIGITALIZZAZIONE DELLE FILIERE INDUSTRIALI NAZIONALI

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE).
Epifani Guglielmo , Presidente ... 2 ,
De Albertis Claudio , Presidente di ANCE ... 3 ,
Epifani Guglielmo , Presidente ... 5 ,
Basso Lorenzo (PD)  ... 5 ,
Bombassei Alberto (SCpI)  ... 6 ,
Epifani Guglielmo , Presidente ... 7 ,
De Albertis Claudio , Presidente ... 7 ,
Basso Lorenzo (PD)  ... 7 ,
De Albertis Claudio , Presidente ... 7 ,
Epifani Guglielmo , Presidente ... 9 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dai rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE) ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GUGLIELMO EPIFANI

  La seduta comincia alle 9.25.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva su «Industria 4.0»: Quale modello applicare al tessuto industriale italiano. Strumenti per favorire la digitalizzazione delle filiere industriali nazionali, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE), che ringrazio.
  Sono presenti l'ingegner De Albertis, presidente di ANCE, il geometra Coghi, vicepresidente per la tecnologia, l'innovazione e l'ambiente, il dottor Gennari, vicedirettore generale, l'ingegner Massaro, che si occupa di tecnologia e qualità della costruzione, e la dottoressa Di Vecchio, dirigente responsabile rapporti col Parlamento – normalmente, i responsabili per i rapporti con il Parlamento sono quasi tutte donne, in tutte le associazioni – che, naturalmente, ringrazio.
  Prima di dare la parola all'ingegner De Albertis, intendo fare qualche considerazione preliminare. Noi abbiamo iniziato – e, a questo punto, siamo abbastanza avanti – questa indagine conoscitiva per fare il punto sulla situazione italiana, partendo dalla manifattura, ma non solo, per provare a capire che cosa tra le nuove possibilità tecnologiche che ormai attraversano il settore della manifattura e dei servizi collegati avesse riferimento con l'esperienza italiana.
  Naturalmente, siamo rimasti colpiti dal fatto che, a differenza di altri Paesi, non abbiamo ancora progettato una politica di sistema. Uso questo termine perché ci riferiamo sempre all'esperienza della Germania. Da ormai cinque anni, i tedeschi hanno incominciato a studiare seriamente il problema. Si sono posti degli obiettivi, hanno stanziato delle risorse, hanno trovato e costituito una cabina di regia molto intelligente, che funziona, e all'unisono, imprese grandi e piccole, centri di ricerca e università, Governo centrale, Stato centrale e Stato federale, si muovono attorno a questi obiettivi.
  È evidente l'interesse della Germania che anche una parte del nostro sistema produttivo evolva, per il semplice fatto che una parte del nostro sistema produttivo è spesso fornitore di qualità dell'industria tedesca. Pertanto, le piattaforme tedesche hanno tutto l'interesse affinché anche il sistema produttivo italiano si sviluppi in quella direzione.
  Nel corso di questa indagine abbiamo scoperto e valutato con grande attenzione molte esperienze, anche molto avanzate, e l'interessante lavoro delle nostre università e dei nostri centri di ricerca. Quello che ancora manca, come dicevo prima, è avere una politica di sistema.
  La nostra indagine vuole favorire esattamente questo. Addirittura stiamo riflettendo anche per capire se, finita l'indagine, il cui documento conclusivo presenteremo nel prossimo mese di luglio, non sia possibile Pag. 3 e utile varare un provvedimento legislativo per favorire il coordinamento delle politiche volte allo sviluppo della manifattura digitale. Non lo dico perché pensi che lo debba fare il Parlamento, ma perché penso che in questo modo stimoliamo l'azione del Governo a promuovere una politica che abbia una visione di insieme. Fino a oggi, malgrado qualche sforzo fatto, la situazione è sostanzialmente ferma.
  Ho fatto questo preambolo per dire che, di fronte a tutte le richieste di audizione, abbiamo dovuto selezionare – non potevamo audire ovviamente tutti – soprattutto il sistema di Confindustria. A un certo punto, infatti, avevamo 10-15 domande di associazioni di ogni tipo. Ho pregato Confindustria di aiutarci a selezionare i soggetti più qualificati, ma capisco che l'operazione sia stata difficile.
  Per quanto riguarda l'ANCE, sono stato dall'inizio molto favorevole alla vostra audizione – i colleghi lo sanno – perché effettivamente rispetto al settore manifatturiero che rappresenta il cuore della nostra indagine anche quello delle costruzioni rappresenta una parte essenziale, che si mette a lato e che sappiamo essere decisiva, per molti versi, nel nostro sistema economico. Pertanto, siamo particolarmente attenti e anche interessati a quello che qui direte, perché la vostra è una parte di mondo che non abbiamo ancora incontrato ed esplorato.
  Ci tenevo, quindi, a ringraziarvi della vostra presenza, ma anche a dirvi che incontrate un'attenzione particolare da parte della nostra Commissione. Mi taccio e do la parola al presidente De Albertis.

  CLAUDIO DE ALBERTIS, Presidente di ANCE. La ringrazio, presidente. Vorrei partire da questa ultima osservazione, ringraziandola, perché, in realtà, il nostro è un mondo che sta attraversando una tremenda crisi. Si tratta di una crisi certamente dovuta a molti fattori esterni, ma che va addebitata anche molto alle responsabilità nostre e delle nostre imprese.
  Credo che il nostro sia il mestiere più difficile, perché affrontiamo ogni giorno in siti diversi una complessità di fattori. Regolare i fattori della produzione nel nostro mondo è un processo davvero molto, molto difficile. Tra l'altro, sottolineo che, secondo me, molto giustamente lei ha posto l'attenzione sul nostro mondo, perché in questo momento è un mondo in cui anche le regole sono un po’ saltate. Pertanto, bisogna anche ricondurre a fattor comune alcuni princìpi fondamentali.
  Bisogna partire, proprio dalle politiche industriali. Pensare di poter migliorare e rendere più competitivo con delle regole un sistema come il nostro, un comparto come il nostro, si ottiene molto poco, e i fenomeni che stanno avvenendo lo dimostrano. Bisogna, invece, andare alla radice del fare impresa. Credo che il principio fondamentale da cui partire sia che le nostre imprese devono rendersi consapevoli che fanno un prodotto industriale a tutto campo, cioè con una data di fabbricazione e con una data di scadenza, in cui poter garantire i costi di esercizio e di utilizzo.
  Questo è il passaggio a cui dobbiamo arrivare, che però non è più un passaggio proiettato molto in là nel tempo. Chi sarà capace a breve resta sul mercato, tutti gli altri stanno fuori dal mercato, perché i numeri della domanda sono complessivamente dimezzati e saranno così nei prossimi dieci anni. Il numero delle imprese, pur con il loro elevato tasso di mortalità, alla fine è sempre altissimo. Pertanto, il punto di incontro tra la domanda e l'offerta necessariamente va cambiando.
  Abbiamo davanti due temi che possono realmente aiutare, se inseriti all'interno di una strategia complessiva. Il legislatore, il Parlamento e il Governo possono dare una mano verso questo indirizzo. Tenete presente, però, che le tappe devono essere progressive. Non si può pensare di cambiare il nostro mondo domani mattina. Ci sono, quindi, due temi che potrebbero creare la svolta e che sono da cavalcare in una strategia complessiva.
  Uno è il tema della sostenibilità, che è proprio legato a quello che dicevo prima. La sostenibilità non è altro che l'attenzione al completo ciclo di vita. Per noi, per il nostro mondo, questo ha un impatto fortissimo. Si parla tanto di qualità della vita. Credo che la qualità della vita si misuri in Pag. 4gradi di libertà. Una fondamentale è quella delle persone mobili rispetto alle cose immobili, che sono poi quelle che facciamo noi. Un tema è, dunque, quello della sostenibilità, che si declina in economia circolare e in tutto quello che si vuole.
  L'altro è il tema della digitalizzazione e dell'informatizzazione, che poi è il tema di cui dobbiamo parlare oggi. In questo contesto sta avvenendo veramente una grandissima trasformazione, che, in Paesi limitrofi, in primo luogo in Gran Bretagna, poi in Francia e in Germania, è stata colta con proposte legislative e con investimenti. La Gran Bretagna per prima – è arrivata adesso all'appuntamento – ha investito molte risorse perché tutte le opere pubbliche fossero progettate con questo sistema di digitalizzazione che va sotto il nome di BIM (Building Information Modeling), che è una grande rivoluzione.
  Gli inglesi, che sono molto pratici, hanno detto in una conferenza, non molto tempo fa, che per loro essere arrivati per primi – i Paesi si svegliano tutti – vuol dire essersi portati a casa qualche cosa come 5 miliardi di euro di progettazione in tutto il mondo, perché sono molto più avanti. La Francia e la Germania stanno facendo un rush fortissimo.
  Questo BIM, questa digitalizzazione, non va inteso solo, come fa qualcuno, sbagliando completamente, come un sistema di progettazione tridimensionale, che ne è l'esito, ma come un processo organizzativo all'interno della filiera delle costruzioni. Di fatto che cosa vuol dire? Vuol dire che, invece che essere completata per fasi successive, la progettazione avviene allo stesso tempo. Pertanto, chi si occupa di impianti, chi si occupa di componenti, chi fa l'assemblatore e chi si occupa di strutture contemporaneamente inserisce le informazioni su un dato progetto, che sia una strada, un ospedale o una casa.
  Questo è un vantaggio complessivo, perché elimina in maniera notevole gli errori, con grandissimi risparmi, da una parte, ottenendo una progettazione molto più visiva, ma nello stesso tempo realmente esecutiva e, dall'altra, eliminando gli errori e le dispersioni di tempi. Basti pensare che in Gran Bretagna hanno valutato complessivamente nell'ordine del 4 per cento i risparmi che hanno ottenuto su questo sistema. Molto spesso evochiamo situazioni, ma questo è il vero sistema.
  Come dicevo, è un modello organizzativo valido, anche perché si basa su una vera interoperabilità. Questo sistema lavora sul fatto che ci sia a monte quella che tecnicamente viene chiamata libreria. Io, che sono, come costruttore, un assemblatore, ho davanti una libreria, che via via si va a comporre, di dati. Pertanto, conosco quell'elemento – la sabbia, la ghiaia, il serramento – e ho tutti i dati possibili e immaginabili, che vanno dai dati fisici, ai dati prestazionali, ai dati anche normativi. Ho davanti, quindi, un'informativa complessiva, che poi posso utilizzare.
  Parlavo di interoperabilità perché la costruzione di questa libreria e della piattaforma per utilizzarla è una questione che passa anche attraverso un diverso modello di impresa. Abbiamo assistito negli ultimi vent'anni a un fenomeno piuttosto sorprendente. Vent'anni fa l'impresa di costruzione, il cosiddetto assemblatore, era centrale nel processo edilizio. Comandava e tutti gli altri gli ruotavano attorno, anche in una posizione molto sottomessa, che fossero i progettisti, i produttori di componenti o altro. Essere centrale vuol dire essere laddove si crea valore aggiunto.
  L'impresa, però, non è stata capace poi – questo è uno degli errori di cui dicevo all'inizio – di produrre innovazione e ricerca e ha perso questo suo ruolo centrale, su cui hanno tentato, a questo punto, di posizionarsi tutti gli altri attori di questo processo. Ne è nato uno scompaginamento della filiera complessiva, che ha causato, secondo me, molti danni.
  Io sono di terza generazione. Nella mia azienda ci sono già i miei figli. Mi ricordo che mio nonno mi parlava dell'accoppiamento giudizioso tra gli attori di questo processo. Questo accoppiamento si è perso completamente. Oggi il modello a cui dobbiamo tendere, e questa è l'unica via d'uscita, è un processo fidelizzato nel rapporto tra tutti gli attori. Pag. 5
  Questo strumento della digitalizzazione, il BIM, è lo strumento che può realmente servire a lavorare insieme in forma fidelizzata. Essendo tutti noi dei nanetti, possiamo crescere oggi nella ricerca, nella sperimentazione e nell'innovazione solo insieme agli altri componenti della filiera. Questa è una questione chiave e fondamentale. Se ci continuiamo a fare guerra, non andiamo da nessuna parte. Tra l'altro, devo dire che ho guardato con una certa amarezza la recente legge sul Codice degli appalti pubblici testé approvata, perché ho sperato fino all'ultimo che venisse lasciato uno spazio alla possibilità che la progettazione e l'esecuzione lavorassero insieme. Questa netta separazione tra il momento della progettazione e il momento dell'esecuzione è un errore antistorico ed è poi quello che non consente uno sviluppo serio del BIM. Nell'ambito privato potrà avvenire, ma nell'ambito pubblico, che fa sempre da punta di diamante rispetto a queste sperimentazioni, secondo me, non potrà avvenire.
  Svolgo un'ultima considerazione, per non tediarvi. Anni fa partecipammo – e fummo premiati – a un programma finanziato che si chiama «INNOVance». Si tratta di un programma che ha visto la partecipazione del sistema confindustriale con moltissime delle sue componenti, che sono quelle che forniscono la materia prima a noi, con i politecnici e poi con l'ANCE stesso.
  Questo programma ha costituito la piattaforma. Ha costruito la piattaforma per quella famosa libreria che vi dicevo. Siamo arrivati alla fine. La piattaforma è di grande soddisfazione, ma adesso c'è un ulteriore passaggio: lavorare, come è capitato in alcuni Paesi – in alcuni Paesi è in mano pubblica, in alcuni Paesi invece è privata, seppur utilizzata dal pubblico – per costruire quella libreria.
  Oggi avremmo bisogno, sia noi, sia tutte le varie associazioni e le federazioni che compongono Confindustria, che sono tante e che sono con noi, di poter trovare un ascolto e un finanziamento su questo tema di «INNOVance 2», ossia la costruzione della libreria. Essa sarebbe poi messa a disposizione di tutto il sistema complessivo delle imprese, di tutto il sistema dei produttori di componenti e di tutto il sistema dei progettisti. Questa sarebbe, a mio giudizio, la chiave per far sì che questo settore, che ne ha tanto bisogno, perché è tanto indietro, possa veramente affrontare il futuro in maniera migliore e fornire delle risposte un po’ più concrete alle necessità di questo Paese.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegnere. Tra l'altro, la nota che ci è stata consegnata è ancor più dettagliata dell'introduzione.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LORENZO BASSO. Intanto vi ringraziamo per il contributo, che riteniamo molto importante all'interno della discussione che stiamo svolgendo, e approfittiamo della vostra presenza per porre alcune domande.
  In particolare, avete descritto le due idee trainanti che possono fungere da punto di riferimento per le tappe progressive di cui ci parlavate, ossia digitalizzazione e sostenibilità. Anche una parte dei progetti di sostenibilità ambientale che le nuove tecnologie dell'Industria 4.0 permettono è consentita proprio dalle nuove tecnologie digitali, o comunque da questo allineamento di tecnologie, che sono poi il cuore della quarta rivoluzione industriale. A differenza delle altre tre, tale rivoluzione non ha una tecnologia dominante, ma si basa proprio su una maturazione e un allinearsi di tecnologie che permettono, attraverso Internet e il digitale, di interfacciarsi.
  Passo a quello che volevo chiedervi. Avete esposto molto bene, rispetto alle nuove progettazioni, quale debba essere la strada verso cui andare. Rispetto al tema dell'efficientamento energetico del patrimonio esistente e, in generale, alla manutenzione del patrimonio esistente, secondo voi, quali devono essere gli sforzi dal punto di vista legislativo o anche di programmi e azioni dello Stato che possono andare in Pag. 6questa direzione? Mi riferisco, da una parte, all'obiettivo di mantenere, ristrutturare e rendere più sostenibile il patrimonio esistente e, dall'altra, anche al permettere alle imprese del nostro sistema Paese di avanzare progetti di ricerca e innovazione su questi temi, avendo l'Italia uno dei patrimoni storici più importanti dal punto di vista sia dei numeri, sia della storia e, quindi, del valore.
  Potrebbe essere questo uno dei settori in cui un investimento forte e un cambio della normativa possono agevolare la crescita della ricerca e permettere di far dimensionare in maniera maggiore le aziende dell'edilizia italiana perché siano in grado poi di essere competitive all'estero?
  Passo alla seconda domanda. Questa è più di conoscenza. Parlavate della possibilità di fare un secondo step al progetto «INNOVance» per la costruzione di questa piattaforma, affinché consenta la progettazione. Esistono programmi europei in cui siete coinvolti che parlano di piattaforme uniche? Esistono problematiche dovute agli standard di interfacciamento fra le piattaforme europee?
  Ve lo chiediamo perché abbiamo in discussione anche alcune comunicazioni dell'Unione europea che ci chiedono di esprimerci sulle normative e sulle tecnologie dell’Information & Communication e che riguardano anche il tema degli standard aperti rispetto agli standard fissati. La Germania oggi è un punto di riferimento ed è anche un punto di riferimento in positivo nella misura in cui diventa un sistema di governance efficiente. Bisogna capire, però, quali sono i rischi nei vari settori rispetto a standard definiti su modelli di altri Paesi.
  Nel vostro settore gli standard che stanno iniziando a essere definiti sono standard che hanno una validità europea e che, quindi, soddisfano anche le esigenze delle nostre imprese italiane, o ritenete che sia necessario andare più su standard aperti?

  ALBERTO BOMBASSEI. Intervengo sul tema, che è già stato ripreso dal mio collega Basso, dell'organizzazione, che attualmente non è ancora del tutto completa per quanto riguarda le azioni fatte all'estero. Essendoci ormai centinaia e centinaia di aziende che stanno investendo in giro per il mondo, spesso e volentieri non si trova un'impresa, la classica impresa italiana, che segua l'azienda anche negli altri Paesi. Bisogna, quindi, rivolgersi ad altre imprese locali. Capisco che questo dipende anche dalle regioni, ma credo che uno sforzo di maggiore internazionalizzazione sia un atto doveroso, come riconoscimento di una necessità del sistema attuale.
  C'è un secondo aspetto che mi sentirei di raccomandare, facendo voi parte di Confindustria e peccando Confindustria un po’ di quello di cui pecchiamo tutti. Anche noi non siamo tanto ben organizzati e coordinati. Sabato scorso si è inaugurata ad Hannover la Fiera di Hannover, da cui è nato il progetto di Industria 4.0. Era, infatti, intitolata ad Industria 4.0. Per dare importanza a questa fiera c'era addirittura la Merkel. All'ultimo momento siamo riusciti a far partecipare – riferisco, in camera caritatis, che non eravamo neanche stati invitati – il dr. Stefano Firpo, dirigente generale per la politica industriale, la competitività e le piccole e medie imprese del Ministero dello sviluppo economico, il quale ha fatto un bell'intervento e oltretutto ha fatto fare bella figura anche al nostro Paese.
  Passo alla domanda. Secondo me, la cosa importante è che vi sforziate, con i vostri colleghi, di coordinarvi con gli altri settori, perché ci sono tanti argomenti che sono o simili, o uguali, al di là della specificità dell'ANCE, della meccanica o di altri settori. Credo che sia necessario costituire qualche cosa in Confindustria che segua questo problema. C'è già qualche tentativo, ma fino adesso non mi risulta che sia stato fatto in maniera coerente.
  È lo sforzo che stiamo facendo anche noi, come è stato detto prima dal presidente. Avendo fatto audizioni a 360 gradi, ritengo che oggi abbiamo acquisito una conoscenza dei temi oggetto dell'indagine estremamente utile e devo dire anche con orgoglio che non siamo al primissimo posto, ma che non siamo neanche messi così male. Abbiamo sentito – quasi, mi verrebbe Pag. 7 da dire, con soddisfazione – rappresentanti di altri importanti Paesi che alla fine non sono poi messi così tanto bene. Questo vuol dire che abbiamo ancora tempo, se ci organizziamo bene e se ci sforziamo, per poter fare bene questo lavoro. Credo che sia un'occasione anche, come si diceva prima, per quella criticità, che è già conosciuta – c'è un articolo proprio oggi sul Corriere della Sera – delle piccole imprese, le quali hanno una mortalità estremamente più alta rispetto allo standard anche europeo. Ritengo che questa sia un'opportunità per dare una mano a queste piccole imprese, affinché con Industria 4.0 abbiano un'occasione veramente nuova per crescere in maniera non così tradizionale. La specificità italiana di queste piccole imprese è un'occasione anche per noi.
  Queste sono le due questioni che mi sentirei di rilevare. Inoltre, nel caso in cui non avessi capito bene, mi piacerebbe che venisse ripetuto quello che è stato detto prima: qual è la raccomandazione da un punto di vista legislativo e pratico che fareste per cercare di migliorare il sistema? Ho preso qualche nota, ma ho timore di non aver capito esattamente l'obiettivo.

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

  CLAUDIO DE ALBERTIS, Presidentedi ANCE. All'onorevole Basso rispondo – e cerco di rispondere anche all'onorevole Bombassei – che l'enorme efficientamento energetico è stato in questi anni ciò che ha sostenuto il mercato prima di tutto, ma anche uno degli strumenti di politica industriale teso al miglioramento dei processi. Secondo me, la norma andrebbe un po’ rivista. Troppo spesso – noi siamo una lobby e tutti gli altri attori del processo sono delle lobby – si spinge per tali dettagli per cui la norma, invece che prevedere semplicemente che si raggiunga un livello di efficientamento energetico da misurarsi sui consumi, comincia a indicare che la finestra deve avere una data capacità, delle date resistenze e via elencando.
  Queste sono questioni tipicamente italiane, che si introducono con sforzi legislativi colossali, ma che indeboliscono la capacità mia e degli altri attori di raggiungere l'obiettivo e di crescere, perché alla fine il mio cammino è dentro una gabbia – devo fare questo, questo e quest'altro – mentre sarebbe molto più utile una normativa tesa in quella direzione.
  Ci sono due aspetti importanti oggi per il benessere della gente che sta in una casa o in un edificio. Uno va rivisto, ed è la norma sull'efficientamento energetico, che va resa più semplice. L'altro è una norma da fare sull'efficientamento acustico, un altro aspetto che da troppo tempo giace. Sappiamo che il Ministero dell'ambiente avrebbe trovato una soluzione, che condividiamo, ma pare che il Consiglio di Stato abbia detto informalmente che forse erano usciti di delega. È un dispiacere, perché quella soluzione trovava complessivamente d'accordo tutti.
  Tra le cose da fare ci sono le proroghe...

  LORENZO BASSO. Chiedo scusa, anche se è irrituale interrompere: sulla domotica qual è la vostra valutazione?

  CLAUDIO DE ALBERTIS, Presidente di ANCE. Le rispondo sull'efficientamento e poi vado anche alla domotica. Sull'efficientamento aggiungerei che è importantissimo effettuare la proroga delle agevolazioni. Noi abbiamo quest'agevolazione del 50 per cento – si tratta sempre di agevolazioni fiscali – che scade alla fine dell'anno e che ritornerebbe al 36 per cento. Sarebbe molto importante, invece, probabilmente renderla a regime.
  C'è una questione che mi preme – se sono troppo lungo, il presidente mi interromperà – sottolineare: noi facciamo molto spesso interventi di ristrutturazione su edifici che, invece, non lo meritano. Il rapporto costi-benefici è assurdo. Bisogna realmente intervenire – questa è un'altra proposta legislativa – per agevolare la rottamazione degli edifici, perché questo non è possibile.
  Dicevo all'inizio che anche i nostri manufatti sono un prodotto industriale, con una data di fabbricazione e una data di scadenza. Si pensa sempre, invece, che durino Pag. 8 in eterno. È una cosa che non è vera dal punto di vista né sismico, né soprattutto del rapporto costi-benefici. Occorre allora agevolare la rottamazione.
  È in corso di esame una legge sul consumo del suolo. Non siamo ostili, ma abbiamo sempre chiesto di accompagnarla con una legge sulla rottamazione degli edifici, perché oggi si costruisce sulla città costruita, come è sempre stato. Vi faccio due esempi, almeno ci capiamo, così vado nel dettaglio di quelle che possono essere le proposte legislative. Oggi i comuni trattano gli interventi di sostituzione edilizia come nuova costruzione: fanno pagare gli oneri per intero, quando nelle ristrutturazioni c'è, il più delle volte, lo sconto del 50 per cento. Nel caso di demolizione e ricostruzione non va dimenticato che il proprietario, quello antico, ha già pagato questi oneri, perché il manufatto c'era, naturalmente a parità di superficie o di volume costruito.
  L'altro discorso rimanda a una norma presente anche nel Codice civile. Se ho una cortina edilizia, ne demolisco un pezzo e lo tiro giù, a questo punto devo stare a 10 metri dai confini. È una questione che non sta né in cielo, né in terra. Basterebbero queste due norme a cambiare completamente la possibilità d'intervenire e con questo a dare veramente il via a processi industriali innovativi, che credo sarebbero molto significativi e importanti.
  Un altro punto riguarda l'Agenzia delle entrate, che molto spesso interpreta quanto il legislatore fa. Nell'ultima legge di stabilità c'è stata una norma molto importante, che ha previsto che, se vado ad acquistare una casa in classe A o B, ho uno sconto fiscale sull'IVA dal 4 al 2 per cento. In molti pronunciamenti – non c'è ancora la circolare – l'Agenzia delle entrate ha detto che questo vale solo per l'acquisto di una nuova costruzione e non di una casa demolita e ricostruita o ristrutturata. È una questione che, a mio giudizio, non sta né in cielo, né in terra.
  Quanto alla domotica, fino a ieri non c'era una cultura della domotica. Parliamo soprattutto nella casa. Essa veniva vissuta da noi come un costo e dagli utenti come una cosa inutile. Il nostro mercato è completamente cambiato. Cito due dati. I permessi di costruire dell'anno scorso sono quelli del 1936. Nel 2007 si costruivano 450 mila case, oggi se ne costruiscono 120 mila.
  Il rapporto tra domanda e offerta è completamente diverso. C'è una consapevolezza maggiore. La gente parametra l'acquisto su una questione che sembra banale a dirla: non c'è più il bisogno, per cui compra il prodotto dovunque sia e comunque sia. Oggi si pone un problema di benessere.
  La domotica è sicuramente una risposta al benessere da questo punto di vista. Infatti, sta completamente cambiando il panorama. Oggi le case vengono vendute a corpo, non più a metro quadrato – sembra paradossale dirlo – vengono spesso vendute allestite e vengono dotate di domotica, non più dell'apprestamento della domotica, ma di un livello di domotica molto alto. È chiaro che tutto questo potrebbe rientrare, credo, a maggior ragione, più di qualunque altra cosa, nell'ambito degli incentivi, che sono significativi.
  Volevo anche dirle che si sta lavorando per l'integrazione. Un ottimo lavoro lo sta facendo l'UNI da questo punto di vista. Noi siamo molto vicini all'UNI anche per lo standard unificato.
  Vengo ai rapporti con i Paesi europei. Il problema è che i Paesi europei sono molto avanti e stanno tentando di conquistare il nostro mercato con le proprie piattaforme e che queste piattaforme sono molto ricche anche di prodotti che non sono nostri. Ecco perché credo che vada spinto il fatto di passare alla fase 2 di «INNOVance».
  Le risorse non sono tante. Si tratta di finanziare questa questione per 3-3,5 milioni, fissando un appuntamento a breve, perché non ci vuole molto tempo, in maniera tale che possano essere promossi i prodotti italiani. Se arriva uno spagnolo o uno dei Paesi nordici, che sono privati, con grandi risorse e cose del genere e poi trovano anche, vendendo la pubblicità, risorse dalla stessa piattaforma, noi siamo abbastanza fregati. Ecco perché sosterrei questo progetto. Pag. 9
  Passo all'internazionalizzazione. Sì, le nostre imprese di costruzioni hanno riguadagnato fasce di mercato negli ultimi anni. Il problema riguarda le nostre piccole e medie imprese, perché per noi, per una nostra impresa, andare all'estero non vuol dire aprire un cantiere, ma aprire un'impresa. Le nostre imprese sono familiari, costituite magari da un individuo, e l'individuo non può spostarsi di qui e di là.
  C'è grande interesse, e lo vediamo. Le nostre missioni sono iperpartecipate. Quando si tratta, però, di aprire un'impresa là, alla fine ci sono passi indietro. Questa è una questione da ripensare. Occorre un incentivo, secondo me, alle aggregazioni, quando si va all'estero. Si potrebbe pensare a un modello di questo tipo.
  Vorrei dire anche un'altra cosa. Sul BIM, secondo me, occorrerebbe qualche intervento legislativo che spingesse, oltre a «INNOVance», anche laddove ci siano sperimentazione e ricerca, intese come interoperabilità, ormai purtroppo nell'ambito dei lavori privati, perché nell'ambito dei lavori pubblici me l'hanno fatto diventare nei fatti un'ottima progettazione tridimensionale, ma qualche incentivo magari di carattere economico o fiscale a chi riesce ad adottare un sistema BIM, ma non lo dichiara – qualcuno deve andare a monitorare che nell'azienda ci siano progetti realmente fatti col BIM – secondo me, potrebbe essere molto importante.
  Voglio aggiungere solo un'ultima considerazione, visto che mi si chiedeva anche di interventi legislativi. Le nostre imprese hanno un limite forte nella capitalizzazione, che oggi si misura moltissimo, comprese le imprese che fanno promozione e costruzione, ossia quelle che promuovono e che lavorano sul prodotto. Le altre lavorano su commessa. Quelle che lavorano sul prodotto sono anche quelle a cui si può chiedere più innovazione e più ricerca, perché l'investimento in innovazione e ricerca lo misurano più facilmente sul prodotto e sulla loro presa sul mercato.
  In America, trent'anni fa, per agevolare questa tipologia, essendo le aziende – ripeto – sottocapitalizzate, furono inventati dei sistemi di fiscalità parallela agevolata per tutti coloro, privati, che mettevano in un'operazione immobiliare delle risorse.
  Io, che voglio fare un'operazione immobiliare, costituisco una società ad hoc e ho delle azioni di tipo A e delle azioni di tipo B. Le azioni di tipo B sono possedute da questi privati che partecipano. La loro è una partecipazione finanziaria. Non si capisce perché questa partecipazione finanziaria non possa godere di una fiscalità pari a quella degli investimenti puri finanziari del 20 per cento, del 26 per cento o quello che sia, ossia di qualche punto vantaggioso rispetto alla pura partecipazione immobiliare. Questa sarebbe una grande rivoluzione, che agevolerebbe il settore.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Naturalmente, vi ringrazio. Vorrei solo aggiungere qualche valutazione.
  Mi pare evidente l'interesse delle questioni che abbiamo ascoltato. Lo dico all'onorevole Basso. Mi pare anche altrettanto evidente che nel documento conclusivo che andrà predisposto bisognerà inserire una parte specifica per quanto riguarda il mondo dell'edilizia. Da una parte, c'è, ovviamente, un'omogeneità di impostazione – penso alle piattaforme, al software per la vostra soluzione e alla progettazione in tempo reale – e dall'altra parte, contemporaneamente c'è la stessa cosa che poi muove tutta l'automazione e l'intelligenza artificiale. La digitalizzazione è un processo orizzontale, ma da voi ha una particolare specificità, com'è evidente e com'è giusto.
  Mi convince anche il ragionamento che, in realtà, per sostenere il processo di adeguamento alle possibilità tecnologiche non ci sia bisogno di molto. Ciò che colpisce nel valutare come fare una politica di sistema nei confronti dell'Industria 4.0 è che non abbiamo bisogno di chissà quante risorse. Paradossalmente, abbiamo bisogno di pochi soldi, ma da utilizzare in modo mirato. Il problema vero è capire quali sono gli snodi attraverso cui far passare queste risorse. Questo mi pare il cuore della questione.
  La stessa impostazione tedesca non prevede, come sappiamo, risorse illimitate. Pag. 10 È uno stanziamento certo, che si ripete anno dopo anno. L'importante è che vada a colpire quei nodi attraverso cui passa l'incentivazione a fare poi questo salto di qualità. Questo tipo di ragionamento mi convince.
  Per il resto, oggi sono state presentate alcune problematiche specifiche relative al settore delle costruzioni. Questo è effettivamente il settore che, come sappiamo, ha pagato i prezzi più alti della crisi recessiva della nostra economia. I numeri che venivano forniti sono numeri forti. Ricordo anche che del milione di posti di lavoro persi metà sono dell'edilizia e che quella funzione anticiclica che storicamente l'edilizia ha avuto nell'economia del nostro Paese qui ha funzionato con un processo prociclico. Siamo andati molto giù. L'edilizia è andata molto giù e, invece, di dare una mano, ha influito in modo negativo su tutti i parametri economici italiani. Il processo di risalita è molto lento, anche perché nel frattempo stanno cambiando molte delle situazioni di partenza.
  Tra le cose dette ce ne sono due che rivestono, a mio giudizio, un particolare interesse per noi. Una riguarda tutte le politiche di risparmio e di efficientamento energetico. Noi, che stiamo seguendo anche il tema dell'energia, perché è di competenza di questa Commissione, sottolineiamo ogni volta che non c'è solo un problema di quali fonti di produzione di energia siano utilizzate – penso al passaggio alle rinnovabili e a un mix più sostenibile – ma che noi dobbiamo puntare, allo stesso momento, con grande forza sui processi di efficientamento energetico, perché qui c'è davvero uno spreco enorme. Se si costruisse in maniera diversa, evidentemente una parte del fabbisogno energetico verrebbe meno. Si potrebbe fare, quindi, quello che in gran parte è stato fatto in questi anni e a cui hanno contribuito anche le industrie manifatturiere. Strette tra costo dell'energia che, come il collega Bombassei ci ricorda ogni volta, è molto alto, e concorrenza di mercato, hanno dovuto fare di tutto per abbassare i costi energetici.
  Da questo punto di vista siamo un modello piuttosto virtuoso anche rispetto ad altri Paesi. È chiaro, però, che le incentivazioni fiscali, perché funzionino, hanno bisogno di una certa stabilità nel tempo. Non va bene affidare anno dopo anno alla legge di stabilità lo stanziamento delle risorse, non perché nuotiamo nell'oro, ma perché, se si vuole fare un'operazione che abbia un ampio respiro e anche che offra il grado maggiore possibile di risultati, si ha bisogno di poter definire per un periodo un po’ più certo, in modo che tutti abbiano la certezza di poter contare su tali incentivi.
  La seconda considerazione è relativa alla questione del consumo zero di territorio. Credo che questa sia, per un Paese come il nostro, una strada obbligata, perché di territorio ne abbiamo tanto e spesso malmesso. Naturalmente, capisco l'obiezione che viene mossa. Nel momento in cui mi si chiede di non andare a costruire nuove aree, cosa che, per la verità, non avviene – basta girare per la periferia di Roma: il numero di appartamenti invenduti è impressionante; a causa della crisi le opere sono rimaste a metà o a tre quarti; quando sono finite, non si vendono e sono gravate di debiti, una situazione imbarazzante e delicata – è chiaro che, se ci fosse la possibilità di poter buttare giù e ricostruire, questo aiuterebbe immensamente. Fra l'altro, questo è il modello che funziona bene in quasi tutti i Paesi. Penso soprattutto agli Stati Uniti d'America, dove, quando c'è un grattacielo un po’ vecchiotto, lo si butta giù tutto e lo si rifà molto più moderno, magari anche un po’ più alto e con tecnologie attente a efficienza energetica, sicurezza e ambiente. In questo modo si esercita anche una capacità di innovazione nel costruire. Per questo motivo mi pare che questo sia un passaggio di qualche delicatezza, che credo vada sottolineato.
  Vi ringrazio di quest'audizione. Ripeto, è stata molto interessante. Tenete presente che contiamo di chiudere questo nostro lavoro entro l'estate e di presentarlo il prossimo 6 luglio qui alla Camera Pag. 11alla Sala della Regina. Se tutto procederà nel rispetto dei tempi che ci siamo dati, sarete invitati, come tutte le altre parti audite nel corso dell'indagine. Sarà presente la Presidente Boldrini. Ho invitato anche il nuovo presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che mi ha confermato la sua disponibilità ad intervenire. Lo dico per anticiparvi i tempi dei nostri lavori.
  Ringrazio gli auditi per il loro contributo ed autorizzo la pubblicazione della documentazione consegnata, in calce al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro quindi conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.15.

ALLEGATO

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