XVII Legislatura

IX Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 22 di Martedì 3 dicembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bergamini Deborah , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE

Audizione di rappresentanti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Bergamini Deborah , Presidente ... 3 
Pitruzzella Giovanni , Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 3 
Catalano Ivan , Presidente ... 8 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 8 
Coppola Paolo (PD)  ... 8 
Piso Vincenzo (NCD)  ... 9 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 9 
Vitelli Paolo (SCpI)  ... 10 
Mauri Matteo (PD)  ... 10 
Catalano Ivan , Presidente ... 11 
Pitruzzella Giovanni , Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 12 
Catalano Ivan , Presidente ... 15 

ALLEGATO: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 17

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DEBORAH BERGAMINI

  La seduta comincia alle 13.30.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul trasporto pubblico locale, l'audizione di rappresentanti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
  Darei quindi subito la parola al professor Giovanni Pitruzzella, presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

  GIOVANNI PITRUZZELLA, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Ringrazio il presidente e tutti i componenti di questa Commissione.
  Personalmente, ritengo che le Autorità indipendenti debbano avere come interlocutore istituzionale il Parlamento. La nostra indipendenza non esclude una forma di accountability, consistente nel render conto di quanto facciamo e offrire, nell'ambito delle nostre competenze, anche profili di informazione che possano essere utili per l'attività politica, legislativa e di controllo.
  Con molte altre Commissioni, ovviamente soprattutto quelle che si occupano di tematiche legate alla concorrenza e allo sviluppo economico, abbiamo infatti rapporti costanti. Questa è l'occasione per incontrarci e per noi è molto importante.
  Per l'indagine che ha per oggetto il trasporto pubblico locale ho consegnato un testo scritto, cui farò ampio riferimento, innanzitutto partendo dalla considerazione della dimensione economica e sociale del fenomeno. Le aziende che operano nel settore sono più di 1.100, con più di 116.000 lavoratori utilizzati e un fatturato superiore ai 10 miliardi di euro. È, quindi, un settore importante per la nostra economia e direi che rappresenta anche una quota importante dei servizi pubblici locali, perché genera un volume d'affari complessivo pari a più del 28 per cento del totale generato dai servizi pubblici locali.
  Si tratta, però, di un settore – questa per l'Autorità garante della concorrenza e del mercato storicamente è una preoccupazione – caratterizzato da una forte presenza di imprese pubbliche. Ben l'82 per cento del valore della produzione proviene, infatti, da imprese pubbliche, che svolgono il 95 per cento di servizi di trasporto urbano e il 75 per cento dei servizi di trasporto pubblico locale extraurbano.
  Alla forte dimensione economica e sociale del fenomeno corrisponde, però, com’è noto, uno stato di profonda crisi, molto forte soprattutto se comparata con non omologhe realtà europee. La quasi totalità delle imprese, infatti, opera costantemente in perdita. Nel segmento del trasporto su gomma, l'EBIT medio è negativo, Pag. 4registra valori pari a -1,1 per cento, laddove invece in Europa tendenzialmente è positivo.
  Soddisfacente non è neanche il confronto con la media di altri Paesi europei, come Regno Unito, Germania, Francia, Svezia, Olanda e Belgio, per quanto riguarda i ricavi per chilometro di traffico: poco più di 1 euro contro una media di 1,34. Sono anche maggiori i contributi pubblici sul totale delle entrate.
  Abbiamo, quindi, un problema di scarsa redditività di aziende prevalentemente pubbliche che operano in perdita e in un contesto caratterizzato, oggi più di ieri, da uno stato di incertezza in ordine alle risorse finanziarie disponibili, ciò che rende difficile un'adeguata programmazione nel settore.
  È noto che nel 2012 è stato istituito un fondo nazionale per il finanziamento del trasporto pubblico locale con una particolare dotazione, pari a 5 miliardi di euro, ma ancora bisogna lavorare sul piano normativo per dare attuazione alla legge, che prevedeva meccanismi premianti nella ripartizione delle risorse in funzione della qualità del servizio e dei piani di investimento nel settore. D'altra parte, il fondo è alimentato dal gettito derivante dall'accisa sui carburanti e questo ha pure creato difficoltà in ordine alla chiara individuazione delle risorse effettivamente disponibili.
  L'aspetto che, dal punto di vista dell'Autorità antitrust interessa di più e appare più problematico è quello delle modalità di gestione delle imprese che operano nel settore. Il processo originario di liberalizzazione previsto dal cosiddetto decreto Burlando, che risale al 1997, cioè al secolo scorso, è rimasto in larga misura inattuato, un processo partito ma non andato molto avanti.
  Relativamente a questo profilo, la disciplina vigente impone agli enti locali l'obbligo di procedere a una complessiva revisione delle modalità di gestione con obiettivi precisi: ridefinizione degli ambiti territoriali, tema che si ritrova grossomodo in tutti i servizi pubblici locali, come l'idrico e quello dei rifiuti; definizione degli obblighi di servizio pubblico; valutazione delle compensazioni da erogare per l'adempimento degli obblighi di servizio pubblico.
  Più in generale, la rivisitazione delle modalità di gestione dovrebbe essere collegata alle tecniche di scelta del soggetto cui affidare il servizio, che deve avvenire prevalentemente tramite gara, salvo la possibilità di ricorrere all'affidamento in house in presenza delle condizioni previste dal diritto europeo.
  È importante ricordare e sottolineare che, sempre secondo la normativa nazionale, nell'ipotesi in cui si proceda all'affidamento in house, l'ente deve mettere a gara almeno il 10 per cento dei servizi oggetto di affidamento diretto, per cui l'amministrazione pubblica procede all’in house, ma si spoglia di qualcosa per renderlo contendibile nel mercato.
  Non abbiamo svolto indagini conoscitive specifiche sul settore, ma dagli elementi in nostro possesso acquisiti nell'ambito della nostra attività, emergono criticità riguardo all'organizzazione dei servizi, le modalità di affidamento degli stessi, alla trasparenza dei contratti, il tipo di regolazione presente, all'ingiustificata sovrapposizione tra attività in monopolio e attività gestite in regime di concorrenza e alle modalità di determinazione delle compensazioni per l'adempimento degli obblighi di servizio pubblici.
  Siamo intervenuti in alcune vicende, soprattutto utilizzando un nuovo strumento, ossia la possibilità di fare ricorso al giudice amministrativo contro atti delle amministrazioni, per esempio nell'organizzazione delle gare o nella proroga delle gestioni in essere, che siano lesivi dei princìpi della concorrenza. Tra queste ricordo gli interventi che hanno avuto come destinatari la regione Campania per la stipula del contratto ponte di finanziamento della società di navigazione Caremar; il comune di Roma con riferimento al riaffidamento fino al 2012 dei servizi di trasporto pubblico locale alla società Atac in assenza della contemporanea messa a gara di quel 10 per cento di cui parlavo; Pag. 5più recente è il caso della regione Abruzzo sulla proroga irregolare di tutti gli affidamenti del trasporto regionale.
  Questi sono i casi più recenti e da questi e, comunque, anche da altri un po’ più risalenti nel tempo possiamo individuare le principali problematiche concorrenziali del settore, che riguardano, come accennavo: la corretta definizione degli ambiti di servizio pubblico, tanto in termini territoriali quanto con riferimento al tipo di servizio offerto; la definizione dei servizi minimi, trattandosi di servizio pubblico; la definizione delle compensazioni per gli oneri di servizio pubblico; quindi, le modalità di affidamento dei servizi.
  Con riferimento agli ambiti di servizio pubblico, le regioni, che dovevano, secondo quanto sancito dalla normativa del 2011, procedere alla definizione degli ambiti territoriali ottimali in modo da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l'efficienza del servizio, in realtà sono particolarmente latitanti o inadempienti. Ricordo che le regioni dovevano procedere a definire questi ambiti entro il 30 giugno 2012.
  La definizione degli ambiti è di grande rilievo in quanto propedeutica e necessaria per stabilire l'oggetto della gara. Se non si stabilisce l'ambito, non si può neanche procedere a definire con esattezza ciò che sarà messo a gara. Senza definizione dell'ambito, c’è uno stimolo pericoloso a procedere a proroghe nei confronti dei soggetti affidatari.
  Sul punto il dibattito, più che altro scientifico, ha evidenziato i rischi connessi alla creazione di ambiti territoriali molto vasti. Una delle tentazioni, circolate soprattutto in alcune regioni, è di creare un ambito territoriale che coincida col territorio dell'intera regione, al fine di individuare un unico interlocutore.
  Questo, però, può determinare degli svantaggi dal punto di vista dell'organizzazione più efficiente, che invece dovrebbe tenere conto della rete viaria, dei flussi di viaggiatori, delle economie di scala conseguibili e così via. Direi che dovrebbe tenere conto di logiche industriali, ma siamo abbastanza fermi.
  Contemporaneamente, esiste un problema di definizione dei servizi minimi che devono essere erogati ai cittadini, ai consumatori, agli utenti, e di determinazione delle tariffe.
  Le regioni qui incontrano il problema di reperire le informazioni necessarie ad individuare il costo ottimale per l'erogazione del servizio e la possibile redditività della singola linea di trasporto. Solo così per ciascun ambito si potranno definire i servizi minimi e le compensazioni per l'adempimento dell'onere di servizio pubblico.
  Tale operazione, però, ha avuto delle difficoltà, soprattutto perché le amministrazioni regionali – così ci dicono, ma voi avete l'osservatorio più adeguato per acquisire e verificare la correttezza di tali informazioni – fin qui ci hanno detto di aver incontrato grandi difficoltà nel reperire le informazioni necessarie per definire il costo ottimale del servizio in relazione alla linea e all'ambito, premessa di tutte le attività per la determinazione delle tariffe e per la definizione di servizi minimi.
  In realtà, se non vogliamo essere ipocriti, dobbiamo tener conto di come nel quantum dei costi realmente sopportati si debba tener conto di alcuni fattori sociali, quali il livello di occupazione delle aziende, magari inefficienti, che restano per problematiche sociali, che, a mio avviso, è la principale questione. Questa questione non interessa l'Autorità antitrust, nel senso che noi ci occupiamo di concorrenza, ma che rappresenta la principale questione da risolvere nel ridisegno in termini di efficienza e di maggiore apertura alla concorrenza di questo tipo di mercato.
  Sappiamo, inoltre, che, nel caso in cui i servizi siano affidati con gara, in base alla giurisprudenza della Corte di giustizia europea, la compensazione degli oneri di servizio pubblico deve essere orientata ai costi. Viceversa, in assenza di gara – abbiamo richiamato la possibilità del ricorso all’in house – la compatibilità della compensazione deve essere dimostrata dall'amministrazione sulla base di un'analisi dei costi che un'impresa media, gestita Pag. 6in modo efficiente e adeguatamente dotata dei mezzi necessari, avrebbe dovuto sopportare. Il parametro di riferimento è sempre dato dall'impresa efficiente. I costi sociali non sono mai presi in alcuna considerazione.
  In realtà, le nostre analisi dimostrano che al livello regionale e locale mancano analisi economiche dirette a definire i costi ottimali in relazione alla linea e all'ambito sulla cui base si debbono calcolare le compensazioni per gli oneri di servizio. Soprattutto, per quanto riguarda alcune società in mano totalmente pubblica, che hanno ricevuto l'affidamento in house, si opera in una logica di ripiano periodico del disavanzo.
  In altri casi, abbiamo rilevato che l'ambito di riserva prevista ex lege, trattandosi appunto di un servizio pubblico, è esteso notevolmente, fino a coprire spazi che potrebbero essere gestiti in termini concorrenziali e dare luogo a nuove iniziative. Pensate a tutti i fenomeni di car sharing, di bike sharing, dove non sempre grandi imprese, ma anche piccoli soggetti, potrebbero entrare in mercati che sarebbero contendibili. Estendendo, invece, la riserva anche a questo tipo di attività non c’è concorrenza.
  Giudichiamo significativo un altro problema: il fatto che non si sia fissata una compensazione realmente orientata ai costi fa sì che possa verificarsi un fenomeno di sussidi incrociati. Si prendono le risorse erogate a titolo di compensazione per gli oneri di servizio per sussidiare un altro tipo di attività in mercati liberalizzati, quindi realizzando una concorrenza alterata: si ottiene un sussidio per contrastare chi, invece, opera sulla base di una logica pienamente competitiva.
  Per rimediare a queste criticità, non esiste altra strada, a nostro parere, che quella di sensibilizzare le regioni. Il Parlamento, in quest'ottica, in un assetto istituzionale di Stato regionale, che deve essere il centro di coordinamento di una Repubblica delle autonomie, probabilmente avrebbe questo ruolo direi di estrema importanza, da esercitare non soltanto attraverso la legge, ma col controllo di tutta l'attività successiva, come state facendo con quest'indagine conoscitiva, alla decisione legislativa.
  Occorrerebbe stimolare le regioni nel definire gli ambiti dei servizi oggetto di affinamento, come deve accadere sulla base di un'analisi industriale che consenta di disegnare programmi di esercizio economicamente sostenibili, oltre che adeguati alle esigenze delle comunità locali.
  Direi che la necessità di un'analisi economica che permetta di individuare parametri e costi tendenti a un livello ottimale di efficienza tecnico produttiva è probabilmente un passaggio ineludibile nella razionalizzazione di questo sistema, dove alcuni prendono molto, molti altri troppo poco e, comunque, un consumatore, un utente si trova in condizioni spesso di non adeguatezza del servizio offerto.
  Ciò premesso, non voglio abusare troppo del vostro tempo se non con due ultime considerazioni sulle modalità di affidamento di alcuni tipi di servizio di trasporto pubblico locale, innanzitutto i servizi automobilistici su gomma, tram e metropolitana.
  A tali servizi si applica il regolamento comunitario n. 1370 del 2007, che pone sullo stesso piano l'indizione di una procedura competitiva ossia di una gara, e la gestione in house, a condizione però che quest'ultima non sia vietata dalle legislazioni nazionali e sia circoscritta da uno Stato membro entro limiti più stringenti di quelli derivanti dal diritto europeo, soprattutto a seguito della nota giurisprudenza sul caso Teckal. L'idea del regolamento comunitario è, dunque, quella della gara o dell'affidamento in house, ma lo Stato può restringere la possibilità di ricorrere all'affidamento in house.
  In questi settori effettivamente c'era stata un'apertura del legislatore nazionale che voleva la gara, ma nel 2009 c’è stato un passo indietro verso l'applicazione del regolamento comunitario. La gara non è necessaria e si può ricorre all'affidamento in house, ma in quest'ultimo caso resta ferma quella normativa, su cui occorrerebbe un po’ vigilare, secondo cui occorre Pag. 7che una percentuale dei servizi non inferiore al 10 per cento deve essere lasciata al mercato e affidata con gara.
  Tuttavia, come ho evidenziato citando l'importante caso di Roma, su quest'elemento c’è qualche disattenzione da parte delle amministrazioni regionali e locali. In questo senso, per quanto riguarda gli affidamenti di servizi di trasporto pubblico locale, cosiddetti automobilistici, cioè su gomma, tram e metropolitana, vediamo comunque un'Italia molto differenziata.
  Nella relazione scritta, riporto i dati: in alcune regioni, le procedure competitive per la scelta con gara dell'imprenditore ci sono state per quasi tutte le linee, come nelle Marche, in Toscana, in Liguria, in Lombardia e così via; in altre, come la Sicilia, la Calabria, l'Abruzzo, la Sardegna, invece, non è stata organizzata alcuna procedura aperta a evidenza pubblica per i servizi di trasporto pubblico locale su gomma. È un'Italia differenziata. In alcune aree geografiche, almeno per quanto riguarda la scelta con gara dell'affidatario del servizio, si è proceduto e si sta procedendo; in altre, invece, si è veramente all'anno zero.
  Ancora una volta bisogna approfondire l'opera di sensibilizzazione delle regioni, tenendo conto, però, della questione sociale, cui accennavo all'inizio, vero convitato di pietra di qualsiasi discorso sulla riorganizzazione del servizio pubblico di trasporto locale. Ricordo, peraltro, che gli affidamenti non conformi ai requisiti imposti alla normativa europea, quindi affidamenti in teoria concessi in house, ma che non presentano i requisiti dell’in house providing, devono essere adeguati secondo la normativa vigente entro il 31 dicembre 2013, pena la cessazione automatica allo spirare di tale termine. Stiamo parlando di domani.
  Attualmente, il problema non sempre è avvertito, ma nei prossimi mesi potrebbe diventare rilevante creando una situazione di incertezza in numerose aree del Paese e creando un nuovo contenzioso. Chi non è già da dentro potrebbe chiedere che sia dichiarato il venir meno dell'affidamento e questo aggiungerà, a tutte le problematiche organizzative, gestionali ed economiche richiamate, quella ulteriore dell'incertezza in cui operano i soggetti affidatari dei servizi.
  Mi avvio alla chiusura restando naturalmente a vostra disposizione per qualsiasi ulteriore osservazione, ma un tema a parte riguarda l'affidamento dei servizi ferroviari. Qui il tema vero riguarda le modalità di calcolo delle compensazioni. Quanto al modello di gestione, con una forte differenza rispetto al trasporto su gomma, il regolamento comunitario consente la procedura competitiva, l'affidamento in house o l'affidamento diretto dei servizi a soggetti terzi rispetto all'amministrazione.
  Ovviamente, il problema in Italia sul trasporto ferroviario locale – con un regime ben diverso dall'alta velocità, settore interamente liberalizzato – riguarda la presenza di un incumbent, l'operatore dominante nel trasporto pubblico locale su rotaie, il cui servizio attualmente nella gran parte delle regioni è affidato sulla base di affidamento diretto. In pochi casi ci sono state gare a evidenza pubblica, ma se si vuole aprire alla concorrenza questo mercato, direi che il problema è quello di tener conto di come il libero operatore incumbent goda di rilevanti vantaggi concorrenziali per la sua presenza e, soprattutto, per la disponibilità di infrastrutture per la manutenzione del deposito del materiale rotabile.
  È chiaro, quindi, che le gare andranno organizzate in modo da realizzare il principio secondo cui l'eventuale subentrante dovrà poter accedere a condizioni non discriminatorie ed eque al materiale e alle infrastrutture fisiche, ivi comprese le infrastrutture di manutenzione e il deposito del materiale rotabile.
  Vi è, inoltre, il grande tema, che però lascio solamente sullo sfondo, che riguarda il trasporto ferroviario locale, ma in generale tutto il trasporto ferroviario, dei rapporti tra il soggetto che ha la proprietà delle reti e quello che, invece, eroga il servizio, quindi all'interno di un unico gruppo, e dunque con un operatore verticalmente integrato.Pag. 8
  Si tratta, però, di un tema che ovviamente trascende la tematica del trasporto pubblico locale e riguarda l'assetto generale del trasporto ferroviario nel nostro Paese.
  Vi ringrazio per la vostra attenzione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE IVAN CATALANO

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai deputati che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  GIORGIO BRANDOLIN. Ringrazio il professor Pitruzzella per l'ampia illustrazione e anche per il documento depositato, che ci sarà molto utile.
  Vorrei formulare una piccola considerazione su alcuni temi che qui ha evidenziato e che abbiamo sentito in sintonia anche con quelli rappresentati da altri che abbiamo sentito. Disponete, ad esempio, anche dei dati ricevuti da ASSTRA e alcune delle vostre considerazione sono le stesse che all'epoca formulò qui il Presidente Panettoni.
  Nel documento, laddove si parla della riflessione importante sulla definizione dei servizi minimi e della compensazione degli obblighi di servizio pubblico, in conclusione osserva che «pare opportuno riflettere a fondo sull'opportunità di rivedere la disciplina vigente».
  Sappiamo che sul trasporto pubblico locale c’è stato un legiferare che mi sembra eccessivo e mi fermo qui: cosa intende per rivedere questa disciplina vigente ? In quali termini e con quali modalità affinché queste autorità di governo locali, cioè le regioni, accelerino nella definizione della rete, degli ATO (ambiti territoriali ottimali) e tutto ciò che lei qui ha richiamato ?
  Mi è piaciuta l'ultima parte della relazione, ossia i ragionamenti da lei affrontati a proposito dell'affidamento dei servizi ferroviari, in particolare sull’incumbent. Anche in questo caso ha evidenziato l'assoluta difficoltà, per non dir altro, di trovare altri operatori che si mettano «in concorrenza»: è possibile sentire una sua riflessione su come risolvere la questione della presenza di questo incument in tutte le nostre regioni ?
  In particolare, augurandomi che tutte le regioni bandiscano le gare, un'ipotesi è quella di mettere insieme la gomma e ferrovie, non distinguendo le due gare: questo può essere, a suo avviso, un parziale strumento per rendere meno incombente l'attuale gestore monopolista in relazione a un ragionamento di gara ?

  PAOLO COPPOLA. Desidererei avere alcuni chiarimenti. Per quanto riguarda le inadempienze delle regioni nella definizione degli ambiti ottimali, vorrei sapere se sia possibile pensare un meccanismo in cui l'Autorità, nel caso appunto di inadempienza, possa suggerire l'ambito alle regioni e, eventualmente, far sì che ci sia un altro soggetto che li definisca a seguito di ripetute inadempienze.
  Intendevo chiederle cosa intendesse esattamente per fattori sociali, ma mi sembra che l'abbia ripetuto poi più e più volte. Più che di fattori sociali, probabilmente bisognerebbe parlare di un utilizzo errato di soldi pubblici. Se si tratta, infatti, di interventi che hanno a che fare con il welfare, andrebbero posti in altri capitoli del bilancio dello Stato. Forse una chiarezza sarebbe preferibile da questo punto di vista.
  Nella relazione ci ha ricordato che al 31 dicembre gli affidamenti non conformi cessano: vorrei sapere chi è il soggetto che stabilisce se gli affidamenti non sono conformi, se esiste, ed entro quale data questa non conformità deve essere definita.
  È chiaro che alcune regioni non hanno bandito le gare, ma c’è un passaggio in cui si dice che quelle che lo hanno fatto sostanzialmente e stranamente tendono a selezionare gli stessi operatori, quelli che già eserciscono il servizio. Vorrei che ci spiegasse meglio come mai esiste questa stranezza statistica e se si può pensare a qualche modifica normativa che riporti la distribuzione delle probabilità a un livello più accettabile.Pag. 9
  Infine, avanza nel documento alcune proposte relative al miglioramento della situazione di concorrenza con l’incumbent, richiamato anche dal collega Brandolin: vorrei che specificasse meglio alcuni passaggi. Per esempio, prevede che i lotti non siano ingiustificatamente ampi, come abbiamo già sentito in questa Commissione da altri auditi, ma a mio avviso l'espressione è un po’ troppo generica e vorrei sapere se esistono parametri più concreti che potremmo utilizzare.
  Allo stesso modo, si parla degli investimenti che dovrebbero essere definiti in modo da non ostacolare significativamente la partecipazione di operatori diversi dall’incumbent: le sarei grato se potesse fornirci alcuni parametri per cercare di rendere un po’ più concreti questi suggerimenti.

  VINCENZO PISO. Rivolgerò una domanda rapidissima e semplicissima. Mi interesserebbe conoscere la sua opinione sulla possibilità che il Governo intervenga con una legge di riordino complessiva sul trasporto pubblico locale. Abbiamo rilevato queste discrasie tra ordinamento nazionale ed europeo e credo che questa sia, insieme all'incertezza del dato economico, una delle due indicazioni che abbiamo riscontrato in tutti gli interlocutori che abbiamo avuto il piacere di incontrare durante quest'indagine conoscitiva, e che questi due fattori siano all'origine di una serie di contraddizioni o di impossibilità di intervento forte in un comparto che, invece, ne necessita da parte del Governo e della politica.
  Ritiene opportuno, giunti a questo punto, intervenire con una sorta di testo unico del TPL ? Quali elementi enfatizzerebbe in quest'eventuale intervento ?

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Porrei un paio di questioni. Ringrazio per questa relazione perché mi sembra abbastanza conclusiva anche rispetto alle varie questioni affrontate nelle diverse audizioni. Forse può aiutarci anche a provare a trarre delle conclusioni.
  Sicuramente, un primo tema è quello posto adesso dal collega. In effetti, la questione di una normativa coerente è sicuramente un tema che dobbiamo affrontare.
  Direi anche che il problema del trasporto pubblico locale è un po’ analogo al discorso della sanità, nel senso che non si può distinguere in maniera netta il pubblico inteso come azienda pubblica e il privato accreditato. Entrambi soffrono i guasti di una politica non trasparente. Il vero problema è proprio questo.
  I conti, dall'idea che mi sono fatta, non torneranno mai se il trasferimento da parte dello Stato sarà basato sull'ipotesi in cui le tariffe coprono il 35 per cento del costo complessivo. Siccome probabilmente le tariffe non coprono il costo nemmeno al 20 per cento e non si aumentano sia per il motivo distorto cui faceva riferimento il collega Coppola, cioè perché rappresentano un elemento anche sociale, sia perché non si ha una qualità del servizio adeguato, e quindi è complicato aumentarle, il trasferimento non riesce a coprire il costo restante.
  Ora, però, mi sembra che il vero problema della mancata trasparenza non sia semplicemente che non si bandiscono le gare in alcune regioni, ma che non si riesce nemmeno a valutare effettivamente la domanda. Credo che bisognerebbe trovare il modo non solo di imporre le gare, ma anche di un monitoraggio preventivo sulla domanda, non basata semplicemente sul costo storico, ma sull'esigenza di quel trasporto.
  Ieri leggevo che, nel treno purtroppo deragliato tra Foggia e Potenza, c'erano solo 4 utenti: meno male, ma questo la dice lunga anche sull'economicità di alcune tratte. Su queste economicità, però, non sappiamo niente perché non c’è un effettivo rilevamento della domanda che potrebbe essere quella che poi genera i bacini territoriali.
  Un'altra questione da porre è come si possa imporre un sistema informativo, perché abbiamo gli strumenti per verificare l'effettiva domanda, come le scatole nere o anche sistemi informativi collegati ai GPS, che consentano l'effettiva verifica del trasporto.Pag. 10
  Mi unisco anche alla domanda rivolta dal collega Coppola sulla scadenza del 31 dicembre 2013. Soprattutto, vorrei sapere come possiamo creare un rapporto trasparente, che determini un contratto trasparente, in cui ognuno sappia cosa deve fare e chi deve pagare la penale nell'ipotesi in cui ciò che è scritto nel contratto non è rispettato.

  PAOLO VITELLI. Mi unisco alla domanda della collega per capire perché oggi in Italia abbiamo un meccanismo di operatori che perdono EBIT nella misura dell'1,1 per cento. Questo, significa, peraltro, che essendo carichi di oneri finanziari, presumibilmente perdono molto di più, dato che la media europea è un attivo del 3,5 per cento.
  La questione è ancora più grave perché abbiamo ricavi per 1,8, un contributo di 2,2, che garantirebbero ricavi totali per 3,10, mentre in Europa abbiamo ricavi di 1,34 più un contributo di 1,4 e ricavi totali per 2,74, per cui perdiamo, se il conto è giusto, pur in presenza di ricavi superiori alla media europea.
  Apprezzo l'attività dell'Autorità, che soprattutto è garante della concorrenza e del mercato: cosa, però, garantiamo ? Garantiamo gente che deve concorrere per prendere servizi in perdita ? Un lavoro dovrebbe essere indirizzato a cercare le ragioni per cui il servizio è in perdita. È giustissimo garantire l'affidamento, la contrattualità, gli ambiti del servizio pubblico, i servizi minimi, le modalità di affidamento di servizi, ma mi sembrerebbe che la ricerca del perché siamo in perdita darebbe un senso a tutto questo lavoro di garanzia.
  Per capire perché i servizi sono in perdita sicuramente dobbiamo porci la questione della domanda, ma anche e soprattutto quella dei costi. La perdita è in genere il risultato di una domanda insufficiente o di ricavi insufficienti o di costi troppo alti. In questo caso, escludiamo una delle tre componenti, perché i ricavi sono largamente sufficienti e, anzi, sono i più alti d'Europa, per cui le componenti da valutare sono due, ossia la quantità della domanda e i costi dei nostri operatori.
  In merito ai costi dei nostri operatori, ho orecchiato nelle altre audizioni di un'anzianità media di 12 anni per ogni veicolo pubblico di trasporto locale nel territorio italiano, con punte anche più alte e con tutti i problemi di inquinamento che a questo corrisponde. Mi piacerebbe che qualcuno approfondisse il costo per chilometro di un mezzo di 12 anni di anzianità. Potrei fare un volo pindarico da privato, rispetto al leasing full cost di un mezzo acquistato con un finanziamento di 12 o di 10 anni che, essendo full cost, prevede che la manutenzione sia pagata dallo specialista che lo garantisce.
  Eccellente è questo lavoro, di cui la ringrazio molto, ma dovremmo sforzarci di capire come risolvere il problema a monte. Sicuramente, ha ragione la collega che va esaminata la domanda: aggiungo di esaminare il costo, perché mi sembra che nei 12 anni di vita possa esserci buona parte dalla risposta.

  MATTEO MAURI. Proverò a concentrarmi su un paio di riflessioni e domande anche sulla natura dei nostri ospiti di oggi, quindi provando a riflettere proprio sul tema della concorrenza e dell'Autorità per la concorrenza.
  In qualche modo, esiste già un giudizio espresso all'interno della documentazione sintetica che ci avete consegnato, ma che mi sembra ricca. Se dovesse dare un voto allo stato di liberalizzazione in questo momento in Italia, che voto darebbe d'istinto ? Ci ha già fornito quello sul ferro, quindi parliamo di quello su gomma. Avete quantificato i costi aggiuntivi che il sistema deve sopportare e che, di conseguenza, i contribuenti devono sopportare per questo deficit di liberalizzazione anche usando dei parametri europei ?
  Quanto agli ambiti, riflettete sulla grandezza degli ambiti ottimali e credo che lo facciate sia riguardo al trasporto pubblico locale su gomma sia a quello su ferro, complicato anche da quanto ricordava, dall'immagazzinamento, dal ricovero, dalla Pag. 11manutenzione e così via: fate la stessa riflessione per gomma e ferro, o ritenete che la gomma possa essere su una dimensione più ampia, o considerate gli ambiti ottimali quello di una media provincia italiana, consapevoli comunque che l'Italia è molto diversa dal punto di vista orografico e morfologico ?
  Vi soffermate molto su un'analisi un po’ critica sulla gara in Emilia Romagna, se non ricordo male, da 450 milioni per 22 anni, con ricambio totale di tutti i mezzi e tenendo presente che una certa quantità dei treni è già stata acquisita dalla regione e gli altri dovrebbero essere portati ex novo dal nuovo operatore o dal vecchio nel caso in cui sia Trenitalia a vincere di nuovo la gara.
  Considerate questi numeri e anche le condizioni che pongono, cioè disponibilità di nuovi magazzini, di nuovi luoghi dove ricoverare i mezzi, manutenzione, all'altezza oppure no ? Sul mercato europeo, ritenete che esistano soggetti che possono partecipare in maniera competitiva ? In particolare, mi riferisco ovviamente a DB, che mi sembra tra i soggetti interessati, e alla sua traduzione territoriale di arrivo dopo l'acquisizione. Mi interesserebbe capire il vostro punto di vista su questi temi.
  Infine, rispetto all'efficientamento e all'arrivo, che non si verificherà, dei privati a gestire un servizio in perdita, è chiaro che va presa la direzione di una spinta forte di efficientamento del pubblico. Secondo voi, quale è il tema, al netto del privato-non privato: applicazione costi standard ? Efficientamento del sistema con gradualità con penalizzazione e premialità ? Quale ritenete sia la strada più opportuna ?

  PRESIDENTE. Vorrei fare anch'io un intervento. Credo che un esempio relativo alla necessità dell'identificazione del servizio del trasporto pubblico locale sia anche l'interregionale. A mio avviso, parecchie tratte intercity sono usate dalle persone come utenza pendolare, ma sono gestite da Trenitalia come servizi al mercato.
  Ogni volta che interroghiamo il Governo in merito ai ritardi sulle tratte interregionali, ci viene risposto che sono servizi messi a mercato e che Trenitalia non riesce mai a mantenere sul mercato in attivo e ha sempre delle grosse perdite.
  Il punto è che questi treni sono perennemente pieni. I pendolari che li usano sono tantissimi. Il servizio che Trenitalia offre per questi treni interregionali è pessimo, le tratte sono servite da treni che hanno addirittura il sistema delle porte guasto, quindi si perdono 10-20 minuti a ogni partenza, a ogni fermata perché non si aprono le porte. Si tratta di esempi documentati da pendolari che hanno realizzato rilievi fotografici, rilevamento dei ritardi e pubblicazioni.
  La possibilità di mettere a gara un servizio come l'interregionale potrebbe essere una soluzione per spingere Trenitalia a erogare un servizio più efficiente e vorrei capire se, appunto, l'Intercity rientra in queste fattispecie.
  Inoltre, vorrei una valutazione da parte dell'Autorità in merito alla liberalizzazione dei dati inerenti al trasporto pubblico locale. Quando abbiamo avanzato questa proposta alle varie associazioni di rappresentanza, tra cui ASSTRA, ci è stato detto che la liberalizzazione di alcuni dati potrebbe creare dei problemi in ambito di concorrenza. Gli operatori magari non sono disposti a fornirli perché c’è una grave perdita di competitività. I dati al pubblico potrebbero rendere visibili i piani aziendali. Da questo punto di vista, come valuta l'Autorità la possibilità di rendere disponibili i dati ?
  Oltretutto, l'accesso a questi dati garantirebbe, oltre che la razionalizzazione dei costi e dei trasporti, anche un'ottimizzazione e la perfetta intermodalità dei sistemi di trasporto. Evidentemente, se le compagnie che offrono trasporto ferroviario non comunicano i dati relativi agli orari e alle tracce, all'affluenza passeggeri e ai costi, e le società che offrono trasporto tramite autobus fanno lo stesso, non c’è possibilità di renderli interoperabili, se non con uno sforzo maggiore. Bisogna, infatti, creare una nuova piattaforma Pag. 12in cui tutti i dati siano rielaborati in un secondo momento, con aggravi di costi e con più oneri.
  La Lombardia ha messo in piedi l'azienda Trenord, nata da Trenitalia e LeNord: come valuta questa soluzione per ovviare al problema dell’in house e alla messa a gara dei servizi ? Questa è stata proprio, a mio avviso, una mossa abbastanza scaltra e furba per evitare il problema.
  Do la parola al nostro ospite per la replica.

  GIOVANNI PITRUZZELLA, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Ringrazio tutti. Risponderei per grappoli di domande, molte delle quali estremamente approfondite e interconnesse, cominciando da un elemento comune a più interventi.
  Se vogliamo aprire alla concorrenza questo mercato, se gli operatori sono in perdita, non ci sarà nessun operatore economico privato disposto a intervenire. Questo, secondo me, è il cuore del problema non solo nel trasporto pubblico locale, dove si manifesta in modo più evidente e macroscopico, ma in generale in tutti i servizi pubblici.
  Permettetemi una parentesi. Nel mio ruolo istituzionale, mi capita sovente, soprattutto all'estero, di incontrare grandi operatori di fondi di investimento, americani e asiatici, e c’è un grande interesse per l'Italia in alcuni settori, come la dismissione del patrimonio immobiliare, ma anche nei confronti dei servizi pubblici locali, perché i servizi pubblici sono attività economiche che hanno una funzione anticongiunturale. Infatti se devo andare a lavorare, prendo ugualmente il treno o l'autobus, anche se in quel momento c’è una contrazione del reddito, quindi potrebbe essere un asset utile per il Paese, a condizione però che ci siano le condizioni per rendere profittevole l'investimento in questo tipo di settori.
  Naturalmente, dal punto di vista della mia Autorità, alcuni elementi sono centrali per arrivare a questo obiettivo finale. Non ho la ricetta, la ricetta la dovete pensare voi, io posso dare un contributo dal mio punto di vista. È essenziale che nell'affidamento dei servizi ci sia un'analisi economica, del costo effettivo in relazione al tipo di servizio che si produce. Se quest'analisi manca, tutto avviene in modo impressionistico, tendenzialmente per far sì – vengo proprio al secondo intervento – che tutto resti com’è, per fare sì che chi già eroga il servizio continui a erogarlo.
   Venendo alla prima domanda, a proposito delle modifiche legislative: con chiarezza bisognerebbe imporre a tutti i soggetti, quindi regioni e comuni, analisi economiche approfondite, magari fissando anche alcuni criteri, per quanto riguarda il tipo di servizio, di costo e di domanda. È vero, infatti, che non c’è un'analisi del tipo di domanda che si intende soddisfare. Non c’è il costo, non c’è la redditività dell'attività e neanche un calcolo effettivo degli investimenti necessari.
  Questo non può avvenire in astratto, ma va fatto area per area. Sotto questo profilo, si evidenzia anche il problema degli ambiti richiamato in una delle ultime domande. È vero che qui non esiste un ambito ideale. L'ambito dovrebbe ritagliarsi sulle caratteristiche del singolo territorio. In alcuni posti ci sono stradine di montagna con villaggi sperduti, in altri la viabilità è diversa, in altri ancora ci sono grandi conglomerati urbani con città metropolitane o, comunque, comuni molto vicini. L'ambito varia in funzione delle caratteristiche proprie del territorio, della domanda e così via.
  Dovremmo passare da un approccio politico in senso deteriore, nel senso di un approccio volto ad erogare il servizio e mantenere comunque l'azienda che lavora senza interessarsi d'altro, a un approccio probabilmente più razionale sotto il profilo dell'analisi del territorio, dell'analisi dei costi, dell'analisi della domanda.
  Chiaramente, però, se si fa questo – dobbiamo vedere i fatti con franchezza, altrimenti non faremo uscire il Paese dalla crisi – ci sarà quel costo sociale che ho descritto in termini che sono stati definiti paludati, ma è vero che in questo contesto Pag. 13probabilmente esistono aziende inefficienti, e parlo soprattutto del trasporto su gomma, che in alcune aree del Paese sono mantenute per evitare la disoccupazione e così via.
  È vero che talora le aziende pubbliche ricevono compensazioni per gli oneri di servizio maggiori rispetto al costo che sarebbe sopportato da un imprenditore efficiente, magari perché quelle aziende hanno molti dipendenti. Pensate alle aziende di trasporto pubblico locale di alcune realtà, soprattutto del Mezzogiorno, dove gli organici sono stati gonfiati.
  Il problema reale, di difficile soluzione, è quello descritto all'inizio: bisognerebbe, in teoria, distinguere i problemi del welfare e quelli di coesione sociale, importanti perché decisivi, dai problemi di efficienza dei servizi e di crescita economica.
  Abbiamo creato un meccanismo perverso: per risolvere i problemi di questione sociale, carichiamo tutto su attività che invece dovrebbero essere economiche, con la conseguenza che la questione sociale è assicurata a metà, data l'insoddisfazione, l'incertezza e così via, e comunque c’è un carico su quei servizi e quelle attività che non riescono a diventare motore di crescita.
  Separare i due aspetti e tenere con chiarezza conto del fatto che rendere efficienti certi servizi, renderli reddituali, favorire gli investimenti, comporterà dei costi, porterà ad affrontare i problemi sociali con strumenti diversi, forse a mio avviso – ma è una scelta politica che non sta a me, che seguo soltanto alcune delle vostre suggestioni – potrebbe essere una via utile per il Paese.
  Certamente, però, la premessa per passare a questo tipo diverso di atteggiamento è quella di conoscere la realtà in cui si opera. È qui, probabilmente, che siamo in una situazione di grande difficoltà. Dico con chiarezza che la mia impressione è che manchi un'effettiva conoscenza delle realtà di questo tipo. Forse uno dei compiti della neoistituita Autorità dei trasporti dovrebbe essere questo.
  Ci si è anche chiesti, andando a toccare un altro nervo scoperto del sistema, cosa succede se nessuno fa nulla. È stato detto sia con riferimento al mancato rispetto della scadenza del termine entro cui si devono regolarizzare le gestioni in house al fine delle eventuali gare, sia in generale se non c’è un adempimento previsto dalla legge.
  A mio parere di costituzionalista, dovremmo valorizzare i poteri sostitutivi nei confronti delle regioni e degli enti locali. Questo è, a mio avviso, un grande tema nel dibattito pubblico. Il regionalismo ormai è un dato strutturale, costituzionalmente coperto del sistema, ma non significa che, se una regione è ferma, non fa nulla, o se un comune è inefficiente, a pagarne le spese debbono essere i cittadini. A quel punto, creeremmo forme nuove di diseguaglianza che possono essere molto pericolose per la questione sociale.
  Bisognerebbe giocare sul tema dei poteri sostitutivi. Credo che, al di là di quanto possa avvenire per la classe politica regionale e locale, al cittadino importi poco se un'attività è svolta dallo Stato, dal comune o dalla regione, ma gli importi moltissimo che la sua domanda venga soddisfatta in modo adeguato.
  Secondo me, un tema da porre all'attenzione è quello proprio del potere sostitutivo. Certamente, si diceva che la regione deve effettuare l'analisi economica, valutare la domanda, le caratteristiche del suo territorio, stabilire il costo di un imprenditore efficiente con adeguati benchmark, adeguate comparazioni, vedendo quello che si fa, ma se non lo fa, dovrà essere qualcun altro a farlo.
  Mi riallaccio al tema evidenziato all'inizio, ma anche in un successivo intervento, delle regole. In materia di trasporto e servizi pubblici, c’è stato un modo di legiferare rapsodico, direi sulla base dell'urgenza del momento, creando un sistema normativo un po’ all'Arlecchino, costituito da tante pezze messe qui e lì.
  Forse sarebbe giunto il momento, avendo chiaro però l'obiettivo – se vogliamo il mercato o non lo vogliamo per Pag. 14esempio, come vogliamo risolvere i pro- blemi di carattere sociale e così via – di mettere mano a regole più chiare, che tengano conto di un disegno organico. Va preso in considerazione il problema dei poteri sostitutivi. Direi: poche regole, se mi permettete, ma chiare.
  Purtroppo, il nostro Paese, nelle classifiche di vari organismi indipendenti sulla competitività, è posto spesso in coda con riferimento ad alcuni fattori, tra cui la non certezza del diritto, dovuta all'amministrazione, ai tempi lunghi della giustizia, ma anche a un quadro normativo a monte spesso contraddittorio, non perché qualcuno sia stato cattivo, ma per un modo di procedere.
  Chiarire obiettivi e avere un disegno chiaro potrebbe essere importante e forse queste attività della Commissione potrebbero portare un risultato di grande interesse non solo per la qualità dei servizi ma, come ripeto, per il problema della crescita.
  Un altro tema ha fatto capolino in vari interventi quando si diceva che questo riguarda non tanto il trasporto su gomma quanto il trasporto ferroviario. Ci si chiedeva se possono arrivare operatori economici di altri Paesi: certamente, nel mercato unico possono avvenire queste cose, non bisogna creare barriere protezionistiche, ma dovrebbe essere posto all'attenzione della politica quando parla di concorrenza in genere il grande problema della reciprocità coi nostri partner europei.
  Se si consente, come si fa, agli operatori di altri Paesi di partecipare alle gare o che certe Autorità presiedano a che tedeschi o francesi possano partecipare in condizioni di parità, dobbiamo chiedere lo stesso quando i nostri operatori si trovano su altri mercati. La grande tematica del mercato unico è che va attuato. A mio sommesso parere, occorrerebbe che il Parlamento, nelle diverse articolazioni, dal momento che vive nelle Commissioni, conducesse una riflessione accurata.
  È giusto che si bandiscano le gare, importanti nelle varie regioni, che ci sia una pressione competitiva e che partecipano operatori che provengono da tutta l'Unione, ma è egualmente necessario che le imprese italiane, in questo caso le Ferrovie o altri, possono andare a competere in altri Paesi.
  Gli interventi spesso si intrecciavano e sono stati estremamente stimolanti, espressione del fatto che forse queste indagini conoscitive non hanno portato, nell'interazione tra parlamentari e operatori, alcuni punti di riferimento importanti. È stata sollevata, da ultimo, la questione dei dati.
  Vi dirò la mia in modo chiaro. Uno dei nostri snodi problematici, evidenziato anche brevemente nella relazione, ma che sottolineo, è che nel bandire queste gare le amministrazioni non hanno sufficienti informazioni da parte delle imprese sulla domanda, né hanno informazioni che consentano di definire i costi. È stata svolta allora in modo un po’ grossolano quell'analisi economica che dicevo o, comunque, non c’è. Non è vero che non devono essere resi pubblici i dati che servono a definire gara, costi e domande. Devono esserlo e il non farlo può essere pregiudizievole per la concorrenza.
  Altra è la conclusione sui dati riguardanti le politiche aziendali. Questo è un discorso diverso. Altro sono le scelte aziendali, che rientrano nelle modalità organizzative, in quelle che l'azienda sceglie per vincere la sfida concorrenziale. Va creata questa differenza di principio, ma alcuni dati sono fondamentali per le gare. Qualcheduno evita di fornire informazioni e questo fenomeno è uno degli elementi grazie al quale chi è presente nel mercato continua a esserci. Il discorso non riguarda solo il trasporto pubblico locale, ma anche altri settori, come quello della distribuzione del gas. Non si fornisce all'amministrazione l'informazione, si copia il bando già fatto – questa è la prassi – e si hanno maggiori possibilità di aggiudicazione per l'operatore uscente.
  D'altra parte, il competitore non sa realmente come stanno le cose, e quindi non sa che offerta formulare e se gli Pag. 15convenga intervenire nel mercato. Una certa trasparenza è importante e non mi riferisco alle politiche gestionali interne alla singola azienda, che riguardano l'autonomia dell'imprenditore.
  Quanto al caso Lombardia e Trenord, nutro qualche preoccupazione concorrenziale. In realtà, le aggregazioni di impresa, dal nostro punto di vista – è una tematica di carattere generale – vanno bene quando consentono a più imprese piccole di concorrere per l'affidamento di un servizio che altrimenti non poteva essere affidato. Vanno bene, cioè, se non si hanno individualmente i requisiti, e ci si unisce per mettere insieme le forze e concorrere, aumentando così la pressione concorrenziale.
  Vanno male quando si tratta di soggetti ciascuno dei quali ha i requisiti per concorrere e l'unione serve soltanto a fare in modo che tutte e due prendano il servizio per evitare la concorrenza, magari per mantenere alti i prezzi o, comunque, non realizzare efficienze. Ecco, allora, che su quella vicenda personalmente nutrirei qualche dubbio.
  Quello dell'Intercity è un tema difficile da risolvere. È vero che nelle scelte effettuate quello è un settore affidato al mercato, quindi non c’è un servizio pubblico, non ci sono oneri di servizio pubblico, non c’è neppure la compensazione per l'onere di servizio pubblico.
  Si potrebbe andare su alcune tratte – il mio invito è al pragmatismo, e quindi a guardare area per area – a soluzioni diverse, ma credo che questo dovrebbe rientrare tra i compiti della nuova Autorità dei trasporti. Perché restare vincolati ai confini amministrativi delle regioni, che sono nate peraltro non tenendo conto di ambiti economici omogenei, ma delle circoscrizioni amministrative ?
  Il problema è, in questo caso, chi fa la gara. Abbiamo regionalizzato il trasporto ferroviario come se le regioni fossero monadi compiute. In fondo, il nostro regionalismo sotto certi profili andrebbe ripensato, come i fatti legati all'economia ci impongono, ma questo non significa negarne l'esistenza. Questi ambiti geografici sono catene amministrative, mentre i fatti economici e sociali hanno delle dimensioni diverse.
  Quello riferito all'Intercity è, però, espressione di un problema ben più generale. Bisognerebbe studiare la possibilità che si creino gare bandite, per esempio, da più regioni o qualcosa del genere. C’è, a mio avviso, grande spazio per l'attività del regolatore.
  In ogni caso, è stato ribadito almeno in tre interventi che c’è troppa legislazione, troppe regole, una legislatore straripante, sovrabbondante. Servono poche regole, ma chiare, in parte dal Parlamento in parte dal regolatore e si potrà fare il testo unico di cui pocanzi si diceva. Perché non lo fa il Parlamento ? Non è necessario, per carità, che si proceda soltanto nel principio di una delega: perché il Parlamento non prende questo ruolo di soggetto che interloquisce con gli operatori economici e sociali e diventa il Parlamento della Repubblica più che il Parlamento di un sistema politico ?
  Mi pare di aver risposto almeno alle considerazioni principali. Un'ultima osservazione riguarda l'intervento che ha posto un'analogia con quanto avviene nel settore sanitario. Credo che con quest'osservazione si tocchi un'altra delle questioni cruciali quando si discute di servizi pubblici locali, quindi condivido pienamente.
  Noi abbiamo un tic culturale, per cui riteniamo che il servizio pubblico sia solo quello erogato dal soggetto pubblico e non dal soggetto privato. Non è vero. Conta la natura del servizio, che è pubblico. Questo potrebbe riguardare anche altri aspetti.
  Indipendentemente da chi lo eroga, il pubblico più generale deve fissare delle regole. Questo avviene nel trasporto pubblico locale. Forse si tratta di un tema che richiederebbe ben altra e ulteriore riflessione. Vi ringrazio e vi auguro buon lavoro.

  PRESIDENTE. A proposito della sua ultima affermazione sulla legge di riordino del settore, era uno degli obiettivi del Pag. 16presidente della Commissione quello di arrivare, a seguito dell'indagine conoscitiva, a scrivere da parte della Commissione una legge di sistema. Cerchiamo di tenerla in Parlamento e non delegarla al Governo. Sono scelte politiche che dobbiamo fare confrontandoci tra di noi. Speriamo di riuscire a farla.
  Ringrazio i rappresentanti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato per il loro intervento e per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato alla seduta odierna (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.45.

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