XVII Legislatura

IX Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Mercoledì 24 luglio 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 3 
Vetrella Sergio , Coordinatore della Commissione infrastrutture, mobilità e governo del territorio della Conferenza delle regioni e delle province autonome e assessore ai trasporti e attività produttive della regione Campania ... 4 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 9 
Catalano Ivan (M5S)  ... 9 
Gandolfi Paolo (PD)  ... 9 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 9 
Vetrella Sergio , Coordinatore della Commissione infrastrutture, mobilità e governo del territorio della Conferenza delle regioni e delle province autonome e assessore ai trasporti e attività produttive della regione Campania ... 9 
Braia Luca , Assessore alle infrastrutture, opere pubbliche e mobilità della regione Basilicata ... 10 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 11 
Coppola Paolo (PD)  ... 11 
Vetrella Sergio , Coordinatore della Commissione infrastrutture, mobilità e governo del territorio della Conferenza delle regioni e delle province autonome e assessore ai trasporti e attività produttive della regione Campania ... 11 
Mauri Matteo (PD)  ... 12 
Vetrella Sergio , Coordinatore della Commissione infrastrutture, mobilità e governo del territorio della Conferenza delle regioni e delle province autonome e assessore ai trasporti e attività produttive della regione Campania ... 12 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 13 

ALLEGATO: Documentazione depositata dai rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE POMPEO META

  La seduta comincia alle 14.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul trasporto pubblico locale, l'audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
  Diamo il benvenuto ad un'ampia e rappresentativa delegazione della Conferenza delle regioni e delle province autonome, che abbiamo convocato in sede di audizione sull'indagine conoscitiva del trasporto pubblico locale.
  Io non ritengo che dobbiamo ricordare ai nostri autorevoli ospiti il senso di questa nostra iniziativa, cioè dell'indagine conoscitiva che abbiamo avviato nel mese di giugno e che vorremmo chiudere a fine settembre. Si tratta di un'iniziativa che abbiamo ritenuto indispensabile innanzitutto per fotografare il quadro difforme che abbiamo in Italia sul versante del trasporto locale, in riferimento sia ad una legislazione che negli ultimi anni è stata confusa e discontinua fino a creare veri e propri problemi di logica, sia alle esperienze che ci sono in campo.
  La preoccupazione dalla quale siamo stati mossi tutti in Commissione è quella di tentare di salvare il trasporto pubblico locale non attraverso una nuova riforma organica, ma con la produzione di poche norme chiare e definite che consentano sia allo Stato, ossia al Governo, sia ai sistemi locali, a partire dalle regioni, di poter considerare il tema del trasporto pubblico locale alla stregua di altri diritti e di altri servizi, come l'istruzione e la salute, che sono sanciti e protetti dalla stessa Carta costituzionale. Ci muove semplicemente questa esigenza, in considerazione anche dei tempi che viviamo e della crisi.
  Giorni fa leggevamo alcuni dati riferiti a un'indagine svolta, che evidenziavano che, per la prima volta in Italia, il numero di auto rottamate supera quello delle auto immatricolate. Questo vorrà anche dire qualcosa. Vorranno dire anche qualcosa le diverse emergenze ambientali che abbiamo, soprattutto nei sistemi urbani e metropolitani. Vorremmo ripartire da questo tema e dalla centralità del trasporto pubblico locale chiedendo a tutti gli attori, a partire dallo Stato centrale, di fare fino in fondo e in modo coerente la propria parte.
  La Conferenza delle regioni è il luogo dove negli ultimi anni si sono decisi, in rapporto al Governo e allo Stato, i destini e le vicende del trasporto locale. Noi confidiamo, quindi, sul vostro ruolo, sul vostro peso e sulla vostra autorevolezza e riteniamo che con l'audizione di oggi Pag. 4possiamo avere ulteriore materiale col quale poter orientare le nostre riflessioni. Ripeto che la sfida che ci siamo lanciati reciprocamente è quella di riaffrontare in termini sistematici una legge di riforma.
  Sono presenti alla nostra audizione il professor Vetrella, coordinatore della Commissione infrastrutture, mobilità e governo del territorio della Conferenza e assessore ai trasporti e attività produttive della regione Campania, Luca Braia, assessore alle infrastrutture, opere pubbliche e mobilità della Basilicata, il dottor Giuseppe D'Angelo, la dottoressa Bocchetti, il dottor Alessandrini, il dottor Palmacci, il dottor Mirabelli e il dottor Schifini.
  Do la parola al professor Vetrella per la relazione introduttiva.

  SERGIO VETRELLA, Coordinatore della Commissione infrastrutture, mobilità e governo del territorio della Conferenza delle regioni e delle province autonome e assessore ai trasporti e attività produttive della regione Campania. Grazie, signor presidente. Buonasera e grazie a tutti gli onorevoli deputati della Commissione.
  A nome della Conferenza delle regioni e della Commissione che presiedo desidero immediatamente condividere appieno quelli che lei, presidente, ha illustrato come obiettivi della Commissione. È su questi che da tempo la Conferenza delle regioni e delle province autonome sta operando.
  Abbiamo fornito un breve sintesi dei punti più significativi che affliggono oggi il sistema dei trasporti. Cercherò di non limitarmi a leggere tutto il testo del documento che abbiamo depositato. Mi soffermerò solo su alcune parti che ritengo più importanti. Spero che abbiate tutti il testo davanti a voi. Posso leggerne alcune parti e illustrarle, presidente, con l'idea di prendermi qualche minuto di tempo, se me lo consente, considerata l'importanza del tema.
  Come lei diceva, presidente, quello dei trasporti è un settore da un po’ di tempo «sotto attacco», nel senso che è stato trasformato e riformato in vari modi negli ultimi anni, in particolare negli ultimi tre. Il tutto ha portato a una situazione di incertezza normativa e finanziaria che ha un impatto molto significativo. Cercherò di illustrarvene i punti salienti.
  Soltanto per dare un'idea delle problematiche che abbiamo affrontato negli ultimi anni bisogna dire che i tagli che, a partire dal 2010, si sono avuti sul trasporto pubblico locale sono stati dell'ordine di grandezza di mezzo miliardo di euro all'anno. Si può già considerare da ciò quale sia stata la situazione di fatto che tutte le regioni e le province autonome hanno dovuto affrontare, in particolare rispetto ai contratti di servizio, che erano sottoscritti e, quindi, costituivano obbligazioni tra le parti. In questo noi non abbiamo tenuto conto di effetti come l'inflazione e via elencando. Vi fornirò alcuni esempi più avanti.
  Chiaramente tutto ciò ha portato alcuni problemi significativi di bilancio e di capacità gestionale delle aziende. Tali problemi, a maggior ragione, sono diventati significativi per le aziende pubbliche, nelle quali, come è noto, il problema della dinamica del personale ha una rigidità molto più spinta che nel settore privato.
  I due punti sui quali mi soffermerò velocemente sono relativi agli aspetti economico-finanziari e agli aspetti regolatori del settore, ossia liberalizzazione ed efficientamento. La prima parte sulla quale mi soffermo è quella del quadro finanziario.
  Allo stato attuale delle leggi esiste un Fondo unico nazionale del trasporto pubblico locale, per una dotazione totale pari a 4 miliardi e 929 milioni di euro, che ha registrato in modo definitivo un taglio rispetto alle risorse storiche assegnate alle regioni prima del 2010.
  Diverse volte noi abbiamo messo in risalto un aspetto particolare del sistema economico-finanziario. In particolare, uno dei punti significativi è che, mentre una parte dei fondi arrivava alle regioni attraverso l'accisa, un'altra parte, che riguardava solo i contratti Trenitalia, arrivava Pag. 5da una diversa sorgente a livello nazionale, ossia da parte del Governo. Il valore totale dei contratti era dell'ordine di grandezza di 1 miliardo e 800 milioni di euro. Tale cifra era dedicata soltanto dalle obbligazioni contrattuali sottoscritte tra ogni singola regione e la società Trenitalia.
  Tenendo conto che questi contratti sono stati sottoscritti con una durata minima di sei anni, in quanto espressamente richiesto dall'articolo 7, comma 3-ter della legge n. 33 del 2009, e che, quindi, le regioni hanno dovuto sottoscrivere contratti di durata minima di sei anni con Trenitalia, lo Stato non ha mai riconosciuto, in questi anni, gli adeguamenti all'inflazione, che erano considerati condizioni non negoziabili dall'operatore. Lo Stato non ha mai, dunque, riconosciuto i costi dei nuovi servizi conseguenti all'attivazione di nuove infrastrutture, le quali, per giunta, erano finanziate dallo Stato stesso, sempre a carico delle regioni.
  A fine sessennio il valore dei contratti di servizio Trenitalia, considerando un contratto di sei anni, per le regioni a Statuto ordinario raggiungerà circa 2 miliardi di euro rispetto al miliardo e 800 milioni di euro di cui ho detto prima. Ciò significa che nel 2014, alla fine dei sei anni di contratto, per molte regioni ci sarà già una differenza di 200 milioni dovuta soltanto ai problemi inflattivi.
  Veniamo alla parte investimenti. Una porzione degli investimenti in Italia su treni e altre infrastrutture relative a materiale rotabile è, in alcuni casi, parte integrante dei contratti di servizio. In sostanza, una parte del nuovo materiale rotabile e dell'adeguamento del materiale esistente faceva parte dei contratti di servizio. Da un'analisi condotta dalla Commissione che mi onoro di coordinare risulta che molti di questi investimenti non siano stati fatti e questo elemento è stato messo in risalto in diverse occasioni.
  Nel frattempo, contemporaneamente, mancano i fondi dedicati alla manutenzione del materiale rotabile, non solo su ferro, ma anche su gomma. Oltre a questo si verifica il problema, che a volte viene trascurato e che noi abbiamo messo in risalto più volte, che una rete ferroviaria non solo ha bisogno di manutenzione ordinaria, ma, come qualsiasi bene, anche di manutenzione straordinaria e mentre la manutenzione ordinaria è parte integrante dei contratti di servizio, quella straordinaria non lo è.
  Orbene, a oggi non c’è alcun fondo che tenga conto delle esigenze di manutenzione straordinaria della rete. La criticità che deriva da questo sistema è stata messa in risalto in diverse occasioni. Vediamo alcuni elementi critici che abbiamo messo in risalto nel tempo.
  Si è passati dalla situazione in cui le regioni ricevevano direttamente i fondi dall'accisa e, per la parte restante, li ricevevano dal Governo in virtù del contratto stipulato con Trenitalia, alla nuova legge attuale relativa al Fondo nazionale di 4 miliardi 929 milioni di cui ho avuto modo di parlare prima, e per effetto della quale il fondo è stato ricentralizzato, in contrasto con la giurisprudenza costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità dei finanziamenti a destinazione vincolata in materie di competenza regionale.
  Un altro elemento è l'accordo Governo-regione del 21 dicembre 2011, che prevedeva la sottoscrizione di un patto sul trasporto pubblico locale con il quale definire le modalità di fiscalizzazione delle risorse per il TPL in attuazione del decreto legislativo n. 68 del 2011 sul federalismo fiscale.
  Un'altra problematica è la confluenza nel fondo delle risorse attualmente fiscalizzate in accisa su benzina e gasolio prevista dalla legge n. 244 del 2007, risorse che sono senza vincolo di destinazione e che finanziano anche politiche di spesa diverse dal trasporto pubblico locale, per esempio agricoltura e Fondo per i programmi regionali di sviluppo. Che cosa intendiamo ? Nel Fondo unico del trasporto sono stati fatti confluire i fondi dell'accisa sulla benzina e sul gasolio che prima, invece, arrivavano direttamente Pag. 6alle regioni. Ciò ha avuto un effetto negativo sugli equilibri di bilancio regionale, atteso che le risorse vincolate sono state finora destinate alla copertura delle spese generali, e ha avuto un peso anche sulla capacità di indebitamento delle regioni nel nuovo limite del 20 per cento, secondo quanto definito sulle entrate tributarie proprie e senza vincoli di destinazione. Il fatto che l'accisa che prima veniva versata direttamente alle regioni passi ora attraverso un fondo nazionale va a gravare sul bilancio delle regioni, le quali hanno, quindi, meno flessibilità nei loro bilanci.
  Un'altra problematica è rappresentata dall'inadeguatezza dell'accisa sulla benzina, ossia di un tributo scarsamente dinamico e in costante riduzione, per il finanziamento di un servizio come il trasporto pubblico locale, dove almeno il 60 per cento dei costi è riconducibile alla spesa per il personale. In una valutazione dei costi, dunque, un ordine di grandezza del 60 per cento è attribuibile solo alle spese per il personale.
  Per questa ragione noi abbiamo sempre chiesto, come regioni, la fiscalizzazione delle risorse per il trasporto pubblico locale e che essa fosse effettuata tramite aliquota addizionale IRPEF. Nel caso dell'accisa si arriva infatti ad un paradosso perché più una regione è virtuosa in termini di promozione del trasporto pubblico locale e quindi meno automobili circolano, meno accisa viene riscossa. Più si è virtuosi, pertanto, e meno soldi vengono dedicati al trasporto pubblico.
  Un punto fondamentale che oggi si rende necessario in Italia è uscire da una situazione che in media è sostanzialmente monopolistica per passare a un concetto di piena liberalizzazione. Questo non può essere fatto come stiamo facendo, ossia con un grosso sforzo a livello delle regioni, bensì attraverso gare europee con regole certe. Fare una gara per consentire alcuni investimenti richiede, però, un arco temporale piuttosto lungo del contratto di servizio.
  Orbene, se il contratto di servizio deve coprire un arco temporale piuttosto lungo, occorre la certezza delle risorse economiche. I funzionari regionali, infatti, per legge non possono impegnarsi a firmare un contratto pluriennale in cui le risorse non siano state date per certe al funzionario responsabile di firmare il contratto e di far partire la gara stessa.
  Un altro elemento è relativo all'aspetto tecnologico. Oggi un'ulteriore norma che vige, e che noi condividiamo pienamente, introduce un salto tecnologico non solo in termini di infrastruttura e di materiale, ma anche dal punto di vista dell'utilizzo da parte degli utenti dell'infrastruttura di trasporto. Cito, come esempi, l'introduzione della bigliettazione elettronica, l'informazione di tipo elettronico agli utenti, la possibilità di avere servizi a chiamata, tutti elementi che richiedono innovazione tecnologica.
  Ancora una volta è stato detto, ed è giusto, che l'impostazione volta a portare avanti un miglioramento tecnologico è corretta, ma che, se non ci sono ulteriori fondi, i costi non possono che ricadere nei contratti di servizio. Quindi, come abbiamo detto, all'interno del contratto di servizio, si devono prevedere risorse per il materiale rotabile su ferro, su gomma o su mare, per la manutenzione straordinaria, per l'introduzione delle tecnologie avanzate. Aggiungiamo a queste le risorse necessarie per rinnovo del contratto nazionale di lavoro per i lavoratori del trasporto, che richiede dopo sei anni di essere rivisto.
  Se per tutte queste spese non ci sono risorse da parte dello Stato, l'unica possibilità è fare sì che questi costi trovino una collocazione all'interno dei contratti di servizio. Ciò significa che, se oltre ai tagli che abbiamo avuto sul Fondo nazionale del trasporto per la parte che riguarda i contratti, si introducono in essi obblighi relativi al nuovo materiale, alla manutenzione straordinaria, alle nuove tecnologie e al contratto del personale, ci saranno ulteriori tagli ai servizi per i cittadini e di conseguenza un maggior numero di disoccupati.Pag. 7
  Detto questo, vado velocemente a trattare la liberalizzazione del settore. In questo ambito una prima problematica molto significativa che stiamo affrontando è chiedere che il Governo offra garanzie e anche che chiarisca il problema relativo alle gare per il trasporto pubblico locale su ferro in ordine alla disponibilità del materiale rotabile.
  Porto un esempio, per essere più chiaro. Un treno oggi in media richiede circa tre anni per essere acquisito. Dal momento in cui si decide di trovare un nuovo treno sul mercato, il tempo medio richiesto è di circa tre anni. Considerate che per fornire un servizio a volte ci vogliono 80-100 ordini di grandezza.
  Nel momento in cui chi interviene non ha la possibilità di acquisire il materiale dall'impresa che forniva il servizio precedentemente, vi rendete conto che si crea già una condizione di restrizione del mercato. Occorre, infatti, trovare qualcuno che sia pronto a investire sapendo che il contratto non gli sarà affidato prima di un determinato numero di anni e che solo dopo un determinato numero di anni, essendosi procurato i treni, potrà intervenire al posto di chi c'era prima.
  Un esempio significativo che abbiamo segnalato è che non è chiaro nella nostra legislazione quale deve essere il comportamento di Trenitalia. Allo stato attuale, con il livello di disponibilità di Trenitalia del materiale rotabile e anche delle relative pertinenze, tra cui i depositi, i sistemi e le officine, se si deve partire con le gare, deve essere chiaro se c’è per Trenitalia la possibilità di non mettere a disposizione il materiale che oggi utilizza per il servizio ferroviario. Nel fare le gare, quindi, ed offrire un'opportunità che l'Europa ci impone, dobbiamo richiedere un affidamento lungo. Quindi, nel frattempo, dovrebbe continuare a lavorare l'operatore attuale – porto l'esempio di Trenitalia, ma ci sono anche altri esempi sul territorio nazionale, per quanto Trenitalia sia sicuramente il più importante – ossia l'operatore precedente continuerebbe a gestire il servizio per gli anni che servono ad un altro operatore per intervenire sul mercato dopo che si è procurato materiali rotabili, depositi, officine e via elencando.
  Sempre nell'ambito della liberalizzazione, come dicevamo prima, pervenire ad una reale liberalizzazione significa anche contemplare la possibilità che ci siano problemi in termini di numero di lavoratori. Non è detto che facendo gare e introducendo l'ottimizzazione, come è già avvenuto in diversi casi, non ci sia poi un problema di impatto in termini, da una parte, di riduzione del numero dei lavoratori e, dall'altra, di trasferimento di alcuni lavoratori da una modalità ad un altra.
  Faccio un esempio. In alcuni casi la gomma è troppa e bisogna far aumentare il ferro. Il numero di lavoratori potrebbe restare inalterato, ma noi saremmo costretti a riqualificare alcuni lavoratori sulla gomma per renderli lavoratori del trasporto su ferro.
  Si aggiunge a questo il problema legato alla possibilità di trovarci con un numero di lavoratori che potrebbero dover essere accompagnati da misure di ammortizzazione sociale, misure che noi abbiamo chiesto più volte, riferendo al Governo che non è possibile pensare a un piano di efficientamento e di miglioramento del sistema, sul quale noi siamo pienamente d'accordo, senza prevedere – sperando poi di non doverlo utilizzare – un fondo che sostenga e possa accompagnare eventuali misure di ammortizzazione sociale.
  Un altro punto che abbiamo segnalato più volte è che, allo stato attuale, per quanto riguarda il contratto Trenitalia, in tutta Italia è stato imposto, attraverso la legge nazionale, un unico catalogo prezzi. In tutte le regioni noi abbiamo dovuto adottare il catalogo nazionale di Trenitalia, che, in base ad alcuni criteri, ha differenziato i costi del trasporto nelle diverse regioni.
  Un altro e ultimo elemento, prima di arrivare a una sintesi – vi ringrazio e vi chiedo scusa, perché forse ho superato i dieci minuti – è la problematica relativa all'assegnazione dei servizi ferroviari Pag. 8quando questi riguardino più regioni. Esistono, infatti, alcuni servizi ferroviari che «travalicano» una regione e comportano trasporti su più regioni.
  Mentre tanti anni fa, con l'accordo di Tivoli, alcuni servizi furono assegnati, con un determinato criterio, alle diverse regioni e altri sono rimasti come trasporti nazionali, oggi il tutto andrebbe rivisto alla luce di ciò che è avvenuto e del concetto del fondo nazionale di cui ho detto prima.
  Un altro e ultimo problema è come garantire l'uniformità degli obblighi nei confronti dei viaggiatori, tornando al discorso che facevamo prima di efficienza e di efficacia del sistema, nonché il monitoraggio del servizio, con tutto ciò che riguarda gli aspetti della tariffazione e del sistema relativo alla possibilità di valutare il numero di passeggeri.
  Arriviamo all'ultimo punto, ossia ciò che il DPCM attuale ha comportato in termini di valutazione dell'efficienza del sistema delle regioni, che cerco di sintetizzare.
  A partire da quest'anno sul fondo nazionale, con riferimento al valore del 100 per cento, il Governo trattiene il 10 per cento e non lo mette a disposizione immediatamente. Quel 10 per cento diventa, infatti, un fattore eventuale di penalità per le regioni. Il valore del fondo è di 4 miliardi 929 milioni di euro, consentitemi di dire 5 miliardi, arrotondando.
  Ciò significa che 500 milioni di euro per il 2013, così come per gli anni susseguenti, saranno trattenuti. Già per il 2013 sarà trattenuto almeno il 10 per cento, e la percentuale potrebbe anche aumentare, in base alla legge. Se entro la fine di ottobre le regioni non presenteranno i piani di riprogrammazione, perderanno il 10 per cento del loro fondo. Nel caso dei 5 miliardi di euro, si tratterà di 500 milioni di euro. Ogni regione perderà quindi risorse, in proporzione a quanto assegnato, sul 10 per cento di tale fondo.
  Dal 2014 in poi scattano, invece, a livello nazionale alcuni parametri di valutazione. I parametri fondamentali sono tre, di cui due prettamente legati al trasporto. Il primo è che bisogna dimostrare di aumentare ogni anno, rispetto all'anno precedente, il numero di passeggeri del 3 per cento. Il secondo è che bisogna aumentare del 2,5 per cento il rapporto ricavi/costi. Il terzo parametro riguarda la limitazione dell'impatto sociale sulla riduzione del numero dei lavoratori.
  Formalmente, in termini trasportistici, già dal 2014 le regioni saranno valutate in tal senso e, se non saranno in grado di dimostrare che stanno facendo questo incremento di anno in anno, subiranno penalizzazioni. Vi assicuro – mi permetto di dirlo solo per coloro che non sono esperti degli aspetti trasportistici – che questi valori, già così come sono, sono un obiettivo estremamente ambizioso e difficile da raggiungere, in particolare con le nostre condizioni al contorno. Il mancato raggiungimento di questi parametri farà scattare l'applicazione, dunque, della citata penalità.
  In conclusione, presidente, onorevoli deputati, io penso che l'azione che voi avete iniziato, in questi anni, il lavoro intenso – mi permetto di dirlo – della Commissione che io coordino e presiedo e di tutta la Conferenza delle regioni e delle province autonome, non può che trovare da parte nostra un grande plauso.
  Io penso che questo sia il momento giusto. Se noi non mettiamo a posto con alcuni interventi mirati la situazione generale, non sarà possibile partire con una vera rivoluzione di efficientamento all'interno del «sistema Italia» per fare in modo di erogare i servizi ai cittadini che la Costituzione richiede in termini di diritto alla mobilità.
  Ringrazio tutti per l'ascolto e sono pronto, presidente, se ci sono eventuali domande.
  Grazie.

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  PRESIDENTE. Grazie a lei per la chiarezza e per l'organicità dell'intervento che ha svolto a nome della Conferenza delle regioni.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  IVAN CATALANO. Grazie, presidente. Svolgo due considerazioni veloci. La prima è piuttosto semplice. Lei ha fornito un dato sui treni e ha riferito che ci vogliono tre anni per arrivare ad avere un treno funzionante sulla rete. Per quanto riguarda, invece, gli autobus ed eventualmente i mezzi navali ha un dato di confronto, in modo da poterli valutare nell'insieme ?
  Riguardo, invece, al finanziamento dell'intero sistema del trasporto pubblico locale, io concordo sul fatto che trovare le risorse per finanziare il trasporto pubblico locale prendendole dalle accise sulla benzina sia un po’ un controsenso e, quindi, volevo chiedere se avete un dato su quanto dovrebbe essere l'aumento IRPEF richiesto per coprire l'intera somma non dei 4 miliardi, ma dei 6,4 che servono per l'intero sistema del trasporto pubblico locale. Grazie.

  PAOLO GANDOLFI. Grazie, presidente. Volevo solo chiedere se tra le proposte c’è anche quella di uniformare ed eventualmente migliorare i criteri di ripartizione che le regioni possono usare anche per le risorse sui bacini provinciali, superando, se possibile, il criterio di ripartizione basato solo su dimensioni e chilometri percorsi e provando a introdurre alcuni criteri che diano riscontro anche dell'efficacia delle azioni messe in campo, come, per esempio, l'utenza trasportata. Grazie.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri colleghi che intendono intervenire, pongo io una domanda. Con riferimento al materiale rotabile, quello acquistato non dalle società di gestione, ma con i fondi pubblici, statali o regionali, io credo che sia a disposizione dell'esercente. Ciò vale per gli autobus e anche per i treni. Un tempo era così e non credo che siano intervenute norme nuove.
  I treni delle Ferrovie dello Stato Spa comprati dalle Ferrovie dello Stato Spa con fondi della società sono di proprietà di Ferrovie dello Stato SpA. Gli autobus dell'ATM di Milano o dell'ATAC di Roma comprati con i fondi dello Stato sono dello Stato e sono a disposizione di chi esercisce il trasporto pubblico. Così credo.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  SERGIO VETRELLA, Coordinatore della Commissione infrastrutture, mobilità e governo del territorio della Conferenza delle regioni e delle province autonome e assessore ai trasporti e attività produttive della regione Campania. Mi permetto di rispondere in ordine agli onorevoli deputati che mi hanno indirizzato le loro domande.
  Per quanto riguarda l'aspetto autobus, ovviamente il tutto dipende dal numero che si deve acquistare. In termini di capacità produttiva non c’è, però, una capacità produttiva infinita. La risposta non può essere deterministica. Quanto all'ordine di grandezza, per poter avere un autobus oggi il tempo è di circa un anno. Dal momento in cui si decide, per tutti gli aspetti anche amministrativi che intercorrono, di fare la gara per l'acquisto, se va bene passa un anno. Dipende comunque dal numero. Per quanto riguarda un mezzo navale, che sia un aliscafo o una nave, deve considerare che passano due o tre anni, anche in quel caso, come se si trattasse di un treno.
  Per la parte IRPEF mi permetto di dire che noi non abbiamo mai proposto di aumentare l'IRPEF. Noi abbiamo proposto di trasformare quanto si incassa oggi come accisa per avere maggior certezza dell'ammontare negli anni in IRPEF.
  Noi non abbiamo mai proposto, quindi, di aumentare l'IRPEF, ma soltanto di trasformare quanto oggi si incassa da un punto di vista di accisa in Pag. 10IRPEF per avere un criterio che abbia una maggiore costanza nel tempo e che consenta di poter fare le gare.
  Per quanto riguarda la domanda sulla ripartizione che noi chiamiamo storica, riferisco immediatamente che stiamo lavorando in questa direzione. Per poter fare questo, però, abbiamo bisogno di criteri oggettivi.
  La mia Commissione reputa che il momento migliore per avere elementi oggettivi sarà quando saremo obbligati, entro la fine di ottobre, a presentare i piani di riprogrammazione. Per la prima volta le regioni dovranno certificare, con una delibera di Giunta o del Consiglio regionale, un documento ufficiale allo Stato e a tutte le altre regioni, in cui dovranno dimostrare con quale criterio stanno efficientando e hanno efficientato. Dovranno cioè, per la prima volta, valutare i loro costi standard, in modo tale che sia noto a tutti attraverso quale procedura si è arrivati a realizzare un documento ufficiale.
  Dal punto di vista della Conferenza delle regioni e della mia Commissione, noi stiamo già andando in questa direzione e stiamo già lavorando su questo. Io ho messo in azione una serie di Commissioni tecniche della mia Commissione politica per arrivare a questo risultato e, per la prima volta, ci stiamo coordinando tutti per fare in modo che il documento di riprogrammazione sia basato su uno standard comune per tutti. Quello dovrebbe essere il momento per vedere se realmente, su parametri oggettivi, ci sia uno scompenso tra le diverse regioni.
  Per quanto il presidente mi ha richiesto, le debbo dire, purtroppo, che quello che attraverso un determinato filo di logica pensavo anch'io fino a quando facevo l'ingegnere aerospaziale o il senatore, oggi, in effetti, è stato modificato: c’è un parere dell'Autorità che dice che, per quanto riguarda i beni, essi vanno messi a disposizione di chi interviene successivamente se sono beni non facilmente reperibili sul mercato.
  Ciò significa che, nel momento in cui io, anche se sono un ente pubblico, non sono proprietario in prima persona del bene, chi lo possiede, che potrebbe essere un ente pubblico o un ente privato, non ha obbligo per legge di cedermelo. Se un ente pubblico possiede il bene, se io, come regione Campania, ho un autobus di mia proprietà, il problema è banale. Nel momento in cui ci sia un ente pubblico o un ente privato di qualsiasi natura che non me lo vuol mettere a disposizione, poiché un autobus si può procurare in un anno e un treno in tre, la legge dà il tempo a chiunque in Europa di poterselo procurare, ma chi c'era prima non ha il dovere di cederlo, non paga nessuna penale e non c’è modo di costringerlo. Questo è un caso che abbiamo già vissuto in diverse regioni italiane e, quindi, non è un problema teorico. È un problema reale, che abbiamo già affrontato.
  Presidente, spero di aver risposto alla sua domanda.

  LUCA BRAIA, Assessore alle infrastrutture, opere pubbliche e mobilità della regione Basilicata. Presidente vorrei fare una breve integrazione. Vorrei intervenire sul punto della riprogrammazione. Vorrei, però, prima confermare quanto già detto dal presidente e unirmi a lui, che è stato perfetto nella sua esposizione, nonché rivolgere un ringraziamento a tutti voi e al presidente della Commissione, a nome di tutti, per quest'occasione, che spero verrà rinnovata nelle prossime settimane. Ciò avverrebbe a valle di un lavoro che la Commissione sta facendo con il Governo all'interno di una cabina di regia istituita alcune settimane fa, che produrrà, immagino, un lavoro che sarebbe opportuno proseguire.
  Anche a nome di Sergio Vetrella chiedo che il presidente della Commissione ci accolga per un'audizione aggiuntiva quando sarà pronto un documento che avremo concordato con il Governo all'interno della cabina di regia che il Pag. 11Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha voluto mettere in campo e che è già al lavoro su questi temi.
  Dopodiché, una riflessione che vorrei che tutti prendessero a cuore, e che prende spunto da una domanda posta, è quella dei servizi minimi. Uno dei punti oggettivi al centro delle riflessioni che stiamo facendo sul tema della riprogrammazione del trasporto pubblico locale, che interessa tutte le regioni, è quello di riuscire a cogliere il senso che sempre più negli ultimi anni ha svolto e svolge il trasporto pubblico locale come servizio di coesione sociale. In alcuni territori questo è veramente l'unico elemento rimasto che metta le comunità nelle condizioni di collegarsi tra di loro.
  Nella logica di assicurare a comunità distribuite in maniera molto diversa regione per regione, con regioni piccole che hanno territori grandi, come la mia, e con distribuzioni di popolazione che sono estremamente eterogenee nello stivale, noi abbiamo l'obbligo di garantire a tutti, bambini o anziani, i servizi minimi, ossia i collegamenti con l'istruzione, con la sanità, con la pubblica amministrazione.
  Garantire questi servizi all'interno di regioni molto diverse tra di loro costringe a un lavoro di riprogrammazione adeguato e attento. I criteri di riparto debbono avere, oltre al merito e alla valutazione della capacità di rendere efficiente un sistema, anche l'obiettivo di tenere in piedi un sistema sociale fortemente a rischio, con la progressiva diminuzione di investimenti che non riguardano solo il trasporto, ma anche il sistema viario e il sistema infrastrutturale di base.
  Negli ultimi trent'anni in questo Paese, lo voglio dire a tutti, non si è investito in maniera adeguata nella realizzazione di quelle infrastrutture che consentono una mobilità efficiente in tutta la nazione, ragion per cui il costo del trasporto pubblico locale conseguente è stato molto influenzato da questi parametri.
  È troppo facile, lo dico anche in maniera un po’ polemica, ragionare in termini di efficienza, se non si passa attraverso l'operazione, che noi stiamo facendo, di recupero di un'efficacia dell'azione di riprogrammazione. Un conto è tendere all'efficienza, un altro pretendere elementi oggettivi di valutazione assolutamente impossibili da garantire.
  Chiedo a tutti i parlamentari che affronteranno questi temi di adottare princìpi e concetti di riflessione che abbiano questo punto alla base.

  PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di intervenire per una domanda il collega Coppola.

  PAOLO COPPOLA. Proprio relativamente a quest'ultima questione volevo capire bene se, rispetto ai due indicatori di performance che voi avete individuato come critici, ci sono proposte alternative di indicatori di performance che misurino efficacia ed efficienza del servizio, oppure se la vostra proposta è quella di eliminarli a prescindere.

  SERGIO VETRELLA, Coordinatore della Commissione infrastrutture, mobilità e governo del territorio della Conferenza delle regioni e delle province autonome e assessore ai trasporti e attività produttive della regione Campania. Innanzitutto un punto fondamentale su cui stiamo lavorando intensamente è quello di lavorare sul concetto dei costi standard. Già il fatto stesso di stabilire qual è la base di gara da parte di un'amministrazione pubblica richiede un'attenta analisi tecnico-economica per quanto riguarda il costo standard.
  Per quanto riguarda quei due parametri, non li abbiamo introdotti noi. È il Governo che li ha introdotti nella legge e sono quelli operanti. Le percentuali sono state da noi trattate con il Governo per cercare di ridurle e, in particolare, in alcuni casi, come diceva precedentemente il mio collega, di modularle in base a una situazione pregressa e anche di stato delle singole regioni.
  Farlo in modo dimensionale uguale per tutti fin dal primo momento, senza Pag. 12partire dalle situazioni attuali, non è corretto. Prendiamo il caso del numero dei passeggeri e ipotizziamo che, in un caso, il valore iniziale sia zero. Un conto è passare al 3 per cento da zero, un altro è partire dal 30 per cento e aumentare del 3 per cento.
  Quello che noi abbiamo messo in risalto è che è strano che per tutte le regioni si considerino tutti i valori allo stesso livello dal primo momento. Noi avevamo proposto un'alternativa a questo sistema. Sono questi i due elementi fondamentali.
  Grazie.

  MATTEO MAURI. Io condivido molto la drammaticità della situazione, che emerge dalla relazione. Tutti abbiamo avuto sott'occhio in questi anni la riduzione delle contribuzioni pubbliche e le difficoltà complessive e sappiamo bene che le regioni sono state in prima linea anche nei rapporti col Governo, anzi con i diversi Governi che si sono succeduti.
  Analogamente, sappiamo che il gap che c’è tra ciò che veniva erogato in passato e ciò che viene erogato oggi è ancora molto consistente anche col nuovo regime e siamo tra coloro che si sono dibattuti anche sul tema del trasporto pubblico locale nelle sue differenti accezioni, quella del ferro, ma anche quella della gomma.
  Vorrei, però, da lei un paio di dati, o di valutazioni di informazioni, anche rispetto a precedenti audizioni che noi abbiamo fatto, a partire da quella, per esempio, con Ferrovie dello Stato, con Trenitalia.
  In particolare, mi interessavano due dati: vorrei sapere qual è la situazione debitoria complessiva e se ci sono punte particolarmente alte da parte delle regioni nei confronti di Trenitalia o di altri operatori. Noi sappiamo bene che la riduzione dei finanziamenti ha spinto alcune regioni a intervenire in maniera anche molto radicale nella ristrutturazione del servizio e dell'offerta, a volte pagando anche un prezzo politico per il taglio di alcune linee. In altri casi, invece, si sono fatte ristrutturazioni che hanno effettivamente sortito risultati.
  Vorrei capire quali sono le regioni più virtuose, che hanno fatto interventi che possano essere riprodotti su scala nazionale e quanto, secondo voi, si debba incentivare chi ha fatto queste operazioni o disincentivare chi non le ha fatte, in modo da spingere a realizzarle.

  SERGIO VETRELLA, Coordinatore della Commissione infrastrutture, mobilità e governo del territorio della Conferenza delle regioni e delle province autonome e assessore ai trasporti e attività produttive della regione Campania. La ringrazio. Lei ha posto due domande importanti.
  La prima è relativa a quale può essere il debito delle regioni nei confronti di Trenitalia in base ai contratti di servizio, se ho capito bene. Le debbo dire immediatamente che tale debito va diviso in due parti. Una prima parte deriva da una situazione di confusione che c’è stata negli ultimi tre anni, per effetto della quale, in alcuni casi, che vi posso anche menzionare, i soldi dell'anno precedente sono arrivati l'anno seguente. Una parte dell'aspetto debitorio, la più significativa, è dovuta, dunque, al fatto che sui bilanci delle regioni non sono arrivati quei soldi.
  Un altro aspetto riguarda, invece, il Patto di stabilità. In alcuni casi, anche arrivando i soldi, il Patto di stabilità non consente immediatamente di poter pagare il dovuto. Occorre un'analisi relativa a quanto, rispetto a questo ammontare, sia un reale debito e, quindi, un credito reale che non è possibile esigere da parte di Trenitalia, in quanto le regioni non ce l'hanno.
  Mi scusi, sono stato forse poco chiaro. Ci sono fondi che noi abbiamo e che forse, anche se in ritardo, arrivano comunque. Quello che, invece, a me sembra critico è se c’è una parte di questo ammontare che per qualche ragione non arriva.
  Le chiedo scusa, non ho questo dato, ma penso che il mio dirigente, il dottor D'Angelo, potrà prendere nota. Anche per quanto riguarda la nostra conoscenza, Pag. 13come Commissione, faremo un'analisi per conoscere questo valore in modo oggettivo da parte di tutte le regioni.
  Il mio dirigente mi ricordava che, mentre Trenitalia sostiene che deve avere ancora soldi da noi, bisognerebbe spiegare dove sono andati a finire i soldi che avrebbe dovuto investire per i nuovi treni e per tutto il resto. Qui, però, entriamo in un concetto di contenzioso.
  La seconda domanda è relativa ai tagli che sono stati quasi «obbligati» per tutti. Sui tagli la maggior parte delle regioni è dovuta intervenire nel ridurre la percentuale, in base a quanto consentiva il contratto, da un punto di vista di contratto.
  In termini di quanta efficienza ci sia debbo rifarmi al discorso di prima. Potrò rispondere alla sua domanda quando avremo, come Commissione, documenti oggettivi, certificati e validati sulla base della riprogrammazione. Solo allora potrò fornirle dati veramente oggettivi, altrimenti si tratterebbe di autodichiarazioni delle regioni. Potrei dire che la Campania è la regione più efficiente d'Italia e ovviamente direi una bugia.

  PRESIDENTE. Con quest'affermazione chiudiamo l'audizione. Vi ringrazio, anche per il documento che avete depositato e di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto della seduta (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.50.

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