XVII Legislatura

IX Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 24 di Giovedì 8 gennaio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catalano Ivan , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA DEI SERVIZI DI MEDIA AUDIOVISIVI E RADIOFONICI

Audizione di rappresentanti di Club DAB Italia S.c.p.a.
Catalano Ivan , Presidente ... 2 
Natucci Sergio , Direttore operativo di Club DAB Italia S.c.p.a ... 2 
Catalano Ivan , Presidente ... 7 

ALLEGATO: Documentazione depositata dai rappresentanti di Club DAB Italia S.c.p.a. ... 8

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE IVAN CATALANO

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Club DAB Italia S.c.p.a.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, l'audizione di rappresentanti di Club DAB Italia S.c.p.a.
  Ringrazio il dottor Sergio Natucci, direttore operativo di Club DAB Italia, per aver accolto l'invito della Commissione, e gli do la parola per lo svolgimento della relazione.

  SERGIO NATUCCI, Direttore operativo di Club DAB Italia S.c.p.a. Grazie a lei, grazie al Presidente Meta e agli onorevoli membri della Commissione per averci ricevuto e per dedicarci attenzione per un'informazione generale su un fenomeno che spesso è molto trascurato, se non addirittura dimenticato, diversamente rispetto a quanto accade negli altri Paesi europei: l'evoluzione verso il digitale delle diffusioni radiofoniche.
  Abbiamo chiesto di essere ascoltati anche in relazione alle dichiarazioni che sono state fatte in questa sede da alcune associazioni di categoria e da altri soggetti che hanno in qualche modo trascurato questo problema – se non addirittura dato informazioni forse non del tutto esatte.
  La radiofonia digitale ha uno standard ben preciso che si chiama «DAB +», oggi commercialmente definito «digital radio». È già attivo e si sta diffondendo in tutta Italia, nonostante molte difficoltà per l'uso della banda di frequenza VHF III.
  Non esiste un altro standard in Europa e quello di cui vi dicevo sopra è uno standard sviluppato in tutti i Paesi europei. Non esiste un problema di frequenze, come è stato dichiarato in questa sede, per lo sviluppo di questa tecnologia, salvo che non si destinino ad altri utilizzi e ad altri servizi le frequenze che teoricamente, in Italia e nel resto d'Europa, sono destinate al servizio della radio.
  Esistono forti resistenze in Italia – e da qui deriva il fenomeno di rallentamento di questa evoluzione rispetto al resto d'Europa, tema sul quale farò un breve excursus – perché le frequenze della banda VHF III erano in origine, storicamente, destinate alle diffusioni televisive. Essendo il nostro un sistema dove la maggioranza delle imprese, a parte le emittenti radiofoniche nazionali, sono imprese radiotelevisive, capite che questo problema è diventato non un conflitto di interesse (come si dice spesso nel nostro Paese), ma un vero impedimento.
  Questo vale anche e soprattutto per la concessionaria pubblica Rai. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni a novembre del 2009 ha regolamentato tutto il sistema radiofonico digitale, ma poi ha proceduto molto lentamente. La radio, in sostanza, per fare una sintesi, ha il diritto allo sviluppo della rete digitale per garantire Pag. 3un servizio libero, gratuito, in fruizione mobile qual è quello storico della radiofonia. Non esistono altre alternative. Chi sostiene che la radio si può fare in tecnica digitale, in Internet, sulle reti di telecomunicazioni, sulle reti televisive, esprime dei concetti che non sono materialmente oggetto di una possibile attuazione.
  Chiarisco che il Club DAB Italia, di cui poi vi darò alcune informazioni, è membro, fin dalla sua fondazione, del Forum mondiale sulla radio digitale, il World DMB Forum, che ha al suo interno 120 componenti, tra cui tutti i servizi pubblici dell'Europa, dell'Asia, dell'India, dell'Australia. Insomma, è un forum mondiale importante.
  La società svedese Teracom ha condotto uno studio su 5 milioni di abitanti, che se volete è disponibile: se in Svezia si dovessero diffondere attraverso Internet gli attuali programmi radiofonici diffusi in forma circolare, occorrerebbero 192 mila terabyte al secondo, quindi una quantità e un impegno di rete attualmente indisponibili. Non solo, ma come dicevo la radio è un mezzo libero e di gratuito e facile accesso.
  La radio digitale non è altro che «la naturale evoluzione del mezzo radiofonico» (articolo 24 della legge n. 112 del 2004), ossia la possibilità di ricevere programmi radiofonici tradizionali, con l'aggiunta di dati, servizi multimediali e altre informazioni, in tecnica digitale, cioè con una qualità e una capacità di diffusione molto più efficace dell'analogico e ovviamente anche con un'assoluta mancanza di interferenze e di sovrapposizioni, perché tutto pianificato e canalizzato.
  Noi abbiamo deciso di non farvi una relazione ma di lasciarvi una presentazione molto sintetica, sebbene abbastanza lunga (non la esporrò tutta, ovviamente, ma la sintetizzerò), perché contiene un certo numero di dati di più facile lettura rispetto ad una relazione scritta.
  In Italia il digitale radiofonico è stato regolamentato, come dicevo, dall'Agcom con la delibera n. 664 del 2009, che prevede tre canali nazionali, uno pubblico e due di operatori privati, e fino a undici multiplex locali.
  Successivamente a questa decisione, l'Autorità, con molta lentezza, ha iniziato a pianificare: prima il progetto pilota del Trentino, poi esteso a Bolzano; il 23 dicembre è stata pianificata una parte del Piemonte, la Valle d'Aosta e l'Umbria.
  Passando a qualche breve informazione sulla nostra struttura, il Club DAB Italia è una società consortile per azioni, costituita secondo le direttive dell'Agcom, perché l'esercizio delle reti radiofoniche è possibile solo da società consortili. Diversamente dal settore televisivo, in cui tutti sono diventati operatori, e nel settore televisivo locale adesso se ne vedono le conseguenze, essendoci frequenze non utilizzate, capacità assolutamente sprecate e una situazione di difficile gestione, nel radiofonico fin dall'inizio si è pensato a operatori consortili che potessero gestire una sola frequenza, all'interno della quale è possibile diffondere fino a 12-16 programmi radiofonici, quindi un uso assai razionale dello spettro e una grande economicità di sistema.
  Club DAB Italia è il primo operatore radiofonico; opera in base ai diritti d'uso nazionali ottenuti nelle aree già pianificate e ha un'autorizzazione provvisoria che gli permette di operare sul canale 12 (blocco C) in tutta Italia. È composto da Monradio, emittente del Gruppo Mondadori, dalle tre emittenti del Gruppo Elemedia, Gruppo L'Espresso (Radio DeeJay, Radio Capital, m2o), da Nova Radio (del gruppo del Sole 24Ore), da RDS, da Centro di produzione (Radio Radicale) e dall'associazione Radio Maria.
  Questi soggetti rappresentano il 50 per cento delle emittenti radiofoniche nazionali e la nostra rete copre già il 62 per cento della popolazione italiana in ricezione esterna. Essendo la radio, nel nostro Paese, ascoltata soprattutto in mobilità (il 64 per cento degli ascoltatori della radio utilizza la radio anche e soprattutto attraverso l'autoradio), la prima copertura Pag. 4che stiamo facendo è una copertura «esterna», quindi outdoor. Copriamo 4 mila chilometri di autostrade.
  Gli altri due operatori sono: EuroDab Italia, un altro operatore nazionale che ha una copertura simile alla nostra, perfino più estesa, che si aggira intorno al 65 per cento, ma chiarisco che i dati sono di nostra stima e non coinvolgono ovviamente questi signori; Rai, con una copertura molto inferiore, ma non abbiamo una stima esatta. La Rai dichiara circa il 40 per cento: non so se questa copertura sia effettiva, più alta o più bassa, comunque è decisamente inferiore. Il discorso sulla concessionaria pubblica, però, vorrei approfondirlo alla fine del mio intervento, perché è uno dei vulnus di questo sistema.
  Molto importante è la diffusione in Alto Adige, dove esiste un'azienda pubblica e operatore di rete, la RAS, che ha raggiunto una copertura del 95 per cento del territorio. È un'azienda che fa anche l’indoor, quindi la ricezione interna. Il 20 per cento delle famiglie della provincia, quindi circa 45 mila famiglie hanno già almeno una radio digitale. Nella zona di Bolzano si sta iniziando anche a non fare più manutenzione sugli impianti FM, in modo da far crescere e dare sempre più rilevanza a questo ascolto. Nella sola provincia di Bolzano, con il sistema digitale sono oggi ricevibili 90 programmi in qualità assolutamente perfetta.
  Ci sono poi alcuni operatori locali, sia a Trento sia a Roma, che lavorano a Trento e a Bolzano con i diritti d'uso e a Roma con un'autorizzazione provvisoria.
  Oltre a questi, nel nostro Paese opera anche Radio Vaticana, che ovviamente è una emittente estera.
  La situazione in Europa è molto estesa e importante. Ci sono Paesi che hanno già deciso la data di chiusura della diffusione analogica in FM. La prima è la Norvegia, che cesserà queste trasmissioni il 1o gennaio 2017; per il Regno Unito è in programma, il 6 febbraio, una conferenza da parte della Bbc e del gruppo che sostiene la digital radio in Inghilterra, che ha annunciato che dal primo gennaio 2017 inizierà l'operazione di dismissione. Non c’è un vero switch-off, nel Regno Unito, ma l'abbandono graduale della diffusione in FM.
  La Danimarca cesserà questa diffusione nel 2019; la Svizzera inizierà a dismettere dal 2019, quindi switch-over e non switch-off. Gli altri dati potrete leggerli nel documento che abbiamo depositato.
  Siamo, dunque, vicini al punto di non ritorno. Questo è importante perché, quando parlerete del problema della televisione, delle reti televisive, delle frequenze, delle famose frequenze da ridestinare eventualmente alle emittenti locali e così via, in questo contesto credo che sarebbe opportuno tenere conto di questo sistema, che non vuole togliere niente agli altri ma vuole assolutamente presidiare il suo e cercare di impedire che qualcuno, come al solito, si dimentichi della radio.
  Nel nostro Paese ci si dimentica sistematicamente della radio. La radio ha perso drammaticamente, negli ultimi quattro anni, più del 30 per cento del proprio fatturato. Oggi il sistema radiofonico fattura complessivamente meno di 400 milioni di euro. Capite che, rispetto al sistema televisivo, stiamo parlando di biciclette nei confronti di aeroplani. Quindi, siamo veramente un elemento molto debole del sistema e, soprattutto, un elemento che rischia di diventare ancora più debole se non passa al digitale.
  Vi abbiamo preparato alcuni grafici perché spesso abbiamo l'idea, anche noi che lavoriamo in questo settore, che la radio sia tutto sommato un mezzo in decadimento. Abbiamo fatto un'analisi dei dati Audiradio dal 1988 al 2014 e, come potrete vedere dai grafici contenuti nel documento che depositiamo, la radio non solo tiene l'ascolto, ma lo tiene anche nelle varie classi di età. Ovviamente si è appesantito perché, vivendo di più rispetto a tanti anni fa, c’è un ascolto sempre più fedele anche delle persone âgées. Comunque, si mantiene anche l'ascolto dei giovanissimi, che ha avuto una crisi tra il 1999 e il 2009, in questo decennio, ma poi ha incredibilmente – nonostante tanti luoghi comuni – recuperato.Pag. 5
  Come vi dicevo, la radio in Italia è ascoltata per il 64-65 per cento degli utenti in automobile, ma complessivamente c’è un ascolto anche di cross-medialità della radio. La radio si ascolta in televisione, sugli smartphone, in Internet, in varie piattaforme. Ma la radio vive e potrà vivere solo se avrà la sua rete, perché solo con la sua rete è possibile sviluppare un business che abbia poi le condizioni economiche per sostenersi.
  In una fase di passaggio qual è quella che stiamo vivendo, qualcuno potrebbe chiederci, considerato che in alcune zone c’è la radio digitale e in altre no, come ci si deve comportare, ad esempio, se si acquista un'automobile. Poi vedremo che alcuni Paesi europei sono già arrivati al 96 per cento di auto con apparati DAB, ad esempio il Regno Unito; in Italia sono circa 120 i modelli che sono offerti dal mercato, dall'anno scorso, da quando abbiamo iniziato a fare una campagna di marketing, chiamando la radio digitale non più DAB (acronimo non semplice da diffondere in termini pubblicitari e di marketing) ma digital radio, così come viene chiamata in Germania, in Svizzera, in Inghilterra, in Olanda, in Polonia, con un termine che, anche se inglese, è d'effetto ed è comprensibile in tutti i Paesi.
  Dunque, in un'autovettura dotata di un apparato DAB, quando non c’è copertura DAB quell'apparato, con un servizio denominato «service following», automaticamente cerca la stessa stazione in analogico e la propone immediatamente all'ascolto. Gli ultimi modelli non hanno neppure una discrasia temporale dovuta ai due sistemi e alla complessità delle codifiche dei due sistemi, ma il passaggio avviene automaticamente. Quindi, anche nelle zone non coperte da servizio digitale gli utilizzatori dell'auto potranno seguire gli stessi programmi senza alcuna interruzione.
  Pongo brevemente alcune questioni. La prima: perché DAB e non rimanere in analogico. A parte tutti gli elementi di sistema globale, di convergenza, di cross-medialità, che ci dicono che il nuovo universo è solo digitale, considerando che gli attuali soggetti FM sono circa 1.090 nel nostro Paese (erano 4 mila nel 1990, si sono ridotti notevolmente), se noi trasformassimo tutti questi soggetti in programmi digitali non perderemmo niente, ma i gestori di questi impianti passerebbero da 1.090 a 80-90, con una semplificazione totale del sistema.
  Inoltre, i costi di esercizio delle reti digitali sono dieci volte più bassi. Le potenze massime utilizzate nelle reti digitali sono di 2 kilowatt per gli impianti più grandi, con un utilizzo sistematico di impianti che vanno da 250 a 500 watt, quindi stiamo parlando di lampadine nei confronti degli impianti FM, che nel nostro Paese oscillano fra i 10 e i 50 kilowatt per impianto. Dal punto di vista ambientale, dell'inquinamento elettromagnetico e del consumo elettrico, considerando che parliamo spesso, in alcune serate, di spegnere le nostre lampadine per dare un po’ di fiato alla terra, pensate quanto si potrebbe risparmiare in termini di impatto ambientale con il passaggio alle tecnologie digitali.
  In secondo luogo, perché la radio digitale e non il broadband o altri sistemi legati alla diffusione in rete ? Come dicevo prima, la risposta è nella enorme quantità di spazio, di byte che sono necessari se davvero tutti quelli che oggi ascoltano la radio – e in Italia sono circa 35 milioni di persone ogni giorno – la dovessero ascoltare attraverso queste reti. I costi comunque non sono gratuiti, quindi un sistema, anche solo pensando a Internet, che diffonde i programmi radiofonici a un intero Paese ha dei costi alti per l'utilizzatore e altissimi per chi li diffonde. Al momento, noi riteniamo che questa rimarrà la scelta per molti anni, considerate anche le scelte fatte da tutti i Paesi europei.
  Vorrei concludere dandovi una panoramica rispetto alla campagna di marketing che abbiamo iniziato ad agosto del 2013. Si tratta di un consuntivo fatto pochi mesi fa. In Italia ci sono 1.200 punti vendita che offrono apparati digitali. Nel documento c’è una foto che abbiamo inserito per smentire chi ha detto che non ci sono ricevitori: ci sono ricevitori di tutti i costi, da 30 a 300 euro, a seconda della qualità, del tipo di prestazione, a seconda Pag. 6che abbiano uno schermo video o semplicemente un'indicazione della stazione.
  Pensate che nel digitale non si cerca più la frequenza, ma quando si accende la radio dalla lista di tutte le stazioni ricevibili si sceglie quella che si vuole e non c’è più da ricordarsi le frequenze, poiché le radio sono tutte codificate con il nome.
  Noi abbiamo comunicato il seguente messaggio: «Muoviti ! Cerca la nuova frontiera: una radio che è perfetta e che non ti delude». L'impegno delle emittenti radiofoniche, soprattutto nazionali, che stanno sostenendo il trasferimento verso il digitale rappresenta, se facciamo i conti analogici, su poco più di 35 milioni di ascoltatori nel giorno medio, ben 22 milioni. In altre parole, il pacchetto di ascoltatori che le emittenti che trasmettono in digitale si portano dietro è di 22 milioni. Quindi, è una scelta importante.
  Digital radio è stato un brand immediatamente accettato anche da tutto il settore automotive. Nel documento troverete una slide con l'immagine di una recente pubblicità della FIAT 500 L, che riferisce che per 14 mila 900 euro c’è il clima, una serie di sistemi di sicurezza, l'U-connect, un sistema Internet di comunicazione sull'informazione stradale, e la digital radio. Quindi, non stiamo parlando di qualcosa che stiamo immaginando, ma di qualcosa che è già nel mercato. Come dicevo, 1.200 store, 120 modelli di auto (25 l'hanno di serie), 4 mila chilometri di autostrade servite.
  Dopo avervi detto chi siamo e cosa facciamo, chiudo dicendovi che cosa proponiamo, poiché è giusto, in un'audizione, non solo fare un panorama ma dire quali possono essere gli atti concreti. Prima di tutto, occorre un impegno concreto, con tempi e investimenti credibili, da parte della concessionaria pubblica Rai.
  La nostra concessionaria non è traino di questo fenomeno di innovazione. Lo è, invece, in Svizzera, Paese che addirittura ha fatto due passaggi: è passata dall'analogico al DAB, il primo standard con un sistema di codifica audio MPEG-2, poi dall'MPEG-2 siamo passati al DAB + con l'MPEG-4. Quindi, in Svizzera si sono compiuti ben due passaggi e a rompere il ghiaccio è stato il servizio pubblico. Lo stesso vale in Germania, in Belgio, in Danimarca, in Svezia, in Olanda. Per non parlare dell'Inghilterra, dove la Bbc trasmette in digitale dal 2000.
  Per la nostra concessionaria il contratto di servizio prevedeva, all'inizio del 2000, il 60 per cento di copertura in digitale. Ne sono certo perché ci sono state discussioni e dibattiti accesi su questo. Era scritto nel contratto di servizio, che riporta obblighi e finanziamenti. La Rai non ha provveduto alla copertura del 60 per cento, tanto che, come avete visto, oggi la copertura è inferiore. È stato riproposto in altri contratti di servizio, ma la nostra concessionarie è riottosa rispetto a questo obbligo.
  L'anno scorso il direttore generale, in una conferenza stampa, a Trento, ha detto che avrebbe investito 6 milioni di euro nel passaggio alle tecnologie digitali radiofoniche. A me risulta che sia stata fatta una sola gara, pubblicata ad agosto del 2013, per circa 550 mila euro e pochi giorni fa, prima di Natale, è stata fatta una gara per 9 milioni di euro per il rinnovo degli apparati FM della nostra rete della concessionaria pubblica.
  Se molti Paesi dell'Europa si stanno domandando che cosa fare dell'FM, se ci si sta interrogando su quanta vita può avere l'FM – come è accaduto per l'onda media – sinceramente mi domando quale politica di innovazione faccia la nostra concessionaria di Stato, che oltretutto è anche finanziata con il denaro pubblico. Fa qualcosa di diverso dal resto d'Europa, quindi forse se ci fosse un impegno concreto si accelererebbe questo passaggio.
  È necessario calendarizzare tutta la pianificazione d'Italia e fare un piano non solo per il Piemonte, la Valle d'Aosta, l'Umbria o la provincia di Trento e Bolzano, ma un piano complessivo.
  C’è il problema vero della banda VHF III, cioè questa porzione dello spettro che qualcuno vorrebbe destinare alle emittenti televisive locali, quindi bruciando tutte le possibilità di sviluppo del digitale radiofonico. Come dicevo prima, il nostro Paese Pag. 7ha scelto di far diventare operatore di rete ciascun concessionario televisivo, dando a ciascuno la possibilità di moltiplicare per sei, per otto, i programmi, mentre qui si è fatta una scelta più razionale. Ciononostante, è chiaro che le televisioni locali hanno il loro diritto non a sopravvivere, ma a vivere ed espandersi, però vorremmo che non lo facessero per l'ennesima volta sulla nostra pelle. Riteniamo che la radio rappresenti comunque un'esigenza.
  Pensate che nella provincia di Bolzano con il digitale la Protezione civile è in grado di dare informazioni georeferenziate a ciascun automobilista, in quell'istante, su quello che può accadere sulla strada e non solo sulla strada, a costo zero.
  Credo che la radio abbia veramente dei compiti da assolvere in modo molto serio. Bisogna anche rivedere seriamente i criteri con cui il Governo, con la legge di stabilità, delibera un forte sostegno economico alle emittenti locali. È giusto che ci sia un sostegno, ma noi riteniamo che, come avviene per esempio in Svizzera, il sostegno sia legato a vari fattori di contenuto. La radio è contenuto, ovviamente con la sola musica la radio non vivrebbe. Ci sono portali, ci sono tanti altri sistemi per ascoltare la radio. Ma è bene che ci sia anche il vincolo del digitale e che questi finanziamenti pubblici siano un elemento per le emittenti locali che le spinga in questo nuovo mondo, per non arroccarle nel mondo passato e per recuperare, per quelle che non hanno ascolto, il deficit pubblicitario.
  Occorre migliorare determinati elementi antitrust, per evitare che ci sia una concorrenza non corretta tra i due operatori privati nazionali e tra questi e la Rai, soprattutto nella moltiplicazione dei programmi. I multiplex non hanno tutti lo stesso numero di programmi, quindi c’è chi può moltiplicare per cinque, sei, sette, otto il proprio programma e chi, invece, non ha questa possibilità per aspetti tecnici.
  Occorre semplificare le procedure per l'attivazione degli impianti digitali. Credo che noi abbiamo acceso – il nostro responsabile della rete potrebbe confermarlo – la candelina del primo compleanno della domanda fatta a Varese per la sostituzione di un impianto televisivo, senza toccare neppure le antenne esterne, ma non riusciamo ad avere l'autorizzazione. Quindi, capite che è veramente difficile.
  Mentre in Inghilterra in questi giorni è stato ricordato, in un avviso mandato a tutti i cittadini per il pagamento del bollo automobilistico, che tra poco ci sarà il cambio ed è stato sottolineato che la radio digitale è importante, in Italia non c’è una campagna pubblica di informazione – esclusa quella che abbiamo fatto noi con 7 mila spot, che abbiamo organizzato e pagato tutti insieme – sui vantaggi e sulle possibilità della radio digitale.
  In tutto questo contesto, è chiaro che le attuali norme sull'FM e sull'analogico non possono essere toccate. Torno a dire che è assurdo che si pensi di fare modifiche di qualsiasi tipo all'assetto analogico finché non è finito il passaggio al digitale.
  Dico solo che per noi la radio digitale non è più il futuro, ma il presente. Crediamo che possa essere un vantaggio non solo per il sistema radiofonico ma, senza voler essere demagogici, per il sistema Paese. Segnalo infine che nel documento che abbiamo depositato (oltre che ovviamente sul nostro sito Internet) ci sono i nostri contatti. Per chiunque voglia avere informazioni più approfondite o di qualsiasi altro tipo siamo a disposizione.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Club DAB Italia per il loro intervento e per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato alla seduta odierna (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.40.

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