XVII Legislatura

IX Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 21 di Mercoledì 19 novembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catalano Ivan , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA DEI SERVIZI DI MEDIA AUDIOVISIVI E RADIOFONICI

Audizione di rappresentanti di CONNA (Coordinamento nazionale nuove antenne).
Catalano Ivan , Presidente ... 3 
Albanesi Mario , Presidente di CONNA (Coordinamento nazionale nuove antenne) ... 3 
Catalano Ivan , Presidente ... 7 
Nizzi Settimo (FI-PdL)  ... 7 
Tullo Mario (PD)  ... 7 
Catalano Ivan , Presidente ... 8 
Albanesi Mario , Presidente di CONNA (Coordinamento nazionale nuove antenne) ... 8 
Nizzi Settimo (FI-PdL)  ... 8 
Catalano Ivan , Presidente ... 8

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE IVAN CATALANO

  La seduta comincia alle 9.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di CONNA (Coordinamento nazionale nuove antenne).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, l'audizione di rappresentanti CONNA (Coordinamento nazionale nuove antenne).
  Ringrazio Mario Albanesi, presidente di CONNA, per aver accolto l'invito della Commissione e gli do la parola per lo svolgimento della sua relazione.

  MARIO ALBANESI, Presidente di CONNA (Coordinamento nazionale nuove antenne). Grazie, signor presidente. Rappresento un'associazione no profit che ha 38 anni di vita. Come tale, posso affermare concetti e idee che altre associazioni, purtroppo, tacciono, perché sono vincolate da interessi ben precisi.
  Arriviamo subito alla questione che ci interessa maggiormente ai nostri giorni: il digitale terrestre, che riguarda un buon numero di emittenti in gravi difficoltà. Vedremo di quali emittenti si tratta.
  In tempi piuttosto lontani, nel 2008-2009, uscivano sul nostro giornale di categoria articoli dai titoli eloquenti, quali «Il digitale brutale», «L'imbroglio digitale» e «Tutti a casa ?». Noi, come associazione no profit, avevamo intravisto il grande pericolo che si celava dietro all'avvicendamento tecnologico, che avrebbe potuto essere un'autentica benedizione se fosse stato gestito in modo diverso, perché avrebbe permesso di ricavare da un'unica frequenza in analogico un certo numero di canali indipendenti di ottima qualità. Il numero dei canali ricavati avrebbe dovuto dipendere dalla frequenza in analogico e dalla fedeltà del canale stesso, ovvero la cosiddetta «banda passante».
  Invece, l'intero avvicendamento è stato gestito in modo pessimo e possiamo immediatamente scendere nei particolari. Le televisioni che utilizzano una frequenza, sulla quale trasmettevano in analogico, come abbiamo visto, hanno potuto con il passaggio al digitale moltiplicare i loro canali, «multiplexare» per dirla in gergo tecnico, e ricavare un certo numero di canali, in genere sei, numero considerato un ottimo compromesso tecnico.
  Una gestione oculata e onesta avrebbe previsto di lasciare solo un canale dei sei al possessore della frequenza in analogico, devolvendo i cinque canali restanti a cinque emittenti diverse. Invece, venne che l'emittente che possedeva quella frequenza analogica potesse utilizzare tutti i sei canali ricavati dalla quella frequenza con il passaggio al digitale.
  Ovviamente, ci si accorse dopo poco tempo che attraverso questo sistema le frequenze non sarebbero bastate per tutte le emittenti, perché un conto è assegnare all'emittente che possedeva la frequenza i cinque canali restanti rispetto a quello da Pag. 4concederle per continuare a trasmettere e un altro conto sarebbe stato distribuire i cinque canali residui a cinque emittenti diverse. Ci si è accorti improvvisamente che mancavano punti di trasmissione.
  Pertanto, si è ricorsi a stratagemmi, come quello di dar luogo ad una graduatoria, provvedimento assolutamente inaudito, perché si sono escluse emittenti che operavano anche da svariati decenni. A Roma c’è un caso clamoroso, quello di Telestudio, che, a causa di questa graduatoria, è stata privata della sua frequenza e, quindi, ha dovuto chiudere, le trasmissioni, licenziando ben quindici dipendenti. Telestudio ha fatto ricorso, non solo al TAR e al Consiglio di Stato, che in questi anni si sono in parte resi complici di ciò che stava accadendo, ma direttamente alla procura della Repubblica, dicendo: «Da 36 anni noi operavamo e improvvisamente siamo stati interdetti». E questo è accaduto perché mancavano le frequenze.
  Non solo: si è giunti persino ad espropriare, ricorrendo ad un provvedimento gravissimo, che non è stato utilizzato neppure in situazioni ben più pressanti, come quelle relative alle abitazioni. Ricorderete al riguardo la vicenda del cosiddetto «provvedimento Paone» che fu duramente giudicato e respinto dalla Cassazione: l'allora pretore Paone, rifacendosi all'articolo 835 del Codice civile tuttora in vigore, aveva stabilito che potevano essere espropriate case di abitazione sfitte, ritenute comunque un bene primario, esattamente come le granaglie a cui si faceva riferimento nel 1800, cioè due secoli fa.
  In questa occasione, invece, si è arrivati all'esproprio dei canali che ha avuto come conseguenza tra l'altro un esborso da parte dello Stato di somme cospicue, a causa della penuria di frequenze. Si sono quindi tolte d'autorità le frequenze, ma si sono dati un po’ di soldi, che potevano essere risparmiati dallo Stato. Sto parlando in questo caso delle frequenze della banda 800 Megahertz, che va dal canale 61 al canale 69-70. Oggi si è addirittura arrivati a ipotizzare l'esproprio della banda 700, cioè dei canali che vanno dal 50 al 60, con altri esborsi di somme ingenti da parte dello Stato (si è parlato di 20 milioni, ma mi pare che siano stati elevati a 40). Sono soldi che lo Stato potrebbe risparmiare.
  Già da questo si capisce qual è stata la gestione. Non c’è aggettivo sufficientemente duro per definirla. L'intero mondo dell'informazione, l'intero mondo politico e l'intero mondo tecnico hanno taciuto, perché così facendo si sarebbero ottenuti degli scopi ben precisi. È stato lasciato il possesso di ben sei canali a emittenti locali che a malapena potevano gestirne uno, magari con programmi anche scadenti, dal momento che, come sappiamo, il mondo della pubblicità, è chiuso dalle emittenti nazionali ed è come si suole dire, è «drogato». Le emittenti locali si arrangiano come possono per dar luogo a una programmazione accettabile, decente.
  Queste emittenti locali, secondo piani ben precisi, avrebbero ceduto le armi, perché non erano in grado di gestire sei canali. In questo modo, si otteneva la chiusura delle piccole emittenti e, nello stesso tempo, si concedevano ben quattro o sei frequenze, secondo il tipo di Mux, alle grandi reti nazionali. Si ottenevano, quindi, due scopi. La scelta non è stata casuale, ma è stata pensata ad arte.
  Si è arrivati all'assurdo: le emittenti che possedevano una frequenza analogica e che dopo il passaggio al digitale gestivano altri cinque canali, spesso ripetendo incessantemente i programmi già trasmessi, non riuscivano più ad essere identificate, mancando l'assegnazione del numero sul telecomando. Si è generata una buffa vicenda. Gli ascoltatori improvvisamente non erano più in grado di trovare l'emittente che fino al giorno precedente, prima dello switch off, trovavano facilmente digitando un determinato numero sul telecomando, malgrado questa trasmettesse su ben sei canali.
  Anche questa è stata una gestione paradossale, che è passata inosservata, o che è stata gestita sottotono volutamente, perché qualcuno capiva cosa si stava facendo ma ha preferito non toccare certi interessi.
  Le stesse reti nazionali, in primo luogo il servizio pubblico, non hanno mai parlato Pag. 5di questo. Avete mai visto una trasmissione della Rai che affrontasse questo fondamentale problema dell'emittenza e della diffusione di massa, attraverso la televisione o attraverso la radio ? Non dobbiamo dimenticare il mezzo radiofonico. Io non ne ho mai viste.
  L'ultima trasmissione mandata in onda dalla Rai risale a vent'anni fa. Allora erano presenti le imprese che rappresentavano grandi interessi ed erano escluse le associazioni come la nostra, che avrebbero potuto perlomeno inserire l'ombra di un dubbio. Fummo esclusi, come altri, e passarono le più grosse nefandezze. Io non esito a definire la vicenda del digitale «un crimine radioelettrico».
  Riepilogando, e partendo dall'analogico: le frequenze impegnate nei vari bacini d'utenza erano circa 40, ovvero c'erano 40 punti di frequenza utilizzati da 40 emittenti diverse. Con il digitale, potendo da una frequenza ricavare sei canali, con l'uso di appena quindici frequenze anziché 40 si sarebbero ottenuti 90 canali utilizzabili da tutti, soggetti esistenti e soggetti ne avessero fatto richiesta, tanto erano numerose le possibilità offerte da questi canali ottenuti in multiplex. Questo non si è fatto e nessuno ne ha parlato. Nessuno ha detto nulla ! Come si può uscire da questa situazione oggi ? Ormai difficilmente perché sono state fatte delle scelte precise, talvolta irreversibili.
  Parliamo ora delle presunte interferenze. Perché gli Stati che si dicono interferiti, per esempio quelli appartenenti alla ex Jugoslavia nella parte prospiciente la costa adriatica italiana e la Svizzera, prima non avevano protestato ? Lo fanno oggi perché sanno di dare un aiuto allo Stato italiano, che vuole liberare frequenze al ogni costo per darle alle multinazionali telefoniche.
  Comunque, diamo per provate le interferenze. Gli Stati balcanici sono interferiti dall'Italia. Come si può uscire da questa situazione ? Espropriando ancora una volta canali alle emittenti locali italiane, oppure facendo un censimento delle presunte emittenti italiane disturbanti le stazioni estere, per stabilire, per legge che chi oggi dispone di sei canali sia tenuto a devolverne obbligatoriamente due alle emittenti che saranno obbligate a liberare le frequenze interferenti e che quindi dovranno interrompere la prosecuzione della loro attività ? Se ne potrebbe uscire così.
  Personalmente, ho parlato con il sottosegretario Giacomelli e devo dire che ho trovato in lui una grande disponibilità, forse perché a suo tempo ha diretto Canale 10 di Firenze e, quindi, è al corrente dei grossi problemi che l'emittenza locale deve affrontare.
  Al sottosegretario Giacomelli ho anche detto che, a differenza dell'emittente che lui ha governato a lungo, le emittenti locali mediamente sono a un livello più basso. Questo fa parte delle nostre vedute in quanto associazione no profit. Il CONNA pensa infatti che esistano due tipi di emittenza «locale» molto identificabili e molto diversi tra loro.
  La prima è l'emittente locale come la intendiamo tutti, quella che racconta ai suoi ascoltatori cosa succede nel raggio di quindici, venti o trenta chilometri da dove opera. In caso di necessità o di calamità naturali, questo tipo di emittenza è in grado di rendersi utile, aiutando i vigili del fuoco, informando la popolazione e informandola, anche perché quasi tutte le emittenti locali dispongono di mezzi autonomi di sussistenza. Producono energia elettrica in proprio e, quindi, mentre magari la rete elettrica nazionale viene interrotta, loro sono in grado di continuare a trasmettere e a essere ricevute dalle autoradio e da piccole radio a batteria, assicurando quella comunicazione che gli ascoltatori, in caso di calamità naturali, non avrebbero.
  Tra questa appena descritta e l'emittenza nazionale, c’è un tipo di emittenza che non è né nazionale né locale, che magari serve quattro o cinque regioni. Si è cercato in tutti i modi di favorire questa fascia di emittenti. La fascia che invece noi ci ostiniamo a difendere da 38 anni è quella che serve ai cittadini.
  Veniamo all'ultimo punto di questa esposizione, che forse può risultare un po’ Pag. 6caotica, perché, come sapete, c’è tanto da dire nel settore della trasmissione televisiva e radiofonica. Veniamo ai problemi derivanti dalla numerazione LCN sul telecomando.
  La nostra associazione aveva fatto una proposta un po’ provocatoria all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni: al servizio pubblico, gestito oggi dalla Rai e domani magari da qualche altro operatore (non sappiamo come finirà la vicenda), devono essere riservati i primi numeri del telecomando (1, 2 e 3). Gli altri numeri composti da una sola cifra devono essere destinati alle emittenti locali.
  Questa nostra proposta era un po’ provocatoria, ma aveva una sua efficacia, perché l'ascoltatore medio per guardare un'emittente nazionale che gli interessa è anche in grado di formare due o tre cifre. Sul satellite, per esempio, sono tre le cifre che bisogna digitare. Invece, chi vuole ritrovare un'emittente locale che prima vedeva e riceveva in analogico non ha la pazienza di digitare tre cifre, ma ne vuole digitare una sola.
  Telenorba in Puglia, ad esempio, ha bisogno di risultare ai primi posti. Preciso che Telenorba non è un nostro iscritto, e il soggetto titolare non ci è particolarmente simpatico. Dico questo per sottolineare che non siamo qui per difendere interessi particolari, tutt'altro. Telenorba, che in Puglia ha un ascolto in certi casi superiore alla Rai, merita di avere uno dei primi nove numeri del telecomando. Allora, non concedendo alle emittenti nazionali i primi numeri ma dando loro numeri a tre cifre sul telecomando e dando numeri ad una cifra ad alcune emittenti locali, tv locali e nazionali saranno sullo stesso piano, anche sotto il profilo del servizio pubblico.
  Questa, che sembrava una proposta provocatoria, è stata ripresa dal commissario Ruggeri, o perlomeno questo mi è giunto all'orecchio. Ripeto, questa ipotesi metterebbe tutti sullo stesso piano.
  Quella che era una proposta provocatoria è diventata di grande attualità: tre numeri per tutti e tutti sullo stesso piano. Gli ascoltatori farebbero presto a ricordarsi i numeri, e la questione si chiuderebbe così.
  In alternativa, poiché potrebbe succedere che Telecapri, Telenorba o altre emittenti locali riescano a conquistare i fatidici numeri 8 e 9, ne seguirebbero immediatamente una serie di ricorsi che andrebbero avanti non si sa quanto, con il risultato di immobilizzare nuovamente la regolazione definitiva della questione LCN.
  Noi purtroppo dobbiamo subire un'azione dell'Agcom che non esito a definire nefasta. Lo dichiariamo pubblicamente, perché è la verità, anche se i giornali si sono ben guardati dal parlarne. Il 24 settembre ci siamo recati sotto il palazzo dell'Agcom a Roma a manifestare. Abbiamo chiamato un buon numero di emittenti, che sono venute da tutta Italia. Abbiamo fatto una manifestazione, promettendo che, se la nostra piattaforma rivendicativa, che credo sia stata distribuita ai presenti, non fosse stata adeguatamente discussa, alla presenza del presidente Angelo Marcello Cardani e non solo dei funzionari cui ci aveva affidato, a distanza di due mesi saremmo ritornati con i megafoni, anche senza seguito. Infatti, per le emittenti locali non è facile spostarsi da Palermo oppure dal Trentino-Alto Adige a Roma per manifestare. Abbiamo promesso che una rappresentanza del direttivo del CONNA si sarebbe nuovamente recata davanti al palazzo dall'Agcom in via Isonzo, cosa che faremo puntualmente il 26 novembre.
  Dico questo per farvi meglio comprendere a quali sistemi dobbiamo ricorrere per difenderci e per far sentire la nostra voce.
  Le emittenti che operano da tempo immemorabile, le radio soprattutto, sopravvivono sul loro mezzo di informazione, con la piccola pubblicità. Si ingegnano, perché, come dicevo, il mercato pubblicitario è «drogato» e viene intercettato per oltre il 95 per cento dalle reti nazionali, che oggi hanno disposto di fare pubblicità a quelle specialità commerciali come le televendite che erano tipiche delle emittenti locali. In questo modo, drenano Pag. 7completamente tutte le risorse, lasciando le emittenti economicamente scoperte.
  Avevamo affrontato problemi come quello della concorrenza, che ha prodotto un degrado costante della programmazione. La concorrenza, che è un bene nell'economia di mercato perché consente di ottenere un certo equilibrio nel valore delle merci, diventa estremamente negativa nel caso dell'informazione perché, pur di assicurarsi clienti, cioè ascoltatori, i vari mezzi d'informazione, poco per volta, vanno incontro ai gusti del pubblico, che purtroppo non tendono mai verso l'alto, ma verso il basso. Allora, si assiste a trasmissioni televisive concepite esclusivamente per fare audience, che collocano il nostro Paese ad un livello molto basso.
  Io ho un figlio in Germania. Quando lui e la moglie sono in Italia e guardano la televisione italiana ne sono letteralmente scandalizzati. Non la stiamo confrontando con la televisione di un Paese amministrato in un modo originale o strano, ma con la Germania. La dignità di una stazione televisiva tedesca non ha assolutamente nulla a che fare con quei «pollai» che sono sotto i nostri occhi quotidianamente.
  Affrontavamo una concorrenza maledetta, l'Auditel di Calabrò. Il nostro giornale, con una tiratura di appena 5.000 copie, veniva distribuito a Montecitorio e a Palazzo Madama. Da due anni a questa parte, per il rincaro mostruoso delle tariffe di spedizione postale, siamo stati costretti a ridurre al minimo la tiratura. Era un giornale che riusciva ad avere delle notizie, come quelle che vi ho dato questa mattina, che non arrivano da altre fonti.
  Per concludere, torno a dire, soprattutto per i deputati che non erano presenti sin dall'inizio dell'audizione, che queste notizie vengono da un'associazione che crede nella libertà di informazione, che è alla base di qualsiasi altra iniziativa. Per gestire un'associazione in grado di poter comunicare certi ideali, è necessario restare assolutamente lontani da mire di potere e da questioni finanziarie.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SETTIMO NIZZI. Mi spiace essere arrivato un po’ in ritardo, ma ho seguito la parte terminale della relazione e condivido molte delle cose che ha detto. Mi è piaciuta la sua relazione, per gli importanti spunti che ha voluto darci.
  Io penso che tutti ormai sappiano utilizzare il telecomando. Il telecomando di Sky, se premiamo 1, ci porta sul 100, 101, 102, 103 e 104. Forse potrebbe essere una buona cosa per ridare un po’ di fiato anche alle emittenti locali. Certamente non saranno d'accordo le due grosse emittenti, ovvero quella del mio presidente e quella della Rai.
  Io penso che mettere tutti sullo stesso piano, anche se con piccole facilitazioni per chi spende di più o ha più infrastrutture, possa essere una buona cosa.
  Per quanto riguarda il problema delle antenne, noi siamo italiani e ci preoccupiamo sempre di quanto disturbiamo gli altri e non di quanto gli altri disturbano noi. Io penso che anche su questo dovremmo essere più forti e determinati. Non sempre dobbiamo recedere. Sarebbe utile che qualche volta battesimo i pugni sui tavoli.
  Infine, se avete difficoltà a distribuire il giornale, mandatecelo via e-mail. È facilissimo e a costo zero. Vi diamo il nostro indirizzo di posta elettronica e in questo modo noi possiamo essere continuamente informati. Poi starà a ciascuno di noi leggere o non leggere, ma la stessa cosa vale per i giornali. Spesso li prendiamo e li mettiamo dentro il contenitore per la distruzione della carta che è nell'ufficio dove riceviamo tutta la nostra posta. Invece, se c’è qualcosa a cui siamo interessati, lo possiamo leggere in qualsiasi momento, quante volte vogliamo e non abbiamo il problema di doverlo portare fisicamente con noi.

  MARIO TULLO. Vorrei solo ringraziare il dottor Albanesi. Abbiamo ascoltato con attenzione anche i passaggi forti della sua Pag. 8relazione, di cui terremo conto quando elaboreremo il documento conclusivo dell'indagine.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Albanesi per la replica.

  MARIO ALBANESI, Presidente di CONNA (Coordinamento nazionale nuove antenne). Per quanto riguarda l'LCN, gli scontenti ci saranno comunque, ma quando si sa di essere sullo stesso piano di altri lo scontento diminuisce. Se un grosso gruppo privato si sentisse orbato dei primi numeri e contemporaneamente l'immediato grande concorrente avesse la possibilità di utilizzare i primi numeri fino al 9, allora ci sarebbe grande animosità.
  In questo caso, invece, si tratterebbe di mettere tutti sullo stesso piano. Le emittenti locali non avrebbero più da ridire sul fatto che sono state rilegate al 400 e nessuno le trova più, perché chi è interessato a quella stazione che riceveva in analogico avrebbe la medesima possibilità di trovarla.
  La ringrazio di aver recepito questa proposta, che sembrava un'idea un po’ provocatoria quando la presentammo al presidente Cardani, che allora ci ricevette.

  SETTIMO NIZZI. A noi oggi manca l'emittenza locale, perché stiamo perdendo molti fatti territoriali. A parte i posti di lavoro che abbiamo perso insieme alle emittenti, ci mancano soprattutto le notizie locali, che sono molto importanti per le comunità.
  Noi pensiamo di essere una grande comunità. Vogliamo essere europei, mondiali e interplanetari, e stiamo perdendo l'abitudine di parlare con il vicino di casa. Non sappiamo se si è rotta una fogna della nostra città, se non sta funzionando il depuratore o, meglio ancora, se un consigliere comunale si è fratturato una gamba. Penso che sia molto importante ritornare a dare un po’ più di voce alle piccole emittenti locali.

  PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente il presidente di CONNA per la sua interessante relazione e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.20.