XVII Legislatura

IX Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 15 di Martedì 28 ottobre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catalano Ivan , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA DEI SERVIZI DI MEDIA AUDIOVISIVI E RADIOFONICI

Audizione di rappresentanti di Confindustria Digitale.
Catalano Ivan , Presidente ... 3 
Catania Elio , Presidente di Confindustria Digitale ... 3 
Catalano Ivan , Presidente ... 9 
Coppola Paolo (PD)  ... 9 
Catalano Ivan , Presidente ... 10 
Catania Elio , Presidente di Confindustria Digitale ... 10 
Catalano Ivan , Presidente ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE IVAN CATALANO

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Confindustria Digitale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, l'audizione di rappresentanti di Confindustria Digitale.
  Ringrazio l'ingegner Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale, per aver accolto l'invito della Commissione e gli do la parola per lo svolgimento della relazione.

  ELIO CATANIA, Presidente di Confindustria Digitale. Ringrazio il presidente e i membri della Commissione per l'opportunità che viene data a Confindustria Digitale di poter contribuire nell'ambito di questa indagine conoscitiva sul sistema dei servizi di media audiovisivi e radiofonici.
  Premetto rapidamente che Confindustria Digitale è la federazione che rappresenta tutta la filiera delle tecnologie, dalle telecomunicazioni all'informatica, ed è nata con l'obiettivo di promuovere lo sviluppo dell'economia digitale a beneficio della concorrenza e dell'innovazione nel nostro Paese.
  Di Confindustria Digitale fanno parte diverse associazioni: Assotelecomunicazioni-Asstel, l'associazione della filiera delle imprese di telecomunicazioni; Assinform, che rappresenta le imprese dell’Information Technology; Anitec, che rappresenta le imprese produttrici di tecnologie ICT e Consumer Electronics; Aiip che rappresenta gli Internet provider; Assocontact che rappresenta le imprese di contact e call center; e Asso.it, che rappresenta le imprese operanti nel Document Management e Printing.
  La nostra posizione è la seguente. La convergenza tra le tecnologie dell'informazione e della comunicazione e il settore dei media ha dato origine al concetto stesso di servizio di media audiovisivo, come illustra chiaramente l'evoluzione della normativa comunitaria in materia, che da «TV senza frontiere» è diventata «servizi di media audiovisivi lineari e non lineari».
  La convergenza tecnologica e di mercato è qualcosa di cui si ragiona sin dagli inizi degli anni Novanta: la Commissione europea pubblicò, nell'ormai lontano 1997, un «Libro verde sulla convergenza tra i settori delle telecomunicazioni, dell'audiovisivo e delle tecnologie dell'informazione e sulle sue implicazioni normative» – che chiamò «Verso un approccio alla società dell'informazione» –, dalla cui riflessione è scaturito il quadro normativo europeo sul commercio elettronico, la direttiva 2000/31/CE, recepita nel nostro Paese con il decreto legislativo n. 70 del 2003.
  Quel libro verde individuava già in modo chiaro le componenti del fenomeno nella digitalizzazione, nella possibilità di Pag. 4connessioni ubique, nella ridefinizione delle catene del valore, identificando una serie di scenari di sviluppo possibili e teorizzando per tale via la necessità di una rete aperta, concetto che rimane valido ancora oggi, pur se molte di quelle intuizioni sono state scavalcate dall'evoluzione della tecnologia e dalla globalizzazione dei mercati.
  L'attuale assetto di regole per i soggetti della società dell'informazione, quindi, già proviene da una riflessione molto approfondita e di lungo respiro, il cui esito – per l'appunto la direttiva 2000/31/CE – è stato ancora di recente riconfermato. Infatti, la Commissione europea ha valutato l'opportunità di procedere alla revisione di questa direttiva nel corso del 2013, ma tale valutazione ha dato esito negativo, tanto che nessuna attività istruttoria per l'aggiornamento di quella specifica fonte normativa è stata intrapresa. Sono invece in fase di adeguamento alla mutata realtà altri elementi del quadro normativo comunitario che mostrano ormai evidenti segni di obsolescenza e tra questi spicca il tema del diritto d'autore e degli strumenti per la sua tutela.
  A me sembra che altrettanto significativo sia il fatto che la fonte normativa principale cui fare riferimento in tutti i casi citati è quella di rango comunitario: tutti i fenomeni di cui stiamo trattando, infatti, si caratterizzano per una dimensione globale da cui, nonostante tutte le eccezioni culturali di cui possiamo tenere conto, è impossibile prescindere. Qualsiasi azione a livello meramente nazionale che non sia coerente con gli sviluppi del mercato e del quadro normativo europeo e internazionale rischierebbe soltanto di penalizzare quel Paese sul fronte dell'innovazione e della competitività in un momento storico in cui questi sono gli elementi chiave su cui fare leva per la ripresa di una solida crescita dell'economia.
  Perché la convergenza, la digitalizzazione e lo sviluppo dell'economia digitale sono così importanti per innovazione e competitività del sistema ? Farò alcune riflessioni note che però mi paiono opportune. Perché consentono di soddisfare i bisogni dei cittadini e delle comunità in modo più efficiente ed efficace, seguendo nuovi modelli di business ma anche nuovi modelli di fruizione di beni e servizi.
  Si pensi all'economia della condivisione – la cosiddetta sharing economy –, che da suggestione di pochi visionari tecnologi è diventata realtà nel nostro quotidiano concreto, con la messa a disposizione di servizi, che non sto ad elencare, inizialmente sviluppatisi per l'iniziativa di alcune start-up e che ora vedono sempre più protagonisti anche grandi brand e soprattutto amministrazioni pubbliche.
  Si sta anche consolidando sempre di più il rapporto con il territorio perché il fenomeno nasce nel mondo digitale ma, nella maggior pare dei casi, altro non fa che diffondere e ampliare servizi che sul territorio esistevano già. Questi servizi oggi sono realtà di mercato, con business plans sostenibili, che indubbiamente migliorano la vivibilità concreta, fisica, delle nostre città.
  Naturalmente parliamo di fenomeni di cambiamento, anche radicale. Parliamo di disruptive innovation piuttosto che di disruption. Al di là delle parole, con la convergenza e la digitalizzazione si modificano vecchie catene del valore per crearne di nuove a maggiore valore aggiunto attraverso un miglioramento del rapporto tra i benefici, intesi come efficacia nella soddisfazione dei bisogni del cittadino e del consumatore, e i costi.
  La riorganizzazione delle catene del valore secondo criteri nuovi comporta inevitabili impatti sugli attori tradizionali dei mercati interessati dal cambiamento. Privilegiare la tutela di posizioni consolidate rispetto al favorire l'esplorazione delle potenzialità innovative di un sistema può sembrare una valida scelta di policy per minimizzare i rischi connessi al cambiamento, ma è sicuramente una scelta che inibisce la possibilità di cogliere le opportunità connesse a quello stesso cambiamento. Mi sembra che questo sia un punto da sottolineare perché rappresenta l'elemento di cerniera della nostra posizione.
  Facendo un parallelo con il tema oggetto dell'indagine di questa Commissione Pag. 5– cioè la convergenza tra ICT e media audiovisivi –, possiamo dire che trasferire obblighi pensati per un mondo televisivo e radiofonico all'ambiente digitale non appare la strada migliore per consentire agli attori dei media audiovisivi e radiofonici di affrontare la sfida del digitale in posizione tale da coglierne le potenzialità.
  Nel migliore dei casi si rallenterebbe lo sviluppo di soggetti che non sono attrezzati per un certo tipo di compliance normativa, ma soprattutto si abbasserebbero per tutti gli incentivi concorrenziali con effetti complessivamente negativi sullo sviluppo di un vivace mercato unico digitale dei contenuti audiovisivi, la cui costruzione – almeno a livello europeo – dovrebbe essere l'obiettivo ultimo cui ambire.
  Un altro tema importante è quello dell'integrazione verticale, che è l'approccio industriale storico di tante imprese che operano nel mercato dei media e degli audiovisivi. La struttura del mercato è cambiata ed è in continuo cambiamento. Internet provoca la riorganizzazione delle attività tradizionali attraverso un profondo mutamento delle fasi di intermediazione. Anni fa si diceva che Internet avrebbe portato alla scomparsa delle attività di intermediazione, potendo mettere in connessione diretta utente e fruitore di qualsiasi attività economica. Questo sta avvenendo e non soltanto per i beni fisici.
  Le prime avvisaglie di questo percorso si intravedono anche per i servizi di media audiovisivo e radiofonico soprattutto negli Stati Uniti o nel settore radiofonico musicale. In aggiunta si stanno affermando sul mercato nuovi operatori con offerte di servizi innovativi, spesso simili e in concorrenza con i servizi già presenti. Compaiono nuove catene del valore e nuovi rapporti tra i soggetti che vi operano.
  In tale contesto globale non può passare in secondo piano la consapevolezza che il sano sviluppo del mercato digitale non può prescindere dall'instaurarsi di meccanismi a tutela degli equilibri competitivi tra i players – il cosiddetto level playing field – e dalla previsione di tutele efficaci per i cittadini/consumatori, a prescindere dai soggetti che offrono loro i servizi, secondo le regole generali dell'ordinamento.
  Il tema che Internet pone in modo ineludibile è quello dell'integrazione verticale delle attività lungo la catena del valore. Sinora i servizi di media audiovisivo e radiofonico hanno tradizionalmente sviluppato modelli di integrazione verticale lungo tutto la catena del valore. Per quanto riguarda a titolo esemplificativo il prodotto «film», è immediato riscontrare come tutte le attività, dalla produzione sino alla fruizione da parte dell'utente finale, siano svolte, nella grande generalità dei casi, nell'ambito di un unico soggetto economico, imperniato sulla società di produzione cinematografica, attraverso il controllo diretto delle società distributrici e accordi di esclusiva con altri canali tradizionali di distribuzione. Lo stesso dicasi per gli attori del mercato televisivo, i cui gruppi integrano verticalmente acquisizione di contenuti di terzi, produzione di contenuti propri e rete di distribuzione, solo recentemente digitalizzata con il passaggio al digitale terrestre.
  Quanto all'innovazione tecnologica, la tecnologia della rete Internet ha frammentato alcuni stadi di queste catene del valore. A monte, gli stessi utenti possono diventare produttori di contenuti e la digitalizzazione consente una diminuzione del costo di produzione dei contenuti stessi. A valle, le modalità con cui distribuire il contenuto, che ormai è digitale, sono divenute molteplici e soggette a innovazione continua sotto il profilo sia tecnologico che dei modelli di business.
  Le opportunità connesse a tale molteplicità sono state colte dall'industria dei media non nella fase iniziale dell'innovazione ma, come dimostra il caso della musica, solo in un momento successivo, in cui attori «nuovi entranti» nel mercato della distribuzione musicale, intercettando nuove modalità di fruizione tecnicamente possibili e gradite ai consumatori, hanno sviluppato modelli di business in grado di remunerare correttamente i diversi attori coinvolti.Pag. 6
  In sintesi, la convergenza tecnologica e di mercato di ICT e media ha posto le basi per il superamento dell'integrazione verticale, con effetti più marcati negli stadi a valle della filiera del contenuto digitale – la distribuzione –, rendendo ineludibile una reale distinzione tra fornitore di servizi di media audiovisivi e operatori di rete.
  Tale evoluzione permette di sperimentare molteplici e innovative forme di cooperazione industriale, consentendo a ciascun attore di focalizzarsi al meglio sugli ambiti nei quali dispone di maggiori competenze distintive e di estendere la base di consumatori del prodotto audiovisivo o musicale.
  D'altronde, la convergenza ha già prodotto sul mercato modalità di fruizione dei contenuti gratuite per i consumatori, ma lecite e basate sul meccanismo a due versanti già ampiamente utilizzato in passato dalla televisione generalista, il cui modello di business viene di fatto replicato in ambiente digitale dai grandi «aggregatori», che riconoscono una remunerazione ai produttori di servizi di media audiovisivi sulla base del principio della condivisione dei ricavi pubblicitari generati dalla visione dei contenuti e su base negoziale, come naturale in un mercato libero, aperto e contendibile.
  Altro canale, in crescita, di valorizzazione dei contenuti prodotti dalle industrie culturali è quello della pay-tv, nelle sue varie forme. Ricerche recenti segnalano che l’audience si sposta sulla fruizione di video online e che le opportunità offerte da questo segmento sono ancora in parte inesplorate, atteso che, ad esempio, circa il 50 per cento di coloro che acquistano una smart Tv non è consapevole di tutte le caratteristiche del mezzo acquistato.
  Il mercato appare, quindi, in una fase crescente, multiforme e mutevole, con caratteristiche che inducono a riflettere sull'opportunità di abbandonare i vecchi schemi di una regolamentazione stringente dei modelli di business tradizionali per propendere verso un approccio maggiormente basato su un'autoregolamentazione e/o su una co-regolamentazione tese a garantire le situazioni meritevoli di tutela anche attraverso l'utilizzo delle stesse tecnologie che rendono possibili questi nuovi paradigmi di offerta.
  L'esempio delle modalità di tutela dei minori per le diverse tipologie di servizio di media audiovisivo appare illuminante. Mentre per i servizi di media lineari, cioè il broadcasting, ha evidentemente senso un approccio basato sulla definizione di fasce orarie protette, per quanto riguarda i servizi di media non lineari è certamente più coerente un approccio basato su tecniche di parental control.
  Altro esempio di tecnologia utilizzata anche per garantire le tutele previste dall'ordinamento è costituito dal «content ID», l'identificatore di contenuto sviluppato da YouTube, che consente ai titolari dei diritti d'autore sui contenuti musicali e audiovisivi di decidere se monetizzare il successo delle proprie opere sulla piattaforma di scambio di contenuti online oppure far valere la facoltà di scelta dei canali di distribuzione e decidere la rimozione delle opere dalla piattaforma online. La possibilità di scegliere è quindi, lasciata, al titolare del prodotto.
  Anche in questo ambito appare evidente come la dinamicità della convergenza sia tale che una eccessiva rigidità della regolazione porterebbe a ridurre la varietà dell'offerta di contenuti e servizi online e a vincolare l'innovazione, anche a scapito delle situazioni che si vorrebbero invece tutelare. Non è possibile ipotizzare la regolazione della trasmissione mediante Internet. Sebbene da molti sia ritenuto il mezzo più potente della nostra epoca, Internet ha in realtà natura di piattaforma di comunicazioni personali e la riservatezza dei contenuti delle comunicazioni gode di protezione di rango costituzionale, la cui opportunità è stata certamente rafforzata dinnanzi all'opinione pubblica dal recente caso del «Datagate».
  Parliamo adesso di infrastrutture di rete, un altro tema davvero importante. Per quanto riguarda il ruolo delle infrastrutture di rete, la neutralità della rete e la gestione delle frequenze, l'attenzione dovrebbe essere posta piuttosto sul creare Pag. 7le condizioni, anche normative, per lo sviluppo dell'offerta dei servizi di media audiovisivo e radiofonico, anche con riferimento al tema infrastrutturale e di gestione delle risorse scarse. Vengono quindi in rilievo lo sviluppo della rete per le comunicazioni elettroniche e la gestione dello spettro di radiofrequenze.
  Sotto il profilo del quadro normativo per le reti, è in corso un lavoro molto approfondito e completamente armonizzato a livello comunitario in cui rientra anche il dibattito sul tema della neutralità della rete, certamente non estraneo all'oggetto dell'indagine conoscitiva in atto.
  Confindustria digitale supporta il principio della rete aperta – open Internet – inteso come la libertà dei clienti di consultare e diffondere qualsiasi informazione e contenuto, purché legale, nonché di utilizzare applicazioni e servizi di loro scelta attraverso l'accesso alla rete Internet.
  Il tema della net neutrality è parte del dibattito sui principi dell'Internet aperta, ma trova per la prima volta definizione normativa nel pacchetto regolamentare per le telecomunicazioni attualmente in discussione a Bruxelles. Il dibattito italiano sulla open Internet non può quindi essere avulso dal dibattito europeo sul tema e dovrebbe essere ricondotto in tale ambito. Non è infatti pensabile che l'Italia assuma orientamenti diversi rispetto a quelli che a breve potranno essere assunti dall'Europa.
  Peraltro, la natura ormai mondiale della rete Internet suggerisce la necessità di un approccio al tema della net neutrality il più possibile convergente non solo a livello europeo ma mondiale, al fine di evitare che impostazioni divergenti impattino sullo sviluppo dei servizi e sbilancino il piano competitivo tra operatori di aree e Paesi diversi.
  In ogni caso, Confindustria digitale ritiene che la normativa debba sancire il diritto del cliente a una Internet aperta e favorire al contempo la sostenibilità economica degli investimenti e l'innovazione. In tale ambito, la fornitura di applicazioni, servizi e contenuti attraverso la rete di servizi, con livelli specifici di qualità per l'utente finale e sulla base di accordi fra i diversi soggetti coinvolti, può avvenire liberamente a condizione che sia garantito per tutti un livello adeguato di qualità dell'accesso a Internet, anche secondo le indicazioni delle Autorità di regolamentazione, nel rispetto dei principi di tutela della concorrenza e della riservatezza dei dati personali e fermo restando il principio della non discriminazione.
  Deve altresì essere salvaguardata la possibilità per gli operatori di accesso a Internet di gestire attivamente la propria rete per ottimizzarne le prestazioni, prevenendo congestioni e malfunzionamenti.
  Diverso è il discorso che riguarda la gestione dello spettro di frequenze, che appare invece frammentata tra gli Stati membri. Il mondo delle telecomunicazioni personali mobili, anche grazie alla sempre maggiore diffusione di smartphone e tablet, sta vivendo negli ultimi anni una rivoluzione di mercato e di servizio che cambierà il modo in cui i cittadini accederanno a Internet, non solo in mobilità, ma con un'esperienza sempre on – cioè sempre connessi –, e grazie a una miriade di applicazioni che il mondo dei cosiddetti «over the top» e i dispositivi metteranno loro a disposizione.
  Nei prossimi anni si assisterà a un uso pervasivo del broadband mobile, che porterà nel 2017 a un traffico medio per cliente da smartphone e tablet sette volte maggiore di quello attuale. L'obiettivo del broadband mobile è proprio quello di fornire valore aggiunto al cliente finale con una qualità Internet in mobilità paragonabile a quella disponibile a casa o in ufficio.
  Allo scopo di poter supportare il traffico e il numero di clienti attesi, lo spettro è l'elemento chiave e, per offrire i livelli di qualità capaci di soddisfare le aspettative dei clienti, sarà necessario avere porzioni di spettro che consentano dispiegamenti a elevata qualità e senza interferenze.
  A livello internazionale è stato stimato che nel 2020 al broadband mobile sarà necessaria una quantità di spettro totale pari a 1600-1800 MHz, tenendo conto che Pag. 8in molte regioni è stata identificata già una quantità di banda pari a circa 1000 MHz, anche se in molti casi non tutto lo spettro è stato reso disponibile.
  È importante rilevare che in questo senso la Conferenza mondiale delle radiocomunicazioni del 2012 ha attribuito la banda 694-790 MHz anche al servizio mobile per servizi su base co-primaria a partire dalla fine della prossima Conferenza, prevista a novembre 2015. Tale spettro dovrà essere assegnato al broadband mobile a partire dal 2020, garantendo in tal modo un tempo di transizione sufficiente per la ripianificazione delle reti radiodiffusive che utilizzano oggi questa porzione di spettro.
  L'affollamento dello spettro delle frequenze oggi assegnate al sistema radiotelevisivo italiano non ha eguali al mondo e riteniamo sia il frutto di un sistema dell'emittenza locale che non ha conosciuto il riordino che forse sarebbe stato auspicabile e nel quale tuttora operano numerose televisioni che, pur avendo diffusione regionale, mantengono l'attività di operatore e capacità trasmissiva quando il loro core business è la produzione di contenuti rivolti al territorio.
  Questi editori televisivi potrebbero concentrare la propria attività sulla produzione di contenuti veicolandoli sui propri canali ospitati nei multiplexer dei grandi operatori, che hanno invece capacità trasmissiva inutilizzata. Tale soluzione non minerebbe in alcun modo il pluralismo dell'informazione, in quanto non si modificherebbe il modello di business attuale delle emittenti, e le condizioni di accesso ai multiplexer sarebbero comunque sottoposte a regolamentazione da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
  Occorre peraltro evidenziare come il passaggio al digitale terrestre sia una tappa e non il traguardo finale in fatto di utilizzo efficiente delle frequenze da parte del sistema radio-televisivo. Da alcune parti si sostiene che sia ingiustificata la richiesta ai broadcaster di liberare un'ulteriore porzione della banda a 700 MHz e si porta a giustificazione di questo il fatto che il mondo delle telecomunicazioni non si sarebbe impegnato a sufficienza nel fare ottimizzazioni nell'utilizzo dello spettro.
  Si sostiene anche che con l'avvento del 5G – previsto non prima del 2020 – gli operatori di telecomunicazioni mobili avrebbero ampia possibilità di sviluppare i propri servizi senza ulteriori bisogni di banda.
  In realtà ci fa piacere chiarire che la situazione è molto diversa e che vi è ampio spazio per un uso più efficiente dello spettro da parte dei broadcaster utilizzando standard e tecnologie già disponibili. La TV digitale oggi utilizza lo standard DVB-T1 e non ha neppure pianificato temporalmente il passaggio al DVB-T2, che è uno standard già maturo come dimostra il fatto che dal 1o gennaio 2015 tutti gli apparecchi televisivi venduti dalle aziende produttrici ai distributori di apparecchiature elettroniche al dettaglio in Italia dovranno obbligatoriamente essere dotati di ricevitore DVB-T2, mentre il 5G è ancora in fase sperimentale e ci vorranno diversi anni prima che possa essere distribuito al mercato.
  È emblematico che un'azienda come RAI Way, a titolo di esempio, abbia commesse all'estero per la realizzazione di reti broadcasting in DVB-T2 e che nel mondo oltre 80 Paesi, che hanno in corso la transizione dall'analogico al digitale, abbiano scelto proprio lo standard DVB-T2.
  L'adozione del DVB-T2 consentirebbe un grandissimo efficientamento nell'utilizzo delle frequenze e consentirebbe ai broadcaster di ampliare l'offerta di canali in alta definizione e ultra alta definizione.
  Per dare un dato concreto basta dire che oggi sui multiplex dei broadcaster nazionali è possibile ospitare, sulla medesima frequenza, due canali in alta definizione. Se si passasse al DVB-T2, i canali diventerebbero tre. Con l'adozione dello standard di codifica e compressione HEVC – già rilasciato – che si accoppia al DVB-T2, i canali in alta definizione ospitabili diventerebbero sei.
  Abbiamo quindi una situazione nella quale gli operatori di rete verticalmente integrati con i principali broadcaster nazionali esportano la tecnologia DVB-T2, di Pag. 9cui l'Italia è leader nel mondo, e al contempo quegli stessi broadcaster non solo non ne hanno pianificato il roll out in Italia, ma invocano più frequenze per poter veicolare i nuovi canali in alta definizione e ultra alta definizione.
  Al contrario, sul fronte delle comunicazioni mobili la crescita esponenziale della domanda dei servizi dati implica una conseguente crescita della domanda di banda relativa. Il secondo dividendo digitale rappresenta in tal senso una necessità di breve periodo per il mercato mobile finalizzata ad attrarre investimenti in Europa e creare nuovi posti di lavoro, in modo da colmare il gap con Nord America e Asia.
  È importante dunque supportare l'utilizzo co-primario tra servizi mobili e broadcast della banda a 700 MHz in occasione della prossima World Radio Conference 2015, in modo da garantirne la destinazione al broadband mobile.
  Anche alla luce delle conclusioni presentate alla Commissione europea il 1o settembre 2014 dal relatore Pascal Lamy con il documento Results of the work of the High Level Group on the Future Use of the UHF Band (470-790 MHz), AGCOM ha recentemente deciso di istituire un Osservatorio permanente sull'innovazione dei servizi di media audiovisivi con lo scopo di approfondire alcune tematiche, tra cui l'impatto del processo di riallocazione dello spettro radioelettrico sul sistema audiovisivo nazionale e locale e sulla relativa offerta di servizi.
  È auspicabile che la partecipazione al tavolo di tutti i soggetti interessati, in particolare broadcaster e operatori mobili, possa rappresentare un utile momento di confronto, facendo sì che la destinazione di tale porzione dello spettro ai servizi mobili non venga considerata solo come una diminuzione della capacità trasmissiva disponibile per i contenuti e i servizi audiovisivi, ma come un'utile occasione per l'introduzione di sistemi più avanzati ed efficienti di codifica e di compressione del segnale.
  Passo quindi alle conclusioni. È di fondamentale importanza che l'attenzione del Parlamento su questi fenomeni non sia improntata a un'ottica «difensiva» e di conservazione dell'esistente, ma punti a creare le migliori condizioni affinché il Paese colga le grandi opportunità a disposizione, cosa che nel recente passato non sempre è avvenuta.
  Occorre tenere in debito conto che la moltiplicazione delle modalità distributive consente l'ampliamento della base di consumatori dei servizi di media audiovisivi. È un meccanismo cosiddetto win-win, in cui dall'innovazione tecnologica e dall'uso aperto delle reti tutti possono trarre grande vantaggio.
  Occorre considerare e rispettare le tecnicalità e le forze di mercato, anche con riguardo alla capacità di sviluppare tecnologie in grado di garantire le tutele previste dall'ordinamento. Parliamo infatti di mercati che, anche quando presentano situazioni di posizioni dominanti, sono contendibili. In questo senso, meccanismi di auto o co-regolamentazione sono certamente preferibili a qualsiasi altro tipo di intervento.
  Nella sostanza, riteniamo che non si debba regolare troppo un mondo che si sta sviluppando e che può aprire straordinarie opportunità per tutti gli operatori del mercato.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegner Catania e do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAOLO COPPOLA. C’è una domanda che ho posto in occasione di quasi tutte le audizioni e la ripeto anche a lei.
  Per quanto riguarda la produzione di contenuti, soprattutto video, continuo a vedere una carenza di innovazione che non coglie appieno le opportunità di Internet in quanto canale bidirezionale. A mo’ di provocazione le chiedo cosa penserebbe di un eventuale switch-off verso la Internet-tv, visto che abbiamo già avuto quello dall'analogico al digitale terrestre. Supponendo un maggiore utilizzo del canale Internet per la diffusione di video, mi domando come mai non si riesca a oltrepassare Pag. 10il modello di business basato sulla pubblicità quando nel contenuto multimediale si potrebbero introdurre meccanismi di e-commerce diretto, cosa che negli altri modelli non è possibile.
  Io mi immagino, ad esempio, che durante la visione di un video musicale un ragazzo possa immediatamente comprare l'audio piuttosto che i vestiti che indossa il cantante oppure che una persona possa fermare un qualunque contenuto video e acquistare ciò che sta vedendo. Il modello di business potrebbe essere completamente trasformato aprendo molto rispetto a quello attuale.
  Un modello di diffusione dei contenuti su Internet abbasserebbe notevolmente la barriera all'ingresso anche per piccoli produttori o start-up di giovani che potrebbero entrare in questo meccanismo. Mi domando come mai questo non accada, quali siano le difficoltà e se il Parlamento possa fare qualcosa per incentivare lo sviluppo di questo tipo di economia.
  Chiudo sulla neutralità della rete. Oltre a quello che lei ha detto, c’è un aspetto estremamente importante che va tenuto in considerazione e che ha a che fare con le barriere all'ingresso. Il pericolo più grosso è che in un modello in cui la rete non sia neutrale e gli operatori di telecomunicazioni stringano accordi con produttori e distributori di contenuti, questi accordi alzino la barriera all'ingresso di nuovi operatori.
  Credo che questo sarebbe il rischio più grande perché Internet è quello che è proprio perché ha dato la possibilità ai nuovi operatori di entrare facilmente, perché la barriera all'ingresso era molto bassa. Bisogna in ogni modo evitare che per trovare sistemi in grado di remunerare gli investimenti e favorire la diffusione delle infrastrutture per la connettività si perda tutto il beneficio della pluralità, dell'innovazione e del dinamismo che c’è in Internet.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente di Confindustria digitale per la replica.

  ELIO CATANIA, Presidente di Confindustria Digitale. Grazie. La sua, onorevole Coppola, più che una provocazione è la delineazione di uno scenario che ragionevolmente si verificherà. Si sta realizzando il passaggio da un modello broadcasting distributivo passivo a uno interattivo in tutte le sue forme. Credo che questa sia l'essenza di quanto lei ha detto, con tutto ciò che questo può comportare.
  Poter utilizzare direttamente un banner pubblicitario per una transazione di e-commerce nel momento in cui si sta usufruendo di un video mi pare che in qualche caso si stia già sperimentando, ma credo che sarà una tendenza naturale e un fatto operativo mano a mano che i sistemi di pagamento e l'integrazione tra le varie piattaforme lo consentirà.
  Lei parlava di Internet-tv. Possiamo chiamarla come vogliamo, ma è comunque la nozione di interattività nel guardare la televisione. Se si utilizzerà il digitale terrestre piuttosto che la tecnologia di rete, sarà comunque l'interattività l'elemento dominante. La ricerca di un equilibrio – lei faceva riferimento alla pubblicità – sarà un punto di caduta naturale.
  D'altra parte dobbiamo passare da un diritto d'autore «indiscriminato», cioè sempre tutelato, a un diritto d'autore a iscrizione tale per cui è colui che produce una certa opera a decidere se e in quale momento fare in modo che vi sia una transazione economica e quindi partecipare al beneficio economico che gli deriva dall'aver, ad esempio, associato una pubblicità al suo prodotto oppure chiedere di eliminarla. La dinamica a cui noi dobbiamo certamente tendere va da un elemento statico e predefinito a un elemento dinamico, che si aggiusta man mano.
  Lei ha toccato un punto di fondo, a mio modestissimo avviso, e cioè quello di evitare che dall'apertura ideologica della rete si arrivi alla chiusura dei grandi monopoli. È un rischio che esiste, non c’è dubbio. Un esempio molto concreto è quello del diritto all'oblio. Nel momento in cui con il diritto all'oblio si vuole caricare un operatore del compito di definire ciò che è legittimo lasciare o togliere, come mi sembra Pag. 11stabilisca una delle delibere della Corte di giustizia europea, credo si compia un errore di politica industriale.
  Quali sono gli operatori che possono permettersi oggi di eseguire uno scrutinio di ciò che è giusto venga eliminato o è giusto che rimanga ? Soltanto i grandi operatori, con il rischio di creare una grande barriera all'ingresso per piccoli operatori che invece devono poter giocare la propria partita. Penso alle migliaia di start-up che stanno scommettendo sul futuro.
  Lasciare che il mercato operi alla ricerca dei punti di equilibrio in un mondo sempre più interattivo, attraverso una scelta equilibrata tra i vantaggi economici di chi produce e chi distribuisce, credo sia un trend naturale. L'interattività ci porterà lì.
  Per quanto riguarda la net neutrality, il principio non può che essere condiviso. Non c’è dubbio che dobbiamo avere una precisione quasi chirurgica nell'evitare che elementi a sostegno della net neutrality ci si rivoltino contro andando ad alzare le barriere all'ingresso. Di questo siamo assolutamente convinti anche noi.
  Noi auspichiamo un lavoro congiunto perché stiamo affrontando terreni nuovi. Gli argomenti di cui stiamo parlando sono inesplorati. È la prima volta che non solo in Italia, ma anche in Europa e nel mondo, affrontiamo tematiche a matrice tecnologica di questa profondità sociale ed economica. Il nostro auspicio è, quindi, che in tutti i tavoli di consultazione e in tutte le sedi in cui giustamente si affrontano questi temi si lavori insieme e si cerchi di dare il proprio contributo.
  C’è una dimensione politica, c’è una dimensione sociale e c’è una dimensione tecnologica. Questi tre aspetti non si possono scindere per diventare elementi normativi e legislativi.

  PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Confindustria Digitale per il loro intervento e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.15.