XVII Legislatura

IX Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 14 di Mercoledì 22 ottobre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA DEI SERVIZI DI MEDIA AUDIOVISIVI E RADIOFONICI

Audizione di rappresentanti di Google Italy.
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 3 
Abeltino Giorgia , Responsabile per le relazioni istituzionali e gli affari regolamentari ... 3 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 14 
Abeltino Giorgia , Responsabile per le Relazioni istituzionali e gli affari regolamentari ... 15 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE POMPEO META

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Google Italy.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, l'audizione di rappresentanti di Google Italy.
  Ringrazio la dottoressa Abeltino, responsabile per le relazioni istituzionali e gli affari regolamentari di Google Italy, per aver accolto l'invito della nostra Commissione, cui do subito la parola la dottoressa Abeltino per la sua relazione introduttiva.
  Avverto che nel pomeriggio o al massimo nella giornata di domani la relazione sarà disponibile in formato elettronico. Prego, dottoressa.

  GIORGIA ABELTINO, Responsabile per le relazioni istituzionali e gli affari regolamentari. Grazie mille. Ringraziamo il Presidente Meta e gli onorevoli componenti della Commissione per l'invito, che ci offre la possibilità di porre in evidenza alcuni elementi che riteniamo utili per fornire il nostro contributo a un dibattito pienamente consapevole in merito allo sviluppo dell'ecosistema digitale e dei diversi attori e modelli di business che popolano tale ambiente.
  In particolare, ci soffermeremo sul settore dei contenuti digitali, analizzando la notevole discontinuità cui ha dato luogo lo sviluppo di Internet rispetto a qualche anno fa e al precedente scenario dei servizi media audiovisivi, nonché, evidentemente, sul ruolo di Google in tale sviluppo.
  Il mio intervento si articolerà, pertanto, in quattro parti: l'evoluzione dei modelli di fruizione dei contenuti e le conseguenze per il pluralismo dell'informazione e l'accesso alla cultura e all'intrattenimento; le attività di Google nell'ecosistema digitale e il suo ruolo ai fini dell'incremento del pluralismo e dell'accesso ai contenuti; il contributo di Google e YouTube per la tutela e diffusione di nuovi contenuti e modelli di business; considerazioni conclusive. Naturalmente, per qualsiasi domanda saremo poi a vostra disposizione.
  Permettetemi, pertanto, di iniziare trattando il punto dell'evoluzione dei modelli di fruizione dei contenuti e di come questa evoluzione abbia avuto conseguenze per il pluralismo dell'informazione e l'accesso alla cultura e all'intrattenimento.
  La fruizione dei contenuti oggi si effettua attraverso una molteplicità di modalità che semplicemente un decennio fa non erano immaginabili. Se l'informazione nel passato rappresentava un bene scarso, oggi, al contrario, vi è solo l'imbarazzo della scelta tra una moltitudine, una molteplicità di fonti alle quali l'utente può accedere: giornali, blog, pagine Pag. 4di social network, video amatoriali che vengono caricati su piattaforme di videosharing e moltissimo altro. Tutto questo oggi rappresenta la globale e ricchissima agorà digitale in cui è possibile accedere a informazioni e contenuti, siano essi video o testo.
  In questo quadro il soggetto che beneficia più di ogni altro di questa evoluzione e di questo passaggio da risorse scarse a moltitudine di informazione è, evidentemente, l'utente consumatore, che ha a disposizione una serie amplissima di contenuti in formato digitale, risultato dello sviluppo anche di nuovi modelli di business – lo SVOD, il VOD, Premium – nonché dello sviluppo di driver di mercato, quali il mobile, il social network, il multistreaming, il multiscreening e via elencando.
  La questione dell'impatto di Internet sulle dinamiche relazionali e sui mercati tradizionali dell'audiovisivo deve, dunque, essere esaminata tenendo in considerazione quali sono i vantaggi per i cittadini e per le imprese rispetto al mondo analogico, soprattutto in termini di libertà di informazione, pluralismo, accesso alla cultura e all'intrattenimento.
  L'insieme di questi elementi determina conseguenze rilevanti nell'evoluzione del mercato dei servizi media audiovisivi e impone, pertanto, a chi vi opera e a coloro che ne dettano le regole di valutare, prevedere e interpretare l'impatto che i vari interventi potranno avere nel settore, in un'ottica effettivamente pluralistica, competitiva e di consumer welfare.
  Per quanto ci compete e ci interessa in questa sede, la diffusione di Internet ha, come dicevamo, favorito l'incremento del pluralismo, poiché la rete ha contribuito all'aumento quantitativo delle fonti e dei punti di vista consultabili. In quest'ottica il pluralismo dell'informazione ha conosciuto un incremento in virtù di cambiamenti che sono intervenuti sia dal punto di vista dell'offerta, sia dal punto di vista della domanda.
  Iniziamo con il guardare brevemente il punto di vista dell'offerta. La moltiplicazione delle fonti di informazione è conseguenza di una serie di fenomeni. Da un lato, c’è il cambiamento di atteggiamento da parte del cittadino consumatore, il quale oggi è anche produttore di contenuti.
  Quando parliamo del fenomeno prosumer, di che cosa parliamo ? Di un soggetto che è consumer, ma che è allo, stesso tempo, produttore di quei contenuti. Questi soggetti, i cosiddetti prosumer, sono entrati a far parte del panorama informativo attuale. Oggi noi ci informiamo anche utilizzando fonti che sono non quelle tradizionali, ma nuove fonti di informazione, che si affiancano a quelle tradizionali e consolidate.
  Al tempo stesso, molti editori di piccole e medie dimensioni che si indirizzavano a un pubblico di nicchia hanno trovato, attraverso il web, una platea di lettori molto più ampia del passato. Diminuendo, peraltro, i costi di produzione – perché produrre contenuti online e distribuirli online costa di meno che nel mondo offline - questi soggetti hanno potuto anch'essi trovare una platea molto più ampia e nuovi spazi di crescita.
  Infine, i motori di ricerca – ci soffermeremo su Google più avanti e, quindi, faccio semplicemente un cenno – hanno permesso di far emergere anche quelle voci che non erano mainstream, ossia quelle voci che nell'epoca analogica non avrebbero avuto un pubblico molto ampio, così favorendo la democratizzazione dell'informazione.
  Questo è il quadro per quanto concerne l'offerta.
  Dal punto di vista della domanda, la facilità di accesso all'informazione ne stimola la domanda. Sembra ovvio, ma vale la pena di soffermarsi un attimo su questo punto.
  Oggi l'unico vero ostacolo all'accesso all'informazione è la mancanza di accesso alla rete Internet. Nel momento in cui un soggetto ha accesso alla rete Internet e, quindi, è connesso a Internet, ha accesso all'informazione. Pag. 5
  A ciò si aggiunga che il minor costo nella fruizione dei contenuti e, quindi, delle notizie, perché spesso sono legati a modelli di business basati sull’advertising, ha stimolato l'interesse e il dibattito pubblico anche di coloro che tipicamente non acquistavano quotidiani o non ascoltavano telegiornali.
  Lo sviluppo di Internet ha consentito, pertanto, il decentramento e l'interconnessione, amplificata dalla capacità dei motori di ricerca di aggregare diverse fonti, contribuendo all'informazione e alla formazione dell'opinione pubblica. I motori di ricerca, infatti, come rilevato dall'indagine conoscitiva dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sul settore dei servizi Internet e della pubblicità online, sono utilizzati dalla gran parte della popolazione mondiale (in Italia dal 12,4 per cento della popolazione e dal 21,6 per cento degli utenti che navigano, a fronte del 36 per cento di coloro i quali utilizzano i quotidiani online).
  Ci soffermeremo più avanti su questi dati, ma il punto è che vi è un'enorme facilità di accesso da parte dell'utente alle notizie e che ciò avviene, per i quotidiani che non sono particolarmente famosi, attraverso un motore di ricerca che punta su quei quotidiani, oppure, per quelli più famosi, direttamente facendo accesso al sito del quotidiano.
  In proposito è, altresì, interessante evidenziare che l'ultima relazione annuale dell'Autorità del 2014, riportando i dati di un'indagine che era stata svolta da SWG, ha evidenziato come la maggior parte dei telespettatori, durante la fruizione del mezzo televisivo, svolga almeno un'altra attività online. Questa è un'altra importante caratteristica della fruizione OGD dei contenuti su cui è importante porre l'accento. La cosiddetta multicanalità, la fruizione delle informazioni, anche nello stesso momento, su diversi screen, su diversi canali, nel senso di diversi device è ormai la realtà.
  La ricerca dice che l'utilizzo del telefono cellulare smartphone è contestuale, nel 59 per cento dei casi, all'utilizzo della televisione. Vengono poi la navigazione su Internet e l'accesso ad altri mezzi, come, per esempio, la radio o la carta stampata. Cambia, quindi, l'esperienza di visione. L'attenzione del pubblico è divisa, come dicevamo, tra questi vari schermi, con attività che spesso sono simultanee. L'utente consumatore fruisce dei medesimi contenuti su più schermi e supporti, il che significa che lo stesso contenuto oggi, tipicamente, può e deve essere fruito su diversi schermi.
  D'altronde, a fronte di questi dati, bisogna anche ricordare come nel nostro Paese, sempre secondo i dati dell'indagine conoscitiva dell'Agcom, la penetrazione di Internet non sia particolarmente forte. L'utilizzo effettivo di Internet da parte degli utenti italiani è ancora limitata al 53 per cento della popolazione, con dati assai elevati tra i non utenti di coloro che dichiarano di non essere interessati (63 per cento) o di non sapersi connettere a Internet (45 per cento).
  Mi permetto di sottolineare che in Italia spesso si parla di digital divide come di digital divide tecnologico, che sicuramente è un punto. Vi è, però, un digital divide culturale, che è parimenti importante e su cui, pertanto, sarebbe utile e interessante lavorare congiuntamente.
  Google ha provato a farlo, soprattutto con gli anziani, attraverso dei progetti che abbiamo posto in essere con CNA Pensionati e Fondazione mondo digitale. Il punto è che, una volta che vi sia la rete e il problema del digital divide tecnologico sia superato, vi è un punto poi anche di digitalizzazione dei cittadini.
  Permettetemi di passare al secondo punto, ossia a quali sono le attività di Google nell'ecosistema digitale e il suo ruolo ai fini dell'incremento del pluralismo e dell'accesso ai contenuti.
  Non vi racconto, evidentemente, tutta la storia di Google e tutti i prodotti e le invenzioni che sono partorite da questa azienda. Permettetemi, però, una breve digressione, senza la quale non è possibile neanche forse capire come funzionano queste industrie tecnologiche e le industrie della Silicon Valley, come alcune volte vengono chiamate.Pag. 6
  Larry Page e Sergey Brin, che sono i fondatori di Google, fondarono Google sedici anni fa perché condividevano, e condividono tutt'oggi, un fortissimo entusiasmo per il potenziale della tecnologia. Quando Google venne quotata in Borsa, la dichiarazione che Larry e Sergey fecero fu che il loro obiettivo, l'obiettivo dell'azienda, era quello di sviluppare servizi che migliorassero in modo significativo la vita di quante più persone possibile.
  All'interno di Google noi chiamiamo questo il «test dello spazzolino da denti». Non sto scherzando. Ogni volta che si pensa a un prodotto nuovo o a un'invenzione nuova, deve superare il test dello spazzolino: se è un prodotto che si pensa possa essere necessario, indispensabile o quanto meno utilissimo per i cittadini, tale che essi lo utilizzino almeno due volte al giorno, allora è qualcosa su cui vale la pena continuare a pensare e, pertanto, a investire.
  Google è nato, come sapete, come motore di ricerca, con l'obiettivo, in quanto motore di ricerca, di organizzare le informazioni a livello mondiale e di renderle disponibili e accessibili a livello globale. La premessa che volevo fare, e che risulta, secondo me, fondamentale per capire queste aziende, è relativa al tema delle invenzioni e dell'innovazione.
  Il processo che porta alle invenzioni e, pertanto, allo sviluppo dell'innovazione non conosce pause, né conosce termine, fine. Questo non solamente per una questione di passione, ma anche per una questione di sopravvivenza. Vale a dire che, nel momento in cui qualsiasi soggetto che vuole fare innovazione, che vuole essere un inventore del nuovo, si ferma, verrà immediatamente scavalcato da colui che ha alla sua destra o alla sua sinistra. Se gli innovatori non reinventano se stessi e le loro idee ogni giorno, qualcun altro lo farà.
  Questa è la filosofia degli innovatori e, devo dire, costituisce anche il Dna della nostra azienda, ma sinceramente anche di moltissime altre aziende che fanno innovazione, ma è la stessa filosofia che muove l'industria del tech, che su queste invenzioni si basa. Il processo è forte e dinamico e così lo sono le industrie che si basano su questa innovazione.
  L'esempio che mi viene in mente è quello di Karl Benz, inventore dell'automobile, il quale non solo inventò la prima automobile – che aveva tre ruote, e non quattro, come pensavo – ma inventò anche un'industria che partì e funzionò da quella invenzione.
  Tim Berners-Lee ha inventato sì il primo website, ma ha anche aperto le porte al World wide web, ossia a un'industria che funziona a partire da quell'invenzione. L'intera industria che nasce da questa invenzione e che poi continua in conseguenza allo svolgersi di quell'invenzione è estremamente dinamica.
  Al tempo stesso, e di questo abbiamo sentito parlare anche molto nei precedenti interventi in questa Commissione, l'innovazione e le nuove invenzioni certamente presentano dei lati problematici, che in americano sono definiti distruption, ossia la perdita totale dei punti di riferimento del passato. Io direi che le invenzioni e l'innovazione, per fortuna, sono di per sé caotiche e non prevedibili. Nessuno mai è pronto alla prossima rivoluzione digitale.
  Mi ha divertito scoprire che Platone aveva paura della scrittura perché pensava che, a causa della scrittura, i suoi ragazzi, gli studenti, avrebbero perso la memoria. Se ci pensate, è quello che pensiamo noi oggi della tecnologia.
  Quanto alle invenzioni migliori, alla vera innovazione, come diceva Albert Einstein – prometto che questa è l'ultima citazione – «se un'idea non sembra, almeno all'inizio, assurda, allora non ha speranza».
  Tornando a Google e, in particolare, ai due fondatori, essi hanno sempre cercato di rendere possibile quello che sembrava impossibile, ossia di trovare delle risposte nel mare magnum delle informazioni online. All'inizio il servizio di search, ossia il motore di ricerca, era un Pag. 7servizio abbastanza basico. Vi erano dieci link blu all'interno dei quali l'utente doveva scegliere. Portando sempre più avanti la ricerca, si è sviluppato un insieme sempre più ampio di prodotti e di servizi per gli utenti e per i consumatori: dal poter ritrovare le immagini – un altro giorno, quando avremo tempo, vi racconterò qual è l'aneddoto che ha portato a creare Google Images – ai video, alle news e così via.
  Compresa l'importanza del video come mezzo di informazione e, quindi, il fatto che gli utenti cercassero video, si è arrivati all'acquisizione di YouTube e Chromecast. Compresa l'importanza e la rilevanza del fenomeno mobile, si è arrivati ad Android e al sistema operativo per il fisso Chrome. Non ve li sto a elencare.
  Il punto è che si tratta di una ricerca continua. Si cerca sempre di andare più avanti e di capire quale sarà la prossima frontiera, molto spesso, molte volte, sbagliando e, quindi, portando avanti dei progetti che non vanno in porto e non sono utili.
  Google, naturalmente, si è dovuta anche curare di come rendere profittevoli i propri servizi, perché nessun tipo di innovazione può rimanere in piedi se non è profittevole e non permette, quindi, di continuare a fare innovazione. Ha iniziato, perciò, a inserire link pubblicitari a lato dei risultati dei motori di ricerca, in un'area separata e ben evidente, con un vantaggio.
  Qual è il vantaggio di questa pubblicità rispetto alla pubblicità tradizionale ? Si tratta di pubblicità poco intrusive, ossia che non interrompono la fruizione del contenuto, non disturbano l'esperienza che in quel momento si sta vivendo e sono fortemente rilevanti per l'utente. Al tempo stesso, sono vantaggiose per l'investitore pubblicitario, perché l'investitore pubblicitario paga solamente se l'utente clicca su quel link. Se l'utente non clicca, ma vede solamente l'inserzione pubblicitaria, l'investitore non paga nulla.
  Non è di poco conto il fatto che questo tipo di pubblicità abbia permesso a un'intera generazione di nuovi imprenditori, soprattutto di piccoli e medi – questo è molto rilevante per l'Italia, che, come sapete meglio di me, è un Paese di piccole e medie imprese – che non avrebbero mai potuto permettersi budget pubblicitari da grandi quotidiani, grandi giornali, grandi reti televisive – di comunicare prima di tutto con un pubblico globale, attraverso l’advertising online, come dicevamo, con investimenti piuttosto ridotti, e poi di dare vita al fenomeno che, prendendo ancora una volta a prestito un termine coniato in America, chiamano delle micromultinational. Io ho tradotto il termine come «micromultinazionali» o «micronazionali». Si tratta delle piccole e medie imprese, che, però, riescono a parlare a un pubblico globale e, pertanto, a far conoscere i propri prodotti a un pubblico globale attraverso la pubblicità online. Questo è veramente tipico delle aziende italiane, ma anche di altre molte aziende europee, perché è tipico delle piccole e medie imprese.
  L'avvento del mobile, come accennavamo prima, ha reso molto più variegato questo quadro, introducendo la variabile delle app. Adesso tutti noi, o certamente i più giovani di noi, ormai non navighiamo più sul fisso. Tutti siamo su mobile. Ormai in Italia – questi sono dati recentissimi – vi è una media per cittadino di due device mobili a testa.
  La navigazione su mobile avviene fondamentalmente attraverso le app. Oggi ogni 8 minuti di utilizzo del telefono 7 minuti vengono spesi nell'utilizzo delle applicazioni. Questa è una variabile fondamentale per capire dove andranno anche la fruizione dei contenuti e la modalità di fruizione dei contenuti.
  La realtà è che gli utenti hanno una varietà enorme di scelte e che le esercitano tutto il tempo, perché sono completamente liberi. Si direbbe che non sono locked in all'interno di una determinata situazione o con un determinato operatore e possono esercitare la propria scelta.
  Lo scenario, pertanto, è particolarmente competitivo e Google opera a livello Pag. 8globale in un panorama competitivo e in costante evoluzione. Le barriere all'ingresso – questo è un punto fondamentale di discontinuità rispetto al passato – del mercato, nel settore tecnologico, sono particolarmente basse. Mentre nel passato, per poter diventare un operatore di telecomunicazione o un soggetto delle Ferrovie, vi era bisogno di un investimento con costi fissi elevatissimi, oggi le barriere all'ingresso sono talmente basse, perché fondamentalmente bastano l'idea e un investimento limitato, che vediamo il proliferare – per fortuna, vivaddio – delle start-up innovative.
  L'accesso al mercato è estremamente facile. Il nostro slogan è «competition is one click away». Costante invenzione e creatività sono al centro di questo processo, che mantiene Google utile e rilevante. Se anche noi smettessimo di inventare e di innovare, ci succederebbe quello che è successo ai nostri competitor. Ricordiamoci la vicenda di Yahoo e di Google. Yahoo aveva una quota di mercato enorme, ma Google è entrata e ha scalzato l'operatore in pochissimo tempo. La stessa cosa è successa a Google con Facebook, per esempio, in alcuni Paesi, come in Brasile, dove c'era un social network di Google che si chiamava Orkut, che aveva grandissima parte del mercato. Facebook, nel giro di un anno, ha preso praticamente tutto il mercato. Non ci sono, quindi, barriere all'ingresso come era nel passato.
  In questo scenario Google, attraverso i suoi strumenti, è un attore che contribuisce a incrementare il pluralismo e l'accesso all'informazione. Vediamo perché. Permettetemi di soffermarmi su questo punto del pluralismo e dell'accesso all'informazione, anche perché so che è un tema particolarmente caldo.
  Prendiamo, per esempio, Google News. Qual è l'origine di Google News, giusto per curiosità e per la storia ? L'11 settembre succede quel che sappiamo a New York, con l'attentato alle Torri Gemelle. Gli ingegneri di Google si rendono conto che, digitando sul motore di ricerca le parole «World Trade Center» insieme alla data dell'accadimento, non venivano fuori gli aggiornamenti su quello che stava accadendo, ma in realtà venivano fuori i siti che parlavano di che cosa fosse il World Trade Center. Uscivano, cioè, informazioni non rilevanti rispetto all'evento occorso.
  Così hanno creato Google News, che non è altro che un luogo in cui si trovano tutte le informazioni, o meglio i riferimenti alle informazioni su determinate query. Ciò significa che io oggi inserirò «World Trade Center September 11» e avrò i link a tutte le testate e le fonti che mi parlano dell'informazione che io sto cercando.
  L'obiettivo di Google News e, in generale, di Google è quello di portare la pluralità e la diversità delle fonti a disposizione degli utenti. In tutto il mondo su Google News abbiamo 50.000 editori, che sono presenti e vengono indicizzati, e più di 60.000 pubblicazioni, sempre indicizzate, di 70 edizioni di diversi Paesi.
  La prima pagina di Google News raccoglie storie di tutti i tipi di diverse pubblicazioni, inclusi blog e social media. In generale – e questo è un dato importante – ogni mese Google Search, ossia il motore di ricerca, indirizza, trasmette, manda a livello globale 10 miliardi di click verso le pagine degli editori di tutto il mondo. Di questi 10 miliardi di click, un miliardo di click viene da Google News, che indirizza l'utente verso l'editore. Su Google News, vi ricordo, non vi è alcuna forma di pubblicità o monetizzazione.
  Quando, invece, firmiamo accordi con gli editori per facilitare la monetizzazione dei loro contenuti e, quindi, per permettere loro di fare pubblicità, il nostro apporto è significativo. Nel 2013, sempre a livello globale, i ricavi che agli editori sono derivati dagli accordi di adsense sono stati pari a 9 miliardi di dollari. Mi pare che questa sia una quantità di revenues piuttosto rilevante.
  A ciò si aggiunga che i quotidiani più letti – e questo era un accenno che facevo all'inizio – e, quindi, quelli più conosciuti o riconosciuti, le principali testate, ricevono Pag. 9traffico direttamente. Ciò significa che l'utente cerca direttamente, nell'esempio che vi sto per fare, Bild, il giornale più letto a livello europeo che ottiene il 70 per cento del traffico direttamente sul suo sito, senza passare da soggetti terzi. Il traffico arriva direttamente lì.
  Pertanto, vi è il motore di ricerca, che, soprattutto per i soggetti meno conosciuti, è un driver di traffico. Per i più grandi, che sono affermati, il traffico arriva direttamente. È inutile che vi stia a ripetere come l'utente sia assolutamente il re delle proprie decisioni.
  Riguardo ad una disciplina che potrebbe incoraggiare il pluralismo, vorrei tornare su un punto che è stato accennato in partenza. Il nostro era solito essere un settore caratterizzato – come dicevamo – dalla scarsità di risorse. Ora, invece, è un mondo di abbondanza e, come alcune volte si dice, di sovrabbondanza.
  Il problema in passato era dato dal fatto che vi era un numero molto limitato di voci e, quindi, una scarsità di informazioni e un piccolo numero di emittenti. Ove si pensi alle regole che sono oggi presenti e volte a preservare il pluralismo dei media, oggi come oggi, nell'epoca di Internet, la parola chiave è «accesso alla rete», per quello che dicevamo prima, il che significa accesso al pluralismo.
  Ancora una volta mi permetto di sottolineare l'importanza che il tema della banda larga ha nel nostro Paese. Da parte nostra abbiamo fatto uno studio – manderò alla Commissione anche questo link – un rapporto della Analysis Mason, che ha mostrato quale sia l'apporto degli operatori di Internet (Google, Facebook e via elencando) per la costruzione delle infrastrutture tecnologiche e, quindi, della rete.
  Passiamo e pensiamo, poi, ai diversi modelli di fruizione dei contenuti audiovisivi diffusi al giorno d'oggi. È vero che il consumo di televisione lineare è ancora straordinariamente forte. Ci sono ancora moltissime persone che guardano la televisione in una modalità tradizionale, ossia solo la televisione sul divano di casa. Secondo l'indagine conoscitiva dell'Agcom, in Italia tuttora la fonte di informazione più utilizzata è quella televisiva, impiegata da circa l'80 per cento della popolazione, a fronte di circa il 45 per cento che utilizza quotidiani e del 40 per cento che si informa attraverso Internet. Rispetto ad altri Paesi vi è ancora uno sbilanciamento a favore della fruizione attraverso modalità tradizionali, per motivi storici che ben conosciamo.
  L'esplosione nel corso degli ultimi due anni del numero di dispositivi mobili e il modo in cui le persone fruiscono dei contenuti da tali dispositivi è straordinario. Su YouTube solo due anni fa il 6 per cento degli utenti consumava video attraverso dispositivi mobili. Un anno dopo questo dato è passato dal 6 al 40 per cento e, quindi, oggi il 40 per cento degli utenti fruisce di contenuti video in modalità mobile. Queste tendenze, come vedete benissimo, sono molto rapide. Si evolvono in maniera molto rapida.
  Sulla questione relativa all'accesso all'informazione e al pluralismo della stessa, a cui le persone accedono attraverso Internet, occorre tenere conto che gli utenti fruiscono di informazioni e contenuti online da molteplici fonti e spesso saltando da una fonte all'altra. Passano da Google, a Facebook, al Corriere della Sera, a qualsiasi altro editore, per fare un esempio, a blog di citizen journalism. Non vi è solamente la multicanalità, ma vi è anche un rimbalzo dell'utente a e da diverse fonti.
  Se si guarda al modo in cui si utilizza la rete, si vede che è frequente che un sito o un contenuto conduca a un altro. Facebook è un ottimo esempio. Si ricerca la fotografia dell'amico o comunque un'altra fotografia o un'altra informazione e all'improvviso appare un video. Si fa clic su quel video e si intraprende un altro percorso che arriva a un blog che poi porta a un altro sito. Tutto è molto smooth. I confini sono molto labili, nel senso che si passa facilmente da un luogo all'altro.
  In epoca precedente all'avvento di Internet si poneva il problema della scarsità, che oggi evidentemente non si pone più. Pag. 10Tornando all'esempio che facevamo prima, nel passato si poneva il problema della fornitura di energia: io sono legato a un dato fornitore e ho difficoltà a muovermi dal fornitore A al fornitore B. L'esempio che abbiamo fatto adesso del passaggio da Facebook, a Google, al blog, al Corriere della Sera, a chissà dove chiaramente fa capire che l'utente si muove in questa agorà in maniera totalmente libera.
  Infatti se Google non esistesse più, le persone avrebbero comunque accesso alle stesse informazioni e alle stesse fonti di contenuto attraverso altri canali, anche perché non è Google l'editore che fa informazione, ma sono agli altri. Inoltre, le modalità di accesso a quelle informazioni sono svariate. Ancora una volta, competition is one click away.
  Se ci si vuole spostare, quindi, su un altro servizio, non si hanno particolari problemi. Permettetemi di sottolineare solo un punto a cui tengo molto. L'unico problema che ci potrebbe essere per passare da un servizio a un altro operatore sarebbero i propri dati. Faccio un esempio banale: se io ho Gmail e ho tutta la mia agenda su Gmail (contatti, e-mail, numeri di telefono) e devo passare da Gmail a un altro servizio, magari ci penso due volte, perché ho paura di perdere tutta la mia agenda.
  Google è l'unico operatore che per qualsiasi servizio, non solo per Gmail, ma anche per tutti gli altri, grazie a un gruppo di ingegneri che si chiama Data Liberation Front, permette di prendere i propri dati e di trasferirli presso l'altro operatore verso cui si vuole di migrare. Non vi è neanche più – almeno per Google – la barriera, l'unica che ancora esistesse, che poteva trattenere qualcuno (lock in) dentro un determinato servizio.
  Passo ad alcune considerazioni sempre relative al mondo dell'audiovisivo tradizionale e tecnologico. Vale la pena di fare due considerazioni sul lato economico. È corretto affermare che i ricavi pubblicitari si siano spostati verso Internet e ciò avviene perché gli inserzionisti prendono decisioni ogni giorno rispetto ai mezzi sui quali è più conveniente spendere il proprio denaro. Sanno che la pubblicità online è molto efficace e richiede un budget più basso. D'altronde, è anche vero che prendono decisioni al riguardo in modo piuttosto dinamico, scegliendo tra una vasta gamma di piattaforme pubblicitarie.
  Cito due dati che provengono sempre della relazione annuale del 2014 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Nel 2013 i ricavi da pubblicità su Internet hanno rappresentato il 19,7 per cento del totale, in calo del 2,5 per cento rispetto al 2012. Stanno aumentando, ma l'Italia non è il luogo più dinamico sotto questo punto di vista.
  Passo al terzo e ultimo punto e poi mi avvio alle conclusioni. Vorrei spendere due parole su Google e YouTube, su qual è il loro ruolo – forse questo è proprio il centro dell'indagine conoscitiva – per la diffusione dei contenuti, soprattutto dei contenuti audiovisivi, e su quali sono i vari modelli di business esistenti.
  Internet è chiaramente promotore e sviluppatore di nuove opportunità di creazione e di diffusione di contenuti. Internet in generale – non Google - è un'arena competitiva ed è il posto delle opportunità. Il pluralismo delle fonti di accesso all'informazione, alla cultura e all'intrattenimento è alla base della rete Internet.
  Che cosa sono Google e YouTube e che funzione svolgono all'interno di questo scenario ? Google e YouTube sono delle piattaforme digitali che rispettivamente indicizzano siti web di soggetti terzi e mettono a disposizione del pubblico contenuti video caricati dagli utenti di YouTube. Queste piattaforme digitali non sono né editori di informazione (noi non produciamo alcuna informazione), né broadcaster. Non son soggetti che scelgono quali informazioni porre in risalto. Sono piattaforme aperte, che permettono ai produttori di contenuti di raggiungere miliardi di persone nel mondo. Non sono creatori di contenuti, ma aiutano gli utenti a trovare i contenuti su larga scala e sono, pertanto, motori di pluralismo. Pag. 11
  Sempre di più Google e YouTube sono per i produttori di contenuti, anche quelli più tradizionali, una risorsa e un partner importante, dal momento che contribuiscono alla diffusione di nuovi modelli di business che permettono ai titolari dei diritti di poter contare su nuove forme di proventi, di monetizzazione, al passo con i tempi.
  Un caso di studio da questo punto di vista è quanto è avvenuto nel mondo della musica. Vorrei fare un inciso sul mondo della musica. So che non è forse oggetto di questa indagine, però è importante capire che cosa è successo, perché quello che è accaduto nel mondo della musica, che è stata la prima industry che ha patito la pirateria, il passaggio al digitale, ma che è riuscita anche a interpretare lo spirito dei tempi e, pertanto, a trovare dei modelli di business che funzionano, secondo me è un punto importante.
  Noi pensiamo che ogni volta si debba reinventare la ruota. Capiamo, invece, che cosa è successo storicamente alle industrie che già sono passate attraverso determinati processi, perché magari questo ci può fornire delle chiavi di lettura per il futuro.
  Dopo aver attraversato un periodo di adattamento dovuto alla famosa disruption portata dalle nuove tecnologie, negli ultimi anni il digitale si sta affermando come uno dei pilastri, in termini di ricavi e opportunità, per il mondo della musica e l'industria della musica.
  In Italia l'associazione FIMI ha affermato che il 2013 è stato l'anno della svolta. Il mercato discografico italiano è tornato a crescere, per la prima volta, del 2 per cento, dopo undici anni consecutivi di declino, crescita che si sta facendo sempre più robusta visto che c’è – questo è un virgolettato – «un trend positivo in crescendo del 7 per cento rispetto al 2013, per un totale di 53,6 milioni di euro, dei quali il 43 per cento proveniente dal segmento digitale, grazie ai diversi modelli di business innovativi e ormai disponibili per i consumatori».
  Dall'ultimo rapporto IFPI si può vedere come questa tendenza sia ormai globale. Nell'ultimo anno le revenues della musica provenienti dal digitale sono cresciute del 4,3 per cento, arrivando a circa 5,9 miliardi di dollari, ovvero il 39 per cento del totale, e i ricavi del servizio streaming, come Google Play, sono cresciuti del 50 per cento, raggiungendo il miliardo di dollari, e servizi basati sulla pubblicità, come YouTube, sono cresciuti del 17,6 per cento.
  D'altra parte, questo rapporto di fiducia e di collaborazione con l'industria dei contenuti si è potuto rinsaldare perché Google e YouTube (ovviamente posso parlare solamente delle piattaforme che io rappresento) hanno chiaramente capito, nel corso del tempo, che c'era bisogno di porre l'attenzione e, quindi, uno sforzo particolare sulla richiesta del tutto legittima di tutela dei diritti di proprietà intellettuale dell'industria. Solo nel momento in cui la fruizione in digitale fosse diventata una fruizione sicura, ci sarebbero potuti essere dei modelli di business che funzionavano e soprattutto un mutual understanding degli obiettivi comuni a cui essa si volgeva.
  Sebbene, a nostro avviso, il modo migliore per poter combattere la pirateria sia quello di sviluppare un'offerta legale – basta guardare al mondo della musica: nel momento in cui ci sono 25 operatori che offrono musica a prezzi accessibili, gli utenti, invece di andarla a scaricare, preferiscono molto più poterne fruire in maniera non solo legittima, ma anche molto più conciliabile con i propri device, perché la si può sentire a casa, sul cellulare e via discorrendo – e premesso che questo è un punto fondamentale che si applica a tutti i contenuti, Google investe decine di milioni di dollari in strumenti e sistemi che permettono all'industria dell'intrattenimento di proteggere, promuovere e remunerare i propri contenuti.
  I più importanti li trovate in un report, che vi manderò che si chiama How Google fights piracy e che illustra tutti gli strumenti che Google ha posto in essere per Pag. 12combattere la pirateria. Il primo si chiama Content ID ed è uno strumento per il quale abbiamo investito 60 milioni di dollari. In che cosa consiste ? È stato creato nel 2006, ed è stato successivamente sempre migliorato nel tempo.
  Content ID è uno strumento che permette al fornitore di contenuto, o broadcaster che sia, di tutelare i propri contenuti sulla piattaforma di YouTube: tutelo il contenuto e, al tempo stesso, ci guadagno e, quindi, monetizzo quel contenuto.
  La piattaforma YouTube è una piattaforma di user-generated content, vale a dire una piattaforma su cui liberamente qualsiasi utente può caricare i propri contenuti. Tra l'altro – vi dico un numero – ogni minuto vengono caricate su YouTube 100 ore di video.
  Quando vi è una partnership per Content ID tra YouTube e il produttore di contenuto, ogniqualvolta un user carica un contenuto, la piattaforma automaticamente individua che quel contenuto, sia esso audio o video, corrisponde alla traccia che è stata fornita dal content owner. Capisce, individua, fa questo matching e chiede al fornitore di contenuti, prima ancora che il contenuto sia caricato sulla piattaforma: «Caro fornitore di contenuto, che cosa vuoi fare di questo video, di questo contenuto, che io capisco che è tuo ? Lo vuoi bloccare oppure lo vuoi fare vedere online, ma lo vuoi monetizzare, ossia, vuoi collegarlo alla pubblicità e prenderti i proventi ?».
  Oggi questo sistema è utilizzato, se non sbaglio, da 45.000 partner in tutto il mondo. È utilizzato da partner importantissimi, per esempio da tutte le majors, e oggi ha distribuito più di un miliardo di dollari ai titolari dei diritti che l'hanno utilizzato.
  Tra i partner che utilizzano questo strumento vi sono, per esempio – parlo dell'Italia, a questo punto – La7, Fox International Channels Italy, Sky, YAM112003, come studi cinematografici Cecchi Gori, Eagle Pictures, Lucky Red, Fandango, Filmauro, Endemol, Zodiac, come etichette discografiche tutte le major musicali, tra cui Sugar, Carosello, Time e tantissime altre, nel mondo sportivo la FIGC, la Juventus, il Milan, l'Inter, la Lega Basket, la Lega del tennis e potrei andare avanti, nell'industria editoriale De Agostini e QuotidianoNet.
  Non intendevo farvi la lista della spesa. Vi volevo dire che a livello globale questo è un sistema che funziona e che non solo protegge il contenuto. La cosa importante è che porta proventi ai fornitori di contenuti. Questo è un primo strumento.
  Il secondo strumento di tutela dei diritti di proprietà intellettuale è la rimozione dei risultati di ricerca verso siti illegali. Spesso si dice che sui motori di ricerca si trovano siti illegali. Da sempre, ma con sempre maggior forza negli ultimi anni, Google ha investito per razionalizzare il processo di rimozione dei risultati di ricerca in violazione di copyright.
  Sin dall'agosto del 2012 viene abbassato il ranking dei siti per cui riceviamo un gran numero di notifiche valide relative al DMCA. Una volta che riceviamo molte notifiche che ci dicono che un sito contiene dei contenuti illegali, questo elemento entra a far parte dei parametri che compongono l'algoritmo di ricerca e, pertanto, nei risultati di ricerca quel sito avrà un posto sempre più basso.
  La settimana scorsa abbiamo perfezionato questo metodo, così da poter vedere degli effetti molto concreti nell'indicizzazione. In poche parole, questi siti sono veramente molto in basso tra i risultati di ricerca.
  Inoltre, abbiamo avviato le procedure che ci permettono di elaborare le richieste di rimozione da parte dei titolari di diritti per i risultati di ricerca. Se il titolare di diritti mi dice che una determinata pagina ha un contenuto piratato, quella pagina viene rimossa, mentre l'intero sito viene deranked, ossia abbassato nei risultati di ricerca.
  Vi è poi l'approccio follow the money, che so essere stato presentato al Parlamento prima dell'estate. Che cos’è questo approccio ? Il sito che fa pirateria non lo Pag. 13fa perché si diverte, ma perché ci guadagna. Un modo con cui può guadagnare – ce ne sono due o tre – è la pubblicità. Se il sito, oltre ai contenuti illegali, inserisce la pubblicità, gli utenti visitano il sito per i contenuti, vedono quella pubblicità e il sito guadagna.
  L'approccio follow the money significa chiudere il rubinetto per questi siti, vale a dire non fornire più alcuna forma di pubblicità per siti che fanno attività illegale e attività di pirateria. Abbiamo sottoscritto un memorandum of understanding con FIMI e FAPAV, la Federazione contro la pirateria, proprio per implementare l'approccio follow the money. Ci viene detto quali sono i siti e noi a questi non diamo più pubblicità.
  Da ultimo c’è l’ad format. Noi stiamo testando nuovi formati di pubblicità che verranno visualizzati sul motore di ricerca, relativamente a ricerche di musica o di contenuti audiovisivi, e che orienteranno gli utenti sempre più verso contenuti legali. Per esempio, nel caso in cui la parola di ricerca sia «gratis» o la stringa di ricerca sia «download gratis» associato al nome di un cantante famoso come ad esempio Rihanna o o qualsiasi altro soggetto o a titoli di film, uscirà una schermata che, invece, per quel contenuto, «Rihanna» oppure il titolo del film, indirizzerà a tutte le piattaforme, non solo le nostre, ma a tutti i competitor che legalmente offrono quel contenuto, con riferimento a tutte le piattaforme esistenti. Al momento lo stiamo testando negli Stati Uniti. Se funziona, lo porteremo anche in Europa.
  È inutile che vi dica che queste sono le forme di tutela del copyright, dei diritti di proprietà intellettuale, ma che queste piattaforme servono fondamentalmente, come la piattaforma YouTube, anche per una irrinunciabile finalità, che è quella della libertà di accesso all'informazione e della libertà di espressione. Quello che è accaduto durante la Primavera Araba, ossia la possibilità di comunicare e di accedere a informazioni che altrimenti sarebbero state difficili da reperire e da fornire, è un esempio chiarissimo di quello che a un certo punto le televisioni non potevano fare, ma che piattaforme di user-generated content hanno fatto.
  Sotto il profilo non solo dell'incremento del pluralismo, ma anche della creazione di un'offerta culturale e di intrattenimento – questo è il terzo pilastro, il terzo punto che riguarda le piattaforme di condivisione – Google e YouTube contribuiscono attraverso una serie di iniziative che sono volte a stimolare e a fornire i mezzi tecnici affinché la creatività venga espressa e soprattutto i giovani abbiano sempre più possibilità di mettere in rete i loro prodotti, i loro contenuti audiovisivi, i loro contenuti audivisual su queste piattaforme.
  Mi piace ricordare, perché l'abbiamo voluto fortemente e ora è un caso di successo – ne stanno parlando adesso al Festival del Cinema di Roma – il progetto «Il protagonista», che è stato promosso nel 2013-2014 da YouTube, ANICA, MPA, Univideo e FAPAV. Obiettivo di questo progetto era quello di valorizzare i giovani talenti italiani coinvolgendo il meglio della creatività tradizionale e il meglio della creatività di nuova generazione.
  In pratica, si tratta di una serie di master class che abbiamo organizzato fornendo ai ragazzi sia gli strumenti di base della creatività tradizionale, come ad esempio interventi di registi, sia quello che è necessario per poter sfondare nel mondo online, ossia una serie di testimonianze da parte dei youtuber e di testimonianze di aiuto da parte proprio dei colleghi che lavorano per YouTube. Abbiamo svolto una serie di lezioni dell'arco di un anno e un contest dei vincitori, che fra qualche giorno partono alla volta del YouTube Space di Londra, un luogo in cui tutti i creator del mondo, tutti i talenti possono realizzare le loro opere.
  Concludo, anche perché l'intervento è stato veramente lungo, ma c'erano tante cose da dire. Da quanto finora evidenziato ci sembra evidente come il settore dei contenuti online, inclusi i contenuti audiovisivi, sia non solo in pieno fermento, ma Pag. 14anche in perenne e rapida evoluzione. Ogni giorno assistiamo all'ideazione e alla realizzazione di nuovi modelli di business e all'affacciarsi di nuovi attori sul mercato. Lo scenario è altamente competitivo, anche perché, come dicevamo, le barriere all'entrata e anche all'uscita del mercato sono ridotte e i consumatori utenti non sono legati agli operatori da vincoli particolari, ma sono liberi di spostarsi da un servizio all'altro.
  Al tempo stesso, il panorama dell'informazione non è mai stato così plurale. Grazie all'avvento di Internet l'accesso equivale a informazione e il moltiplicarsi delle voci di informazione e la facilità di avervi accesso è garanzia di per sé di pluralismo.
  Passiamo, quindi, alle regole. Con riferimento alle regole che sovrintendono questo settore, è attualmente in corso, come sapete, il processo di revisione della direttiva sui servizi media audiovisivi e radiofonici, la cui fase decisiva è prevista nel 2015. Si tratta certamente di un compito non facile che la Commissione europea ha dinanzi a sé, ma che solo un'autorità sovranazionale può svolgere, perché, in base a tutto quello che ci siamo detti, la dimensione dell'ecosistema di cui stiamo parlando certo non è nazionale.
  Infatti, come rilevato – sono certa che l'avrete letto – dall'ultimo intervento della vicepresidente della Commissione europea e commissaria all'Agenda digitale uscente, Neelie Kroes, il dibattito sul tema spesso fa riferimento a un sistema normativo troppo datato o dettagliato per affrontare adeguatamente le questioni poste dal digitale. In alcuni ambiti, pertanto, appare esservi spazio per una deregolamentazione, per una maggiore cooperazione industriale e per una legislazione basata su princìpi chiari, ma senza essere troppo prescrittiva. Si pensi, al riguardo, ai molteplici strumenti e opzioni che sono possibili in rete, soprattutto di natura autoregolamentare, per la protezione, per esempio, dei diritti di proprietà intellettuale – quello che vi ho raccontato ne è un esempio – oppure, ancora, in tema di pubblicità.
  Gli strumenti di autoregolamentazione o di co-regolamentazione, ha precisato la Kroes, sono particolarmente adatti al mondo online, che è flessibile, in rapido movimento, mentre un'eccessiva rigidità delle regole potrebbe ostacolare l'innovazione e la creatività e ridurre la varietà dell'offerta dei contenuti. Per quanto, infine, riguarda specificamente Google, si è mostrato come esso svolga funzioni utili rispetto sia allo sviluppo dei mercati dei contenuti digitali, sia alla tutela dei valori fondamentali che vi sono sottesi, ossia libertà e pluralismo di informazione, tutela e valorizzazione della proprietà intellettuale, libertà d'iniziativa economica e concorrenza.
  Ci ha fatto particolarmente piacere – e vi ringraziamo ancora per averci invitato – partecipare a questa indagine conoscitiva e, in generale, avere un dialogo con la Commissione su questi temi. L'evoluzione del mercato è molto complessa, proprio perché procede in maniera assai rapida e procede a ritmi serratissimi. Pertanto, non solo siamo a vostra disposizione per parlarne, ma siamo anche contenti che ci possa essere un approfondimento che speriamo possa guardare il più avanti possibile, come vedo che sta accadendo su questi temi, i quali, chiaramente, non sono né di poco momento, né di facile approfondimento.
  Grazie mille.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, dottoressa. Lei ha battuto il record di Mauro Moretti, parlando più di un'ora. Noi ci aspettavamo davvero un contributo corposo, serio e originale, che c’è stato.
  Io ricordo ai colleghi che alle 16 sono previste le comunicazioni del Presidente del Consiglio in Assemblea. Abbiamo ancora un punto all'ordine del giorno importantissimo, perché dobbiamo incardinare la proposta di legge del Gruppo Movimento 5 Stelle su un tema delicatissimo. Inviterei la dottoressa, quindi, e credo di interpretare le convinzioni di ciascuno di voi, a tornare dopo che ci avrà Pag. 15inviato i materiali, per poter sviluppare una discussione all'altezza dello spessore della relazione.
  Anche se è una procedura abbastanza irrituale, le chiedo questa disponibilità, anche perché il lavoro svolto attraverso l'indagine conoscitiva potrebbe portare, forse, a qualche iniziativa legislativa della Commissione. Strozzare la discussione in un quarto d'ora non mi sembra proficuo, né serio.

  GIORGIA ABELTINO, Responsabile per le Relazioni istituzionali e gli affari regolamentari. Torneremo con estremo piacere, dopo avervi inviato la relazione. Grazie mille.

  PRESIDENTE. Ringrazio la nostra ospite e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.