XVII Legislatura

IX Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Martedì 30 settembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA DEI SERVIZI DI MEDIA AUDIOVISIVI E RADIOFONICI

Audizione di rappresentanti di Discovery Italia Srl.
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 3 
Soldi Marinella , Amministratore Delegato di Discovery Italia Srl ... 3 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 9 
Coppola Paolo (PD)  ... 9 
Mauri Matteo (PD)  ... 9 
Bonaccorsi Lorenza (PD)  ... 10 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 10 
Soldi Marinella , Amministratore delegato di Discovery Italia Srl ... 10 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE POMPEO META

  La seduta comincia alle 15.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Discovery Italia Srl.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, l'audizione di rappresentanti di Discovery Italia Srl.
  Ringrazio la dottoressa Marinella Soldi, amministratore delegato di Discovery Italia, per aver accolto l'invito della Commissione e saluto i rappresentanti della delegazione.
  Do la parola alla dottoressa Soldi per lo svolgimento della sua relazione.

  MARINELLA SOLDI, Amministratore Delegato di Discovery Italia Srl. Ringrazio il presidente e gli onorevoli deputati per averci invitati ad intervenire nell'ambito dell'indagine conoscitiva che state svolgendo.
  Vi racconteremo alcune cose sul nostro gruppo e alcuni di punti di vista che abbiamo sui temi caldi per il nostro settore.
  Iniziamo a parlare di Discovery nel mondo. Penso che sia un brand abbastanza conosciuto. È una media company presente in oltre 220 Paesi, con più di 2,7 miliardi di abbonati. Abbiamo 40 sedi in tutto il mondo, circa 6.000 dipendenti e oltre 200 network che parlano 45 lingue differenti.
  Discovery è leader mondiale nella programmazione, che spazia in diversi generi, dall'intrattenimento ai documentari, dallo sport all'attualità. È in grado di intercettare i gusti di molteplici target grazie a contenuti originali e di qualità.
  In piena espansione, Discovery a livello mondiale nel 2012 acquisisce SBS, una rete di dodici network televisivi nei Paesi nordici, e nel 2014 rende noto il completamento dell'acquisizione e della partecipazione di controllo di Eurosport international, il principale gruppo europeo nell'intrattenimento sportivo, arrivando a un fatturato globale di circa 5,5 miliardi di dollari all'anno.
  La cosa impressionante del 2014 per quanto concerne il nostro gruppo è che per la prima volta il fatturato originato al di fuori dell'America supererà il fatturato domestico degli USA. Questo rende abbastanza importante il peso che viene dato alle attività internazionali.
  In Italia Discovery è presente dal 1997. Oggi siamo il terzo editore televisivo italiano, con circa il 6 per cento di share. È vero che siamo molto lontani dagli share del primo e del secondo editore, ma comunque siamo molto fieri di questo terzo posto che ci siamo guadagnati negli ultimi anni. Oltre 44 milioni di persone (il 75 per cento della popolazione) ogni mese guardano un pezzo della nostra programmazione.
  Siamo l'editore di sette canali sul digitale terrestre, di cui sei free (Real Time, DMax, Giallo, Focus e due canali per Pag. 4bambini, Frisbee e K2), che sono distribuiti gratuitamente anche sul satellite Sky e TVSAT e di un pay sul digitale terrestre, Discovery world, all'interno dell'offerta di Mediaset Premium.
  A questi si aggiungono un canale pay su Sky, GXT, e la gestione editoriale degli altri quattro canali internazionali distribuiti sempre in modalità pay su Sky: Discovery channel, Discovery science, Travel&Living e Animal Planet.
  Siamo un editore veramente multipiattaforma. Abbiamo un'offerta che spazia tra le tre tipologie di piattaforma che oggi esistono in Italia.
  Negli ultimi quattro anni Discovery ha colto le opportunità offerte dal passaggio dall'analogico al digitale, diversificando il proprio business e consolidando una presenza multipiattaforma.
  Dopo aver lanciato l'innovativo genere televisivo di cui Discovery è pioniere e leader in Italia e nel mondo, il cosiddetto factual entertainment, il gruppo si è aperto ad altri generi, come la fiction, lo sport e i programmi per bambini. Discovery Italia ha così accresciuto sensibilmente i propri investimenti nel Paese, in un momento in cui, negli ultimi anni, pochi altri gruppi americani e internazionali se la sono sentita, dando nuovo slancio alla creatività e alla vitalità dell'industria audiovisiva del Paese.
  In questo contesto, lo scorso anno l'azienda ha portato a termine l'acquisizione di Switchover Media e ha successivamente acquisito i diritti per la trasmissione esclusiva della prestigiosa competizione internazionale del rugby del «Sei nazioni».
  In termini di audience, Real Time e DMax hanno stravolto le abituali gerarchie della televisione italiana e sono diventati rispettivamente l'ottavo e il nono canale nazionale per share, affermando la loro identità anche tra diversi generi di pubblico.
  La crescita del proprio peso all'interno dello scenario televisivo nazionale ha portato anche un importante contributo a livello occupazionale. In pochi anni, infatti, noi siamo passati da una forza lavoro di circa 60 persone nel 2012 a circa 230 nel 2014, con un indotto di oltre 200.
  Come dicevamo, siamo molto fieri di creare posti di lavoro in questo momento così difficile per il nostro Paese e di crearli principalmente per i giovani. Abbiamo un'età media in azienda di 35 anni e abbiamo circa il 60 per cento di donne al vertice. La prima linea è fifty-fifty per quanto riguarda maschi e femmine. Abbiamo inoltre un'alta percentuale di laureati.
  Inoltre, siamo anche molto fieri perché l'Italia è un top five country per il nostro gruppo, cioè rientra tra i cinque o sei Paesi più importanti a livello internazionale e cominciamo a esportare sia un modello di televisione sia un modello di fare business.
  La curva della crescita dello share di Discovery mostra che nel mese di agosto vedete un meraviglioso numero che ci dice che abbiamo raggiunto con tutti i nostri canali il 7,4 per cento di share, che si traduce in un 10 per cento di share commerciale.
  Parliamo di Discovery Media. Come si alimenta questa meravigliosa macchina di contenuti ?
  L'ampliamento dei contenuti editoriali e l'opportunità di offrire agli investitori strumenti di comunicazione ancora più efficaci per raggiungere il proprio target di riferimento hanno portato nel 2012 alla nascita di Discovery Media, la divisione interna del gruppo che si occupa della raccolta pubblicitaria.
  In uno scenario complessivo ancora in contrazione, Discovery Media è uno dei pochi soggetti in controtendenza rispetto all'andamento di un mercato che è molto concentrato, anche per la capacità di individuare proposte commerciali innovative in grado di massimizzare gli investimenti degli inserzionisti. Discovery Media offre cioè un tipo di comunicazione che va oltre la campagna tabellare, grazie a partnership basate su una vicinanza di valori e di brand.
  Questo approccio ha permesso una crescita rapida e una forte affermazione di Discovery Media sul mercato, ancor più Pag. 5significativa se si considera il livello altamente competitivo del settore e, come dicevo, la presenza di soggetti con posizioni consolidate nel tempo.
  Discovery Media è oggi un soggetto di primo piano nel settore pubblicitario in Italia e il portafoglio diversificato dei suoi 12 canali su tutte le piattaforme si adatta a un mercato sempre più esigente e alla ricerca di soluzioni sempre più personalizzate.
  Come dicevo, l'Italia rappresenta un asset chiave per il gruppo, non solo da un punto di vista del peso del fatturato, ma anche dal punto di vista di fonte di creatività e di diversità di genere.
  Oltre a essere un Paese importante, l'Italia è anche il quartier generale delle attività di Discovery in Sud Europa, cioè Spagna e Portogallo. È uno dei mercati più stimolanti, sia in termini economici sia in termini editoriali. In Italia, infatti, Discovery sta investendo importanti risorse nel settore televisivo, e ha fortemente accresciuto il proprio peso in termini di produzioni originali. Solo nel 2014, ad esempio, ha prodotto 330 ore di nuovi programmi, con una crescita del 40 per cento rispetto all'anno precedente.
  Di Discovery si dice spesso che abbia dato vita ad un nuovo Rinascimento della televisione italiana. Non vogliamo assolutamente essere arroganti con questo termine, ma stiamo scardinando – ci sembra – degli stereotipi della televisione e facendo conoscere a tutto il pubblico la possibilità di un intrattenimento di qualità.
  Tutto questo è stato fatto creando canali e programmi diventati veri e propri love brand, proponendo modelli di uomini e donne autentici e contemporanei, stimolando la curiosità e rispettando l'intelligenza del pubblico.
  Il valore che ci guida ogni giorno nella ricerca del miglior contenuto è la valorizzazione della diversità. Questa è una parola che noi utilizziamo molto all'interno della nostra azienda. Vengono proposti temi, persone, situazioni, linguaggi diversi, che possano assecondare i gusti di target differenti.
  La diversità è ciò che alimenta la creatività, permette di stupire il pubblico e garantisce la ricchezza del nostro portfolio per l'intera platea.
  Discovery è quindi una content company che ha nel cuore la democraticità e l'obiettivo di proporre programmi di qualità per tutti: dai più piccoli ai più grandi, uomini e donne.
  Nel dna di Discovery c’è passione, competenza, capacità di osare e di essere innovativi, ponendo sempre al centro il telespettatore, ascoltando e assecondando le sue aspettative.
  Discovery ha accolto con favore l'indagine conoscitiva deliberata da codesta Commissione. Riteniamo, infatti, che una serie di disposizioni normative del Testo unico sui servizi media audiovisivi necessitino oggi, alla luce dei mutati scenari di mercato, di interventi di aggiornamento e revisione.
  Il processo di convergenza tecnologica, ormai in atto da diverso tempo e che ben presto arriverà a una fase di consolidamento, impone una riflessione sulla regolamentazione di modelli di business introdotti o imposti dalle nuove modalità di distribuzione, nonché sul regime normativo esistente per i servizi di media audiovisivi tradizionali e lineari.
  Inoltre, è evidente che i servizi oggi offerti dai vari operatori, sia tradizionali che nuovi entranti, si posizionino all'interno di un unico mercato, che vede gli operatori competere nella attuazione di politiche industriali e commerciali finalizzate all'incremento del numero degli abbonati e/o della raccolta pubblicitaria.
  Pensiamo che sarebbe opportuno abbandonare la logica di una contrapposizione tra vecchio e nuovo, ma con lucidità analizzare l'attuale stato della normativa. È, quindi, evidente che gli operatori promotori di offerte nelle nuove modalità distributive godono di una maggiore libertà e minori vincoli normativi.
  Per questo, Discovery propone una revisione dell'intera normativa che da anni regola il settore televisivo ed audiovisivo, rimuovendo ove possibile i paletti di una regolamentazione troppo rigida. In un secondo Pag. 6momento, una volta fissati alcuni fondamentali principi, si potrà applicare il nuovo corpus di regole a tutti gli operatori del settore, a prescindere dalla modalità di distribuzione e dal modello di business adottato.
  Parliamo di LCN. Ci viene da dire, forse in maniera un po’ provocatoria, che l'LCN non ha importanza. Infatti, malgrado il fatto che Real time si trovi al tasto 31, è comunque l'ottavo canale nazionale per share. Malgrado il fatto che DMax si trovi al numero 52, è comunque il nono canale nazionale per share. Malgrado le numerazioni non siano molto ovvie, stiamo riuscendo a entrare nel cuore e nel tasto del telecomando di chi ci segue. A parte questa battuta (che è una battuta fino a un certo punto), parliamo sul serio.
  Lo scorso 8 settembre il Consiglio di Stato ha emanato la sentenza n. 4145, con cui ha riassegnato al Commissario ad acta, già nominato con la sentenza 6021 del 16 dicembre 2013 e la cui attività era stata precedentemente sospesa in via cautelare, il compito di redigere il nuovo regolamento sulla numerazione automatica dei canali digitali terrestri.
  Alla situazione di incertezza causata dalla nota vicenda giudiziaria, si è aggiunta anche una cattiva gestione nell'allocazione delle posizioni LCN. Valga per tutti l'esempio del numero eccessivo di posizioni LCN assegnato alle emittenti locali nel primo arco di numerazione. In particolare, nelle posizioni dalla 71 alla 99 sono presenti solo emittenti che presentano programmazione di bassa qualità o interamente di televendite, a detrimento di diverse emittenti nazionali assegnatarie invece di posizioni nel secondo arco (dalla 100 alla 199), che fanno una vera programmazione realizzata attraverso investimenti mirati allo sviluppo qualitativo degli stessi canali.
  A fronte dunque della scarsità della risorsa, sarebbe opportuno un intervento incisivo di razionalizzazione e miglior allocazione delle risorse stesse.
  Alla luce dei diversi e a volte contraddittori risvolti che la vicenda LCN ha avuto, nonché alla luce della non efficiente gestione della risorsa, Discovery ritiene che la migliore soluzione per garantire stabilità ed affidabilità al sistema (due parole fondamentali per aumentare l'investimento nel nostro Paese da parte di soggetti esteri) sia un intervento normativo primario, che vada a integrare e a modificare il Testo unico dei servizi media audiovisivi.
  Solo in questo modo si potrà innescare un meccanismo di razionalizzazione del sistema, in grado, peraltro, di semplificare il quadro di mercato verso una più logica allocazione di risorse, grazie a un abbattimento delle barriere competitive che ancora lo caratterizzano.
  Fino a quando non verrà risolto il problema dell'LCN, difficilmente il mercato potrà beneficiare di investimenti importanti, sia da parte degli editori, esistenti o nuovi, sia da parte di operatori di rete che vogliano affacciarsi sul mercato delle frequenze.
  Noi gestiamo dall'Italia anche il mercato spagnolo. Immagino che sia noto, ma ci colpisce molto il fatto che in Spagna le LCN non esistono. Ogni utente programma il proprio telecomando in base alle proprie preferenze. È una scelta estremamente meritocratica. In Inghilterra gli slot diversi, a seconda di dove sono posizionati, si possono acquistare, un po’ come un pezzo di real estate: più basso è il numero, più alto è il costo delle LCN. Questi sono semplicemente due esempi di cosa succede in altri Paesi.
  Sicuramente vi sarà noto che non esiste altro Paese in Europa e potenzialmente nel mondo con un numero così alto di canali free to air. Si può immaginare che è un sistema non economico avere 200 canali in un mercato free to air. In Spagna adesso sono a 15 e quelli nazionali sono stati ridotti. In Inghilterra sono una quarantina.
  Per quanto riguarda le quote di investimento, l'articolo 5 della direttiva sui servizi di media audiovisivi stabilisce che le emittenti televisive riservino alle opere europee realizzate da produttori indipendenti dalle emittenti stesse almeno il 10 per cento del loro bilancio destinato alla programmazione.Pag. 7
  Differentemente, l'attuale previsione del Testo unico dei servizi media audiovisivi collega l'obbligo di investimento del 10 per cento non al bilancio destinato alla programmazione, come previsto dalla direttiva, bensì agli introiti netti annui, così come indicati nel conto economico dell'ultimo bilancio di esercizio disponibile.
  Questo parametro, non solo corrisponde a un importo decisamente più rilevante rispetto a quello destinato alla programmazione (nel caso di un'azienda americana, come la nostra, che deve fare utili), ma proprio per la sua rilevanza e onerosità, rischia seriamente di costringere un editore a modificare la linea editoriale del proprio canale per far fronte all'investimento richiesto e dunque ad andare contro la linea editoriale potenzialmente vincente.
  L'imposizione di tali investimenti in modo eteronomo finisce in molti casi per erodere in gran parte, se non completamente, il budget destinato alla programmazione.
  Infatti, la direttiva europea ammetteva l'ipotesi che un editore potesse decidere (per le ragioni più varie: scarsità di fondi, necessità di allocare maggiori investimenti in altre aree, scelte editoriali eccetera) di non effettuare acquisti di opere audiovisive sul mercato, impiegando solo prodotti «di magazzino». Se invece il medesimo editore avesse deciso di destinare all'arricchimento della propria programmazione un certo budget, avrebbe dovuto investire in favore di opere di produttori indipendenti una quota del budget stanziato per arricchire la propria programmazione.
  La disciplina europea, quindi, non solo fa salva l'autonomia delle scelte imprenditoriali, ma parametra l'impegno economico richiesto alle emittenti all'effettiva attività da queste posta in essere.
  Si ritiene, pertanto, opportuno procedere con una modifica del parametro di calcolo delle quote di investimento adottato dal Testo unico e riportarlo in linea con quanto previsto dalla direttiva europea.
  Vengo ora ai contributi sui diritti d'uso delle frequenze. Lo scorso 22 maggio l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha avviato una consultazione pubblica con l'obiettivo di determinare i nuovi criteri per la fissazione, da parte del Ministero dello sviluppo economico, dei contributi annuali per l'utilizzo delle frequenze nelle bande televisive terrestri.
  Tuttavia, il consiglio dell'Agcom ha deciso inizialmente di non procedere all'approvazione finale del suddetto regolamento, a seguito dapprima dei rilievi avanzati dalla Direzione informazione, comunicazione e media e poi dalla Direzione reti e servizi di comunicazione elettronica della Commissione europea, la quale aveva evidenziato che i nuovi contributi avrebbero potuto rappresentare un'ulteriore barriera all'accesso dei nuovi entranti.
  Questo regolamento verrà votato nuovamente dal consiglio dell'autorità oggi stesso, il 30 settembre.
  Pur comprendendo l'esigenza del regolatore di una complessiva revisione del regime contributivo, sorta all'esito del processo di transizione del sistema di radiodiffusione televisiva dalla tecnica analogica alla tecnica digitale, anche Discovery ritiene che lo schema di regolamento proposto presenti un elemento di criticità di fondo, che rischia di creare un effetto distorsivo nelle dinamiche concorrenziali del mercato.
  Tale criticità è rinvenibile sostanzialmente nella modalità di fissazione del valore di riferimento del contributo annuale e, nello specifico, nell'obiettivo di ottenere dal mercato della cessione di capacità trasmissiva, un'imposizione pari a quella ottenuta in era analogica dalla tv in chiaro che, calcolata sommando le entrate dal canone e quelle pubblicitarie, si attestava intorno ai 50 milioni di euro su un fatturato complessivo di circa 50 miliardi di euro.
  A parere di Discovery, è evidente che un simile criterio rischierebbe di creare una doppia distorsione, favorendo operatori di rete verticalmente integrati con fornitori di contenuti, che possono applicare economie di scala tali da ridurre i Pag. 8costi operativi. Tale distorsione, oltre a determinare un calo per le entrate dello Stato, stimato in oltre 100 milioni di euro nei primi 4 anni, avrebbe a valle effetti sugli editori di contenuti che distribuiscono i propri canali con gli operatori non verticalmente integrati e che subirebbero un'inevitabile revisione delle condizioni economiche per l'affitto della capacità trasmissiva.
  A ciò si aggiunga, infine, che un eventuale cambio di operatore comporterebbe il problema tecnico della risintonizzazione dei canali da parte degli utenti, che porterebbe nel breve periodo a una riduzione degli indici di ascolto fino a un massimo del 20 per cento, con un calo considerevole degli introiti pubblicitari.
  Un simile meccanismo rischierebbe di avere un impatto molto forte anche sul mercato degli editori indipendenti, che, oltre a sostenere già costi di banda molto elevati per l'affitto della capacità trasmissiva, nel caso di una variazione al rialzo delle condizioni economiche proposte dall'operatore di rete, vedrebbero seriamente compromessa la propria profittabilità e, in alcuni casi, la propria sopravvivenza.
  Passiamo ora ai sistemi di rilevazione degli ascolti. L'evoluzione digitale del mercato televisivo ha portato alla creazione di un mercato complesso e molto frammentato: reti nazionali, editori locali, canali tematici, centinaia di emittenti terrestri e satellitari. Ampiezza e composizione dell'offerta televisiva rendono necessario un sistema avanzato di misurazione degli ascolti.
  A fronte in particolare della rapida evoluzione tecnologica e della multidistribuzione, sono necessari strumenti efficaci e completi che diano una fotografia veritiera e che siano uno strumento comune e condiviso per gli editori, utile anche per gli investitori.
  Rimane il dubbio che l'attuale sistema di rilevazione Auditel possa non più rispecchiare e monitorare la complessità del mercato e dell'offerta televisiva.
  Discovery, al pari di altre emittenti, effettua diversi studi e ricerche di mercato, dalle quali si evince che il mercato delle cosiddette «nuove emittenti digitali» è spesso sottostimato in termini di indici di ascolto.
  Abbiamo accolto con favore la decisione del consiglio di amministrazione di Auditel di triplicare il campione delle famiglie da 5.000 a 15.000, ma allo stesso tempo temiamo che queste misure impieghino troppo tempo per diventare operative, soprattutto perché questa decisione è stata presa solo dopo che Sky ha annunciato l'avvio del proprio smart panel.
  Sarebbe pertanto opportuno iniziare a pensare che ad occuparsi di rilevamento degli indici di ascolto sia un ente o una società composta solo da personalità totalmente indipendenti. A tal proposito, preme ricordare che la legge n. 249 del 1997 affida all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni la funzione di curare le rilevazioni degli indici di ascolto e di diffusione dei diversi mezzi di comunicazione. La legge prevede che, laddove la rilevazione degli indici di ascolto effettuata da altri soggetti non risponda a criteri universalistici del campionamento rispetto alla popolazione o ai mezzi interessati, l'Autorità può provvedere a effettuare le rilevazioni necessarie.
  In alternativa, potrebbe occuparsi del rilevamento degli indici d'ascolto una società o un ente che preveda obbligatoriamente un coinvolgimento e una rappresentanza al proprio interno di tutti gli editori del mercato.
  Nulla facendo si rischierebbe di perpetuare l'utilizzo di strumenti creati nel 1984 e non in grado di riuscire a rilevare il mercato in maniera veritiera e garantire trasparenza nella concorrenza.
  L'ultimo tema che vorrei trattare concerne la Rai. Discovery ha apprezzato la decisione di anticipare al 2015 il rinnovo della convenzione della Rai con lo Stato per la concessione del servizio pubblico e ha accolto con favore l'idea lanciata dal Sottosegretario allo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, di lanciare un'ampia consultazione pubblica.
  Consideriamo ormai improrogabile una riforma della Rai dopo tanti anni. Naturalmente il caso Rai, di cui si discute da Pag. 9tempo, non dipende da chi guida oggi l'azienda, ma viene da molto lontano.
  La Rai andrebbe sganciata definitivamente dai meccanismi della politica, anche per assegnarle un'identità precisa: emittente del servizio pubblico per parte delle sue attività ed emittente commerciale per altra parte. Ciò le permetterebbe di agire sul mercato con maggiore trasparenza, applicando politiche commerciali concorrenziali con quelle degli altri operatori.
  A tal proposito, riteniamo eccessiva, anche rispetto ai modelli di altri Paesi europei, la presenza di quindici canali sulla piattaforma digitale terrestre, mentre riteniamo che siano sufficienti uno o due canali finanziati solo dal canone e non più di tre o quattro canali di genere tematico finanziati solo con la pubblicità.
  Un simile assetto, con due anime ben distinte, permetterebbe alla Rai di rafforzare i propri contenuti, di crescere sul mercato e di strutturarsi come media company. Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, dottoressa, per la lunga e interessante relazione. Un primato lo avete raggiunto oggi: negli indici di ascolto siete terzi, ma per lunghezza e interesse della relazione penso che abbiate scavalcato quelli che vi precedono. Aldilà di tutto, complimenti davvero. La relazione appena svolta ha portato via 40 minuti. Ricordo ai colleghi che abbiamo ancora due punti all'ordine del giorno, quindi li pregherei di intervenire molto rapidamente, se hanno questioni da porre, in modo tale che, in sede di replica, la dottoressa Soldi possa dare le risposte e fornire ulteriori precisazioni.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAOLO COPPOLA. Sarò velocissimo. Vorrei sapere, dal momento che lei ha accennato la questione, ma non ha dato un'indicazione, qual è la vostra proposta rispetto all'LCN. Lei ci ha dato due possibili modelli. Qual è, secondo voi, quello preferibile ?

  MATTEO MAURI. Anch'io avrei sottolineato l'aspetto citato dal collega Coppola, ma non lo faccio dal momento che l'ha già fatto lui. Vorrei sottolinearne altri due.
  Durante l'audizione con i rappresentanti della Rai, avevo avuto modo anch'io di stigmatizzare questo aspetto dell'Auditel, ovvero il fatto che una società privata e composta solamente da alcuni dei concorrenti nel mercato televisivo possa avere in mano le regole del gioco, cioè possa fare da arbitro, ruolo che svolge ormai da molti anni.
  Parlo di arbitro perché evidentemente dall'attribuzione degli ascolti deriva una pesante influenza sul mercato pubblicitario. Di conseguenza, essendo la stragrande maggioranza delle emittenti televisive, al netto di quelle pubbliche, basate sulla raccolta pubblicitaria, questo di per sé rappresenta un'anomalia.
  Anche su questo voi proponete un paio di soluzioni. Io nella scorsa audizione ho sostenuto il fatto che, più che fare entrare gli altri concorrenti, almeno i principali, al tavolo già apparecchiato, fosse preferibile trovare un'altra soluzione e pensare a un nuovo modello, magari tecnologicamente più avanzato (anche se sappiamo bene che non siamo più a quello degli anni 1980), con una precisione di rilevamento più alta e soprattutto che possa coprire quella molteplicità di offerta che oggi c’è e che in questo momento non viene registrata in maniera corretta. A questo proposito, anche nella precedente occasione, avevo detto che forse qualche iniziativa anche da parte nostra sarebbe meritoria.
  Sia nell'audizione di Sky, se non ricordo male, che in quella della Rai, è stato citato Discovery come esempio positivo. Sono particolarmente curioso di capirne le ragioni.
  Lei ha ricordato più volte il fatto che siete un'azienda americana. L'ha fatto anche con un certo orgoglio, se posso dirlo. Ho visto che in uno dei passaggi centrali, lei criticava il sistema legato alle quote di investimento. Questo significa che, magari per origine e per città madre, non avete intenzione di fare investimenti su produzioni europee e italiane oppure che, all'interno Pag. 10della normativa vigente, aldilà dell'ipotesi di testo unico, già fate questo e lo potreste fare di più ?

  LORENZA BONACCORSI. Discovery è un gruppo presente su tutte le piattaforme televisive. Vorrei capire, anche rispetto alla vostra casa madre, qual è la vostra visione di sviluppo nel mercato italiano e, di conseguenza, nel mercato europeo, rispetto alle differenti piattaforme (digitale terrestre, satellite e digitale pay). Vorrei capire quali sono le vostre percezioni su dove va il mercato.

  PRESIDENTE. Do la parola alla dottoressa Soldi per la replica.

  MARINELLA SOLDI, Amministratore delegato di Discovery Italia Srl. Farò del mio meglio, perché erano tutte domande molto interessanti e anche molto corpose.
  Per quanto riguarda l'LCN, il nostro punto di vista è che sui primi nove numeri si possa far lavorare tranquillamente il Commissario ad acta per arrivare a una soluzione che sia definitiva. Quello che noi chiediamo è di avere un intervento primario o comunque un regolamento che ponga fine a qualsiasi tipo di incertezze e dubbi per quanto riguarda la numerazione. Pensiamo anche che sarebbe auspicabile dare accesso al blocco del primo arco, da 10 a 19, per le emittenti nazionali, anche sulla base di criteri di share.
  Non abbiamo certo una risposta, ma questi due princìpi potrebbero essere utili a stabilizzare il mercato, fare entrare nuovi competitor e creare quella stabilità che poi favorisce investimenti e lavoro.
  Per quanto riguarda il sistema di misurazione, e la domanda che mi veniva posta, se è meglio aggiungersi a una tavola apparecchiata o crearne una diversa, ritengo che questo sia un tema abbastanza delicato. Creare, come ha fatto Sky, all'interno del proprio parco di abbonamenti, un panel o comunque qualcosa che sia più moderno, filosoficamente ci piace. Dal punto di vista degli investimenti richiesti, noi non siamo in grado di fare questo e probabilmente neanche di mettere tutti d'accordo perché questo avvenga.
  Ci sono degli elementi di Auditel che sono molto positivi. È un panel rappresentativo numericamente. Da un punto di vista statistico, non ha niente da invidiare ai sistemi negli UK o in Spagna. Tutto ciò che dovremmo guardare è ciò che sta a monte, ovvero la governance. Forse ho detto una parola che non dovevo dire.
  Per quanto riguarda invece la quota di investimento, noi investiamo molto in prodotto locale (300 ore all'anno). Quello che noi diciamo, ossia 10 per cento sul budget di programmazione versus il 10 per cento sul fatturato, è anche una questione di integrità editoriale. Infatti, parte del successo che noi abbiamo deriva dalla capacità di integrare contenuto locale, sul quale investiamo molto, con contenuto internazionale. In un mondo sempre più diverso, dove la curiosità verso ciò che c’è in altri Paesi diventa un elemento fondamentale, ci sentiamo di dire che un conto è avere un budget dove si gestisce una buona parte sul locale e si riesce a dedicare il resto a comprare dei prodotti che portano cose mai viste in Italia, un altro conto invece è essere obbligati, visti determinati criteri relativi al fatturato, a essere troppo autoreferenziali. Questo forse è il tema.
  Per quanto riguarda l'essere americani e molto fieri, siamo un'azienda americana, ma siamo anche un'azienda molto italiana. Siamo tutte persone italiane, così come a Madrid ci sono quaranta persone spagnole. Dunque, cerchiamo di trovare un buon equilibrio tra le direttive di meritocrazia che spesso si trovano nelle aziende americane e la nostra meravigliosa cultura locale.
  Come si svilupperanno le piattaforme e quali saranno quelle vincenti è una bella domanda. Noi abbiamo il lusso di essere una vera content company, perciò il metodo di distribuzione è secondario al fatto di essere in grado di creare dei modelli, dei programmi e dei talenti che possono essere fruibili in qualsiasi tipo di piattaforma di distribuzione.
  Sicuramente la nostra evoluzione sia in Italia che in Spagna, ovvero l'approdare sul mercato free to air, è stata molto spinta Pag. 11dal fatto che in questi due Paesi la pay tv non si è sviluppata. Dunque, per crescere, per forza si doveva osare, aver coraggio e convincere i propri stakeholder americani a investire in free to air.
  Per quanto riguarda il futuro, chissà ! Magari tra poco tutto questo sarà irrilevante, perché ci saranno altri metodi di cui si parla poco. Quello che noi crediamo è che creare un legame emotivo forte con il nostro telespettatore sarà la cosa vincente ovunque ci si potrà trovare.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo davvero per la vostra relazione. Ritengo l'audizione che si è appena svolta molto interessante e molto utile ai fini della nostra indagine. Complimenti davvero.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.20.