XVII Legislatura

IX Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 23 luglio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA DEI SERVIZI DI MEDIA AUDIOVISIVI E RADIOFONICI

Audizione di rappresentanti di Rai SpA.
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 3 
Tarantola Anna Maria , Presidente di RAI SpA ... 3 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 9 
Gubitosi Luigi , Direttore Generale di RAI SpA ... 9 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 16 
Bonaccorsi Lorenza (PD)  ... 16 
Bergamini Deborah (FI-PdL)  ... 17 
Pagani Alberto (PD)  ... 18 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 18 
Gubitosi Luigi , Direttore Generale di RAI SpA ... 18 
Nizzi Settimo (FI-PdL)  ... 22 
Carloni Anna Maria (PD)  ... 22 
De Lorenzis Diego (M5S)  ... 22 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 22 
Gubitosi Luigi , Direttore Generale di RAI SpA ... 22 
Tarantola Anna Maria , Presidente di RAI SpA ... 24 
Gubitosi Luigi , Direttore Generale di RAI SpA ... 24 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 24

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE POMPEO META

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Rai SpA.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, l'audizione di rappresentanti di Rai SpA. Ringrazio la Presidente Anna Maria Tarantola, il direttore generale Gubitosi. Fanno parte della delegazione il dottor Rastrello, il dottor Nardello e il dottor Casinelli.
  Vi ringrazio per aver accolto il nostro invito, sapete che siamo agli inizi dei nostri lavori, abbiamo già audito alcuni soggetti e, tenendo conto del corposo ordine del giorno della odierna seduta, darei subito la parola alla Presidente di Rai SpA, Anna Maria Tarantola.

  ANNA MARIA TARANTOLA, Presidente di RAI SpA. Grazie, signor presidente. Signore e signori deputati, onorevoli, grazie per avere formulato questo invito a partecipare a questo ciclo di audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema dei servizi di media audiovisivi e radiofonici che questa Commissione ha promosso.
  Vorrei fare una premessa, che riguarda il contesto generale di riferimento del settore audiovisivo. Il settore audiovisivo sta attraversando una fase di profonda trasformazione per effetto dell'agire di più fattori, che hanno determinato e ancora più determineranno negli anni a venire dei rilevanti cambiamenti nei mezzi di fruizione, nelle modalità produttive e di pubblicazione, di utilizzo dei contenuti e dei servizi e dell'operare stesso degli attori del mercato.
  Un primo fattore è indubbiamente l'innovazione tecnologica e, nello specifico, la rivoluzione digitale. Al contempo, però, l'evoluzione socio-culturale mentre da un lato ha costituito un terreno molto fertile su cui l'innovazione tecnologica ha potuto e saputo dipanare tutti i suoi effetti, un potenziale molto potente, dall'altro ha purtroppo ampliato la differenziazione sociale e culturale del Paese.
  Mi riferisco alle minoranze linguistiche, alle ampie comunità di immigrati, ai diversi valori e stili di vita che hanno effettivamente cambiato la possibilità di accesso alle informazioni del mondo digitale, e ancora, ma non ultimo fattore, il rapido e tumultuoso utilizzo della rete come fonte di comunicazione in un processo da molti a molti.
  Il combinato sviluppo delle infrastrutture fisse e mobili di banda larga da un lato, e di tutti gli strumenti fissi e mobili connettibili alla rete dall'altro, ha anche favorito l'affermazione di nuove logiche di interazione tra persone, e tra queste e i media. Accanto alla tradizionale navigazione sui siti cresce la fruizione attraverso Pag. 4le applicazioni scaricabili da deastore digitali, proposti dai gestori delle piattaforme.
  Possiamo dire che l’Internet provider non costituisce soltanto una nuova forma di media, un nuovo media a cui non eravamo abituati (siamo passati dall'editore che scrive, all'editore radiofonico, all'editore televisivo ad Internet), ma è un nuovo paradigma di funzioni, qualcosa di veramente nuovo anche in termini funzionali.
  Significative sono state le conseguenze, perché abbiamo osservato la moltiplicazione esponenziale dell'offerta mediatica disponibile. Un solo dato, perché mi piacciono molto i numeri ma non voglio riempirvi di numeri: oggi abbiamo 1.250 canali in chiaro e pay rispetto ai 60 del 2003. Come conseguenze abbiamo avuto la trasformazione dei modelli di offerta, di fruizione e di business con un impatto significativo sui protagonisti tradizionali consolidatisi nel corso degli ultimi decenni, lo spostamento delle preferenze del pubblico dai canali generalisti a quelli specializzati, soprattutto da parte delle fasce di pubblico più giovani.
  I livelli di offerta sono sempre più caratterizzati da forme a domanda e quello di business dal ricorso a forme a pagamento, secondo formule commerciali diverse, che vanno dal servizio accessorio e gratuito, proposto in abbinamento ai tradizionali servizi pay tv, a servizi stand-alone, che prevedono flessibili formule di abbonamento e a pagamento per singolo evento.
  Ai protagonisti storici del settore, tipicamente di dimensioni e di assetto proprietario nazionali (non solo in Italia) si sono rapidamente affiancati nuovi soggetti, in particolare le Telco, le over the top television, che provengono da altri mercati geografici, da altri settori e che godono di rilevanti risorse, cioè hanno una platea molto ampia, ma anche risorse altrettanto ampie, di cui bisogna tenere conto.
  Nei prossimi mesi e anni potrebbero entrare nel mercato italiano importanti player di questo settore, a partire dai leader mondiali, Netflix, Amazon, Youtube. Si tratta di operatori che stanno orientando la loro offerta anche verso la produzione di contenuti. Di questo dobbiamo tenere conto, perché non sono soltanto distributori, ma sempre più stanno diventando produttori. Si sta espandendo l'accessibilità e l'uso contemporaneo di più strumenti (personal computer, smartphone, tablet).
  Un altro aspetto molto importante è legato alla crescente interazione tra le persone e i mezzi audiovisivi, lineari e non, che si sviluppa attraverso le piattaforme social, tra le quali spiccano Facebook e Twitter, un'interazione che avviene sempre più in tempo reale.
  In sostanza, il mondo della comunicazione non è più gestito dagli emittenti, ma è sempre più ampiamente gestito dai singoli, con un impatto molto rilevante sul tema – assai caro in Italia – del pluralismo.
  Alle sfide connesse al processo di digitalizzazione del sistema televisivo e agli effetti delle spinte innovative provenienti dalla rete si sono contestualmente affiancate quelle provenienti dalla crisi economico-finanziaria, che purtroppo non accenna a diminuire. La crisi ha avuto un effetto dirompente sui sistemi televisivi in termini di minori ricavi da pubblicità e per Rai anche di maggiore morosità da canone.
  La concorrenza tra operatori tradizionali e tra questi e i nuovi attori è sensibilmente aumentata. Alle conseguenti pressioni sulla redditività del settore gli operatori stanno reagendo, cercando nuove opportunità e introducendo innovazioni sia di tipo distributivo che di modello di business. La concorrenza sta generando anche una forte pressione di tutti i nuovi agenti che operano sulle piattaforme di distribuzione per l'approvvigionamento delle frequenze utilizzate dagli operatori cosiddetti broadcaster, quelli di accesso e di produzione di contenuti. La crescente richiesta di servizi mobili alimenta infatti la richiesta delle frequenze.
  Su questi due temi, quello delle frequenze e quello dell'operatività delle Telco, e sulle reazioni a livello europeo nei Pag. 5confronti della loro diffusione mi riservo di inviare alla Commissione due documenti di dettaglio, per cui nel mio intervento non mi soffermerò.
  I broadcaster, tra cui quelli di servizio pubblico, si trovano a dover fronteggiare il rischio di vedersi ridurre le bande disponibili nell'ambito della transizione verso l'HD e l'ultra HD, con il pericolo di non poter soddisfare la domanda quali-quantitativa di prodotto audiovisivo da parte dei cittadini e di compromettere la capacità produttiva dell'industria dei contenuti del Paese, le sue potenzialità tecnologiche e i livelli occupazionali.
  Un cenno merita infine il tema della tutela dei diritti sui prodotti originali dei broadcaster, messa in pericolo dalla cosiddetta «liquidità della rete», che, generando fenomeni di illegalità, contribuisce a deprimere la valorizzazione dei contenuti e disincentiva gli sforzi delle emittenti televisive tese a tutelare le opere dell'ingegno.
  In questo contesto la salvaguardia dei diritti è condizione indispensabile per lo sviluppo dell'industria audiovisiva competitiva e di qualità, e anche gli utilizzi su Internet devono rientrare in questa logica. Su questo tema condividiamo pienamente le posizioni già espresse da Confindustria Radio Tv nell'audizione del 3 luglio scorso davanti a questa Commissione.
  Vediamo qual è l'impatto sul servizio pubblico di questo contesto. In questo contesto ricco di sfide ma – insisto a dire – anche di opportunità (non dobbiamo vederlo solo come un fatto negativo in quanto può essere anche positivo), Rai è consapevole che l'elaborazione e la realizzazione di una strategia innovativa in una visione di medio e lungo periodo le permetterà di mantenere la centralità che ancora oggi possiede nel sistema audiovisivo italiano, di accentuare il profilo di distintività e di entità valoriale rispetto ai media privati e di conseguire uno strutturale equilibrio economico-finanziario.
  Permettetemi di dire che questo è quanto abbiamo fatto o almeno cercato di fare grazie all'intensa azione della Direzione generale con il piano industriale 2013-2015. Prima di entrare nel dettaglio delle azioni già attivate, che verranno illustrate dal direttore generale, vorrei richiamare la vostra attenzione su una sfida ulteriore che Rai deve affrontare in quanto concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo italiano.
  Nel nuovo contesto digitale è la stessa ragione d'essere del servizio pubblico che viene messa in discussione. La domanda è: in un contesto con talmente tante informazioni, in un mondo così complesso e variegato, c’è ancora bisogno del servizio pubblico ? Allo stesso modo vengono messi in discussione il modello, il ruolo, le risorse finanziarie a disposizione e la governance.
  Sono temi molto dibattuti, tutti collegati a una domanda di fondo: ha ancora senso un servizio pubblico nell'era dell'iperofferta, dell'intera attività e della personalizzazione ? Se la risposta è negativa, non richiede ulteriori analisi, ma, se è sì, cosa deve fare, come, con quali mezzi, e a chi deve risponderne ?
  Come ho avuto modo di riferire recentemente alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza (il Presidente Lainati era presente), sono convinta che anche nel nuovo contesto ci sia bisogno di un servizio pubblico efficiente ed evoluto in senso multimediale e multipiattaforma per diversi motivi che vorrei richiamarvi rapidamente, senza entrare nel dettaglio della motivazione su cui nell'altra audizione ero stata più ampia.
  Il primo è la configurazione tendenzialmente oligopolistica del mercato dell'informazione, stante la presenza di significative economie di scala. Può sembrare una contraddizione, perché da un lato dico che è aumentata la concorrenza all'interno dell'industria della comunicazione e dall'altro affermo questo, ma non è una contraddizione perché di fatto ci sono molti attori ma pochi sono quelli che contano, quindi è un mercato sostanzialmente oligopolistico.
  Il secondo è l'accentuarsi della necessità di garantire un'informazione indipendente, pluralista, imparziale e corretta. Lo sviluppo tecnologico e la diffusione degli Pag. 6strumenti e delle piattaforme mediatiche dividono sempre più la popolazione tra chi è in grado di leggere, di processare e di utilizzare l'informazione e chi invece è povero di informazioni, perché non ha le conoscenze informatiche di base e non è in grado di accedere.
  Il servizio pubblico può svolgere un ruolo significativo di selezionatore e verificatore della correttezza delle informazioni, in modo che esse arrivino in modo corretto a tutti, ricchi e poveri di conoscenze, e di propulsore dell'affermazione di una cultura, un ambiente, un mercato favorevoli al consumo dei contenuti legali online, nonché ridurre il knowledge gap e il digital divide. Terzo, ma non ultimo, ha la necessità di assicurare il perseguimento di obiettivi di interesse pubblico, quali l'arricchimento e lo sviluppo sociale e culturale dei cittadini, l'universalità dell'accesso ai contenuti, il pluralismo, la valorizzazione dell'identità della cultura nazionale anche nel contesto internazionale, facendo capire che siamo cittadini del mondo e dell'Europa ma anche cittadini d'Italia, laddove la nostra cultura, vista in un contesto più ampio, ha pur sempre un valore da preservare.
  I servizi pubblici sostengono (se ne parla poco) l'industria audiovisiva nazionale ed europea. Anche qui vorrei citare pochi dati: la Rai nel biennio 2012-2013 ha investito circa 700 milioni, che non sono pochi, attivando anche forme di sostegno dell'occupazione. Ricordo anche che la Rai ha sostenuto per circa il 90 per cento il costo del passaggio al digitale terrestre, pari a 500 milioni, e non è stato così in altri Paesi, dove il passaggio al digitale è stato interamente sostenuto dagli Stati, non dalle emittenti pubbliche.
  Il perseguimento di questi valori è costoso e difficilmente conseguibile senza un intervento pubblico, in quanto la loro produzione non è economicamente vantaggiosa per i privati (è come se fosse un bene pubblico che deve essere prodotto da uno Stato).
  Va poi considerato che il ruolo crescente che stanno assumendo i gestori delle piattaforme e del portale fa emergere il rischio di una loro posizione di controllo sui contenuti televisivi, che va attentamente valutato e monitorato. La rintracciabilità e l'accessibilità dei contenuti delle TV soprattutto di servizio pubblico diventa fondamentale per garantire il pluralismo e preservarne la rilevanza sociale, culturale e democratica.
  Se il servizio pubblico serve, vediamo come deve essere nella nuova era. Il cuore del tema è esattamente questo: quali devono essere la missione, il ruolo, il sistema di governance e di finanziamento nel mondo che ho detto, cioè con queste sfide da affrontare, in modo da assicurare condizioni di autonomia, indipendenza e promozione dell'innovazione, necessarie per il conseguimento degli obiettivi sopra indicati.
  È indubbio che i servizi pubblici nell'era digitale devono mutare profondamente ed essere capaci di attuare un rinnovato patto con i cittadini e con tutti gli stakeholder, dimostrando di sapere creare valore per i cittadini. Il concetto della creazione di valore per i cittadini è un concetto molto sentito da tutti i servizi pubblici, in inglese si chiama money for value, cioè come viene usato il canone, e noi stiamo avviando al nostro interno una ricerca per capire meglio come lo stiamo utilizzando, perché prima bisogna assumere le informazioni e poi decidere cosa cambiare.
  Sono questi i temi che Rai deve affrontare e che sono comuni ai principali servizi pubblici europei. Come ho già avuto modo di dire, Rai non può intervenire sugli aspetti concernenti la missione, la governance e le fonti di finanziamento, perché non sono alla nostra portata. Può però avviare (e l'ha fatto) una serie di azioni per essere più servizio pubblico, più competitiva e più solida nel contesto digitale.
  In questo percorso Rai sta operando al fine di accentuare la distintività e l'identità di editore di servizio pubblico, che punta con convinzione e coraggio (lo vedrete da quanto vi illustrerà il direttore generale) all'innovazione tecnologica ed editoriale.Pag. 7
  Partiamo da una certa situazione, due anni sono pochi, però mi farebbe piacere che arrivasse a voi il messaggio e l'informazione del percorso iniziato, dei primi risultati che abbiamo raggiunto in questi due anni. D'altra parte, il contesto digitale, multimediale, multipiattaforma è recente, e anche questo va considerato.
  Il secondo obiettivo è quello di focalizzare le risorse economiche e produttive sulle aree più strategiche in termini di impatto di servizio pubblico e di competitività di ascolti e di raccolta pubblicitaria. Il terzo è attuare un efficace controllo dei costi; quarto: trasformarsi da emittente radiotelevisiva a media company presente su tutte le piattaforme (TV, Radio, Web, cinema). Il quarto è di essere fortemente presente su Internet con contenuti nativi in Internet, modelli di offerte e di business innovativi, saper cogliere e valorizzare le opportunità di interazione e di relazione con il pubblico. Quinto è sviluppare nuovi progetti e iniziative editoriali e attivare sinergie di comunicazione per valorizzare pienamente il complessivo sistema di offerta che abbiamo, puntare sulla qualità e varietà delle reti anche nell'ambito informativo e rivalutare il perimetro dell'offerta specializzata per valorizzarne il carattere di complementarietà rispetto all'offerta generalista.
  Una piccola digressione, strettamente connessa a quello che ho detto adesso. Il tema del numero dei canali tematici Rai è oggetto di molte attenzioni e al riguardo vorrei svolgere qualche breve riflessione con voi.
  L'elevato numero di canali in chiaro, che è stato realizzato a suo tempo in conseguenza del passaggio dall'analogico al digitale, ha ampliato la possibilità di scelta dello spettatore cogliendo una tendenza del consumo verso la diversificazione e la personalizzazione, per cui ognuno si fa il proprio palinsesto andando a prendere qua e là i singoli programmi di maggiore interesse.
  Dal punto di vista del mercato questa scelta ha ampliato la competizione, perché sono entrati nuovi editori in digitale terrestre, con buoni risultati in termini di ascolti e di redditività.
  L'offerta gratuita tematica di Rai è anche garanzia di pluralismo culturale e informativo, di cui il servizio pubblico deve essere portatore.
  Se questi sono gli indirizzi, come sta cambiando ? Andrei rapidamente su questa parte, perché sarà oggetto dell'intervento del direttore. Abbiamo intrapreso delle azioni, non siamo stati fermi, e abbiamo ottenuto buoni risultati sul fronte economico.
  Una cosa che viene sempre trascurata (ogni volta che la dico non mi segue mai nessuno ma mi permetto, signori parlamentari, di ribadirla) è che siamo anche intervenuti sulle procedure. Le procedure di organizzazione sono il collante di tutto perché, se si adottano strategie fortemente innovative senza adeguati presìdi organizzativi e sistema dei controlli, si rischia di non ottenere i risultati che ci si era prefissi.
  Abbiamo lavorato anche su questo fronte, non ultimo introducendo un sistema di valutazione delle performance dei dirigenti. Abbiamo soprattutto avviato un ambizioso piano di rinnovo tecnologico, cosa che credo vi interessi, proprio nell'ottica di trasformare la Rai da broadcaster a media company.
  Abbiamo investito in tecnologia circa 250 milioni in un biennio, abbiamo digitalizzato totalmente il TG1, il TG2, il TG3, avviato i lavori per la digitalizzazione del TGR e della radio.
  È molto importante per il Paese, non solo per Rai, la completa digitalizzazione del patrimonio delle teche. Anche sul fronte editoriale abbiamo compiuto passi importanti, realizzando programmi dedicati al tema economico-finanziario, che è un tema molto importante, a cui ne seguiranno altri dedicati alle scienze e alla cultura della legalità.
  Abbiamo eliminato trasmissioni non in linea con la missione di servizio pubblico, trasformato Rai 5 in un canale tematico interamente dedicato alla cultura, che viene molto apprezzato, rilanciato Rai Italia Pag. 8per i nostri connazionali all'estero, rafforzato Rai Storia, Rai Scuola, Rai Ragazzi e rivisto Rai News.
  Abbiamo studiato e potenziato programmi nativi web e intensificato la presenza Rai sulla rete. Due soli esempi, La mamma imperfetta e Braccialetti rossi, ma anche la stessa The voice, che ha avuto un'elevatissima interazione, forse per la fortuna di avere una concorrente suora, ma in ogni caso abbiamo attivato una buona interlocuzione con i nostri telespettatori. Nella relazione c’è poi tutta una parte sulle fiction, che però vi risparmio.
  Siamo anche consapevoli che il processo di rinnovamento e di riposizionamento non è completato e c’è ancora da fare, vogliamo assumere un nuovo e più incisivo ruolo nel mondo degli Internet provider, realizzando sinergie tra piattaforme tradizionali e broadband, valorizzando le peculiarità dei diversi strumenti e soprattutto coinvolgendo i giovani.
  Sul modello BBC, Rai intende integrare la sua offerta lineare, proponendo al proprio pubblico una soluzione totalmente digitale e connessa attraverso un'offerta personalizzata, con l'obiettivo di migliorare i contenuti, instaurare un contatto più vicino e mirato con il pubblico, per consentire a questo di organizzare il proprio palinsesto su tutti i devices di nuova generazione.
  Tengo a dire che non temiamo la concorrenza, ma riteniamo che questa debba esplicarsi in un contesto di parità di condizioni e di opportunità tra gli operatori, come si dice in economia, in un campo di gioco livellato, e in un quadro normativo certo, ragionevole e armonizzato. Guardando al futuro e non al passato mi sento di dire che vogliamo competere e confrontarci avendo la possibilità di farlo.
  Non posso non toccare il tema del decreto n. 66 del 2014 convertito nella legge n. 89 del 2014, un decreto che si inserisce nel complesso percorso delineato, che certamente ha determinato impatti rilevanti per l'azienda e richiede azioni straordinarie, considerato che i meccanismi temporali di gestione dell'attività televisiva non consentono nel breve periodo margini elevati di recupero sul piano dei costi.
  In linea con quanto indicato dalla legge n. 89, sono state avviate le azioni propedeutiche alla cessione di una quota di minoranza di Rai Way e siamo in attesa del decreto attuativo del Presidente del Consiglio dei Ministri.
  Vengo alle conclusioni. Ho parlato delle sfide che Rai deve affrontare nel nuovo mercato digitale in un contesto multipiattaforma e multimediale, per aumentare la sua capacità di generare valore pubblico attraverso una maggiore competitività, l'adozione di nuove modalità produttive di business, la produzione di programmi brillanti e innovativi in tutti i generi.
  Alcune sfide sono comuni a tutte le emittenti televisive, cioè essere più presenti sulla rete, creare programmi innovativi, nativi della rete, interloquire con i nuovi attori, con gli OTT come le Telco, insomma lavorare per essere veramente un'azienda multimediale, mentre altre sono proprio di Rai, in quanto concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo.
  Le prime sono già state oggetto di precedenti audizioni tenutesi in questa Commissione e molte cose sono state pertanto già dette. Nella mia visione sono sostanzialmente sfide competitive, che si attuano in campo di gioco non proprio livellato e che richiedono pertanto interventi di tipo regolamentare anche a livello comunitario, attraverso il processo di armonizzazione.
  Del resto, un quadro normativo adeguato è necessario per consentire a tutti i protagonisti del nuovo mercato audiovisivo, siano essi produttori, emittenti o distributori, di operare in un contesto di concorrenza leale effettiva, non concorrenza gestita, ma concorrenza reale, e di ottenere così positive ricadute in termini di efficienza e di qualità di prodotto per tutto il pubblico.
  Quanto a Rai, una regolamentazione a presidio della sua indipendenza e autonomia è essenziale per garantire il corretto svolgimento dei compiti che le sono assegnati dal contratto di servizio e per trasformare Pag. 9il canone in valore. L'indipendenza e l'autonomia sono a loro volta funzioni di una chiara missione, un'adeguata governance, risorse finanziarie certe, congrue e definite per un periodo di tempo sufficiente a consentire la pianificazione delle attività.
  Ci sono sfide comuni a tutti e quindi anche a noi, che richiedono un certo tipo di regolamentazione, e ci sono sfide che sono nostre in quanto servizio pubblico, e dobbiamo essere un servizio pubblico efficace ed efficiente in un contesto nuovo. Per poter far questo ci sono due gambe, una tipicamente nostra e l'altra che ci viene dalla legislazione, quindi anche la regolamentazione ci deve supportare in questo processo, garantendo indipendenza e autonomia.
  Per essere uno strumento di sostegno economico, culturale e civile del Paese, come azienda dobbiamo essere efficaci ed efficienti, produrre prodotti di qualità e assumere un ruolo di volano dell'innovazione, in sostanza creare valore per i cittadini. Come ho detto, Rai in parte già lo fa, sostiene le produzioni indipendenti di film e di fiction, di cartoni animati e di documentari, fornisce servizi di informazione e di intrattenimento rilevanti per la popolazione, crea contenuti legati al Paese, alle infrastrutture presenti a livello nazionale, favorisce lo sviluppo del capitale umano e sociale.
  Dobbiamo continuare su questo percorso e Rai deve ovviamente rendere conto del suo operato, essere valutata per quello che fa, non sul singolo atto, bensì sulle strategie delineate e sui risultati conseguiti.
  Su queste tematiche il direttore generale fornirà informazioni utili per l'oggetto della vostra indagine e, siccome siamo la televisione, alle parole faremo seguire anche le immagini. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, presidente. Prima di dare la parola al direttore generale, informo che nella delegazione Rai è presente anche il dottor Alessandro Picardi, responsabile delle relazioni istituzionali e internazionali.
  Do la parola al Direttore Generale di Rai SpA, Luigi Gubitosi.

  LUIGI GUBITOSI, Direttore Generale di RAI SpA. Buonasera. Vorrei fare una presentazione più multimediale, attraverso uno schermo in cui saranno proiettati dei filmati.
  Se siete d'accordo, parto subito con qualche informazione. Innanzitutto il raffronto tra la Rai e gli altri servizi pubblici e, se il presidente me lo consente, proietterei un filmato.
  (Proiezione di un breve filmato).
  Questo filmato contiene l'essenza di quello che vi illustrerò in seguito. Sostanzialmente facciamo tutti la stessa cosa, quindi, quando si discute su cosa fa la Rai e cosa fanno gli altri, bisogna ricordare che non siamo diversi dagli altri, anzi possiamo dire che con minori risorse diamo più offerta, ma quando si parla di BBC piuttosto che dei francesi, degli spagnoli o dei tedeschi, ovvero di quelli che abbiamo preso per fare benchmarking in questo periodo, si constata che siamo attivi nelle stesse aree.
  I francesi hanno più società (la radio è una società separata dalla televisione), mentre i tedeschi hanno due reti, una nazionale e l'altra federale.
  Come dicevo prima, l'offerta è significativamente elevata in Italia, è una delle più interessanti soprattutto in termini di risultati e riteniamo che sia un arricchimento che ha dato di più ai telespettatori. Nel sistema italiano l'offerta è molto ricca (è la più ricca in Europa insieme a quella inglese) non solo per quanto riguarda la Rai ma anche i concorrenti, sulla televisione free.
  Qualche giorno fa notavo come in un'audizione Sky abbia sostenuto che ci siano troppi canali Rai e Mediaset; certo, se ne avessimo di meno, ci sarebbe più gente che pagherebbe, però mi sembra un commento abbastanza inusuale. Capisco che, se non ci fossimo proprio, ancora più gente andrebbe sulla televisione a pagamento, ma imporremmo un costo al cittadino, Pag. 10mentre invece con il canone più basso riusciamo a dare la maggiore offerta europea.
  Tutti i nostri concorrenti hanno una forte presenza locale. Si parla molto delle sedi regionali, va detto che questa è una caratteristica di tutti i servizi pubblici, e l'Inghilterra ha persino le radio locali. Il canone viene imposto in maniere differenti, ma la differenza principale è che negli altri Paesi viene effettivamente riscosso, cioè l'evasione viene combattuta con estremo rigore, mentre da noi è un fenomeno più generalizzato, che investe le tasse in generale, però anche il semplice esercizio della legge viene spesso sottoposto a polemiche.
  Le concessioni sono simili in tutta Europa, abbiamo un documento più di lungo periodo (in altri Paesi si parla di concessione Royal Charter o incarico) e dei contratti di servizio, quello che si chiama Framework agreement in Inghilterra, in cui si stabiliscono i dettagli dell'offerta, che vengono aggiornati periodicamente per avere la possibilità di reagire più prontamente.
  La cornice normativa è sostanzialmente simile. Noi abbiamo ancora un regio decreto, i tedeschi l'hanno riformata nel 2013 e hanno probabilmente il sistema più moderno. Per inciso, anche in Germania c'era un problema di evasione ma molto minore del nostro, evasione che però è crollata a seguito della riforma per cui l'utilizzo di un alloggio diventa il presupposto per il pagamento di una tassa immobiliare e si presuppone che ci sia l'accesso al servizio pubblico.
  Sicuramente se tutti pagassero, si potrebbe pagare di meno. Questo è un aspetto importante, è vero in genere per le tasse, però è particolarmente vero per il canone, in quanto potremmo tranquillamente ridurre il canone se lo pagassero tutti.
  Ovunque si effettuano controlli, ma i nostri sono particolarmente sofisticati, nel senso che abbiamo un numero di enti, particolarmente elevato rispetto agli altri Paesi, che controllano.
  La Rai ha quindi il canone più basso e gli ascolti più elevati in un mercato apprezzato a livello europeo.
  Si parla spesso di quanti dipendenti ha la Rai e, considerando anche i dipendenti con contratti a tempo determinato, eravamo a 13.158, ora siamo in leggera discesa, la BBC ne ha oltre 21.000, i francesi sono 15.500, per non parlare dei tedeschi che sono 27.700. Fa un po’ partita a sé la Spagna, che è la parente povera delle televisioni pubbliche europee e che ha grosse difficoltà in questo momento, in quanto la concessionaria pubblica sta chiudendo con una perdita di 700 milioni.
  Vediamo in estrema sintesi come eravamo all'inizio di questa consiliatura e cosa c’è nel nostro piano industriale. In un mercato con abitudini di consumo in grande trasformazione, come accennato dal presidente, c’è una ricerca sempre più di contenuti personalizzati. L'ingresso di tanti concorrenti sul sistema digitale terrestre fa sì che gli ascolti si frammentino e una consistente parte si sposti verso le tematiche, ci siano una minore fidelizzazione e una transizione verso il consumo online. Questo fenomeno, seppur ridotto dall'insufficiente presenza di banda larga in Italia rispetto ad altri Paesi, è tuttavia significativo. Abbiamo una competizione molto pressante, con l'aggiunta sempre più rilevante dei cosiddetti over the top.
  A fronte di ciò, anche a causa della crisi economica, si è avuta una forte contrazione del mercato pubblicitario, peraltro meno significativa di quello che sembra perché una parte dei contenuti pubblicitari sfugge alla rilevazione, in quanto la raccolta di Google non passa più sul mercato italiano, ma finisce sul mercato estero.
  In particolare, la Rai aveva un problema di audience non interamente universale, di un capitale tecnologico da rinnovare completamente e un assetto produttivo complicato, una struttura organizzativa complessa, una situazione economico-finanziaria in forte sofferenza. Il gruppo tra l'altro ha un personale anziano, la Rai è anziana, a dicembre 2013 avevamo 861 persone oltre i 60 anni e solo Pag. 11120 al di sotto dei 30 anni. Questo è un grande problema della Rai, perché iniziando a operare in un mondo digital native l'età media così alta non aiuta.
  La situazione economica sfavorevole appartiene al passato, fino al 2012, mentre il 2013 si è concluso bene e i primi sei mesi del 2014 ci hanno dato qualche soddisfazione. Al netto dei 150 milioni, infatti, la Rai sta continuando in positivo, nonostante sia un anno pari e negli anni pari noi paghiamo lo scotto dei grandi eventi come i mondiali di calcio, che ci costano 105 milioni.
  Il piano industriale ha tre obiettivi: eccellenza dell'offerta, tecnologie d'avanguardia, equilibrio economico e finanziario. Nel 2013 volevamo ridurre la perdita e avere un risultato operativo in pareggio, e abbiamo conseguito un utile a livello complessivo. Nel 2014, nonostante le difficoltà a cui si è aggiunto un inatteso peggioramento del canone per la maggior morosità e per il mancato adeguamento inflattivo del canone stesso, il risultato netto in pareggio, ripeto al netto dei 150 milioni, appare comunque abbastanza vicino. Il debito si è mantenuto a livelli inferiori rispetto a quelli enunciati in Commissione di vigilanza ed è stato finora assolutamente sostenibile.
  Abbiamo identificato dodici aree su cui concentrare l'attenzione: la pubblicità, i ricavi commerciali, l'ottimizzazione del palinsesto, l'informazione, attività che inizierà ad accelerarsi da questo pomeriggio, il rilancio della radio, il web, i modelli produttivi, digitalizzazione, revisione dei modelli di controllo (le famose procedure di cui parlava il presidente), le risorse umane, l'immobiliare, l'efficacia e l'efficienza degli acquisti.
  Parliamo della Rai in numeri, per cui vi farei vedere un altro firmato.
  (Proiezione di un breve filmato).
  Il filmato contiene alcuni esempi dell'offerta che abbiamo avuto quest'anno, 44.600.000 persone ogni giorno visitano l'offerta del gruppo Rai, che sia la radio o la televisione o il web, il 77 per cento della popolazione ogni giorno ha un contatto con la Rai.
  Questi sono i nostri canali: a Rai1, Rai2 e Rai3 si stanno affiancando Rai1, Rai2 e Rai3 in HD, evidentemente la nostra programmazione passerà tutta in HD e tecnicamente è già possibile farlo, ma il problema principale è che abbiamo il 40 per cento dei televisori in Italia ancora in SD e passare solo all'HD lascerebbe indietro la parte di popolazione più debole, quindi ovviamente dovremo continuare a essere su SD ancora per un tempo significativo, in attesa che il parco televisori sia completamente cambiato.
  Per inciso, in media il parco televisori di un Paese come l'Italia ruota ogni otto anni, ma chiaramente come in tutte le medie una parte di televisori resta in funzione molto più a lungo e una parte ruota molto più velocemente.
  Sulla radio abbiamo 6,8 milioni di italiani che vanno su un canale Rai, il 13,4 per cento della popolazione. Stiamo spingendo molto sul digitale terrestre, il cosiddetto DAB. Abbiamo un'offerta molto significativa in termini di informazione, e, come probabilmente avrete sentito da indiscrezioni di stampa, stiamo per valutare come potrebbe funzionare il mondo dell'informazione trentacinque anni dopo l'assetto originale del 1979. Ovviamente il web e le applicazioni per Internet, come Rai.tv, stanno andando molto bene, si stanno diffondendo con grande efficacia.
  Come cultura abbiamo rilanciato molto l'offerta, i programmi di storia sono un grande motivo di soddisfazione per noi, in quanto ogni giorno 6-700.000 persone vedono un programma di storia, e in questo siamo unici in Italia. I programmi sui libri sono un altro punto di grande successo per la Rai, in Inghilterra non ne hanno neanche uno e c’è stata una polemica sui giornali inglesi evidenziando come la Rai ne abbia quattro e loro nessuno. Possiamo fare sicuramente molto di più, ma siamo cresciuti e continueremo a far crescere l'offerta culturale.
  Sullo sport ovviamente seguiamo i maggiori eventi, e questo è un aspetto importante. Sky si è ritirato dalle Olimpiadi perché non profittevoli, le abbiamo prese noi e credo che sia importante che dove Pag. 12c’è la nazionale ci sia la Rai. I diritti del calcio nel suo complesso sono arrivati a un livello estremamente proibitivo, mentre invece sulla radio e anche sul web stiamo cercando di rafforzare la nostra presenza sportiva. Lo sport è un'area su cui possiamo sicuramente fare di più e meglio e su cui spingeremo molto nel prossimo futuro.
  Con Rai Ragazzi andiamo molto bene, Yoyo è il canale di maggior successo tra i ragazzini, e adesso il grande sforzo è quello di portarlo anche su web, e Rai Fiction è il maggior sostenitore dell'industria di animazione italiana.
  Rai Cinema è il principale produttore in Italia, distribuisce tramite 01 Distribution, trasmettiamo numerosi film e sosteniamo in genere la filiera del cinema, e abbiamo anche un canale tematico specializzato, Rai Movie, che si sta affermando bene, così come abbiamo programmi dedicati su Radio 3 e un canale web, Raicinemachannel.it.
  La fiction è per noi motivo di grande orgoglio, ogni tanto si discute su quale sia il ruolo della fiction, noi ribadiamo che non deve dimenticare mai di essere parte di un servizio pubblico e di dover rappresentare dei valori per il Paese.
  Particolarmente interessanti sono le web series, su cui sono già stati fatti alcuni esperimenti interessanti. Per inciso, Una mamma imperfetta è il primo formato che Disney ha comprato in Italia e altri se ne vedranno nel prossimo autunno.
  Rai Parlamento offre 230 ore di informazione parlamentare tra rubriche e dirette, e meriterebbe quasi di diventare un canale istituzionale (ci rifletteremo). Il TGR è molto rilevante e ha molto successo, gli ascolti di Buongiorno Regione sono in tutte le regioni molto significativi.
  Ovviamente siamo attenti al sociale, facciamo numerose campagne sociali spesso in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, così come campagne di sensibilizzazione. L'anno scorso la settimana per Telethon ha raccolto 30 milioni e 500.000 euro, ed è stato bello avere un programma in televisione in cui si è visto come quanto raccolto negli anni precedenti abbia portato a cure effettive, quindi grande attenzione al sociale con il coinvolgimento di tutte le nostre reti.
  La platea è in crescita o almeno lo è stata fino al 2013, con una frammentazione. La quota delle generaliste tende a scendere ed è interessante notare che le aziende specializzate in termini di pay TV, sostanzialmente Sky e Mediaset Premium, si sono fermate in termini di crescita, mentre è cresciuta la frammentazione del digitale terrestre ed emergono nuovi concorrenti come Discovery che, anche attraverso delle acquisizioni, ha creato un gruppo importante.
  La Rai si conferma leader negli ascolti in prima serata e il numero degli ascoltatori è un piccolo miracolo in Europa e i nostri colleghi di altri Paesi ci chiedono come facciamo a mantenere una share così alta. Possiamo immaginare che la share dei generalisti continuerà il suo lungo trend di declino auspicabilmente lento.
  Dieci anni fa eravamo il primo, sostanzialmente in linea con Mediaset con 44,9 a 44, La7 era distante a 2,2. Oggi il mercato è un po’ più affollato, la Rai è sempre il primo con 38,6 conto il 32,4 di Mediaset, sono comparsi 20th Century Fox che poi è Sky, Discovery e Cairo Communication che ha preso il posto di La7, quindi è un mercato più frammentato ma il divario tra noi e il secondo concorrente si è accentuato.
  Il mercato pubblicitario è stato un disastro nell'ultimo periodo. Dal 2008, che è stato l'anno più interessante, c’è stato un calo importante. Anche quest'anno il mercato non si è ancora ripreso, si è stabilizzato ma non mostra segni di significativa ripresa.
  In questo periodo Rai è stato il peggior performer, fino al 2012 ha perso quote di mercato ogni anno, è rimasta quasi invariata Mediaset, mentre sono cresciute le altre, Sky in particolare. Il 2013 è il primo anno in cui la Rai fa meglio del mercato, iniziamo a recuperare un po’ di quota da Mediaset ed è particolarmente interessante vedere come avremmo ripreso 0,6 punti, e, se non consideriamo i grandi eventi sportivi, oltre 1 punto.Pag. 13
  Mediaset, quindi, ha perso 1 punto nel 2013, Sky ha recuperato l'altro 0,4. È particolarmente interessante rilevare come siamo migliorati trimestre per trimestre. Nel primo trimestre eravamo come il mercato, nel secondo abbiamo iniziato ad andare meglio, nel terzo ancora meglio, nel quarto siamo andati in positivo mentre il mercato ha chiuso in negativo.
  Nei primi sei mesi del 2014 abbiamo avuto un andamento simile, cioè siamo cresciuti di più del mercato, ovviamente abbiamo avuto il vantaggio dei mondiali, però, a fronte di un mercato stabile o leggermente negativo, abbiamo chiuso il primo semestre in positivo. I dati della Nielsen saranno disponibili all'inizio di agosto, però queste dovrebbero essere le prime anticipazioni, quindi più 4,3 nel primo semestre.
  Il portale è cresciuto, ogni giorno 1,2 milioni di pagine viste da 188.000 utenti in media, spero che abbiate provato l'applicazione Rai.tv così non avrò bisogno di dirvi che è molto semplice in termini di utilizzo, ha 4,5 milioni di download, quindi è molto significativa. A questo punto è anche attiva sulle connected tv della Samsung, che sono però ancora poche. Il traffico dei portali sta aumentando, siamo abbastanza soddisfatti.
  Abbiamo creato una nuova società commerciale per valorizzare i contenuti, quindi la divisione commerciale, che un tempo era esterna e si chiamava Rai Trade, è stata richiamata Rai Com da commerciale, ma anche per l'attenzione all'attività di vendita multimediale.
  Rai sarà infine il broadcaster della Presidenza italiana al Consiglio dell'Unione europea e anche di Expo in futuro, quindi agiamo da ospite per le televisioni estere ogni volta che c’è un evento importante in Italia. Stiamo lavorando molto con l'Expo.
  Dalla nostra attuale situazione di broadcaster vogliamo diventare media company, che cosa vuol dire ? Oggi il digitale è già una realtà per l'utente, perché utilizza una serie di apparecchi per fare sostanzialmente le stesse cose e accedere ai nostri contenuti. Per la media company inizia a diventare importante il contenuto piuttosto che i canali, cambia anche il modello di advertising, i canali iniziano a focalizzarsi su offerte over the top con nuove piattaforme, in poche parole si diventa customer centric, cioè si deve pensare a cosa vuole l'utente, che ha la possibilità di farsi dei palinsesti personalizzati.
  I contenuti saranno sempre più personalizzati e molti nascono direttamente native. La presidente ha citato Braccialetti rossi, fenomeno che è nato prima sul web e poi in televisione, quindi stiamo cambiando i processi di organizzazione, ma soprattutto cercando di cambiare anche il modo di lavorare e la mentalità di chi lavora in Rai.
  Ovviamente l'età media da questo punto di vista non aiuta, perché bisogna imparare cose che non c'erano quando si è fatta attività di formazione, il che significa fare oggi molta più attività di formazione oggi.
  (Proiezione di un breve filmato).
  Se guardiamo il mercato estero, sono già in tanti ad essersi trasformati. Disney è l'esempio il più importante a livello internazionale, ma tanti dei nostri come la BBC o la CBC, che sono i canadesi che sono molto avanzati, ma anche televisioni americane sono diventati digital broadcaster, che vuol dire che tutto nasce direttamente in digitale.
  Noi siamo partiti totalmente analogici due anni fa, quindi ci vuole ancora tempo, non riusciamo ancora a dedicare una parte customer centric e credo che a fine 2015 avremo fatto l'aggiustamento tecnologico necessario per poter lavorare come i principali modelli esteri, con cui iniziamo a scambiarci molte informazioni e a fare alcune cose insieme.
  La Rai è partita come un radiotelevisivo di massa, con il 2012 abbiamo cercato di essere sempre più multimediali e avere un'offerta importante anche con il sito web e le produzioni proprie, con il nuovo piano stiamo cercando di diventare una media company come i player più avanzati del mercato.
  L'idea è di avere tecnologie totalmente nuove, questo è il più grosso sforzo fatto Pag. 14in Rai e l'adeguamento tecnologico sta continuando, ma oggi abbiamo i telegiornali tra i più moderni d'Europa e anche le nostre regie sono estremamente moderne. È chiaro che adesso siamo in un'azienda un po’ a macchia di leopardo, perché abbiamo alcune cose estremamente nuove e altre risalenti ad anni fa.
  Un tempo c'erano vecchi devices, qualcuno di voi ricorderà quello che c'era un tempo, dal Pac Man ai palmari, come erano le nostre produzioni nel dicembre 2012 e come sono oggi il TG 1, TG 2 e TG 3 multimediali. Il passaggio vuol dire che ormai si lavora su file, non abbiamo più cassette, è tutto prodotto in alta definizione sedici noni ed è estremamente semplice l'esportazione dei file. Siamo sperimentando la trasmissione direttamente dall'iPad che è collegato direttamente al teleport, in teoria i giornalisti possono andare in diretta da qualunque posto con l'iPad oppure fare rapidamente il filmato e trasmetterlo.
  Le tecnologie sono assolutamente di ultima generazione, perché, nonostante il periodo sia stato economicamente impegnativo, abbiamo accentuato l'investimento in tecnologia e stiamo spingendo fortemente in questo senso, quindi grande accelerazione con forte focus sul mondo web.
  Tra l'altro, abbiamo cambiato spesso tecnologie e tipi di supporto, quindi nel magazzino del Salario abbiamo enormi archivi, gli archivi della Rai sono tra i maggiori d'Europa e probabilmente se, come anticipato dal Ministro Franceschini, si giungesse a una convergenza di Rai con Luce e Cineteca Nazionale, avremmo l'archivio audiovisivo più grande d'Europa, con la storia del Paese da digitalizzare.
  Siamo partiti sia sull'archivio master di Roma, sia su quello delle orchestre in stereofonia, sulla radio, ma sostanzialmente tutto quello che abbiamo dovrà essere trasformato in digitale e reso fruibile agli utenti, quindi dal computer si potrà accedere alle teche Rai.
  Lo stesso vale per le sedi regionali dove abbiamo un grandissimo patrimonio archiviato nella stessa infrastruttura, per cui potrà essere tutto dematerializzato. C’è una teca master con 1.600.000 cassette, 880.000 pellicole, che diventerà una server farm, e lo stesso vale per la digitalizzazione delle pellicole.
  È un lavoro estremamente impegnativo, che tra l'altro ha il problema, oltre che del costo, anche del reperimento della manodopera, perché le pellicole vanno trattate una a una, cioè occorre una persona che la prenda e la sbobini tutta, quindi è un lavoro estremamente manuale e impegnativo (non voglio usare il termine tedioso) e ovviamente sbagliando si rischia di distruggere la pellicola.
  Tra il 2014 e il 2016 passeremo al nativo, e da luglio 2014 stiamo iniziando con un HD di più alto livello. Nel corso del 2014 tutti i prodotti dalle comunicazioni interne ai processi gestionali passano completamente al digitale. Quando parliamo di digitalizzazione non parliamo solo della trasmissione o della produzione, ma parliamo proprio della maniera con cui l'azienda opera.
  Con il 2015 dovremmo aver completato l'aggiornamento tecnologico e potremo concentrarci sugli utenti che devono diventare clienti, trattati anche individualmente ove opportuno. Questa è una breve sintesi di uno studio interno, la cui esplicazione prenderebbe un paio d'ore, che analizza come cambia il modo di lavorare in Rai. Bisogna fare un grandissimo sforzo di formazione per arrivare al 2018 in questo senso.
  Quali sono gli impatti sulle frequenze e sull'attività produttiva industriale che viene gestita da Rai Way ? Quanto al Mux 1, sulle frequenze il lavoro forse poteva essere più fortunato perché ci sono varie aree con interferenze, in particolare in Piemonte, Emilia-Romagna e Liguria, ma anche altre aree hanno avuto delle frequenze o scarso coordinamento internazionale e quindi si sta facendo con l'Agcom e con il Ministero dello sviluppo economico un percorso per un accordo procedimentale per spostare alcune frequenze e risolvere la maggior parte dei problemi interferenziali.Pag. 15
  Si tratta di un lavoro complesso: riorientare i Mux e gli apparati per poi trasmettere in maniera più chiara senza interferenze o con interferenze ridotte. Il Mux 5 è stato pianificato su altre frequenze per renderlo più semplice da gestire. Quali sono gli impatti produttivi ? Stiamo andando anche sulla radio, DAB è Digital audio broadcasting, abbiamo ristrutturato la rete come peraltro alcuni privati.
  Manca una data di switch-off, molti Paesi al nord Europa hanno fatto uno switch-off anche lento nel tempo, anche al 2020, però fissando una data. Noi abbiamo la permanenza dell'analogico e del digitale e stiamo concentrandoci sulle assi di grande comunicazione, il nord Italia è quasi completato, stiamo andando sulla Roma-Bologna per completare la Milano-Napoli e poi la tirrenica, successivamente l'adriatica e man mano si espanderà. Questa è l'area già coperta, che stiamo completando per rendere coperto l'intero Paese.
  Il contesto delle torri che servono per fare questo tipo di lavori è costituito in genere da società che sono spin-off o comunque un tempo collegate con le principali Tower Company, c’è una concentrazione del mercato dei player con società che hanno ricavi stabili e crescite finanziarie solide. In Italia il principale player è Ei Towers, che è controllato per il 45 per cento da Mediaset. In ogni Paese ce n’è una principale, ma in Italia abbiamo un mercato un pochino più differenziato.
  Vediamo ora cos’è Rai Way.
  (Proiezione di un breve filmato).
  Il filmato illustrava i novanta anni di storia della Rai e raccontava com’è nata Rai Way con immagini che abbiamo trovato nelle teche. Abbiamo novanta anni di storia di Rai Way, 23 sedi regionali, 624 dipendenti, 2.300 siti localizzati in posizioni premium. La Rai, essendo stata la prima posizionata sul territorio, ha scelto i migliori siti.
  Dal 2000 al 2012 ha continuato a crescere, diventando un operatore importante per sé ma anche per altri, nel senso che sta sempre più svolgendo attività di ospitalità per terzi, quindi abbiamo in portafoglio i principali operatori di telefonia mobile che posizionano alcuni dei loro siti sulle nostre torri. È completamente passata al digitale, ha un'organizzazione molto diffusa sul territorio con 624 dipendenti, di cui il 25 per cento laureati, e svolge in maniera totalmente in house il lavoro di trasmissione della produzione.
  Cosa fa la Rai per la digitalizzazione del cittadino ?
  (Proiezione di un breve filmato).
  Il presidente mi faceva notare che ci veniva chiesto come sia possibile che, avendo digitalizzato, ci siano ancora degli operatori con le cassette Beta. Prima dicevo che la situazione è a macchia di leopardo, perché Fontanella Borghese, dove viene fatto il download dei filmati del Parlamento, non è ancora digitalizzata, adesso stiamo digitalizzando il Quirinale e subito dopo toccherà a Fontanella Borghese e a quel punto non dovreste più vederne.
  Se qualcuno fosse ancora perplesso sul fatto che ci siano veramente telegiornali digitalizzati o abbia interesse a vederlo, ci farà piacere organizzare una visita, perché possiate toccare con mano che effettivamente ci sono.
  Parlando di Agenda digitale, il 34 per cento dei cittadini non ha mai utilizzato Internet, per cui una delle cose che stiamo facendo come linea editoriale è inserire comportamenti digitali. Oggi non ha più molto senso fare dei programmi ad hoc, perché un tempo c'era il maestro Manzi ma c'era solo la Rai e quindi facevi quasi sempre il 100 per cento di share, oggi c’è molta scelta e quindi bisogna portare i messaggi dov’è il pubblico piuttosto che il pubblico dov’è il messaggio.
  Inserendo dei comportamenti digitali, come fare la prenotazione aerea online piuttosto che non tramite agenzia di viaggio, ovvero il pagamento online, si è parlato anche del censimento, si riescono a dare dei messaggi senza dover fare programmi ad hoc che potrebbero risultare Pag. 16noiosi. Parte del nostro sforzo sarà nel recepire i messaggi dell'Agenda digitale e veicolarli in questo modo.
  L'immagine un po’ sbiadita degli anni ’60 potrà quindi essere nuovamente attuale. Spero di non aver preso troppo tempo, ma mi fermerei qui, lasciando spazio a eventuali domande.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Mi pare che materiali, riflessioni e considerazioni portate dalla Rai siano notevoli. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  LORENZA BONACCORSI. Grazie, presidente. Ringrazio il presidente Tarantola e il direttore generale Gubitosi, ho molto apprezzato l'impostazione della relazione perché uno dei tanti mali del nostro Paese è che quando si parla di Rai, anche sfogliando i giornali degli ultimi mesi, le parole più utilizzate sono «privatizzazione», «canone», «reti», «pubblicità», «riforma» e soprattutto «servizio pubblico».
  Questi sono, nel dibattito pubblico, i temi che bisogna affrontare quando si parla di Rai. Trovo invece davvero interessante il cambio di ottica soprattutto nell'analisi del passaggio da broadcaster a media company. Credo che sia l'ottica in cui dobbiamo impostare il ragionamento, la discussione, e ovviamente chiamo in causa tutte le forze politiche rispetto a questo.
  Ci sarebbero tante cose da dire, ma ovviamente voglio lasciare spazio a tutti i colleghi.
  Ho un forte dubbio: oggi la Rai subisce una situazione di evoluzione tecnologica che va velocissima, subisce anche una difficoltà tutta interna alla società italiana rispetto all'innovazione tecnologica. Non dimentichiamo che siamo comunque un Paese in ritardo dal punto di vista della penetrazione della banda larga, e in forte ritardo sulla penetrazione dei sistemi a banda ultra larga, e questo necessariamente per tutto quello che ci raccontava il direttore generale rispetto alla digitalizzazione dei telegiornali. Come vediamo spesso, i collegamenti sono di cattiva qualità perché c’è difficoltà di collegamento di banda.
  La Rai subisce quindi un quadro in evoluzione, però con limitati margini di manovra rispetto alla struttura aziendale, e qui mi è saltato all'occhio come credo sia saltato all'occhio di molti il dato che ci è stato illustrato prima, cioè che il 50 per cento dell'organico è over 50. Se dobbiamo provare a far passare la Rai da broadcaster a media company, chi la fa diventare media company ? Non voglio dire che sia una questione generazionale e di età, però un problema c’è.
  A questo va aggiunta anche un'altra riflessione. Mi va benissimo che si affronti la questione dal punto di vista delle nuove tecnologie, ma forse dobbiamo rivolgere la stessa attenzione ai contenuti, perché allora mi chiedo anche se i contenuti su cui continuiamo a ragionare siano adeguati alla trasformazione sia tecnologica sia dell'azienda stessa e soprattutto alla trasformazione sociale.
  Cito sempre un esempio del tutto personale e qui chiedo scusa se inserisco nel dibattito qualcosa di personale, ma ho una figlia di quindici anni che quando vedo la Rai mi dice «sei una sfigata», perché lei non concepisce l'idea di vedere la Rai, perché non trova prodotti adeguati alla sua domanda.
  Da questo punto di vista mi piacerebbe capire come sia possibile intervenire rispetto a una dimensione aziendale dal punto di vista anche delle risorse, che è stata resa importante da quello che è successo in questo Paese in questi anni e che però deve affrontare un mercato che è molto snello e ha bisogno di un grande rinnovamento dal punto di vista generazionale e di energie.
  Trovo interessante la parte sulla digitalizzazione della radio, di cui parliamo in Italia ormai da troppo tempo. È vero che uno dei problemi è stato quello che, non essendo stata fissata una data per lo switch-off ed essendoci stato un elastico tra l’in e l’off della digitalizzazione della radiofonia, siamo rimasti di fatto a non Pag. 17digitalizzare la radiofonia, quindi anche noi in questa Commissione dobbiamo assumerci la responsabilità di questo.
  Un'ultima domanda tornando sulla questione infrastrutturale. Mi chiedo quale possa essere il ruolo di Rai rispetto allo sviluppo della banda larga e soprattutto alla riduzione del digital divide del Paese. Credo che Rai possa essere un attore importante. Grazie.

  DEBORAH BERGAMINI. Grazie, presidente. Ringrazio il presidente e il direttore generale della Rai per l'amplissima ed esaustiva presentazione che cerca di darci il quadro del passato, del presente e anche del futuro, e sulla quale ci sarebbero tante cose da dire.
  Ne approfitterei perché il tempo è tiranno, la presentazione è stata molto lunga e per rispetto dei colleghi mi limiterò a poche considerazioni e a qualche domanda molto breve, però sarebbe interessante immaginare insieme alla Commissione cultura di poter un giorno dedicare qualche ora a un confronto sui temi oggetto dell'audizione, perché è stata chiamata in causa la normativa che permette di concorrere su un mercato sempre più sfidante. Sarebbe bello che la Camera, per il tramite delle due Commissioni direttamente interessate, si facesse promotrice di un confronto utile anche su questo punto.
  È chiaro che dal racconto (lo voglio chiamare così, perché di questo si è trattato) fatto dai massimi vertici dell'azienda di servizio pubblico viene fuori quanto è difficile essere generalisti in questo contesto così dinamico e in profonda trasformazione.
  Si coglie molto bene il tentativo di mantenere chiara l'identità e la funzione di servizio pubblico, la necessità di rimanere generalisti in un mondo che si sta specializzando sempre di più, in cui la fruizione dei contenuti è sempre più personalizzata, dinamica e in mano al fruitore anziché all'emittente.
  Capiamo bene quindi le difficoltà e come legislatore abbiamo il compito di facilitare in tutti i modi questo percorso che non è facile per nessuno, né per gli over-the-top, né per i telefonici, né per i produttori di contenuti, né per chi (abbiamo toccato spesso la fascia anagrafica del personale Rai) deve poi formarsi e aggiornarsi perché anche questo è richiesto.
  Sono considerazioni molto interessanti che meriterebbero più tempo di quello che abbiamo, per cui mi fermo qui e pongo solo quattro, veloci domande. È stata molto interessante il focus su Rai Way e vorrei chiedere ai vertici della Rai che programmi abbiano per quanto riguarda Rai Way, se si venda, non si venda, quali siano le prospettive, perché credo che sia molto utile per la nostra Commissione avere qualche elemento in merito.
  La seconda domanda si riferisce più in generale a una strategia legata alle società della Rai, perché mi ha colpito molto il fatto che dopo molti anni Rai Trade sia stata chiusa, si sia deciso di reintegrare all'interno della corporate tutte le attività commerciali e poi dopo poco tempo si sia deciso di rimetterle fuori e sia nata Rai Com.
  Vorrei capire le ragioni di questo andamento discontinuo, se vi siano stati problemi con l'internalizzazione delle funzioni commerciali e per questo si sia deciso di tornare indietro, perché questo comunque avrà determinato qualche problematica e anche molto lavoro.
  La terza domanda si riferisce all'andamento del mercato pubblicitario. Avevamo visto che il trend è stato in discesa per lungo tempo, poi un po’ di ripresa negli ultimi anni che c’è stata segnalata dal direttore generale, e questo è senz'altro un elemento positivo visto il mercato e l'andamento generale del mercato.
  Mi chiedo e chiedo a voi se questa ripresa per quanto riguarda la quota di mercato pubblicitario di Rai sia dovuta anche al fatto che si è attuata una politica commerciale in termini di vendita della pubblicità che è stata ritenuta da molti estremamente aggressiva (se ne è scritto anche molto sui giornali), al limite del dumping. Vorrei sapere se possiate illuminarmi su questo.Pag. 18
  L'ultima domanda sì riferisce a un elemento con il quale abbiamo avuto molto a che fare in questa Commissione, le interferenze sulle frequenze sul Mux 1. Molti colleghi hanno fatto interrogazioni, abbiamo avuto tante lamentele, per cui, visto che il direttore generale auspicava di superare presto questo problema, vorrei chiedervi se possiate, in modo che anche noi possiamo farlo con i cittadini italiani, darci una tempistica per la risoluzione di questo problema. Grazie.

  ALBERTO PAGANI. Grazie, anch'io voglio ringraziare per l'ampia e articolata illustrazione che avete fatto. Mi limito a una domanda che devo far precedere da una premessa, perché non sono un esperto di comunicazione radiotelevisiva, tuttavia frequento amici che lavorano con voi e con la concorrenza, con altre televisioni di altri Paesi, quindi raccolgo informazioni in questo modo.
  Uno di questi amici, che tra l'altro è regista anche di vostre trasmissioni, mi ha detto di aver fatto una produzione di una serie televisiva per bambini premiata a Cannes e in vari festival e di averla venduta ad altri Paesi. Negli Stati Uniti gli è stato risposto che il suo prodotto piaceva molto però sarebbe stato necessario che facesse l'azienda negli Stati Uniti per venderlo, quindi ha fatto una società di post-produzione e vende questo prodotto negli Stati Uniti. In altre realtà europee collabora con aziende di singoli Paesi e propone questa serie.
  Mi ha detto di essere andato in Italia solo da Rai Yoyo, ma che non erano interessati al prodotto, e la discussione si è chiusa lì. La mia domanda è questa: nei prossimi anni è previsto anche da parte della Rai una politica di sostegno e di promozione della produzione italiana per il mercato italiano e, se sì, quali sono i meccanismi che garantiscono la trasparenza nell'utilizzo delle risorse e nella scelta ?
  È chiaro infatti che, parlando di un'impresa, c’è una discrezionalità, il dirigente sceglie cosa trasmettere e giustamente si assume una responsabilità, ma ci saranno anche dei criteri che garantiscono la trasparenza di questa scelta.

  PRESIDENTE. Grazie. Siccome sono iscritti altri due colleghi, se lei preferisce direttore, può, insieme agli altri rappresentanti, rispondere a queste prime domande.

  LUIGI GUBITOSI, Direttore Generale di RAI SpA. Vado sulle prime risposte cercando di essere sintetico, anche se alcune domande richiederebbero molto tempo.
  L'onorevole Bonaccorsi ha toccato il nostro punto centrale, che è il tema delle risorse umane. Abbiamo cercato di fare una prima opera con i 700 esuberi dello scorso anno, cioè pensionamenti o prepensionamenti, e abbiamo iniziato ad assumere qualche giovane.
  In tema di risorse umane, come peraltro in tanti temi della Rai, ci piace pensare che la nostra gestione venga in discontinuità rispetto a molti anni di forte disattenzione. Lo stesso vale per la tecnologia, per le sedi, gli studi e tantissimi aspetti, quindi è un problema che francamente non risolveremo, pensiamo di aver lavorato ma il cambiamento culturale di qualunque cosa, che sia un'azienda o un Paese, è questione di intensità ma anche di durata, quindi dipenderà dal fatto che si continui anche dopo di noi.
  Noi abbiamo fatto una serie di cose e ne faremo altre, però è difficile immaginare di vedere il cambiamento anche perché c’è un tema legato all'età anagrafica che nel breve periodo peggiora, non migliora, soprattutto in un clima dove non è immaginabile che gli organici dell'azienda si amplino (al limite si tenderà a ridurli con il tempo).
  Un aspetto positivo è che l'età media elevata significa che avremo l'opportunità che alcuni vadano in pensione, quindi si potrà integrare l'organico con risorse giovani però non c’è solo un discorso numerico anagrafico, ma anche un discorso qualitativo del tipo di formazione che viene data, del tipo anche di etica, di approccio al lavoro. Il danno della politica nella Rai è che, se un direttore di rete Pag. 19viene nominato per motivi, diciamo, di affinità, poi tende a nominare a sua volta persone che gli vengono suggerite e spesso succede che non si abbiano le competenze necessarie. Il problema non è quindi solo sostituire una persona, ma sostituire un sistema, e, come sapete, c’è una certa resistenza al cambiamento, quindi è un processo complesso, in cui evidentemente ci impegniamo, però il tema delle risorse umane implica anche l'assunzione di persone. Tempo fa ho dato un premio di giornalismo a un giornalista del Financial Times, Ferdinando Giugliano, di 29 anni, che ha preso prima una borsa di studio per fare il Liceo internazionale, poi ha conseguito il massimo dei voti alla laurea, al master, al dottorato a Oxford, poi è entrato al Financial Times ed è diventato capo redattore.
  Se lo volessi assumere, non potrei: dovrei fare un concorso che durerebbe due anni, perché abbiamo ricevuto 10.000 domande per il nostro concorso da 100 posti ! Credo quindi che nelle riflessioni che il Governo vorrà avviare in Parlamento dopo l'estate sulla governance della Rai anche la natura giuridica della Rai stessa sarà un tema molto importante, perché alla fine sono le persone che fanno la differenza.
  Lei chiedeva della trasparenza, ma dipende molto da chi fa il lavoro, da come quella persona è arrivata, perché è arrivata, da che tipo di obblighi sente nei confronti del resto del mondo.
  Il tema delle risorse umane è uno dei temi principali, la litigiosità storica in Rai è molto significativa, in quanto nelle aziende in cui ho lavorato prima l'idea di fare causa alla propria azienda non faceva dormire la notte, e, anche se adesso si sta un po’ riducendo, noi abbiamo avuto fino a 1.300 cause di lavoro su 13.000 dipendenti, con un rapporto di una causa per ogni dieci dipendenti, e non è il massimo !
  In certi casi, siccome le promozioni erano ferme dal 2008, succedeva che se qualcuno veniva messo nelle condizioni di fare un certo lavoro, e poi gli venivano mandate un paio di mail complimentandosi perché aveva lavorato come se fosse un caporedattore, con quello andava dal giudice per ottenere direttamente la promozione. C'era quindi una serie di meccanismi distorti che richiedeva tempo per essere rimessa a posto.
  Il 2013 è stato il primo anno in cui le cause di lavoro sono calate del 13 per cento, ma ce n’è ancora uno stock significativo. Vi racconto una cosa perché sono ancora esterrefatto da ieri: abbiamo licenziato un dirigente perché aveva assunto la moglie in un programma, il giudice l'ha riconfermato cioè l'ha fatto riassumere con la motivazione che nel nostro modulo (peraltro sbagliato) c'era scritto di indicare se vi fossero rapporti di parentela o affinità e il rapporto con la moglie non è di parentela o affinità, ma è di coniugio.
  Mi fermo qui, adesso lo dobbiamo riassumere e faremo appello, perché francamente nella mia ignoranza ritenevo che la moglie fosse parente, però mi sembra difficile sostenere che fosse giusto assumere la moglie, anche perché il codice etico invita a evitare rapporti. Adesso cambieremo il modulo, ma capite che è anche frustrante, perché cerchiamo di inserire un po’ di etica ma con questo tipo di sentenze è molto complicato.
  Le risorse umane sono quindi il problema. Il tema cui faceva cenno l'onorevole Bonaccorsi, dell'essere considerati «sfigati» se si vede la programmazione Rai è un problema, nel senso che non so se sua figlia abbia visto Braccialetti rossi, dovrebbe farglielo vedere, la forzi, perché il pubblico è stato composto sostanzialmente da ragazzini e ne abbiamo avuti 10.000 fuori dalla sede della Rai per vedere gli attori qualche giorno fa.
  Dobbiamo fare più programmi per i ragazzi e partire dal web su alcune cose, ma non dobbiamo neanche dimenticarci che larga parte della popolazione è anziana e nel cercare i giovani non dobbiamo dimenticare gli anziani. Non a caso le nostre linee guida editoriali si intitolano Nessuno è escluso, perché vorremmo guadagnare i ragazzi ma non perdere gli anziani, che tra l'altro a volte sono quelli che hanno più bisogno.Pag. 20
  Sulla radio suggerisco di fare uno switch-off che sia anche molto distante nel tempo, nel 2020, nel 2025 o quando volete, una data che sia tanto lontana nel tempo da non spaventare nessuno, perché l'unica certezza del futuro è che poi arriva, allora prima o poi bisognerà adeguarsi. Se invece non c’è una data, in un periodo in cui nessuno vuole fare investimenti non si faranno investimenti e chi non ha interesse a farli evidentemente farà sì che non avvenga. Come è già avvenuto in altri Paesi europei avrebbe senso fare uno switch-off, perché significa che anche il parco macchine ha il tempo di adeguarsi.
  Sulla banda larga la televisione del futuro è interattiva. Il box My Sky che registra non funziona senza la banda larga. Non è più mia competenza nel senso che me ne occupavo quando c'era Wind, ma ritengo che la banda larga sia fondamentale per il Paese. Mi limito a fare un commento: mi sembra che la Cassa depositi e prestiti abbia delle idee interessanti in questo senso, però esulerei dalla mia competenza se commentassi ancora la tematica della banda larga.
  La convergenza tra televisioni, contenuti, tecnologia di cui tanto si legge è comunque un fenomeno molto più lento di quello che pensano gli analisti, ma che arriva, quindi a un certo punto questa convergenza servirà e la banda larga è importante come infrastruttura di un Paese.
  Spero quindi che nelle politiche del Governo e del Parlamento ci sia attenzione alla banda larga. Dico questo come cittadino più che come direttore generale della Rai, anche se alla Rai servirebbe più banda larga.
  Il tema della cultura citato dall'onorevole Bergamini è estremamente importante, anche perché oggi più che essere generalisti il nostro tema è cercare di essere diversi, cioè la Rai deve essere diversa dagli altri. Ogni tanto si leggono anche polemiche sbagliate, si dibatte su quali siano le fiction giuste. Io ritengo che la televisione debba educare, oltre che informare e intrattenere; in qualche modo deve anche educare, il servizio pubblico deve avere dei modelli positivi ed è questo che ci distingue dalle televisioni commerciali, il che non significa che loro non facciano molto bene il loro lavoro.
  Noi però dobbiamo essere diversi dalle televisioni commerciali, dobbiamo avere dei valori e quindi anche spingere la cultura, avere una competizione sul bello. Mentre le televisioni commerciali ci hanno influenzato magari negativamente nella ricerca di certe cose, nel nostro essere diversi dobbiamo cercare di influenzarle a fare delle cose positive. Credo che ci sia un trend positivo e ho visto cose belle fatte dai nostri concorrenti e a me fa piacere come utente perché competere sulla qualità è una cosa molto positiva.
  Detto questo, è complesso essere generalista, perché oggi pomeriggio abbiamo una riunione del consiglio sull'informazione, ma un prossimo passaggio verterà sull'organizzazione delle reti, in particolare di quelle giornaliste. Come saranno organizzate ? Le reti come i telegiornali sono nate per competere tra loro, per cui abbiamo medicina in Rai1, medicina in Rai2 e medicina in Rai3, ma non avrebbe senso orizzontalizzare le reti anziché averle verticalizzate, cioè rompere i silos ? Questo cambia il modo di lavorare e di pensare, però sarà un tema d'autunno che ci porremo in maniera importante.
  Su Rai Way abbiamo annunciato che l'obiettivo è la quotazione, la valorizzazione. È una splendida società e devo dire che più ci studiamo e più è una bellissima società. Come abbiamo detto, entro fine anno saremo pronti da un punto di vista di preparazione della società, stiamo andando bene con il lavoro. Il tema vero sarà dove saranno i mercati finanziari e se ci sarà una stabilità sufficiente a operare con successo una quotazione, ma è presto per dirlo. Di recente c’è stata una certa volatilità, però la società sarà pronta in autunno, non ho motivi per dubitarne.
  Lei mi chiedeva della pubblicità, ma l'andamento recente è per noi difficile da interpretare perché abbiamo fatto bene nei mesi di giugno e luglio, ma c'era il Mondiale che è andato molto bene per noi, abbiamo fatto una raccolta importante. Adesso si tratta di capire se abbiamo fatto Pag. 21un crowding out di budget che comunque erano destinati alla Rai, perché avevamo avuto i mesi di aprile e maggio piuttosto deboli, magari perché qualcuno stava conservando le munizioni per spararle durante il Mondiale e avere spazio, quindi forse anche dopo l'estate avremo questo problema.
  A giugno e luglio abbiamo fatto molto bene (luglio è ancora in corso ma penso di potermi sbilanciare affermando che è un ottimo luglio), agosto conta poco in questi mercati ma la vera cartina di tornasole sarà la seconda metà di settembre e ottobre. Se a settembre e ottobre andremo ancora bene, sarà un buon anno, altrimenti resterà un anno mediocre.
  Giugno e luglio abbiamo fatto bene noi e Sky per il Mondiale, mentre chi non aveva il Mondiale ha fatto necessariamente male in termini di ascolti e quindi di raccolta pubblicitaria, bisognerà vedere come andrà l'autunno, però il mercato nel suo complesso dall'inizio dell'anno risente della stagnazione dei consumi. D'altra parte, la pubblicità è una componente derivata del PIL: se il PIL non cresce e la gente non vede grandi spinte verso i consumi, si tende a investire di meno. La pubblicità è stata decisamente aggressiva se la compariamo al passato, fino al 2012 non era sul mercato. Ho raccontato già che quando ero amministratore delegato di Wind in un anno siamo stati i più grandi clienti del settore televisivo con 180 milioni di budget (altri tempi) e non sono mai stato visitato dalla Rai, cioè l'idea era che io andassi a visitare i direttori generali della Rai, mentre invece i concorrenti venivano ed erano molto efficaci nel presentare il loro caso.
  In questo senso sì, la Rai è diventata più aggressiva. Fa sconti particolari ? Il nostro prezzo netto nel GRP (Gross Rating Point) è ancora più alto di quello dei concorrenti. C’è un'altra cosa che mi fa pensare che non necessariamente siamo troppo aggressivi: il nostro principale concorrente ha ancora un numero elevato di clienti in esclusiva, e un cliente in esclusiva è qualcuno cui fai delle condizioni talmente interessanti che non va a parlare con gli altri. Finché il numero dei clienti in esclusiva sarà così elevato, vuol dire che c’è qualcuno più aggressivo di noi. Non ci parlano, infatti, perché non siamo sufficientemente aggressivi, altrimenti, essendo nel mercato, dovrebbero venire da noi in quanto abbiamo il 40 per cento del mercato, alcuni dei prodotti di maggiore successo, quest'anno abbiamo avuto il mondiale e gli eventi principali sono tutti da noi (film, Sanremo), eppure alcuni clienti non vengono a fare pubblicità in Rai, restano solamente sul nostro principale concorrente.
  Finché vedrò tutte queste esclusive (e per inciso per un utente pubblicitario non ha senso, non gli direi neanche di fare un'esclusiva sulla Rai) nutrirò dei dubbi. Quando vedo che stiamo andando bene, meglio degli altri, mi convinco che forse la strategia usata non è necessariamente sbagliata. Se però si è abituati a una Rai che non competeva, questo crea un po’ di frizione, perché è arrivato un nuovo player sul mercato.
  Detto questo, sono convinto che i mercati in qualche modo si assestano e che si troverà il giusto equilibrio, non ci saranno più clienti necessariamente in esclusiva e ci sarà una sana competizione, come è opportuno che sia. Come sempre «vinca il migliore», però noi continueremo ad essere aggressivi, perché l'obiettivo è fare raccolta, abbiamo bei prodotti, buoni ascolti ed è opportuno che i clienti lo sappiano.
  Ritengo che nei prossimi 12-18 mesi risolveremo gran parte delle interferenze, ma non tutte; possiamo immaginare che un 60-70 per cento delle interferenze (spero di più) sia risolto. In particolare, due grossi temi dovrebbero essere risolti specie nella parte nord-occidentale del Paese, ma avremo ancora problemi soprattutto nelle aree in cui c’è il problema del mancato coordinamento internazionale, perché lì c’è la presenza di un altro Paese e diventa molto più complesso. Quando le cose nascono male è più complicato aggiustarle, però ci dovrebbe essere un significativo miglioramento.
  Sull'ultima domanda fatta dall'onorevole Pagani, con cui si chiedeva sostanzialmente come garantire trasparenza, non Pag. 22ho motivi di dubitare del racconto, ma il problema della Rai nella fiction, nel cinema è che abbiamo un pool di risorse – per quanto significativo – limitato, quindi ci si chiede come stabilire chi debba averlo. Come sempre, si tratta di mettere le persone giuste a seguirlo, sui cartoni animati non so, però abbiamo ottenuto buoni successi sulla fiction e sul cinema.
  Quando devi scegliere qualcuno e non altri provochi sempre risentimento anche legittimo, perché l'autore di un'opera ritiene di aver fatto una cosa bellissima e vorrebbe che fosse riconosciuta. Diventa un problema di alternative.

  SETTIMO NIZZI. Ringrazio i vertici della Rai per la brillante esposizione. Nella scorsa audizione del principale concorrente della Rai ho avuto modo di lamentare il fatto che la qualità delle immagini e del servizio nelle nostre televisioni sia assolutamente un problema in evidenza e l'HD sia troppo importante per pensare di perdere ancora tempo.
  Bisogna fare immediatamente lo switch-off, perché noi italiani siamo abituati a lasciar passare il tempo, se scriviamo 2020 magari avviamo il cambiamento nel 2040. Io lamento il fatto che non abbiamo una tv, non abbiamo programmi internazionali. Come mai i nostri telegiornali non si vedono all'estero, a differenza di tutti gli altri Paesi europei, anche più piccoli del nostro ?

  ANNA MARIA CARLONI. Grazie, anch'io ho trovato interessantissime le informazioni che ci sono state fornite e mi ha fatto enorme piacere apprendere che in una situazione di tagli e di scarsità di risorse si sia tanto investito in tecnologia. Se avessimo fatto altrettanto in formazione nel nostro Paese, probabilmente oggi staremmo meglio.
  Vorrei però osservare la necessità di costruire, in queste occasioni di scambio tra la governance del servizio pubblico e noi come legislatori, una competenza comune sui temi sui quali in questo momento dobbiamo poi decidere e lavorare, come cioè partecipiamo alle occasioni di crescita del Paese (e questo è stato fatto certamente anche in questa circostanza, attraverso le vostre relazioni) e anche come operiamo in una situazione di estrema scarsità di risorse e di necessario contenimento dei costi.
  Siccome questo è per noi legislatori il tema costante, ritengo necessaria una parola anche da parte del servizio pubblico.

  DIEGO DE LORENZIS. Visto che si è parlato molto di media company su tutti i canali digitali, di sinergie con le altre piattaforme, di coinvolgimento dei giovani, di pluralismo dell'informazione, vorrei capire se Rai non ritenga di ritornare sui propri passi in merito alla vicenda che la vede coinvolta con YouTube, in cui Rai ha richiesto il ritiro non solo di tutti i filmati, scelta commerciale assolutamente rispettabile ma poco condivisibile, ma anche quelli relative agli utenti che caricano video che in qualche modo possono essere ricondotti a Rai.
  Vorrei sapere se su questo abbiate fatto delle riflessioni. Grazie.

  GIORGIO LAINATI. Grazie, presidente, dell'ospitalità. In questi due anni in Commissione di vigilanza Rai abbiamo avuto una proficua collaborazione con il presidente Tarantola e con il direttore generale Gubitosi e devo dire che l'esposizione che hanno fatto in Commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni è a dir poco eccellente, io sono molto compiaciuto e vi esprimo la mia personale gratitudine.
  Faccio solo una domanda a margine rispetto a quanto diceva il dottor Gubitosi sui temi dell'informazione. Pur non volendo anticipare quanto direte fra pochi minuti nel Consiglio di amministrazione, lei magari può dare un'idea di massima sulle notizie che potrebbero riguardare unificazioni di testate e azioni di questo genere. Grazie.

  LUIGI GUBITOSI, Direttore Generale di RAI SpA. Innanzitutto rispondo all'onorevole Bergamini e mi scuso di aver saltato questa domanda. Il criterio discriminante con cui abbiamo deciso se portare società all'interno o all'esterno è sostanzialmente il Pag. 23rapporto con il cliente. Mi spiego meglio: vi sono alcune società che lavorano principalmente con terzi: Rai Pubblicità è un esempio classico, Rai Cinema, Rai Way perché fanno un business esterno al core dell'azienda. Rai Com dovrebbe commercializzare i prodotti Rai nei confronti di terzi.
  Dai benchmark che abbiamo fatto (lei ricordava correttamente che qualche anno fa era esterna e si chiamava Rai Trade) si è notato come tutti i principali concorrenti europei avessero una società esterna. Il motivo principale è la lamentela che c’è internamente sulla necessità di essere più veloci e più reattivi commercialmente rispetto a quanto si è all'interno di una grande azienda, per cui, essendo principalmente dedicato al lavoro con terzi, è anche più interessante isolarne il conto economico, dare delle responsabilità e averla separatamente.
  All'opposto abbiamo fatto l’insourcing di Rai Net, che ha invece un'attività tutta interna in quanto gestisce i siti e la parte Internet della Rai, quindi l'abbiamo riportata al nostro interno. Anche nel caso di Rai Com mi preme sottolineare che comunque management e Consiglio sono comunque tutti interni, quindi cambia la natura giuridica, ma non cambia sostanzialmente la composizione, non ci sono esterni che partecipano alla società.
  È un esperimento in cui la direzione commerciale credeva molto e ci ha convinto sulla bontà del piano, di cui adesso vedremo i risultati.
  Per quanto riguarda la domanda sull'internazionale, stiamo riportando all'interno Rai World, perché era stata creata come società a parte ma in sostanza è un canale. Stiamo facendo degli sforzi, non siamo ancora dove vorremmo essere, mentre in altre aree, come avete sentito, siamo orgogliosi di quanto fatto, credo che sull'internazionale si possa fare di più.
  Per inciso, nella discussione che faremo sull'informazione, su cui adesso dirò qualcosa ma non troppo, immaginiamo di avere un canale all news che possa anche avere una versione inglese, per poter essere più presenti all'estero.
  Rai News si inizia a vedere all'estero, peraltro in molti Paesi questi servizi sono a pagamento in abbonamento (non solo i nostri, ma anche quelli degli altri Paesi europei). A New York, ad esempio, siamo offerti in abbinamento a Mediaset. In molti Paesi sono visibili e questo è il motivo per cui la nuova società, Rai Com, si occuperà anche di dare impulso alla distribuzione, per renderci più presenti in molti Paesi, però, come dicevo, questa è un'area su cui dobbiamo e possiamo fare di più. Due anni sembrano un lungo periodo, ma sono poco per altri aspetti.
  Il tema su YouTube è sostanzialmente questo: Google raccoglie quasi 1 miliardo di euro nel portare pubblicità fuori. Se lei pubblica un contenuto, evidentemente la pubblicità va a vantaggio di Google, che con la Rai aveva fatto un contratto per cui pagava 7-800.000 euro l'anno, cifra ridicola rispetto alla raccolta che fa.
  Tutti i grandi player italiani si sono opposti a questo, il che non vuol dire che non continueremo a mettere contenuti su YouTube perché ci interesserà diffonderli (il nostro obiettivo è che più gente possibile li veda), ma non ci va di farci sfruttare commercialmente in cambio di niente. Credo che dovremo studiare una piattaforma italiana, che possa essere un'alternativa per gli utenti italiani. È un problema per noi come per La7, Mediaset, Sky Italia: abbiamo qualcuno che funge da gateway e si posiziona in un punto dove, se vuoi far vedere un contenuto, devi passare da lui, ma lui si tiene tutti i benefici, sui quali tra l'altro c’è anche il tema se paga imposte o meno, ma questo è un altro discorso.
  Dobbiamo organizzarci. Se l'utente mette su YouTube le aperture di Crozza nel programma Ballarò o a Sanremo (Crozza a Sanremo è stato il video più visto dagli italiani per un certo periodo poi quest'anno è arrivata la nostra suora, che ha avuto un seguito internazionale) è come se lo mettesse Youtube. A YouTube non interessa chi lo mette, interessa solo che il traffico vada su quel sito e ottenga la pubblicità. Queste pubblicità saranno sempre di più e possiamo immaginare che nel futuro la pubblicità su Internet sarà la più Pag. 24significativa, mentre si ridurrà quella sui mezzi tradizionali, come in parte è già successo. Parte della nostra multimedialità deve quindi catturare questi flussi.
  Non discuto il fatto che, se YouTube tornasse indietro e proponesse di riparlarne, potremmo anche rivedere la nostra decisione, ma altrimenti non siamo in grado di controllarlo e tra l'altro YouTube potrebbe sostenere di non averlo messo, potrebbe dire che l'ha messo l'utente Tizio o l'utente Caio, e provare chi l'abbia l'abbia messo sarebbe ingestibile.
  La proprietà dei contenuti è il business fondamentale di un broadcaster, cioè riuscire a monetizzare. Per inciso, lo stesso si applica alle teche Rai: a chi li vuole per uso non commerciale, come documentazione, le diamo gratuitamente, ma non se l'uso è commerciale. Se lei è appassionato di sport e ci chiede filmati della Juve o della Roma, glieli diamo per uso personale, ma non possiamo darglieli se vuole fare un programma su una squadra di calcio da vendere successivamente.
  Questo si verifica ogni volta che c’è uso commerciale del nostro contenuto diretto o indiretto, perché lei che mette il contenuto su YouTube non pensa di farlo in modo commerciale, ma Youtube lo sfrutta commercialmente.

  ANNA MARIA TARANTOLA, Presidente di RAI SpA. Questo tipo di diffusione dei contenuti oltre a non avere una giusta ripartizione del ricavo pone anche un altro problema, dal momento che talvolta tali contenuti sono usati in modo distorto, cambiando il messaggio del contenuto attraverso tagli e ricomposizioni, il che è molto delicato.

  LUIGI GUBITOSI, Direttore Generale di RAI SpA. La lotta agli sprechi, che spesso è la lotta alle spese perché in alcuni casi sono sicuramente degli sprechi, in altri casi si ritiene che non lo siano, continua. Noi abbiamo ridotto i costi di una cifra che va dagli 80 ai 90 milioni ogni anno, i costi di questo primo semestre dovrebbero essere diminuiti di circa 40 milioni e stiamo procedendo più o meno allo stesso ritmo, anche se ogni volta è più difficile.
  Parte del lavoro che stiamo facendo sull'informazione sarà anche volto a evitare che a una conferenza stampa arrivino tre o quattro troup, una di ogni telegiornale. Per il resto, quello che abbiamo cercato di fare negli ultimi due anni e che cercheremo di continuare a fare è non solamente la lotta agli sprechi, che dopo un po’ finiscono, ma anche l'ottimizzazione di tutte le spese, riducendo per quanto possibile i compensi alle star, anche se quelle sono cose più simboliche, visibili, mentre i veri costi sono su altre cose, ma stiamo rivedendo tutto e l'attenzione alle procedure serve anche a vedere quello che ci serve effettivamente e ad eliminare duplicazioni.
  Spero quindi che si continuerà a vedere una diminuzione dei nostri costi, sicuramente nei primi due anni e mezzo è successo e cercheremo di farlo anche nell'ultimo periodo che ci rimane.

  PRESIDENTE. Grazie. Purtroppo è iniziata la seduta dell'Assemblea e dobbiamo scendere immediatamente. Mi pare che l'utilità dell'audizione sia fuori discussione e vi chiederemmo quindi di inviarci anche successivamente il testo delle relazioni e i materiali illustrati.
  Nel ringraziare i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.10.