XVII Legislatura

IX Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Giovedì 3 luglio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA DEI SERVIZI DI MEDIA AUDIOVISIVI E RADIOFONICI

Audizione di rappresentanti di Confindustria Radio Televisioni.
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 3 
De Laurentiis Rodolfo , Presidente di Confindustria Radio Televisioni ... 3 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 9 
Bonaccorsi Lorenza (PD)  ... 9 
Liuzzi Mirella (M5S)  ... 10 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 11 
De Laurentiis Rodolfo , Presidente di Confindustria Radio Televisioni ... 11 
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE POMPEO META

  La seduta comincia alle 12.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Confindustria Radio Televisioni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, l'audizione di rappresentanti di Confindustria Radio Televisioni.
  Nel ringraziarlo per aver accolto l'invito della Commissione, do la parola al dottor Rodolfo De Laurentiis per lo svolgimento della sua relazione.

  RODOLFO DE LAURENTIIS, Presidente di Confindustria Radio Televisioni. Ringrazio il presidente e tutti i commissari per l'invito a partecipare ai lavori di questa Commissione in relazione all'audizione sul tema che è oggetto del nostro incontro.
  Siamo un'associazione neo-costituita. Siamo nati a ottobre del 2013 e quindi stiamo per compiere un anno di vita. È stato un percorso piuttosto laborioso mettere insieme tutti i soggetti che si occupano dell'industria audiovisiva nel Paese, un percorso che ha portato a costruire, all'interno del sistema confindustriale, un'associazione di rappresentanza con una base associativa importante. In termini di fatturato parliamo di 9,5 miliardi di euro, con 30.000 addetti diretti e 90.000 occupati nell'indotto. Si tratta di un'occupazione qualificata. Basti pensare che un dipendente su dieci nelle televisioni nazionali è un giornalista e un dipendente su tre nelle televisioni locali è giornalista o telereporter.
  Il compito di Confindustria Radio Televisioni è quello di rappresentare e dare una voce unitaria a tutto un settore che fino a oggi non aveva avuto un punto di riferimento comune e condiviso. È quindi nostro compito lavorare sui temi che riguardano l'interesse generale di questo settore, che negli ultimi dieci anni ha subito notevoli cambiamenti. Quest'anno ricorrono tre celebrazioni: abbiamo i novanta anni della radio, i sessant'anni della televisione e i venticinque anni del web.
  Per quanto riguarda il sistema televisivo, esso certamente è stato segnato da un'innovazione profonda perché con lo switch-off e il passaggio al digitale è cambiato notevolmente il quadro di riferimento. È storia recente, dettata dalla complessità nella gestione della transizione al digitale, una complessità dovuta alla necessità di adeguare ben 25.000 impianti superando problemi di carattere orografico o di frequenze, ad esempio, e poi coordinando il tutto su una scala molto più ampia, che è quella dei ventisette Paesi europei. Tranne la Romania, che affronterà il passaggio al digitale dal prossimo anno, per il resto c’è stata una condivisione progettuale importante, e credo che gli elementi di riferimento del nostro Pag. 4Paese in termini di diffusione della piattaforma siano molto interessanti e importanti.
  Il passaggio è stato sostenuto con risorse proprie delle aziende e ha portato a una moltiplicazione dell'offerta. Oggi la diffusione del digitale terrestre è pari al 93 per cento, quella del satellite free è pari al 12 per cento e quella del satellite a pagamento è pari al 18 per cento. Il digitale ha prodotto, come primo effetto, la multicanalità. Una parte dello share che era riferibile alle televisioni tradizionali è passato, infatti, alle nuove tv digitali, che oggi rappresentano complessivamente il 40 per cento dello share totale. È sicuramente uno share frazionato perché stiamo parlando di televisioni che in buona parte superano a malapena l'uno per cento, ma si tratta di un importante arricchimento dell'offerta, che coglie singoli segmenti del gusto dei nostri cittadini.  
  Questo passaggio è segnato da un altro principio, cioè quello della convergenza tra televisione e Internet sugli schermi smart e connettibili, sui cosiddetti second screen o su device mobili come tablet, personal computer, smartphone eccetera. Su questi device corrono soprattutto contenuti video e molti contenuti televisivi, circa il 60 per cento del traffico, secondo le stime Cisco.
  Per quanto riguarda la centralità della televisione, credo che alcuni numeri diano l'idea di come la televisione, pur nel cambiamento profondo del panorama del comparto, mantenga una sua forte peculiarità. Tra il 2012 e il 2013 il consumo giornaliero di televisione degli italiani è aumentato, arrivando a 4 ore e 21 minuti. Dall'avvio del digitale è cresciuto di circa mezz'ora.
  La televisione è anche centrale nella filiera dell'audiovisivo. Basti pensare agli investimenti sostenuti, pari a 2 miliardi di euro negli ultimi quattro anni, in produzione indipendente e cinematografica, con un indotto occupazionale importante, dal momento che il moltiplicatore va da uno a 2,5 occupati. Il 70 per cento dei generi prodotti dalle aziende nella produzione indipendente è finanziato dalla televisione.
  La centralità della televisione rimane anche nei cosiddetti eventi live, in occasione dei quali la televisione è generatrice di traffico sui social network. Un esempio per tutti è quanto successo con il Festival di Sanremo, durante il quale sono stati sviluppati 190.000 tweet originati da 40.000 utenti. Non prendiamo ad esempio l'America, dove, nel 2013, 36 milioni di utenti hanno generato 999 milioni di tweet relativi a programmi televisivi, il che dà l'idea della partecipazione degli spettatori.
  Ci tenevo a fare questa breve introduzione perché credo sia importante per affrontare più specificamente i temi che potrebbero essere oggetto di una riflessione più puntuale e precisa in merito al quadro normativo.
  La centralità della televisione e dell'industria radio-televisiva si evince anche da alcuni elementi di carattere generale, come la capacità di concorrere al superamento della discriminazione geografica e culturale, al rafforzamento del pluralismo informativo e alla conoscenza delle diversità culturali.
  In questo contesto il servizio pubblico assume un ruolo di benchmark qualitativo e quantitativo per l'intero sistema. L'impostazione di Confindustria Radio Televisioni parte proprio da questo patrimonio e da questa capacità di mettere insieme il modello pubblico e il modello privato per individuare correttamente e in maniera proattiva iniziative concrete di sviluppo dell'intero settore.  
  Il servizio pubblico è prossimo a una riforma che dovrà definirne il perimetro per la fruizione che il Paese avrà della televisione pubblica nei prossimi anni. L'occasione della scadenza della concessione rappresenta un momento per compiere una riflessione più profonda, ma come Confindustria siamo convinti che il ruolo e la funzione del servizio pubblico siano centrali per una moderna democrazia e per l'intero settore dell'audiovisivo nel nostro Paese. Ormai la Rai si sta avviando verso il modello di media company digitale e la sua piattaforma è in Pag. 5grado di rispondere anche alle esigenze più ampie di un'utenza sempre più connessa.  
  Ci auguriamo che la riorganizzazione del servizio pubblico rappresenti un'occasione per rafforzarne il ruolo, caratterizzandolo su quei principi ed elementi che sono propri del servizio pubblico affinché possa continuare a rappresentare quello che ha rappresentato in questi primi sessant'anni di vita.
  Oggi, però, non abbiamo soltanto il servizio pubblico. Abbiamo anche nuovi competitor che si affacciano sul mercato e stanno ampliando in maniera notevole il loro impatto e la loro presenza. Mi riferisco in particolar modo agli over the top. Il primo effetto prodotto dalla loro presenza è quello di aver eliminato l'intermediazione nell'erogazione dei contenuti televisivi e di aver attivato la concorrenza sullo stesso target del tempo e dell'attenzione dell'utente, cosa che si traduce in contratti pubblicitari monetizzabili o in pagamenti diretti.
  L'impatto della crescita di Internet sul settore dell'audiovisivo emerge della rilevazione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni riferita al 2012. Sulla base dei dati forniti dalle singole aziende, la pubblicità on line risulta essere pari all'8 per cento dei ricavi totali, in quota percentuale più pesante di quella del cinema. Teniamo conto che una parte dei dati che si riferiscono alla pubblicità di Google, ad esempio, non appaiono disponibili. In particolar modo non è disponibile il Search, che potrebbe ampliare notevolmente la quota di pubblicità. Su scala mondiale questa è del 32 per cento e su scala nazionale presumibilmente dovrebbe essere tra il 50 e il 60 per cento.  
  Questo tema è centrale nel nostro ragionamento e nella nostra azione quotidiana perché ci troviamo di fronte a soggetti cosiddetti nuovi che, inseriti in un mercato di fatto unico, generano fatturati molto importanti ma con effetti molto limitati, se non inesistenti, nei Paesi dove svolgono la propria attività. Da ciò si evince che all'interno dello stesso mercato ci sono due segmenti caratterizzati da un trattamento normativo diversificato e da un'asimmetria notevole, tali da produrre uno squilibrio nella capacità competitiva di alcuni.
  In questo caso mi riferisco ai players tradizionali, che hanno tutta una serie di obblighi, imposizioni e vincoli. Penso alla pubblicità, alle quote di produzione, ai minori, alla par condicio, al sistema del pluralismo e quant'altro. Dall'altra parte troviamo soggetti che non sottostanno a nessuno di questi vincoli se non in maniera molto labile e superficiale. Il tema è quello di avere, in un mercato libero e concorrenziale, un level playing field in cui i soggetti competano ad armi pari senza condizioni di vantaggio.
  Uno degli elementi su cui noi insistiamo molto è il fatto di avere non una legislazione di favore o un trattamento privilegiato, ma soltanto la possibilità di concorrere nello stesso mercato con le stesse regole, gli stessi principi e le stesse condizioni di accesso e di competizione. Vi sono stati interventi del legislatore nazionale. Mi riferisco all'impropriamente detta web tax. Probabilmente sono temi che andrebbero affrontati sulla scala più ampia dell'Unione europea o dell'OCSE.
  Credo che la soluzione potrebbe essere una forma di up-regulation o di down-regulation a seconda dei casi. Dovrà comunque essere assicurato, nel rispetto del principio di proporzionalità, il necessario level playing field.
  Se me lo consente, presidente, passerei ad esaminare alcuni punti più specifici, ritornando su questi di carattere generale eventualmente in seguito, se ci saranno domande.  
  Un tema importante è quello della tutela del diritto d'autore. Abbiamo un'industria audiovisiva che negli ultimi quattro anni ha investito 2 miliardi di euro nella produzione indipendente e originale. Sono cifre importanti in una situazione di crisi evidente, che si traduce anche nella difficoltà di recuperare risorse dalla pubblicità.
  Riteniamo che la tutela della proprietà intellettuale delle televisioni sia fondamentale per assicurare agli autori e alle imprese Pag. 6che investono in creatività la possibilità di garantirsi una adeguata remunerazione. Il fenomeno della pirateria in Italia, secondo i dati del Dipartimento del commercio estero americano, è al 48 per cento, rispetto a una media europea del 33 per cento. Siamo appena usciti dalla blacklist, ma con questi numeri rimaniamo in una situazione di grande criticità. Secondo stime recenti, nel 2013 vi sono stati 3 miliardi di danni dovuti alla pirateria.  
  È anche un fatto culturale perché un cittadino su tre scarica filmati in modo non originale e uno studente su tre fa download illegale, ma non ritiene che questo causi danno alle imprese. Andrebbe sviluppata una diversa sensibilità culturale.
  Siamo stati sostenitori dell'iniziativa dell'Agcom sul regolamento amministrativo sul copyright on line perché riteniamo che sia un primo intervento su un tema cruciale di interesse generale a tutela della concorrenza e del patrimonio imprenditoriale e creativo italiano. Abbiamo quindi sostenuto pienamente l'azione di Agcom e l'abbiamo apprezzata. Riteniamo che sia un primo passaggio importante, ma ci auguriamo che non sia l'unico.
  Prima parlavo dell'elemento culturale insito nella pirateria. Ebbene, bisogna combattere la mistificazione secondo la quale la lotta alla pirateria on line comporterebbe una compressione dei diritti fondamentali quali la libertà di espressione e di manifestazione del pensiero. Semmai è vero il contrario, come ha affermato la Corte suprema americana definendo il copyright «engine of expression», strumento funzionale al pieno dispiegarsi delle libertà di espressione creativa.
  Che cosa chiediamo come Confindustria Radio Televisioni ? Il punto di partenza è il level playing field. La salvaguardia dei diritti televisivi è condizione indispensabile per lo sviluppo di un'industria audiovisiva competitiva. Anche gli utilizzi su Internet devono rientrare in questa logica perché le violazioni non possono beneficiare di trattamenti privilegiati. I punti di partenza sono un enforcement amministrativo a tutela dei legittimi diritti esistenti e, come ripeto, un level playing field con i nuovi operatori al fine di garantire pari opportunità di crescita.
  Altro tema è quello delle risorse frequenziali. In questo contesto si dovranno identificare e condividere meccanismi di ottimizzazione nell'utilizzo dello spettro che non potranno, però, prescindere dal considerare prioritarie le esigenze di 25 milioni di famiglie, di cui oltre 16 milioni sono esclusivamente utenti free, a cui dovranno essere garantiti i servizi della stessa qualità di quella offerta dalle altre piattaforme.
  Il sostegno all'innovazione deve fondarsi sul rispetto del principio di neutralità tecnologica e della parità di condizioni concorrenziali. In quest'ottica è fondamentale, a nostro avviso, evitare che le decisioni in materia di allocazione dello spettro radio si basino sul sacrificio programmatico della radiotelevisione o del livello di concorrenza al suo interno.
  Da alcune analisi effettuate dalla nostra rete di associati emerge che la banda 700 Mhz non pare né adeguata né necessaria al raggiungimento degli obiettivi fissati nell'Agenda digitale europea e alla creazione di reti che garantiscano condizioni tecniche ed economiche migliori per l'accesso diffuso alla banda larga. Nel documento che lasciamo a disposizione della Commissione sono contenute alcune riflessioni su questo tema che avvalorano tale principio e che permetteranno di approfondire meglio gli aspetti tecnici.
  Sull'altro versante, privare il broadcast di un ulteriore porzione di spettro, rispetto a quanto già avvenuto per la banda 800 Mhz, avrebbe un effetto di impoverimento irreversibile di tutto il sistema dell'audiovisivo.
  Vengo alle nostre proposte. Innanzitutto costituire un gruppo di lavoro, coordinato dal Ministero dello sviluppo economico e dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dedicato alla razionalizzazione del radio spettro; rivedere la posizione sulla banda 700 Mhz in vista della Pag. 7prossima Conferenza mondiale della radiocomunicazione, che si terrà a Ginevra alla fine del 2015; costruire un impianto di norme certe e stabili per la definizione di un percorso evolutivo che vada oltre il 2020; verificare l'effettivo utilizzo e l'implementazione delle bande assegnate agli operatori di telecomunicazione.  
  Su alcuni aspetti rinvierei all'approfondimento del documento che depositiamo, perché vorrei lasciare spazio a eventuali domande e richieste di chiarimenti.
  Le quote di programmazione e gli obblighi di investimento rappresentano un altro tema importante. L'articolo 5 della direttiva 89/552/CEE sui servizi media e audiovisivi prevede che gli Stati membri vigilino, ogniqualvolta sia possibile e ricorrendo ai mezzi appropriati, che le emittenti televisive riservino alle opere europee realizzate da produttori indipendenti dalle emittenti stesse il 10 per cento almeno del loro bilancio destinato alla programmazione. Il riferimento è cioè ai costi.  
  Differentemente, l'attuale previsione del Testo unico collega l'obbligo di investimento del 10 per cento agli introiti netti annui, così come indicati nel conto economico dell'ultimo bilancio di esercizio disponibile, cioè i ricavi. Si impone, quindi, agli operatori televisivi l'effettuazione di investimenti, al di fuori di ogni logica di impresa, che incidono in maniera penetrante anche sulla linea editoriale.
  In questo modo gli investimenti imposti dalla legge finiscono in molti casi per erodere in gran parte il budget destinato alla programmazione, un parametro che costringe un editore a modificare la linea editoriale del proprio canale per far fronte all'investimento richiesto. La disciplina comunitaria, in realtà, faceva salva l'autonomia delle scelte imprenditoriali, e parametrava l'impegno economico richiesto alle emittenti sull'effettiva attività da queste posta in essere.
  Più in generale, noi riteniamo che, a fronte dell'avvicendamento tecnologico e dell'evoluzione dei consumi, in un mercato che già oggi si connota come un mercato unico dell'audiovisivo non sia più sostenibile imporre questa tipologia di previsione eteronoma solo alle televisioni. Chiediamo pertanto di procedere con la modifica del parametro di calcolo delle quote di investimento adottato dal Testo unico per riportarlo in linea con quanto previsto dalla direttiva europea. In seconda istanza, questo parametro andrebbe applicato a tutti gli operatori e in particolare agli over the top.
  I nostri dati ci dicono che l'industria radiotelevisiva è particolarmente virtuosa da questo punto di vista. La rendicontazione fatta dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni all'Unione europea rileva che in media la programmazione di opere europee sulle televisioni italiane è pari al 61 per cento, in crescita rispetto agli anni precedenti. Ricordo che l'obbligo di legge è il 50 per cento. È invece pari in media al 15 per cento l'investimento in opere europee di produttori indipendenti, mentre l'obbligo di legge è pari al 10 per cento. Il sistema radiotelevisivo svolge, quindi, un ruolo importante e peculiare nel rispetto delle prescrizioni che ho appena citato.
  Un ulteriore tema è quello della par condicio, ma immagino che su questo non ci sia molto da aggiungere. Vorrei soltanto dire che il presidente dell'Agcom, nella relazione annuale al Parlamento del luglio 2013, ha auspicato una riforma in materia, sottolineando come la legge sia stata pensata per un sistema bipolare ed evidenzi pesanti limiti applicativi in un contesto di competizione politica sempre più frammentato e con regole di comunicazione in continua evoluzione.
  L'aggiornamento delle norme esistenti dovrà tener conto, quindi, delle peculiarità e delle caratteristiche dei diversi soggetti regolamentati – la concessionaria pubblica, le emittenti televisive nazionali private, le emittenti locali, la carta stampata – e dei soggetti che diffondono servizi audiovisivi e contenuti via Internet –, prevedendo l'attenuazione degli obblighi previsti in una legge ormai datata, cioè la legge n. 28 del 2000.Pag. 8
  Quanto ai soggetti che diffondono servizi audiovisivi e contenuti via Internet, senza imbrigliarne la libertà e la facilità di accesso, dovrà essere individuata una serie di criteri minimi per tutelare i cittadini soprattutto a livello di trasparenza e di provenienza dei dati diffusi.
  Per quanto riguarda la pubblicità, abbiamo un sistema caratterizzato da elementi stringenti a carico del settore radiotelevisivo contenuti nel decreto legislativo n. 177 del 2005, modificato poi nel 2010 dal cosiddetto «decreto Romani». Per contro le comunicazioni pubblicitarie on line restano sottoposte a regole basilari scarse e raramente applicate, anzi diciamo pure disattese.
  Noi chiediamo una progressiva liberalizzazione di questo settore sulla base di poche regole comuni che possano valere per tutte le forme di offerta di servizi media e audiovisivi, compresi quelli diffusi via Internet, con un'applicazione intelligente del principio del level playing field più volte richiamato anche dalle istituzioni europee.
  In tema di minori, siamo tra i firmatari del codice di autoregolamentazione «Media e minori» del 2002 e partecipiamo stabilmente alla definizione del prossimo codice di autoregolamentazione. Siamo convinti che la tutela dei minori non possa essere garantita se non si allarga l'attuale perimetro della direttiva 2010/13/UE, la quale ha introdotto principi importanti, come la neutralità di piattaforma, ma rimane imperniata sul concetto di fornitore di servizi media e audiovisivi e su una distinzione tra media lineari e non lineari.
  Occorre favorire processi di autoregolamentazione che coinvolgano anche i nuovi soggetti operanti su Internet e ripensare il sistema di regole anacronistiche che pongono a carico del sistema radiotelevisivo una serie di vincoli non più attuali. Ciò non soltanto per proteggere i più piccoli dai messaggi a contenuto nocivo, ma soprattutto per promuovere la loro capacità di trarre il massimo beneficio dai nuovi e vecchi media. Tali processi saranno ancora più efficaci se si assegneranno in modo chiaro e univoco le competenze in materia di tutela dei minori agli organi di autoregolamentazione, fatte salve ovviamente le specifiche competenze attribuite alle autorità indipendenti.
  Farei un ultimo riferimento al Sistema integrato delle comunicazioni (SIC). Basta dare uno sguardo alla tabella contenuta nel documento che abbiamo consegnato per capire l'entità e la misura di quello che sta avvenendo nel sistema della comunicazione del nostro Paese. Mi riferisco in particolar modo al dato relativo alla pubblicità on line, che è pari all'8 per cento dei ricavi totali. Chiediamo che le regole esistenti siano interpretate guardando alla realtà economica di un mercato che, con gli sviluppi della tecnologia digitale, è ormai a tutti gli effetti unico e molto più ampio nei suoi confini rispetto al passato, anche alla luce di una concorrenza fatta da operatori non regolamentati.
  Gli over the top non possono chiamarsi fuori dall'informativa economica di sistema adducendo ragioni di tipo formalistico circa l'attività di mero esercizio delle proprie filiali italiane, mentre la sede è stabilita altrove nell'Unione europea. Sono ragioni che denotano un atteggiamento elusivo nei confronti del fisco italiano. La norma primaria dovrebbe occuparsene espressamente.
  Quanto al logical channel number (LCN), la materia ha costituito oggetto di un faticoso percorso, con una tormentata serie di passaggi che hanno portato anche a un contenzioso. Dovremmo trovare una soluzione per dare stabilità al sistema, assicurando il superamento definitivo delle attuali controversie e la necessaria certezza a operatori e utenti. Serve quindi una soluzione di sistema che dia stabilità all'LCN sotto il profilo regolamentare e risolva il contenzioso amministrativo. In particolare le tv locali continuano a considerare il dato degli ascolti come l'unico dato incontrovertibile per assegnare la posizione sul telecomando, nell'intento di evitare ulteriori danni di natura economica Pag. 9alle aziende. Si dichiarano quindi favorevoli alla previsione di una norma di rango primario.
  Quello delle tv locali è un settore importante, che risente della crisi. L'avvento del digitale ha prodotto dei cambiamenti radicali. Nell'era analogica si parlava di seicento soggetti che operavano in concessione e autorizzazione. Il passaggio al digitale ha prodotto un forte sviluppo dell'offerta, con 3.200 programmi ricevibili. Un così elevato numero di programmi è evidentemente sproporzionato e causa a volte la dequalificazione complessiva del comparto televisivo locale a danno di quelle aziende televisive locali che svolgono una missione informativa importante dando voce alle istanze sociali e culturali dei territori dove operano.
  Pertanto, per consentire la sopravvivenza del sistema risulta necessario introdurre politiche che favoriscano la riduzione del numero dei soggetti operanti, premiando le aziende con reale dignità di impresa. A questo proposito voglio citare alcuni dati che sono frutto di uno studio sui bilanci condotto da Federazione Radio Televisioni (FRT) insieme alle organizzazioni sindacali, che presenteremo nella seconda metà del mese di luglio.
  Risulta che siano circa un centinaio le società che dispongono di un'effettiva consistenza patrimoniale. Esse, infatti, pur rappresentando in termini percentuali solo il 32 per cento delle imprese locali analizzate, raccolgono l'80 per cento delle risorse, il 60 per cento dell'occupazione – circa 6.000 dei 10.000 occupati del settore – e circa il 70 per cento dell'ascolto medio. Proprio da queste aziende bisognerebbe ripartire per una riqualificazione complessiva del comparto.
  Sulla radio è urgente riconsiderare la disciplina per l'erogazione dei contributi ai sensi della legge 23 dicembre 1998, n. 448. È giunto il momento di favorire la fruizione della radio anche in tecnica digitale. In questo senso le nostre richieste sono: il rafforzamento dei principi di valorizzazione, sperimentazione e incentivazione di investimenti in tecnologia; la garanzia di disponibilità di capacità adeguate per tutti gli operatori telefonici e radiofonici concessionari, al fine di garantire la prosecuzione dell'attività anche in tecnica digitale con la possibilità di arricchire l'offerta; il sostegno alla campagna di marketing per la commercializzazione dei ricevitori; il reperimento e l'assegnazione fino a undici blocchi di frequenze per ogni bacino d'utenza; l'introduzione della procedura cosiddetta beauty contest anche per le radio locali; la previsione della suddivisione del territorio nazionale in bacini d'utenza su base regionale.
  Queste sono alcune delle riflessioni che volevamo porre all'attenzione della Commissione e vi ringraziamo di nuovo per la considerazione che ci è stata riservata.

  PRESIDENTE. Grazie a lei per l'ampia relazione e per l'importante lavoro di ricognizione del settore che ci consegnate, che costituirà, sin dall'inizio, un valido strumento per approfondire le questioni che l'indagine intende affrontare.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LORENZA BONACCORSI. Buongiorno. Vorrei fare solo alcune brevi considerazioni. Mi pare che l'impianto sia interessante. Ho notato però, e mi perdonerà, poca propulsione.
  Mi spiego meglio. Mi pare che la direzione sia sempre la stessa, cioè quella della contrapposizione tra media tradizionali e nuovi media. Quando lei citava la questione della cosiddetta web tax o la tutela del diritto d'autore o quando è entrato nello specifico del problema delle frequenze, parlando ad esempio della banda 700 Mhz, mi pare che l'impostazione fosse sempre quella della contrapposizione tra vecchi e nuovi media. Può anche darsi che io abbia mal compreso il ragionamento.
  Per quanto riguarda la web tax, sono d'accordo sul fatto che il ragionamento vada portato in sede europea perché è il livello europeo che può determinare un'armonizzazione delle politiche fiscali sui Pag. 10beni immateriali. Forse dovremmo provare a ragionare in questo modo anziché fissarci sul «Google sì, Google no». Come ripeto, occorrerebbe una riflessione più ampia sull'armonizzazione delle politiche fiscali sui beni immateriali.
  Rispetto alla tutela del diritto d'autore, mi preme dire una cosa. La Commissione ha partecipato a una serie di audizioni del presidente Cardani sul regolamento emanato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni al riguardo. Il presidente Cardani ci ha rappresentato in due audizioni che, oltre alla normativa che sarebbe stata inserita nel regolamento, si sarebbe cercato anche di intraprendere una serie di azioni per provare a cambiare la cultura nei confronti della pirateria. Come al solito in questo Paese, di azioni culturali e di educazione per non compiere azioni illegali non se ne è vista traccia.
  Credo che sia un tema di cui la Commissione dovrebbe assumersi maggiori responsabilità, anche nei confronti dell'Autorità. È stata una mancanza nei riguardi delle questioni avanzate sia dalla nostra Commissione sia dalla Commissione cultura, con cui abbiamo fatto audizioni congiunte.
  Per quanto riguarda le risorse frequenziali, la questione relativa alla banda 700 Mhz non è soltanto italiana, ma ripropone drammaticamente il conflitto del nostro Paese con tutto il sistema europeo, che ci vede non tra i primi della classe rispetto alla questione dello spettro. Credo sia giustissimo porre l'accento sulla necessaria e urgente pianificazione delle risorse spettrali del nostro Paese. Ritengo, anche in vista della Conferenza di Ginevra del novembre 2015, che dovremmo sollecitare fortemente il Governo su questo tema. Non possiamo perdere altro tempo. Gli altri Paesi interverranno sul passaggio della banda 700 Mhz agli operatori di telefonia nazionali e questo creerà, dal punto di vista tecnico, ulteriori problemi di interferenze.
  Sulla questione delle tv locali, sono assolutamente d'accordo riguardo ad una loro razionalizzazione. Come nel caso dello spettro, abbiamo perso troppo tempo. Nessuno vuole parlare di chiusure, ma sicuramente ne trarrebbe beneficio tutto il sistema spettrale italiano. Non dobbiamo nasconderci dietro a questa faccenda. Molte delle frequenze cosiddette «buone» sono occupate, ma non sono utilizzate. Il fatto di riprendersi le frequenze inutilizzate potrebbe essere una buona pratica del nostro sistema frequenziale.

  MIRELLA LIUZZI. Ringrazio il presidente De Laurentiis per la relazione con la quale ha illustrato questo documento.
  Anch'io, come la collega, ho notato uno stampo tradizionalista. Mi sarei aspettata in questa sede un maggior coinvolgimento di Internet e dei nuovi media, anche alla luce di ciò che sta avvenendo per esempio in America da alcuni anni. Penso, ad esempio, a Netflix che sta cambiando totalmente il modo di vedere la televisione negli Stati Uniti. In Europa e soprattutto in Italia una cosa del genere arriverà con molto ritardo per problemi relativi alla banda larga e alla scarsa connettività del nostro Paese. Mi sarei quindi aspettata proposte e soluzioni più innovative, oltre alla giustissima analisi delle tematiche che sono state prese in considerazione.
  Sulla web tax il Movimento 5 Stelle ha proposto emendamenti che ne prevedevano la soppressione, quindi è inutile che ne parli ora. La nostra posizione è chiarissima. Condivido però totalmente l'idea che occorra risolvere la questione a livello europeo, e giustamente sono state indicate le modalità con cui in Europa ci si sta interessando della questione. Siamo, quindi, assolutamente d'accordo con questa impostazione.
  Lo siamo meno sul diritto d'autore. Abbiamo fatto diversi interventi e obiezioni nel merito riguardo al regolamento dell'Agcom sul diritto d'autore. Abbiamo anche ascoltato e incontrato l'ambasciatore ONU Frank La Rue, che ha parlato di libertà di espressione versus proprietà intellettuale. È invece interessante la citazione della Corte Suprema americana in relazione alla legislazione degli Stati Uniti sul fair use.Pag. 11
  Il Movimento 5 Stelle sta tentando di inserire tale normativa anche nell'ordinamento italiano tramite una proposta di legge sul diritto d'autore, presentata già nell'ottobre dell'anno scorso, e tramite emendamenti ai vari decreti, che auspichiamo possano essere dichiarati ammissibili. Occorre fare attenzione perché la legislazione americana è leggermente diversa da quella italiana e rende possibili ampliamenti del diritto d'autore per motivi di ricerca, di studio o di apprendimento.
  Il punto fondamentale è che mi sarebbe piaciuto avere un focus più particolareggiato, con altre integrazioni, sulla televisione e sui nuovi media che operano su Internet e si occuperanno in futuro di portare le televisioni tematiche sul digitale. È quanto ci aspetta nel prossimo futuro. Così come la radio si è evoluta con l'avvento della televisione, anche le emittenti televisive dovranno adeguarsi a questo nuovo cambiamento, portato soprattutto da Internet e dall'interazione con gli utenti. Purtroppo di questo nel documento non si parla.
  Una delle particolarità di Internet e delle emittenti che trasmettono su Internet è proprio quella della partecipazione degli utenti, con un feedback continuo che tramite le televisioni normali non può avvenire.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al Presidente di Confindustria Radio Televisioni per la replica.

  RODOLFO DE LAURENTIIS, Presidente di Confindustria Radio Televisioni. Farò soltanto alcune riflessioni.
  Siamo impegnati insieme ad Agcom per definire una campagna di sensibilizzazione sul tema del diritto d'autore. Il 14 luglio sarà presentata la prima griglia di proposte che il Comitato per la tutela dovrà varare. Siamo tra quelli che sostengono di più le attività di sensibilizzazione e per questo facevo riferimento allo studente che non ha contezza del danno che indirettamente produce con le sue singole azioni.
  Si parlava di contrapposizione, ma voglio essere assolutamente chiaro e netto. Il mercato è unico e non lo diciamo noi. Lo dicono l'Unione europea e tutti quanti ormai. La convergenza sul mercato unico dei contenuti è evidente. Se il mercato è unico, allora devono vigere le stesse regole, le stesse condizioni di accesso e di capacità di competere per tutti. Non ci può essere una asimmetria con oneri tutti a carico di una parte. Questo squilibra sia il sistema sia il mercato e pone un problema di prospettiva.
  Stiamo parlando di soggetti che hanno una capacità economica fortissima. Il fatturato di Apple è 170 miliardi di dollari; la sua capitalizzazione in borsa vale metà di tutta la Borsa italiana. Google ha un fatturato di 60 milioni di dollari. All'interno dei Paesi dove originano questi ricavi, però, riportano poco o niente in termini di occupazione o di pagamento delle tasse.
  È uno squilibrio e il problema, secondo me, sta in un Paese che deve definire le regole per fare sì che tutti possano competere con la propria capacità, la propria innovazione, le proprie idee e il proprio sentiment anche rispetto a un quadro di principi. È impossibile pensare che si possa continuare a sviluppare un mercato dove una parte degli operatori è soggetto a vincoli che derivano dalla pubblicità, dalle quote di produzione, dalla caratterizzazione fiscale, dalla par condicio, dal rispetto del pluralismo e quant'altro mentre altri non hanno alcun tipo di vincolo.
  Dal SIC si evincono i limiti antitrust che valgono per gli operatori cosiddetti tradizionali e non valgono per gli altri. Io credo che sia un problema del Paese. Gli operatori devono avere piena libertà di movimento nel rispetto dei principi fondamentali, ma al tempo stesso devono rispettare delle regole basilari.
  Credo anch'io che l'Europa sia il fronte per discutere di web tax e mi auguro che il semestre europeo a trazione italiana sia l'occasione per introdurre alcuni elementi. Pag. 12Anche in questo caso si tratta del rispetto di quei principi di equità fiscale che oggi mi sembra siano completamente aggirati.
  Per le tv locali credo ci sia bisogno di un intervento normativo più ampio, che introduca degli elementi di razionalizzazione che sostengano le aziende in grado di fare informazione, di dare occupazione e voce ai territori con qualità e capacità. Oggi mi sembra che questo sia ancora in corso e non vorrei che questa fase di razionalizzazione venisse affidata al mercato senza un quadro normativo e regolamentare adeguato a sostenere il passaggio verso la crescita dimensionale e qualitativa delle aziende.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente De Laurentiis, che terremo informato sui nostri lavori. Dichiaro, quindi, conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.15.