XVII Legislatura

VIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Mercoledì 18 ottobre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Realacci Ermete , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'EMERGENZA IDRICA E SULLE MISURE NECESSARIE PER AFFRONTARLA

Audizione di rappresentanti di A2A Spa, Acquedotto Pugliese, Alto Calore Servizi Spa, Società Metropolitana Acque Torino Spa (SMAT), Acquedotto Lucano, Acqua Bene Comune di Napoli Azienda Speciale, Marche Multiservizi Spa e Umbra Acque Spa.
Realacci Ermete , Presidente ... 3 
Montagnoli Tullio , Amministratore Delegato A2A Spa ... 3 
Realacci Ermete , Presidente ... 5 
De Sanctis Nicola , Presidente Acquedotto Pugliese ... 5 
Realacci Ermete , Presidente ... 7 
De Stefano Raffaello , Presidente Alto Calore Servizi Spa ... 7 
Realacci Ermete , Presidente ... 8 
De Stefano Raffaello , Presidente Alto Calore Servizi Spa ... 8 
Realacci Ermete , Presidente ... 10 
De Stefano Raffaello , Presidente Alto Calore Servizi Spa ... 10 
Realacci Ermete , Presidente ... 10 
Borghi Enrico (PD)  ... 10 
Realacci Ermete , Presidente ... 10 
Romano Paolo , Presidente Società Metropolitana Acque Torino Spa (SMAT) ... 10 
Realacci Ermete , Presidente ... 11 
Romano Paolo , Presidente Società Metropolitana Acque Torino Spa (SMAT) ... 11 
Realacci Ermete , Presidente ... 12 
Romano Paolo , Presidente Società Metropolitana Acque Torino Spa (SMAT) ... 12 
Realacci Ermete , Presidente ... 12 
Romano Paolo , Presidente Società Metropolitana Acque Torino Spa (SMAT) ... 12 
Realacci Ermete , Presidente ... 12 
Brienza Rosanna , Dirigente Area Operativa Acquedotto Lucano ... 12 
Realacci Ermete , Presidente ... 13 
Pennarola Alfredo , Direttore generale Acqua Bene Comune di Napoli Azienda Speciale ... 13 
Realacci Ermete , Presidente ... 15 
Tiviroli Mauro , Amministratore Delegato Marche Multiservizi Spa ... 15 
Realacci Ermete , Presidente ... 17 
Romano Paolo , Presidente Società Metropolitana Acque Torino Spa (SMAT) ... 17 
Realacci Ermete , Presidente ... 17 
Romano Paolo , Presidente Società Metropolitana Acque Torino Spa (SMAT) ... 17 
Realacci Ermete , Presidente ... 17 
Carini Gianluca , Presidente Umbra Acque Spa ... 17 
Realacci Ermete , Presidente ... 18 
Pennarola Alfredo , Direttore generale Acqua Bene Comune di Napoli Azienda Speciale ... 18 
De Stefano Raffaello , Presidente Alto Calore Servizi Spa ... 18 
Tiviroli Mauro , Amministratore Delegato Marche Multiservizi Spa ... 18 
Realacci Ermete , Presidente ... 18 
Mariani Raffaella (PD)  ... 18 
Realacci Ermete , Presidente ... 19 
Mariani Raffaella (PD)  ... 19 
Iannuzzi Tino (PD)  ... 19 
Daga Federica (M5S)  ... 20 
Pellegrino Serena , Presidente ... 20 
De Sanctis Nicola , Presidente Acquedotto Pugliese ... 20 
Pellegrino Serena , Presidente ... 20 
De Sanctis Nicola , Presidente Acquedotto Pugliese ... 20 
Romano Paolo , Presidente Società Metropolitana Acque Torino Spa (SMAT) ... 22 
Tiviroli Mauro , Amministratore Delegato Marche Multiservizi Spa ... 22 
Pellegrino Serena , Presidente ... 24 
De Stefano Raffaello , Presidente Alto Calore Servizi Spa ... 24 
Carini Gianluca , Presidente Umbra Acque Spa ... 25 
Pellegrino Serena , Presidente ... 26 

Allegato 1: Documentazione depositata dai rappresentanti di A2A Spa ... 27 

Allegato 2: Documentazione depositata dai rappresentanti di Acquedotto Pugliese ... 34 

Allegato 3: Documentazione depositata dai rappresentanti di Alto Calore Servizi SpA ... 43 

Allegato 4: Documentazione depositata dai rappresentanti della Società Metropolitana Acque Torino Spa (SMAT) ... 57 

Allegato 5: Documentazione depositata dai rappresentanti di Acquedotto Lucano ... 62 

Allegato 6: Documentazione depositata dai rappresentanti di Acqua Bene Comune di Napoli Azienda Speciale ... 67 

Allegato 7: Documentazione depositata dai rappresentanti di Marche Multiservizi Spa ... 74 

Allegato 8: Documentazione depositata dai rappresentanti di Umbra Acque Spa ... 83

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Civici e Innovatori PER l'Italia: Misto-CIpI;
Misto-Direzione Italia: Misto-DI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI-Liberali: Misto-FARE!PRIL;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI) - Indipendenti: Misto-PSI-PLI-I.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERMETE REALACCI

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv.

Audizione di rappresentanti di A2A Spa, Acquedotto Pugliese, Alto Calore Servizi Spa, Società Metropolitana Acque Torino Spa (SMAT), Acquedotto Lucano, Acqua Bene Comune di Napoli Azienda Speciale, Marche Multiservizi Spa e Umbra Acque Spa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'emergenza idrica e sulle misure necessarie per affrontarla, l'audizione di rappresentanti di A2A Spa, Acquedotto Pugliese, Alto Calore Servizi Spa, Società Metropolitana Acque Torino Spa (SMAT), Acquedotto Lucano, Acqua Bene Comune di Napoli Azienda Speciale, Marche Multiservizi Spa e Umbra Acque Spa.
  Ringrazio tutti i soggetti auditi. Vi chiedo scusa perché, anche se abbiamo due ore di tempo – il che non è poco – essendo tanti i soggetti che hanno chiesto di essere auditi, abbiamo dovuto concentrarvi.
  È molto importante che ci facciate avere dei documenti da distribuire ai colleghi che non sono presenti e da mettere a disposizione anche delle altre Commissioni.
  Tenuto conto che siete in otto, direi che ci sono tra i cinque e i sette minuti a testa, quindi evitate di dirci chi siete e dove siete domiciliati e concentratevi, come al Parlamento europeo, su qual è il segnale che ci volete dare rispetto a questo tema.
  Parlerà un soggetto per ogni rappresentanza audita, quindi è inutile che diciate «continuerà l'intervento il mio collega» perché ciò non sarà possibile.
  Do la parola all'amministratore delegato di A2A Spa, Tullio Montagnoli.

  TULLIO MONTAGNOLI, Amministratore Delegato A2A Spa. Buongiorno a tutti. Innanzitutto, ringrazio per la possibilità di evidenziare le problematiche dal nostro punto di vista.
  L'A2A Ciclo Idrico è un'azienda, non delle più grandi del settore, che gestisce il ciclo idrico nel comune di Brescia e in una settantina di comuni della provincia. In più, c'è anche una società controllata, che gestisce la provincia di Varese.
  Considerato il tempo limitato, cercherò di andare subito al dunque.
  Noi abbiamo interpretato la crisi idrica in modo abbastanza ampio: c'è un aspetto relativo alla siccità, un aspetto relativo alle alluvioni e un aspetto relativo all'efficienza nel funzionamento degli impianti di depurazione.
  Avrete sentito già tanti altri a riguardo. C'è un modo diverso di interpretare, a nostro avviso, la progettazione nel settore idrico: siamo passati da fonti che coprivano i fabbisogni giornalieri a fonti che non li coprono più, quindi ci sarà la necessità di rivedere questi aspetti, ripensando agli invasi stagionali e, in particolare per il nostro territorio formato da una città grande e tanti nuclei piccoli, alle interconnessioni intercomunali, che tante volte sono mancate e che possono permettere il mutuo soccorso tra zone che risentano della siccità in momenti diversi. Pag. 4
  Abbiamo ipotizzato un focus su due aspetti fondamentali del settore, di cui uno è il riutilizzo delle acque e l'altro è l'applicazione dello smart water.
  Per quanto riguarda il primo aspetto, riteniamo che una delle azioni da intraprendere sia quella di promuovere il riutilizzo delle acque depurate. Ormai ci sono sistemi di depurazione molto efficienti, però il riutilizzo, sia in agricoltura sia nel settore industriale oppure a livello urbano, per l'irrigazione dei campi sportivi o delle aiuole e per una serie di aspetti di questo tipo, è poco incentivato.
  Non credo che la soluzione sia nelle reti duali, che comportano il problema di ristrutturare tutte le reti acquedottistiche comunali; invece, quello degli interventi finalizzati su utenze particolari, quindi per l'utilizzo dell'acqua nei termini descritti, è uno degli aspetti che dovrebbero essere incentivati.
  L'Unione europea si sta muovendo su quest'aspetto e le aziende come la nostra partecipano con EurEau ai tavoli europei, però bisognerebbe adottare regolamenti comuni, in modo tale che, a livello commerciale, per esempio, il prodotto agricolo irrigato con acqua di riutilizzo non venga penalizzato per motivi legati alla sicurezza o anche ad aspetti sociali, che potrebbero dissuadere chi vuole utilizzare queste acque.
  Il messaggio sul riutilizzo è: cercare, anche a livello europeo, di predisporre regolamenti comuni e incentivare utilizzi mirati delle acque di depurazione.
  L'altro aspetto è legato allo smart water. Rispetto al settore del gas e a quello elettrico, anch'essi regolati, il ciclo idrico risente di uno sviluppo che, per tanti anni, non è stato in mano ad aziende industrializzate. Tante volte, gli acquedotti e le fognature sono cresciuti nei comuni con piccoli appalti all'idraulico comunale perché non abbiamo in gestione soltanto le città, ma anche tantissimi altri comuni, quindi gli impianti risentono di costruzioni eseguite anche da personale non particolarmente attrezzato e non particolarmente affidabile. Oggi, ne stiamo pagando le conseguenze con tubazioni obsolete, che spesso si rompono.
  Quello che è necessario a nostro avviso è passare, utilizzando, tra l'altro, le infrastrutture già realizzate per il gas e l'energia elettrica nella telelettura, a implementare quelle che chiamiamo «reti di smart water», vale a dire a mettere in piedi un sistema di monitoraggio.
  Tale monitoraggio non si deve fermare alla telelettura, che è fondamentale per il bilancio idrico e la ricerca delle perdite allo scopo di limitare lo spreco della risorsa idrica, ma deve servire anche al controllo in tempo reale delle alluvioni, come stiamo facendo in un progetto di sviluppo su Brescia. Quindi devono essere previsti: il trattamento del dato derivante dal meteo con pluviometri per vedere dove si sta spostando il temporale, le misure sulle reti fognarie e l'indirizzamento con appositi organi delle onde di piena verso spazi che possono essere allagati.
  In più, mi rifaccio a quello che è secondo noi il terzo aspetto del problema della crisi idrica: l'efficienza degli impianti di depurazione. Anche in quel caso, stiamo implementando centrali di monitoraggio. A noi è già capitato più volte di avere impianti avvelenati da scarichi anomali e da scarichi abusivi, quindi, anche su quest'aspetto, i controlli online della qualità dell'effluente con marker che danno l'allarme permettono di gestire al meglio le problematiche che, qualora non venissero affrontate, porterebbero all'inefficienza, per settimane o mesi, degli impianti di depurazione.
  Per concludere, visto il tempo a disposizione, vorrei sottolineare che ci sono sicuramente le infrastrutture già sviluppate per l'invio e la raccolta dei segnali, ma bisogna implementare nuovi dati. Mi riferisco a misure sugli acquedotti non soltanto in termini di portate, ma anche di pressioni e di suono per cercare le perdite, a misure di controllo del livello sulle fognature nonché, per esempio, all'attivazione degli scaricatori di piena in tempo asciutto. Per esempio, questo è un elemento che l'autorità sta mettendo in campo con indicatori di livello qualitativo. Infine, Pag. 5mi riferisco allo sviluppo di software che permettano una gestione intelligente del servizio idrico.
  Soltanto in questo modo, a nostro avviso, possiamo arrivare anche in Italia ad avere un servizio dignitoso, al pari di altri servizi industriali già gestiti a livello di autorità.
  Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio anche per l'efficacia nel rispetto dei tempi.
  Dico subito che – vale anche per gli altri – sono emersi due problemi nel corso di audizioni precedenti e che uno di questi è stato appena sollevato. Mi riferisco ai limiti anche dal punto di vista normativo al riutilizzo delle acque di depurazione per uso agricolo, laddove abbiamo standard diversi da quelli di altri Paesi europei: è una questione che va sicuramente affrontata, perché c'è un grande spreco di acqua in agricoltura e il riutilizzo sarebbe di aiuto.
  C'è un secondo problema, che la Commissione ha sollevato – lo dico a tutti voi – durante l'audizione dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico: studiare meccanismi tariffari che premino il risparmio idrico.
  Attualmente ci sono meccanismi tariffari che remunerano in qualche maniera gli investimenti, ma non remunerano il risparmio idrico, il che, come sappiamo, è un problema enorme. Tendenzialmente si dovrebbe fare il contrario. Pertanto, si trovi almeno la maniera per farlo.
  Peraltro, abbiamo visto, sulla base di quanto ci ha detto Acea a distanza di pochissimi mesi, che una serie di azioni spinte di verifiche e manutenzione hanno portato, in una situazione sicuramente molto grave, che, come si suol dire, ha contribuito a incentivare gli interventi, a diminuire di un 6-7 per cento le dispersioni. Questa cifra è ancora bassa rispetto alle esperienze migliori del nostro Paese, però è molto interessante. Significa che si può fare e che si può fare anche di più, però si pone il problema di un'organizzazione tariffaria che favorisca una buona gestione piuttosto che il solo intervento sulle opere.
  Do la parola, per l'Acquedotto Pugliese, al presidente Nicola De Sanctis.

  NICOLA DE SANCTIS, Presidente Acquedotto Pugliese. Sarò breve e farò riferimento rapidamente alle slide (vedi allegato 2), senza soffermarmi.
  L'Acquedotto Pugliese è un'azienda che serve tutto il territorio della Puglia, con 4 milioni di clienti. Si tratta di un'azienda assolutamente importante nelle regioni meridionali d'Italia, che serve 4 milioni di abitanti, quindi un milione di utenze. Abbiamo 40.000 chilometri di rete, di cui 25.000 chilometri di reti di distribuzione e 15.000 di sistema fognario. Distribuiamo 520 milioni di metri cubi di acqua, com'è evidenziato nella prima slide, provenienti da varie fonti, che poi vedremo meglio, e investiamo circa 170 milioni di euro all'anno.
  Segnalo una caratteristica del sistema: siamo particolarmente energivori perché consumiamo 540 gigawattora. Il motivo per cui siamo un consumatore eccellente di elettricità, come vediamo nella seconda slide, è che abbiamo un sistema di adduzione per portare l'acqua in Puglia da altre regioni particolarmente esteso e ramificato.
  Non abbiamo acqua in Puglia e la portiamo da sei schemi di grande adduzione, che sono elencati e rappresentati nella seconda slide: Sele-Calore; Pertusillo; Sinni; Fortore; Locone; Ofanto. L'acqua arriva quindi, con un sistema molto importante, da centinaia di chilometri di distanza.
  Questo è molto significativo anche nella gestione dell'emergenza idrica perché, come vediamo nella parte bassa della terza slide, dei 525 milioni di metri cubi di acqua, di cui ci approvvigioniamo per i nostri fabbisogni e per le nostre distribuzioni, ne importiamo 437 milioni: li importiamo praticamente tutti e ne esportiamo zero.
  Da dove li importiamo? Ne importiamo dalla Basilicata per il 40 per cento, dal Molise per il 12 per cento e dalla Campania per il 31 per cento. Gli effetti dell'emergenza idrica in Puglia sono tutti derivati da quello che succede in altre regioni, quindi ne parleranno gli altri colleghi.
  Per gestire questo complesso sistema di adduzione e di invasi, di sorgenti e di pozzi con cui ci alimentiamo, abbiamo sviluppato nel tempo (e ancora adesso siamo impegnati Pag. 6 a farlo) degli strumenti previsionali, di supporto e decisionali molto importanti e sofisticati con l'ausilio delle università.
  In particolare, ne abbiamo sviluppati tre: il primo – sviluppato in proprio – è il modello di previsione della disponibilità idrica, con il quale cerchiamo di valutare, per i vari punti da cui ci approvvigioniamo, la probabilità che ci sia presenza di acqua nelle quantità e nei periodi richiesti; il secondo è il modello di gestione di tutto il sistema idraulico, che ci aiuta a capire come meglio possiamo portare l'acqua da quei punti e da quelle sorgenti a noi; il terzo è un sistema previsionale per la gestione dei costi, quindi, per ridurre gli impatti economici associati ai flussi dell'acqua, con particolare riguardo per il costo energetico.
  Tali strumenti sono stati particolarmente preziosi in questo periodo, anche per capire, sulla base delle previsioni a disposizione per ogni singola fonte, da dove meglio approvvigionare per avere maggiore quantità di acqua per il futuro.
  Passando adesso alle criticità della disponibilità idrica, dobbiamo distinguere il tema delle sorgenti da quello degli invasi.
  Sulla destra della quinta slide, vediamo che tutte le fonti da cui attingiamo, con rarissime eccezioni, a ottobre 2017 mostrano valori (si parla per le sorgenti di litri al secondo e per gli invasi di metri cubi) nettamente inferiori al valore medio degli ultimi dieci anni, quindi siamo, di fatto, in una situazione assolutamente non normale e non routinaria, ma di deficit significativo della risorsa idrica.
  In sintesi, stiamo parlando del fatto che gli invasi oggi hanno circa il 50 per cento di acqua in meno rispetto a quanta ne avessero avuto in media negli ultimi dieci anni; per le sorgenti si registra un terzo di acqua in meno.
  In questo caso, stiamo parlando di volumi davvero significativi. Devo anche dire che il sistema degli invasi è fortemente condizionato dagli altri usi perché, mentre le sorgenti sono destinate evidentemente all'uso potabile, gli invasi servono anche il sistema irriguo o, talvolta, il sistema energetico – perché ci sono anche centrali elettriche in funzione che fanno bypassare l'acqua per i nostri usi – o anche il sistema industriale.
  Credo che il problema sia noto a tutti, ma è di grande importanza, anche per le settimane e i mesi che ci aspettano, come quest'acqua potrà e dovrà essere distribuita.
  Tenuto conto appunto dei sistemi previsionali di cui vi dicevo e tenuto conto anche dei livelli attesi di piovosità, abbiamo sviluppato due ipotesi.
  La prima ipotesi illustrata a sinistra nella sesta slide è molto chiara: si tratta dell'ipotesi in cui la piovosità si mantenga come adesso, cioè pari a zero e senza piogge particolari. Nella parte in basso a sinistra, c'è una linea pressoché orizzontale blu, che rappresenta la domanda, mentre quella più chiara rappresenta la disponibilità di acqua.
  Come si vede dalla slide, a partire da marzo 2018, con questa ipotesi di piovosità, il volume disponibile diventerà insufficiente a garantire la domanda idropotabile, anche a fronte di una riduzione dell'erogato. Lo diciamo perché già nella linea orizzontale, in questo scenario, abbiamo ipotizzato comunque di attivare tutta una serie di azioni, come già abbiamo fatto e maggiormente pensiamo di fare da novembre, e di aumentare di volta in volta le restrizioni, man mano che ci avvicineremo a una crisi. Da marzo, saremo in una condizione per cui alcuni comuni non potranno più essere serviti.
  L'azzeramento degli invasi principali del Sinni e del Pertusillo determinerà la possibilità di erogare soltanto il 50 per cento del fabbisogno idropotabile, a circa 4 milioni di utenti, quindi si erogherà meno e non a tutti, a partire da marzo prossimo, da quando l'emergenza sarà piena.
  Nella parte destra della slide, abbiamo sviluppato il caso in cui ci sia un evento cosiddetto «P10», cioè una piovosità media di un decennio, quindi un caso possibile.
  In questo caso, come vedete, siamo a ottobre e troviamo al minimo la curva di disponibilità, ma, se comincia a piovere, risaliamo e non intacchiamo i fabbisogni; quindi, a questo punto, potremmo soddisfare Pag. 7 l'interezza della domanda. E il tema sarà: riusciremo a riportare i bacini a livello storico? Lo chiediamo perché, come vedete nella slide, il livello storico partiva da quota 400 mentre, pur risalendo, arriveremmo a 200: quindi la stagione partirà comunque con un deficit rispetto all'anno precedente, anche se non andremo in crisi.
  Adesso, a prescindere da quale di questi scenari si dovesse verificare, ci dobbiamo e ci vogliamo attrezzare per lo scenario di sinistra, vale a dire per quello meno probabile.
  Come ci attrezziamo? Abbiamo fatto delle ipotesi e stiamo già lavorando in perfetta intesa con le istituzioni, in particolare con il governo regionale e con l'autorità idrica pugliese. C'è un team per l'emergenza idrica che si riunisce settimanalmente. Abbiamo fatto tutta una serie di azioni per il contenimento delle perdite (tema importante, che ci porta lontano) e stiamo progressivamente riattivando tutta una serie di pozzi, cosa che, in una situazione di disponibilità di acqua, non faremmo.
  Abbiamo già cominciato la regolazione in diminuzione delle pressioni idriche nel territorio e, come vi dicevo, dal primo novembre contiamo di portarci a mezza atmosfera, stando ancora dentro i livelli del regolamento del servizio, ma evidentemente causando problemi in alcuni punti, in particolare ai piani alti.
  Stiamo cercando anche di riattivare alcuni invasi del passato non più usati, facendo degli investimenti. In particolare, stiamo intervenendo su due invasi, quello di San Giuliano e quello di Cogliandrino – sui quali adesso non entro nel merito – in modo tale che anche invasi non più utilizzati possano, in caso di emergenza, fornire il loro quantitativo di acqua.
  Stiamo ipotizzando alcune strutture emergenziali: se e quando gli invasi raggiungeranno un livello così basso da non poter pescare l'acqua direttamente dalle opere di presa, ipotizziamo di inserire delle zattere e dei sistemi di pompaggio, in modo tale che anche l'acqua bassa di questi invasi possa essere resa disponibile per la parte irrigua. Abbiamo già fatto una serie di azioni di pianificazione per realizzarli.
  Accanto a queste, c'è un'azione di comunicazione rilevantissima. È evidente che l'acqua è una risorsa importantissima, strategica e scarsa, quindi è una risorsa preziosa. Questo dovrebbe essere sempre più comunicato, perché credo che sia un tema molto forte.
  Anche quest'anno, abbiamo visto quale sia stato l'utilizzo dell'acqua in molte regioni durante il periodo estivo, per cui una maggiore attenzione forse sarebbe stata necessaria.
  È in corso una campagna di informazione e di educazione al corretto uso della risorsa, oltre al potenziamento dei canali di contatto e alle ordinanze sindacali. Abbiamo fatto campagne con volantini e abbiamo scritto a tutti i sindaci più volte. Ci siamo attivati estensivamente nella comunicazione: c'è un piano di comunicazione, ma anche un piano di investimenti sulla comunicazione, che, in questo periodo, è particolarmente significativo.
  Poi, c'è il tema delle istituzioni. Già nei tavoli istituzionali, a partire dal mese di aprile, grazie alle previsioni che avevamo potuto fare, abbiamo indicato le possibili conseguenze, per cui a maggio abbiamo cominciato a scrivere, quindi anche con le istituzioni abbiamo fatto la nostra opera.
  Ho concluso.

  PRESIDENTE. Grazie. Dei bacini, casomai, parliamo in seguito.
  So che c'è qualche bacino non utilizzato, come ho sentito all'assemblea dell'Associazione nazionale delle bonifiche, delle irrigazioni e dei miglioramenti fondiari (ANBI) l'altro giorno. Si segnalava che in qualche bacino pugliese non arriva l'acqua.
  Do la parola al presidente di Alto Calore Servizi Spa.

  RAFFAELLO DE STEFANO, Presidente Alto Calore Servizi Spa. Ringrazio molto la Commissione e, in particolare, il presidente per l'audizione.
  Cercherò di corrispondere alla richiesta dell'onorevole Realacci di concentrarci in questa sede sul messaggio più importante Pag. 8perché l'audizione non diventi una ritualità.
  L'Alto Calore Servizi è un'azienda che eroga il servizio ad Avellino e Benevento, le due province interne della Campania, con 425.000 abitanti serviti, pari quindi alla decima parte di quelli serviti da Acquedotto Pugliese. Tuttavia, Alto Calore Servizi ha 7.000 chilometri di reti, il 30 per cento dei propri ricavi che va a coprire i costi energetici e, soprattutto, un'infinità di piccoli comuni. Ricordo che l'onorevole Realacci è stato uno degli artefici e dei sostenitori – non da oggi ma da sempre – della legge per la valorizzazione dei piccoli comuni.
  Uno dei temi fondamentali che a me piacerebbe lasciare qui e che ribadirò alla fine del mio intervento è la perequazione tra il territorio, che ha necessità di avere l'acqua anche nella casa più lontana della campagna, e le grandi aree metropolitane nonché quelle industriali.
  Per quanto ci riguarda, siamo l'esatto opposto rispetto al caso pugliese: pur avendo la conformazione territoriale descritta, siamo ricchissimi di acqua; nonostante ciò, la Puglia – ne ha parlato poco fa il mio collega De Sanctis – vedrà l'inaugurazione della diga di Conza, grazie ad un accordo che oggi è stato possibile, considerato che tra Acquedotto Pugliese e Alto Calore Servizi ci sono sempre stati scontri negli anni, come forse i parlamentari presenti Iannuzzi, Borghi (per altre ragioni) e Valiante sanno.
  Abbiamo inaugurato una fase di collaborazione. E va detto che il Ministro Delrio verrà, il 24 ottobre, a inaugurare l'ultimo diaframma della galleria Pavoncelli.

  PRESIDENTE. Non ci posso credere!

  RAFFAELLO DE STEFANO, Presidente Alto Calore Servizi Spa. Abbiamo fatto degli investimenti, anche se si è trattato, per carità, prevalentemente di finanziamenti pubblici che ne hanno consentito progettazione e realizzazione. È stato creato anche un salto per la produzione di energia idroelettrica ed è stato aperto il potabilizzatore di Conza. Solo grazie ai 1.600 litri al secondo – il volume è parecchio e, forse, 1.000 sono quelli che attualmente vanno verso la Puglia – è stata evitata la crisi idrica pugliese, che, invece, noi abbiamo sofferto.
  Come si deve fare per andare avanti? La mia azienda, negli anni, come sa l'onorevole D'Agostino che è delle mie parti, è stato feudo-clientelare, quindi sono state fatte grandi assunzioni. L'ho ereditata con 120 milioni di euro di debiti e c'è anche stato uno sdoppiamento dodici anni fa.
  C'è, quindi, una condizione drammatica: noi che siamo la terra dell'acqua oggi paghiamo la tariffa più alta della regione Campania.
  Potremmo definire in questa sede la regione Campania come un case study negativo: ci sono depuratori che non funzionano, eppure il mare più bello del mondo, opere praticamente inutili su tutto il territorio e, adesso, ci ritroviamo, ultima regione in Italia, ad avere una legge che regolamenta le risorse idriche perché, per la prima volta, c'è l'ente idrico campano, che è stato istituito da qualche mese.
  L'Irpinia è la terra dell'acqua: oltre che alla Puglia, dà l'acqua anche a Napoli. Qui, vedo presenti i colleghi della Acqua Bene Comune. I romani inventarono l'acquedotto a gravità, che dalle sorgenti di Serino – si tratta di monumenti bellissimi e il FAI ne ha fatto patrimonio dell'umanità – arrivano fino a Capo Miseno, nella Piscina Mirabilis di Bacoli. I pugliesi vennero a vedere l'opera dei romani e inventarono un sistema che, da Caposele e dalle altre scaturigini montuose, faceva gravitare l'acqua verso la Puglia.
  Oggi, però, ci sono chilometri e chilometri di reti. Ne parlavo prima: ci sono 7.000 chilometri di reti. Nel nostro territorio, c'è la più grande perdita della regione Campania perché chi ha l'acqua non investe e non fa le azioni giuste.
  Ci troviamo in difficoltà dal punto di vista dell'approvvigionamento, anche perché, da venti o forse trent'anni, non si rinnovano i nostri impianti di sollevamento, e mai nessuno ha pensato che le nostre montagne potevano essere sfruttate anche per il mini idroelettrico. Pag. 9
  Per quanto riguarda la nostra terra, non possiamo continuare in questo modo. Abbiamo avuto un'estate con il 41 per cento di piovosità e siamo stati i primi al tavolo regionale – perché abbiamo le stazioni meteo-climatiche – a parlare di quanti millimetri di pioggia in meno si registravano già nel mese di maggio, prevedendo tutto quello che poi è successo.
  Per primi, abbiamo detto che le sorgenti calavano. Ci sono sorgenti che si ricaricano rapidamente, come quella di Cassano Irpino: è l'altra grande idea che abbiamo avuto quest'estate. In qualche intervista, ho detto che l'Acquedotto Pugliese nel nostro territorio era come Fort Knox: da qualche mese, posso entrare in quello che è un loro gioiello. Sono state fatte opere importanti sulla mia terra, però noi disponevamo di 600 litri al secondo e loro ne avevano 2.400 che andavano verso la Puglia.
  In questo momento, c'è un fatto paradossale: Avellino e Benevento sono le due realtà della Campania che più hanno sofferto l'emergenza idrica, anche perché è difficile servire i piccoli comuni a causa della condizione orografica e i serbatoi sono disseminati su tutto il territorio.
  Abbiamo messo in campo azioni importanti, anche d'intesa con la regione, ma, a mio parere, troppo tardi considerato che sono state avviate in estate, quindi ben 70 comuni hanno sofferto le chiusure.
  Pensate che cosa possa significare, dalle 21 alle 6, non avere l'acqua.
  In questi giorni, c'è il problema delle sorgenti di Montella, che fornivano fino a 230 litri al secondo. L'acquedotto portava l'acqua da lì verso il serbatoio di Cassano Irpino, che alimenta 90 comuni dell'Alta Irpinia, fino al capoluogo.
  Oggi, quelle sorgenti non alimentano nemmeno il paese, quindi questo significa che in Campania si deve mettere mano a una perequazione, che ritengo – e guardo gli amici di Acqua Bene Comune presenti – debba essere necessariamente a carico delle aree metropolitane.
  Noi paghiamo la tariffa più alta considerato che a Napoli si paga praticamente la metà di quello che si paga ad Avellino per l'acqua; ciò significa che oggi, come ha detto prima il presidente, per il principio di chi inquina paga, c'è il problema delle aree di salvaguardia: se l'impianto di depurazione del Sabato o del Serino non è a posto, l'acqua che va a Napoli e che va in Puglia risente dell'inquinamento.
  Nel rivolgermi a Iannuzzi, vorrei ricordare che il problema del tetracloroetilene presente a Montoro dal 2014 è stato risolto con gli impianti a carboni attivi soltanto quest'anno, quindi questo significa che non ci si è mai occupati delle problematiche sui territori, paradossalmente. Diciamo la verità: chi è ricco di qualcosa non ne ha la stessa cura.
  Concludo dicendo che mi auguro – già qualcuno me l'ha anticipato – che il Governo verrà con enfasi all'inaugurazione. Il Ministro Delrio verrà sia all'inaugurazione dell'opera di Conza che a quella di Caposele. Ovviamente sono due opere bellissime e modernissime, però sono stati investiti 150 milioni di euro da una parte e 50 milioni di euro dall'altra e nemmeno un litro d'acqua al secondo va a beneficio della terra irpina.
  Penso che da questa Commissione debba nascere anche una proposta al Governo per avere il ristoro necessario.
  Pensate a quello che prevedeva la cosiddetta legge Galli, la n. 36 del 1994, che l'onorevole Realacci ricorderà, e anche a quello che prevede l'attuale decreto legislativo n. 152 del 2006: mi riferisco al ristoro che deve andare a beneficio degli enti che hanno la gestione delle aree sensibili e delle aree di salvaguardia.
  Dobbiamo mettere in campo tutto ciò. Da parte nostra, come gestori, per le condizioni che dicevo prima, abbiamo messo in campo opere minime rispetto alle necessità. Tuttavia, insieme alla regione Campania, dobbiamo fare un ragionamento che deve riguardare anche le altre regioni meridionali – vedo che sono presenti anche i rappresentanti di Acquedotto Lucano – perché non siamo come il resto del Paese, dove le reti e le infrastrutture sono regionali, prevalentemente.
  Da noi, le opere più importanti sono state fatte dalla Cassa del Mezzogiorno. In effetti, le reti interregionali sono della Cassa, Pag. 10le grandi adduzioni sono della Cassa, gli impianti di sollevamento sono della Cassa; quindi o si ragiona, nel sud, guardando allo sviluppo del territorio in maniera serena e interregionale o, altrimenti, il sud non si salva perché le nostre condizioni di partenza sono molto diverse da quelle del resto d'Italia.
  Credo di voler lasciare questo messaggio: le zone interne e i piccoli comuni hanno lo stesso diritto di tutti gli altri.

  PRESIDENTE. Grazie. Ciò che ha detto nella sua sintesi è contenuto anche nel documento che ci avete consegnato?

  RAFFAELLO DE STEFANO, Presidente Alto Calore Servizi Spa. Ci sono anche i dati...

  PRESIDENTE. Anche i dati sono utilissimi e a noi servono, anche perché, poi, la collega Mariani dovrà tirare le fila di questa vicenda.
  Peraltro, in parte, il problema che è stato posto incrocia anche – mi rivolgo al collega Enrico Borghi – il tema dei servizi ecosistemici...

  ENRICO BORGHI. Assolutamente!

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente della Società Metropolitana Acque Torino Spa, nota a questa Commissione.

  PAOLO ROMANO, Presidente Società Metropolitana Acque Torino Spa (SMAT). Grazie, presidente. Buon pomeriggio a tutti.
  Ci siamo permessi di inviare, già ieri, una prima nota, che adesso cerchiamo di approfondire, dettagliandola con qualche slide (vedi allegato 4).
  La nostra società gestisce il servizio idrico integrato a favore dell'Area Metropolitana Torinese, pari a metà della regione Piemonte con oltre 2,2 milioni di abitanti, distribuiti in 292 comuni.
  Per corrispondere alla richiesta della Commissione, abbiamo cercato di riportare i dati e alcuni elementi relativi al trend di quella che voi avete chiamato «emergenza idrica» e che noi chiameremo tendenzialmente «allerta idrica» perché nella regione Piemonte e nella città metropolitana le fonti idriche sono abbondanti e significative, anche se non distribuite allo stesso modo in tutto il territorio, quindi bisogna verificare dove effettivamente siano presenti situazioni di difficoltà.
  A fronte di un 99 per cento di popolazione servita, c'è una suddivisione in termini di area montana, di area pedemontana e di area di pianura. Normalmente il sistema vede un numero di comuni tendenzialmente paritario, perché ce ne sono 107 nell'area montana, 103 nella pedemontana e 96 nella pianura, ma è chiaro che in pianura si trovano le città più significative, non soltanto Torino, ma anche Rivoli, Moncalieri e quant'altro.
  È logico che questo sistema ci porti ad analizzare tre tipi di fonti: le fonti montane superficiali, i corsi d'acqua superficiali e i pozzi, che, come qualcuno può vedere dalla slide, sono abbastanza distribuiti e numericamente significativi. A fronte di ciò ci troviamo oggi con l'area montana che sperimenta forme di mancanza idrica. Oggi, parliamo di tredici comuni, ma in allerta ne abbiamo altri 35, quindi arriveremmo a 48 comuni.
  Questo significa che stiamo parlando di una popolazione che, in totale, ammonta probabilmente a 100.000 abitanti, per cui, in modo un po’ improprio – visto che, di norma, dalla montagna l'acqua arriva alla pianura – adesso, dalla pianura, riportiamo l'acqua in montagna. È chiaro che i serbatoi ci sono, per cui bisogna disporre delle autobotti per portare l'acqua direttamente alle reti esistenti.
  Questa è la situazione. Poi, ci sono alcuni elementi relativi al trend particolare di questo periodo molto siccitoso.
  Fa molto piacere avere l'anticiclone delle Azzorre perché le giornate sono bellissime e per ora traguardiamo la prossima settimana con una certa tranquillità; però, se ci dovesse essere un periodo di siccità molto significativo, è chiaro che dovremmo intervenire con azioni un po’ più robuste.
  Detto ciò, quali sono stati gli interventi – ci chiedevate anche questo – che sono stati messi in campo?

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  PRESIDENTE. Avete soltanto una settimana di tranquillità?

  PAOLO ROMANO, Presidente Società Metropolitana Acque Torino Spa (SMAT). Abbiamo dieci giorni. Più che di tranquillità, abbiamo bisogno di tempo per riorganizzare altre 100 autobotti che vanno in giro, perché ci troviamo di fronte a questo tipo discorso.
  Oggi, i bacini delle fonti montane sono limitati. Avrete visto tutti la fotografia del fiume Po a Pian del Re e sentito dire «da oggi, il Po non scorre più di qua perché è asciutto». Comunque, il Po si alimenta man mano che va avanti con il suo percorso.
  Occorre quindi rivedere questo sistema. Lo abbiamo rivisto, partendo dieci anni fa, quindi in anticipo, anche se non avevamo la sfera di cristallo per capire che, nel 2017, si sarebbe arrivati a questa situazione.
  Il discorso di fondo, a oggi, è capire come riuscire a dare garanzie. Per quanto riguarda l'acquedotto della Valle di Susa, iniziato nove o dieci anni fa, l'anno prossimo inaugureremo il potabilizzatore. Poi, non so se verrà il Governo, ma speriamo che venga il presidente Realacci a inaugurare quest'opera, che ha il suo valore e che è la dimostrazione dell'importanza della citata legge Galli. Fino a dodici o quindici anni fa, il sistema era un sistema locale comunale, ma, adesso, finalmente, ci troviamo con un sistema di bacino. In questa logica, prendendo l'acqua da un invaso che serviva fondamentalmente per la produzione di energia idroelettrica, la diga di Rochemolles, siamo riusciti, grazie anche a un'azione molto robusta della regione, a dare priorità all'idropotabile.
  In questi termini, mi sembra che ci sia già un elemento significativo e non soltanto previsionale, visto che l'abbiamo realizzato.
  C'è un'altra ipotesi, che è partita con il nuovo piano industriale dell'anno scorso, per il grande acquedotto della Valle Orco.
  I concetti sono analoghi: le dighe che servono attualmente soltanto per l'idroelettrico, con 60 milioni di metri cubi di invaso, prioritariamente serviranno per l'idropotabile, quindi consentiranno a 120-130 comuni di non trovarsi in situazioni di criticità.
  Oltre a questo primo punto, c'è quello dell'interconnessione tra gli acquedotti. Ci troviamo in una logica ancora un po’ municipalistica, per cui ogni comune non vuole avere rapporti col comune adiacente.
  Come vedete dalla slide n. 12, per esempio, ci sono tre comuni che andavano in crisi in periodi diversi, anche perché utilizzano falde diversificate, per cui, collegando le tre reti acquedottistiche, siamo riusciti a compensare la situazione in relazione alle diverse esigenze.
  Quello della riduzione delle perdite di rete è un elemento ovvio nella logica di trovare anche strumenti un po’ più spinti.
  Abbiamo fatto un po’ tutti – ho visto anche altre aziende – rilievi con radar satellitari, in modo da poter aumentare la cognizione delle perdite, che sono naturalmente nascoste, e poter intervenire.
  Come vedete dalla slide n. 13, la media nazionale è sul 35 per cento. L'ultimo documento di consultazione (DCO) dell'Autorità parla di una percentuale non superiore al 25 per cento, quindi tutte le nostre aziende saranno tenute a far rientrare le perdite all'interno del 25 per cento.
  Su Torino, siamo al 24,7 per cento e sugli altri 291 comuni sfioriamo il 30 per cento, anche perché abbiamo reti tendenzialmente obsolete, quindi anche noi dovremo riattivarci per poter far rientrare il sistema all'interno del 25 per cento.
  Il discorso del riuso delle acque è già stato fatto. Noi abbiamo un impianto molto significativo, che serve 3 milioni di abitanti, e abbiamo realizzato una sezione finale con filtrazione e finissaggio per poter utilizzare l'acqua per usi industriali perché la zona in cui c'è l'impianto ha una rete industriale significativa. Devo dire che o viene imposto per legge l'obbligo di riuso oppure la tendenza è che ognuno si fa i buchi e va a prendere l'acqua di falda.
  Anche questo è un problema che voi dovreste analizzare in una logica che dia priorità alle zone in cui ci sono le infrastrutture necessarie.
  Per il lagunaggio e le acque superficiali, un po’ dappertutto nella Pianura Padana ci Pag. 12sono resti di cave di lavorazione della sabbia e della ghiaia perché sono state costruite le infrastrutture, le strade e quant'altro. Abbiamo cercato, nella realtà torinese e piemontese, di utilizzare tali siti come bacini di accumulo, cosa che ci ha fatto superare la situazione di crisi di Torino perché la città prende acqua dal fiume Po, che quest'anno è andato, come quantità minima, sotto i 7,5 metri cubi al secondo. In quasi 60-70 anni, il Po non è mai sceso sotto i 10 metri cubi al secondo. Siamo riusciti a compensare la differenza con questi bacini.
  Vorrei chiudere con la parte relativa agli investimenti, che, come vedete, è tendenzialmente decorosa: se teniamo conto che siamo su un livello di 100 milioni all'anno, significa che, per 2.200.000 abitanti, siamo tra i 42 e i 45 euro ad abitante per anno, quindi con una soglia nettamente superiore a quella attuale dei 35 euro di valore nazionale.
  In questa situazione, è logico che dovremo intervenire con opere strategiche
  Tutto ciò rientra nella tariffa, con cui si pagano le spese dirette, le spese vive e le spese di investimento.
  Chiudo parlandovi di un'indagine che sta facendo da due anni il nostro centro ricerca, con il CNR, con il Politecnico di Torino e altre realtà significative. Stiamo verificando i condizionamenti che possano portare particolari effetti climatici sulla falda per poter organizzare meglio interventi di programmazione e di utilizzo dell'acqua.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. I dati che lei ha fornito in merito all'andamento della portata del Po e a questo periodo di stress sono contenuti nella documentazione?

  PAOLO ROMANO, Presidente Società Metropolitana Acque Torino Spa (SMAT). Ci sono.

  PRESIDENTE. Chiedo scusa se sono un po’ pignolo, ma lo faccio perché, siccome per fare la relazione conclusiva lavoreremo non soltanto su ciò che abbiamo ascoltato, ma anche sul materiale che ci avete fornito, è importante che le informazioni essenziali ci siano.

  PAOLO ROMANO, Presidente Società Metropolitana Acque Torino Spa (SMAT). Presidente, possiamo integrare con i dati del distretto padano per avere tutti i dati fino al Ticino.

  PRESIDENTE. Perfetto. Grazie.
  Do la parola al Dirigente Area Operativa di Acquedotto Lucano.

  ROSANNA BRIENZA, Dirigente Area Operativa Acquedotto Lucano. Ringrazio la Commissione per quest'audizione. L'Acquedotto Lucano è il gestore del servizio idrico integrato in Basilicata, relativo a 130 su 131 comuni.
  Gestiamo circa 14.000 chilometri di rete, distribuiti in tutta la regione, tra rete idrica e rete fognaria; 800 serbatoi; circa 560 sorgenti; 66 pozzi; più di 300 impianti di sollevamento, tra idrici e fognari.
  Per quanto riguarda la fase di emergenza che stiamo vivendo in questi ultimi mesi, il problema è il seguente: il fabbisogno annuo che abbiamo in Basilicata è di circa 95 milioni di metri cubi ed è garantito da prelievi sorgentizi, per circa il 58 per cento, integrati dall'acqua proveniente dagli invasi, quindi acqua potabilizzata, che incide per circa il 22 per cento; il restante 20 per cento viene preso da altri fornitori.
  Sembrerà strano, ma, purtroppo, lo preleviamo anche dalla stesso Acquedotto Pugliese.
  Le scarse precipitazioni di questi mesi hanno comportato una riduzione notevole di tutti i gruppi sorgentizi, per cui siamo arrivati, a oggi, ad avere un 30 per cento di acqua in meno dalle varie sorgenti.
  La situazione negli invasi non è delle migliori: all'invaso del Camastra, che è l'unico a servizio di tutta la popolazione lucana, mancano 900.000 metri cubi di acqua. Questo significa che in molti comuni della Basilicata, facendo una stima su due milioni di metri cubi al mese, quantità che adesso stiamo utilizzando per via della mancanza dei gruppi sorgentizi, arriveremo a Pag. 13erogare acqua nelle ventiquattro ore fino alla fine di dicembre.
  Considerate che, già da luglio, abbiamo messo in atto misure di prevenzione per l'emergenza idrica sottoponendo 40 comuni della Basilicata a riduzioni notturne.
  D'intesa con le amministrazioni comunali, abbiamo messo in atto delle ordinanze sindacali per la chiusura di tutte le fontane pubbliche, già da luglio.
  Abbiamo messo in atto anche una campagna per gli usi impropri e, con le stesse amministrazioni provinciali, la Polizia e via dicendo, abbiamo messo in atto dei controlli per quanto riguarda gli usi abusivi.
  Purtroppo, da noi, è successo che molti agricoltori, presi a loro volta dalla fase di emergenza idrica, si siano creati degli attacchi sui nostri adduttori, quindi il bilancio idrico non corrispondeva e siamo dovuti ricorrere, in questi mesi, anche alla forza pubblica.
  La situazione non è delle migliori e, certamente, anche il nostro piano di investimenti, che abbiamo predisposto negli ultimi tre anni, prevede dei grossi interventi sulle reti idriche.
  Dal 2016, l'Acquedotto Lucano ha concentrato molto l'attenzione, grazie ai finanziamenti avuti dalla regione Basilicata, sul monitoraggio del sistema dei depuratori perché si tratta di impianti molto vetusti e non conformi al decreto legislativo n. 152 del 2006, per cui la regione ha ricevuto 40 segnalazioni di infrazione. Gran parte di questi investimenti è stata devoluta alla messa in esercizio di alcuni nuovi depuratori, a lavori di efficientamento e via dicendo.
  Un altro grosso investimento operato dall'Acquedotto Lucano riguarda l'efficientamento dei costi energetici. Considerando l'orografia del nostro territorio, abbiamo un costo di circa 22 milioni di euro all'anno soltanto per l'energia elettrica, in quanto abbiamo molti sollevamenti perché i nostri comuni sono posti anche a quota di 1.200 metri.
  Per esempio, per quanto riguarda Potenza, che si trova a 800 metri, l'acqua viene sollevata dall'invaso del Camastra, che è a 530 metri sul livello del mare.
  I costi energetici per noi sono notevoli, per cui il programma di interventi che abbiamo messo in atto riguarda certamente il loro efficientamento.
  È chiaro che anche le reti nei prossimi anni avranno i loro finanziamenti, però si tratta di lavori che non sono realizzabili nell'immediato.
  Stiamo cercando anche di contenere le perdite nelle reti perché si tratta di reti vetuste, che risalgono agli anni Quaranta o Cinquanta, e molti acquedotti interregionali sono stati fatti, come diceva il collega dell'Alto Calore Servizi, dalla Cassa del Mezzogiorno e vanno efficientati. È chiaro che ci vogliono altri finanziamenti per poter fare questo tipo di investimenti.
  Tutto ciò che riguarda il piano di investimenti e i fondi che noi abbiamo ricevuto dalla regione Basilicata sono presenti nella relazione, in una tabella. Evito di entrare nel dettaglio perché ho già fornito il documento.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola al direttore generale di Acqua Bene Comune di Napoli Azienda Speciale.

  ALFREDO PENNAROLA, Direttore generale Acqua Bene Comune di Napoli Azienda Speciale. Vorrei fare una breve illustrazione della nostra azienda.
  La nostra azienda distribuisce l'acqua alla città di Napoli e serve, come grande distributore, altri ventinove comuni delle varie province di Avellino, Benevento e Caserta.
  La nostra infrastruttura idrica può contare su fonti proprie di approvvigionamento idrico perché, come diceva prima il collega De Sanctis, tempo fa, i romani pensarono di prelevare acqua in provincia di Avellino e trasportarla a Napoli.
  Questo antico acquedotto, abbandonato, ma ripreso nel 1885 e rinnovato da noi circa sette o otto anni fa, ci consente di portare a Napoli dalle sorgenti del Serino circa 2.000 litri di acqua al secondo.
  Tenete conto che il fabbisogno idrico della città e dei ventinove comuni che serviamo è di 5.400 litri al secondo, quindi le Pag. 14sorgenti del Serino potenzialmente possono darci 2.000 litri al secondo su 5.400.
  Altre fonti proprie di approvvigionamento idrico sono ubicate sulla collina di Cancello, in provincia di Caserta, e nella piana campana. Complessivamente, saremmo indipendenti per il 50 per cento del fabbisogno della città di Napoli e il resto del fabbisogno ci verrebbe assicurato, in condizioni ordinarie, dalla regione Campania.
  Dobbiamo ricordare che in Campania c'è un'anomalia: la regione Campania è l'ente che attualmente gestisce i grandi adduttori e quindi l'acqua per i vari operatori sul territorio.
  In questa situazione particolare di crisi, che, come giustamente evidenziava prima il dottor De Stefano, a noi è apparsa evidente fin dalla primavera, con la regione Campania abbiamo cercato di affrontare il problema nel modo possibile: razionalizzare la distribuzione della disponibilità idrica che andava riducendosi e predisporre interventi per far sì che, laddove si potesse massimizzare in qualche modo il prelievo di acqua, e, laddove si potesse risparmiare la risorsa, lo si facesse.
  Per fornire qualche numero, dico che le nostre sorgenti del Serino, che potenzialmente, in anni ordinari, ci forniscono 2.000 litri al secondo di acqua, attualmente ci stanno fornendo 800 litri al secondo in meno. Una tale siccità non si registra dal 1993, quindi stiamo parlando di 25 anni quasi, e i dati che registriamo oggi sono peggiori di quelli dell'anno nero 1993, per circa 150-200 litri al secondo.
  Come fanno la città di Napoli e i ventinove comuni per i quali noi fino a oggi siamo riusciti a non razionare l'acqua?
  Abbiamo, in parte, richiesto soccorso alla regione Campania, che, come ho detto, ci fornisce circa la metà dell'acqua necessaria, e poi abbiamo messo in campo una serie di azioni, revampando alcuni pozzi disponibili, visto che sulle sorgenti non possiamo fare niente perché forniscono soltanto quello che possono.
  Sui pozzi abbiamo registrato comunque un abbassamento di oltre cinque metri del livello di falda, che continua a scendere.
  Ho dimenticato di fornire un dato: come anticipato, le sorgenti del Serino ci danno 800 litri al secondo in meno, ma, ogni giorno, perdiamo 5-10 litri al secondo. Per tradurla in numeri semplici, posso dire che dieci litri al secondo corrispondono, in una giornata, a 860.000 litri d'acqua: quindi, ogni giorno, abbiamo 860.000 litri d'acqua in meno da immettere nel sistema.
  Sono d'accordo con il collega De Sanctis sul fatto che la crisi non è ancora finita, ma va proiettata alla prossima primavera. Le sorgenti e le falde stanno scendendo e l'accumulo non è garantito perché non piove, quindi la nostra è una rincorsa che stiamo facendo, insieme alla regione e agli altri enti che gestiscono la crisi idrica, ossia agli acquedotti della Campania, attraverso dei tavoli speciali.
  In primis, ne abbiamo aperto uno in azienda, ma, poi, lo ha fatto anche la regione Campania, insieme all'ente idrico campano menzionato prima dal collega De Stefano. Stiamo seguendo con frequenza mensile l'evoluzione della vicenda e il Presidente della regione in prima persona ha indetto e ha presieduto alcuni tavoli, per cui stiamo lavorando.
  Sottolineo che le attività che stiamo svolgendo rincorrono il problema, ma non riescono ancora a risolverlo, soprattutto nel breve termine, ossia nei sei o otto mesi che abbiamo di fronte.
  Abbiamo progetti in corso varati tempo fa e anche quelli che abbiamo messo in campo attualmente sono interventi che avevamo già progettato e programmato, perché, altrimenti, nell'arco di due mesi, non avremmo mai potuto affrontarli.
  Gli altri interventi sono a lungo termine: vogliamo realizzare due serbatoi di accumulo e una nuova galleria drenante per sfruttare un'altra sorgente nella provincia di Avellino, ma si tratta di lavori che richiedono per lo meno un paio di anni per la realizzazione.
  Non voglio dire che sia nero, ma sicuramente è grigio lo scenario che abbiamo avanti in regione Campania nella primavera prossima. Pag. 15
  Ci auguriamo che piova un po’ e che questa regia che stiamo conducendo ci permetta di far fronte alle necessità.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Mi sembra, purtroppo, che questo sia un quadro che torna a varie latitudini, con una situazione tutt'altro che tranquilla dal punto di vista dell'approvvigionamento.
  Do la parola all'amministratore delegato di Marche Multiservizi Spa.

  MAURO TIVIROLI, Amministratore Delegato Marche Multiservizi Spa. Grazie, presidente. Grazie a tutta la Commissione per l'invito.
  Il mio dire sicuramente non rasserena il quadro grigio che è stato evidenziato. Anche noi che viviamo nella provincia di Pesaro-Urbino e siamo un'azienda che, praticamente – anche se c'è un altro piccolo gestore cui noi diamo acqua all'ingrosso –, fornisce l'acqua a quasi tutta la provincia, perché parliamo di 57, 58 comuni in tutta la provincia, risentiamo delle situazioni che i colleghi hanno già più volte esposto.
  Purtroppo, veniamo da una situazione gestionale molto frammentata degli anni addietro. Circa dieci anni fa, c'erano ancora quattro o cinque gestori, mentre adesso speriamo di riuscire a unificarci nel prossimo periodo. Sicuramente, però, la frammentazione gestionale poi porta a tutte le conseguenze che sono già state descritte, a partire dagli acquedotti che non si parlano. E ovviamente poi girano le autobotti. A differenza di quello che i nostri antichi romani facevano già 2000 anni fa, quando facevano girare l'acqua negli acquedotti, noi oggi siamo costretti a volte a farla girare con le autobotti.
  Questa gestione frammentata è ancora più appesantita dal fatto che si tratta di un territorio molto vasto, di comuni piccoli da 1.000-1.500, a volte anche 700 abitanti. Sentivo prima il dato della depurazione dell'Acquedotto pugliese, con milioni di abitanti e mi sembra 170 depuratori: noi con 370.000 abitanti abbiamo 110 depuratori. Ovviamente, l'economia di scala e le difficoltà ci sono tutte. E sono tutti impianti abbastanza vecchi e anche noi siamo oggetto di procedura di infrazione dell'Unione europea in un paio di comuni, Pesaro e Urbino, tanto per intenderci.
  Dicevo che è un territorio particolarmente frammentato, e articolato anche dal punto di vista morfologico. Risentiamo poi di un altro dato. Purtroppo, anche in questo caso, credo che, per la carenza gestionale del passato, oggi dipendiamo per oltre l'80 per cento da acque di superficie. Purtroppo, nella provincia di Pesaro e Urbino non scorre il Po, ma scorrono dei torrenti, che ovviamente risentono molto facilmente dall'andamento climatico.
  Oltre a questo, abbiamo dei pozzi che sono comunque dell'alveo fluviale, e quindi risentono anche loro dell'andamento dei torrenti, più alcune centinaia, credo oltre 500, piccole sorgenti nelle aree montane, che ovviamente con l'andamento delle piogge hanno cali del 40-50 per cento di portata, e conseguentemente abbiamo diverse difficoltà.
  Il 2017 è stato un anno particolarmente difficile. L'abbiamo affrontato, però, abbastanza bene, perché ci eravamo preparati. Con la collaborazione di tutti abbiamo ridotto abbastanza i disagi, quindi non abbiamo avuto razionamenti di acqua o discontinuità nel servizio, ma questo ha comportato un lavorìo enorme.
  Abbiamo aperto il pozzo del Burano, una riserva definita strategica dalla regione. Abbiamo girato con decine di autobotti notte e giorno per rifornire i piccoli comuni. Alla fine, nei mesi estivi ce la siamo cavata anche su un territorio con forte vocazione turistica, sia nelle aree costiere sia nelle aree interne. Pensate soltanto a Urbino e a tutto quello che vuol dire dal punto di vista della cultura turistica. Come, però, dicevano i colleghi, non siamo ancora fuori dall'emergenza, anzi se continua così, forse il peggio lo dobbiamo ancora affrontare. Dobbiamo essere attenti a quest'aspetto. I dati sono nel documento che abbiamo inviato già nella mattinata.
  Vorrei fare due o tre considerazioni su un tema credo fondamentale che tutto il nostro Paese sta sperimentando, vale a dire quello dell'approvvigionamento, della distribuzione Pag. 16 idrica, tema fondamentale per la qualità della vita.
  Condivido il fatto che ci debbano essere anche dei sistemi di perequazione, poi ognuno può pensare a quello più congeniale, ma sicuramente c'è bisogno di grossi investimenti, per impostare questo servizio in un'ottica più industrializzata, che ci consenta veramente di smettere di vivere l'emergenza costante e di dover fare la danza della pioggia tutti gli anni per non avere queste difficoltà.
  Che cosa abbiamo pensato e che cosa stiamo pensando?
  Pensate solo che la regione Marche aveva una legge, che abbiamo dovuto modificare – e non è stato facile – e che prevedeva l'impossibilità di utilizzare le acque di profondità. Qualcuno, credo brillantemente, le aveva definite acque riserva strategica, e quindi non si potevano utilizzare.
  Fortunatamente, in primavera questa legge è stata modificata. Stiamo pensando a un paio di pozzi, quelli di San Lazzaro e Sant'Anna, come vedrete nella relazione, che ci dovrebbero dare un grosso contributo, stimato in circa 400 litri al secondo. Pensate che il fabbisogno totale della provincia si aggira sui 1.100-1.200 litri al secondo, quindi 3-400 litri sarebbero un contributo molto significativo. Questo ci aiuterebbe a riequilibrare le acque di profondità con le acque di falda, perché siamo troppo dipendenti, come dicevo, da quest'approvvigionamento.
  Credo che anche il tema degli invasi vada affrontato in una certa logica. Noi ci siamo serviti di alcuni invasi, tre dell'ENEL e uno del consorzio di bonifica, ma tutti e quattro sono piccoli. Soprattutto, nessuno li pulisce. Sono anni che stiamo battagliando con ENEL, che ha la concessione idroelettrica, perché faccia un po’ di pulizia. Riuscire a recuperare, per esempio, un milione o un milione e mezzo di metri cubi vuol dire avere qualche settimana di tempo, di ulteriore margine di approvvigionamento idrico.
  Nonostante questo, però, si fa fatica, perché non ci sentono. Non so come si possa incidere anche su quest'aspetto. Si può pensare ad altri invasi, ma intanto cominciamo a pulire quelli che abbiamo.
  Uno dei temi fondamentali – credo che questa sia la sede giusta – riguarda il fango che deve essere smaltito e le modalità di trattamento, perché a volte l'operazione richiede costi esorbitanti e inaffrontabili. Direi che una semplificazione delle procedure di recupero e riutilizzo dei fanghi potrebbe essere la soluzione migliore, anche perché in caso contrario rimangono in un invaso da cui poi prendiamo l'acqua da potabilizzare. Credo invece che possano essere utilizzati anche in quel contesto.
  Allo stesso modo, noi guardiamo sempre all'idropotabile, perché è quello che risente maggiormente dell'emergenza, ma credo che come sistema Paese vada affrontata anche una revisione della politica agricola. Se guardiamo i dati statistici, verifichiamo che il maggior uso dell'acqua si verifica per il settore agricolo. Anche questo potrebbe consentire di disporre di un po’ più di risorse per altri utilizzi.
  Anche dal punto di vista industriale, condivido il fatto che, se si investe nella depurazione per far sì che l'acqua possa essere riutilizzata, ovviamente ci vuole qualche strumento in più per essere veramente incisivi.
  Anche noi abbiamo messo in campo progetti per le interconnessioni nelle aree interne. Anche questo è un tema importante. Come dicevo, gli acquedotti non si parlano. Ovviamente, mi associo a tutti quelli che mi hanno preceduto sul tema delle perdite. È un tema sul quale anche noi stiamo lavorando. È un tema importante. Anche noi abbiamo ereditato reti abbastanza vetuste, realizzate con materiale di 30-40 anni fa, che sicuramente non aveva la stessa qualità di quello odierno, quindi è un tema affrontabile.
  Tanto per darvi un dato, distribuiamo circa 23-24 milioni di metri cubi e abbiamo 4.500 chilometri di rete. Se proporzionato ad altri soggetti, capite qual è l'impatto. Ovviamente, per quanto riguarda gli investimenti, fatto fronte al tema delle infrazioni comunitarie e alla necessità di ammodernare i depuratori – c'è una questione penale e c'è una difficoltà anche a Pag. 17dare allacci a insediamenti industriali o abitativi –, fatto tutto quello che c'è da fare, il tema delle bonifiche ne risente in termini di disponibilità di risorse, quando invece bisognerebbe veramente investire molto da questo punto di vista.
  Noi abbiamo fatto anche una serie di sforzi, compreso quello dell'uso del satellite, al quale stiamo lavorando. Abbiamo fatto i settori nelle città. Nei punti più popolosi abbiamo settorializzato le reti, in modo da abbassare la pressione. Anche questo ci ha dato un po’ di risultato, ma chiaramente c'è molto da fare.
  La mia preoccupazione più grande è che, più aspettiamo a intervenire in modo incisivo, più la forbice si allarga. Credo che questa sia una grossa preoccupazione. Se il sistema implode, dopo diventa difficile recuperare.

  PRESIDENTE. La ringraziamo.
  Vorrei chiedere una cosa che abbiamo chiesto anche in altre occasioni e anche all'Autorità.
  Su due questioni normative che sono emerse, quella degli standard per il riutilizzo a scopo agricolo delle acque di depurazione e quella sollevata adesso, dell'uso possibile del materiale di recupero per il ripristino della portata dei bacini, farebbe comodo avere confronti con le normative dei principali Paesi europei da parte di qualcuna delle vostre strutture più attrezzate dal punto di vista tecnico.
  Su questi due fronti, visto che c'è sicuramente una disparità tra quello che succede da noi e quello che succede in Germania, Francia, Olanda, Inghilterra, ci è utile capire come si stanno muovendo gli altri Paesi europei. Per esempio, sul fronte dell'acqua di reflui di depurazione hanno un uso molto più agevole.

  PAOLO ROMANO, Presidente Società Metropolitana Acque Torino Spa (SMAT). Noi possiamo parlare con l'associazione Aqua publica europea, e lo faremo.
  C'è un altro tema, quello dell'utilizzo in agricoltura dei fanghi. La normativa non è ancora definitiva, ci sono dei passaggi da completare. Per noi, per tutti, è un tema molto delicato, lasciato anche ad alcune interpretazioni locali, e questo genera evidentemente delle incertezze significative.

  PRESIDENTE. Avere informazioni sulle esperienze di altri Paesi europei ci è utile da questo punto di vista. Lo abbiamo chiesto più volte. Tutti ce ne parlano, ma non ci forniscono dati.

  PAOLO ROMANO, Presidente Società Metropolitana Acque Torino Spa (SMAT). Proviamo a chiedere all'associazione. Fanghi e acque reflue, va bene.

  PRESIDENTE. Grazie.
  L'ultimo intervento è di Umbra Acque Spa. Do la parola al presidente.

  GIANLUCA CARINI, Presidente Umbra Acque Spa. Voglio ringraziare per la possibilità che ci viene data di essere auditi.
  Umbra Acque gestisce il servizio idrico di un territorio che è circa la metà della regione Umbria. Serve Perugia e altri 37 comuni. L'estensione della rete è di circa 10.000 chilometri, 7.500 di acquedotti e il resto di fognatura. Sono circa 500.000 gli abitanti serviti per circa 230.000 utenze.
  Per quanto riguarda la rete acquedottistica, essa è formata per il 90 per cento da grandi sistemi interconnessi. Ho sentito da altri interventi la sottolineatura dell'importanza dell'interconnessione dei sistemi acquedottistici. Questo consente, come è successo quest'estate, in situazioni o di crisi idrica o di rotture, di poter gestire la distribuzione dell'acqua in modo che nessuno o il minor numero possibile di utenti ne risenta.
  Per quanto riguarda la caratteristica del territorio, esso è prevalentemente montuoso e collinare. Questo determina un incremento della difficoltà di svolgere il nostro servizio.
  Qual è stata l'incidenza dell'emergenza idrica nel nostro territorio?
  Da quello che ho ascoltato, è praticamente identica a quella che hanno vissuto le realtà omologhe, ovvero le sorgenti, che sono quelle che alimentano le principali adduttrici del nostro territorio, stanno soffrendo Pag. 18 per un dimezzamento delle precipitazioni. Già dalla primavera la sofferenza era evidente. Queste sorgenti sono alla metà della loro portata media storica.
  Questo significa che, come diceva chi mi ha preceduto, le nostre prospettive si limitano alla prossima primavera e, anche considerato quello che continua a essere il clima, non sono delle migliori, perché sono necessarie precipitazioni prolungate, piogge, o meglio ancora, neve. Questa situazione è fonte di preoccupazione.
  Per quanto riguarda la nostra esperienza rispetto all'emergenza idrica di quest'estate, le zone più densamente popolate non hanno sofferto alcuna limitazione nella distribuzione dell'acqua, non c'è stato alcun razionamento.
  Dov'è che la crisi ha inciso nella nostra area?
  I sistemi locali non interconnessi, alimentati da sorgenti locali che si sono esaurite per prime, sono andati in sofferenza. Si è supplito, come diceva chi ha parlato prima di me, con le autobotti, con un raddoppio dei costi.
  Qual è l'obiettivo sul fronte degli investimenti? Quello di collegare, interconnettere alla rete già esistente il maggior numero di sistemi locali per evitare, come si diceva, di far spostare continuamente le autobotti.
  Sul fronte acquedotti, la nostra realtà soffre da numerosi anni di investimenti mantenuti ad un livello largamente insufficiente allo scopo di tenere la tariffa sotto controllo, ma in questo momento la situazione presenta il conto. Non è assolutamente più pensabile effettuare un volume così sottostimato di investimenti.
  L'anno scorso, dopo un'ampia interlocuzione con tutti i sindaci, abbiamo raggiunto l'obiettivo di aumentare del 50 per cento gli investimenti, allineandoci con la media nazionale. Quello che stiamo facendo adesso è aumentare ulteriormente gli investimenti di un importo significativo, concentrandoli quasi esclusivamente sulla rete acquedottistica attraverso la sostituzione di condotte vetuste, la manutenzione straordinaria delle rotture e la ricerca delle perdite. Questo è un aspetto molto importante da sviluppare.
  Per quanto riguarda il fronte della qualità, è in corso la messa in opera di un impianto per l'eliminazione dei nitrati dalle acque. La presenza di questi nitrati deriva principalmente dall'agricoltura.
  Tra le varie misure messe in campo, abbiamo rafforzato il rapporto con l'università. L'attività di un'azienda come la nostra è molto vorace per quanto riguarda l'energia elettrica, quindi stiamo portando avanti due progetti pilota: uno per la riduzione dei consumi energetici dei depuratori e l'altro per la ricerca delle perdite.

  PRESIDENTE. Vorrei rivolgere una domanda.
  Esperienze di produzione di energia elettrica da acqua fluente nelle condotte ce ne sono? Quello potrebbe essere un meccanismo utile. Lo dico perché così abbiamo il quadro completo.

  ALFREDO PENNAROLA, Direttore generale Acqua Bene Comune di Napoli Azienda Speciale. Noi abbiamo realizzato, proprio sulle sorgenti del Serino, un mini-idroelettrico da 400 chilowatt. Ne abbiamo in progetto un altro.

  RAFFAELLO DE STEFANO, Presidente Alto Calore Servizi Spa. L'unico buono è quello fatto da loro sul nostro territorio...

  MAURO TIVIROLI, Amministratore Delegato Marche Multiservizi Spa. Ci sono alcuni esempi.

  PRESIDENTE. Se avete dei dati, mandateceli. Vi chiedo, se ci sono delle esperienze in materia, di farci avere la relativa documentazione.
  Siccome abbiamo un po’ di tempo per un'interlocuzione, do ora la parola alla collega Mariani.

  RAFFAELLA MARIANI. Ringrazio tutti per le informazioni utili che ci avete permesso di approfondire oggi. Ho alcune domande.

Pag. 19

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, collega Mariani. Chiedo alla vicepresidente Pellegrino di sostituirmi.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
SERENA PELLEGRINO

  RAFFAELLA MARIANI. Non abbiamo avuto indicazioni sull'uso plurimo della risorsa. È possibile, sulla base dei dati a disposizione, distinguere percentualmente in base all'uso, civile, agricolo e industriale della risorsa?
  Spesso, anche nelle precedenti audizioni, abbiamo parlato di invasi, ed è stato già sollevato il tema del loro svuotamento e del recupero della capacità degli invasi esistenti, prima di porsi il problema dei nuovi invasi.
  Qualcuno in parte ha già accennato al tema della normativa, che, a seconda delle regioni, considera il materiale di risulta come rifiuto o come materia secondaria. Il materiale è utilizzabile? In questo senso, il Parlamento potrebbe, attraverso una norma, cercare di dare un orientamento nazionale, senza lasciare la questione alle singole regioni.
  Inoltre, qualcuno ha riferito che in alcune situazioni si sono verificati prelievi abusivi. In relazione all'utilizzo di pozzi, SMAT Torino ha sostenuto che in alcuni casi le industrie preferiscono prelevare la risorsa dai pozzi senza attingere al sistema di distribuzione: in quel caso, si ha un censimento dell'utilizzo di acqua da pozzi privati?
  Infine, pensate che l'utilizzo dei fondi messi a disposizione delle regioni a livello nazionale (schemi idrici e finanziamenti, che soprattutto per il Mezzogiorno sono più consistenti) ed europeo sia semplice? A parte la necessità di un investimento periodico, annuo, per un lungo periodo, che ovviamente sia graduale, fino a quale misura il gestore è in grado di spendere?
  Noi rimbalziamo da un'affermazione all'altra. Da un lato ci sono le dichiarazioni rilasciate dai ministeri, che sostengono di aver distribuito i soldi e che sono i territori a non avere i progetti e a non essere in grado di spendere le risorse. Poi arrivano i rappresentanti dei territori, che ci dicono di avere i progetti, ma che dal livello nazionale non arrivano le risorse.
  A seconda della grandezza dell'ente gestore, dal vostro punto di vista qual è la capacità di spesa reale, progetti alla mano, che ogni gestore può assicurare? Anche questo ci aiuterebbe a stabilire che le risorse non bastano o che è inutile destinare decine di milioni di euro, se poi si riesce a spenderne molti meno. Sarebbe un'informazione interessante per i parlamentari che acquisiscono notizie molto contraddittorie tra loro.

  TINO IANNUZZI. Innanzitutto, rivolgo un ringraziamento a tutti i soggetti auditi, perché abbiamo avuto uno spaccato su una questione di straordinaria attualità che non si è ancora minimamente conclusa. Da più interventi abbiamo avuto la conferma, di cui già avevamo sentore, che le situazioni delicate sono ancora pienamente in itinere, e quindi possono riprodursi con effetti ancora più traumatici di quelli che abbiamo vissuto. Non c'è dubbio che abbiamo avuto uno spaccato di diverse realtà dall'una all'altra parte del Paese.
  Io mi ricollego – è questa la considerazione – alla parte finale della riflessione della collega Mariani.
  Nel corso delle audizioni, come confermato anche oggi, da un lato sono stati evidenziati alcuni problemi normativi, dalla disciplina sull'utilizzo delle acque reflue e delle acque di scarico per le finalità irrigue, alla disciplina dei fanghi, alle questioni aperte sia con l'Unione europea sia con riguardo alla legislazione nazionale, considerata la necessità di garantire uniformità e certezza di interpretazione nei diversi territori, anche in relazione alle esposizioni in termini di responsabilità –è stato detto in maniera molto diplomatica, ma la questione si coglieva – rispetto alle autorità di controllo e alle autorità giudiziarie.
  Dall'altro lato, abbiamo la necessità, e non c'è dubbio, di investimenti per modernizzare la rete, per metterla in sicurezza, per adeguarla, per realizzare nuove reti, per colmare le perdite, che sono enormi a livello nazionale e ancora più disastrose in Pag. 20una serie di realtà, e anche per poter identificare nuove fonti di captazione, nuove sorgenti, nuove ipotesi di acquisizione della risorsa idrica.
  Da questo punto di vista, effettivamente non vorremmo rimanere fermi a un dato. Le risorse ci sono, ma non si riescono a utilizzare: è una sorta di maledizione che contraddistingue il sistema amministrativo italiano e che ci sentiamo ripetere, dal campo delle opere irrigue e idrauliche alla messa in sicurezza per l'edilizia scolastica, alle opere di prevenzione del dissesto idrogeologico.
  Allora, visto che siete soggetti gestori comunque fondamentali e occupate un ruolo assolutamente centrale nella gestione delle risorse idriche del nostro Paese, vorremmo un vostro ulteriore approfondimento documentale scritto che ci fornisca indicazioni su quelli che sono, nel vostro territorio, nella vostra zona di riferimento, gli investimenti in itinere, le opere realmente avviate e lo stato dei lavori in corso
  Aspetto fondamentale dell'indagine conoscitiva è riuscire a stringere su questo dato di fondo sia per incrementare le risorse – per poterle incrementare, bisogna dimostrare di avere speso bene, efficacemente le risorse esistenti – sia per rendere un servizio di grande utilità.
  Infine, devo dire che la considerazione del presidente De Stefano è musica per questa nostra Commissione, che ha sostenuto la battaglia per i piccoli comuni, ponendosi obiettivamente, ancor di più in quel territorio, un'esigenza perequativa tra piccoli comuni e aree interne – chiamiamole così – e grandi aree urbane metropolitane.

  FEDERICA DAGA. Grazie agli auditi per essere qui oggi. Avere a disposizione otto gestori tutti insieme non è una cosa che succede tutti i giorni. È quasi un'esperienza unica.
  Ora, da circa dieci, vent'anni state gestendo i vostri territori, secondo un dato medio, anche se non precisissimo. Vorrei rivolgervi una serie di domande in aggiunta a quelle degli altri colleghi.
  Che cosa pensate del reinvestimento di utili ante imposte per quanto riguarda il rifacimento di reti, impianti di depurazione e fognature? Qualcuno ha utili, qualcuno forse sì o forse no. A2A sicuramente ne aveva un po’ di più, ma qual è la vostra situazione?
  Inoltre, che cosa pensate dell'inserimento in tariffa di incentivi agli investimenti che l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI) sta studiando? In audizione l'Autorità ci ha dato quest'informazione. Può aiutarvi?
  Ancora, noi sappiamo che le perdite idriche variano tra il 28 e il 60 per cento a seconda della zona: avete previsto dei cicli di ricerca perdite? Qual è la frequenza di questi cicli di ricerca, se già li fate, o da quanto tempo ciò non viene fatto sui vostri territori?
  Immagino che stiate anche mettendo in programma modifiche ai piani d'ambito o ai vostri piani industriali: qual è la cifra che avete intenzione di inserire nei vostri piani industriali per gli investimenti destinati alla questione perdita reti e al rifacimento delle reti ormai vetuste?
  Ancora, il collegato ambientale prevedeva l'istituzione di un fondo di garanzia per le opere idriche. Non è ancora attivo, siamo in dirittura d'arrivo, ma questo fondo potrebbe esservi utile per portare avanti le modifiche necessarie alle infrastrutture, per evitare di aumentare le tariffe idriche?
  Infine, avete suggerimenti utili, o comunque richieste particolari – qualcuno ne ha fatte – da presentare a Governo e Parlamento? Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  NICOLA DE SANCTIS, Presidente Acquedotto Pugliese. Passerei in rassegna tutte le domande in maniera sintetica. Vado in ordine.

  PRESIDENTE. Scusi, presidente, in genere chiediamo agli auditi, se lo desiderano, di fornire anche ulteriori contributi scritti, viste le sollecitazioni da parte dei deputati.

  NICOLA DE SANCTIS, Presidente Acquedotto Pugliese. È stato chiesto un contributo, Pag. 21 che verrà fornito. Farò un rapido excursus per dare i primi feedback.
  Quanto all'investimento di utili per il rifacimento di reti, le aziende pubbliche come noi reinvestono il 100 per cento degli utili, e quindi non diamo dividendi. Posso dire, perché sono stato amministratore di aziende quotate, che un'azienda quotata ha un obbligo di ritorno sul mercato. Lo devo dire per i colleghi. L'azienda pubblica, in particolare Acquedotto Pugliese, reinveste il 100 per cento degli utili per i propri fabbisogni.
  È stato chiesto del piano tariffario dell'AEEGSI. Riteniamo che l'Autorità abbia fatto un buon lavoro, con tutte le revisioni tariffarie. Ci sono evidentemente degli elementi da sistemare. In particolare dal mio punto di vista, si tratta di capire, per quegli operatori che sono coinvolti in queste situazioni, a fine concessione e in vista di una nuova concessione quali sono i rami d'azienda che passano. Comunque direi di sì, direi che lo schema tariffario ha certamente aiutato gli investimenti. La stessa Autorità nella relazione annuale ha mostrato come gli investimenti siano passati da 900 milioni di euro a 1,5 miliardi di euro all'anno. Si stima per il prossimo quadriennio la cifra di 3,2 miliardi di euro annui. C'è uno stimolo agli investimenti rinveniente direttamente dal nuovo schema tariffario.
  Per quanto riguarda le perdite idriche, anche su questo potremo meglio relazionare, ma certamente è costante l'attività di ricerca perdite con squadre a costante disposizione, non soltanto con gli strumenti normali. Abbiamo introdotto una serie di innovazioni.
  Passo alle questioni poste dall'onorevole Mariani. Quanto alla necessità di normative nazionali in tema di acque potabili e utilizzo irriguo, a me pare che siano già in pista i distretti, e quindi siamo già approdati a strutture sovraregionali che tengono conto dei bacini idrografici. Credo che i distretti possano fare un buon lavoro sovraregionale, lo ripeto, a livello di bacino, quindi superando i confini dei servizi idrici integrati, Ci vuole la forza gestionale, politica e decisionale, per affrontare la questione.
  Quanto ai pozzi non censiti, sì, ci sono. Li chiamo così, più che abusivi: pozzi non censiti. Ce ne sono. Riteniamo che anche in Puglia ci siano pozzi per ora non gestiti da Acquedotto Pugliese. Effettivamente, questo è un tema importante, perché la falda è la fonte della risorsa idrica, e vale per tutti. Se la si bucherella, evidentemente l'utilizzo della stessa risulta per definizione meno efficiente, e anche da un punto di vista tariffario ci possono essere dei problemi.
  Per quanto riguarda le capacità di spesa effettiva, questo è un tema giusto. Fornisco alcuni dati, magari poi potremo entrare più nello specifico.
  C'è il tema degli operatori che non riescono a investire le risorse e c'è il tema della gestione territoriale degli impianti (autorizzazioni, cambiamenti, e via dicendo), ma per dirla in grande sintesi, l'Italia spende mediamente 32 euro l'anno per abitante per gli investimenti, il sud Italia investe 16 euro. Acquedotto Pugliese è un caso un po’ diverso, perché investe più della media, oltre 40 euro per abitante all'anno. Diciamo che mediamente in Europa si investono 80 euro all'anno ad abitante.
  Se consideriamo la differenza – parlo delle regioni del Mezzogiorno, in cui operiamo – tra 16 euro/abitante e 80 euro/abitante, per il territorio significa un investimento molto importante. Si stima che possano essere ulteriormente investiti 7 miliardi di euro cui si aggiungono 3 miliardi di risorse straordinarie, anche per sanare le varie infrazioni in materia di acque, con particolare riguardo alla depurazione.
  Si potrebbero investire 8-10 miliardi di euro in incentivi nei prossimi anni. Ritengo che questo potrebbe essere un volano fenomenale non soltanto per il servizio idrico e per la messa a punto delle coste. Tenuto conto che questi investimenti attraggono altri investimenti, da parte di operatori domestici, evidentemente ciò può essere un volano reale per l'economia dell'intera regione. Sì, quindi, questo è un tema importante. Pag. 22
  Passo poi all'onorevole Iannuzzi. Ha detto bene sui problemi normativi e legislativi, quanto alle acque reflue, ai fanghi, alla necessità di interpretazioni uniformi. Quali sono poi gli investimenti e lo stato delle opere, questo sicuramente lo diremo.
  Per quanto riguarda la Puglia, il piano di investimenti particolarmente generoso che è stato approvato ammonta a 1,3 miliardi di euro divisi tra i vari settori: la parte che riguarda le reti è di circa 560 milioni, quindi particolarmente significativa.
  Sono dati noti, ma è facile riportare anche alla Commissione lo stato delle opere in itinere, gli investimenti e i ritardi, perché queste informazioni sono memorizzate sia dall'operatore sia dall'Autorità idrica, che evidentemente li approva.

  PAOLO ROMANO, Presidente Società Metropolitana Acque Torino Spa (SMAT). L'onorevole Mariani ha chiesto elementi conoscitivi sulla suddivisione tra uso domestico, agricolo, industriale e pubblico.
  In una logica di circa 200 milioni di metri cubi di acqua, il 75 per cento è destinato all'uso domestico, l'1 per cento all'uso agricolo, il 16 per cento all'uso industriale e l'8 per cento al settore pubblico. Si tratta di grandi numeri, poi naturalmente vi dettaglieremo meglio i vari dati.
  Per quanto chiedeva l'onorevole Daga, il meccanismo di un investimento di utili ante imposta è chiaro che fa entrare nella realtà delle nostre aziende un 27 per cento di risorse in più, che però attualmente viene girato alle casse dello Stato. Bisogna soltanto capire se una vostra legge ci possa consentire di evitarlo. Per noi, è chiaro che è un elemento significativo, che consente di avere una maggiore entità di entrate per far fronte agli investimenti.
  Si possono, quindi, anche aumentare gli investimenti o valutare, nella logica del welfare – ricordiamoci che adesso si parlerà di modifiche significative per le cosiddette fasce deboli –, di avere la disponibilità finanziaria senza decurtare gli interventi. Ho soltanto paura che in queste situazioni forse il Governo non accetterà di non applicare i cosiddetti oneri fiscali.
  Degli incentivi per gli investimenti si parla da parecchio tempo. Ricordo che il presidente Bortoni all'inizio della sua attività per l'Autorità aveva detto: «Mi raccomando, tre “i”: investimenti, innovazioni e incentivi». A fronte del doppio sistema degli investimenti e delle innovazioni – le nostre aziende sono spinte a fare innovazioni sia sulla ricerca tecnologica sia sulle applicazioni –, loro avrebbero portato avanti il discorso degli incentivi. È chiaro che a noi interessano gli incentivi, anche perché sono forme di premialità che determinano una certa differenza tra operatori, a fronte di un'analisi fatta da terzi, logicamente non da noi.
  Per quanto riguarda le perdite, il discorso è abbastanza complesso. Ho sentito prima parlare di migliaia di chilometri. Noi abbiamo 12.000 chilometri di condotte. Questo significa che ogni sei metri c'è un'interruzione data dai giunti. Potete immaginare, con le variazioni di pressione che derivano dalla richiesta di punta o dalla mancata richiesta notturna, come il sistema fisiologicamente vada a perdere.
  È vero, quindi, che eseguiamo controlli a rotazione, ma tendenzialmente, dal punto di vista dell'efficacia, bisognerebbe da un lato riuscire a individuare le maggiori perdite e dall'altro verificare, a fronte di eventuali sostituzioni – piano piano si andranno a sostituire queste condotte –, l'effetto che si ha con le nuove condotte. Il sistema dovrebbe essere questo.

  MAURO TIVIROLI, Amministratore Delegato Marche Multiservizi Spa. Visto che questa è la Commissione ambiente, e ho piacere di presenziare oggi a quest'incontro, segnalo che secondo me gli invasi svolgono anche un'altra funzione importante, che è quella della laminazione delle piogge e delle piene.
  Credo che, se riusciremo a entrare nell'ordine di idee di trovare degli strumenti normativi per fare in modo che i concessionari, anziché accantonare anno per anno, come prevede la concessione, le relative quote, individuino uno step intermedio, riusciremo ad avere due vantaggi. Anzitutto, mitighiamo l'aspetto idrologico, che credo produca danni enormi. Credo che i danni Pag. 23provocati da piene e svasamenti costino al nostro Paese, se non vado errato, circa 2-3 miliardi di euro all'anno. Potremmo produrre un beneficio ambientale per la laminazione delle piene, quindi anche evitando morti e altri danni.
  Dall'altro lato, avremmo un approvvigionamento idrico migliore dal punto di vista anche qualitativo, perché togliere il fango significa migliorare anche la qualità idropotabile organolettica dell'acqua e avere risorsa in più.
  Nel nostro caso, pulire tre invasi lungo il Metauro significherebbe recuperare circa un altro milioncino di metri cubi rispetto ai 3 milioni di metri cubi di cui disponiamo oggi. Parliamo di un 25 per cento in più. Si tratta soltanto di mettere un po’ di soldi da parte dei concessionari, che comunque utilizzano questi invasi per produrre energia elettrica, peraltro di valore. L'energia idroelettrica, infatti, è quella che ha il maggior valore. Credo che si possa lavorare su questo aspetto.
  È chiaro che se la richiesta è avanzata dal gestore idrico o dalla stessa provincia o dall'ATO (ambito territoriale ottimale), oggi EGA (Ente di Governo dell'Ambito) se non vado errato, il potere contrattuale è basso, e quindi non dico che ti ridono in faccia, ma poco ci manca.
  L'altro aspetto riguarda una semplificazione rispetto alla destinazione dei fanghi, oggi abbastanza complicata, come diceva il presidente Realacci prima. Se riuscissimo a mettere in campo questa semplificazione, credo che daremmo un grandissimo contributo, con uno sforzo e un investimento non dico pari a zero, ma comunque molto limitati. Credo che questo sia uno degli interventi che può dare il suo contributo nel giro di poco tempo.
  Mi innervosisco quando sento dire che vanno realizzati altri invasi. È come dire che una cosa non funziona e quindi gliene mettiamo un'altra di fianco. Cerchiamo di fare le cose più semplici, quelle che costano meno e quelle che producono immediatamente un risultato.
  L'altro aspetto, che credo sia stato già affrontato – ma che condivido, considerato che sono alle questioni poste dall'onorevole Mariani – è il tema dei pozzi.
  I pozzi non censiti ci sono ovunque. Prima di spostarmi a Pesaro, ero a Bologna: i pozzi non censiti sono dappertutto, sia per uso industriale, sia per uso civile. Molti impianti di raffrescamento funzionano con pozzo artesiani abusivi non censiti. E i pozzi non censiti ovviamente non sono monitorati, e quindi sono quelli che consumano di più. Ci sono, è un tema importante. Sicuramente, essi hanno un impatto sugli alvei e sulle risorse idriche del territorio. È chiaro che anche quest'aspetto può dare il suo contributo.
  Quanto alle perdite, anche noi stiamo controllando circa un 13-14 per cento di condotte all'anno, stiamo facendo verifiche costantemente. Le reti vengono monitorate e controllate. Una volta trovate le perdite, bisogna fare gli interventi, ma nel momento in cui le reti risultano vetuste, bisogna andare al cambiamento.
  Quanto al reinvestimento degli utili, noi siamo una società mista: il nostro pay out ammonta a circa il 40-45 per cento, quindi il resto viene destinato a investimenti sul territorio.
  Per quello che riguarda gli incentivi, è importante che il sistema tariffario produca gli effetti che deve produrre. Come dicevo, rischiamo veramente tanto.
  Mi collego a quanto detto dal presidente dell'Acquedotto pugliese. Credo che questa sia un'occasione e un driver importante anche per il rilancio dell'economia. Diciamo tutti che il settore idrico ha bisogno di grossi investimenti per ammodernarsi, per essere efficace ed efficiente: credo che possa essere veramente un volano forte per l'economia, diretta ma anche indiretta.
  Dicevo prima che la nostra provincia ha una forte vocazione turistica: pensate se il servizio idrico o fognario depurativo non funzionasse. Sarebbe un danno irreparabile, perché non si tratta di un anno. I turisti si perdono per anni, per decenni, e forse non si recuperano mai più.
  Conseguentemente, credo che sia non soltanto un volano, ma anche un elemento di forte consolidamento per il territorio. Credo che nel nostro Paese il turismo sia Pag. 24una delle leve sulle quali dobbiamo lavorare. Se perdiamo parte del PIL in altri segmenti, credo che il turismo possa essere un elemento di forte recupero, ma non soltanto. Credo che investire miliardi di euro all'anno su un tema di cui abbiamo veramente bisogno possa anche sviluppare occupazione, ma non soltanto, anche imprenditoria: può dunque essere veramente un tema importante dal punto di vista del sistema Italia.
  Dimenticavo di parlare dei soldi. Oggi avete detto che le risorse ci sono. Io credo che come gestori, chi più chi meno, comunque siamo in grado di spenderli. Non so se si può dare un contributo o se si possono eventualmente fare valutazioni aggiuntive. Premesso che vanno controllati la progettazione e il consuntivo – questo è scontato –, credo che sia fondamentale riuscire a semplificare il percorso burocratico amministrativo.
  Oggi, da quando c'è la disponibilità dei soldi a livello centrale a quando l'ingegner Francolini, il direttore delle reti, riesce a fare l'appalto, passa troppo tempo. I soldi ormai fanno la muffa. Bisogna che proviamo veramente a semplificare. Non so se sia possibile un rapporto diretto, scavalcando alcuni passaggi, che credo non diano nemmeno valore aggiunto, e creando un percorso più efficace ed efficiente.
  Dei soldi c'è bisogno come il pane. Se a uno che sta morendo di fame arrivano risorse, è in grado di spenderle. Si tratta soltanto di rendere i meccanismi più fluidi perché ci arrivino rapidamente e possiamo usarli in modo efficace, confermando il fatto che comunque tutto deve essere trasparente e convalidato e consuntivato nel migliore dei modi.

  PRESIDENTE. Segnalo le ultime sollecitazioni all'onorevole Mariani. Per quello che riguarda il codice degli appalti, devo dire che questa Commissione ha lavorato in maniera unanime per elaborare il disegno di legge delega. Sappiamo bene che non è stato facile arrivare alla conclusione. Il Governo ha elaborato il suo codice dei contratti. Noi abbiamo svolto un ciclo di audizioni, raccogliendo anche le criticità del nuovo codice dei contratti. Onorevole Mariani, penso che questa sollecitazione possa confluire con le altre. La teniamo in considerazione.
  Comunque, credo che valga la pena anche sottolineare le altre cose di cui lei ha parlato, dottor Tiviroli. Le chiederei una nota scritta.
  L'ultimo intervento è quello del presidente De Stefano.

  RAFFAELLO DE STEFANO, Presidente Alto Calore Servizi Spa. Inviterei a una riflessione.
  Ho seguìto i lavori di questa Commissione sul collegato ambientale e su altri provvedimenti. Molto spesso, per l'interesse della stampa, e per altri motivi, siete stati al centro dell'attenzione per la querelle acqua pubblica/acqua privata. Se avete notato, qui ci sono gestori pubblici, come è il mio caso, e gestori misti, eppure non c'è differenza nei problemi.
  Uno dei temi che ritengo debba essere posto è che l'attenzione di questa Commissione, così come del Governo, dovrebbe concentrarsi sulle cose piccole ma concrete di cui abbiamo parlato, perché dalle cose piccole migliora anche la condizione morale e civile di questo Paese.
  Relativamente alle riflessioni dell'onorevole Mariani, potrei dire in maniera molto rapida quello che succede in Campania.
  In Campania abbiamo avuto 1.200.000.000 di euro di fondi per interventi sugli acquedotti – per il grande progetto sulle reti – e non è stato speso nulla. Veniamo da questa carenza enorme che ci lasciamo alle spalle. L'onorevole Iannuzzi lo sa. C'è un tentativo di riprendere alcuni temi, ma comunque, come dicevo, il nostro è un case study negativo: potremmo dire che portiamo qua la parte più critica di questo settore. Questo per quanto riguarda i fondi europei.
  I miei colleghi hanno parlato della ricerca perdite e di altro. C'è chi gestisce il servizio da dieci anni, ma c'è anche chi lo fa da poco tempo. Alla fine, si deve portare il fardello dei debiti del passato, che comunque fanno parte del vissuto di tutti: molto spesso sono le società pubbliche come la mia ad averlo. Pag. 25
  Per quanto riguarda, infine, le due osservazioni che vorrei fare, il fondo di garanzia per le opere idriche mi pare una proposta molto utile. Ne ha parlato l'onorevole Daga.
  Pensate all'energia elettrica di questo Paese e a quanto costa a noi gestori. Io l'ho detto in un workshop molto interessante a Riva del Garda. Il presidente Realacci chiedeva a noi di esperienze sull'idroelettrico: noi abbiamo vissuto con l'azienda Dolomiti Energia del Trentino un'esperienza bellissima. Vengono, ovviamente, da una cultura che potremmo definire del precedente secolo, tuttavia forniscono energia elettrica agli ospedali e alle scuole: non soltanto non pagano l'energia elettrica, ma con l'acqua fanno tutto questo. Hanno, evidentemente, grandi invasi, grandi salti. Prima facevo l'esempio della mia terra, che dà l'acqua alla Puglia e a Napoli, ma che non ha mai sfruttato i salti, sia pur piccoli, per l'idroelettrico.
  C'è, però, un problema vero – oltre al fondo di garanzia per le opere di cui abbiamo parlato – che secondo me l’Authority deve porsi. Vanno bene le tariffe e gli incentivi sugli investimenti, ma, come avete già registrato, la differenza tra gestore e gestore è profonda. Chi gestisce nelle grandi metropoli ha, ovviamente, più vantaggi rispetto a chi deve fare chilometri e chilometri di rete per servire il contadino che è nel paese a mille metri di altitudine.
  Allora, c'è bisogno di una norma di perequazione ulteriore rispetto a quella di cui ho parlato prima, della quale avevo fatto carico ai parlamentari campani – ovviamente, deve interessarsene la regione: il riequilibrio per chi fornisce l'acqua, con una quota della tariffa in favore delle aree sensibili, delle aree di salvaguardia.
  Una misura di perequazione sui costi per l'energia elettrica era stata prevista per gli enti acquedottistici – non so chi se lo ricordi – nel 2012 o 2013, ma poi non è andata più avanti perché eravamo in tanti. Siccome in Italia ci sono migliaia e migliaia di enti acquedottistici, sembrava che ne potessero approfittare tutti, e chiaramente i fondi non c'erano.
  Si potrebbe introdurre una misura correttiva sui due codici ATECO previsti per chi gestisce l'acqua e chi fornisce il servizio depurazione e fognatura, intervenendo dove è più alta l'incidenza del costo dell'energia elettrica per riequilibrare la situazione. Se un'azienda – cito il mio esempio – ha 40 milioni di euro di ricavi e 18 milioni di spese energetiche, si trova chiaramente in una condizione diversa rispetto a chi ha 100 milioni di euro di ricavi e uno o due milioni di spesa energetica.
  Non so se avete notato – forse ciò è sfuggito – che il direttore generale di Acqua Bene Comune di Napoli ha sottolineato come i problemi dell'azienda siano nell'approvvigionamento della risorsa dalla regione Campania. Pensate che mostro a cinque teste c'è in Campania. La nostra azienda, che è la più piccola, la più povera e quella che ha più difficoltà, fa captazione e potabilizzazione, mentre le grandi aziende, praticamente non hanno nemmeno il problema del calo delle sorgenti, perché ce l'ha l'acquedotto campano. E a Napoli hanno una tariffa che è la metà di quella delle zone interne. Un intervento legislativo per mettere in campo norme che, apprezzate le differenze, facciano partire tutti allo stesso modo deve essere introdotto, altrimenti viviamo una contraddizione. Qui ne ho elencate alcune, ma agli atti ne resteranno molte di più. La cosa più importante per voi credo sia quella di ragionare in piccolo sui contributi che abbiamo fornito, perché si potrebbe dare l'impulso giusto per la crescita di questo Paese. Come hanno detto i miei colleghi, le zone turistiche, quelle dove sono localizzate le industrie hanno bisogno di acqua anche per il loro sviluppo, e questo vale per il Mezzogiorno in modo particolare.

  GIANLUCA CARINI, Presidente Umbra Acque Spa. Per quanto riguarda la capacità di investimento, voglio dire che Umbra Acque sta portando a termine circa venti investimenti sul fronte fognatura e depurazione, che sono stati realizzati grazie ai fondi europei in collaborazione con la regione. Da questo punto di vista, per la nostra esperienza ben vengano altri finanziamenti. Pag. 26 Saremo sicuramente in grado di spendere i soldi.
  A livello più generale – è stato sottolineato precedentemente – la mia personale opinione è che gli investimenti vadano concentrati, non dati a pioggia. Quello su cui operiamo, il rifacimento delle condotte acquedottistiche, sarebbe secondo noi un ambito da finanziare. Ciò porterebbe lavoro; ma, al di là della questione occupazione, si avrebbe un beneficio enorme se rapportato alla quantità di persone coinvolte e alla gravità del problema.
  Secondo la nostra esperienza, infatti, anni di sottostima di investimenti, quindi di investimenti assolutamente insufficienti, hanno portato a una situazione drammatica per quanto riguarda lo stato delle reti. Umbra Acque, avendo già risolto le importanti questioni sul fronte fognature e depurazione, si è concentrata sul problema più grande in assoluto, quello delle condizioni delle condotte idriche: quindi un quarto del totale degli investimenti viene concentrato su sostituzioni di condotte e ricerca perdite. È stata fatta una domanda sul tema.
  Secondo me, a livello nazionale siamo a un punto in cui il problema non è più rinviabile. È stato rinviato e rinviato, ma adesso non è più rinviabile. La situazione è drammatica. Ambiti in cui c'è il 45-50 per cento delle perdite non si portano in tre anni al 20 per cento, ma è il momento in cui bisogna invertire la tendenza. Non si può gravare soltanto sulla tariffa, perché c'è anche una dimensione sociale di cui tenere conto. L'unica alternativa è l'intervento dello Stato, perché penso che i fondi europei siano disponibili non per le sostituzioni, ma per i nuovi investimenti. Non si sfugge da questa situazione.
  Per quanto riguarda gli utili, in quindici anni Umbra Acque li ha distribuiti un unico anno e per il resto li ha reinvestiti. Non sarebbe male che si introducesse un'agevolazione, nel senso di defiscalizzare la quota di utile investita. Almeno più risorse verrebbero destinate agli investimenti.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, ringrazio veramente gli auditi per quest'audizione importantissima. Vi chiedo di consegnare quanto più materiale possibile affinché rimanga agli atti. Ne autorizzo pertanto la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegati).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.15.

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