XVII Legislatura

VIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Mercoledì 13 settembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Realacci Ermete , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'EMERGENZA IDRICA E SULLE MISURE NECESSARIE PER AFFRONTARLA

Audizione di rappresentanti dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale, dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali, dell'Autorità di bacino della regione Sardegna e del Distretto Idrografico della Sicilia
Realacci Ermete , Presidente ... 3 
Neglia Mario , Componente del Dipartimento regionale dell'Acqua e dei rifiuti del Distretto idrografico della Sicilia ... 3 
Realacci Ermete , Presidente ... 3 
Coccaro Pasquale , Istruttore tecnico dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale ... 3 
Realacci Ermete , Presidente ... 5 
Coccaro Pasquale , Istruttore tecnico dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale ... 5 
Realacci Ermete , Presidente ... 6 
Coccaro Pasquale , Istruttore tecnico dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale ... 6 
Realacci Ermete , Presidente ... 6 
Baruffi Francesco , Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali ... 6 
Realacci Ermete , Presidente ... 6 
Baruffi Francesco , Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali ... 6 
Realacci Ermete , Presidente ... 7 
Baruffi Francesco , Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali ... 7 
Realacci Ermete , Presidente ... 7 
Baruffi Francesco , Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali ... 7 
Realacci Ermete , Presidente ... 8 
Baruffi Francesco , Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali ... 8 
Realacci Ermete , Presidente ... 8 
Baruffi Francesco , Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali ... 8 
Realacci Ermete , Presidente ... 8 
Baruffi Francesco , Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali ... 8 
Realacci Ermete , Presidente ... 8 
Pintus Mariano Tullio , Funzionario dell'Autorità di bacino della regione Sardegna ... 8 
Realacci Ermete , Presidente ... 8 
Pintus Mariano Tullio , Funzionario dell'Autorità di bacino della regione Sardegna ... 8 
Realacci Ermete , Presidente ... 10 
Pintus Mariano Tullio , Funzionario dell'Autorità di bacino della regione Sardegna ... 10 
Realacci Ermete , Presidente ... 10 
Pintus Mariano Tullio , Funzionario dell'Autorità di bacino della regione Sardegna ... 10 
Realacci Ermete , Presidente ... 10 
Neglia Mario , Componente del Dipartimento regionale dell'acqua e dei rifiuti del distretto idrografico della Sicilia ... 11 
Realacci Ermete , Presidente ... 11 
Sanna Giovanna (PD)  ... 12 
Realacci Ermete , Presidente ... 12 
Sanna Giovanna (PD)  ... 12 
Daga Federica (M5S)  ... 12 
Mariani Raffaella (PD)  ... 12 
Pili Mauro (Misto)  ... 13 
Realacci Ermete , Presidente ... 14 
Neglia Mario , Componente del Dipartimento regionale dell'acqua e dei rifiuti del distretto idrografico della Sicilia ... 14 
Realacci Ermete , Presidente ... 15 
Neglia Mario  ... 15 
Realacci Ermete , Presidente ... 15 
Baruffi Francesco , Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali ... 15 
Realacci Ermete , Presidente ... 15 
Baruffi Francesco , Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali ... 16 
Realacci Ermete , Presidente ... 16 
Baruffi Francesco , Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali ... 16 
Realacci Ermete , Presidente ... 16 
Coccaro Pasquale , Istruttore tecnico dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale ... 16 
Realacci Ermete , Presidente ... 16 
Coccaro Pasquale , Istruttore tecnico dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale ... 16 
Realacci Ermete , Presidente ... 16 
Coccaro Pasquale , Istruttore tecnico dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale ... 16 
Realacci Ermete , Presidente ... 16 
Pintus Mariano Tullio , Funzionario dell'Autorità di bacino della regione Sardegna ... 16 
Pili Mauro (Misto)  ... 17 
Pintus Mariano Tullio , Funzionario dell'Autorità di bacino della regione Sardegna ... 17 
Pili Mauro (Misto)  ... 17 
Pintus Mariano Tullio , Funzionario dell'Autorità di bacino della regione Sardegna ... 17 
Pili Mauro (Misto)  ... 17 
Pintus Mariano Tullio , Funzionario dell'Autorità di bacino della regione Sardegna ... 17 
Realacci Ermete , Presidente ... 18 

Allegato 1: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale ... 19 

Allegato 2: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali ... 25 

Allegato 3: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'Autorità di bacino della regione Sardegna ... 30

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Civici e Innovatori PER l'Italia: Misto-CIpI;
Misto-Direzione Italia: Misto-DI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI-Liberali: Misto-FARE!PRIL;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERMETE REALACCI

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera, nonché la trasmissione diretta sulla web tv.

Audizione di rappresentanti dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale, dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali, dell'Autorità di bacino della regione Sardegna e del Distretto Idrografico della Sicilia

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'emergenza idrica e sulle misure necessarie per affrontarla l'audizione di rappresentanti dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale, dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali, dell'Autorità di bacino della regione Sardegna e del Distretto Idrografico della Sicilia.
  Chiedo ai rappresentanti delle Autorità di bacino se abbiano già inviato documentazione. Per noi è molto importante disporre di documenti scritti che possiamo consegnare a tutti i colleghi e rendere accessibili sul sito.

  MARIO NEGLIA, Componente del Dipartimento regionale dell'Acqua e dei rifiuti del Distretto idrografico della Sicilia. Presidente, mi scusi, come regione Sicilia non abbiano ancora provveduto ad inviare documentazione.

  PRESIDENTE. La documentazione può essere inviata anche in seguito. Come ho già anticipato, queste audizioni sono collegate a un'indagine conoscitiva sull'emergenza idrica, sulla pianificazione degli interventi e sulle soluzioni per evitare che alcuni eventi si ripetano. Come avrete avuto modo di vedere, stiamo ascoltando tutti i soggetti coinvolti in materia, dal sistema delle imprese agli organi territoriali. Mercoledì prossimo audiremo l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, per capire che cosa è utile fare.
  Oggi rappresentate quattro soggetti diversi. Direi che avete 10 minuti a testa per esprimere il vostro punto di vista, in maniera tale che poi ci potrà essere un'interlocuzione con i colleghi presenti. Decidete voi l'ordine. L'ordine che ho qui – e che seguirei in assenza di opinioni contrarie – prevede per prima l'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale.
  Do quindi la parola all'ingegner Pasquale Coccaro.

  PASQUALE COCCARO, Istruttore tecnico dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale. Presidente, porto i saluti del segretario generale, che ha comunicato di essere impedito a partecipare.
  Rappresenterò brevemente la situazione descritta nell’abstract che vi abbiamo inviato e in cui abbiamo tratteggiato alcuni aspetti peculiari del distretto.
  Quello dell'Appennino meridionale è un distretto ricco d'acqua, se si parla in termini assoluti di disponibilità idriche in condizioni naturali, quindi anche per i successivi utilizzi. Le sue caratteristiche tuttavia configurano una situazione nella quale Pag. 4la distribuzione della risorsa idrica non è omogenea nell'ambito del territorio distrettuale. Questa mancata omogeneità ha portato nel tempo a configurare un sistema interregionale di utilizzo, di vettoriamento e di adduzione della risorsa molto articolato.
  Per dare un'idea delle dimensioni, ragioniamo di un sistema acquedottistico – finalizzato non soltanto all'uso potabile, ma anche a quello agricolo e industriale – che arriva a movimentare mediamente in un anno circa 900 milioni di metri cubi. Potete immaginare in termini di importanza e di utilizzo l'impatto di un sistema del genere.
  In una situazione come quella attuale, in cui la disponibilità è sicuramente ridotta per le condizioni climatiche che si sono determinate negli ultimi periodi, questo sistema ha avuto riverberi che non riguardano più singole aree. Proprio per la loro interconnessione, la gestione di una situazione critica in determinate aree comporta necessariamente un riequilibrio, comunque un'azione di governance della risorsa, che sia mirata e inquadrata in un'ottica di natura distrettuale.
  Va tenuto anche conto di un aspetto che, al di là delle condizioni di carattere climatico che si sono determinate e quindi di ridotta disponibilità della risorsa, la «corretta interpretazione» di questa crisi non può prescindere da un inquadramento delle problematiche che caratterizzano il sistema idrico nell'ambito del territorio del distretto dell'Appennino meridionale e che riguardano, tra l'altro, fattori di natura infrastrutturale: oltre ad un elevato livello di perdite idriche, che in alcune aree raggiunge anche il 70 per cento, penso agli accumuli.
  Dagli ultimi dati che abbiamo raccolto insieme al servizio dighe del Ministero delle infrastrutture, parliamo, come dato nominale, di uno scarto rispetto alle potenzialità di invaso di circa 500 milioni di metri cubi.
  Questo significa che le problematiche infrastrutturali condizionano i volumi di invaso, e quindi la disponibilità potenziale di risorsa: le limitazioni imposte a livello di invaso riducono automaticamente, anche in presenza di fluenze adeguate e sufficienti, i volumi stoccabili. Ciò si riverbera a cascata sui comparti di utilizzo.
  Questo fornisce indicazioni di un fatto. Essenzialmente, al di là della gestione del dato emergenziale, quale quello che si è consolidato nelle situazioni attuali, ci sono problematiche di natura strutturale che hanno la necessità di essere affrontate in un'ottica di ordinarietà, se così possiamo chiamarla, e che fondamentalmente possono essere declinate in alcuni punti salienti.
  Questi riguardano: un'azione di natura infrastrutturale (per il recupero del livello di perdite idriche e dei volumi di invaso, quindi con la soluzione di determinati problemi di natura infrastrutturale importante); un riordino e una razionalizzazione degli schemi e delle fonti di approvvigionamento; un aspetto più di ordine gestionale, vale a dire una riorganizzazione e una razionalizzazione degli utilizzi in funzione delle evoluzioni dei fabbisogni; un riassetto di carattere organizzativo. Molte problematiche, infatti, derivano anche in alcuni ambiti da un assetto gestionale e organizzativo del servizio – e non soltanto del servizio idrico integrato – comunque non sempre efficace.
  Nel caso del distretto dell'Appennino meridionale, immagino come per gli altri distretti, l'Autorità ha avviato attraverso il piano di gestione delle acque le attività legate all'osservatorio. Di fatto, il piano di gestione delle acque prevede, per quanto riguarda la governance, due misure sicuramente importanti: la definizione di un accordo di programma sulla regolamentazione dei trasferimenti dei centri regionali, e su questo sono già intervenute intese bilaterali tra alcune delle regioni interessate da questi trasferimenti; le attività dell'osservatorio, che in questa fase specifica hanno consentito di governare la situazione, definendo azioni di ripartizione della risorsa per le aree interessate dalle situazioni di maggiore crisi.
  Se possiamo declinare alcuni degli elementi più importanti, le principali azioni di ripartizione che sono state attuate hanno riguardato, in parte, l'approvvigionamento Pag. 5del territorio campano, con il trasferimento idrico dal Lazio verso la Campania, previa definizione di una ripartizione d'intesa con le regioni, che ha visto un incremento del contributo in favore dell'Acquedotto della Campania occidentale di mille litri/secondo a fronte dei 3.000 precedentemente concessi, attraverso il quale tra l'altro si è anche concordato...

  PRESIDENTE. Qual è l'Acquedotto della Campania occidentale?

  PASQUALE COCCARO, Istruttore tecnico dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale. Presidente, per darle un'idea, l'Acquedotto della Campania occidentale è quello che parte dalle sorgenti del Gari (Cassino). Le delineo brevemente lo schema. All'altezza del confine campano-molisano, si innesta un ramo che viene dalla zona venafrana (campo pozzi Peccia-Sammucro, sorgente San Bartolomeo), per poi arrivare in territorio campano e essere integrato da risorse nelle zone del campo pozzi di Monte Maggiore.
  È stata fatta anche la valutazione di fattibilità di un intervento che consentirebbe, attraverso un prolungamento dell'Acquedotto Marsicano (che, di fatto, è un ramo dell'Acquedotto della Campania occidentale), a partire dal comune di Cellole, in provincia di Caserta, di approvvigionare le aree meridionali della provincia di Latina. Queste appartengono ai territori distrettuali, che, come è noto, sono affetti da una situazione di crisi abbastanza forte. Si tratta della possibilità di approvvigionare queste aree con un intervento di fatto non estremamente problematico dal punto di vista tecnico, ma che chiaramente dovrà vedere tempi di realizzazione abbastanza veloci, anche se sicuramente non immediati. Questo consente sicuramente di approvvigionare l'area con una portata di circa 160 litri/secondo, in qualche modo già valutata dal punto di vista della fattibilità tecnica.
  Un'ulteriore azione di ripartizione è stata effettuata, sempre sul territorio campano, per quello che riguarda lo schema Sele-Calore, che è, per intenderci, il principale schema potabile dell'Acquedotto della Campania occidentale; passa attraverso la galleria Pavoncelli, che è stata oggetto anche di recenti opere di infrastrutturazione e di ripristino. È stata effettuata, d'intesa anche con le regioni e con i gestori sia campani sia pugliesi, un'azione di ripartizione della risorsa disponibile alle sorgenti di Cassano Irpino, che costituiscono l'unico punto di contatto tra l’«infrastruttura» gestita da Acquedotto pugliese e l'infrastruttura deputata all'approvvigionamento di parte delle aree irpine e sannite.
  Anche in quel caso, si è individuata un'azione di ripartizione della portata disponibile alle sorgenti al 50 per cento tra le due regioni, a fronte di una precedente suddivisione che prevedeva esclusivamente una fornitura di circa 600 litri alle utenze irpine e sannite.
  Un'ulteriore azione, che è stata anche abbastanza delicata, ha riguardato lo schema dell'Ofanto, che è uno schema a uso plurimo, che ha visto nell'ultimo anno l'attivazione del potabilizzatore di Conza della Campania.
  Lo schema, sul quale tra l'altro grava come utenza anche l'area industriale di Melfi, è passato dall'essere destinato esclusivamente all'approvvigionamento irriguo all'essere destinato all'approvvigionamento irriguo e potabile.
  Anche in quel caso, l'Autorità di bacino distrettuale, attraverso un tavolo tecnico istituito nell'ambito delle azioni dell'osservatorio, ha definito con i gestori sia irrigui sia potabili, quindi anche con la parte industriale, un'azione di ripartizione della risorsa stoccata nell'intero schema, consentendo, in una situazione di crisi oggettiva e di disponibilità non adeguata della risorsa, il completamento della stagione irrigua e la possibilità di assicurare le fonti di approvvigionamento sia al comparto potabile sia all'utenza industriale.
  Tra l'altro, queste sono azioni soggette a un continuo monitoraggio. Periodicamente, sia con i gestori sia con le regioni si tiene un confronto tecnico sulle evoluzioni e sugli impatti delle azioni di regolamentazione avviate. A valle di questo, ci sono state a complemento alcune altre azioni di carattere Pag. 6 «minore», con le quali si è andato a interagire sulle aree che l'osservatorio ha definito come soggette a uno scenario di severità idrica elevata, con limitate, e comunque temporanee, deroghe all'obbligo di rilascio del deflusso minimo vitale (DMV). Penso ad alcune zone del Cilento e anche ad alcune zone dell'Irpinia.

  PRESIDENTE. Ringraziamo l'ingegner Coccaro.
  Queste questioni sono tutte riassunte nel documento che ci avete consegnato?

  PASQUALE COCCARO, Istruttore tecnico dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale. Sono tutte enucleate nel documento. Ovviamente, siamo disponibili ad eventuali integrazioni, se dovessero servire altre informazioni.

  PRESIDENTE. Vedremo se i colleghi avranno richieste di chiarimenti, precisazioni o altro.
  Seguo sempre l'ordine del mio elenco, non perché abbia una sua ratio particolarmente pregnante: adesso abbiamo l'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali. Immagino che parlerà il segretario generale, l'ingegner Baruffi. Prego.

  FRANCESCO BARUFFI, Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali. Premetto che la relazione è contenuta nel documento che ho consegnato, quindi è tutto puntualmente riportato.

  PRESIDENTE. Posso chiedere a tutti di inviarci i documenti anche in formato elettronico, se è possibile?

  FRANCESCO BARUFFI, Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali. Senza dubbio. Nel documento trovate tutta la cronistoria della situazione del 2017, di cui farò una breve sintesi.
  In sostanza, il distretto delle Alpi Orientali è posizionato nel nordest, quindi abbiamo un'elevata piovosità, abbiamo molta acqua. Tuttavia, le variabili climatiche che si possono manifestare condizionano in modo sostanziale i bilanci idrici dei vari bacini. Così è avvenuto nel 2017, come nel 2003.
  In buona sostanza, già nel mese di gennaio avevamo notato che la coltre nivale – che si dovrebbe configurare nei mesi invernali, per durare fino a quelli primaverili – era scarsa; quindi l'osservatorio ha iniziato a monitorare la condizione di potenziale crisi idrica nei mesi di gennaio e febbraio.
  Avevamo visto che la coltre nivale era molto limitata, anormalmente bassa, e quindi prevedevamo che ci potesse essere una crisi nella fase tardo-primaverile, quando iniziano le derivazioni e l'idroesigenza è molto consistente.
  Così è stato, e quindi, come osservatorio, già dal mese di febbraio abbiamo iniziato a dare le prime indicazioni, una tra tutte il posizionamento delle barriere antisale, in particolare nel bacino dell'Adige, che risente molto di questa situazione. Abbiamo inoltre sottolineato l'importanza di dare un'informazione molto puntuale a tutti gli utilizzatori, agricoltori per primi, in quanto si sarebbe potuta verificare nei mesi tardo-primaverili una condizione di crisi idrica. Giudico quest'operazione di informazione molto importante, perché prepara gli utilizzatori a una condizione che potrebbe anche manifestarsi.
  Nel mese di aprile, in effetti, la scarsità della coltre nivale ha prodotto i suoi effetti. Le prese idropotabili – in particolare, vi parlo della situazione più critica, che è stata quella del bacino dell'Adige – che si trovano nel tratto terminale hanno iniziato ad avere problemi di carenza di portata. C'è un rapporto tra portate e livelli condizionato da come nel bacino montano vengono trattenute le acque dai vari serbatoi idroelettrici.
  A fronte di questa situazione, devo dire che con grande spirito di collaborazione delle amministrazioni e degli utilizzatori (idroelettrici, irrigui e idropotabili, sempre presenti) sono stati individuati i provvedimenti di natura urgente che – lo voglio sottolineare – con grande tempestività sono stati posti in essere, in particolare dalle Pag. 7amministrazioni regionali e dalle amministrazioni di Trento e Bolzano, che hanno rilasciato delle quantità e delle portate dai serbatoi idroelettrici tali da assicurare un deflusso sufficiente a garantire le esigenze idropotabili del tratto terminale.
  Tuttavia, la risalita del cuneo salino e altri temi a esso collegati hanno indotto una condizione di criticità. Per fortuna, una perturbazione molto intensa ha alimentato la coltre nivale e ha permesso, in sostanza, di lenire la situazione che si andava creando.
  Nel mese di maggio, con il coordinamento del Ministero dell'ambiente, sono stati coinvolti anche il Ministero dello sviluppo economico e Terna, in particolare, che è stata molto presente nella gestione del sistema. Teniamo presente che il mercato idroelettrico nei bacini montani del nordest è piuttosto sviluppato e, quindi, rischiando di entrare in conflitto con le esigenze idropotabili, andava governato. Così è stato e c'è stata molta disponibilità.
  Nel frattempo, l'osservatorio si è preparato per un'eventuale emergenza. Nei mesi di aprile-maggio, abbiamo cominciato a predisporre misure per l'eventualità che la crisi idrica si potesse aggravare: si tratta di misure funzionali a minimizzare i costi eventuali di una possibile crisi idrica.
  Ve le sintetizzo in modo molto semplice. Abbiamo valutato quanto sarebbe costata l'eventuale crisi agricola. Sottraendo l'acqua alle derivazioni, abbiamo valutato il costo economico. Abbiamo valutato il costo di una gestione «anomala» dei serbatoi idroelettrici. In funzione di questo, eravamo pronti a una gestione un po’ particolare dei serbatoi idroelettrici, in quanto rappresentava il costo minore.

  PRESIDENTE. Quello che, cioè, si perdeva in termini di produzione idroelettrica era inferiore al costo di un'eventuale crisi agricola?

  FRANCESCO BARUFFI, Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali. Esatto. L'ordine di grandezza era di 70 milioni di euro per un'anomala produzione idroelettrica e di 150 milioni di euro per l'eventuale crisi del settore agricolo.

  PRESIDENTE. Anche se i soggetti erano diversi, quindi...

  FRANCESCO BARUFFI, Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali. Soggetti diversi, che hanno collaborato al tavolo dimostrandosi adempienti, nel senso che abbiamo dato indicazioni e imposto restrizioni, non soltanto noi ma anche le amministrazioni regionali. Lo devo dire.
  In sostanza, quest'attività di collegio, con tutti gli utilizzatori sempre presenti, ha permesso di governare la situazione. Non ultimo, sottolineo l'importante contributo di coordinamento del Ministero dell'ambiente, che ci ha permesso di colloquiare in modo molto immediato con il Ministero dello sviluppo economico, al quale fa capo Terna, e che aveva studiato molto bene la situazione e tutti gli elementi tecnici riportati nel documento che vi abbiamo preparato. Qui c'è tutto, tutti i rapporti e la gestione quotidiana, tutto.
  A fronte di questo, avevamo creato un serbatoio virtuale, che era la somma dei serbatoi, dei gangli fondamentali. Abbiamo gestito la situazione, mettendo da parte 40 milioni di metri cubi per l'emergenza idropotabile. Quelli erano stati congelati e nessuno li poteva toccare. Il resto delle risorse disponibili era oggetto di governo da parte dell'osservatorio con riunioni settimanali – ne abbiamo fatte più di 26 – in cui venivano valutati la situazione e le scelte operative, sulla base di criteri che avevamo preventivamente individuato a livello collegiale.
  La situazione è successivamente migliorata. Nel complesso direi che l'emergenza è stata verificata quotidianamente, anche sabato e domenica, con l'osservatorio, che aveva comunque un ingegnere sempre disponibile a verificare la situazione. Il giorno di Ferragosto, abbiamo chiuso questa fase, in quanto l'idroesigenza agricola è sostanzialmente cessata.
  Concludo questa mia relazione permettendomi un suggerimento. Abbiamo meditato Pag. 8 anche sugli strumenti normativi evidentemente disponibili. L'osservatorio per istituto ha il compito di prevenire le situazioni di crisi, quindi le nostre azioni dovevano essere di natura preventiva. Quando si prevede la condizione di crisi idrica come avvenuto a febbraio, quando abbiamo detto che a maggio qualche pasticcio si sarebbe verificato, si deve prevenire. Quanto all'azione di prevenzione, però, l'articolo 168 del decreto legislativo n. 152 del 2006 fa riferimento a situazioni di emergenza idrica: nel momento in cui non scatta l'emergenza, non si riesce a indurre o a imporre una misura di carattere preventivo.
  L'argomento è complesso, ma meriterebbe una riflessione. Per prevenire, occorre che siano disponibili strumenti che agiscano quando non c'è l'emergenza, altrimenti la situazione è compromessa in partenza. Ho completato.

  PRESIDENTE. Questa è una considerazione interessante. Bisogna capire – lo dico ai colleghi, a Raffaella Mariani e agli altri – se troviamo uno strumento per cui si possono attuare meccanismi di coordinamento un po’ più stringenti, anche in una fase in cui non si è dichiarata l'emergenza. Ciò consentirebbe di prevenire o affrontare l'emergenza.

  FRANCESCO BARUFFI, Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali. Esatto.

  PRESIDENTE. Questo è scritto nella relazione?

  FRANCESCO BARUFFI, Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali. Nella relazione è scritto tutto. Questo commento non è riportato.

  PRESIDENTE. Ce lo mandi.

  FRANCESCO BARUFFI, Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali. Glielo mando volentieri. È induttivamente riportato.

  PRESIDENTE. Passiamo all'Autorità di bacino della regione Sardegna. Chi parla dei due funzionari presenti?

  MARIANO TULLIO PINTUS, Funzionario dell'Autorità di bacino della regione Sardegna. Nella regione Sardegna, la gestione delle risorse idriche cosiddette multisettoriali viene effettuata direttamente dalla regione attraverso il cosiddetto sistema idrico multisettoriale regionale, che racchiude in sé tutti gli utilizzi: irriguo, potabile e industriale sono i principali. Mediamente, si parla di un volume di circa 700 milioni di metri cubi all'anno, di cui circa 450 sono destinati all'irriguo, circa 220 al potabile e solamente 30 milioni di metri cubi all'industriale.
  A questo proposito, faccio un inciso. Poiché in Sardegna è il quarto anno consecutivo di crisi, di emergenza idrica, per l'idroelettrico c'è il vincolo regionale che impone a Enel, principale produttore di energia, di turbinare solamente le portate che vengono utilizzate, quindi solo quelle che vengono destinate agli usi potabili o irrigui o industriali. Solo quelle possono essere turbinate, e quindi utilizzate. Non c'è un utilizzo idroelettrico fine a se stesso...

  PRESIDENTE. Quindi non possono scegliere...

  MARIANO TULLIO PINTUS, Funzionario dell'Autorità di bacino della regione Sardegna. Non possono scegliere quando usarle, esattamente.
  Da parecchio tempo, la regione Sardegna monitora la pluviometria e i volumi invasati nel sistema idrico multisettoriale regionale. In particolare, in attuazione dell'emergenza idrica che vi fu a metà degli anni Novanta, più o meno, è stato messo in piedi un sistema di monitoraggio e preallarme della siccità. Attraverso questo sistema informativo, consultabile via Web attraverso il sito regionale, vengono prodotti mensilmente dei bollettini che rendono conto, per ciascuno degli invasi della Sardegna, dello stato di consistenza della risorsa e del livello di criticità. Pag. 9
  Sin da allora, sono stati individuati quattro livelli di «criticità»: il livello ordinario; il livello di vigilanza, a seguito del quale già iniziano a partire le prime misure; il livello di pericolo; il livello di emergenza. Attualmente, tutti gli invasi della Sardegna si trovano nello stato di pericolo o di emergenza. In particolare, siamo in stato di emergenza nella zona nord-occidentale della Sardegna e anche nella zona dell'Iglesiente, mentre in tutti gli altri invasi in linea di massima ci si trova a livello di pericolo.
  La gestione delle risorse idriche in Sardegna è di tipo pluriennale. Questo vuol dire che le capacità di invaso sono tali per cui a carenze annuali si può sopperire in linea di massima per due o tre anni. Questo vuol dire che per due o tre anni in linea di massima è possibile utilizzare più acqua di quella che entra negli invasi.
  Al momento, essendo questo il quarto anno consecutivo in cui le risorse che entrano sono minori di quelle che vengono consumate, abbiamo eroso in gran parte degli invasi tutte le scorte disponibili, tant'è che abbiamo individuato delle aree di intervento su cui la cabina di regia istituita a livello regionale procede con tavoli bilaterali tra regione e soggetti direttamente coinvolti nella gestione della risorsa idrica. Parliamo o del gestore del servizio idrico integrato o dei consorzi di bonifica che utilizzano risorse in agricoltura.
  Al momento, tra le situazioni più critiche c'è quella della Sardegna nord-occidentale, in cui si verifica questo problema: il livello del principale invaso, il Temo, è così basso che non permette di garantire le risorse che vanno verso Bosa, a sud della zona nord-occidentale, e la risorsa che invece deve andare verso Sassari. Il livello è così basso che non si riesce a garantire entrambe le erogazioni.
  L'altro invaso, il Coghinas, uno degli invasi principali del centro-nord della Sardegna, al momento è sfruttato alla massima potenzialità. Da mesi, abbiamo dei sistemi di sollevamento che viaggiano al massimo della portata per trasferire le risorse, che invece lì ci sono, verso la zona nord-occidentale.
  Altro nodo cruciale è quello dell'Alto Cigerri, in cui gli invasi di Punta Gennarta e Medau Zirimilis sono ugualmente ai minimi storici. Parliamo di invasi che si trovano a un livello tale da non avere registrazioni simili in passato.
  Per intenderci – faccio un passo indietro – la pluviometria dell'anno idrologico 2016-2017, anno idrologico che inizia il 1° ottobre 2016 e terminerà il 30 settembre 2017, ha registrato in Sardegna le quantità di pioggia più basse mai verificatesi dal 1922 a oggi. Questo avviene in diversi comprensori, in diverse aree idrografiche della Sardegna. È, quindi, veramente un anno molto critico. Purtroppo, non è il primo, ma il quarto di una serie, per cui la criticità è elevatissima in Sardegna.
  Parlavo dell'Alto Cigerri. Qui gli invasi di Punta Gennarta e di Medau Zirimilis, che inizialmente avrebbero dovuto essere utilizzati esclusivamente per scopi irrigui, al momento si stanno utilizzando anche per usi potabili. Purtroppo, infatti, le fonti locali, rappresentate da pozzi e sorgenti, sono in esaurimento. L'abitato di Iglesias, ad esempio, che era in gran parte alimentato da sorgenti, ora si sta alimentando dall'invaso, perché le sorgenti non stanno più producendo la risorsa idrica necessaria.
  Peraltro, si sta provando anche a utilizzare maggiormente l'acqua di miniera, che però per contro ha problemi di concentrazioni di piombo elevate, per cui stiamo cercando di capire come si possa conciliare questo problema con un livello di potabilizzazione più spinto.
  La regione Sardegna sta predisponendo tutti gli atti per chiedere l'intervento della Protezione civile nazionale, avendo già coinvolto gli organi di protezione civile regionali. Laddove la fonte disponibile è quella locale, quindi pozzi e sorgenti, cosa abbastanza diffusa nel territorio regionale, purtroppo non esiste acquedotto o condotta che possa alimentare queste aree. In questi casi, abbiamo coinvolto la protezione civile regionale che ha dato la massima disponibilità, laddove ovviamente i mezzi non fossero impegnati nelle attività di spegnimento Pag. 10degli incendi, a fornire l'acqua tramite autobotti.
  Abbiamo quasi completato l'analisi idrologica relativa anche all'anno 2017, che si concluderà a settembre di quest'anno, ed è intenzione dell'amministrazione regionale chiedere lo stato di emergenza idrica agli organi centrali.

  PRESIDENTE. Pongo una questione che vale anche per tutti gli altri.
  Sappiamo tutti che una parte importante, anzi la maggioranza, dell'acqua va all'agricoltura: c'è una qualche forma di coordinamento non soltanto nella gestione della pre-emergenza o dell'emergenza, ma anche nella pianificazione regionale da questo punto di vista?
  Per capirci, io, che sono un grande frequentatore anche della Sardegna, oltre che del resto d'Italia, ricordo benissimo che c'erano coltivazioni di mais irrigate a pioggia d'estate nella Nurra, che secondo me avrebbero giustificato l'uso di quel mais nell'oreficeria. Se si fosse calcolato quanto costava tutto quel sistema...
  Mi chiedo: sono stati fatti passi avanti? Sappiamo bene che le forme di irrigazione, la selezione delle colture e così via influenzano molto la domanda di acqua. Questo vale per tutti, ma per la Sardegna, vista la criticità della situazione, in maniera particolare.

  MARIANO TULLIO PINTUS, Funzionario dell'Autorità di bacino della regione Sardegna. Sì. Peraltro, la Sardegna è un sistema chiuso, per cui ci si deve arrangiare in casa. Nel documento che abbiamo trasmesso è spiegato anche questo.
  Che cosa accade? All'inizio di ogni anno, l'amministrazione regionale stabilisce quali volumi, dei 700.000 metri cubi di cui ho parlato prima, possono essere resi disponibili per tutti gli usi. In linea di massima, l'utilizzo prioritario è sempre quello potabile. Non si dà, o non si dovrebbe mai dare, una risorsa in agricoltura laddove non fosse garantito anche il potabile, ma non solo. In linea di massima, la scorta di acqua potabile garantita al momento della pianificazione è quella che consente di arrivare non soltanto al 31 dicembre dell'anno, bensì anche al semestre successivo, per avere la certezza che nel frattempo le piogge si siano verificate, e quindi si possa ripianificare la risorsa.
  Il paradosso è che non tutti i sistemi sono interconnessi. Nel caso specifico, la Nurra quest'anno ha avuto una riduzione delle risorse disponibili per uso irriguo di circa il 50 per cento o poco più. La pianificazione è fatta in questi termini: si verifica il volume disponibile e se ne dispone l'utilizzo. Che cosa può accadere? Può accadere che magari in certe aree, in certi territori della Sardegna, si abbiano riduzioni all'uso e in altre no, perché non tutti i sistemi sono interconnessi, ma c'è questa valutazione.

  PRESIDENTE. Vale un po’ il discorso della pre-emergenza. Non è che puoi fare pianificazioni anno per anno. Se si deve cambiare sistema di irrigazione o scegliere colture meno energivore, cioè privilegiare Sella & Mosca, appunto il vino o altro, non lo si fa anno per anno. Sono scelte un po’ più strategiche, che richiedono anche una pianificazione di periodo un po’ più lungo.

  MARIANO TULLIO PINTUS, Funzionario dell'Autorità di bacino della regione Sardegna. Certo. Da questo punto di vista, laddove le situazioni sono più critiche, si cerca di orientare le colture verso quelle meno idroesigenti. Questo viene fatto a livello di pianificazione.
  Quello che ha «sconvolto» quest'anno la Sardegna è il fatto che la crisi si sia presentata nel nord della regione. Purtroppo, è la parte più debole della Sardegna. Storicamente, è quella in cui la risorsa non è mai mancata. Paradossalmente, nel sud della Sardegna siamo più attrezzati. Dovendo far fronte quasi annualmente alla carenza di risorsa, ci sono quelle interconnessioni che garantiscono di spostare risorse da una parte all'altra. Nel nord della Sardegna non è così.

  PRESIDENTE. Passiamo al distretto idrografico della Sicilia con l'ingegner Neglia.

Pag. 11

  MARIO NEGLIA, Componente del Dipartimento regionale dell'acqua e dei rifiuti del distretto idrografico della Sicilia. In Sicilia, il distretto idrografico è gestito dalla regione stessa, in particolar modo dal dipartimento regionale dell'acqua e dei rifiuti, perché ancora non c'è un'autorità che operi, in quanto non è stata istituita. È in fase di organizzazione, sta costituendosi, anzi è stato istituito, ma ancora non si è organizzato, un tavolo tecnico che avrà le funzioni di regia nell'ambito di questo distretto.
  Devo dire, però, che a seguito di un'emergenza idrica frutto di situazioni emergenziali dei primi del 2000, la regione opera una regolazione annuale delle risorse, avendo acquisito per legge la gestione della quasi totalità degli invasi regionali ed avendo quindi contezza dei volumi disponibili. Oltre a quelli gestiti dall'Enel, ha contezza dei volumi disponibili annualmente.
  Si sono organizzati incontri per verificare la domanda potenziale, in particolare per il settore potabile e l'uso irriguo, da parte dei gestori delle reti acquedottistiche nonché dei consorzi. In relazione alla disponibilità, si procede a una ripartizione, a un'attribuzione annuale dei volumi.
  Sono tutte dighe che hanno una natura pluriennale, e questo permette, se non si sfora il tempo massimo per la disponibilità, di regolarne l'utilizzo sperando che l'anno successivo riprendano precipitazioni tali da consentire di accumulare risorsa.
  La Sicilia ha un'altra caratteristica. Oltre alle fonti di falde, quindi sotterranee, ha fonti provenienti da invasi, quindi da accumulo di acque superficiali, sennonché queste subiscono un doppio danno. Il primo è la siccità, quindi la riduzione della piovosità verificatasi negli ultimi anni, in particolare di recente, che si ripercuote sui volumi degli invasi e sul depauperamento delle falde superficiali, in particolare, e di quelle sotterranee. Il secondo è la situazione di abbandono non dico del territorio, ma quantomeno della zona del bacino. L'azione erosiva del terreno è, infatti, aumentata ultimamente, perché non c'è un controllo del territorio e del tipo di colture. Che cosa comporta questo? In alcuni bacini, anzi nella gran parte di essi, si è determinato nel tempo l'interrimento, che ha comportato una riduzione dei volumi d'acqua, cui si è aggiunta nello stesso tempo la limitazione della quota di invaso imposta dall'ufficio tecnico dighe. Questo volume di sedimenti di terra degli invasi ha ostruito in parte gli organi di scarico; per problemi di sicurezza, quindi, probabilmente, l'ufficio tecnico dighe ha ridotto i volumi.
  C'è, così, un duplice aspetto di cui tenere conto: la precipitazione e l'erosione. Tenendo conto di queste condizioni, annualmente le acque vengono ripartite tra gli usi potabile, irriguo e industriale. Ultimamente, abbiamo delle situazioni di crisi, che vengono però monitorate, nella zona del palermitano. C'è attenzione in particolare al fabbisogno potabile per la città di Palermo, perché l'invaso Poma ha ridotto le sue potenzialità ultimamente. C'è una situazione di attenzione alla zona, con incontri periodici.
  Un'altra area molto particolare è quella di Gela, in cui, oltre alla riduzione delle piovosità, c'è anche la questione dell'interrimento: su tre invasi che coprono quest'area, due sono sostanzialmente quasi interriti e hanno problemi di sicurezza, mentre l'altro richiede interventi infrastrutturali.
  È dunque necessario organizzare – e prevediamo di farlo – interventi sulle infrastrutture non dico per ripristinare le condizioni originarie – per questo si richiederebbe anche eliminare il sedimento interrito – ma quantomeno per ritornare ai valori ottimali di quota di invaso.
  In prospettiva, come già accennato, a livello nazionale i fondi di coesione e di sviluppo 2014-2020 prevedono linee di azione sulle dighe e sugli adduttori. La regione Sicilia sta operando alcuni interventi per ripristinare le condizioni di sicurezza, e quindi per aumentare la potenzialità delle dighe.
  Il problema dell'emergenza è sostanziale. C'è un problema emergenziale, tenuto sotto controllo dalla regione, ma legato sempre all'aspetto della carenza di piovosità.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire Pag. 12 per porre quesiti o formulare osservazioni.
  Vediamo se i rappresentanti delle autorità sono in grado di darci risposte immediate. In alternativa possono mandarci successivamente precisazioni.

  GIOVANNA SANNA. Vorrei innanzitutto ringraziare l'ingegner Pintus per la chiarezza.

  PRESIDENTE. Solo l'ingegner Pintus?

  GIOVANNA SANNA. Colui che ha parlato e il suo accompagnatore. Mi sto rivolgendo a lui in questo momento. Parlo della mia terra, della Sardegna. L'ingegnere ha saputo rappresentare in modo chiaro la reale situazione stiamo vivendo quest'anno, in particolare. È una situazione che, appunto, deriva da quattro anni di emergenza e di siccità. Al quarto anno, sta dimostrando tutta la grande difficoltà in cui si sta trovando la nostra regione, in particolare il nord della Sardegna, che è la mia zona di provenienza.
  Mi fa piacere che sia stato messo in evidenza il fatto che fino ad ora quella zona non aveva mai creato tutte queste difficoltà: ci eravamo abituati alle emergenze idriche del sud, del Sulcis e così via, e invece quest'anno è in particolare la Sardegna nord-occidentale ad aver creato questa grossa difficoltà.
  Gli interventi di emergenza sono stati tempestivi – questo va riconosciuto – ma, come ha detto il presidente Realacci, la cosa che si deve mettere in evidenza è appunto la differenza dell'erogazione tra il settore irriguo e quello potabile.
  È chiaro che c'è una minore quantità di acqua utilizzata nel settore potabile, il che è probabilmente dovuto al fatto che il numero degli abitanti in Sardegna non è così elevato; però, in particolare d'estate, questo numero si triplica o si quadruplica in alcune zone, come il settore nord-occidentale, con Alghero, Stintino e tutte le importanti città turistiche, che quindi richiedono e hanno richiesto in particolare quest'estate – giustamente, è un settore di traino economico fondamentale per quella zona – un apporto idrico adeguato.
  Il tema che è stato già focalizzato, ma al quale bisogna porre particolare attenzione, è quello dello «spreco» che nel settore del comparto agricolo si verifica soprattutto per alcune colture, che si ritiene non siano di così fondamentale importanza. La programmazione e il raccordo in regione devono essere preventivi, per evitare colture come il mais che, ahimè, sono ancora irrigate a pioggia. Se ci spostiamo verso la zona del Temo e più giù nell'oristanese troviamo colture irrigue, come il riso: nei momenti in cui la regione si trova in queste condizioni, bisogna fare le opportune valutazioni.
  Per quanto riguarda, poi, gli interventi immediati, laddove ne siano stati programmati, mi auguro che, visto che abbiamo posto l'accento sul nord della Sardegna, finalmente si parta da quelle zone, soprattutto da quelle in cui mancano le interconnessioni.
  Approfitto per ringraziare tutti i presenti.

  FEDERICA DAGA. Vi ringrazio per essere venuti qui a raccontare la vostra esperienza e le vostre indagini.
  Mi chiedo se durante la fase di indagine abbiate valutato la quantità di perdite delle reti nelle vostre regioni, se abbiate concordato insieme ai gestori idrici locali anche un piano di rientro, se abbiate idea del rapporto tra perdite e acque immesse.

  RAFFAELLA MARIANI. Anch'io ringrazio gli auditi per i contributi molto utili che hanno posto all'attenzione della nostra Commissione. Vorrei fare alcune domande.
  Capisco anche che la situazione sia differenziata. Il lavoro che abbiamo fatto tutti insieme, anche con il recepimento delle direttive 2000/60/CE in materia di acque e 2007/60/CE sulle alluvioni, almeno nell'intenzione del Parlamento e del legislatore, era quello di semplificare la governance di meccanismi così articolati che riguardano la gestione, ma anche la programmazione e la progettualità per il futuro.
  Alla luce anche dell'impellenza degli effetti dei cambiamenti climatici, considerato Pag. 13quello che purtroppo stiamo vedendo anche in queste settimane, ritenete che la governance – il rapporto tra le autorità di distretto, gli enti gestori, gli enti locali e le regioni non è indifferente, in alcuni casi le cose sono ancora sovrapposte – possa avere un'accelerazione?
  Mi pongo la domanda, un po’ anche in linea con l'approccio del cittadino medio dopo le tragedie, dopo le gravi emergenze. Vi rivolgete al legislatore per dire che il sistema è ancora troppo complesso. Mentre noi siamo convinti che nella programmazione una serie di soggetti, come quelli che fanno parte degli osservatori, siano utilissimi, voi avete suggerimenti da dare invece sull'attuazione e anche sulla tempistica?
  Accade al Parlamento, ma accadrà così anche negli enti di governo locali e regionali: entro le prossime leggi di bilancio di ciascun ente dovremmo essere in grado, rispetto alle istanze dei territori delle varie regioni, di dire se ci sono priorità da indicare e in quale direzione.
  Qui abbiamo parlato, e anche voi lo avete fatto, di perdite eccessive delle reti, di infrastrutture, di un problema sugli invasi per il distretto meridionale. Non ho compreso quale sia il problema, ma c'è un problema anche di gestione del livello.
  Mi interrogo anche sui costi. La programmazione di un'emergenza virtuale, ma neanche tanto, e quindi il riallocamento del prelievo a uso irriguo o a uso idroelettrico, comporta la destinazione di risorse. In quel caso, noi ci domandiamo: è un sistema che si autogoverna, si bilancia a livello territoriale? In pratica, chi paga? C'è bisogno di un aiuto ulteriore dello Stato?
  Pongo un'ultima domanda.
  I fondi di coesione riguardano una parte delle regioni, non tutte. Anche se dal punto di vista ambientale non c'è distinzione, le regioni a maggior rischio idrico sono quelle meridionali e delle isole. Su quei fondi avete già avviato una riflessione, ma anche una progettazione? Avete parlato del periodo 2014- 2020. Arriviamo alla fine dell'anno e siamo al 2018: noi vorremmo che questi fondi fossero utilizzati, anche per dimostrare alla Commissione europea che ne avremmo bisogno di altrettanti.
  Da questo punto di vista, prevedete un rispetto dei tempi o c'è bisogno di un'accelerazione, di un aiuto? Vorremmo inserire questi dati nell'indagine conoscitiva per essere d'aiuto anche al Governo.

  MAURO PILI. Io intervengo su alcune questioni di carattere generale, utili anche per il lavoro della Commissione.
  Intanto, ovviamente parliamo di sistemi idrografici diversi, alcuni dei quali, come quello della Sardegna, totalmente avulsi dal sistema nazionale, quindi con loro specifiche prerogative. Credo, però, che stia emergendo un dato importante per quanto riguarda la Commissione e il suo lavoro relativamente al fatto che monitoriamo in maniera puntuale lo stato dell'arte della capacità dell'invaso dei singoli bacini delle singole aree idrografiche, ma non abbiamo il quadro di due elementi essenziali.
  Il primo elemento riguarda la quantità di acqua che disperdiamo e che non riusciamo ad accumulare. Abbiamo esempi, come in Sardegna, in cui in questi anni ci sono state realtà – cito per tutte la diga Maccheronis di Posada, al centro della Sardegna, ma potrei parlare anche del Coghinas nella parte settentrionale dell'isola, – che hanno buttato in mare centinaia di milioni di metri cubi d'acqua, non essendo state in grado di invasare quella quantità, con una mancata capacità non tanto di invaso, quanto di connessione dei sistemi idrografici.
  Sarebbe utile capire, intanto, il potenziale delle singole aree, di ogni area di cui stiamo parlando in queste audizioni: quanta acqua è piovuta; quanta siamo stati in grado di incamerare; quanta siamo stati in grado di trasferire. Emerge chiarissimamente, e cito il caso della Sardegna, una totale incapacità di trasferire dal nord, per esempio, al centro e dal centro al nord: era uno dei temi essenziali dell'interconnessione dei bacini idrografici, che da ormai quindici anni si è bloccato.
  Voglio ricordare che la legge obiettivo aveva posto come elemento cardine il blocco alle attività di pianificazione e realizzazione di nuovi invasi e aveva detto: siccome nel bilancio idrico della Sardegna, ma credo in tutta Italia, c'è un potenziale, bisogna Pag. 14cercare di articolare in maniera chiara e di interconnettere i bacini per renderli omogenei nella distribuzione e nella gestione. Noi non abbiamo questo bilancio. Io ho un bilancio che posso fare a occhio, andando in giro per tutte le dighe, ma non ho la proiezione di quello che sarebbe dovuto essere se avessimo gestito in maniera oculata e puntuale le risorse idriche disponibili.
  Quest'aspetto, secondo me, è fondamentale per la Commissione ai fini dell'indagine conoscitiva, per capire quale indirizzo dare: se realizzare nuove dighe, se fare le interconnessioni o se lavorare su una politica di risparmio che, per quanto ci riguarda, ha una notevole importanza per la nostra Commissione, e lo dico al presidente, che so essere sensibile su questo versante.
  Il nord della Sardegna è in questa situazione non soltanto perché è piovuto poco, ma anche perché sono state «foraggiate» attività agricole funzionali alla produzione di energia. Gran parte delle risorse idriche irrigue del comprensorio della Nurra sono funzionali a produrre biomasse, quindi con un consumo idrografico, idrico, irriguo assolutamente fuori dalle norme. Non è un'agricoltura funzionale al consumo umano o zootecnico. È funzionale a foraggiare attività energetico-ambientali che sono state messe in campo non soltanto in quella parte della Sardegna, ma in tutta la regione: lì tuttavia il consumo è stato eccessivo.
  C'è, quindi, anche questa linea di indirizzo. Non possiamo utilizzare le risorse idriche per produrre biomassa destinata a creare energia. Sarebbe un processo devastante sul piano agricolo e sul piano del consumo idrico. Questo è un tema su cui penso che dovremmo metterci a lavorare.
  Concludo, presidente, perché il tema idrico non è certamente slegato dalla partita su cui questa Commissione ha una competenza primaria, vale a dire quella del sistema idrogeologico.
  Per il caso di Livorno – ma citerei anche quello di Olbia –, in cui si utilizzano vasche di laminazione a bordo città, che sono devastanti sotto ogni punto di vista, penso che occorra valutare, e lo dico qui, l'ipotesi di un grande progetto strategico che ripristini la vecchia logica del governare anche attraverso laghetti collinari un sistema agricolo di compensazione, quindi con vasche di laminazione sostanziali per il sistema irriguo, proprio per non caricare eccessivamente il sistema idrografico dei grandi invasi, creando anche quelle articolazioni ambientali che possono essere fondamentali su questo versante.
  Credo che ci siano elementi che devono essere messi in campo da questa Commissione su più versanti. Credo che il sistema del consumo idrico sia fondamentale sotto molteplici punti di vista.

  PRESIDENTE. Sono state poste questioni molto rilevanti, che non credo possano avere completa risposta in questa sede. A parte chi non ha ancora inviato il materiale, chiedo a tutti di integrarlo, perché credo che molte delle informazioni richieste dai colleghi richiedano un minimo di riflessione e di coordinamento.
  Se qualcuno di voi vuole intanto dare delle prime risposte, in maniera abbastanza telegrafica, gli do la parola.

  MARIO NEGLIA, Componente del Dipartimento regionale dell'acqua e dei rifiuti del distretto idrografico della Sicilia. Presidente, le questioni poste dagli onorevoli alla fine trovano un riscontro nelle nostre azioni future. Vedo che sono questioni che ci eravamo chiesti come affrontare.
  Pensando anche a come rendere propositivo il documento, abbiamo individuato come suggerimento, oltre agli interventi puntuali sulle dighe esistenti per il recupero dei volumi e quindi sostanzialmente della sicurezza, la realizzazione di nuovi invasi di tipo collinare, per recuperare ulteriori risorse e collegarle tra loro, in modo che facciano da polmone per gli invasi più grandi che sono a valle.
  Ci sono, però, anche gli interventi fisici sul territorio. Non vanno omessi. Un'altra questione che, infatti, si pone nella gestione delle dighe, qualora si dovessero recuperare volumi con il dragaggio, è che non sappiamo che cosa fare di questo materiale. Pag. 15 Diventa un problema. Oggi, siamo obbligati a predisporre progetti di gestione, che devono prevedere già nella fase di manutenzione, specialmente nel dragaggio, la destinazione del materiale. Questo è un problema.
  Molte volte, non sappiamo se il materiale è buono. Se è buono, chi può utilizzarlo? In agricoltura come ammendante? Potrebbe esserci bisogno di una normativa, che regolasse la questione? In questo caso, c'è la norma su terre e rocce di scavo. Potrebbe essere un tema di analisi a livello legislativo.
  L'altra questione è quella delle perdite, ma...

  PRESIDENTE. C'è anche quella, posta dalla collega Mariani, sullo stato degli investimenti, sul livello di utilizzo dei fondi comunitari. Anche quello ci è utile capire.

  MARIO NEGLIA. Componente del Dipartimento regionale dell'acqua e dei rifiuti del distretto idrografico della Sicilia. Vista la situazione, nell'attività di gestione l'organo di controllo ci impone continuamente delle prescrizioni e, dovendo misurarci con il portafoglio di cui la regione dispone per quanto riguarda le dighe, ogni volta tiriamo la coperta da una parte all'altra, scoprendo sempre qualche cosa e non riuscendo a fare tutto.
  Abbiamo previsto interventi di recupero sulle dighe della regione, su indicazione del Ministero competente, che in questo caso ha voluto intervenire su quasi tutte quelle che hanno problemi strutturali per ripristinare la sicurezza, più che altro. Come attuatori dovremmo essere coinvolti, anche utilizzando i fondi del Programma Operativo cofinanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e del patto per la Sicilia, di cui alla delibera CIPE n. 25 del 2016, per intervenire su queste infrastrutture.
  Sui tempi, francamente...

  PRESIDENTE. Devo chiedervi di concludere, altrimenti non ce la facciamo.

  FRANCESCO BARUFFI, Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali. Intervengo per una brevissima considerazione su quanto veniva prima richiamato in merito alla capacità dei distretti idrografici di operare la sintesi necessaria.
  Sostanzialmente, è un processo culturale. Io ho vissuto l'attuazione della legge n. 183 del 1989 fin dall'inizio: lo stesso problema si è posto, nel momento in cui le autorità di bacino erano soggetti che avevano una loro instabilità. Il distretto deve partire con un altro passo.
  Mi permetto di sottolineare – lo faccio perché credo che questa sia una sede assolutamente autorevole – che la direttiva europea sulle acque è del 2000 e l'Italia... Purtroppo, credo che nel nucleo delle due direttive – oltre alla citata 2000/60/CE mi riferisco alla direttiva 2007/60/CE sulle alluvioni – ci siano elementi di assoluto interesse molto sottovalutati: molto spesso le regioni non colgono l'impegno che deve essere posto nell'attuazione di queste direttive. Ciò viene trascurato e l'Italia si trova sistematicamente in una condizione di impasse.
  Siamo sotto osservazione, nell'ambito del sistema di precontenzioso EU-pilot, per vari motivi. Tutto questo necessita di un processo culturale e organizzativo estremamente serio. Bisogna partire con il piede giusto, con le giuste organizzazioni e attenzioni, e bisogna evidentemente essere sempre molto preparati.
  Faccio un'ultima considerazione e concludo.
  Relativamente al fatto che l'acqua viene buttata in mare, rappresento che entro il mese di dicembre dovremo adottare a livello nazionale l’Ecological flow richiesto dalle due direttive – l'Europa ci sta tenendo sotto monitoraggio proprio su questo aspetto –, che prevedrà il monitoraggio di diversi indicatori in termini non soltanto di portate, ma anche di valutazione dello stato qualitativo dei corpi idrici, che indurrà una condizione assolutamente molto più ampia e gravosa di rilasci.

  PRESIDENTE. È un'evoluzione del deflusso minimo vitale.

Pag. 16

  FRANCESCO BARUFFI, Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali. Molto di più. Sì, è un'evoluzione.
  Noi abbiamo una situazione molto conflittuale all'interno e la stiamo vivendo intensamente, proprio perché quelle sottese dall'acqua sono le economie che, sostanzialmente, governano la sua utilizzazione, e concludo il mio discorso.

  PRESIDENTE. Sono curioso di sapere quanta dell'acqua che rilasciate arriva alla foce. Non risponda adesso.

  FRANCESCO BARUFFI, Segretario generale dell'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali. La critica che viene avanzata è che ne arriva molto poca, nel senso che viene molto utilizzata.

  PRESIDENTE. Pensavo alla risalita del cuneo salino. Quanta ne dovete buttare per fermare la risalita del cuneo salino?

  PASQUALE COCCARO, Istruttore tecnico dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale. Offro soltanto qualche spunto, innanzitutto su quello che diceva lei, presidente, a proposito di un'azione rispetto ai fabbisogni.
  Come giustamente richiamato dal presidente, credo che una delle misure individuate nell'atto di pianificazione, da ciascuna autorità – nel caso del distretto dell'Appennino meridionale lo abbiamo fatto –, sia stata proprio quella di una riorganizzazione e revisione dei fabbisogni materiali.
  Con l'azione dei soggetti competenti rispetto all'attuazione di determinate constraints, se così possiamo chiamarli, si può anche arrivare a modifiche degli assetti culturali piuttosto che a evoluzioni dei fabbisogni di utilizzo. Nell'attuazione dello strumento di pianificazione, lo sforzo delle autorità è sempre quello di andare verso una razionalizzazione, un'ottimizzazione dell'utilizzo.
  Quanto al discorso sul fondo per lo sviluppo e la coesione, è un tema sicuramente delicato. Nei piani tutti noi abbiamo individuato alcune misure. Nel caso del distretto dell'Appennino meridionale c'è una serie di interventi di carattere prioritario, chiaramente posti in capo alle regioni. Ovviamente, da questo punto di vista stiamo compulsando le regioni affinché si vada verso l'attuazione di determinati interventi, che riguardano anche la problematica già sollevata dell'interconnessione dei diversi schemi.
  Faccio un esempio banale. L'interconnessione dello schema dell'Acquedotto occidentale con quello dell'Acquedotto campano consentirebbe – uso un termine tecnico, ma mi perdonerete – di pendolare la risorsa tra le due adduttrici nel momento in cui ci dovessero essere delle problematiche. Se oggi, per un motivo o per un altro, come è capitato, dovessimo avere una rottura su una delle dorsali – essendo la connessione praticamente a valle, in prossimità dei grossi comparti di utilizzo – non avremmo la possibilità di ripartire la risorsa rispetto alle necessità.
  Sicuramente, è un tema importante cui va posta attenzione.

  PRESIDENTE. Le devo chiedere di concludere.

  PASQUALE COCCARO, Istruttore tecnico dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale. Quello delle perdite è un discorso...

  PRESIDENTE. Aspettiamo i numeri.

  PASQUALE COCCARO, Istruttore tecnico dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale. Mediamente, per le aree, come possono essere quelle dell'Acquedotto pugliese, dagli ultimi dati che ci hanno fornito ragioniamo intorno al 40-42 per cento. Dipende un po’ dalle aree. Ci sono aree dove arriviamo anche al 70 per cento.

  PRESIDENTE. Dati, grazie.
  Voi avete, credo, già espresso...

  MARIANO TULLIO PINTUS, Funzionario dell'Autorità di bacino della regione Sardegna. Pag. 17 Intanto, ringrazio per le osservazioni fatte dagli onorevoli.
  Quanto allo spreco in agricoltura, ovviamente noi siamo contro l'irrigazione a pioggia, per cui incentiviamo le altre forme di irrigazione. Nel programma di sviluppo rurale abbiamo previsto degli incentivi per gli agricoltori che passeranno ad altri sistema di irrigazione.
  Per quanto riguarda le interconnessioni, il nord della Sardegna è l'area più deficitaria, tant'è che l'anno scorso si è compensata la carenza del Liscia, che era in crisi – parlo della zona di Olbia – arrivando a spingere le acque del Coghinas attraverso le condotte di Abbanoa, non di quelle del sistema idrico multisettoriale, perché abbiamo interfacciato i due sistemi tramite GIS (Geographic Information System). Ci siamo appoggiati alle condotte di Abbanoa per arrivare sino a Santa Teresa e a Olbia con le acque del Coghinas.
  Quest'anno sul Liscia va meglio, va peggio nel sassarese, per cui abbiamo convogliato lì la massima portata. C'è una pompa da Santa Maria Coghinas che spinge oltre un metro cubo di acqua al secondo verso Sassari, ed è costantemente accesa, da più di un anno. Ovviamente, facciamo degli interventi per farle ruotare.
  Per quanto riguarda le perdite, queste sono variabili da comune a comune. Sassari, visto che siamo in tema, ha perdite elevatissime, che superano anche il 50 per cento. Il problema delle perdite è che, laddove sono concentrate, si può intervenire in maniera puntuale e abbatterle. Quando le perdite sono distribuite, il problema è più complesso, perché occorre rifare tutte le condotte e tutti gli allacci.
  Da questo punto di vista, si utilizzeranno le risorse economiche messe a disposizione.
  Sulla tempistica ho paura che siamo un po’ in ritardo.
  Per quanto riguarda l'evoluzione del clima, dal punto di vista pluviometrico dal 1922 a più o meno il 1975 l'andamento storico delle piogge in Sardegna si è mantenuto stazionario. Ciò vuol dire che c'erano dei picchi di pioggia, ma la media era costante. Dal 1975 al 1984, più o meno, c'è stata un'inclinazione verso il basso, e purtroppo dal 1984 a oggi, pur essendoci una certa variabilità, la media è calante. Questo vuol dire che sta piovendo sempre meno e sempre peggio, come saprete, per cui occorrerà rivedere gli strumenti di pianificazione per la gestione delle risorse idriche, cui stiamo lavorando.
  Per quanto riguarda l'osservazione relativa alle dispersioni di acqua andate a mare, purtroppo questioni di sicurezza e laminazione delle piene vanno contro l'accumulo di risorsa. Laddove è previsto che l'invaso debba fare un servizio di «piena», non si può riempire fino ad una certa data: purtroppo il lago artificiale di Posada non si può riempire se non al termine di aprile, quando però le piogge sono terminate. Il problema del lago Posada è che non può accumulare più di 10 milioni di metri cubi alla data del 30 aprile e, successivamente, non è piovuto.

  MAURO PILI. (fuori microfono) Anche perché da dieci anni...

  MARIANO TULLIO PINTUS, Funzionario dell'Autorità di bacino della regione Sardegna.
  Dal punto di vista infrastrutturale, nel Piano Stralcio per l'utilizzazione delle risorse idriche (PSURI) è previsto un invaso a monte della diga del Posada che risolverebbe, a nostro parere, sia i problemi di sicurezza degli abitati a valle, sia i problemi quantitativi.

  MAURO PILI. (fuori microfono) L'opera è in corso da 10 anni...

  MARIANO TULLIO PINTUS, Funzionario dell'Autorità di bacino della regione Sardegna. La diga Abba Luchente?

  MAURO PILI. (fuori microfono) No...

  MARIANO TULLIO PINTUS, Funzionario dell'Autorità di bacino della regione Sardegna. La diga di Abba Luchente è a monte di quella di Maccheronis... Quanto ai lavori di completamento della diga di Maccheronis, Pag. 18 purtroppo, sì. Non ho alcuna forma di difesa in tal senso.
  Per quanto riguarda le attività agricole che producono energia, e quindi biomasse, stiamo lavorando perché vengano disincentivate. È difficile, perché occorre individuare le aziende che fanno quest'attività, prevedendo per esse un pagamento della risorsa non per uso agricolo, ma per uso industriale. A quel punto, la risorsa costerebbe così tanto che se ne disincentiverebbe l'uso.

  PRESIDENTE. Aspetto questi dati, perché possono essere utili.
  Se posso dire una cosa sulle perdite, l'ACEA a Roma ha molti difetti e, in particolar modo, ha fatto molti errori, è partita troppo tardi nell'affrontare il ragionamento di cui si diceva prima, emergenza, prevenzione e così via, ma ha fatto un buon lavoro sul recupero delle perdite. Con un'azione sulle perdite minute – non stiamo parlando di nuove condotte – ha recuperato oltre mille litri al secondo. È vero che Roma ha un consumo d'acqua alto, ma non è poca roba. Se capiamo che siamo in una nuova fase, forse si può fare qualcosa anche in questa direzione.
  Ringrazio i nostri ospiti e autorizzo la pubblicazione della documentazione depositata in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegati).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.15.

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ALLEGATO 2

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ALLEGATO 3

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