XVII Legislatura

VIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 5 di Martedì 1 agosto 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Realacci Ermete , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'EMERGENZA IDRICA E SULLE MISURE NECESSARIE PER AFFRONTARLA

Audizione di rappresentanti di Utilitalia (Associazione delle imprese idriche, energetiche e ambientali).
Realacci Ermete , Presidente ... 3 
Valotti Giovanni , presidente di Utilitalia e di A2A Spa ... 3 
Realacci Ermete , Presidente ... 6 
Valotti Giovanni , presidente di Utilitalia e di A2A Spa ... 6 
Romano Paolo , presidente della Commissione di Acqua Utilitalia e amministratore delegato di Smat Spa ... 7 
Realacci Ermete , Presidente ... 8 
Romano Paolo , presidente della Commissione di Acqua Utilitalia e amministratore delegato di Smat Spa ... 8 
Realacci Ermete , Presidente ... 9 
Romano Paolo , presidente della Commissione di Acqua Utilitalia e amministratore delegato di Smat Spa ... 9 
Valotti Giovanni , presidente di Utilitalia e di A2A Spa ... 9 
Realacci Ermete , Presidente ... 10 
Valotti Giovanni , presidente di Utilitalia e di A2A Spa ... 10 
Lanzalone Luca Alfredo , vice presidente di Utilitalia e presidente di Acea Spa ... 10 
Realacci Ermete , Presidente ... 12 
Braga Chiara (PD)  ... 12 
Realacci Ermete , Presidente ... 13 
Bratti Alessandro (PD)  ... 13 
Daga Federica (M5S)  ... 14 
Realacci Ermete , Presidente ... 14 
Valotti Giovanni , presidente di Utilitalia e di A2A Spa ... 15 
Realacci Ermete , Presidente ... 15 
Valotti Giovanni , presidente di Utilitalia e di A2A Spa ... 15 
Mariani Raffaella (PD)  ... 15 
Valotti Giovanni , presidente di Utilitalia e di A2A Spa ... 15 
Realacci Ermete , Presidente ... 15 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dai rappresentanti di Utilitalia ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Civici e Innovatori: Misto-CI;
Misto-Direzione Italia: Misto-DI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI: Misto-FARE!-PRI;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERMETE REALACCI

  La seduta comincia alle 12.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv.

Audizione di rappresentanti di Utilitalia (Associazione delle imprese idriche, energetiche e ambientali).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'emergenza idrica e sulle misure necessarie per affrontarla, l'audizione di rappresentanti di Utilitalia (Associazione delle imprese idriche, energetiche e ambientali).
  Ringrazio i rappresentanti di Utilitalia, anche per aver acconsentito ad anticipare l'audizione. Purtroppo l'ordine del giorno dell'Assemblea ha subito modifiche, quindi abbiamo a disposizione sicuramente tre quarti d'ora, poi verificheremo se ci sono gli estremi per sforare un pochino.
  Chiedo al presidente di contenere la sua relazione in una ventina di minuti, in maniera tale da poter interloquire con i colleghi e valutare poi il prosieguo dei lavori.
  Come sapete, noi abbiamo in corso un'indagine conoscitiva sull'emergenza idrica, che durerà a lungo (chiuderemo i lavori a dicembre). Infatti, su questioni del genere – non lo devo dire a voi, che lo sapete – il problema consiste nell'occuparsene non soltanto quando si verifica un'emergenza, ma anche quando si devono assumere le decisioni che evitano o limitano l'emergenza stessa. Su questo vi chiediamo il vostro punto di vista.
  Io aggiungo soltanto un quesito su cui mi interessa il vostro punto di vista, che è il seguente. L'altro giorno Giorgio Santilli su Il Sole 24 ore ha avanzato una proposta che mi pare interessante. Nella gestione della risorsa acqua esiste una grande disomogeneità fra i diversi soggetti – poi magari voi ce ne spiegherete i motivi –, anche con una componente legata alla latitudine. Infatti, con qualche eccezione, abbiamo un'efficienza maggiore al Nord e un'efficienza molto minore al Centro-Sud. Santilli propone di indurre l'autorità di regolazione, cioè l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, a individuare dei meccanismi che non si limitino a fotografare la realtà, ma che in qualche maniera siano anche premiali e disincentivanti, favorendo le aziende che fanno investimenti più lungimiranti sulla rete e sulla programmazione delle risorse e sfavorendo quelle che non fanno ciò.
  Mi interessa sapere qual è il vostro punto di vista in materia. Capisco che per l'autorità può essere imbarazzante. Tuttavia, un'autorità di regolazione deve essere utile non soltanto per scattare una foto della situazione ma anche per orientare le politiche.
  Do la parola al presidente Valotti per lo svolgimento della sua relazione.

  GIOVANNI VALOTTI, presidente di Utilitalia e di A2A Spa. Grazie a tutti innanzitutto per questa audizione. Siccome siamo una delegazione abbastanza corposa, mi limito a presentare la prima parte. Alla mia destra c'è il vicepresidente di Utilitalia e presidente di Acea, Luca Lanzalone. Inoltre, c'è Paolo Romano, che presiede la Commissione acqua dell'associazione ed è Pag. 4presidente di Smat Torino, una società pubblica in house del comune di Torino. È un decano nel settore e ci ha insegnato tante cose. C'è poi Giordano Colarullo, che è il direttore generale della nostra associazione.
  Vi abbiamo distribuito del materiale, che scorrerò velocemente. Il nostro obiettivo è essere il più asciutti possibile nella presentazione, in modo da riservare tempo alle vostre domande, anche perché credo che molte delle informazioni, almeno quelle relative alla parte iniziale della presentazione, siano a voi note.
  Nella prima slide avete una breve presentazione di Utilitalia. Crediamo di essere un attore importante del sistema in questi giorni, perché la nostra associazione rappresenta la maggior parte delle imprese che si occupano di acqua in Italia e copre, come vedete nella prima slide, circa l'80 per cento della popolazione.
  Utilitalia, come sapete, risulta dalla fusione delle federazioni del gas, dell'acqua e dell'ambiente e ha l'obiettivo di sviluppare una logica industriale al servizio dei cittadini su tutto il territorio nazionale.
  Credo che quelli contenuti a pagina 4 e a pagina 5 della presentazione siano dati noti. Riterrei quasi offensivo illustrarli. Li richiamo semplicemente per dire che la situazione di estrema gravità che stiamo vivendo in questi giorni è sicuramente straordinaria, perché mai come in questo periodo si è verificato un periodo di siccità così accentuato, ma, ahimè, tutti gli studi più importanti ci dicono che sono situazioni con le quali dovremo convivere anche in futuro, per le ragioni che voi mi insegnate, legate al cambiamento climatico e via dicendo.
  In sostanza, piove di più nel Nord Europa e piove molto meno nel Sud Europa, e noi, soprattutto nel Sud dell'Italia, siamo nella parte più interessata da questo cambiamento climatico. Vi abbiamo fatto una piccola esemplificazione a pagina 6, prendendo in esame un distretto che oggi è sotto pressione, come il distretto dell'Appennino in Italia.
  Vi inviterei a dare un'occhiata soltanto al grafico in basso a destra, che sostanzialmente mostra che le situazioni di scarsa piovosità e, quindi, di siccità, se esaminiamo un arco temporale un po’ lungo – qui si parla di quindici anni –, presentano un andamento ciclico. Vedete che nel 2007, nel 2012 e nel 2017 si verifica il medesimo fenomeno: oggi è molto attuale, perché lo stiamo vivendo, ma in parte lo abbiamo già conosciuto precedentemente. Non mi avventuro in previsioni di più lunga durata, però questo andamento a cicli sembra essere la tendenza con la quale dovremo confrontarci anche nei prossimi anni.
  La settima slide serve a ricordare un aspetto cui noi teniamo molto. Ovviamente le nostre aziende si occupano molto degli usi civili dell'acqua, ovvero di tutto il ciclo che, dopo aver portato l'acqua nelle case dei cittadini, arriva fino alla depurazione. Tuttavia, noi riteniamo che il tema della gestione dell'acqua debba essere esaminato con una politica integrata, che veda negli usi agricoli una parte quantitativamente più importante ma qualitativamente altrettanto rilevante rispetto agli usi civili e anche agli usi industriali ed energetici.
  Pensate al tema del risparmio di acqua legato al rinnovo dei sistemi di irrigazione tradizionali. Ci sono Paesi nel mondo che da tempo ci danno lezioni su come valorizzare il bene acqua in modo diverso.
  Accenno soltanto ad alcune esperienze che stiamo facendo con le nostre imprese. In questo periodo si parla molto di tecnologia smart. C'è un'area delle tecnologie smart che si chiama Smart Land.
  Per darvi un esempio concreto, noi stiamo facendo una sperimentazione sui vigneti pregiati in Franciacorta e in Veneto, attraverso l'applicazione di chip alle colture vitivinicole e il successivo rilevamento tramite droni che sorvolano i campi ed accumulano dati: con le nuove tecnologie di trattamento dei big data si riescono a ridurre i consumi di acqua e, non banale, di fertilizzanti almeno del 30 per cento rispetto ai metodi tradizionali.
  Io credo che si richieda un'innovazione tecnologica ormai alla portata di tutti, che richiede ovviamente investimenti, ma che potrebbe in gran parte affrontare il primo dei temi, vale a dire quello di ridurre i Pag. 5consumi se il bene acqua diventerà più scarso in futuro, a causa di evoluzioni meteorologiche di varia natura.
  Dunque, dal nostro punto di vista il primo punto è quello di cercare di affrontare il tema a 360 gradi, in relazione ai diversi usi dell'acqua.
  L'altro aspetto riguarda, invece, la filiera verticale dell'acqua, che parte dalla captazione e passa per il trasporto, la potabilizzazione, la distribuzione e, non da ultimo, la depurazione.
  Vedrete che nelle nostre proposte, ad esempio, c'è un tema molto delicato anche dal punto di vista legislativo, che è quello del riuso delle acque depurate. Noi oggi sostanzialmente buttiamo acque, che potrebbero essere invece riutilizzate, ad esempio, per l'irrigazione. Ne parleremo più avanti.
  A pagina 10 della presentazione illustriamo lo stato degli affidamenti. Questo è un problema di carattere più istituzionale. Forse la cartina è quella che visivamente rende di più l'idea. Non so se la conoscete già.
  Come sapete, abbiamo gli affidamenti previsti dalla normativa, che sono in larga parte operativi nel territorio nazionale, però, come vedete, vi sono delle aree grigie, che, ahimè, sono nel Centro-Sud Italia e che a oggi non sono ancora affidate. C'è anche qualche area del Nord in cui gli affidamenti sono in fase di avvio.
  Io sono originario di Brescia. L'ATO (Ambito Territoriale Ottimale) di Brescia, per non parlare sempre del Sud, è veramente a uno stadio iniziale, con il gestore unico che si è costituito di recente, mentre l'acqua non è ancora gestita su ambito provinciale. Questo è un tema rilevante, perché la completa attuazione di questi ambiti è una condizione per fare gli investimenti che servono.
  A pagina 11 si affronta un tema, quello della governance, che ci preoccupa un po’, perché, forse anche con buone intenzioni, ovvero con l'intenzione di avere un sistema che metta al centro la programmazione e che faciliti lo sviluppo degli investimenti e la regolazione dei servizi, oggi noi ci troviamo – lo dico dal punto di vista delle imprese che poi devono gestire il servizio – un intreccio di competenze tra il Ministero dell'ambiente, che ha le competenze in materia di normativa primaria, i distretti idrogeografici, le regioni, gli enti di governo d'ambito e l'autorità di regolazione generale.
  Credo che potrebbe essere utile, dopo una serie di interventi che si sono stratificati nel tempo, pensare a un riordino delle competenze di tutti questi soggetti, per dare a chi gestisce un quadro normativo e regolatorio più certo.
  A pagina 12 della presentazione trovate la situazione dei distretti idrogeografici. Per noi questa è una buona cosa, che andava fatta. Sapete che come Utilitalia partecipiamo tra l'altro ai recentemente costituiti osservatori permanenti.
  A pagina 13 affrontiamo un tema delicato e dolente. Tutti sappiamo che l'acqua è un bene primario e, come tale, deve essere garantita a tutti i cittadini, a prescindere dalle condizioni economiche. Il primo punto è come garantire a tutti un bene pubblico essenziale.
  Questo ci pone una questione rilevante: quale deve essere il livello tariffario adeguato per garantire ai cittadini un servizio di qualità? Nella slide a pagina 13 trovate una comparazione (fonte Eurostat) dei livelli tariffari dell'Italia rispetto a quelli degli altri Paesi europei. Evidentemente noi siamo il Paese in Europa con il più basso livello di tariffe: purtroppo questo spiega la carenza di investimenti, che in tutta Europa sono finanziati principalmente tramite la tariffa, il che a sua volta spiega i guai che stiamo vivendo in questi giorni, perché poi le reti perdono, i depuratori non ci sono, il riuso non si realizza, le tecnologie non si applicano, e via dicendo.
  Ripeto che è un tema molto delicato, perché io credo che ci debba essere un'attenzione – e vi assicuro che c'è – da parte degli operatori per le fasce deboli. Per farvi un esempio, molte imprese che gestiscono l'acqua, autonomamente e non obbligate dalla normativa, hanno attivato dei bonus acqua per i cittadini meno abbienti, per garantire loro l'accesso al bene primario. Pag. 6
  Tuttavia, una riflessione seria va fatta, perché con questi livelli tariffari gli investimenti che possiamo permetterci sono quelli che credo conosciate, cioè esattamente la metà di quelli che sarebbero necessari.
  A pagina 14 della presentazione vedete lo stato delle infrastrutture. Credo che ne abbiate parlato, così come tutti i giornali. Ci sono grandi perdite e una rete vecchia: il 60 per cento della rete ha più di 30 anni e il 25 per cento ha più di 50 anni. Sapete che il metodo regolatorio prevede una durata media della rete di 40 anni.

  PRESIDENTE. Tranne che per i romani.

  GIOVANNI VALOTTI, presidente di Utilitalia e di A2A Spa. Tranne che per i romani. Noi invidiamo molto i romani. Molti ci hanno detto in questo periodo: «Perché quando c'era Giulio Cesare tutto funzionava?» Se non è troppo irrituale rispetto alla sede, mi vien da pensare che quando c'era Giulio Cesare innanzitutto decideva tutto lui e non doveva mediare tra 24 organismi come succede a noi. Inoltre, il costo del lavoro era leggermente più basso, grazie alla schiavitù. Io spero, naturalmente, che il costo del lavoro non diminuisca di nuovo. Probabilmente poi Giulio Cesare aveva anche più soldi rispetto all'attuale Stato italiano. C'erano una serie di condizioni che hanno agevolato quelle opere che ancora ci invidiano. Inoltre, c'erano un po’ meno abitanti.
  Tuttavia, noi dobbiamo gestire il tempo moderno. Noi un po’ provocatoriamente abbiamo detto: «Attenzione che, se noi andiamo avanti col tasso di sostituzione attuale, per sostituire tutte le reti ci vorranno 250 anni». Credo non sia praticabile come orizzonte.
  È chiaro che oggi, in carenza di risorse per gli investimenti, prevale, soprattutto in alcune aree del Paese, un approccio all'intervento di emergenza. Si riscontra una perdita e si interviene d'urgenza, mentre è più difficile fare interventi programmati che richiedono allocazioni pesanti di capitale.
  A pagina 15 della presentazione vedete l'andamento degli investimenti realizzati e finanziati da tariffa dal 2007 al 2015. Da questo grafico si evincono due dati fondamentali: innanzitutto, una grande differenza di investimenti tra il Nord, il Centro e il Sud. Mentre il Centro ha investito parecchio e il Nord è a livelli accettabili, il Sud purtroppo ha un andamento molto basso.
  In secondo luogo, gli investimenti hanno subìto una diminuzione fino al 2012-2013 per poi ripartire negli ultimi anni. Quando sono ripartiti gli investimenti? Quando l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico ha stabilito che in tariffa potessero essere contemplati non soltanto i costi operativi efficienti, cioè i costi senza sprechi, ma anche la quota di investimenti, perché evidentemente gli investimenti non sono sostenibili se non c'è un flusso di cassa che li possa finanziare.
  A pagina 16 della presentazione vedete un altro dato importante: le due linee, la blu e la rossa, mostrano la differenza negli investimenti realizzati tra le piccole e le grandi imprese. Oggi c'è un grande dibattito mediatico (forse anche politico) sul fatto che sia meglio il pubblico o sia meglio il privato, sia meglio la gestione del comune (l'acqua del sindaco) o la gestione delle imprese.
  Devo dire che purtroppo i numeri parlano chiaro: le imprese che gestiscono un milione di utenti hanno investito negli ultimi cinque anni almeno il 30 per cento in più rispetto alle imprese che hanno un bacino di riferimento più piccolo. Purtroppo, in questi servizi c'è un'economia di scala che rende più efficiente il grande operatore e meno efficiente il piccolo.
  In Italia, come sapete, ci sono ancora circa 200 gestioni in economia, ovvero gestioni dirette del comune. Sono tutti piccoli comuni, prevalentemente allocati nel Sud d'Italia. In questi comuni purtroppo lo stato delle reti è disastroso, i depuratori spesso mancano e, quindi, le acque vengono scaricate nei fiumi e nel mare, e gli investimenti sono quasi azzerati.
  A nostro modo di vedere, ci vuole un po’ di sano realismo. Se quello che manca sono gli investimenti, allora servono una scala Pag. 7dimensionale minima e operatori industriali efficienti.
  Devo dire che la nostra associazione è estranea alla presa di posizione «meglio pubblico o meglio privato», perché si parte dall'idea di fondo che il prezzo dell'acqua – e questo è fondamentale – non è fatto dalle imprese. Il prezzo dell'acqua è definito – ed è giusto così – da un'autorità pubblica indipendente. Pertanto, non può succedere che un'impresa decida di aumentare o diminuire: non c'è concorrenza sul prezzo.
  A quel punto, al cittadino cosa conviene? Dato un prezzo, che è definito dall'autorità, gli conviene che le imprese siano più efficienti possibile per ridurre al minimo i costi e aumentare al massimo la capacità di investimento.
  A questo tavolo ci sono due imprese quotate in borsa a controllo pubblico: io sono presidente anche di A2A, che è l'impresa del Nord, e poi c'è il presidente Lanzalone. Abbiamo anche Paolo Romano, che è presidente di una società in house al 100 per cento pubblica.
  Se dovessi dire se è meglio la società quotata o la società in house, direi molto asetticamente che è meglio l'operatore industriale efficiente, che può essere tanto in house quanto quotato. Certo è che, se l'operatore è inefficiente perché è una piccola impresa o perché il comune non ha i soldi per gli investimenti o non ha i mezzi tecnici e il know how per accedere alle nuove tecnologie, alla fine a pagare il conto è sempre il cittadino.
  A me è capitato di affermare in altre sedi che dobbiamo avere anche la responsabilità di dire a tutti i cittadini: «Attenti, perché, se in tariffa non pagate quello che è necessario per ammodernare il sistema, pagherete per le multe che l'Unione europea ci impone perché l'ammodernamento non è stato fatto».
  Se io sono un cittadino e ricevo una bolletta, preferisco pagare 150 euro all'anno di acqua perché mi ammodernano la rete e mi fanno l'acquedotto o il depuratore, o preferisco pagare 150 euro, di cui magari 30 euro di multa all'Unione europea perché l'acquedotto non è stato fatto? Questa è la vera alternativa. Guardate che non c'è una terza via per cui non si pagano le multe e si fanno gli investimenti senza le risorse necessarie.
  A pagina 17 della presentazione trovate una veloce analisi degli investimenti pianificati a livello nazionale. Vi farei notare un unico aspetto: oggi il tema della perdita delle reti è molto attuale, anche perché negli anni passati molti enti pubblici e imprese si sono trovati costretti a investire in modo consistente sulla fase del ciclo che riguarda la fognatura e la depurazione, in quanto molti territori non erano dotati di depuratori. Tutt'oggi ci sono 10 milioni di abitanti in Italia che non sono collegati ai depuratori, ed è un dato veramente arcaico.
  Veniamo alle proposte. Questi elementi servivano per inquadrare la situazione. Per le proposte mi farei aiutare dai colleghi. Paolo Romano introdurrà le nostre idee. Noi abbiamo articolato le proposte su due piani: uno un po’ più di ampio respiro e un altro di interventi urgenti e operativi che si potrebbero fare subito.
  Le cose urgenti e operative, detto con molta schiettezza, servono un po’ a gestire l'emergenza, ma poi per governarla nei prossimi dieci-vent'anni servono un po’ di interventi strutturali.

  PAOLO ROMANO, presidente della Commissione di Acqua Utilitalia e amministratore delegato di Smat Spa. Buongiorno a tutti. In seguito risponderò al presidente per quanto riguarda l'aspetto evidenziato da Giorgio Santelli e illustrerò come già attualmente l'autorità centrale cerchi di farci migliorare i servizi idrici su determinati temi.
  A pagina 19 della presentazione sono indicati gli aspetti che riteniamo significativi, rispetto ai quali si può ovviamente cercare di individuare forme per migliorare l'approvvigionamento o la distribuzione dei servizi idrici.
  La prima è la questione degli invasi. Ci sono dighe che tendenzialmente sono utilizzate per l'idroelettrico. Il decreto legislativo n. 152 del 2006 prevede che l'uso idropotabile sia prioritario. Siamo peraltro in una fase di rinnovo delle concessioni. In Pag. 8questa logica, non è che se si dà priorità all'idropotabile si toglie all'idroelettrico, si va soltanto a compensare un discorso di utilizzo, tenendo anche presente che sono invasi a usi multipli. Indubbiamente ci sono anche rilasci per l'agricoltura in situazioni di criticità.
  Tema altrettanto significativo, sul quale si stanno cimentando alcune delle nostre imprese, è la definizione dei water safety plan. Oramai i piani di sicurezza per quanto riguarda la mitigazione contro i cambiamenti climatici stanno diventando elemento determinante.
  Questo, però, significa che ogni realtà deve organizzare i suoi piani di sicurezza per ogni singolo acquedotto. In una realtà d'ambito ci sono 200-250 comuni e ognuno tendenzialmente ha un suo acquedotto. È chiaro che tutto questo comporterà una notevole verifica e rivalutazione dei metodi per superare le criticità.
  Il meccanismo di riduzione delle perdite di rete, come vedremo anche dopo, è un discorso di fondo sul quale molte realtà stanno già operando con un determinato successo, tant'è vero che in Italia si passa da un 85-90 per cento di perdite a una tendenza intorno al 10-15 per cento.
  Vengo al riuso dell'acqua. L'acqua depurata è un'acqua che può essere correttamente riutilizzata. È ovvio che bisogna capire come si fa a integrare il riuso di quest'acqua con le industrie che pompano da falda e/o con la parte agricola.
  Chiaramente è un discorso di pianificazione. All'interno di questo discorso di pianificazione, se, per esempio, noi non obblighiamo le imprese che pescano da falda a utilizzare invece l'acqua depurata – ma questo vuol dire un costo superiore – è chiaro che ciò non si verificherà, in quanto oggi c'è una notevole autonomia.
  Le interconnessioni di reti sono la parte più significativa...

  PRESIDENTE(fuori microfono) Ci sono dei vincoli sugli standard dell'acqua per l'irrigazione che renderebbero problematica tale soluzione?

  PAOLO ROMANO, presidente della Commissione di Acqua Utilitalia e amministratore delegato di Smat Spa. Oggi siamo i primi della classe, nel senso che l'acqua di riuso tendenzialmente non può essere utilizzata per l'irrigazione, perché i limiti per la reimmissione nei corsi d'acqua superficiali non ci consentono di utilizzarla in agricoltura. Bisognerà quindi fare una valutazione e una verifica corretta, presidente, di questo aspetto specifico.
  C'è poi il discorso della dissalazione, ma qui siamo in situazioni ormai più che sperimentate a livello impiantistico. Sono impianti costosi, che costano anche in termini di energia per la gestione quotidiana. Pertanto, deve essere fatta una valutazione particolare.
  Alla pagina successiva vediamo esempi di buone pratiche che stiamo già sviluppando. Per quanto riguarda le perdite, si tratta di sviluppare il sistema basato su radar satellitari, che, avendo una fascia di verifica molto ampia, consentono di individuare dal 60 al 70 per cento delle perdite effettive di acquedotto. L'ha fatto Hera, l'ha fatto Smat, l'ha fatto Cap.
  Questo sistema è di grande supporto per le squadre che operano sul territorio: l'individuazione specifica viene fatta coi geofoni; la squadra, però, sa che in quel tratto, con una tolleranza di 50 metri, c'è una perdita di acquedotto. Dopodiché, si interviene direttamente.
  C'è poi un altro aspetto: le nostre reti fisiologicamente tendono a perdere. Parliamo di grandi reti, dell'ordine di 10.000 chilometri. Su 10.000 chilometri abbiamo dai 2 ai 3 milioni di giunti, che sono sollecitati dalle differenze di pressione. Se riusciamo a ottimizzare un sistema che compensi le variazioni di pressione, è chiaro che abbiamo minori perdite. Questo è un altro elemento che viene studiato, insieme alla possibilità di arrivare a telecontrollare e a telecomandare tutti i sistemi. Gli elementi innovativi ormai si impongono se si vuole un netto miglioramento della gestione del servizio.
  Per quanto riguarda il recupero della risorsa, qui è stata fatta una casistica: la ricerca delle perdite, la gestione dei distretti, il rinnovo delle reti, i pozzi e la Pag. 9potabilizzazione, le dissalazioni, le interconnessioni, i serbatoi e i grandi invasi.
  È chiaro che facciamo i conti con tempi che in genere sono pesanti dal punto di vista burocratico. Abbiamo già riferito più di una volta a questa Commissione che per realizzare un'opera media, che abbia un costo intorno a un milione di euro, ci si impiegano dai 600 agli 800 giorni per la parte autorizzativa, cioè per progetto preliminare, progetto definitivo, progetto esecutivo e per tutte le autorizzazioni.
  È chiaro che, partendo da un sistema come questo, è difficile sviluppare un volano per la realizzazione di opere. Per ciò che concerne gli interventi strutturali, vale a dire la realizzazione di grandi invasi, è indiscutibile che le tempistiche implementative siano lunghe. Abbiamo cercato di presentare un quadro che riporti questi aspetti.
  A pagina 22 della presentazione vediamo esempi di infrastrutture significative che sono decollate. Riporto, non fosse altro che per conoscenza diretta, l'utilizzo prioritario idropotabile, per esempio, per la diga di Rochemolles, che è sopra Bardonecchia, in Valle di Susa. In questa situazione dieci anni fa siamo riusciti ad avere da parte dell'ENEL la priorità per l'uso idropotabile. Naturalmente l'ENEL ha dovuto rivedere alcuni suoi impianti di produzione di energia elettrica, però il sistema è partito. Ci abbiamo impiegato dieci anni a realizzare un sistema che servisse l'intera Valle di Susa. L'anno prossimo speriamo di invitarvi all'inaugurazione, perché stiamo concludendo i lavori del potabilizzatore.
  Dopodiché, come vedete, c'è il ripristino della diga di Badana, c'è il potenziamento dell'acquedotto del Fiora. Sono tutte attività che sono tendenzialmente già state previste in termini di progettazione almeno preliminare.
  C'è poi la questione della riqualificazione degli invasi sardi e dell'interconnessione. In Sardegna di dighe ne sono state costruite molte (oltre 36, se ricordo bene). Vi sono tuttavia aree che non riescono ad avere acqua, perché non piove, mentre si potrebbero fare interconnessioni con altre realtà, con un sistema di dighe che invece hanno capacità di invaso.
  Abbiamo poi l'invaso a usi plurimi di Vetto, il raddoppio dell'acquedotto del Peschiera, la galleria di Caposele Pavoncelli in Basilicata e la riqualificazione degli invasi siciliani. Sardegna e Sicilia operano, non in termini equivalenti, ma entrambe con forti criticità.
  Per quanto riguarda la proposta relativa alla strategia nazionale, forse su questo tema vuole intervenire il presidente. Io vorrei chiudere sulla proposta di Giorgio Santilli. Lo vedete a pagina 24 della presentazione: il 27 luglio, venerdì scorso, l'autorità ha avviato una consultazione sulla regolazione della qualità del servizio idrico. Noi speriamo che la qualità del servizio idrico venga incentivata.
  In ogni caso, ci sono cinque temi determinanti. Il primo tema, come vedete, sono le perdite totali in distribuzione. Dopodiché, c'è la durata media complessiva delle interruzioni per l'utente, perché anche questo è un elemento molto significativo della continuità di servizio. Gli altri temi sono: la qualità dell'acqua che viene erogata; gli scaricatori di piena, nel senso che le fognature miste, a fronte di determinati eventi meteorologici, scaricano in ambiente, quindi bisogna che siano correttamente dimensionate, e il divieto di smaltimento dei fanghi in discarica. Tuttavia, se vietiamo lo smaltimento dei fanghi in discarica, bisogna aprire allo smaltimento dei fanghi in agricoltura, perché questo è l'altro grande discorso.

  PRESIDENTE. Io non ho capito. Voi siete d'accordo che l'autorità emani dei meccanismi premiali e penalizzanti in corrispondenza...

  PAOLO ROMANO, presidente della Commissione di Acqua Utilitalia e amministratore delegato di Smat Spa. Da questo punto di vista siamo assolutamente d'accordo.

  GIOVANNI VALOTTI, presidente di Utilitalia e di A2A Spa. Lo chiediamo come sistema d'imprese. Crediamo che il nostro ruolo, anche come associazione di imprese, Pag. 10sia di spingere le imprese stesse a migliorare sempre più gli standard di qualità del servizio e l'efficienza. Pertanto, qualunque meccanismo che ragioni sulla qualità e che incentivi o disincentivi i livelli di qualità per noi è benvenuto, anzi auspichiamo che si realizzi in tempo breve.
  Io vorrei introdurre velocemente il quadro complessivo della proposta generale e delle proposte operative. In seguito darò la parola all'avvocato Lanzalone per il dettaglio sulle proposte operative.
  Non so se avete visto l'articolo sul Corriere della sera della settimana scorsa. Noi abbiamo avuto l'idea, che trovate a pagina 23, di lanciare una strategia idrica nazionale. Su altri tavoli stiamo ragionando sulla strategia energetica nazionale, che è un documento programmatico ampio, che considera tutte le fonti di approvvigionamento dell'energia, e via dicendo. Adesso non entriamo nel merito, perché altrimenti ci vorrebbe un'altra audizione.

  PRESIDENTE Ce ne occupiamo anche noi.

  GIOVANNI VALOTTI, presidente di Utilitalia e di A2A Spa. Ci mancherebbe. Noi ce ne occupiamo su altri tavoli, essendo multiutility, e siamo anche stati auditi sul tema.
  Ovviamente la strategia idrica nazionale – credo che vi abbia fatto riferimento in qualche modo anche il ministro – deve essere integrata strettamente con quella in campo ambientale, in tema di lotta ai cambiamenti climatici.
  Credo, però, che alzare un po’ la testa e mettere a punto una politica integrata in senso orizzontale lungo i vari settori (gli usi agricoli, gli usi civili, gli usi industriali e gli altri usi) e in senso verticale, dalla captazione dell'acqua alla depurazione e al riuso, richiederebbe uno sforzo per complessità, dimensioni e impegno analogo a quello che è stato messo in campo per la strategia energetica nazionale.
  A oggi, a meno che a noi sia sfuggito, è difficile trovare un documento di programmazione integrata. Ci sono tanti documenti di programmazione, sia per tema che per territorio, ma manca una sorta di testo unico della programmazione dell'acqua, che secondo noi invece farebbe molto bene al settore e ci aiuterebbe a programmare in modo integrato sia gli usi che gli investimenti. Questa è un'ipotesi che noi mettiamo sul tavolo e che speriamo possa essere considerata.
  Direi all'avvocato Lanzalone di passare in rassegna alcune proposte puntuali che trovate a pagina 25 e 26 del documento.

  LUCA ALFREDO LANZALONE, vice presidente di Utilitalia e presidente di Acea Spa. Noi abbiamo cercato di individuare alcuni strumenti attraverso i quali cercare di porre rimedio alla situazione che si è verificata in questi anni, conseguente anche a una legislazione elaborata nel tempo, spesso in maniera un po’ disorganica e non considerando determinati eventi.
  A pagina 25 trovate innanzitutto gli aspetti di carattere normativo. In primo luogo c'è la necessità, come affermava il dottor Romano, di individuare un meccanismo che consenta un utilizzo migliore e più efficiente delle acque reflue in agricoltura, che oggi, come si accennava, è estremamente limitato. Purtroppo, abbiamo aree molto importanti del Paese dove in agricoltura si usa l'acqua potabile. In Valpadana spessissimo chi passa vede i campi allagati, perché si usano ancora sistemi molto inefficienti, spesso mediante l'utilizzo di acqua prelevata dall'acquedotto.
  Un secondo aspetto riguarda gli impianti di dissalazione, che mancano di un inquadramento normativo e spesso incappano in problemi di carattere meramente urbanistico. Mi riferisco alla necessità per gli impianti di dissalazione di occupare grosse superfici e all'impossibilità di avere strumenti di carattere urbanistico che consentano di svolgere queste attività, soprattutto perché si tratta di zone demaniali: evidentemente gli impianti devono essere situati in prossimità di rivi, di specchi acquei o del mare, e questo complica ulteriormente il meccanismo.
  Vi sono poi aspetti procedurali conseguenti al fatto che, come sappiamo, ogni volta che si cerca di realizzare un impianto – soprattutto un impianto di grande portata o un impianto che abbia una dimensione Pag. 11 sovracomunale o addirittura sovraregionale –, c'è un accavallamento di autorità che devono esprimersi in senso autorizzatorio: ciò rende estremamente lunga ed estremamente difficile l'autorizzazione alla realizzazione dell'opera, prima ancora che la realizzazione stessa.
  C'è un problema, cui si accennava anche durante l'illustrazione, di semplificazione della governance, perché la governance multilivello da Stato a ente di gestione d'ambito è particolarmente articolata, con una serie di competenze molto frammentate, a volte farraginose e addirittura sovrapposte.
  Anche recentemente alcuni pronunciamenti giurisprudenziali importanti hanno rilevato questa confusione o sovrapposizione di competenze, che genera problemi nell'individuazione dell'ente che deve autorizzare a fare qualcosa o che deve regolamentare qualcosa.
  Vi sono poi due aspetti relativi rispettivamente alla pianificazione della sicurezza del sistema di approvvigionamento – con un censimento delle infrastrutture esistenti e un percorso che possa consentire di intervenire sulle stesse – e alle fonti di finanziamento dei piani di investimento.
  Io mi soffermerei un attimo su questi due aspetti, perché credo siano particolarmente importanti per i fatti che sono all'ordine della cronaca. Comunque, credo sia opportuno che questa Commissione, che ha a oggetto proprio l'analisi dell'emergenza idrica, delle sue ragioni e delle soluzioni che potrebbero adottarsi, ne abbia una contezza – mi permetto di dire – elementare, per essere estremamente chiaro.
  Il grosso problema nella soluzione di determinate situazioni è l'enorme difficoltà che oggi si incontra nell'ottenere in tempi ragionevoli e certi la possibilità di effettuare gli investimenti. Come accennava il presidente – io lo dico un po’ brutalmente – sostanzialmente i soldi ci sono. In parte sono generati dalla tariffa e in parte esistono dei veri e propri fondi infrastrutturali, sia nazionali sia comunitari, che consentono di realizzare le opere.
  Il meccanismo tariffario non dipende dai gestori, ma dipende dagli enti di affidamento, quindi dagli enti d'ambito. Sono loro che determinano la tariffa, attraverso un meccanismo normativamente previsto, che originava dal famoso metodo Di Pietro e che adesso è in corso di revisione da parte dell'autorità. L'autorità ha già avviato tale revisione, peraltro in via provvisoria, e adesso sta affinando il meccanismo sempre di più.
  La tariffa ha una sua componente che consente di gestire la parte finanziaria degli investimenti, ma da sola non può essere sufficiente, per due ragioni molto banali. In primo luogo, c'è un meccanismo di fiscalità per cui parte della tariffa, diventando ricavo, è soggetta a prelievo. In secondo luogo, questa componente della tariffa non è di per sé incrementabile oltre determinati livelli progressivi nel tempo, nonostante quello che veniva evidenziato precedentemente dal presidente e che è sottolineato nel nostro documento, vale a dire che il livello attuale è inferiore a quello di molti Paesi.
  Sarebbe necessario un intervento sulla componente fiscale della tariffa. Come accennava prima il presidente, sarebbe utile se l'autorità, il Governo o comunque i soggetti preposti a questo incentivassero anche fiscalmente l'utilizzo della tariffa per determinate opere. Tutti noi saremmo estremamente favorevoli a far sì che la maggior parte della tariffa fosse destinata agli investimenti. Noi siamo «infrastrutturisti», gestiamo reti, avremmo tutto l'interesse a implementare le reti il più possibile. Avremmo tutto l'interesse a impiegare la stragrande maggioranza dei ricavi originati dai servizi che eroghiamo all'implementazione di tutte le reti, compresa la rete idrica. Questa dovrebbe essere la nostra missione e la nostra finalità.
  La difficoltà a volte proviene dall'elemento fiscale, altre volte – questo è l'altro elemento – proviene anche dall'incertezza sulla nostra operatività imprenditoriale. Spesso, quando interveniamo su una rete o dobbiamo acquisire la disponibilità di una rete – dico «dobbiamo» perché la legge ci impone di acquisirla, non soltanto perché lo vogliamo –, incorriamo in grandissime difficoltà: opposizioni degli enti locali, opposizioni delle istituzioni che si frappongono tra il gestore e la gestione del servizio. Pag. 12Questi sono ulteriori elementi che impediscono di intervenire.
  Io stesso presiedo una società che non può intervenire su una parte delle reti, perché non gli viene consegnata dai soggetti che dovrebbero farlo. E dobbiamo avviare contenziosi, che durano anni, e nel frattempo nessuno effettua la manutenzione della rete. Il risultato finale è che la rete che «ereditiamo» è estremamente malandata, non manutenuta e richiede grandi interventi.
  Mi riferisco ai comuni, ma anche a situazioni di conflittualità con il gestore uscente, non soltanto con gli enti locali. È il meccanismo ad essere estremamente complicato e a rendere molto difficile rispetto ad altri settori, come per esempio quello del gas, un subentro naturale nella gestione che consenta interventi tempestivi. Ecco perché le reti sono in un certo stato: le reti non manutenute si ammalorano molto rapidamente. Questo è un elemento problematico non indifferente.
  Pertanto – e nel nostro documento se ne fa cenno – forse è necessario un intervento di carattere straordinario. Noi gestori più volte abbiamo auspicato in passato (e più volte ne abbiano beneficiato) la nomina di commissari ad acta, che hanno consentito di realizzare opere.
  Questo è quello che è stato fatto in molte regioni d'Italia. È quello che è stato fatto anche nella regione Lazio nel 2002 per consentire di supplire a una situazione simile a quella del Peschiera, che riguardava le fonti del Simbrivio. Anche in quel momento si è riusciti a risolvere il problema, come purtroppo succede spesso in Italia, perché è intervenuto un fatto drammatico, che ha consentito di superare l'emergenza.
  Questo non dovrebbe essere, a nostro avviso, l'eccezionalità, dovrebbe essere l'ordinarietà. Non dovrebbe essere il fatto drammatico a far superare l'emergenza, ma dovrebbero essere una pianificazione e l'instaurazione di organi preposti a consentire, soprattutto per le grandi opere, la loro realizzazione con una certezza autorizzativa che permetta di accedere in tempi ragionevolmente brevi ai meccanismi di pianificazione, di progettazione e di autorizzazione.
  Spesso oggi ci vogliono dai quattro ai cinque anni, quando nel medesimo tempo si potrebbe realizzare l'opera, col rischio peraltro che quando si arriva all'approvazione la progettazione fatta è già vecchia rispetto all'avanzamento tecnologico.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CHIARA BRAGA. Ringrazio la delegazione di Utilitalia per il contributo interessante che hanno dato alla nostra indagine conoscitiva.
  Credo che molti degli aspetti sottolineati oggi siano già stati oggetto di discussione da parte della nostra Commissione, ad esempio in occasione della non semplice approvazione del disegno di legge sulla pianificazione e gestione dell'acqua pubblica, quando sono emersi questi temi, a cui si è tentato di dare un inquadramento generale complessivo.
  Io mi concentro soltanto su un aspetto, che è forse quello che mi preoccupa di più. Ovviamente noi rincorriamo le emergenze. Non a caso, facciamo questa indagine all'indomani di una situazione che iniziava a essere preoccupante e ad assumere contorni che poi sono via via cresciuti anche come intensità e gravità.
  C'è però una questione che voi avete sottolineato in maniera molto forte e rispetto alla quale confesso di non capire fino in fondo quali sono le critiche e le osservazioni che vengono mosse, vale a dire quella della governance.
  Se ho capito bene, fate riferimento all'eccessiva complessità e alla sovrapposizione di competenze e di ruoli che in parte voi rappresentate, forse in modo un po’ discutibile, almeno dal mio punto di vista, nella slide 11. Si mette in relazione la parte relativa alla normativa sui piani di gestione del territorio e sui piani di tutela delle acque con l'attività di gestione del servizio idrico, che ovviamente è affidato all'ente di governo d'ambito, affiancato in maniera forse un po’ impropria all'autorità, che in Pag. 13realtà, essendo un'autorità, dovrebbe avere un ruolo e una collocazione terza.
  Noi nel collegato ambientale ci siamo impegnati molto a provare a dare finalmente attuazione, con molti anni di ritardo, alle direttive comunitarie sulle acque (direttiva 2000/60/CE) e sulle alluvioni (direttiva 2007/60/CE), definendo un quadro complessivo, che è quello che porterà alla costituzione dell'autorità di distretto e, a cascata, a tutti gli strumenti di pianificazione e di programmazione.
  Poco fa abbiamo avuto in audizione il ministro Galletti che abbiamo nuovamente sollecitato affinché ci fosse una volontà di attuare tutti i passaggi previsti in tempi certi.
  Se ho compreso bene dalla vostra audizione, questo quadro, che è ancora in fase di definizione, viene valutato come eccessivamente complesso e non sufficientemente chiaro, lasciando auspicare un nuovo intervento normativo di regolamentazione e di rideterminazione.
  Questo è un elemento sul quale vi chiederei di essere più precisi nel segnalarci quali sono a vostro avviso le sovrapposizioni e gli aspetti che non vanno.
  Vi chiederei anche, però, di valutare attentamente dal vostro osservatorio quale può essere l'effetto di rimettere nuovamente in discussione un quadro al quale, invece, si sta cercando dopo molti anni di dare ordine.
  Riportare in sette autorità di distretto quella compagine molto variegata e disarticolata di autorità di bacino presenti soprattutto in alcune parti del Paese, riaprire la discussione su quel punto, oppure lasciar intendere che il problema sia quello di aver affidato la pianificazione e la programmazione della risorsa idrica agli enti d'ambito rischia secondo me, salvo non aver compreso bene la vostra osservazione, di creare un altro problema, che è quello dell'instabilità del sistema, aggravando tutte le situazioni di difficoltà che ci avete indicato.
  Faccio altre due domande molto più rapide, presidente. La slide che ci avete presentato sugli usi dell'acqua riporta dei dati al 2012. Vorrei capire se non c'è un quadro più aggiornato oppure a che cosa fanno riferimento questi dati. Ovviamente di questi temi un po’ si parla nel tempo, quindi vorrei capire se in questi cinque anni ci sono state delle modifiche in questo senso.
  Infine, voi avete sottolineato, in maniera dal mio punto di vista condivisibile, che l'elemento discriminante rispetto alla corretta gestione del servizio idrico non è tanto la natura giuridica del soggetto quanto il suo l'assetto, quindi la natura di soggetto industriale in grado di programmare e di realizzare gli investimenti e di garantire un servizio efficiente, adeguato, sostenibile e a costi equi ai cittadini. Vi chiedo se dal vostro osservatorio, magari anche con una successiva integrazione, è possibile avere un dato sulla quota degli utili che le varie società reinvestono nell'attività di manutenzione e rinnovo della rete idrica, perché questo è un elemento che forse ci può aiutare anche a capire meglio le indicazioni che ci avete fornito nella vostra presentazione.

  PRESIDENTE. Avverto i colleghi che sono iniziate in Aula le dichiarazioni di voto. Non è così ferreo l'obbligo di correre ad ascoltare le dichiarazioni di voto, se c'è il consenso di tutti a continuare l'audizione. Però dovevo avvertire i colleghi per ragioni di correttezza. Rivolgo anche un invito al contenimento degli interventi.

  ALESSANDRO BRATTI. Riprendo alcune considerazioni della collega Braga. Il tema della semplificazione della governance viene fuori da tanto tempo. Mi piacerebbe capire, però, come lo immaginate, cioè come pensate che potrebbe essere, in base ovviamente al quadro legislativo attuale e, quindi, anche alle direttive europee, un sistema di governance che corrisponda di più alle vostre esigenze.
  Vengo alla seconda questione, riprendendo alcuni ragionamenti che sono stati fatti dal presidente di Acea. Al di là della distinzione della ragione sociale – questo potrebbe valere anche per l’in house, ma vale molto di più per le società partecipate – tantissime di queste società hanno sempre avuto un grandissimo punto di forza, in Pag. 14quanto il pacchetto di maggioranza è detenuto dai comuni, i quali a loro volta sono regolatori e sono fruitori.
  Questo aspetto, che all'inizio è stato visto come un punto di forza, quando ci sono state significative aggregazioni in grandissime utility, oggi invece sembra essere un punto di frizione, per le stesse cose che si dicevano. Nell'ente gestore sono presenti i comuni, i quali a loro volta sono i regolatori, ma sono anche quelli che causano gli impedimenti. Magari non sono sempre gli stessi comuni, però credo che il tema si ponga. Ormai è diventato un triplo ruolo.
  Ci sono varie tendenze di pensiero in atto. C'è chi dice che, se si vende tutto e diventa tutto privato, è meglio. Si potrebbe fare anche un po’ di filosofia economica o comunque di filosofia in generale su questo tema.
  Al di là di questo, chiedo a voi, che avete il polso della situazione, quanto la maggioranza del soggetto pubblico è ancora un fatto positivo e quanto, invece, è diventata un elemento di frizione e di ulteriore rallentamento delle attività che vengono svolte.

  FEDERICA DAGA. Io vorrei fare innanzitutto un appunto. Il dibattito su pubblico e privato non riguarda tanto la questione se sia meglio una società quotata in borsa o una società per azioni in house, ma si incentra sul fatto di avere, da una parte, un'azienda speciale di diritto pubblico, il cui scopo societario non è quello di fare utili, ma è quello di dare un servizio alla cittadinanza e, dall'altra, una società per azioni, che, quotata in borsa o meno, ha lo scopo societario di fare utili: se poi abbiamo di fronte la società quotata in borsa, questa dovrà anche fare attenzione al valore delle sue azioni sul mercato. Questo è in realtà il dibattito iniziale del quale si parlava anche sette anni fa.
  C'è addirittura qualcuno che ha affermato in passato «noi vendiamo l'acqua». In realtà, le società non vendono l'acqua, ma semplicemente un servizio e, quindi, per quel servizio le persone pagano qualcosa in cambio.
  Vorrei fare un paio di domande. Ho letto in alcuni articoli di giornale che lei, presidente Valotti, la scorsa settimana parlava di una necessità di investimento di circa 2 miliardi di euro nel settore idrico. Non vorrei sbagliarmi. Da un piccolo conto fatto velocemente, tra il 2010 e il 2014 le multiutility holding hanno distribuito utili per quasi 2 miliardi di euro. Una buona parte di questi proviene dalla gestione dell'acqua, ma non tutto logicamente.
  Mi chiedo a questo punto che cosa pensate della proposta di riutilizzare per investimenti gli utili ante imposte fatti dalle società di gestione dell'acqua. Glielo dico perché spesso non si tratta di investimenti sulle reti o sulla depurazione e sulle fognature. Vengono inserite tra gli investimenti anche altre voci che in realtà non danno un rinfranco sulle perdite idriche, che in questo momento vengono presentate come se fossero la novità del secolo. In realtà, credo che tutti voi sapeste che questa situazione era critica già una quindicina di anni fa.
  La seconda considerazione – mi aiuti a fare questo ragionamento – è che il full cost recovery dovrebbe funzionare in questo modo: io oggi ho bisogno di fare una serie di investimenti sul settore idrico, quindi la mia bolletta aumenta a seconda della necessità che ho; una volta che ho superato la fase straordinaria, perché magari in passato non sono stati fatti una serie di interventi, allora la tariffa dovrebbe scendere nuovamente in linea con una gestione normale e ordinaria.
  Il ragionamento è corretto? Lo dico perché all'estero, per esempio in Belgio, una volta che la tariffa ha raggiunto 6 euro al metro cubo rimane costante, quindi mi pongo questa domanda.

  PRESIDENTE. Potete fornirci qualche telegrafica risposta, altrimenti ci potete inviare del materiale. Io penso che, visto l'interesse delle questioni che ci avete posto e che noi siamo chiamati ad affrontare, possiamo anche prevedere di rivederci quando saremo in una fase più avanzata dei nostri lavori. Potete darci dei flash ora oppure integrare quello che avete detto inviandoci delle risposte.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

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  GIOVANNI VALOTTI, presidente di Utilitalia e di A2A Spa. Innanzitutto complimenti per le domande, perché sono tutte fondamentali per lo sviluppo del settore.
  Io accoglierei l'invito del presidente a farvi avere una nota che riprenda questi punti. Avremmo bisogno di una mezz'oretta per rispondere decentemente ai punti che avete sollevato, perché sono veramente cruciali, compreso l'ultimo: «invece di distribuire gli utili, usateli per gli investimenti». Se tu non distribuisci gli utili, non attiri capitali e, quindi, non fai gli investimenti. So che ci infileremmo in un dibattito...

  PRESIDENTE. Aggiungo una domanda telegrafica su questo aspetto. Visto l'andamento delle dinamiche di borsa, io ho il sospetto che per le società quotate investire in infrastrutture e avere un buon prestigio dal punto vista del valore delle azioni possa valere anche più degli utili che si distribuiscono. Ho l'impressione che questo elemento per le società quotate in borsa sia un po’ sottovalutato. Non lo dico partendo dal vostro settore, lo dico proprio su scala mondiale.
  Vi faccio una battutaccia: quando la Tesla supera la General Motors nella quotazione in borsa, è evidente che c'è un elemento di gradimento e aspettativa del mercato, considerato che la Tesla vende un cinquecentesimo delle macchine della General Motors.
  Probabilmente voi potreste sottolineare l'elemento di positività rappresentato dalla valorizzazione delle azioni più che dei dividendi, che magari il socio privato tende a sopravvalutare. È un ragionamento non semplice, ma fra le domande difficili propongo anche questa.

  GIOVANNI VALOTTI, presidente di Utilitalia e di A2A Spa. Faccio una precisazione: è il socio pubblico che «stressa» il dividendo e non quello privato. Questo è fondamentale da capire, perché è molto più alta la pressione del socio pubblico sulla distribuzione dei dividendi rispetto a quella del socio privato.
  Il socio privato ha esattamente l'interesse che dice il presidente, ossia che una buona gestione dell'azienda, che vuol dire servizi di qualità alta, ambientalmente sostenibili e socialmente responsabili, faccia crescere il valore dell'azienda stessa nel tempo. Il socio privato valuta l'investimento sul valore delle risorse che ha allocato, il socio pubblico ha tensioni finanziarie di breve termine. Sapete che i bilanci dei comuni sono tutti in difficoltà e, quindi, hanno bisogno di fare cassa nel breve termine. Le pressioni che le nostre aziende subiscono sulla distribuzione dei dividendi vengono principalmente dai comuni e mai dai soci privati, dove ci sono i soci privati.

  RAFFAELLA MARIANI. Dunque, noi non siamo in grado di sapere quanto il socio pubblico reinveste nelle infrastrutture idriche, per esempio nel vostro caso? Lei esclude che di tutti gli utili un socio pubblico reinvesta qualcosa nelle infrastrutture idriche? Servono solo per il bilancio genericamente?

  GIOVANNI VALOTTI, presidente di Utilitalia e di A2A Spa. È anche un problema di contabilità pubblica. Gli utili distribuiti dalle aziende finiscono nella spesa corrente degli enti, non nelle infrastrutture.

  PRESIDENTE. Aspettiamo questi chiarimenti e poi ci risentiamo. Chiedo di inviare il materiale integrativo anche in formato elettronico.
  Ringrazio i nostri ospiti ed autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della presentazione informatica illustrata (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.15.

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