XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Mercoledì 4 ottobre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bernardo Maurizio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE RELATIVE ALL'IMPATTO DELLA TECNOLOGIA FINANZIARIA SUL SETTORE FINANZIARIO, CREDITIZIO E ASSICURATIVO

Audizione dell'Amministratore delegato di Satispay, Alberto Dal Masso.
Bernardo Maurizio , Presidente ... 3 
Dal Masso Alberto , Amministratore delegato di Satispay ... 3 
Bernardo Maurizio , Presidente ... 7 
Barbanti Sebastiano (PD)  ... 7 
Pelillo Michele (PD)  ... 7 
Sibilia Carlo (M5S)  ... 7 
Boccadutri Sergio (PD)  ... 8 
Giacomoni Sestino (FI-PdL)  ... 8 
Bernardo Maurizio , Presidente ... 9 
Dal Masso Alberto , Amministratore delegato di Satispay ... 9 
Giacomoni Sestino , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Civici e Innovatori PER l'Italia: Misto-CIpI;
Misto-Direzione Italia: Misto-DI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI-Liberali: Misto-FARE!PRIL;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI) - Indipendenti: Misto-PSI-PLI-I.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MAURIZIO BERNARDO

  La seduta comincia alle 14.25.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva in differita sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione dell'Amministratore delegato di Satispay, Alberto Dal Masso.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative all'impatto della tecnologia finanziaria sul settore finanziario, creditizio e assicurativo, l'audizione dell'Amministratore delegato di Satispay, Alberto Dal Masso.
  Do la parola ad Alberto Dal Masso per lo svolgimento della sua relazione.

  ALBERTO DAL MASSO, Amministratore delegato di Satispay. Buongiorno a tutti e grazie per questo invito. Ho la fortuna di essere qui per parlarvi del FinTech (financial technology) da un punto di vista privilegiato, cioè quello di una persona che ha visto un'idea trasformarsi in un'azienda.
  Satispay è nata nel 2013, è una start-up innovativa di diritto italiano, in cui oggi lavorano 66 persone e che ha raccolto, fino a oggi, investimenti in capitale per 27 milioni di euro, stabilendo un record nel settore delle start-up italiane.
  Ciò che abbiamo fatto è stato creare un nuovo circuito di pagamento, con l'obiettivo di dare una risposta nell'ambito del forte dibattito in corso sul tema della tracciabilità dei pagamenti e sul tema dell'accettazione delle carte e degli strumenti di pagamento elettronici, da parte di esercenti e liberi professionisti, i quali hanno sempre lamentato il costo delle transazioni.
  Da consumatori, come molti altri milioni di italiani, faremmo volentieri a meno del contante e del tempo che si perde per prelevarlo. È un dato di fatto che più di 20 milioni di italiani utilizzino il loro smartphone anche per le operazioni bancarie. Resta, però, il fatto che l'85 per cento dei pagamenti è ancora in contanti.
  Nel cercare di capire le ragioni di tale uso del contante abbiamo capito che il punto focale è quello dell'accettazione. Tendenzialmente, a dire di no all'accettazione delle carte e degli strumenti elettronici sono gli esercenti.
  Ci siamo immaginati un'evoluzione naturale, come per gli altri servizi, che andasse verso il mobile, quindi verso l'utilizzo degli smartphone, e abbiamo cercato di capire se stessero nascendo iniziative che potessero effettivamente portare innovazione. Abbiamo, però, visto tendenzialmente solo strumenti basati ancora sulle carte e abbiamo deciso di provare a innovare, creando un nuovo sistema di pagamento, che fosse indipendente dalle carte.
  In questo siamo stati favoriti dalla normativa europea, che già con la prima direttiva sui pagamenti del 2010 ha introdotto uno standard per le transazioni interbancarie (addebiti e bonifici). Abbiamo, quindi, deciso, dal momento che uno standard in vigore in 34 Paesi obbligava tutte le banche ad aderire a questo formato transnazionale, Pag. 4 di creare un'infrastruttura che ci consentisse di addebitare e accreditare qualunque conto corrente in Europa, in modo da muovere il denaro direttamente dal conto corrente del pagatore al conto corrente del beneficiario, senza l'intermediazione tipica del mondo delle carte.
  In estrema sintesi, questo ci ha consentito di creare uno strumento di pagamento oggi utilizzabile da chiunque abbia un conto corrente, a prescindere da quale sia la sua banca o il suo smartphone, per pagare nei negozi, pagare on line e scambiare denaro con altri utenti privati.
  La vera innovazione, avendo tagliato fuori gli attori tipici del modello multilaterale delle carte, è che si tratta di uno strumento senza nessun costo per il consumatore, mentre per l'esercente ha una commissione fissa di 20 centesimi per ogni pagamento incassato, ma solo per i pagamenti superiori ai 10 euro. Abbiamo, quindi, risolto il classico problema del rifiuto all'uso delle carte per pagamenti sotto i 10 euro, perché, grazie alla nostra efficienza, non ci sono costi per tutte le accettazioni di pagamento per importi inferiori a 10 euro.
  Il sistema ha riscosso un buon successo sul mercato. Contiamo, infatti, a oggi 200.000 utenti privati-consumatori attivi nell'utilizzo del servizio e 20.000 esercenti attivi. Le aziende che accettano Satispay crescono di circa 80 ogni giorno e i consumatori di circa 700 ogni giorno.
  Tra le imprese, siamo riusciti a essere molto trasversali, posto che Satispay copre dal piccolo bar, all'edicola, al banco di mercato, fino alle grandi aziende che hanno fatto notizia negli ultimi mesi, tra cui cito Esselunga e Coop, le quali hanno iniziato ad accettare il nostro sistema di pagamento.
  Tutto questo è stato possibile sicuramente grazie a un orientamento normativo assolutamente positivo. Dico sempre che Satispay esiste grazie all'innovazione tecnologica e all'innovazione normativa, innanzitutto a livello europeo, che già con la prima direttiva sui pagamenti ha creato un contesto normativo ideale e all'avanguardia a livello mondiale per far nascere nuovi operatori sul mercato, aumentare la competizione, abbassare il costo delle transazioni e, quindi, incrementare anche l'offerta e il mercato dei pagamenti tracciabili.
  Era esattamente obiettivo del regolatore europeo far nascere nuovi attori che riuscissero a sostituire il contante, e questo è ciò che effettivamente ci ha messo nella condizione di operare.
  Vorrei fare delle affermazioni un po’ in controtendenza rispetto a quello che si sente dire. Anche l'Italia è in una situazione molto positiva, sia per gli investimenti, sia per i talenti che ospita, sia per il contesto che si è creato.
  Negli ultimi anni effettivamente il legislatore è andato nella direzione di favorire la nascita di aziende innovative e noi ne abbiamo certamente beneficiato. Siamo riusciti in Italia, con investitori anche stranieri ma principalmente italiani, a raccogliere 27 milioni di investimenti.
  Ricordo sempre a chi sostiene che in Italia gli investitori non ci sono che, in realtà, magari non ci sono secondo il modello americano, ma siamo il secondo Paese al mondo per risparmio privato e sicuramente il legislatore, anche con le detrazioni sugli investimenti in start-up innovative, è riuscito a fare molto.
  Moltissime imprese si rivolgono a imprenditori e manager privati i quali, sempre più spesso, destinano una parte del loro patrimonio al finanziamento di aziende innovative. Questo fatto, dal punto di vista imprenditoriale, è estremamente importante.
  L'Italia è un po’ più piccola, come mercato del venture capital, rispetto ad altri Paesi, ma siamo all'inizio e stiamo crescendo tantissimo; soprattutto si è riusciti, secondo noi, a fare un cambiamento culturale. Un Paese che, fino a ieri, consentiva di fare azienda solo con i finanziamenti bancari, in funzione del potere di firma dell'imprenditore, o dei suoi genitori o parenti, finalmente ha messo in campo capitale di rischio. Invece di avere finanziatori si hanno soci e si riescono così a creare progetti più ambiziosi e innovativi. Pag. 5
  Ci collochiamo – ed è questo il tema di questa audizione – nel quadro del FinTech, che è il risultato di questa evoluzione normativa e tecnologica, la quale ha indotto nuove aziende a entrare in un contesto, quello bancario e dei pagamenti, che fino a poco tempo fa era esclusivamente appannaggio di banche e di intermediari finanziari dei grandi circuiti internazionali.
  Il FinTech, in realtà – ci terrei a precisarlo – non è costituito solo da start-up che fanno il mestiere delle banche; esso è rappresentato da qualunque innovazione tecnologica nell'ambito della finanza. Può essere fatta da start-up, può essere fatta da altre aziende, come Amazon, Facebook, Alibaba con Alipay eccetera, ma anche dalle banche.
  È chiaro che le banche, come in tutti i modelli e i mercati, sono in una fase di trasformazione; è più facile innovare partendo da un foglio bianco, come abbiamo fatto noi, ma l'innovazione c'è ed è a 360 gradi.
  L'innovazione ha tardato un po’ rispetto agli altri settori, ma sarà estremamente forte, proprio perché, essendo un settore regolamentato e abbastanza protetto, c'è stata una competizione con nuovi attori challenger solo negli ultimi due anni. Gli attori bancari e gli intermediari finanziari sono stati per molti anni protetti da alte barriere all'ingresso e si trovano oggi contrastati da challenger, come possiamo essere noi.
  Si tratta di operatori – questo concetto è importante – che non sono più agili in quanto non soggetti alla normativa. Noi, infatti, operiamo come istituto di moneta elettronica autorizzato. Parliamo quindi di soggetti vigilati, che semplicemente sono in grado di competere in alcuni casi con i grandi attori preesistenti, perché approfittano, in tutto e per tutto, della tecnologia per cambiare i modelli e per offrire dei servizi più fruibili al cliente finale.
  Ovviamente la trasformazione più radicale è quella che riguarda il modello distributivo: non ci troviamo più in un contesto in cui si va a prendere il prodotto finanziario, di pagamento, di investimento o assicurativo, in una filiale, ma siamo in un contesto in cui delle piattaforme on line possono arrivare al cliente e collocare un prodotto finanziario direttamente attraverso la rete.
  Ciò rappresenta sicuramente un'opportunità. Basti pensare che, nel mercato italiano, dove la transazione media con le carte di credito ha un valore di 60 euro e i pagamenti di tutti i giorni tendono a non essere eseguiti con strumenti digitali, Satispay è usato dai suoi 200.000 clienti privati per transazioni medie di 16 euro. Siamo entrati proprio nel terreno del contante. Rispetto alle carte di credito, che vengono usate una media di tre volte al mese, siamo usati sette-otto volte al mese dai nostri utenti.
  Quello che stiamo facendo è cambiare l'abitudine dei consumatori in un contesto, come l'Italia, in cui sembrava quasi impossibile, attraverso l'offerta di uno strumento accettato anche per i pagamenti di piccolo importo.
  Lo facciamo noi, ma lo possono fare, e certamente lo faranno, altre imprese FinTech nel settore dei finanziamenti, del credito e delle assicurazioni. È un modello distributivo che si trasforma e che consente a nuovi attori di entrare sul mercato e iniziare a fare mestieri nuovi, ma anche di intraprendere attività già esistenti, finora svolte da altri operatori finanziari.
  È un'opportunità, nel nostro caso per sostituire il contante, ma può avere applicazione, ad esempio, anche nel campo delle assicurazioni. Questo processo può essere inoltre un'opportunità, in un Paese come il nostro, per creare strumenti di pianificazione finanziaria, o previdenziali, alternativi. Inizieremo presto a suggerire ai nostri utenti di risparmiare direttamente dall'applicazione, per creare un proprio percorso di risparmio, e per assicurarsi nel mercato italiano, mercato in cui l'educazione finanziaria fa fatica ad affermarsi. Il FinTech può aumentare la consapevolezza finanziaria di un Paese che ne ha bisogno.
  Ovviamente, trattandosi di un modello distributivo lontano dalla territorialità della filiale e potendo, quindi, il servizio essere fruito direttamente dalla rete, è importante Pag. 6creare un contesto positivo, affinché le aziende che andranno a sostituire, in parte, il lavoro a oggi svolto da banche e altri attori, siano anche aziende italiane. In un mercato come quello europeo, che consente la libera prestazione di servizi, si può andare a prendere lo strumento di pagamento, di risparmio, di assicurazione e di investimento da un attore straniero.
  A questo proposito tengo a precisare che Satispay è una start-up italiana, una S.p.A. basata in Italia. In Italia c'è la holding di un gruppo che detiene anche il 100 per cento di una società che ha sede nel Regno Unito, dove opera come intermediario finanziario, in regime di passporting.
  Questa scelta è dovuta al fatto che il progetto, avendo un'ambizione europea, mentre preparava la richiesta di autorizzazione alla Banca d'Italia si è scontrato con alcuni limiti, come quello, che penso conosciate già, del codice fiscale italiano obbligatorio, da richiedere ai cittadini stranieri. Tutti gli intermediari finanziari italiani sono un po’ «zoppi» rispetto ai loro competitor internazionali, perché devono chiedere anche al cittadino francese, tedesco, e via dicendo, un codice fiscale italiano: a questo obbligo non sono sottoposti gli intermediari francesi, tedeschi, lussemburghesi e inglesi, e ciò ovviamente costituisce un grande svantaggio competitivo.
  Il problema si può aggirare andando ad aprire, di volta in volta, stabili organizzazioni nei vari Paesi, ma ciò, ovviamente, è molto limitante. Se ci presentiamo agli investitori con un piano che non prevede di dover aprire sedi estere, ma, essendo una società internet, prevediamo di operare in libera prestazione di servizi, siamo più appealing rispetto a una società che deve aprire sedi estere.
  In estrema sintesi, vorrei chiudere dicendo che si è andati nella direzione giusta e si è creato in Europa un contesto normativo che porta alla nascita di attori che possono abbattere i costi dei servizi finanziari e arrivare ai consumatori finali.
  Vi chiedo di non «over-complicare» le normative europee, perché già sono scritte bene e permettono sia la competizione tra i diversi attori e la possibilità che altri attori nascano, sia l'abbattimento del costo delle transazioni, che fino a oggi sono state al centro del dibattito. La scusa degli esercenti è: «Non accetto questo sistema di pagamento perché è caro».
  Secondo noi, non occorre neanche produrre troppe norme sui costi dei pagamenti tracciabili. Basta avere un livello di competizione uguale per tutti (level playing field) e nasceranno soluzioni come la nostra, che vanno a ridurre i costi per competere meglio sul mercato.
  Facciamo attenzione che ci sia un level playing field anche tra i Paesi. È un peccato non riuscire ad attrarre in Italia aziende come la nostra. Se il regolatore saprà esprimersi in modo chiaro, con un intento del tipo «vogliamo digitalizzare i servizi finanziari e aumentare la tracciabilità dei pagamenti» – e l'approccio che si intravede anche attraverso questa indagine conoscitiva è quello di continuare, nel tempo, a investire in questo settore – sicuramente si permetterà ad aziende italiane di restare in Italia.
  Badate che per noi è stato un costo aggiuntivo andare all'estero, perché avendo la holding in Italia abbiamo subito uno svantaggio fiscale con l’inter-company agreement, perché perdiamo l'IVA.
  Potremmo addirittura attirare investitori e aziende estere, come sta facendo l'India, che ha radicalmente ridotto l'utilizzo del contante forzando l'utilizzo degli strumenti digitali. Sono tantissime le aziende che sono andate lì per cogliere un'opportunità di mercato. La stessa cosa può essere fatta in Italia, con gli stessi risultati.
  I cittadini utilizzeranno i servizi digitali sempre di più. Stiamo ricevendo una risposta di proporzioni enormi. Sarebbe veramente molto positivo anche per l'economia del Paese se i servizi fossero erogati, agli italiani, innanzitutto da società italiane e a tutti i cittadini europei, da società che sono in Italia e che assumono in Italia. I talenti ci sono, c'è anche facilità nel trovare persone brave, che magari sono andate via ma che in Italia tornano volentieri. Pag. 7
  Si è creato un contesto positivo e mi piacerebbe trasmettere un messaggio: noi siamo entusiasti di quello che sta accadendo. Tutti ci chiedono: «Perché in Italia?» In realtà, il contesto è estremamente positivo, non «over-complichiamolo» con le leggi.
  C'è un po’ di burocrazia di troppo, tuttavia, se il regolatore è fermamente intenzionato a comprendere le realtà di questo tipo, che possono fare la differenza e portare opportunità, anche ove vi fossero minacce di erosione da parte dei mercati esistenti, l'importante è che a erodere quote di mercato di banche italiane siano, possibilmente, FinTech italiane.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SEBASTIANO BARBANTI. Grazie, dottor Dal Masso, soprattutto per l'ultima parte del suo intervento, che ci dà un quadro molto positivo del sistema italiano, mentre molto spesso tendiamo a parlare male dell'Italia, accentuando gli aspetti negativi e mostrando sempre troppo poco, invece, quelli positivi.
  Senz'altro, come ha detto lei, ci sono molti aspetti positivi, ma non dobbiamo fermarci qui: il fatto che il quadro sia positivo deve spronarci a migliorare sempre di più, soprattutto nei termini che ci ha spiegato: stabilità dell'intento normativo e posizionamento dello Stato, che è quello per cui ci battiamo. Lo Stato, sul tema del FinTech, deve assumere una sua posizione.
  Ad esempio, ha fatto bene a sollevare il tema della digitalizzazione e semplificazione del codice fiscale. Era già emerso nelle precedenti audizioni, così come in diversi altri incontri e tavoli di lavoro che abbiamo avuto con gli operatori del FinTech.
  Come ha affermato il Ministro Padoan non più di una settimana fa, siamo su una strada che porterà a risolvere questo problema in materia di semplificazione e digitalizzazione del codice fiscale. È un punto a favore di questa indagine conoscitiva e del lavoro, il Parlamento sta portando avanti sul tema del FinTech.
  Dato il quadro che ci ha mostrato, in pratica, quali ulteriori implementazioni e soluzioni normative si potrebbero porre in essere, affinché la potenzialità espressa dal settore FinTech possa esprimersi liberamente in Italia e affinché si crei quel level playing field di cui lei parlava?

  MICHELE PELILLO. Ho due domande veloci. In primo luogo, mi piace la considerazione che il FinTech può in qualche modo dare una mano a ridurre il gap di educazione finanziaria presente nel Paese. Da questo punto di vista, mi piacerebbe sapere se avete già qualche idea da realizzare.
  In secondo luogo, vorrei sapere perché siete dovuti andare a Londra.

  CARLO SIBILIA. Innanzitutto la ringrazio per la relazione. Credo che lei abbia centrato il cuore dell'osservazione che vorrei farle, nella parte finale della trattazione. Quando parliamo di FinTech si fa riferimento a un mondo slegato, in qualche modo, dal contesto nazionale. Sto cercando di capire, attraverso questa indagine conoscitiva, se effettivamente questo possa essere un limite o no.
  Per chi configura lo Stato come un territorio con dei confini, con una lingua e una moneta comune, si tratta di un tema molto importante, che lei ha centrato perfettamente.
  Se ci apriamo rispetto al mercato FinTech – e dobbiamo ragionare sul modo in cui farlo – è evidente che altre start-up e aziende in tutto il mondo aggrediranno, giustamente, alcune fette di mercato. Se ragioniamo in termini di mercato globale, ciò è evidente.
  Abbiamo indicato nel nostro programma di governo la creazione di un sistema di pagamento condiviso, quindi, di fatto, noi già stiamo pensando a come realizzare un sistema di pagamento che possa funzionare in maniera indipendente rispetto agli istituti finanziari e di intermediazione a livello statale. Su questo tema abbiamo consultato gli iscritti al nostro portale, con i quali ci Pag. 8confrontiamo sulle tematiche programmatiche e, quindi, per noi non ci sono preclusioni.
  Tuttavia, effettivamente prevedo, nel lungo periodo, un'evoluzione che rischia di far perdere sempre più una delle caratteristiche fondamentali del nostro Paese, cioè il fatto i risparmiatori mantengono i loro risparmi in Italia.
  Siamo uno di quei Paesi che hanno grosse difficoltà a mantenere il risparmio al proprio interno; del resto infatti, ormai – questa è storia recente – abbiamo visto qual è stata la sorte di chi ha investito qui, magari con obbligazioni subordinate e quant'altro. Questa mattina, purtroppo, abbiamo avuto un incontro con le associazioni di coloro che sono stati danneggiati da alcune operazioni governative. Questa è storia, non sto facendo una critica politica.
  È evidente che bisogna ragionare in questi termini. Vorrei capire inoltre se, al di là del fatto di eliminare la richiesta del codice fiscale, che a me sembra ormai anacronistico...
  Con riferimento alla domanda del collega, che si chiedeva perché siete andati in Inghilterra, ritengo che tale scelta sia maturata dal fatto che così è più semplice superare questo problema, che rappresenta un ostacolo per un sistema di pagamento.
  Lei come immagina la situazione tra tre anni? Ci saranno una miriade di sistemi di pagamento, qualcuno dei quali anche in Italia, e magari anche uno statale? Lei come pensa che questa sorta di «bolla» verrà a stabilizzarsi, nel futuro di questo tipo di sistemi di pagamento?

  SERGIO BOCCADUTRI. Condivido tutto il suo intervento, a parte le ultime cose che ha detto. Oggi abbiamo avviato l'esame dell'Atto del Governo per il recepimento della Direttiva PSD2 (Payment Service Directive 2), con la quale si stimolerà ulteriormente il mercato dei pagamenti e, quindi, una concorrenza nel mercato stesso. Ciò che costituisce una deroga in base alla precedente disciplina, contenuta nella Direttiva PSD1, entra appieno nella PSD2. Un caso come il vostro, quindi, trova una più compiuta cornice normativa.
  In tale ambito, inoltre, interverremo su alcune questioni concernenti l'attuazione del Regolamento (UE) 2015/751, relativo alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta, ma questi aspetti non vi riguardano, poiché voi operate con un altro business model.
  Colgo l'occasione dell'audizione odierna per fare una domanda la cui risposta vorrei poi veicolare ai nostri parlamentari europei. Attualmente l'EBA (European banking authority) sta discutendo con la Commissione europea la definizione di regole tecniche. In particolare quelle su cui vorrei avere il suo punto di vista sono le regole relative alla scala strong customer authentication, che può effettivamente avere impatti sui modelli di business, attraverso la user experience.
  Da questo punto di vista ci sono visioni contrapposte: c'è chi usa gli RTS (regulatory technical standard) per limitare l'ingresso di nuovi operatori; dall'altra parte, le associazioni dei consumatori invece chiedono un alto livello per la tutela dalle frodi, senza che vi sia, però, un'analisi dei dati sulle frodi.
  Temo molto che una discussione di questo tipo venga svolta in maniera poco concreta e che possa «strozzare» la concorrenza nel mercato dei pagamenti, il quale invece può creare – condivido appieno il suo punto di vista su questo – la concorrenza necessaria ad abbattere il costo delle operazioni, al di là di ciò che l'Unione europea è riuscita a fare in materia di commissioni interbancarie. In tal modo inoltre si incrementerebbe anche il grado di accettazione di questi nuovi sistemi.
  Le chiedo se lei ha un punto di vista sugli RTS e sulla strong authentication. Il Parlamento europeo sarà chiamato a esprimersi sugli RTS. Non sappiamo ancora quando lo farà e non so quali attori saranno chiamati a dare il proprio contributo in un'audizione. Questa rappresenta quindi, a mio giudizio, l'occasione per ascoltare un soggetto italiano, per poi trasferire il vostro contributo ai nostri colleghi parlamentari europei.

  SESTINO GIACOMONI. Grazie per la relazione. Mi ha colpito un dato che lei ha Pag. 9citato all'inizio: l'85 per cento delle transazioni in Italia avviene ancora in contanti. Vorrei una sua riflessione su come incentivare l'utilizzo degli altri sistemi di pagamento; da liberale direi che ciò non possa avvenire ponendo limiti all'utilizzo del contante, bensì garantendo da parte vostra costi più bassi e soprattutto la sicurezza dei pagamenti, perché credo che questi siano i due punti deboli del sistema.
  Inoltre, vorrei sapere, non tanto perché vi siete trasferiti a Londra (questo lo capisco), ma in che modo noi come «classe politica» possiamo incentivarvi a tornare. Secondo lei che cosa dovrebbe fare la politica per farvi tornare in Italia?
  C'è un'altra cosa che mi colpisce e che abbiamo ascoltato anche nelle altre audizioni che stiamo svolgendo. Tutto si sta digitalizzando e questo è il futuro, probabilmente inevitabile e anche auspicabile, ma ho un unico dubbio: dal suo punto di vista, nel mondo del risparmio rimarrà necessaria la presenza della consulenza, di quello che possiamo definire «human touch», oppure secondo lei ci troveremo in un mondo in cui, ad esempio, Amazon, si occuperà del risparmio gestito a distanza e il tipo di attività di consulenza che conosciamo finirà completamente di esistere?

  PRESIDENTE. Do la parola ad Alberto Dal Masso per la replica.

  ALBERTO DAL MASSO, Amministratore delegato di Satispay. Grazie a tutti per le domande. Partirei subito dalla questione del codice fiscale. Sicuramente il fatto che si stia prendendo in considerazione l'ipotesi di superarla è assolutamente positivo. Ben venga che si vada in questa direzione.
  Venendo alle nuove implementazioni, vi porto un esempio: una cosa che affermerò sempre è che la normativa europea raccomanda che le leggi di ogni Paese non si perdano a stabilire definizioni eccessive.
  Per esempio, per quanto riguarda i pagamenti, parliamo di moneta elettronica e di transazioni tracciabili. Nel momento in cui uno strumento è in grado di individuare l'esecutore della transazione, il beneficiario e l'importo (nel nostro caso anche la categoria merceologica, la localizzazione, eccetera), assolve alla volontà di rendere i pagamenti tracciabili. Non perdiamoci dunque in definizioni ulteriori.
  Spesso ci siamo trovati di fronte a norme che citavano, a titolo di esempio, gli strumenti di pagamento e l'ente di vigilanza quindi diceva: «Non sei tra quelli citati ad esempio».
  Le definizioni ci sono, è necessario che rimangano chiare; non complichiamo oltre il necessario la normativa europea, che è veramente all'avanguardia. In un certo senso, vorrei dirvi: lasciate a noi del mercato il compito di trovare la soluzione. Il nostro obiettivo – oltre che la ragione di successo di una start-up come la nostra – è diventare un'abitudine dei consumatori. Saremo noi a impegnarci a dismisura per imporci sul mercato.
  Semplicemente, poiché siamo, in tutto e per tutto, uno strumento tracciabile, come molti altri, non chiediamo di essere favoriti in nessun modo, ma di essere ricompresi nel novero degli strumenti di pagamento tracciabili. A volte infatti la normativa contiene indicazioni specifiche, citando esempi che a poco servono. Magari guardano con lo specchietto retrovisore a ciò che già esiste e non ci proiettano verso quello che domani dominerà il mercato, cioè le soluzioni che fino a oggi hanno conquistato solo il 15 per cento del mercato.
  Un altro tema che vorrei sottolineare è che, più che gli obblighi e le imposizioni, a volte sono gli incentivi a fare la differenza. Vi faccio un esempio. In questa settimana tutta la GDO (grande distribuzione organizzata) su Satispay sta facendo uno sconto a chi paga con il nostro strumento di pagamento.
  Lo fanno per far comprendere ai loro clienti che hanno un cash-back, attraverso l'applicazione. Il ragionamento è: «Questa applicazione è in mano a centinaia di migliaia di persone; mostrando una promozione io mi faccio conoscere e, siccome lo strumento di pagamento è comodo, magari attiro nuovi clienti nel nuovo sistema di pagamento». Pag. 10
  Poiché, infatti, il sistema è comodo e tracciato, senza che noi «bypassiamo» i dati agli esercenti, perché vogliamo proteggere la privacy dei nostri consumatori, l'esercente, se il cliente utilizza lo strumento n volte, concede vantaggi aggiuntivi. Vi garantisco che i numeri sono impressionanti.
  Succede, infatti, che per non perdere quei vantaggi, oltre all'aspetto della comodità, gli utenti smettono di comprare dagli esercenti che non accettano questo tipo di strumento. C'erano, ad esempio, dei tabaccai che dividevano lo scontrino da 15 euro di Satispay in due transazioni, una da 9 e una da 6 euro, per non pagare i 20 centesimi di commissione. Gli abbiamo detto: «Ti disattiviamo il servizio se lo fai ancora». Una volta disattivato il servizio, un mese dopo ci hanno chiesto di averlo di nuovo attivo e hanno cominciato a pagare tutte le commissioni, perché i clienti abituati a usare Satispay non tornavano, magari pagando in contanti, bensì andavano alla tabaccheria di fianco.
  Ci troviamo, addirittura, in un contesto in cui il modello mobile, che consente agli esercenti di trasformare lo strumento di pagamento in una modalità di fidelizzazione, fa sì che siano i retailer stessi a investire per incentivare i pagamenti digitali. Non è neanche necessario che lo faccia lo Stato.
  Non complichiamo assolutamente la normativa. Non servono particolari obblighi, limiti, vincoli e multe da imporre, perché il mercato sta già andando in quella direzione. Ovviamente, se ci fosse un incentivo – ma per questo occorre verificare se ci sia la copertura finanziaria – anche minimo, anche dell'1 per cento, oltre una certa percentuale del reddito del consumatore speso in pagamenti digitali, ciò avverrebbe in modo ancora maggiore. I punti della grande distribuzione organizzata pesano meno dell'1 per cento del valore dello speso, ma la gente non è disposta a rinunciarvi. Se io avessi un 1 per cento di detrazioni su quanto speso in moneta elettronica, allora certamente mi rifiuterei di spendere presso un esercente che non accetta la moneta elettronica, e andrei da un altro.
  Ciò che farà, davvero, la differenza saranno le abitudini dei consumatori. Più che forzare l'accettazione di questi sistemi di pagamento, incentiviamo i consumatori a utilizzarli. Una buona notizia è che lo stanno già facendo aziende come noi, che investono in questa direzione e lo stanno facendo anche gli esercenti, attraverso di noi. Se proprio si volesse fare qualcosa, l'ideale sarebbe prevedere un ulteriore incentivo. Capisco che bisogna considerare il minor gettito fiscale, però, se ci fosse spazio per una manovra di questo tipo, i risultati sarebbero impressionanti.
  A proposito dell'educazione finanziaria, ci attiveremo presto con grandi compagnie di assicurazione, per consentire ai nostri utenti, quando comprano un volo aereo o quando pagano lo skipass per una giornata di sci, di sottoscrivere, attraverso la nostra applicazione, con una firma digitale, in remoto, che noi apponiamo sul contratto assicurativo, una copertura assicurativa. Il vantaggio è che, essendo fatta con i dati dell'utente e con la sua identificazione, non è un'assicurazione generalista, ma può essere fatta a un costo più basso, perché identifica il soggetto che la paga.
  L'interazione con il consumatore, in questo caso, viene posta di fronte a un'opportunità: sottoscrivere un piano di assicurazione sulla vita o di assicurazione sanitaria, piuttosto che un piano di accumulo previdenziale, mostrando al nostro utente tipico, che ha tra i 30 e 35 anni, il vantaggio che ottiene sottoscrivendo un piano di questo tipo, vista la sua giovane età.
  Non conosco nessun mio coetaneo che abbia un'assicurazione sulla vita o un piano complementare. Però, quando proviamo a proporre questi prodotti in modo digitale, nel momento giusto (magari mentre si sta comprando un volo per andare in vacanza negli Stati Uniti, dove non c'è la copertura assicurativa), e attraverso uno strumento comodo, che è molto più esplicativo di un pezzo di carta o di un’e-mail, se si spiega loro il vantaggio, queste stesse persone sottoscrivono questo tipo di prodotti.
  Non lo sottoscrivono come un'assicurazione una tantum generalista, ma diventano clienti, iniziano ad avere una copertura Pag. 11 assicurativa e, da lì in avanti, possono iniziare ad accantonare anche in un piano previdenziale, eccetera.
  Si tratta di saper approfittare della tecnologia mobile e della conoscenza di cosa sta facendo il consumatore in quel momento, per andare a proporgli la sottoscrizione di un prodotto assicurativo, o finanziario, in un momento in cui egli è sensibile e disposto ad accettarlo.
  Un'altra cosa che ci hanno suggerito i nostri utenti, visto che molti esercenti del mondo della moda e dell'elettronica di consumo restituiscono cash back interessanti su Satispay, è quella di accantonare gli sconti ricevuti – anziché mantenerli spendibili sulla moneta elettronica – in strumenti di risparmio.
  La cosa che intriga molto è che con lo strumento che si usa per pagare il caffè ogni mattina, in ogni momento, si possa controllare quanto si sta mettendo da parte. C'è una sorta di gioco nel verificare che si sta iniziando ad accumulare, e di soddisfazione nel vedere che, attraverso l'utilizzo di strumenti digitali, si mette da parte qualcosa per il domani. Questo meccanismo invoglia a risparmiare di più.
  Più che fare educazione finanziaria, si porta ad apprezzare il risparmio e la previdenza complementare attraverso – concedetemi l'inglesismo – una user experience molto semplice e accattivante.
  Passando alla domanda: perché ci siamo trasferiti a Londra? Il tema del codice fiscale è stato il problema più grande. Per un progetto con ambizione europea, che vede gli investimenti moltiplicarsi di alcuni multipli, per cui si devono aprire stabili organizzazioni con un nuovo responsabile antiriciclaggio, risk management, compliance, cioè con una vera struttura da intermediario finanziario anche negli altri Paesi esteri in cui si va a operare, questo limite riduce la competitività dell'azienda.
  Considerate che per noi aprire un intermediario finanziario è un impegno davvero stressante, occorre infatti competere sul mercato e lanciare nuovi servizi; perciò, una volta che si ottiene un'autorizzazione, è molto importante il fatto di poterla utilizzare anche negli altri Paesi, riuscendo a moltiplicare il nostro mercato, con nuovi potenziali utilizzatori, per n volte, e facendo lo sforzo per ottenere l'autorizzazione – che è uno dei processi più complicati a cui ci siamo sottoposti – una volta sola.
  Quello è stato il motivo principale. Operare dall'Italia non ci avrebbe consentito di offrire servizi all'estero, perché, se chiedo il codice fiscale italiano a un cittadino francese, il soggetto abbandona la procedura di iscrizione e non completa l'attivazione del servizio.
  Londra ovviamente non è più così interessante e si dovrà capire dove spostarsi, in funzione della Brexit. Avevamo optato per Londra perché era una città che aveva saputo creare un contesto molto interessante, con un legislatore attento, il quale cercava aziende digitali per invitarle nel proprio Paese, con un'autorità di vigilanza competente, che sui temi ITC (Information Communication Technology) aveva fatto molta challenge. Ciò ha fatto sì che, se in Italia abbiamo un paio di istituti di moneta elettronica, lì ce ne sono circa 90, in un contesto dove i miei colleghi che si occupano di rischio, compliance e digitalizzazione dei pagamenti, si confrontano con aziende che fanno un mestiere simile. Non parliamo di competitor, parliamo quasi di colleghi, che stanno affrontando un mercato simile con cui confrontarsi. Inoltre, se non mancano sviluppatori bravi, commerciali bravi eccetera, il rischio è che ci manchino persone competenti in compliance e temi normativi in ambito FinTech, perché non hanno avuto imprese in cui acquisire esperienza.
  Londra sotto questo profilo era certamente il posto giusto in cui stare, perché ospita un bacino di imprese che già hanno digitalizzato da tempo i propri sistemi, e dalle quali si possono attrarre talenti.
  Mi è stato chiesto che cosa immagino accadrà tra tre anni. La frammentazione che potete iniziare a vedere è il risultato di una giusta e sana competizione iniziale. Mi aspetto, non uno strumento di pagamento, ma una situazione che replicherà ciò che abbiamo oggi nei nostri portafogli: una carta di credito, una carta di debito e del Pag. 12contante, oppure una carta prepagata e il contante.
  La nostra ambizione è essere uno di questi strumenti in futuro e, in particolare, di sostituire il contante. Immaginiamo che potranno esserci alcune altre applicazioni per pagamenti di importi più elevati, per rateizzazioni e per fidelizzazioni. I consumatori avranno tra le mani, più o meno, i tre o quattro strumenti di pagamento principali, tra cui uno che utilizzano più di frequente – ed è quello che noi vorremmo essere – per i pagamenti di tutti i giorni. Potrebbe verificarsi che una, o due grandi aziende, riescano ad avere una loro applicazione stile Starbucks, che è molto utilizzata, perché consente di prenotare ciò che voglio comprare.
  In un sistema nazionale penso vi siano alcuni limiti. Va bene il sistema PagoPA, nel senso che ci sia un obbligo di accettazione da parte della pubblica amministrazione. Avendo dovuto affrontare tale problema personalmente, sconsiglierei allo Stato di compiere gli sforzi che abbiamo fatto noi per creare uno strumento di pagamento, perché esso comporta la necessità di innovare continuamente e di fare investimenti importanti, che è bene siano invece lasciati alle società private.
  Lo strumento di pagamento che ha in mano il consumatore, a nostro avviso, deve essere sviluppato da società private, le quali faranno di tutto per competere e abbattere i costi, avendo anche la competenza per farlo.
  Lo Stato deve accettare pagamenti digitali e deve dire alle società private: «Vuoi avere anche me, pubblica amministrazione, come esercente?» Allora ti devi integrare. Questo lavoro si sta già facendo. Noi, infatti, tra due settimane saremo attivi con Satispay su tutti i pagamenti di PagoPA e della pubblica amministrazione.
  Ci sarà uno scenario con più metodi di pagamento. Oggi c'è molta frammentazione, ma mi permetto di dire che in futuro ci saranno meno attori sul mercato di quelli che ci sono oggi. Attualmente ci sono moltissimi emittenti di carte e anche tantissime banche. Ci sarà una concentrazione e questo costituisce un rischio per gli operatori.
  L'utente avrà da un minimo di due a un massimo di cinque strumenti di pagamento in mano. Oggi ce ne sono tanti, ma questo fa parte della competizione. Ci sarà sicuramente un consolidamento in tal senso.
  Rispondo ora sull'EBA, le regole tecniche e la strong authentication. Si tratta di un punto centrale. Direi che, in base alla Payment Service Directive 2, non è tanto il pagamento a fare la differenza, quanto l'identificazione.
  L'apertura dei conti on line ha introdotto, da oltre dieci anni, un'innovazione radicale, che consiste nell'identificare una persona, in modo certo, anche se essa non è presente fisicamente nella filiale della banca nel momento in cui apre un rapporto.
  I requisiti richiesti sono molto elevati. Noi abbiamo sviluppato una nostra modalità di identificazione certa dell'utente, che è stata approvata anche da DigitPA. Si tratta di elementi molto forti. Mi permetto di dire che è più sicura, con riferimento alla certezza dell'identificazione dell'utente, una relazione finanziaria on line, rispetto a un processo che è lasciato all'elemento umano, allo sportello. In quest'ultima ipotesi infatti potrebbe anche verificarsi che venga aperto, in malafede, un conto corrente a nome di una persona, invece che a nome di un'altra, perché si è d'accordo così.
  Il processo digitale è, per definizione, tracciato, è audited e, di conseguenza, se c'è una mancanza da parte dell'intermediario finanziario, questo è esposto, attraverso le ispezioni nei suoi confronti, anche al rischio di chiusura.
  Lo strumento di identificazione a distanza è la vera chiave e si spera che la citata Direttiva PSD2 stabilisca gli standard in materia. Secondo noi ci sarà una fase di transizione. Nel 2018 si consente di prendere i dati dai conti correnti. Non c'è ancora uno standard. Ci sarà probabilmente una serie di fornitori che daranno servizi in stile Sofort, con lettura, inserimento di password, eccetera. È quello che vorremmo fare noi all'inizio: utilizzare Pag. 13 fornitori terzi, in attesa che (probabilmente nel 2019) siano definiti delle API (application programming interface) che le banche integreranno, ma che anche noi integreremo per dare informazioni alle banche. A questo punto si creerà la possibilità, anche per noi, di svilupparle direttamente.
  Ciò è importante. Sarà per noi come la SEPA (Single euro payment area). Si è definito uno standard grazie al quale dove c'erano centinaia di RID (rapporto interbancario diretto) e bonifici, adesso ce n'è uno solo. Tutto questo ha portato efficienza sul mercato internazionale.
  Lo standard permette di non avere bisogno di soggetti intermediari, che fanno un lavoro che potrebbe essere superfluo.
  È un modo per il cittadino di far valere la sua identità. Se il cittadino che ha già aperto un conto corrente ed è già stato identificato in modo sicuro, viene messo nella condizione di usare quell'identificazione per aprire un altro servizio, per essere riconosciuto dalla pubblica amministrazione o richiedere un documento digitale, si fornisce un enorme servizio al cittadino. Passiamo le nostre giornate a compilare ogni volta da capo i nostri dati identificativi, nei nostri rapporti con la pubblica amministrazione, oppure perché dobbiamo prendere un aereo o perché sottoscriviamo un prodotto d'investimento. Anche questo è fondamentale nell'educazione finanziaria. Se posso iniziare a risparmiare per la mia pensione semplicemente dando il mio assenso, perché posso passare la mia strong authentication, fatta su Satispay, a un soggetto di investimento terzo, allora è molto più probabile che io sottoscriva quello strumento. Non è detto che il problema sia l'incompetenza finanziaria; a volte, in un mondo così frenetico, il problema è che non si ha voglia di mettersi di nuovo a indicare tutti i propri dati da capo.
  Io porrei una certa fretta nell'introduzione della strong authentication e nel definire gli standard. Secondo me, ci sono già. Il modo in cui un utente viene identificato da parte di un intermediario finanziario è ampiamente provato e certo. Molto spesso alcuni intermediari finanziari collaborano con soggetti terzi come noi per trasferire, su input del consumatore, i dati identificativi. Vorrei che questo fosse considerato come il vero punto innovativo della Payment Service Directive, più ancora delle innovazioni in materia di instant payment, o altre cose di questo tipo.
  Mi si chiedeva cosa possiamo fare rispetto al fatto che l'85 per cento dei pagamenti avviene ancora in contanti: possiamo fare quello che abbiamo fatto fino a oggi, cioè creare uno strumento in grado di cambiare le abitudini dei consumatori, partendo dai pagamenti di tutti i giorni.
  Il fatto di non far pagare commissioni per pagamenti sotto i 10 euro fa sì che chi apre Satispay, vedendo che il bar sotto casa sua lo accetta, sa che può spendere anche se non dispone in quel momento di contanti. La differenza si vede dal numero di volte al mese in cui il nostro sistema di pagamento viene utilizzato: sette-otto volte, contro le neanche tre volte delle carte di credito e di debito. Sicuramente questo farà la differenza.
  Quell'85 per cento del mercato dei pagamenti in contanti, per noi imprenditori è perfetto. Il mercato non servito dai nostri prodotti è più grande di quello servito, per cui possiamo aggredire un'enorme fetta di transazioni. Bisogna approcciarsi facendo challenge, cioè cambiando i modelli di business, come abbiamo fatto noi. Se poi si riescono anche a creare incentivi, come quelli che vi ho illustrato (punti, scontistica, eccetera), si incide ancora di più sulle abitudini del consumatore. Se il consumatore non è più disposto a fare a meno di uno strumento di pagamento digitale, in automatico ne deriverà anche un minor utilizzo del contante.
  Per ciò che concerne la sicurezza, la maggior digitalizzazione dà maggior sicurezza. Anche rispetto a quello che diceva l'onorevole Boccadutri, non deve esserci timore da parte delle associazioni dei consumatori sulla strong authentication: i processi digitali sono certi e hanno audit all'interno.
  L'esempio più semplice è quello dei pagamenti: se perdo una banconota da 50 euro, è persa. Se, invece, qualcuno fa una Pag. 14transazione e mi sottrae la carta di credito on line, facendo «hackeraggio», sono assicurato e recupererò i miei soldi.
  Se faccio un pagamento mobile, come nel caso di Satispay, in primis uso l'IBAN e non il numero della carta, e quindi sono più al sicuro, perché l'IBAN è un dato pubblico con cui non si possono fare pagamenti senza un'autorizzazione, che abbiamo noi, ad addebitare il conto. In secondo luogo, il pagamento è connesso allo strumento mobile, quindi ogni transazione deve essere autorizzata da questo dispositivo con un PIN o attraverso l'utilizzo dell'impronta digitale, e non più solo con una username e una password. Anche se pago on line, devo poi confermare il pagamento dal mio dispositivo. Se cambio telefono, si annulla l'abbinamento al telefono che possedevo in precedenza.
  La carta di credito è più sicura del contante, ma io potrei dimenticarla al supermercato e accorgermene la settimana dopo, mentre il cellulare lo guardiamo, ahinoi, 80-90 volte al giorno. Se lo perdessi, oltre ad avere la sicurezza del PIN di accesso allo strumento di pagamento, o delle impronte digitali (ma ipotizziamo che qualcuno mi abbia visto inserire il PIN), mi renderei immediatamente conto di averlo perso. In qual caso, ci viene comunicato lo smarrimento e noi blocchiamo l’account.
  Pur avendo già gestito milioni di operazioni di pagamento, non abbiamo mai registrato il caso di qualcuno che abbia perso anche solo un centesimo all'interno del nostro sistema. La maggiore digitalizzazione aumenta la sicurezza, perché i processi sono audited e perché, a differenza del contante, lo strumento non può essere perso, non trattandosi d uno strumento fisico.
  Tornando alla situazione italiana, come vi ho già detto, occorre sicuramente superare limiti banali, come quello del codice fiscale. L'approccio del regolatore, in generale, deve essere come quello di oggi: curioso, consapevole del fatto che esistiamo e pronto ad ascoltare. La cosa più bella che può accadere a un imprenditore di qualunque settore è sapere che c'è consapevolezza della sua esistenza da parte del regolatore e che c'è volontà di ascolto.
  Mi permetterei di dire che occorre anche una visione di medio-lungo periodo. Se si è iniziato a fare qualcosa, non bisogna interrompere le azioni intraprese. Occorre capire che siamo solo all'inizio, che la burocrazia può essere ridotta, e i progetti semplificati. Se le aziende e gli imprenditori sanno che in Italia c'è il programma di arrivare ad avere, nel 2030, più del 50 per cento dei pagamenti digitalizzati, questo orizzonte di lungo periodo li induce a investire sul Paese.
  Invece la situazione di incertezza indotta da incentivi che potrebbero poi svanire, perché inseriti in norme introdotte di straforo, e la mancanza di testi unici che sappiano indicare la direzione nel lungo periodo, rende un po’ più difficile scegliere un Paese, rispetto ad altri che si presentano affermando, ad esempio: «Qui in Estonia vogliamo digitalizzare tutto, attirare le aziende e l'obiettivo è far pagare tutti in modo digitale».
  Occorre anche saper dichiarare le proprie intenzioni e applicarle attraverso norme chiare e stabili, di modo che ci siano veramente delle basi certe, su cui sappiamo di poter costruire le nostre aziende. Io arrivo dall’asset management e purtroppo ritengo che il risparmio gestito subirà in modo molto forte l'impatto di queste innovazioni. Lo dimostrano anche le performance degli strumenti quantitativi che, da un lato, forse perché riducono il rischio nel medio-lungo periodo, hanno performance migliori.
  Di conseguenza, la consulenza sarà trasformata, anche perché siamo sempre più abituati a gestire il rapporto con gli strumenti finanziari in modo digitale, quindi siamo ancora più soddisfatti ad avere, digitalmente, quel conforto che, un tempo, si aveva attraverso il rapporto con un promotore finanziario, o un consulente finanziario, vis-à-vis.
  Se il mio consulente finanziario è digitale, in realtà è una persona fisica. È l'analista finanziario che riporta al consulente le sue valutazioni. Se dal centro dell'intermediario finanziario analizzano per Pag. 15me l'evoluzione del mercato e mi danno input istantanei, può trattarsi di una consulenza finanziaria di valore ancora più alto. Ritengo quindi che il settore dell'asset management si muoverà sempre di più verso un approccio quantitativo, alla ricerca del «beta» e non dell’«alfa» del singolo gestore specializzato, riducendo il costo degli strumenti di investimento e, inevitabilmente, facendo sì che, rispetto a oggi, gli operatori attivi in questo mercato si riducano.
  BlackRock ha fatto un grande investimento su iShares, la piattaforma degli ETF (exchange-traded fund), così acquisendo gran parte del mercato. In realtà, è un'opportunità. Moneyfarm lo sta provando a fare. Lo ripeto di nuovo: facciamo in modo che un paio di questi asset manager e prestatori di servizi di pagamento, nonché banche digitali, siano italiani. Tra le più grandi compagnie di assicurazioni mondiali ce ne sono alcune italiane. Facciamo in modo che ci siano italiani anche tra i più grandi prestatori di servizi di pagamento, asset manager e banche digitali.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
SESTINO GIACOMONI

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Dal Masso e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.20.