XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Lunedì 15 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Capezzone Daniele , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE RELATIVE AGLI STRUMENTI FINANZIARI DERIVATI

Audizione dei rappresentanti della Banca d'Italia.
Capezzone Daniele , Presidente ... 3 
Signorini Luigi Federico , Vice Direttore generale della Banca d'Italia ... 3 
Capezzone Daniele , Presidente ... 11 
Ruocco Carla (M5S)  ... 11 
Barbanti Sebastiano (Misto-AL)  ... 12 
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 12 
Causi Marco (PD)  ... 13 
Capezzone Daniele , Presidente ... 13 
Signorini Luigi Federico , Vice Direttore generale della Banca d'Italia ... 14 
Capezzone Daniele , Presidente ... 15 
Signorini Luigi Federico , Vice Direttore generale della Banca d'Italia ... 15 
Capezzone Daniele , Presidente ... 15 
Signorini Luigi Federico , Vice Direttore generale della Banca d'Italia ... 15 
Capezzone Daniele , Presidente ... 16 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal dottor Signorini ... 17

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DANIELE CAPEZZONE

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti della Banca d'Italia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative agli strumenti finanziari derivati, l'audizione dei rappresentanti della Banca d'Italia. Abbiamo il piacere di avere con noi una rappresentanza della Banca d'Italia guidata dal Vice Direttore generale, dottor Luigi Federico Signorini, che saluto insieme agli altri ospiti.
  Questa sarà la penultima audizione nell'ambito di questa indagine conoscitiva, entriamo quindi nella fase quasi conclusiva: abbiamo l'appuntamento di oggi e poi quello previsto per il prossimo 25 giugno con il Direttore generale del Tesoro, il dottor La Via.
  Lascio la parola al Vice Direttore Signorini, al quale chiedo di offrirci una visione sintetica della posizione della Banca d'Italia su questi strumenti finanziari per poi, eventualmente, rendersi disponibile a una breve interlocuzione con i membri della Commissione.

  LUIGI FEDERICO SIGNORINI, Vice Direttore generale della Banca d'Italia. Grazie, presidente, per avermi invitato a questa audizione.
  Dopo un inquadramento generale del fenomeno, vorrei parlare del tema dei derivati dal punto di vista del sistema bancario, in relazione alle responsabilità prudenziali della Banca d'Italia, e dal punto di vista delle amministrazioni pubbliche.
  La prima parte della relazione che vi è stata consegnata contiene una serie di definizioni e di informazioni quantitative. Se mi consente, presidente, per ragioni di tempo eviterei di leggere questa parte più didascalica; vorrei soltanto sottolineare che, come ai presenti sarà senz'altro noto, la quantificazione del fenomeno dei derivati è qualcosa di abbastanza complesso, che può dar luogo a equivoci.
  Le grandezze a cui si fa comunemente riferimento sono due. La prima è il valore nozionale, cioè il parametro di riferimento per il calcolo dei flussi di pagamento. Se si tratta di uno swap su tassi di interesse, questi tassi di interesse sono riferiti a un ammontare nozionale rispetto al quale il tasso, rispettivamente fisso o variabile, viene calcolato. Ciò fornisce una misura del volume delle negoziazioni che ha il vantaggio di essere tendenzialmente prefissata per la durata del contratto; essa però non rappresenta direttamente né l'esposizione, né il rischio di ciascuna parte; più precisamente, le perdite e i guadagni che una parte di un contratto derivato può conseguire sono normalmente una frazione (anche modesta) del valore nozionale.
  Il secondo concetto a cui si fa riferimento è il valore di mercato. Nel momento in cui il contratto si chiude, si realizza una Pag. 4perdita per una parte e un guadagno per un'altra: questo è il valore di mercato alla chiusura del contratto. In qualsiasi momento, dal momento dell'apertura al momento della chiusura del contratto, è possibile calcolare il valore di mercato del contratto derivato, che rappresenta in quel momento la perdita o il guadagno potenziale che si determinerebbe per il contraente se, ipoteticamente, il contratto fosse chiuso alla data della rilevazione. Il valore di mercato ovviamente dipende dall'andamento nel corso del tempo della variabile a cui il derivato è collegato. Nella maggior parte dei casi, all'inizio del contratto, esso è uguale a zero, ma poi varia nel tempo nell'entità e anche nel segno.
  Secondo una rilevazione della Banca dei Regolamenti Internazionali sul mercato dei derivati over the counter, dove si svolge la maggior parte delle contrattazioni, delle maggiori banche dei tredici Paesi sviluppati, a fine 2014 il valore nozionale dei contratti era di circa 520.000 miliardi di euro, otto volte il PIL mondiale.
  Questa cifra così grande deve essere naturalmente interpretata alla luce di quello che vi ho appena detto, ossia che si tratta in questo caso di un valore di riferimento, che non rappresenta né l'esposizione, né il rischio delle parti.
  Il mercato dei derivati è complessivamente cresciuto, rispetto al 2008, del 21 per cento. Il valore di mercato lordo, l'altro concetto a cui facevo riferimento, pari alla somma del valore assoluto di tutti i contratti derivati, sia positivo sia negativo, ammontava a circa 17.000 miliardi di euro; esso si è molto ridotto rispetto al 2008, quando ammontava a 25.000 miliardi.
  Passo ora ad occuparmi brevemente del sistema regolamentare. I derivati costituiscono uno strumento utile per redistribuire il rischio e possono facilitare il funzionamento dei mercati finanziari; però possono essere anche molto rischiosi e perciò sono assoggettati a regole e controlli specifici.
  La sottoscrizione di un contratto derivato consente in primo luogo di amplificare la leva finanziaria e comporta l'assunzione di diversi tipi di rischio: oltre al rischio di un'evoluzione sfavorevole delle variabili di mercato alle quali il derivato è collegato (tassi d'interesse, cambi o quant'altro, posto che la varietà dei derivati scambiati sul mercato è molto ampia), vi sono ulteriori rischi, quali il cosiddetto «rischio di controparte», cioè l'eventualità che la parte debitrice sia inadempiente, il rischio di potenziali errori umani, quello di disfunzioni dei sistemi interni di controllo e altro ancora.
  La complessità di questi contratti rende più importante questo tipo di rischi, che sono presenti per qualsiasi attività finanziaria (anzi per qualsiasi attività tout-court).
  L'innovazione finanziaria ha generato una crescente varietà e complessità di contratti derivati. Talune transazioni possono combinare più contratti derivati sottostanti, aumentando le difficoltà di valutazione. Se chi sottoscrive un contratto derivato non ha conoscenze e strumenti adeguati per la gestione di queste esposizioni, l'assunzione dei rischi, anche di notevole entità, può essere inconsapevole; a volte essa può essere causata dalla prospettiva del raggiungimento di profitti di breve periodo, rispetto a cui non si valutano adeguatamente i possibili impatti negativi che possono materializzarsi, a seconda dell'andamento delle variabili sottostanti, in una prospettiva più lunga.
  La crisi finanziaria globale iniziata nel 2008 ha reso evidente l'importanza di tali rischi. Nell'ambito della riforma degli standard internazionali e delle norme europee si sono rafforzati i presidi patrimoniali e di liquidità delle banche e degli altri operatori a fronte dei contratti derivati, si sono favoriti la standardizzazione dei contratti e lo scambio sui mercati regolamentati (cioè non quelli over the counter, ma quelli in cui operano controparti centrali); si sono introdotte regole per assicurare comunque un'adeguata informativa sulle negoziazioni over the counter, per rafforzare la capacità di gestione dei rischi di questi strumenti e per proteggere gli investitori più deboli. Si tratta di un processo ancora in corso.Pag. 5
  A livello internazionale, le riforme delle regole hanno affrontato le carenze dell'impianto prudenziale in vigore prima della crisi finanziaria globale. La crisi, originata anche dall'eccessivo utilizzo di prodotti finanziari complessi o opachi, ha reso evidente un concetto che mi è capitato di sottolineare in sede parlamentare altre volte, cioè che il sistema delle regole prudenziali di Basilea 2 si rifletteva in un minore assorbimento patrimoniale per le attività di natura finanziaria (tra cui i derivati), e in un trattamento comparativamente più severo per le esposizioni bancarie più tradizionali, in particolare quelle creditizie.
  La sottovalutazione della rischiosità di alcuni strumenti finanziari con rating elevato, soprattutto dei prodotti strutturati, è stata uno degli elementi problematici del sistema di Basilea 2. L'impianto regolamentare, in particolare, faceva troppo affidamento sulla liquidità dei mercati e sui giudizi delle agenzie di rating, e si è rivelato non in grado di cogliere appieno i rischi legati a un forte, inatteso mutamento delle condizioni di fondo.
  A livello europeo il quadro normativo è stato rafforzato con l'emanazione del Regolamento cosiddetto EMIR, le cui finalità principali sono di attenuare il rischio sistemico, proteggere i contraenti da abusi e migliorare la trasparenza dei mercati dei derivati.
  In questo ambito, coerentemente con l'evoluzione di standard internazionali, una delle disposizioni più importanti del Regolamento EMIR consiste nell'obbligo di compensazione mediante controparte centrale dei derivati OTC (over the counter) cosiddetti «idonei», cioè di quelli che abbiano caratteristiche sufficientemente standardizzabili per poter esulare dall'ambito tipicamente bilaterale dei contratti OTC, giovarsi della concentrazione presso controparti centrali.
  Nel nostro Paese l'applicazione della normativa europea e internazionale è stata accompagnata dal rafforzamento della disciplina dei controlli interni che la Banca d'Italia ha introdotto, avvalendosi dei poteri che la legge le conferisce, con l'obiettivo di accrescere il coinvolgimento dei vertici aziendali e di favorire una visione integrata e trasversale dei rischi.
  Sulla necessità di una visione integrata e trasversale dei rischi credo sia opportuno insistere. La crisi finanziaria ha infatti messo in evidenza che assetti di governo efficienti e funzioni di controllo autorevoli, attive e indipendenti sono importanti per evitare o limitare le perdite in situazioni di crisi.
  In questo ambito, nel 2013, nella normativa prudenziale italiana è stato profondamente rivisto e potenziato il ruolo del risk manager, che ora svolge compiti di ausilio all'organo con funzioni di supervisione strategica nella definizione e nel perseguimento degli obiettivi di rischio.
  Alla Banca d'Italia sono affidati i controlli prudenziali di stabilità, mentre la Consob è competente, in via esclusiva, per le attività di controllo sulla trasparenza dei prodotti finanziari e sulla correttezza dei comportamenti.
  Come sapete, i controlli di trasparenza e correttezza sono distinti per tipo di prodotti. Per i prodotti più strettamente bancari alla Banca d'Italia sono affidate anche le competenze in materia di trasparenza e correttezza, mentre per i prodotti «di mercato» questi compiti fanno capo alla Consob.
  Ciò non significa che la Banca d'Italia possa disinteressarsene, anche nella sua veste di autorità di vigilanza prudenziale, perché la correttezza e la trasparenza, oltre a essere una tutela nei confronti del contraente, sono anche un'importante componente della conduzione prudente di un intermediario finanziario. Sotto il profilo dei rischi di reputazione e dei rischi legali che un intermediario corre è importante quindi che l'organizzazione dell'intermediario sia tale da evitare il rischio di adottare comportamenti non corretti.
  In Italia il valore nozionale dei contratti derivati è significativamente inferiore, in rapporto al PIL, alla media globale – essendo pari a quattro volte il prodotto, rispetto alle otto a livello globale – e si è ridotto di circa un quarto tra la fine del 2008 e la fine del 2014, anche in Pag. 6questo caso con un andamento diverso rispetto a quello globale che ho appena menzionato.
  La flessione è stata più marcata nell'attività con non residenti, che tuttavia continua a rappresentare circa i due terzi del totale. Considerando il valore nozionale dei contratti stipulati con residenti, oltre il 90 per cento è attribuibile a transazioni tra controparti finanziarie, in cui, in altre parole, dall'una e dall'altra parte del contratto ci sono istituzioni finanziarie.
  La diffusione dei derivati è minore nel settore non finanziario, dove questi strumenti vengono normalmente utilizzati per la gestione del rischio di tasso di interesse. Le imprese, le amministrazioni pubbliche e le famiglie rappresentano rispettivamente il 6, l'1 e lo 0,4 per cento del valore nozionale complessivo. Tra il 2008 e il 2014 il volume delle transazioni rivolte a tali settori, cioè quelli non finanziari, si è ridotto di più rispetto a quello con le istituzioni finanziarie residenti.
  Dal momento che gli intermediari italiani, specializzati per lo più nell'attività di banca commerciale (raccolta di depositi e impiego creditizio) hanno un'attività in derivati relativamente modesta nel confronto con gli altri Paesi più sviluppati, le risorse patrimoniali che le nostre banche devono detenere sulla base delle regole prudenziali a presidio di tali esposizioni sono contenute rispetto ad altri Paesi.
  La vendita al dettaglio di derivati a imprese, famiglie, enti pubblici è limitata a pochi intermediari: i primi cinque gruppi attivi nel comparto detengono il 90 per cento della quota di mercato.
  Le banche acquistano per proprio conto derivati con finalità prevalentemente assicurativa, ossia per coprirsi dal rischio che andamenti avversi dei mercati possano influire negativamente sul valore del patrimonio. Questa attività viene svolta di regola con controparti finanziarie, è molto più diffusa per le banche italiane rispetto alla vendita di derivati alla clientela e coinvolge intermediari caratterizzati da dimensione e complessità diverse, sia banche grandi sia piccole. Si basa prevalentemente sulla negoziazione di prodotti standardizzati e di facile valutazione: ad esempio interest rate swap per la gestione del rischio di tasso di interesse, un rischio particolarmente importante per le banche (nella relazione scritta che è stata consegnata alla Commissione si trova un paragrafo nel quale spiego questi aspetti con maggiore dettaglio), specie con riferimento ai depositi.
  La negoziazione da parte delle banche di derivati con finalità speculative, cioè allo scopo di trarre profitto scommettendo sull'andamento delle variabili sottostanti, si è ulteriormente ridotta dopo la crisi.
  Per la vigilanza sull'operatività in derivati, la Banca d'Italia si è sempre avvalsa, come per altri profili di rischio, di controlli sia a distanza sia ispettivi, con l'obiettivo di valutare la capacità degli intermediari di gestire i rischi posti da questi strumenti, tenendo conto del modello operativo di ciascun intermediario. Le verifiche sull'adeguatezza dei sistemi di governo aziendale e dei controlli interni si ispirano a un principio molto semplice: la robustezza dei processi, la qualità delle risorse, la capacità di calcolo degli stessi sistemi informatici devono essere proporzionali all'entità dei rischi assunti.
  Dal 4 novembre del 2014 i controlli sulle banche maggiori, le cosiddette banche significant, sono responsabilità del Meccanismo di vigilanza unico (normalmente citato con l'acronimo inglese SSM (Single Supervisory Mechanism)), che fa perno sulla Banca centrale europea e prevede un'azione coordinata fra BCE e autorità nazionali nei cosiddetti Joint Supervisory Teams.
  Prima dell'avvio dell'SSM, la Banca centrale europea, come è ben noto, ha condotto insieme alle autorità nazionali un esercizio di valutazione approfondito (Comprehensive Assessment) sulle maggiori banche dei Paesi dell'euro; in Italia vi hanno preso parte i quindici gruppi maggiori. L'esercizio, pur valutando principalmente l'esposizione delle banche ai più tradizionali rischi creditizi, ha comunque preso in considerazione, per gli strumenti più rilevanti, anche la gestione e il controllo Pag. 7dell'operatività in derivati, nonché l'adeguatezza delle rettifiche di valore e delle relative rettifiche a fronte del rischio di controparte.
  Questa analisi ha confermato la bassa esposizione al rischio in derivati delle banche italiane; inoltre, le correzioni di valutazione necessarie in relazione a tale attività sono risultate inferiori a quelle degli altri intermediari europei. Non sono emerse in quest'opera di verifica significative criticità nei processi di gestione dei relativi rischi di mercato, né in quelle di valutazione dei prodotti illiquidi.
  Nell'azione ordinaria di vigilanza si prendono in considerazione principalmente i rischi di mercato e di controparte e la robustezza dell'impianto di gestione dei rischi. Tali controlli hanno di norma luogo nell'ambito della valutazione annuale della situazione tecnica dell'intermediario. Approfondimenti specifici si hanno in caso di segnali di anomalie.
  Se guardiamo ai risultati delle ispezioni condotte negli ultimi anni, di nuovo si osserva una diminuzione dei rischi assunti in proprio dalle banche italiane, un rafforzamento dei sistemi di controllo, una riduzione degli investimenti diretti in derivati creditizi e prodotti di credito strutturato, divenuti tra l'altro poco convenienti a causa di un assorbimento patrimoniale ora molto elevato. Si è accentuata la prevalenza dei prodotti meno complessi, i cosiddetti derivati «plain vanilla», che possono essere valutati in base a parametri oggettivi anche in situazione di scarsa liquidità dei mercati. I derivati sottoscritti in proprio sono finalizzati soprattutto alla gestione del rischio di tasso d'interesse.
  L'entrata in vigore della normativa europea EMIR ha indotto un significativo mutamento delle modalità di vendita dei derivati e della gestione dei rischi di controparte. L'introduzione dei nuovi obblighi normativi è graduale, ma il processo di adeguamento delle banche italiane, soprattutto delle maggiori, è già a buon punto.
  In conclusione, e fermo restando che un'attenta gestione del rischio è sempre essenziale, nel confronto internazionale l'operatività in derivati comporta rischi di instabilità per il sistema finanziario italiano nel complesso limitati. L'attuale contesto, caratterizzato da tassi d'interesse e rendimenti contenuti, richiede però attenzione alla specificità dei rischi oggi prevalenti. La vigilanza ha sollecitato – dove necessario – le banche a gestire correttamente il rischio di tasso d'interesse e a evitare l'utilizzo dei derivati per realizzare profitti di breve periodo o arbitraggi regolamentari.
  Come dicevo, data la complessità degli strumenti, è essenziale anche la massima correttezza e trasparenza nei confronti della clientela. I clienti, se non sufficientemente edotti delle caratteristiche dei contratti, possono assumere rischi inconsapevolmente o in una forma inadatta alla loro attività e alle loro esigenze. Le banche, se vendono prodotti opachi in modo non appropriato, mettono in pericolo la propria reputazione e corrono rischi legali.
  Nei controlli di vigilanza verifichiamo che ruolo si attribuisce nei piani strategici delle banche all'attività di distribuzione alla clientela di prodotti finanziari, inclusi i derivati, quale elemento di diversificazione dei ricavi e, nel caso in cui l'organo con funzione di indirizzo strategico decida di rafforzare la presenza della banca in questo segmento, viene verificata la rispondenza dei sistemi di controllo al nuovo modello di business proposto ed eventualmente richieste azioni correttive.
  Approfondimenti di vigilanza vengono attivati in particolare se vi sono molti esposti della clientela della banca riferiti alla medesima fattispecie.
  Dove abbiamo riscontrato carenze non sono mancate sanzioni per i profili che ci riguardano direttamente che, come ripeto, concernono essenzialmente il presidio del rischio di reputazione e del rischio legale.
  Dal 2009 ad oggi abbiamo peraltro inoltrato alla Consob 25 segnalazioni concernenti carenze nel rispetto delle norme di trasparenza sull'operatività degli strumenti derivati, nella quasi totalità dei casi emerse nel corso di accertamenti ispettivi, Pag. 8ed è stato fornito riscontro a 8 richieste di informazione formulate dalla Consob.
  Vorrei concludere questa sezione dicendo che in questo campo, come e forse più che nell'attività finanziaria in generale, le regole di trasparenza e di correttezza, per quanto necessarie e indispensabili, da sole non bastano se il cliente non cerca a sua volta di agire in modo responsabile e consapevole, approfondendo i contratti, acquisendo le conoscenze adeguate alle operazioni che intende svolgere, rifiutando – cosa importantissima – ciò che non capisce. Regole e consapevolezza, se posso utilizzare questa immagine, sono come due ganasce in una tenaglia: non funzionano veramente se non agiscono insieme.
  La crescita dell'alfabetizzazione finanziaria della clientela, specie tra le piccole e medie imprese, è molto importante, e questo spiega l'attenzione che la Banca d'Italia da qualche anno sta dedicando ai programmi di educazione finanziaria, anche in collaborazione con le scuole, e le attività di diffusione di conoscenza finanziaria in cui siamo impegnati. Le due ganasce della tenaglia devono agire insieme.
  Passiamo alle amministrazioni pubbliche. Nell'ordinamento italiano non c’è un sistema unico di regole per l'utilizzo dei derivati da parte dei soggetti pubblici. Per le Amministrazioni locali sono stati previsti, a partire dal 2001, vincoli normativi progressivamente più stringenti, al fine di evitare l'assunzione di rischi eccessivi e l'utilizzo improprio di tali strumenti. Nel giugno del 2008 è stato loro temporaneamente vietata la stipula di nuovi contratti in attesa di una riforma organica; il divieto è stato reso definitivo, con poche eccezioni, dalla legge di stabilità per il 2014.
  Per le Amministrazioni centrali, l'utilizzo dei derivati è disciplinato dal Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico, il quale stabilisce che tra gli strumenti finanziari utilizzabili per la gestione del debito rientrano anche i contratti derivati, con l'esclusione di quelli creditizi, e rinvia a «decreti cornice», emanati ogni anno dal Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione di obiettivi, limiti e modalità operative alle quali il Tesoro deve attenersi nella gestione del debito pubblico, anche con riferimento all'impiego di strumenti derivati.
  Le norme sull'utilizzo dei derivati contenute nei suddetti decreti sono rimaste relativamente stabili nel corso degli anni; ne faccio un breve riassunto nella relazione che vi ho consegnato.
  È importante soffermarsi sulla classificazione statistica dell'attività in derivati delle amministrazioni pubbliche nel quadro della normativa statistica europea. In base alle regole statistiche europee, le attività o passività generate da operazioni in derivati sono registrate nei conti finanziari, in cui si trova il valore di mercato dei derivati alla data di riferimento, per esempio alla chiusura del trimestre.
  Esse invece non sono incluse nella definizione di Maastricht del debito delle Amministrazioni pubbliche, a meno che il derivato non comprenda una componente assimilabile a un finanziamento; in quest'ultimo caso tale componente è registrata nella voce «prestiti», tanto nei conti finanziari, quanto nel debito ai sensi della definizione di Maastricht.
  La Banca d'Italia pubblica trimestralmente, nel supplemento al Bollettino statistico «Conti finanziari», il valore di mercato del portafoglio derivati e i flussi generati dalle operazioni per ciascun sotto-settore delle amministrazioni pubbliche.
  Per le Amministrazioni locali, a cui fa capo una quota abbastanza modesta dell'operatività in derivati complessiva della PA (modesta, naturalmente, in senso relativo), il valore di mercato è riferito solo alle operazioni concluse con intermediari operanti in Italia, le uniche su cui disponiamo di informazioni, tratte dalle segnalazioni di Vigilanza delle banche italiane.
  Per le Amministrazioni centrali, a cui fa capo il grosso dell'operatività, i dati includono invece anche le passività in derivati con controparti estere, sulla base di dati forniti dal Ministero. Essi si riferiscono solo al Ministero dell'economia e delle finanze, ma gli altri enti, a quanto risulta, non effettuano tali operazioni.Pag. 9
  La Banca d'Italia pubblica inoltre due volte l'anno dati di maggiore dettaglio sulle operazioni in derivati delle Amministrazioni locali con controparti residenti. Infine, di recente il MEF ha diffuso informazioni sul valore nozionale e di mercato per le principali tipologie di contratti derivati utilizzate dal Tesoro.
  Dall'inizio della crisi finanziaria, sebbene le Amministrazioni pubbliche abbiano effettuato esborsi netti a favore delle controparti per oltre 20 miliardi di euro, i valori di mercato delle passività nette in derivati delle Amministrazioni pubbliche è sostanzialmente raddoppiato, raggiungendo 40,6 miliardi alla fine del 2014. Questo importo è pari al 2,5 per cento del PIL. L'incremento ha riflesso soprattutto l'andamento dei tassi di interesse.
  Il valore di mercato delle passività delle Amministrazioni locali con controparti residenti ammonta a 1,3 miliardi di euro, cioè il 3,2 per cento del totale (quelle con controparti estere, come ho spiegato, non sono rilevate nei conti finanziari). Si può stimare con larga approssimazione che il loro ammontare complessivo sia nell'ordine dei 2 miliardi.
  Come è stato rilevato nell'audizione del MEF di qualche mese fa, all'origine delle elevate passività in derivati del Tesoro e dei pagamenti netti effettuati c’è soprattutto la forte riduzione dei tassi d'interesse registrata negli ultimi anni. La strategia perseguita con i derivati mirava principalmente a proteggere i conti pubblici dal rischio di un rialzo dei tassi d'interesse. A tal fine il MEF ha spiegato come abbia stipulato contratti derivati con cui si è impegnato su archi temporali molto lunghi a pagare un tasso fisso predefinito in contropartita di un tasso variabile. Poiché nel frattempo i tassi di mercato sono scesi, il valore di mercato dei derivati è diventato negativo ed è cresciuto in valore assoluto. Ovviamente lo stesso andamento dei tassi ha contemporaneamente determinato un minore esborso per interessi da parte dello Stato.
  Questa strategia emerge anche dalla composizione delle passività del portafoglio derivati del MEF. Circa l'80 per cento riguarda infatti interest rate swap e la parte restante swaption, su cui mi intratterrò brevemente in seguito.
  Va rilevato che il tasso variabile di contropartita degli interest rate swap, in genere l'Euribor, è un tasso differente da quello dei titoli di Stato italiani. In altri termini lo Stato acquisisce protezione rispetto ad aumenti dei tassi a breve nell'area dell'euro, non rispetto a un rialzo dello spread tra il rendimento dell'emissione del debito pubblico italiano e i tassi a breve dell'area dell'euro. Per ovvi motivi i contratti non possono riferirsi al tasso d'interesse su cui una delle controparti (in questo caso, il Tesoro) ha una significativa influenza.
  Il trattamento statistico degli strumenti finanziari derivati ai fini delle regole di bilancio dell'Unione europea è stato ridefinito nel 2014, in occasione del cambiamento degli standard statistici, con il passaggio dal cosiddetto sistema SEC 1995 al sistema SEC 2010.
  I flussi generati dalle operazioni in derivati (esborsi o proventi netti) sono ora trattati come quelli determinati da altre operazioni finanziarie. Non hanno quindi impatto sulla spesa per interessi e sull'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, ma si riflettono, come in passato, sul debito pubblico.
  È stata confermata l'esclusione dal debito pubblico nella definizione di Maastricht del valore di mercato delle passività in derivati. Se tuttavia un contratto di swap presenta, già alla nascita, un valore di mercato negativo per il settore pubblico, tale importo deve essere classificato tra i prestiti e quindi va incluso nel debito.
  Il nuovo manuale dell'Eurostat ha inoltre chiarito il trattamento di alcune specifiche fattispecie, in particolare operazioni di ristrutturazione dei contratti in essere e swap risultanti dall'esercizio di swaption. Queste precisazioni tendono ad anticipare l'emersione nel debito pubblico dell'effetto delle operazioni in derivati.
  Nelle statistiche sul debito pubblico dell'Italia compilate dalla Banca d'Italia la componente di prestito legata a derivati era pari a 3,4 miliardi alla fine del 2014. Pag. 10Questo importo include il valore di mercato (complessivamente 1,8 miliardi) di due interest rate swap risultanti dall'esercizio di altrettante swaption nell'ultimo trimestre del 2014. Quattro altre swaption sono state esercitate dalla controparte tra gennaio e febbraio nel 2015, determinando un aumento del debito pubblico per altri 3,3 miliardi.
  Le swaption sono contratti in base ai quali una parte vende all'altra il diritto, ovvero l'opzione, di entrare in un contratto di swap a condizioni prefissate a (ovvero entro) una data futura. Questi contratti comportano un intreccio piuttosto complesso di assunzione di rischi e di copertura del rischio, di rapporti reciproci tra le parti contraenti. Nella fase iniziale la vendita di una swaption non fornisce al venditore protezione contro andamenti sfavorevoli delle variabili di mercato, bensì un provento immediato o, se inserita all'interno di un'altra transazione con la stessa controparte finanziaria, un miglioramento delle condizioni contrattuali.
  Lo Stato, quale venditore, assume quindi inizialmente un rischio per il quale viene remunerato, senza che contemporaneamente emerga una corrispondente passività nel debito pubblico, per le regole che ho appena citato. Per la Repubblica italiana il rischio era quello di non beneficiare interamente di una forte riduzione dei tassi come quella che si è in effetti realizzata nel periodo più recente.
  Successivamente, se entro la durata del contratto i tassi scendono tanto da rendere conveniente alla controparte l'esercizio dell'opzione, come in taluni casi è avvenuto, la passività allora emerge e a quel punto il tasso corrisposto dalla controparte diventa fisso per un periodo generalmente lungo. Inizia un contratto di swap puro e semplice: in questo senso il contratto assume da quel momento in poi una funzione assicurativa: il tasso non può più scendere, ma non può più neppure salire nel caso in cui la tendenza dei tassi torni a invertirsi.
  Mi avvio a concludere.
  La Banca d'Italia ha già sottolineato in passato come gli strumenti derivati possano contribuire al buon funzionamento dei mercati finanziari. Utilizzandoli in modo prudente, misurato e consapevole, gli operatori sono in grado, per mezzo di questi strumenti, di limitare e diversificare il rischio. Essi sono, però, anche fonte potenziale di instabilità, donde la necessità di regole che stabiliscano i presìdi necessari e assicurino al mercato e alle autorità di vigilanza un'adeguata informazione sull'assunzione di rischi da parte degli operatori.
  L'operatività in derivati delle banche italiane è relativamente limitata, se si guarda al confronto europeo e internazionale. La revisione delle regole prudenziali ha accresciuto i requisiti patrimoniali sui derivati, li ha introdotti nella definizione dei limiti alla leva finanziaria e ha stabilito requisiti specifici e più severi sull'operatività in prodotti derivati. Emerge anche, dalle analisi ispettive, un quadro nel complesso rassicurante per il nostro sistema bancario. Le aree che oggi richiedono maggiore attenzione sono l'esposizione al rischio di tasso e le modalità di interazione con la clientela che, se non improntate a piena correttezza e trasparenza, possono minare la reputazione degli intermediari.
  A seguito dei miglioramenti realizzati negli ultimi anni, l'informazione statistica sul valore di mercato e sui flussi generati dai derivati delle Amministrazioni pubbliche italiane è ora sostanzialmente completa. Sfugge alla rilevazione – come ho detto più volte – il solo valore di mercato dei contratti delle Amministrazioni locali con controparti estere. Dovrebbe trattarsi, comunque, di un importo relativamente modesto rispetto alla dimensione della finanza pubblica nel suo complesso, destinato per di più a ridursi nei prossimi anni per effetto del sostanziale divieto di stipula di nuovi contratti.
  Con riferimento alle Amministrazioni centrali, l'uso di strumenti derivati non può che far parte di un approccio integrato alla gestione dei rischi. Nella misura in cui vi è il necessario spazio di mercato, emettere a tasso fisso, per una durata adeguata e in euro consente oggi di proteggersi Pag. 11dalle oscillazioni dei tassi di interesse e di cambio senza ricorrere a strumenti complessi, e in più consente di circoscrivere il rischio di rifinanziamento.
  Alcuni arricchimenti del set informativo potrebbero aiutare a comunicare con efficacia al Parlamento, all'opinione pubblica e ai mercati, nel quadro della gestione complessiva del debito pubblico, le finalità delle politiche concretamente perseguite e i rischi connessi, gli effetti sul bilancio pubblico e i criteri di scelta delle controparti. Informazioni sul profilo atteso dei flussi nei prossimi anni e sulla sensibilità del valore di mercato a variazioni delle variabili finanziarie possono utilmente far parte di una politica di comunicazione regolare e trasparente.
  È importante dedicare la massima attenzione alla funzione di controllo dei rischi. Alle banche la normativa e la migliore prassi impongono l'istituzione di specifiche funzioni aziendali incaricate del monitoraggio e della gestione dei rischi, distinte dalle funzioni che propongono e attuano le transazioni. Le funzioni di monitoraggio e controllo devono essere permanenti e indipendenti e dotate dell'autorità, delle risorse e delle competenze necessarie per lo svolgimento dei loro compiti. Per lo Stato, in assenza di esplicite previsioni normative in merito, nell'utilizzare, se necessario, questi strumenti, i progressi nella comunicazione a cui facevo riferimento saranno utilmente accompagnati dal rafforzamento e da una più chiara formalizzazione delle attribuzioni delle strutture esistenti, uniformandosi, per quanto possibile, alle migliori prassi delle istituzioni finanziarie e tenendo conto delle indicazioni dei principali organismi internazionali.
  Gli oneri per le finanze pubbliche legate alle operazioni in derivati vanno valutati a fronte della funzione assicurativa svolta da tali operazioni e tenendo conto che esse sono frutto di scelte passate, in parte compiute in una situazione dei mercati finanziari completamente differente da quella attuale.
  Alla luce dei cambiamenti nel contesto istituzionale ed economico occorsi negli ultimi anni non si può che mirare a far fronte, con le migliori strutture tecniche e organizzative possibili, agli scenari oggi potenzialmente più rischiosi per le finanze pubbliche. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Signorini.
  Prima di dare la parola ai colleghi che desiderano intervenire, vorrei porre una domanda e una richiesta di chiarimento. Le vorrei chiedere una lettura del combinato disposto della nota 26 di pagina 15 e del secondo paragrafo di pagina 19.
  Lei riporta cifre impressionanti: «dall'inizio della crisi finanziaria il valore di mercato delle passività nette in derivati per l'Italia è sostanzialmente raddoppiato, arrivando a 40 miliardi». Nella nota si afferma che nel quindicennio precedente, invece, c'erano stati «proventi netti da operazioni in derivati per 12 miliardi» mentre, nel secondo paragrafo, a pagina 19, si suggerisce – in modo, a mio parere, molto opportuno – di affidarsi a strumenti più semplici, piuttosto che a strumenti eccessivamente complicati.
  Le chiedo se sia stata proprio un'imprevedibilità dei tassi la causa della situazione attuale oppure se, a suo avviso, sia prudente per il futuro evitare strumenti in cui il ruolo del contraente pubblico risulta esposto a un'alea eccessiva che può arrecare danni molto gravi.
  Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CARLA RUOCCO. Vorrei fare una domanda, partendo dall'accenno, riportato a pagina 18 della sua relazione, al fatto che, nell'ambito delle swaption, quando la controparte esercita l'opzione, come avvenuto in passato, la passività emerge.
  Si sono verificati tali casi e sappiamo che, attualmente, sono vigenti contratti che, purtroppo, non abbiamo ancora potuto visionare. Posto che nella relazione si fa riferimento alla della gestione dei rischi e all'importanza che vi sia, all'interno del Ministero dell'economia, una struttura di monitoraggio dei i rischi, mi Pag. 12domando se lei e la Banca d'Italia abbiate avuto modo di visionare questi contratti e se, in caso contrario, non ritenga importante visionarli.

  SEBASTIANO BARBANTI. Vorrei porre due domande, una delle quali attiene alla situazione pubblica e l'altra alle banche. Con riferimento al settore pubblico, lei ci ha spiegato che tali strumenti finanziari sono utili, ma anche pericolosi e che occorre quindi maneggiarli con cura e avere anche una pianificazione del loro utilizzo, oltre che un controllo e un monitoraggio costante.
  Ha fatto anche riferimento a possibili emissioni che potevano essere fatte anche diversamente e che, in futuro, andrebbero realizzate diversamente. Ciò detto, era possibile conoscere, anni addietro, quali sarebbero stati gli scenari evolutivi ? Era possibile prevedere un determinato andamento dei tassi e quindi regolare le emissioni, da un lato, e gli acquisti dei derivati, dall'altro, visto che – con il senno di poi – se torno indietro di quattro o cinque anni, a me sembra evidente che il trend dei tassi sarebbe stato in discesa. Mi chiedo, dunque, sono stati commessi degli errori nello studio degli scenari o del piano di acquisto dei derivati ? Inoltre le chiedo: c’è bisogno di costruire una struttura simile a quella propria delle banche, che effettui studi e controlli, costituendo cioè una sorta di risk management vero e proprio ?
  Infine, mi richiamo al fatto, da lei sottolineato, che le nostre banche hanno una quota di derivati al di sotto dei loro colleghi europei. Mi riferisco al rischio di tasso Basilea compliant, quindi con le due maturity ladder sull'attivo e sul passivo. Sappiamo che, per quanto le banche vogliono allungare la scadenza del passivo, possono fermarsi – per una quota parte, per giunta – solo a un massimo di cinque anni; si tratta delle emissioni di obbligazioni corporate. Dall'altro lato, invece, le attività si prolungano fino a trent'anni, e in questo caso riguardano i mutui. La mia preoccupazione è legata ai mutui a tasso fisso, perché in questo caso, visto il livello attuale dei tassi, il mercato sembra li stia richiedendo. Ciò ovviamente porta a un assorbimento di rischio di tasso superiore a quello che si è verificato in passato, quando il tasso variabile aveva un appeal maggiore e contribuiva a contenere questo rischio.
  Poiché mi sembra che uno degli strumenti di credit risk mitigation «non convenzionali» sia proprio l'utilizzo di derivati, perché con gli swap si riesce ad accorciare la durata dell'attivo, non vorrei che, nel prossimo futuro, si rischi, se non un'esplosione, quantomeno una crescita incontrollata degli strumenti derivati, al fine di mitigare tale rischio, vanificando in tal modo le misure prudenziali introdotte in questo tempo, quali il maggior assorbimento patrimoniale sui derivati.
  Insomma, non vorrei che al tema della pubblica amministrazione si aggiungesse il problema dell'esplosione dei derivati utilizzati dalle nostre banche.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. La Banca d'Italia ha già sottolineato in passato come gli strumenti derivati possano contribuire al buon funzionamento dei mercati finanziari, però ciò non vale anche per le amministrazioni pubbliche. Il motivo è semplice: chi ha contratto quei titoli ha effettuato una valutazione, li ha collocati sul mercato e il mercato li ha, a sua volta, valutati. Se ne deduce che stiamo assumendo un'assicurazione che non ci dà nessuna certezza, in quanto tale. Nel momento in cui mancano i 4 miliardi di euro per eliminare la TASI sulla prima casa, bisognerebbe spiegare ai cittadini perché andiamo a investire la stessa somma su una scommessa.
  Diverse persone, tra cui professori e docenti di alto livello, nel corso delle audizioni in Commissione, hanno chiarito che si tratta proprio di una scommessa. Bisognerebbe quindi dire ai cittadini che si fanno scommesse con i soldi – si parla di circa 3 miliardi di perdite – che potrebbero invece essere utilizzati per eliminare tasse e balzelli, così da favorire l'economia reale, aumentare il PIL e creare nuovo Pag. 13gettito fiscale; con interventi, cioè, che avrebbero l'effetto di migliorare il bilancio statale.
  Vorrei chiedervi se convenite con me o avete una posizione completamente diversa o intermedia. L'operazione in derivati delle banche italiane è relativamente limitata, è vero, ma l'operazione in derivati delle amministrazioni pubbliche in Europa è enorme. Dalle ultime rilevazioni di Eurostat emerge, per esempio, che la Germania è a – 16 miliardi di euro e noi a – 28 miliardi. Le cifre sono veramente incredibili: rappresentano addirittura l'1,8 per cento del PIL, e in questo siamo superati solo dalla Grecia. In considerazione di tutto ciò, la mia domanda è questa: la maggior parte di questa enorme mole di denaro che perdiamo va a finire nelle banche estere ?
  In merito alle amministrazioni centrali, non pensate che le stesse possano aver operato nello stesso modo delle amministrazioni locali ? Noi abbiamo tredici contratti con clausole di rescissione anticipata e venti che abbiamo già chiuso anticipatamente. Non pensate che anche le amministrazioni centrali abbiano utilizzato questi strumenti per autofinanziarsi, non trovando altre fonti per farlo ?
  La collega Ruocco ha posto una domanda su una questione per noi molto importante: a vostro parere potrebbe essere un problema a danno di talune «sensibilità» se noi parlamentari e membri di questa Commissione visionassimo i contratti in derivati ? E in caso affermativo, quali contratti eviterebbe di farci vedere ?
  A pagina 19 della vostra relazione, affermate che andrebbero effettuati un monitoraggio e un controllo, i quali dovrebbero essere «permanenti, indipendenti e dotati dell'autorità, delle risorse e delle competenze necessarie per lo svolgimento dei loro compiti». Pensate che, in base alle nuove norme per le amministrazioni locali, ci siano, sia nelle amministrazioni centrali sia in quelle locali, le competenze necessarie per svolgere tali funzioni ?
  Infine, lei ha parlato della nuova legge di delegazione europea e del sistema di clearing per gli OICVM (organismi di investimento collettivo in valori mobiliari). Vorrei chiederle, anche se capisco che forse la mia domanda sconfina un po’ dai temi dell'audizione odierna, se ritiene che la norma del disegno di legge di delegazione europea sia scritta in modo corretto.

  MARCO CAUSI. Ho due domande da porre. La prima domanda è molto simile a quella dell'onorevole Ruocco, ma la porrò con riguardo a un diverso profilo della questione. Avrete certamente letto la nota informativa redatta dall'Ufficio parlamentare di bilancio, la quale è stata anche il report che ha dato l'avvio a questa indagine conoscitiva. Per quanto riguarda i fabbisogni informativi e, quindi, gli obblighi di trasparenza e di comunicazione, vi chiedo se, a vostro avviso, le misure proposte, in modo molto dettagliato, dall'Ufficio parlamentare di bilancio possano ritenersi soddisfacenti.
  La considerazione dell'onorevole Barbanti ha suscitato, invece, la mia seconda domanda. Può darsi benissimo che i gestori del nostro debito pubblico siano stati spiazzati da una riduzione dei tassi d'interesse superiore a quella che avevano preventivato, ma su tale vicenda vorrei porre una domanda di natura storica: tutto ciò potrebbe essere avvenuto nel 2001 piuttosto che dopo il 2008 ? Alla fine degli anni Novanta si creava la bolla speculativa e tutti si aspettavano un ciclo diverso, ma dopo l'attentato alle Twin Towers la politica monetaria è totalmente cambiata. Forse, in quel periodo storico, intorno al 2001, sono stati «spiazzati» non soltanto coloro che gestivano un grande debito pubblico come il nostro, ma tutti gli operatori ?
  Infine, vorrei invitare i nostri colleghi – anche se mi rivolgo a lei, presidente – a non confondere le perdite e i guadagni una tantum con i flussi permanenti che possono derivare da un'imposta.

  PRESIDENTE. È utile tenerlo presente.
  Do la parola al dottor Signorini per la replica.

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  LUIGI FEDERICO SIGNORINI, Vice Direttore generale della Banca d'Italia. Le domande poste sono numerose e molto impegnative, per cui non so se sarò in grado di rispondere a tutte. Vorrei premettere che non mi competono, ovviamente, valutazioni politiche sulla desiderabilità di perseguire l'uno o l'altro fine, però posso fornire alcuni utili chiarimenti di carattere tecnico.
  Come ha detto l'onorevole Barbanti, nell'analisi delle vicende il «senno di poi» certamente aiuta. I derivati, come ho già detto, sono strumenti che consentono di gestire e di trasferire il rischio, se usati in modo prudente e consapevole; nel momento in cui ci si protegge dal rischio che le cose vadano male, inevitabilmente, utilizzando uno strumento derivato, si accetta che, nel caso opposto, le cose vadano un po’ meno bene di come altrimenti sarebbero andate.
  Tutto ciò è insito nel concetto di interest rate swap. Se si adopera un interest rate swap con finalità di copertura, certamente, da un lato, si acquista sicurezza, perché ci si copre da un rischio per così dire «cattivo», ma allo stesso tempo si perde un potenziale vantaggio, rinunciando, in qualche misura, ad approfittare interamente del rischio «buono».
  Molti dei contratti per cui recentemente sono state esercitate le swaption, risalgono a molti anni addietro, cioè a ben prima della crisi, e per questo mi sono permesso di fare riferimento a condizioni che sono completamente mutate rispetto ad allora, laddove le caratteristiche del mercato, la liquidità dei mercati e le determinanti strutturali dei tassi sono cambiate.
  Non posso in questa sede, personalmente, svolgere il ruolo di gestore dei rischi. Tuttavia, è possibile insistere sulla necessità che si guardi in modo integrato a tutti i rischi, non solamente a quelli riguardanti la spesa per interessi, che per un debitore importante come la Repubblica italiana sono rischi finanziari particolarmente rilevanti. Per quanto riguarda le finanze pubbliche, inoltre, va considerato l'andamento potenziale delle imposte, che dipende da dati macroeconomici, ed è quindi opportuno che si possa e si sappia guardare, nei limiti del possibile, all'intera gestione del rischio della finanza pubblica.
  In tal senso mi pare si possa inquadrare la risposta alla maggior parte delle numerose e impegnative domande dell'onorevole Villarosa. È sicuramente importante definire con precisione una strategia, gli strumenti tecnici e le risorse di cui è necessario dotarsi, sia dal punto di vista qualitativo sia quantitativo, al fine di realizzare tale approccio integrato alla gestione dei rischi.
  Rispetto alla questione delle risorse, non credo di poter dire nulla di più, né possiedo informazioni aggiuntive rispetto a quanto riferito dal Tesoro nel corso delle precedenti audizioni. Vorrei, semmai, sottolineare che la dottoressa Cannata, quando è venuta in audizione, rassicurando la Commissione circa l'adeguatezza delle risorse e delle competenze del personale addetto, ne ha tuttavia auspicato un rafforzamento. Certamente, data la dimensione e la complessità della gestione del debito pubblico italiano, mi pare estremamente importante avere una struttura addetta alla gestione dei rischi di tale comparto che continui a uniformarsi, per quanto possibile, alle migliori raccomandazioni internazionali.
  In merito al confronto con altri Paesi, non l'ho inserito nella mia relazione perché credo che i dati a cui si è fatto riferimento siano stati – se non sbaglio, proprio in occasione dell'audizione dell'Ufficio parlamentare di bilancio – già ampiamente discussi. Non c'era, quindi, necessità di ritornarci sopra. Naturalmente, il modo, la quantità e l'estensione con cui si ricorre a tali strumenti, è bene che rientrino nell'ambito di una gestione integrata dei rischi che può non essere la stessa per tutti i Paesi membri, ma è bene sia il più possibile chiara.
  Rispetto alle informazioni, non so se siano necessarie quelle sui contratti individuali, ma mi sembra che, per valutare i rischi e gli effetti delle operazioni di finanza derivata sul bilancio pubblico, siano essenziali alcuni elementi sintetici Pag. 15che riguardano la ripartizione per scadenza, il profilo atteso dei flussi nei prossimi anni e soprattutto (consentitemi di ripetere un concetto che ho espresso nella relazione scritta) la sensibilità del valore di mercato delle operazioni all'andamento delle variabili finanziarie. In questi termini, un ulteriore arricchimento – ce ne sono sicuramente stati, nel passato soprattutto recente – delle informazioni disponibili sarebbe effettivamente auspicabile.
  Presidente, mi aiuti a ritrovare il punto a cui si riferiva la sua domanda.

  PRESIDENTE. Il combinato disposto della nota...

  LUIGI FEDERICO SIGNORINI, Vice Direttore generale della Banca d'Italia. Naturalmente questi due valori dipendono dagli andamenti di mercato, che sono stati diversi nei due periodi considerati.

  PRESIDENTE. Le chiedevo anche un cenno pro futuro sul consiglio, a mio avviso sensatissimo, di pagina 19, di fare le cose semplici.

  LUIGI FEDERICO SIGNORINI, Vice Direttore generale della Banca d'Italia. Ciò dipende da quello che in un dato momento storico si può concretamente fare. La situazione di mercato che prevale oggi non è la stessa di dieci o quindici anni fa. Guardando non a quello che si è fatto in passato, ma a quello che può essere consigliabile fare in futuro, penso sia opportuno osservare quali sono le condizioni di mercato e che, nella misura in cui è possibile, sia meglio fare le cose in modo semplice.
  Naturalmente la situazione cambia nel corso del tempo e tale cambiamento può avvenire anche repentinamente, quindi è importante avere una struttura di gestione del debito che tenga conto delle effettive condizioni del mercato e che realizzi nel modo più efficiente e più trasparente possibile i risultati che si vogliono ottenere.
  Rispetto alla domanda dell'onorevole Barbanti, le banche di mestiere fanno due cose: da un lato, fanno leverage e dall'altro fanno trasformazione delle scadenze. Certo nessuna delle due attività può essere vietata: esse fanno parte della ragion d'essere delle banche. Però entrambe vanno regolamentate e limitate. Il leverage viene limitato stabilendo ratios di capitale e limiti di leverage che, tra l'altro – consentitemi di dirlo – anche grazie alla nostra posizione in questo senso, esposta in sede internazionale, comprendono gli strumenti derivati.
  Per quanto riguarda il mismatch di scadenze, mentre fino a Basilea 2 gli standard internazionali non si occupavano affatto di tale aspetto che, come lei ha rilevato, è importante – finalmente oggi si tende a porre dei limiti con vari indicatori di liquidità, in particolare il Liquidity Coverage Ratio e il Net Stable Funding Ratio, che entreranno progressivamente in vigore nel corso dei prossimi anni.
  Questo è uno dei casi in cui l'utilizzo dei derivati in funzione di copertura del rischio da parte delle banche può essere sensato, nella misura in cui esso può servire, come lei ha detto, ad accorciare la scadenza dell'attivo o ad allungare quelle del passivo, in maniera tale da ridurre questo mismatch. Da questo punto di vista, sempre che tutto sia fatto come regole e standard comandano, ossia con un'adeguata consapevolezza dei vertici, con un sistema di controllo e gestione del rischio ben fatto e con un'indipendenza reciproca delle funzioni che propongono ed eseguono le operazioni rispetto a quelle che le controllano e le verificano, questo può essere un legittimo uso di strumenti di tipo derivato per ridurre il rischio di una istituzione finanziaria.
  A mio modo di vedere non c’è affatto da scandalizzarsi, purché il rischio sia gestito correttamente, non soltanto quello legato inerentemente alle variabili sottostanti al contratto derivato, ma anche tutti i vari rischi accessori, a cominciare dal rischio di controparte che ho menzionato all'inizio. Tra l'altro, alcune banche italiane hanno usato quello che viene definito tecnicamente macro hedging, cioè l'uso di interest rate swap per proteggersi contro i rischi relativi all'andamento dei tassi d'interesse Pag. 16dell'attivo e del passivo. Quelle che l'hanno fatto in modo intelligente sono riuscite a ridurre le conseguenze negative della riduzione del margine d'interesse, che ci sono comunque state per tutte le banche, non soltanto in Italia.
  Rispetto alla domanda dell'onorevole Causi, se nel 2001 qualcuno potesse prevedere cosa sarebbe successo sette, otto, dieci o dodici anni dopo, onestamente penso di no.
  In questo tipo di ragionamenti a posteriori mi inoltro con difficoltà. Noto che taluni dei contratti di swaption, per cui l'opzione è stata recentemente esercitata, erano contratti che risalivano per la loro stipula molto addietro nel tempo. Ma non posso dire più di quello che mi sono sentito di scrivere nel testo della relazione, nella quale ho descritto il funzionamento e la particolare complessità di tali contratti e ho sostenuto la necessità, specialmente guardando al futuro, di assicurare il perseguimento dei risultati e delle strategie che si vogliono perseguire nella maniera più consona, più semplice e meno costosa possibile, tenendo conto delle mutate situazioni dei mercati rispetto al passato.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal dottor Signorini (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.15.

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