XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Martedì 10 febbraio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Capezzone Daniele , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE RELATIVE AGLI STRUMENTI FINANZIARI DERIVATI

Audizione della dottoressa Maria Cannata, Capo della Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze.
Capezzone Daniele , Presidente ... 3 
Cannata Maria , Capo della Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze ... 3 
Capezzone Daniele , Presidente ... 13 
Cannata Maria , Capo della Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze ... 13 
Capezzone Daniele , Presidente ... 13 
Cannata Maria , Capo della Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze ... 14 
Capezzone Daniele , Presidente ... 14 
Paglia Giovanni (SEL)  ... 14 
Capezzone Daniele , Presidente ... 15 
Cannata Maria , Capo della Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze ... 15 
Capezzone Daniele , Presidente ... 15 
Cannata Maria , Capo della Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze ... 15 
Ruocco Carla (M5S)  ... 15 
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 15 
Cannata Maria , Capo della Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze ... 15 
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 15 
Causi Marco (PD)  ... 15 
Ruocco Carla (M5S)  ... 16 
Causi Marco (PD)  ... 16 
Capezzone Daniele , Presidente ... 16 
Cannata Maria , Capo della Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze ... 16 
Capezzone Daniele , Presidente ... 16 

ALLEGATO: Documentazione depositata dalla dottoressa Maria Cannata ... 17

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DANIELE CAPEZZONE

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione della dottoressa Maria Cannata, Capo della Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative agli strumenti finanziari derivati, l'audizione della dottoressa Maria Cannata, Capo della Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze.
  Saluto la dottoressa Cannata, Capo della Direzione del debito pubblico del MEF. L'audizione si svolge nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative agli strumenti finanziari derivati.
  Oggi, purtroppo, abbiamo dei tempi piuttosto stretti a causa dei nostri impegni in Aula. Pregherei, quindi, la dottoressa Cannata di svolgere la sua relazione in tempi ragionevoli, per rendersi poi disponibile a reagire alle domande che, immagino, vorremo porle in tanti.
  Do la parola alla dottoressa Cannata per lo svolgimento della relazione.

  MARIA CANNATA, Capo della Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze. Il documento che ho fatto distribuire è piuttosto lungo, perché contiene anche una parte relativa ai contratti in derivati stipulati dagli enti territoriali, rispetto ai quali la Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze ha compiti di monitoraggio. Su questa parte della relazione, tuttavia, non mi dilungherò, perché è la parte meno centrale, in quanto rispetto ad essi siamo meno direttamente coinvolti.
  Cercherò di leggere, invece, tutta la prima parte della relazione, magari saltando qualche passaggio, perché le cose da dire sono molte ed è bene esporle in maniera ordinata. Partiamo da un'introduzione.
  Il termine «derivati» raggruppa una grande quantità di strumenti finanziari le cui caratteristiche sono estremamente varie. Questa enorme varietà può generare confusione e lasciare erroneamente intendere che tutti i derivati abbiano natura speculativa o siano altamente rischiosi, proprio come quei prodotti complessi che, utilizzati spregiudicatamente, hanno originato la grande crisi finanziaria – avviatasi nel 2007 e poi esplosa il 15 settembre 2008 con il fallimento della banca d'affari Lehman Brothers – le cui ripercussioni ancora influenzano l'economia globale e quella europea, in particolare.
  In realtà, molti derivati svolgono, essenzialmente, una funzione di protezione contro rischi che chi sottoscrive i relativi contratti non vuole correre: fra questi, rientrano i derivati presenti nel portafoglio della Repubblica italiana, gestiti dal Dipartimento del Tesoro del MEF e, in particolare, dalla Direzione del debito pubblico. In questa relazione sarà ripercorsa Pag. 4l'evoluzione dell'utilizzo di strumenti derivati da parte del Tesoro, il quale è un utilizzo limitato a poche tipologie e sempre funzionale al raggiungimento degli obiettivi strategici di gestione del debito.
  È opportuno ricordare, in proposito, che l'Europa è stata investita con particolare intensità dalla presente crisi perché sui problemi di carattere più generale si è innestata la crisi greca, che si è rapidamente trasformata in crisi del debito sovrano dell'area euro. Conseguentemente, come tutto il resto della gestione del debito, anche l'attività in derivati della Repubblica ha dovuto adeguarsi al nuovo contesto di mercato e regolamentare. Prima di procedere alla descrizione delle diverse fasi in cui tale attività si è sviluppata, illustrerò il quadro normativo di riferimento e i presìdi instaurati nel corso del tempo per tenere sotto controllo il rischio di controparte.
  Infatti se, da un lato, gran parte dell'operatività in derivati è stata orientata a mitigare rischi di mercato quali il rischio di cambio e il rischio di tasso di interesse, è anche vero che, entrando in rapporti contrattuali con le istituzioni bancarie, era necessario premunirsi con opportuni presìdi contro il rischio di controparte.
  Come ho detto, non esporrò invece la seconda parte della relazione – dedicata all'impiego di strumenti derivati da parte degli enti territoriali – trattata nella documentazione depositata.
  Passo quindi a illustrare il quadro normativo di riferimento.
  La prima norma che autorizza l'impiego di strumenti derivati è rinvenibile nell'allora ultimo comma dell'articolo 8 della legge n. 887 del 22 dicembre 1984 (legge finanziaria per il 1985), in cui si prevede la facoltà del Ministro del tesoro, tenuto conto delle condizioni di mercato, di ristrutturare i propri debiti esteri. Con riferimento a questa norma furono poste in essere operazioni di swap di cambio per prestiti in valuta straniera. Con decreto del Ministro del tesoro del 10 novembre 1995 vengono dettate norme più specifiche riguardanti l'uso dei derivati, citando in particolare gli swap ed estendendo tale operatività anche alla ristrutturazione di prestiti in lire.
  Tali operazioni, sulla base delle informazioni disponibili e dell'evoluzione prevista delle condizioni di mercato, dovevano avere come principale obiettivo la minimizzazione del costo del debito e potevano essere stipulate solo con istituti finanziari di elevata affidabilità, facendo a tal fine riferimento alle principali agenzie di rating. Inoltre, con tale decreto viene disposto che sia redatta e trasmessa alla Corte dei conti una relazione semestrale su tutta l'attività di gestione del debito.
  Con l'articolo 2, comma 165 della legge n. 662 del 1996, sostituendo il richiamato comma dell'articolo 8 della legge n. 887 del 1984, viene data al Ministro del tesoro una più ampia facoltà di ristrutturare il debito pubblico interno ed estero, tenuto conto delle condizioni di mercato, avvalendosi degli strumenti operativi previsti dalla prassi dei mercati.
  Nel 2002 – in applicazione dei princìpi previsti dal decreto legislativo n. 29 del 1993, e ribaditi dal decreto n. 165 del 2001, in merito alla separazione dell'attività di gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa di competenza dei dirigenti da quella di indirizzo politico – l'attività in derivati viene delegata dal Ministro dell'economia e delle finanze al Dipartimento del tesoro. Il Direttore della Direzione II, quella del debito pubblico, procedeva alla stipula degli accordi e il Direttore generale del Tesoro alla loro approvazione.
  Allo stesso modo era delegata la stipula dei contratti quadro ISDA (International Swap Dealers Association Master Agreement), che rappresentano lo standard internazionale in cui si inquadra l'operatività in derivati. Di tali operazioni era data comunicazione al Gabinetto del Ministro.
  Tutta questa materia è stata organicamente riordinata nel Testo unico del debito pubblico e attuata con il decreto del Presidente della Repubblica n. 398 del 2003, con il quale è tuttora previsto che il Ministro dell'economia e delle finanze emani annualmente dei decreti cornice Pag. 5che consentono al Dipartimento del Tesoro di procedere alle forme di emissione in esso previste, con determinati limiti di ricomposizione, e di effettuare altre operazioni, comprese quelle di ristrutturazione del debito interno ed estero.
  Tengo a precisare che con «ristrutturazione» qui si intende un elemento tecnico, niente che abbia a che vedere con le ristrutturazioni forzose di debito in casi di criticità. Si tratta di un termine giuridicamente corretto, ma che può essere talora mal interpretato. Viene utilizzato come termine giuridico corretto in italiano, che però forse qualche volta mal si concilia con il diverso significato che a tale termine si dà nella pratica del mercato.
  A partire dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 22 aprile 2005 (decreto cornice per il 2005), vengono sostanzialmente riassunte le norme che ho citato per l'attività in derivati, prevedendo la stipula e l'approvazione di queste attività ad opera del Direttore della Direzione II e l'obbligo di darne comunicazione al Gabinetto del Ministro e al Direttore generale del Tesoro. Tale decreto viene rinnovato annualmente e rappresenta la fonte normativa in base alla quale il Dipartimento del Tesoro è delegato alla gestione del debito pubblico, nel rispetto delle indicazioni strategiche che vi sono contenute.
  Da questa ricognizione, si evince che uno degli aspetti oggetto di particolare attenzione a partire dagli anni Novanta ha riguardato la prudente gestione del rischio di controparte. Poiché lo Stato entra in un contratto bilaterale, infatti, la prudenza impone che la controparte privata debba essere selezionata con accuratezza per assicurare che sia in possesso di adeguati requisiti per onorare i relativi obblighi contrattuali.
  A questo punto, proprio per quel che riguarda questo aspetto, mi soffermerò su come il Tesoro si sia organizzato nel tempo per gestire questo tipo di rischio e con quali presìdi esso venga costantemente monitorato.
  Le controparti in strumenti derivati della Repubblica italiana sono tradizionalmente selezionate tra gli Specialisti in titoli di Stato, vale a dire tra le banche che, da un lato, soddisfano il requisito di una consolidata presenza ad ampio raggio sul mercato e, dall'altro, assicurano un andamento efficiente dei mercati, primario e secondario, dei titoli di Stato. Potersi avvalere di un gruppo di banche impegnate a sottoscrivere con continuità, in ogni condizione di mercato, le aste di emissioni dei titoli, nonché a sostenere il mercato secondario regolamentato con una presenza costante in quotazione su una molteplicità di titoli, ha dimostrato tutta la sua importanza durante i momenti peggiori della crisi.
  Nonostante le difficoltà, le aste del Tesoro sono state sempre coperte. Ciò ha comportato una tenuta che talora ha anche sorpreso il mercato e ha sostenuto la domanda ed è stato possibile perché con gli Specialisti è stata instaurata una relazione di lungo periodo.
  Una conferma si riscontra anche nel numero degli Specialisti, disceso, immediatamente dopo il fallimento di Lehman Brothers, da 22 a 20, perché è venuta meno la stessa Lehman e perché si sono fuse la Bank of America e Merrill Lynch, ma poi rimasto invariato fino ad oggi. Così non è stato nel caso di diversi altri sovrani europei, che hanno registrato un calo del numero dei loro primary dealers.
  L'appartenenza agli Specialisti è stata generalmente considerata un prerequisito informale per essere ammessi all'operatività in strumenti derivati ma vi sono state in passato alcune limitate eccezioni, giustificate o dal rating molto elevato della controparte, o dal fatto che la stessa svolgesse un ruolo rilevante nel finanziamento della pubblica amministrazione in generale.
  Dopo una fase iniziale fino ai primi anni Duemila, l'operatività in strumenti derivati è stata svolta con un numero piuttosto limitato di controparti. Le controparti erano ammesse all'operatività sulla base del requisito di un rating molto elevato, in coerenza con quanto dettato dalla normativa vigente, con un esplicito riferimento alla valutazione espressa dalle Pag. 6principali agenzie di rating. Si trattava in molti casi di controparti veicolo dotate di rating AAA o di istituzioni bancarie dotate di rating AA.
  In seguito, con l'aumento della dimensione complessiva del portafoglio conseguente alla strategia di gestire attivamente il rischio di tasso anche attraverso la sottoscrizione di contratti derivati, è stata posta una maggiore attenzione alla diversificazione delle controparti, sempre nel rispetto del medesimo criterio, al fine di evitare un'eccessiva concentrazione di esposizione creditizia.
  Di conseguenza, è emersa l'esigenza di un monitoraggio sistematico delle posizioni in essere: se, da un lato, l'incremento del portafoglio in termini di valore nominale ha reso necessario l'allargamento del numero delle controparti, dall'altro è diventato indispensabile impostare un sistema di monitoraggio del rischio di credito ad esse associato.
  Nel corso del primo decennio del secolo, infatti, il contesto del merito creditizio degli operatori sui mercati finanziari, specialmente verso la fine del primo decennio, si è gradualmente deteriorato rispetto al passato. Parallelamente, è aumentata negli attori di mercato l'attenzione al rischio di credito e la tensione a valutare e a monitorare la qualità creditizia dei propri interlocutori.
  Tale deterioramento si è riflesso in una generale riduzione dei rating, anche delle più grandi banche internazionali, e, per quanto riguarda più in particolare l'operatività della Repubblica italiana, nell'esigenza, accettando controparti dotate di rating diversi dalla tripla A, di porre un limite ben preciso all'esposizione creditizia presso ciascuna di esse.
  Al fine di misurare tale esposizione si è scelto di utilizzare una metodologia mutuata da quanto previsto dalla Banca d'Italia relativamente ai contratti derivati nell'ambito della vigilanza sulle banche. Tale metodologia consente di approssimare il costo che la Repubblica dovrebbe sostenere per trovare sul mercato un altro soggetto disposto a subentrare negli obblighi contrattuali dell'originaria controparte, qualora essa sia insolvente, e si basa sostanzialmente sul valore di mercato di ciascun contratto, a cui viene aggiunto un importo cautelativo rapportato al valore nominale, al tipo e alla scadenza del contratto stesso.
  Sono stati adottati, quindi, i seguenti criteri. In primo luogo, la Repubblica può concludere operazioni derivate solo con controparti dotate di un rating, da parte di almeno una delle principali agenzie, non inferiore a quello della Repubblica. Nel caso in cui la controparte abbia un rating da più di un'agenzia, ma di livello differente, viene preso in considerazione il più basso.
  L'altro requisito riguarda l'aspetto documentale: la controparte deve aver sottoscritto con la Repubblica un contratto ISDA (International Swap Dealers Association Master Agreement), vale a dire un contratto «quadro» curato dall'associazione di categoria, che contiene le regole generali alle quali le parti contraenti fanno riferimento per la conclusione dei singoli contratti e che, quindi, disciplina le azioni e gli obblighi derivanti dagli accordi conclusi.
  Al riguardo è importante sottolineare che per l'operatività con la Repubblica si è avuto cura di redigere un contratto standard in linea con i criteri guida di mercato, ma soggetto al diritto italiano, con particolare riferimento al codice civile e alla disciplina delle obbligazioni contrattuali.
  Questa specificità è particolarmente significativa, in quanto rappresenta una tutela, non molto comune, di grande rilevanza nell'eventualità di contenziosi.
  L'importo del singolo affidamento o linea di credito è articolato in base al rating. L'esposizione creditizia nei confronti della singola banca, misurata come sopra descritto, non può essere superiore alla capienza della linea di credito. Nel caso in cui, per una singola controparte, tale limite venga superato a causa dell'evoluzione delle condizioni di mercato, fermo restando il numero delle operazioni in essere, la Repubblica non potrà concludere Pag. 7nuove operazioni con la stessa controparte fino a quando tale esposizione non rientrerà nei limiti stabiliti.
  Infine, svolgo una riflessione sulla natura della controparte. Come già accennato in passato, tra le nostre controparti vi sono stati alcuni veicoli, specificatamente creati all'interno di un gruppo bancario, per l'operatività in derivati con controparti che richiedono un requisito di rating elevato. Tali veicoli, pur avendo di norma un rating molto alto, hanno una struttura patrimoniale diversa da quella di una vera e propria istituzione bancaria. Il loro patrimonio, infatti, è segregato dal resto del gruppo e dedicato unicamente a una specifica operatività, in questo caso in derivati. Data l'esposizione ai rischi generata dalle transazioni effettuate dal veicolo, il patrimonio segregato associato a un meccanismo di collateralizzazione assicura l'elevato livello di rating.
  L'operatività con un veicolo è di norma più onerosa, poiché i costi sostenuti dal gruppo bancario per mantenere la struttura di questo veicolo vengono, almeno in parte, ribaltate sulle controparti che richiedono questo rating elevato, per operare con le quali il veicolo è appunto mantenuto in vita. Diversamente, una banca vera e propria ha generalmente un patrimonio di ben altre dimensioni, a fronte di un complesso e articolato bilancio, sì esposto a una varietà di rischi, ma sottoposto anche a un continuo processo di verifica da parte delle autorità di vigilanza.
  Proprio alla luce di queste considerazioni già nel 2007 era stata avviata una riflessione sull'effettiva valenza del più elevato rating dei veicoli. In occasione della crisi del sistema bancario internazionale che ha portato al fallimento di Lehman Brothers si è constatato che, nel caso estremo, la differenza fra le varie categorie di controparti perde totalmente di significato e l'intero gruppo bancario, veicoli inclusi, segue le sorti della banca capogruppo.
  Per questa ragione si è ritenuto in modo ancora più convinto che i maggiori oneri sostenuti per i veicoli fossero ingiustificati e, quindi, si è fattivamente lavorato per eliminare progressivamente tale categoria dal novero delle controparti della Repubblica. Attualmente le controparti del Tesoro sono 19, di cui 17 sono Specialisti in titoli di Stato e 2 no. Queste ultime sono controparti di posizioni ormai residuali. In allegato al documento che ho consegnato trovate la lista delle controparti.
  Passiamo adesso al cuore della relazione: l'evoluzione della gestione in derivati.
  L'utilizzo dei derivati da parte del Tesoro deve essere inquadrato nel più ampio ambito della gestione del debito pubblico, tenendo conto della complementarietà con l'attività di emissione e perseguendo l'obiettivo strategico di un bilanciamento ottimale tra riduzione del costo del finanziamento nel medio e lungo termine e contenimento dei rischi di mercato, con particolare riferimento al rischio di rifinanziamento, al rischio di tasso e al rischio di cambio. Per gli ultimi due rischi – di tasso e di cambio – l'uso di contratti derivati rappresenta uno strumento complementare alla politica di emissione.
  Nel corso degli anni, sia pure con qualche variazione di focus nel corso del tempo, il ricorso a una gestione attiva anche tramite l'uso di strumenti derivati è stato, quindi, sempre effettuato in tale prospettiva, nel perseguimento dell'interesse pubblico e tenendo il passo con le migliori pratiche internazionali.
  Fin dalle origini, il primo obiettivo si è sostanziato nella protezione, attraverso i cross currency swap, contro le fluttuazioni dei tassi di cambio. L'esposizione a tali fluttuazioni, infatti, è riconosciuta potenzialmente molto rischiosa per uno Stato sovrano, data la sua grande volatilità e la sua natura esogena. Per tali ragioni, quando l'emissione in valuta si rende opportuna per allargare la base degli investitori e per questa via ridurre il costo di finanziamento, è consigliabile proteggersi dal rischio di cambio. In tal modo, in sostanza, si riconduce un debito in valuta estera in uno in valuta nazionale.Pag. 8
  In un secondo momento, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta e fino alla metà del primo decennio di questo secolo, si è sviluppata un'attività gestionale anche sul debito interno, poiché veniva richiesto con una certa frequenza il perseguimento di un beneficio in termini di spesa per interessi e contenimento del fabbisogno. Tuttavia, poiché talora ciò implicava un certo accorciamento della duration, ossia della durata finanziaria del debito, venivano anche concluse operazioni che, allungando la stessa, bilanciavano in qualche misura tale effetto.
  Quindi, fino al 2005 l'operatività del Tesoro ha perseguito un duplice obiettivo: da un lato, il contenimento di fabbisogno e deficit attraverso operazioni di rimodulazione dei flussi di interesse e, dall'altro, l'allungamento della duration complessiva del debito. Entrambi gli obiettivi erano perseguiti mediante il ricorso a Interest Rate Swap e swaption.
  La duration, o durata finanziaria, che ho citato, è un indicatore che rappresenta un tempo medio ponderato per il rinnovo dei flussi di pagamento relativi a uno strumento di portafoglio, quali titoli di debito e derivati. Dal punto di vista dell'emittente la durata finanziaria rappresenta, dunque, l'orizzonte temporale entro il quale esso non è esposto alle oscillazioni dei tassi di interessi.
  Un IRS (Interest Rate Swap) è un contratto nel quale le parti convengono di scambiarsi, sulla base di un nozionale di riferimento, flussi periodici di pagamento parametrati in maniera diversa. L'IRS standard è quello in cui si scambia un flusso a tasso fisso con uno a tasso variabile.
  La swaption è un'opzione venduta da una parte contraente all'altra che dà all'acquirente la facoltà di entrare con la parte venditrice in uno swap a una data futura, per il quale sono stati prefissati tasso (strike della swaption), nozionale e durata. Quando l'obiettivo è l'allungamento della duration, si mira a pagare un tasso fisso a lungo termine.
  Perché è importante per un emittente sovrano come l'Italia allungare la duration ? Perché, quando uno Stato ha un livello del debito pubblico elevato, se i tassi di mercato aumentano, il costo da affrontare per pagare gli interessi sul debito si impenna al punto da produrre un grave impatto sociale. Per esempio, questo è quello che è successo all'inizio degli anni Novanta, quando la composizione del debito era rappresentata per due terzi da BOT e CCT, cioè da titoli esposti alle fluttuazioni dei tassi, e le conseguenze sul Bilancio dello Stato furono drammatiche. Da allora in poi è stata gradualmente modificata la struttura del debito, proprio per renderla meno soggetta a bruschi e rilevanti rialzi della spesa per interessi in caso di shock di tasso sul mercato.
  Questo obiettivo è stato, in primo luogo, massicciamente perseguito attraverso la politica di emissione, portando la quota di titoli a tasso fisso a circa il 70 per cento, riducendo quella esposta alle fluttuazioni di tasso dal 65 a meno del 15 per cento – il resto sono titoli indicizzati all'inflazione e un po’ di estero – e, sebbene in misura nettamente inferiore, anche con il ricorso ai derivati.
  Bloccare attraverso derivati un tasso fisso a pagare in contropartita di uno variabile a ricevere rappresenta una protezione verso futuri shock al rialzo sui tassi di interesse. Infatti, il rischio di aumento del tasso pagato sul debito viene neutralizzato dalla gamba a ricevere dello swap (a tasso variabile) e il costo effettivo viene limitato al corrispettivo tasso fisso da pagare nello swap.
  Alla luce di tali considerazioni, dalla seconda metà degli anni Duemila si è ritenuto che la componente, in certo qual modo, «assicurativa» dell'allungamento della duration dovesse essere l'esclusivo obiettivo dell'attività in derivati.
  Anche se ultimamente, come ho detto, la quota di debito più esposta a shock di tassi è stata sensibilmente ridotta, essa rimane comunque non trascurabile e il nozionale degli IRS nel portafoglio derivati dello Stato, di circa 110 miliardi di euro, resta significativamente inferiore allo stock di BOT e CCT, pari a circa 250 miliardi di Pag. 9euro. Pertanto, è difficile ipotizzarne un'ulteriore riduzione nel medio periodo.
  Infatti, con la riduzione dello stock di BOT conseguita negli ultimi due anni questa categoria di titoli è stata davvero ricondotta alla sua naturale funzione di strumento di cash management, con una percentuale del tutto fisiologica sul complesso del debito negoziabile (7 per cento circa). Anche i titoli a tasso variabile sono ormai presenti in una proporzione utile per diversificare la base degli investitori, ma niente di più.
  Non c’è stato pertanto un ricorso eccessivo all'impiego di strumenti derivati per gestire il rischio di tasso: si tratta di 110 miliardi di euro su uno stock, che attualmente si può considerare al suo minimo, pari a 250 miliardi di euro di titoli esposti al rischio di tasso.
  La strategia di allungamento della duration, dunque, è stata perseguita con una funzione prettamente assicurativa in un momento in cui i tassi a lungo termine si collocavano storicamente ai minimi, per cui era ragionevole ipotizzare che i conti pubblici ne avrebbero tratto mediamente un beneficio.
  L'esperienza pregressa faceva, infatti, presumere che il rialzo repentino dei tassi di mercato fosse il principale rischio da cui era opportuno proteggersi. Ciò non era confermato soltanto dalle evidenze statistiche degli andamenti passati dei tassi di interesse e da una storia degli ultimi decenni caratterizzata sempre e solo da shock esogeni che avevano introdotto solo impennate dei tassi di mercato, ma risultava altresì pienamente in linea con le raccomandazioni degli organismi internazionali riguardo alle migliori pratiche di gestione del debito (Fondo Monetario Internazionale, OCSE, Banca mondiale).
  La grande crisi ha poi prodotto, come sarà meglio specificato più avanti, una situazione di mercato completamente imprevista e difforme, per cui oggi si sta sopportando il costo di questa sorta di assicurazione senza che si sia concretizzato lo scenario da cui ci si voleva proteggere, ma anzi con un'evoluzione dei tassi di mercato di segno opposto e mai sperimentata prima in quanto a durata e intensità.
  Peraltro, questo è quello che succede con ogni assicurazione, ove l'evento verso il quale ci si protegge non si verifichi. Ciò non significa che in un orizzonte di lungo periodo la protezione non debba essere considerata prudente e opportuna.
  Il grafico riportato a pagina 14 della mia relazione scritta – laddove figura l'evoluzione del tasso Euribor a sei mesi e del tasso BOT a sei mesi – mostra l'evidenza e l'ampiezza della novità che il mercato sta attualmente vivendo.
  Dall'inizio della crisi finanziaria, nella seconda metà del 2007, inoltre, tutta l'attività in derivati si è concentrata essenzialmente nella gestione e rimodulazione del portafoglio in essere, senza apertura di nuove posizioni, ad eccezione dei cross currency swap quando c'erano emissioni in valuta, viste le criticità che cominciavano a emergere nella gestione del rischio di controparte. La strategia di fondo è rimasta comunque improntata ai medesimi princìpi fino a tutto il 2010.
  Dal 2011, invece, la gestione ha dovuto tener conto delle crescenti criticità derivanti da un portafoglio sovrappesato su scadenze molto lunghe, in un momento in cui i nuovi criteri regolamentari definiti alla fine del 2010 spingevano le banche a ridurre complessivamente le loro esposizioni – in particolar modo sul lungo termine – e a comprare copertura contro il rischio di controparte anche verso i debiti sovrani dell'Area Euro i quali, dopo la crisi del debito greco, portoghese e irlandese che, in successione, entrarono immediatamente in una situazione di crisi, non venivano più percepiti come sicuri.
  A questo proposito è necessario rimarcare che, pur se la nuova regolamentazione prudenziale imposta agli istituti di credito (Basilea 3) è entrata in vigore con una certa gradualità, una volta definite queste misure prudenziali, che sarebbero entrate in vigore in una data futura, molte banche si sono affrettate ad adottare in anticipo le nuove regole, utilizzando nuovi modelli di analisi e indicatori di rischio.Pag. 10
  Pertanto, uno degli effetti della crisi che ha investito sempre di più anche i debiti sovrani è stata la diffusione di modelli di analisi e valutazione del cosiddetto Credit Value Adjustment (CVA), che esprime il valore del rischio di default di una controparte non collateralizzata (cioè senza accordi di garanzia), calcolato sull'esposizione positiva attesa associata ai derivati e sulla probabilità di default implicita nelle quotazioni di mercato dei Credit Default Swap (CDS) della controparte stessa.
  Le controparti swap della Repubblica, per neutralizzare o almeno mitigare il rischio di credito emergente dall'esposizione positiva attesa delle loro posizioni, si trovarono pressate a ridurre tale esposizione. Ciò poteva avvenire o riducendo l'impegno a sottoscrivere regolarmente le aste dei titoli di Stato nei momenti più critici – cioè quando mancavano gli investitori finali disponibili ad assorbire l'offerta – e, quindi, i titoli sarebbero rimasti nel portafoglio delle banche, oppure attraverso l'acquisto di CDS. Il problema fu che, nel corso del 2011, la percezione del rischio Italia andò sempre più crescendo, riflettendosi proprio sulle quotazioni dei CDS e generando un circolo vizioso.
  In particolare, data la struttura del portafoglio derivati dello Stato, caratterizzato da scadenze lunghe e non collateralizzato, quanto ho appena descritto ha prodotto l'affermarsi di una forte correlazione inversa e perversa tra l'andamento del tratto a lungo termine della curva swap, il valore di mercato nel portafoglio e i livelli dei CDS su Repubblica italiana.
  Il ricorso alla copertura dell'esposizione in derivati con acquisto di CDS rischiava, quindi, di produrre potenziali effetti negativi anche sul mercato primario e secondario dei titoli di Stato, in quanto l'esposizione in derivati si sommava al portafoglio titoli, limitando la capacità della banca di assorbire ulteriormente i titoli di Stato all'emissione. Infatti, l'aumento delle quotazioni nel CDS, cioè l'aumento del costo da sostenere per l'acquisto di protezione, generava conseguentemente un peggioramento della percezione degli operatori finanziari nei confronti del rischio di credito della Repubblica.
  Pertanto, al fine di ridurre l'esposizione creditizia potenziale delle controparti nei confronti del Tesoro italiano, nonché l'impatto sul mercato CDS, e al fine favorire il sostegno in asta da parte degli Specialisti, si è intrapresa una duplice attività: da un lato, si è cercato, ove possibile, di distribuire l'esposizione tra le diverse controparti attraverso la riassegnazione di posizioni (novation o novazione soggettiva); dall'altro, si è proceduto alla riduzione della durata di alcune posizioni, a parità di valore di mercato, associando ad esse la vendita di opzioni per mitigarne l'impatto negativo sulla spesa per interessi.
  Proprio in quest'ottica si è cercato di rimodulare alcuni swap in essere con scadenze molto lunghe, in modo da renderli, ove possibile, un puntuale strumento di copertura della componente variabile dei CCTeu.
  In tal modo si è allentata la pressione sui CDS e si è favorita la regolare partecipazione in asta degli Specialisti in titoli di Stato anche nei momenti più difficili. Non bisogna dimenticare, infatti, la situazione drammatica vissuta alla fine del 2011, quando, nonostante la curva dei tassi di interesse dei nostri titoli avesse non solo raggiunto livelli allarmanti ma avesse anche assunto una conformazione invertita (con il tasso a due anni superiore a quello decennale) che segnalava un'aspettativa di default, tutte le aste di titoli di Stato sono state sempre e comunque coperte.
  Né si può ignorare che la situazione di mercato nei confronti dell'Italia sia rimasta problematica per buona parte del 2012, con numerosi momenti di tensione e volatilità, tassi di interesse e spread elevati, anche se con una conformazione della curva inclinata positivamente e, dunque, non più anomala.
  Con la ricomposizione così operata, il portafoglio derivati risulta oggi più bilanciato fra le diverse scadenze, pur contribuendo ancora marginalmente all'allungamento della duration.Pag. 11
  Tra le situazioni critiche che, in tempi recenti, si sono dovute fronteggiare nei momenti peggiori della crisi, emerge in particolare la ristrutturazione, funzionale alla successiva chiusura di diverse posizioni in derivati in essere con Morgan Stanley, realizzata tra dicembre 2011 e gennaio 2012.
  La peculiarità di questo complesso di operazioni risiedeva nella presenza di una clausola di estinzione anticipata unica nel suo genere, in quanto attribuita non a una singola operazione, bensì presente nel contratto quadro in essere con la controparte e ricomprendente tutte le operazioni sottoscritte con quella banca.
  Il contratto quadro era stato sottoscritto nel gennaio 1994 e prevedeva un Additional Termination Event, ossia il diritto di risoluzione anticipata dei contratti in essere, al verificarsi del superamento di un limite prestabilito di esposizione della controparte nei confronti della Repubblica. I dati relativi a tale limite, davvero molto contenuto, sono specificati nella mia relazione. Nonostante le soglie limite fissate fossero state superate da anni, la banca non aveva mai dato segno di voler far valere la clausola di estinzione anticipata. Alla fine del 2011, tuttavia, la situazione del credito della Repubblica italiana appariva così fragile che Morgan Stanley ritenne di non poter tralasciare di avvalersi della posizione di forza che la clausola le conferiva.
  Il Tesoro, in quel frangente, ha negoziato attivamente, effettuando alcune ristrutturazioni e poi chiudendo buona parte del portafoglio con la controparte, in modo da ridurre il più possibile l'impatto sui conti. Anche se l'esborso è stato considerevole, è risultato comunque inferiore a quello che ci sarebbe stato subendo passivamente l'esercizio della clausola. D'altronde, ignorare il vincolo contrattuale non era possibile, perché il danno reputazionale che ne sarebbe derivato sarebbe stato enorme e assolutamente insostenibile, soprattutto in un contesto di mercato come quello.
  Come detto, solo la clausola presente nell'ISDA con Morgan Stanley aveva quelle caratteristiche. Ciò non vuol dire che, su singole posizioni, non ci sia qualche altra clausola di chiusura anticipata, ma si tratta sempre di clausole cosiddette mutual, cioè esercitabili da entrambe le parti a determinate condizioni.
  La presenza di clausole bilaterali di risoluzione anticipata, nate in un momento storico in cui il merito di credito della Repubblica era sensibilmente più elevato di quanto non sia oggi, va considerata in un'ottica prudenziale nei confronti di un possibile deterioramento del merito di credito delle controparti.
  Tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila l'inserimento di clausole di questo tipo, soprattutto nel caso di operazioni in una vita medio-lunga o lunga, era inteso principalmente come finalizzato a proteggere la Repubblica dall'esposizione creditizia nei confronti del sistema bancario, percepito come molto più rischioso rispetto ai sovrani.
  Nel corso degli anni successivi, il quadro di riferimento ha subìto notevoli mutamenti e, pertanto, si è proceduto ad eliminare, quando possibile, la maggior parte delle clausole apposte. Nella mia relazione c’è una sezione specifica riguardante la composizione del portafoglio, nella quale vi fornirò i dati relativi a tale aspetto della questione.
  Spendo ora qualche parola sulle prospettive di gestione futura del portafoglio.
  Per il futuro, il filone di nuova operatività che si ritiene necessario alimentare è principalmente quello dei cross currency swap, a copertura di emissioni in valuta estera, soprattutto in dollari. Da tale mercato l'Italia è assente dal 2010, mentre in passato la Repubblica è stata l'unico emittente sovrano con una presenza regolare sul mercato del dollaro, per di più sotto il formato Global, che consente di accedere a una più vasta e qualitativa base di investitori.
  Se nel 2011 questa assenza è stata determinata anche da una carenza di domanda dovuta al clima di diffidenza instauratosi nel periodo più acuto della crisi, nel 2013 e 2014, in realtà, erano tornate condizioni di domanda e di tassi Pag. 12molto favorevoli. Tuttavia, senza poter disporre di un sistema di collateralizzazione dei cross currency swap di copertura, tutta la convenienza per lo Stato veniva meno. Infatti, quando emettiamo un bond in valuta, ci si accerta sempre che il rendimento all'emissione inclusivo del costo della copertura risulti almeno non superiore, se non inferiore, a quello di un BTP di pari scadenza.
  Con la regolamentazione prudenziale di gestione del rischio delle banche, la quale è sempre più stringente, i costi associati alle operazioni di copertura per controparti non collateralizzate sono sensibilmente aumentati, al punto da aver pregiudicato la possibilità di emettere nuovi titoli in valuta estera nonostante il buon incremento di domanda da parte di investitori istituzionali, che non è stato possibile soddisfare.
  Tra l'altro, sottolineo che la domanda di titoli in dollari è tipica di una platea vastissima di investitori e diffusa a livello globale, poiché nelle gestioni di portafoglio, in generale, una quota di divisa statunitense è quasi sempre presente. Inoltre, tale domanda è di ottima qualità. Si tratta di investitori buy-and-hold: basti pensare che fra i più assidui investitori in dollari ci sono le banche centrali di ogni parte del mondo.
  Anche se, oggi come oggi, non ci sono particolari problemi di domanda, alimentare e mantenere una presenza sui mercati di maggiore attrattività per gli investitori istituzionali è molto importante per assicurare alternative in evenienze meno favorevoli. In prospettiva, infatti, tutte le banche – e non solo le banche italiane, di cui si parla molto – saranno spinte a detenere meno titoli governativi in portafoglio e un'emittente di grandi dimensioni come l'Italia deve con ogni mezzo allargare al massimo e per tempo le alternative a questo bacino di assorbimento.
  È, dunque, opportuno non precludersi anche mercati in valute diverse dall'euro, senza per questo rimanere esposti al rischio di cambio, e dotarsi di ogni strumento per mantenere la convenienza economica di tali emissioni come il sistema di garanzie bilaterali contemplato dalla legge di stabilità.
  A mero titolo di esempio, per comprendere l'entità del risparmio ottenibile grazie alla collateralizzazione bilaterale per un'emittente come la Repubblica italiana, questo può essere quantificato intorno ai 5 punti base su un titolo triennale, ai 10 per un quinquennale e oltre i 20 per un decennale.
  Soprattutto per non perdere tali opportunità l'articolo 1, comma 387, della legge di stabilità per il 2015 ha autorizzato il Tesoro a stipulare accordi di garanzia bilaterale in relazione alle operazioni in strumenti derivati. Si tratta di una facoltà che sarà esercitata nell'ambito di criteri che saranno definiti in un apposito decreto ministeriale. È opportuno precisare che fino ad oggi non era esplicitamente vietato sottoscrivere questi accordi, ma tale operatività non era prevista dalla legislazione vigente e necessitava, pertanto, di essere disciplinata.
  Non è esclusa la possibilità di estendere la collateralizzazione ad alcune posizioni già in essere al fine di liberare capitale di rischio per gli Specialisti, che potranno così orientare maggiormente la propria attività sul mercato primario e secondario dei titoli di Stato.
  Peraltro, gli stessi Specialisti avranno una minore esigenza di acquistare protezione sul rischio Italia via Credit Default Swap (CDS), con tutte le conseguenze che ho già esposto e con riflessi negativi anche sullo spread BTP-Bund.
  La legge prevede ora che la garanzia sia costituita o da titoli di Stato di Paesi dell'area euro denominati in euro, oppure da disponibilità liquide gestite attraverso movimentazioni di conti di tesoreria o altri conti appositamente istituiti. Nel caso delle disponibilità liquide – eventualità che, ad oggi, pare essere la più efficiente – si tratterà di depositi remunerati a un tasso di interesse non negativo, stabilito contrattualmente, con riferimento ai parametri di mercato.
  Faccio presente che questo tasso non negativo nel contesto attuale è un elemento Pag. 13di particolare valore perché, come sapete, le somme che rimangono in Banca d'Italia e che non riusciamo a impiegare ci costano 20 punti base, oggi come oggi.
  Vale la pena sottolineare che il merito di credito di una controparte in strumenti derivati influenza senz'altro i costi di esecuzione di una transazione e, quindi, i termini contrattuali di uno strumento. Tuttavia, una volta partita l'operazione, il suo valore di mercato dipende unicamente dai tassi di interesse, dai tassi di cambio e dalle volatilità, ma non dal rating delle due controparti.
  Pertanto, per gli swap già in essere, la condizione che una delle due controparti sia un sovrano con rating AAA o BBB non ha effetti sul loro valore di mercato. La liquidità da versare o incassare a garanzia è funzione esclusivamente delle fluttuazioni delle posizioni assoggettate a collateral per via dei movimenti del mercato.
  Comunque, solo per alcune specifiche posizioni del portafoglio si valuterà l'opportunità di assoggettarle in tutto o in parte alla collateralizzazione e a condizioni definite accuratamente a tutela dell'interesse dello Stato.
  Infine, non si può non menzionare che l'attività futura di gestione sarà necessariamente influenzata dalle innovazioni nella classificazione degli swap, che hanno accompagnato l'entrata in vigore del nuovo sistema contabile SEC 2010.
  Fra queste, una in particolare è ben nota: ai fini della procedura di disavanzi eccessivi è stata eliminata l'inclusione nella spesa per interessi del saldo dei flussi derivanti da swap, che già prima rappresentava un'eccezione alla regola. Ora il Regolamento che recepisce l'adozione del SEC 2010 ha eliminato tale eccezione e i flussi da swap sono trattati come partite finanziarie che non impattano sul conto economico. Questa novità non ha particolari riflessi sull'attività di gestione del portafoglio derivati, dato che comunque un impatto di cassa esiste e non può in ogni caso essere trascurato.
  Tuttavia, c’è un altro cambiamento che non potrà non influire sulla gestione. Nel nuovo Manuale di attuazione del SEC per il calcolo di deficit e debito è stabilito che, in caso di ristrutturazione, viene sottoscritto un nuovo contratto di swap, e che esso deve essere considerato come creato ex novo a tutti gli effetti, anche se c’è evidenza di una storia precedente.
  Da un punto di vista giuridico, è ineccepibile. Riguardo alla sostanza economica, che, nel caso dell'applicazione del SEC, è stata finora fatta frequentemente prevalere, ciò è un po’ meno ovvio, ma questa è stata la decisione di Eurostat.
  In conseguenza di tale approccio, nel contesto di una ristrutturazione, se il valore di mercato dello swap è negativo per lo Stato, tale valore deve essere considerato come un prestito della controparte al soggetto pubblico, anche se lo swap preesistente era stato originariamente pattuito a condizioni di mercato e, quindi, con valore iniziale nullo.
  In precedenza, erano stati trattati in questo modo solo gli swap sottoscritti all'origine in maniera deliberatamente sbilanciata, creando un cosiddetto upfront, che, incassato o meno, rappresentava inequivocabilmente un prestito e, quindi, un debito del soggetto pubblico verso la controparte bancaria.
  Ora tale trattamento è stato esteso anche agli swap nati a seguito di una ristrutturazione. Ciò limiterà drasticamente la possibilità di effettuare dette ristrutturazioni, al fine di evitare impatti negativi sul debito.

  PRESIDENTE. Dottoressa, purtroppo siamo alla fine del tempo che abbiamo a disposizione per questa seduta. Intanto la ringrazio per le sue considerazioni.

  MARIA CANNATA, Capo della Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze. Manca pochissimo alla fine della mia relazione.

  PRESIDENTE. Dottoressa Cannata, in considerazione dell'imminente ripresa delle votazioni in Assemblea, nonché dell'estrema rilevanza delle tematiche affrontate nella sua relazione, le quali meritano di poter essere adeguatamente valutate dai Pag. 14componenti della Commissione, ritengo opportuno rinviare il seguito dell'audizione ad una seduta che potrebbe aver luogo nella prossima settimana o nella successiva. In tale prospettiva, interpretando la gratitudine dei colleghi per quanto ci ha già riferito e per il resto del documento, che avremo modo di approfondire, vorrei formulare la richiesta di approfondire taluni aspetti della problematica oggetto dell'audizione.
  Colgo anche l'occasione, credo interpretando il sentimento di molti, per ringraziarla e per ricordarle un punto: l'obiettivo di questa indagine conoscitiva è, in primo luogo, quello di ottenere un quadro completo e fedele della situazione attuale e poi, in secondo luogo, quello di ragionare su come affrontare il problema in una prospettiva futura, con riferimento alla rinegoziazione e ad altri aspetti.
  Lei è certamente la persona più adatta ad aiutarci a chiarire tali questioni, così da avere un quadro completo e dettagliato della situazione. A tale scopo, la pregherei di integrare gli elementi già presenti nelle pagine 23 e 24 della sua relazione.
  Più specificamente, vorrei chiederle, in primo luogo: qual è il quantum complessivo, ossia qual è il valore complessivo di mercato degli strumenti derivati sottoscritti dalla Repubblica italiana ? In secondo luogo, come è composto, non in percentuale, ma in cifra assoluta e voce per voce, tale portafoglio ? Inoltre, come si somma questo quantum sottoscritto dallo Stato a quello sottoscritto dagli enti territoriali, che ho visto indicato solo in aggregato a pagina 45 (parlo sempre di valori di mercato) ? E infine, come è suddiviso il portafoglio degli enti territoriali tra le diverse regioni e comuni ?
  Se posso usare questa espressione – con un sorriso e ringraziandola in anticipo – le chiedo non fiori, ma opere di bene, cioè una tabella che riporti numeri, nomi, cognomi e indirizzi.
  Colgo l'occasione per un'ultima richiesta, che ritengo possa essere molto utile per tutti. Lei ha fatto un'analisi storica sui CDS, molto importanti in un momento drammatico, ossia nel 2011. Le chiederei, per quando tornerà in audizione, di aggiornarla con i dati riferiti ad oggi.
  Vado a memoria, basandomi su dati che ho fornito nell'audizione del Governatore della Banca d'Italia. Si tratta di dati che, a mio avviso, dovrebbero destare grande preoccupazione in tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione: il valore, da agosto 2014 a dicembre 2014, dei CDS sui BTP decennali è salito da 130 a 200. In base a un rapido calcolo, ciò significa che sono necessari 200.000 euro per assicurare un controvalore di 10 milioni di euro di BTP decennali, il 50 per cento più di quanto non fosse necessario ad agosto.
  Credo sia importante che lei ci fornisca una fotografia, ricca come lei potrà, relativa a questi elementi, rispetto alla quale tutti i colleghi della Commissione potranno interagire con lei in modo ancora più utile di quanto abbiamo iniziato a fare oggi.

  MARIA CANNATA, Capo della Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze. Aggiungo solo una considerazione: noi non abbiamo i valori di mercato delle posizioni degli enti territoriali.

  PRESIDENTE. Sarà molto interessante se ci spiegherà bene e in dettaglio questo aspetto.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIOVANNI PAGLIA. Credo, anche tenuto conto del report sui contratti derivati stipulati dalle amministrazioni pubbliche che ci è stato trasmesso dall'Ufficio parlamentare di bilancio, che per noi sarebbe molto interessante conoscere anche i contratti attualmente in essere. Non credo si tratti di materia coperta da segreto di Stato.
  Inoltre, se non è questa la sede in cui chiederli, chiedo di sapere quale sia la sede adatta.

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  PRESIDENTE. La dottoressa si è resa disponibile a essere qui appena potrà.

  MARIA CANNATA, Capo della Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze. Su quest'ultima richiesta, in realtà, devo dire che è già arrivata una richiesta di accesso agli atti per visionare i contratti. Faccio presente, però, che questa è una richiesta un po’ particolare, perché ci sono delle sensibilità. Gli uffici competenti del Ministero dell'economia e delle finanze stanno esaminando questa richiesta.
  Perché ci sono delle sensibilità ? Perché un grado così granulare di disclosure non lo fornisce nessuno, in quanto potrebbe avere dei riflessi, facendoci perdere in termini di competitività rispetto al resto del mercato.

  PRESIDENTE. Dottoressa Cannata, noi, però, non siamo un club di retroscenisti. La Commissione Finanze è un organo del Parlamento della Repubblica italiana che sta svolgendo un'indagine conoscitiva. La prego di considerare anche la sensibilità del Parlamento.

  MARIA CANNATA, Capo della Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze. Sì. Comunque la decisione non spetta a me.

  CARLA RUOCCO. Altrimenti dovremo chiedere di istituire una Commissione d'inchiesta.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. La ringrazio, presidente, per la richiesta, sentita anche dal Movimento 5 Stelle, di proseguire l'audizione della dottoressa Cannata in una prossima seduta. Faccio peraltro presente che noi avevamo già fatto una richiesta alla dottoressa Cannata, alla quale la dottoressa non aveva risposto dicendo che c'erano delle sensibilità di cui tener conto, ma affermando che per soddisfare una richiesta del genere avrebbe dovuto tenere bloccato su di essa l'ufficio competente per dei mesi.

  MARIA CANNATA, Capo della Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze. Questa è un'altra ragione. Mi scusi, ma sono vere entrambe le cose.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. La dottoressa aveva risposto, quindi, che sarebbe stato complicato avere i dati per le difficoltà dell'ufficio competente a fornirli. Oggi veniamo a sapere che ci sono delle «sensibilità». A nostro avviso, di queste sensibilità si può anche non tener conto. Io credo che alla Commissione Finanze interessino soprattutto i dati relativi ai contratti in derivati. Trattandosi della richiesta di un organo parlamentare, l'ostacolo di cui lei ci ha parlato dovrebbe poter essere superato.

  MARCO CAUSI. Presidente, vorrei dire una cosa importante e vorrei che tutti l'ascoltassero. Come sapete, quest'indagine conoscitiva è stata chiesta dai Gruppi di opposizione e la maggioranza ha acconsentito al suo svolgimento perché ritiene che il Parlamento debba essere agibile per tutti i Gruppi politici, anche quelli di opposizione.
  Tuttavia, presidente, a nome del partito di maggioranza, voglio invitare tutti all'esercizio della massima responsabilità. Io vorrei ricordare a tutti, perché forse qualcuno lo dimentica, un fatto importante. Qualcuno preferisce forse l'economia agrosilvopastorale e si dimentica che l'Italia è il terzo emittente sovrano del mondo, pur non essendo, purtroppo, la terza economia del mondo. C'era un ministro, qualche tempo fa, che ricordava sempre questo fatto.
  Quando noi, pertanto, nell'ambito di un'indagine conoscitiva, chiediamo agli uffici competenti di informarci e di discutere con noi sui meccanismi di gestione del debito pubblico, dobbiamo esercitare il massimo di responsabilità. Proprio in questi giorni, come sapete, ci sono ministri delle finanze di altri Paesi europei che stanno affermando che il nostro debito è insostenibile.
  Vorrei quindi dire, a nome della maggioranza, che non permettiamo che venga Pag. 16messa sotto accusa la gestione del debito. Vogliamo certamente conoscerla ma chiediamo il massimo di serietà e di responsabilità a tutti i componenti della Commissione Finanze. Non possiamo permetterci di avere sbavature su questo fronte.

  CARLA RUOCCO. Posto che sto chiedendo trasparenza, non accetto di essere accusata di essere una persona irresponsabile. Anzi, sono talmente responsabile che, nel momento in cui sento riferire di una perdita su un derivato della Morgan Stanley di 2,6 miliardi di euro, ritengo che quantomeno bisognerebbe chiedere i dettagli di tutta la situazione attuale. La responsabilità sta proprio da questa parte !

  MARCO CAUSI. A me pare che il documento che ci è stato consegnato oggi sia un documento molto trasparente e ricco di informazioni. Non accetto l'atteggiamento aggressivo di alcuni colleghi nei confronti degli uffici del Ministero dell'economia, i quali hanno depositato una corposa documentazione. Questa è un'indagine conoscitiva e non un'aggressione.

  PRESIDENTE. Onorevoli Ruocco, Causi e Villarosa. Su un tema come questo, non ci sono né maggioranza, né opposizione. Questo è il Parlamento della Repubblica.
  Onorevole Causi, le chiedo scusa ma ritengo che non abbiamo bisogno né di dare, né di ricevere lezioni da chicchessia.
  Ringraziamo sentitamente la dottoressa Cannata per aver consegnato la sua relazione e per averci dato la sua disponibilità a tornare per proseguire l'audizione su questo tema. Credo che i componenti di questa Commissione abbiano il diritto-dovere, ove lo desiderino, di formulare ulteriori richieste, che non hanno nulla a che fare con la privacy o con intenti scandalistici, essendo finalizzate alla conoscenza di dati.
  Dopodiché, ciascuno si assumerà la propria responsabilità di fornire o non fornire gli elementi richiesti, di valutare o non valutare taluni aspetti, nel rispetto reciproco e doveroso che maggioranza e minoranze devono avere l'una nei confronti delle altre.

  MARIA CANNATA, Capo della Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze. Vorrei ribadire che siamo ampiamente disponibili a fornire informazioni. Ribadisco peraltro che il modo in cui determinati dati vengono forniti e divulgati può presentare qualche profilo di delicatezza che è all'esame dei vertici dell'amministrazione. Vorrei precisare quindi che non c’è l'intenzione di nascondere nulla; ci sono, tuttavia, alcuni aspetti che vanno adeguatamente valutati.
  Inoltre, se ci chiedete tutti i contratti derivati stipulati dal 1990 ad oggi, noi dovremmo fermare la nostra attività ordinaria, perché dovremmo andare a recuperare dati molto risalenti e difficili da reperire. Anche questo è un dato di fatto.

  PRESIDENTE. Per ciò che riguarda la presidenza, ci sono solo le quattro richieste dettagliate di ulteriori informazioni sul quantum del portafoglio in strumenti derivati, più un aggiornamento sui CDS. Dopodiché, ciascuno valuterà.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dalla dottoressa Maria Cannata (vedi allegato) e rinvio ad altra seduta il seguito dell'audizione.

  La seduta termina alle 15.05.

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