XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Mercoledì 18 maggio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bernardo Maurizio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE RELATIVE AI RAPPORTI TRA OPERATORI FINANZIARI E CREDITIZI E CLIENTELA

Audizione dei rappresentanti della Banca
del Monte dei Paschi di Siena

Bernardo Maurizio , Presidente ... 3 ,
Tononi Massimo , presidente della Banca del Monte dei Paschi di Siena ... 3 ,
Bragadin Marco , responsabile direzione Retail e Rete della Banca del Monte dei Paschi di Siena ... 6 ,
Tononi Massimo , presidente della Banca del Monte dei Paschi di Siena ... 9 ,
Bernardo Maurizio , Presidente ... 10 ,
Busin Filippo (LNA)  ... 10 ,
Giacomoni Sestino (FI-PdL)  ... 10 ,
Pesco Daniele (M5S)  ... 11 ,
Petrini Paolo (PD)  ... 12 ,
Bernardo Maurizio , Presidente ... 12 ,
Tononi Massimo , presidente della Banca del Monte dei Paschi di Siena ... 12 ,
Bragadin Marco , responsabile direzione Retail e Rete della Banca del Monte dei Paschi di Siena ... 16 ,
Bernardo Maurizio , Presidente ... 16 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal dottor Massimo Tononi ... 17

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MAURIZIO BERNARDO

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva in differita sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti della Banca
del Monte dei Paschi di Siena

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative ai rapporti tra operatori finanziari e creditizi e clientela, l'audizione dei rappresentanti della Banca del Monte dei Paschi di Siena.
  Sono presenti alla nostra audizione il presidente Tononi e il dottor Bragadin, con i quali mi scuso del ritardo, ringraziandoli per la pazienza e per l'attesa. Darei, quindi, subito la parola ai nostri ospiti per entrare nel merito dell'indagine che la Commissione Finanze ha avviato dall'inizio di quest'anno, sul rapporto tra sistema bancario e consumatori, ovvero sul settore del retail, nonché sulla relazione con il mondo delle imprese, sui temi della trasparenza e dell'educazione finanziaria. Peraltro, di recente ho presentato una proposta di legge in materia di educazione finanziaria, che stiamo discutendo in questo periodo.
  Lascio ora la parola al presidente Tononi.

  MASSIMO TONONI, presidente della Banca del Monte dei Paschi di Siena. Ringrazio il presidente e la Commissione per l'invito e per l'opportunità di partecipare a questa indagine conoscitiva. Ieri abbiamo trasmesso una memoria scritta che immagino sia stata distribuita. Mi limiterò a menzionare gli aspetti più rilevanti in essa illustrati.
  Vorrei iniziare con una breve descrizione del gruppo Monte dei Paschi, non perché non lo conosciate – sono certo che vi sia ben noto – ma perché mi sembra importante condividere con voi la strada percorsa in questi ultimi anni, per darvi anche alcuni dati recenti sulla sua performance economica e sul suo stato patrimoniale.
  Siamo la terza banca italiana, con più di 25.000 collaboratori, 2.100 sportelli e oltre 5 milioni di clienti. Abbiamo inoltre 270 centri specialistici che forniscono servizi a quei segmenti particolarmente sofisticati della clientela che, nella nostra classificazione, vanno sotto il nome di corporate private banking ed enti.
  La quota di mercato del gruppo è nell'ordine del 7 per cento sul fronte dei prestiti in Italia. Ha una presenza capillare in tutto il territorio nazionale. Ovviamente, alcune regioni contano più di altre. Per esempio, la Toscana ha una quota del 21 per cento, ma il Gruppo Monte Paschi ha una presenza significativa anche al sud, con oltre il 12 per cento in Campania e in Puglia.
  Siamo specialist sul mercato dei titoli di Stato. Siamo stati classificati al primo posto nella specifica classifica redatta dal Ministero dell'economia e delle finanze sia nel 2014 sia nel 2015. Annualmente svolgiamo attività di intermediazione per oltre 200 miliardi di euro in titoli di Stato, quindi anche in questo senso svolgiamo un importante ruolo per la nostra economia. Pag. 4
  Voglio, inoltre, spendere una parola su Widiba, una nuova iniziativa del nostro gruppo. È la banca on line recentemente fondata, che sta avendo grande successo in termini sia di numero di clienti sia di innovazione nel rapporto con la clientela.
  Vorrei fare un accenno anche alla nostra solidità patrimoniale e alla liquidità. Sapete che Monte dei Paschi, come alcune altre importanti banche nazionali, è soggetta alla supervisione del meccanismo unico di vigilanza a livello europeo, che svolge su di noi numerose indagini, verifiche e approfondimenti.
  Il passaggio più significativo è il cosiddetto SREP (Supervisory Review and Evaluation Process), cioè la sintesi, in termini di necessità di capitale, rispetto al profilo di rischio e al modello di business della banca. Semplificando all'estremo il tema, questa sintesi si riassume in un numero, il cosiddetto common equity tier 1 ratio, che è il rapporto tra la porzione pregiata del capitale, ovvero il capitale versato, e l'attivo complessivo ponderato per il rischio. Il requisito minimo stabilito dall'organismo unico di vigilanza è del 10,2 per cento per il Monte dei Paschi, ma salirà – come è già stato indicato dai nostri supervisori – al 10,75 a fine anno. Al 31 marzo di quest'anno (ultimo dato disponibile), il nostro common equity tier 1 ratio è dell'11,7 per cento, quindi siamo abbondantemente al di sopra di questa soglia minima.
  Il rafforzamento patrimoniale alla base di questo assetto, che è estremamente solido, è figlio degli importanti aumenti di capitale che sono stati realizzati negli ultimi anni, complessivamente pari a 8 miliardi di euro fra il 2014 e il 2015.
  Oggi il nostro patrimonio si colloca intorno a 9 miliardi di euro. Devo dire – non posso tacerlo – che a fronte di questi 9 miliardi, la valorizzazione che viene data al gruppo dalla Borsa è di gran lunga inferiore. Questo fenomeno, però, non riguarda solo Monte dei Paschi. Infatti, tutte le banche italiane ed europee trattano un valore inferiore rispetto a quello di patrimonio. Nel nostro caso, non posso negare che la differenza sia significativa perché il valore di borsa è inferiore ai 2 miliardi.
  Come sapete, diversi anni addietro abbiamo ricevuto aiuti di Stato per poco più di 4 miliardi. Sono stati interamente rimborsati. Inoltre, sono stati pagati anche interessi, come era stato legittimamente pattuito, a favore del Tesoro, per 960 milioni di euro.
  La liquidità è pienamente rassicurante. Abbiamo 20 miliardi di cosiddetta counterbalancing capacity, ovvero stanziamenti dell'attività immediatamente disponibili per far fronte alle emergenze finanziarie. Devo dire che questa capienza rilevante di liquidità ci ha consentito, nei mesi scorsi, che sono stati – come ben sapete – molto turbolenti, di non avere alcuna tensione su quel fronte.
  A questo proposito, mi fa piacere poter osservare che mai, neppure in un istante, i soldi che ci sono stati affidati dai nostri clienti sono stati in qualsiasi modo a rischio, anche nelle settimane più difficili di gennaio e di febbraio.
  Tutto questo si è realizzato non solo grazie agli aumenti di capitale, ma anche grazie al miglioramento dell'efficienza gestionale del nostro gruppo. Dal 2011, sotto questo profilo è stato fatto un grande lavoro. Sono state ridimensionate le filiali in termini di numero (con 700 filiali in meno in cinque anni). La forza lavoro è diminuita di circa un quinto. Abbiamo 800 milioni di euro in meno nella base costi.
  Il 2015 è stato un anno positivo. Abbiamo avuto un incremento del margine operativo del 27 per cento. In particolare, i ricavi sono cresciuti intorno al 6 per cento, ma la base costi è diminuita di oltre il 5, quindi la forchetta si è ampliata in maniera considerevole.
  Anche il trimestre che abbiamo appena completato, il primo del 2016, è stato molto confortante. Vi è stata una riduzione del margine di interesse, ma è un fenomeno comune, perché con tassi così bassi è difficile per le banche realizzare uno spread significativo sui volumi intermediati. Vi è stata, però, una crescita delle commissioni e un'ulteriore riduzione dei costi.
  Oggi, il Monte dei Paschi si presenta con un rendimento dell'attivo, inteso come rapporto fra ricavi e attivo complessivo, di Pag. 5circa il 3 per cento, che è un po’ meglio della media del sistema, e un costo, inteso come costi operativi diviso l'attivo, dell'1,5 per cento. Anche questo è un dato positivo rispetto alla media del sistema.
  Il punto debole, ben noto a tutti voi, nonché al mercato e agli analisti, è rappresentato dal costo del credito, che è figlio delle sofferenze che il Monte dei Paschi ha ancora nel suo portafoglio e che sono molto rilevanti. Siamo nell'ordine, al lordo, di 47 miliardi di crediti deteriorati. Una parte è rappresentato dalle sofferenze, il resto sono gli incagli e i crediti scaduti. Il netto è intorno ai 24 miliardi di euro perché, in questi ultimi anni, Monte dei Paschi ha accantonato risorse ingenti per coprire il rischio derivante da questi crediti deteriorati.
  Complessivamente, abbiamo avuto accantonamenti per 15 miliardi negli ultimi 4 anni. Oggi abbiamo un grado di copertura significativamente più elevato della media del sistema, intorno al 50 per cento. Avevamo anche un attivo finanziario con un profilo piuttosto rischioso; lo abbiamo normalizzato con attività di riduzione del rischio molto importanti. Abbiamo ridotto la dimensione dell'attivo da 55 a 40 miliardi nel corso degli anni e abbiamo altresì ridotto, in maniera significativa, la duration, cioè la scadenza media del nostro attivo, oltre ad aver chiuso alcune operazioni strutturate che risalgono a un passato lontano, ma che continuavano a gravare sui nostri bilanci.
  Alcune sono passate agli onori della cronaca. Per esempio, il derivato Santorini con Deutsche Bank e l'Alexandria con Nomura sono stati chiusi, quindi attualmente il profilo di rischio è significativamente migliorato.
  Come dicevo, per noi, i crediti deteriorati sono un'assoluta priorità, perché sappiamo che la fisiologia della banca richiede un ridimensionamento di questo problema. Ci stiamo lavorando con il massimo impegno. Credo che nella lista delle priorità del management e del consiglio di amministrazione vi sia proprio questa voce.
  Abbiamo due direttrici su cui ci muoviamo. La prima è gestire al meglio – cosa che già cerchiamo di fare, ma che pensiamo di poter migliorare – le sofferenze. La seconda è cedere dei pacchetti importanti di sofferenze proprio per ridurne l'importo complessivo a carico dei nostri bilanci.
  Entrando nel tema dell'audizione di oggi, è evidente che le sofferenze, in quanto tali, incidono non soltanto sui nostri bilanci, ragion per cui sono una priorità, ma sono forse, per una certa componente, anche alla base del peggioramento e del deterioramento della qualità del rapporto tra istituti di credito e clientela, soprattutto quella di impresa, nel corso degli ultimi anni.
  Infatti, inevitabilmente, date le circostanze, si è innescato una sorta di circolo vizioso che – a parte alcune patologie molto specifiche che non sta a me commentare in questa sede – non ha visto colpevoli, ma solo vittime.
  C'è stato un peggioramento nella qualità degli affidamenti, perché la crisi economica ha inciso molto in questo senso. In questi anni, il prodotto interno lordo è diminuito dell'8 per cento; la produzione industriale è calata di oltre il 20 per cento; molte aziende sono, quindi, andate in difficoltà. Il merito di credito delle aziende è peggiorato, le sofferenze sono aumentate in modo considerevole ed è diventato sempre più difficile, per le banche, erogare credito a fronte di questa situazione.
  Si è innescato quindi un circolo vizioso che ancora oggi, purtroppo, grava sull'economia del Paese. Continuano a essere effettuati interventi per correggere questo stato di cose, ma il fenomeno è stato epocale.
  Vi do alcuni dati che, nella loro crudezza, penso rappresentino bene quanto ho appena detto. Rispetto al 2006, i crediti deteriorati complessivi sono aumentati dal 3,4 per cento del totale dei crediti al 10 per cento. Mi riferisco soltanto alle sofferenze, che è la parte più patologica. Il Monte dei Paschi, purtroppo, è al 20 per cento. Se uno guarda ai crediti deteriorati complessivi, comprensivi anche di incagli e crediti scaduti, si è passato dal 10 per cento del 2011 al 17 per cento di oggi. Pag. 6
  È un fenomeno dalla portata molto significativa. Del resto, si legge quasi quotidianamente sui giornali che in Italia i crediti deteriorati ammontano a circa 360 miliardi di euro; le sofferenze a 200. Gran parte di questi importi sono coperti dagli accantonamenti delle banche, ma la dimensione del fenomeno è molto significativa.
  A fronte di ciò, anche in considerazione dell'attenzione che su questo tema ripongono le autorità di vigilanza, è necessario fare tutto quello che si può per modificare il trend. Pensiamo anche a interventi normativi, che in parte sono stati già realizzati e in parte potranno essere realizzati in futuro.
  Su questo tema, cedo la parola al mio collega Marco Bragadin per un approfondimento, riservandomi di fare qualche altra considerazione.

  MARCO BRAGADIN, responsabile direzione Retail e Rete della Banca del Monte dei Paschi di Siena. Cercherò di affrontare due degli aspetti fondamentali della relazione con la clientela, iniziando dal punto di vista della redazione dell'atto creditizio. Tratterò, quindi, i temi più rilevanti per quanto riguarda la gestione e la tutela del risparmio delle famiglie.
  Per quanto riguarda il lato creditizio, credo che il punto di partenza debba essere un'osservazione riguardo ai requisiti che la vigilanza europea continua a fissare in merito ai presidi patrimoniali e alla liquidità, a tutela della stabilità delle banche e del sistema. È chiaro che questi requisiti sono una sorta di assicurazione, per cui tanto maggiori sono i requisiti di capitale per il sistema bancario nel suo complesso tanto più questo capitale deve essere remunerato agli azionisti. Pertanto questa remunerazione incide sull'equazione della formazione del prezzo dei servizi che eroghiamo, sotto forma sia di finanziamenti sia di gestione dei rapporti con la clientela.
  Il secondo elemento che caratterizza in modo molto netto e importante il rapporto con la clientela è relativo agli interventi normativi che, soprattutto negli ultimi anni, a partire dal 2008, si sono susseguiti, prima per combattere la crisi economica e poi per regolamentare il rapporto creditizio tra la banca e l'impresa o il cliente affidato.
  Da questo punto di vista, gli interventi hanno progressivamente migliorato e regolamentato il rapporto tra le parti. Esistono, tuttavia, alcuni elementi, introdotti nel frattempo, i quali costituiscono una fonte di malessere o di divergenze interpretative tra la banca e il cliente.
  In particolare, mi riferisco all'applicazione delle norme antiusura e alle norme sull'anatocismo. In un periodo di forte crisi economica, tali questioni stanno determinando un continuo prodursi di reclami e un ampio contenzioso giudiziario in tutto il Paese. Le divergenze di interpretazione lasciano spazio a una lunga dialettica in punto di diritto, cosa che non aiuta i rapporti con la clientela, né migliora la percezione della «salute» – se posso usare questo termine – del rapporto tra banca e impresa, o tra banca e cliente.
  L'altro aspetto normativo, che è stato brevemente accennato, è estremamente importante e riguarda la capacità di recuperare il credito deteriorato. I numeri che abbiamo appena sintetizzato e che sono contenuti nella relazione scritta che è stata consegnata evidenziano l'impatto del credito deteriorato per il Paese e per il Monte dei Paschi nello specifico.
  Dal punto di vista macroeconomico, ciò consegue a otto anni di fortissima crisi, quindi sarebbe sbagliato attendersi l'opposto; tuttavia, si tratta di un fardello molto importante, che oggi non deve permanere, perché, in una fase di ripresa economica, determina il rallentamento nell'erogazione di credito e nel finanziamento di nuovi investimenti. Infatti, quanto più un operatore è focalizzato sulla gestione del suo stock di sofferenza o di credito non performanti, tanto meno ha risorse da dedicare a finanziare i nuovi investimenti, che attualmente stanno emergendo in modo abbastanza visibile.
  I recenti provvedimenti normativi vanno in questa direzione. Auspichiamo, quindi, che si continui questo percorso, perché la certezza di diritto e, soprattutto, dei tempi di recupero dei crediti, determina una differenza fondamentale nella valutazione Pag. 7dello stesso stock di queste sofferenze, e dunque nella capacità di agire per il futuro.
  In Italia, la durata delle procedure di insolvenza – lo dico a titolo di esempio, ma sono statistiche di pubblico dominio – è in media di 8 anni; il doppio dei principali Paesi europei. Peraltro, questo tempo di 8 anni ha una grandissima dispersione geografica, perché si va dai 5 anni di media in Trentino Alto Adige ai 12 anni in Basilicata.
  È chiaro che, quando si vuole gestire uno stock di queste dimensioni, sia una durata media delle procedure molto più lunga – quasi doppia rispetto agli altri Paesi europei – sia una variabilità così elevata fanno sì che la valutazione di questi stock venga depressa a causa di queste variabili.
  Per quanto riguarda, infine, un elemento specifico della valutazione degli stock creditizi, la normativa comunitaria ha introdotto, tramite l'EBA (European Banking Authority), una classificazione delle posizioni di credito automatica e deterministica, standardizzando la classificazione per determinare se una posizione di affidamento con un cliente è in bonis, ovvero a incaglio, o in sofferenza o in contenzioso.
  Questa classificazione, come molte di queste previsioni normative, ha sicuramente un aspetto positivo, perché, riducendo i margini di interpretazione, fa sì che queste posizioni siano interpretate in modo più omogeneo possibile da tutte le banche in Europa, cosa che crea sicuramente un livellamento delle condizioni di competizione tra banche.
  Dobbiamo, tuttavia, riuscire a salvaguardare altri elementi di valutazione che sono rimasti nel caso specifico delle piccole e medie imprese. Mi riferisco a una componente di soggettività in questo giudizio, perché, soprattutto per ciò che riguarda la realtà della piccola e media industria italiana, il rapporto e la conoscenza dell'industria stessa non può essere sacrificato a un algoritmo. Altrimenti perderemmo un valore di conoscenza, di relazione e anche di capacità professionale nel saper classificare le posizioni per quello che esse effettivamente sono.
  La classificazione non è meramente formale, bensì ha natura strumentale: da un lato, con riferimento agli assorbimenti di capitale e agli accantonamenti e, dall'altro, alla tipologia di azioni che si devono intraprendere nei confronti della controparte. Avere un cliente in bonis impone una gestione più commerciale; negli altri casi c'è la necessità di gestire una sofferenza, con i tutti gli aspetti connessi all'eventuale contenzioso, il che lascia presupporre scarsissime probabilità che l'azienda possa riprendere un percorso ordinario.
  Passando all'esame della gestione del risparmio e, quindi, agli aspetti relativi all'attività bancaria commerciale, il primo elemento fondamentale da tenere presente è quello che, nella nostra relazione scritta, abbiamo definito «dislocazione», ovvero lo spostamento del rapporto rischio-rendimento.
  Se pensiamo alla clientela media che frequenta le filiali e sottoscrive forme di investimento, questo è un cambiamento fondamentale che – come ha detto il presidente – deve essere necessariamente supportato da una grandissima azione di educazione finanziaria. Anche in questo campo, in base a benchmark europei e internazionali, siamo al 65esimo posto. Abbiamo quindi tantissimo da fare in questo campo, volendo essere positivi.
  La popolazione media è abituata, nella sua percezione (che per un consumatore è ciò che fa la differenza), a un ecosistema molto più simile a quello di una decina di anni fa, con cedole elevate di titoli di Stato italiani e a una percezione del rischio pari a zero. Quindi, l'idea è di avere alti rendimenti con rischio pari a zero. Questo è stato il passato, ma non esiste più. Certamente è facile dirlo da un punto di vista razionale e professionale, ma se penso alla clientela media, non è semplice da spiegare. Ciò, dunque, impone due cambiamenti.
  Il primo è che per ottenere il rendimento, ben diversamente che nel passato, è necessario avere un portafoglio ben bilanciato, comprendente una certa componente di rischio, altrimenti il rendimento è pari a zero, se non negativo. Pag. 8
  Il secondo è che certi livelli di rendimento non esistono più in natura. Pertanto, non appena si supera il 5 per cento, si tratta di attività che hanno ben poco a che fare con una professionale allocazione del risparmio che non esponga a rischi materiali.
  Si tratta di un cambiamento culturale e sociale. In base alle statistiche è così ed è un fenomeno facile da argomentare. Tuttavia, se lo innestiamo in un tessuto in cui l'educazione finanziaria è mediamente molto bassa ed era abituata a vivere di cedole, diventa un'urgenza veramente importante, perché abbiamo un divario molto importante da colmare.
  Nella relazione scritta abbiamo illustrato alcune iniziative che la Banca Monte dei Paschi, insieme ad altre banche o individualmente, sta portando aventi su questi temi.
  In questo contesto, riguardo alle modalità di organizzazione delle attività di supporto alla clientela, abbiamo un modello di erogazione di servizi di risparmio e di investimento basato sulla pianificazione; esso nasce dalla comprensione, innanzitutto, dell'orizzonte temporale del cliente (quando avrà bisogno di questi risparmi, o quando potrebbe averne bisogno) e da come il cliente vive il rischio.
  Si tratta di analisi documentate, con questionari molto attenti che contengono anche domande del tipo «se il titolo scende del 10 per cento, ti senti bene o male?», al fine di comprendere effettivamente come il cliente vive queste situazioni, visto che la capacità di assorbire il rischio è diversa per ciascuno di noi.
  Il secondo elemento fondamentale è che la Banca Monte dei Paschi non ha, per così dire, «prodotti della casa». Non abbiamo infatti «fabbriche» di asset management, ma proponiamo, attraverso un'attenta selezione, le migliori case di investimento italiane o internazionali. Da questo punto di vista, guadagniamo dalla gestione dei risparmi dei clienti, ma non abbiamo un marchio nostro; proponiamo quindi l'allocazione dei marchi che riteniamo – in base a criteri di scrutinio molto rigorosi – i migliori in campo sia nazionale sia internazionale.
  Il terzo elemento riguarda l'evoluzione della normativa, fortemente regolamentata a livello europeo dalla normativa MIFID (Markets in Financial Instruments Directive), la quale evolverà, nel gennaio 2018, in MIFID 2. Vi parlo di gennaio 2018 perché, per il tipo di cambiamenti che stiamo realizzando, dovremo essere pronti fra un anno e qualche mese, siamo già in corso d'opera.
  La MIFID 2 intende rendere ancora più trasparente il dato relativo a quanto l'intermediario guadagna dalla gestione dei risparmi del cliente, quindi nell'estratto conto il cliente troverà indicato che, per il titolo tal dei tali, la banca ha percepito, per esempio, 3.000 euro di commissioni. In questo modo è brutalmente evidente il do ut des nel rapporto, ma è indispensabile per noi, Banca Monte dei Paschi, erogare un servizio di consulenza che il cliente giudichi di valore rispetto a quanto percepiamo. Altrimenti, se percepissimo 100.000 euro, ma il servizio non fosse valutato come un valore aggiunto, è chiaro che avremmo una probabilità elevata di perdere il cliente. Questa normativa va, dunque, nella direzione di rendere ancora più trasparente e molto evidente, anche dal punto di vista dei dati numerici, il rapporto tra la banca e il risparmiatore.
  Inoltre, anche con riferimento ai report che forniamo ai nostri clienti, ci viene chiesto di modificarli per renderli elementari. Torno, così, al tema dell'educazione finanziaria. Anche a livello di report e di regolamentazione, ci viene, infatti, chiesto di essere il più semplici e leggibili possibile.
  Non da ultimo, siamo molto attivi sia nei consumer lab, ossia laboratori con le associazioni dei consumatori nelle varie filiali italiane, sia con un'iniziativa che abbiamo definito «banca scuola», che ci vede presenti nelle scuole per fornire un contributo educativo il più semplice possibile alle scuole. Non insegniamo, quindi, tecnica bancaria, ma cerchiamo di spiegare cos'è il risparmio, cosa significa accumulare, e così via.
  Recentemente, abbiamo fatto una ricerca di mercato su un buon numero di italiani su questi temi e abbiamo scoperto che Pag. 9gli italiani non utilizzano un termine che ho usato spesso in questi cinque minuti, ovvero «investimento». Il consumatore italiano non lo chiama «investimento», ma «prodotto» o «soldi», quindi fa riferimento a un concetto molto più materiale.
  Credo che il nostro obiettivo, in linea con l'evoluzione della normativa, debba essere di modificare il rapporto, da una parte innalzando il livello di conoscenze del cliente, e dall'altra semplificando le nostre procedure, nell'ottica di una migliore gestione del risparmio, posto quello che ho premesso sull'andamento dei tassi.

  MASSIMO TONONI, presidente della Banca del Monte dei Paschi di Siena. In conclusione, vorrei fare soltanto due brevi considerazioni di carattere molto generale. Innanzitutto, credo sia importante che si prenda atto dell'anomalia del nostro sistema economico-finanziario, che è connotato da un assetto marcatamente «bancocentrico». Tra le passività finanziarie delle aziende italiane, i prestiti bancari incidono per il 64 per cento, che è molto di più di quanto avvenga nel resto dei Paesi dell'eurozona, che hanno una media del 44 per cento, e ancora di più di quanto avviene nei principali Paesi a matrice anglosassone, come negli Stati Uniti e la Gran Bretagna, dove una porzione sostanziale delle passività finanziarie è rappresentata da strumenti pubblici di debito, in particolare obbligazioni.
  Anche la leva finanziaria delle imprese italiane è squilibrata, perché vi è poco capitale e molto debito. Questa è, pertanto, una situazione che caratterizza l'Italia in senso non positivo. In tale quadro, come rappresentante di una banca, vorrei dire che è importante che questa situazione venga rettificata, mitigando l'assetto «bancocentrico», cosa che in questi anni si è cercato di fare, ma con un successo solo parziale.
  Attualmente, guardiamo con favore a iniziative come le emissioni di mini bond, tra l'altro agevolate da normative fiscali che finalmente hanno parificato quegli strumenti ad altri già esistenti, come al crescere di segmenti alternativi alla borsa, aperti in particolare alle esigenze delle piccole e medie imprese. Pensiamo ad AIM Italia, che sta avendo un discreto successo; ancora non ha raccolto risorse finanziarie eclatanti, ma ha comunque consentito a molte imprese di piccole e medie dimensioni di accedere al mercato dei capitali, nella forma del capitale maggiormente caratterizzato da rischio, ma evidentemente anche con connotati di durata particolarmente interessanti per le imprese, cioè con capitale azionario proprio.
  Tutto ciò, tra l'altro, costituisce un'opportunità di business per le banche – ed è questo il motivo per cui l'ho menzionato – che possono svolgere un ruolo di accompagnamento e di assistenza alle imprese. Credo sia essenziale per garantire una maggiore diversificazione delle fonti di finanziamento delle nostre imprese.
  A questo proposito, mi sentirei di dire che c'è da lavorare anche sul fronte culturale. Infatti, presso molti nostri imprenditori non è sufficientemente diffusa la consapevolezza che la trasparenza e una corporate governance moderna aiutano lo sviluppo, facilitano l'incremento di capitali e ne riducono il costo, accelerando quindi il percorso di crescita delle imprese. Talvolta si preferisce, invece, una certa opacità, ma essa è nemica della meritocrazia, dello sviluppo e della crescita virtuosa delle imprese.
  L'Europa stessa è consapevole di tutto questo – per quanto l'Italia sia il Paese che è maggiormente caratterizzato da questa problematica – e sta lavorando sulla cosiddetta Capital Markets Union, che è uno strumento volto ad aprire una folta gamma di strumenti di finanziamento alle imprese, soprattutto di piccole e medie dimensioni.
  Credo che questa sia una direttrice importante anche per il nostro Paese, per le nostre imprese e per le banche, che avranno una clientela con risorse finanziarie meglio diversificate e quindi meno rischiose.
  Allo stesso modo – questa è la mia seconda e ultima considerazione – è bene che l'Europa provveda a uniformare i regolamenti nei diversi Paesi. Certamente questo aiuterebbe a creare dei mercati dei capitali più efficienti. Tuttavia, occorre vigilare, perché talvolta l'applicazione asettica di normative, che pure hanno delle finalità pienamente condivisibili, calata Pag. 10nella realtà dei singoli Paesi, i quali sono caratterizzati da connotati culturali e strutturali specifici, può condurre a conseguenze inattese e non sempre positive.
  Penso – è il motivo per cui ho voluto svolgere questa considerazione – alla legislazione in materia di bail-in, che risponde a una finalità che tutti condividiamo, ossia che i costi di una crisi bancaria non finiscano per gravare sulle spalle dei contribuenti. Ciò detto, quanto accaduto in Italia nei mesi passati ci deve anche far riflettere sull'opportunità che, talvolta, le legislazioni vengano meglio assimilate, per tener conto anche delle specificità del nostro sistema finanziario e dei bilanci delle nostre banche.
  Ciò che è accaduto alle cosiddette «quattro banche» ha condotto non soltanto a perdite significative per gli azionisti e gli obbligazionisti subordinati, ma anche a forti tensioni e turbolenze del mercato, nelle prime settimane del 2016.
  Credo inoltre che, più in generale, ciò abbia inciso negativamente sulla qualità del rapporto tra clientela e istituti di credito, il quale deve essere fondato sulla fiducia, in parte incrinata da quanto accaduto. Correggere eventi di questo tipo richiede tempo, sforzi e impegno e comunque non è un processo facile.
  Il Monte dei Paschi sta facendo tutto quello che è nelle nostre possibilità per contribuire a rinsaldare un rapporto fatto di fiducia, di consapevolezza e di trasparenza nei confronti della nostra clientela. Su questo continueremo a muoverci, con il massimo impegno.
  Ho concluso e sarò felice di rispondere ai vostri eventuali commenti, osservazioni e considerazioni.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presente Tononi e il dottor Bragadin, che è il responsabile della direzione Retail e rete, anche perché, come i colleghi sanno, questa è la prima delle audizioni con i vertici delle banche più importanti del nostro Paese. Nell'ambito di questa indagine conoscitiva ascoltare non solo gli organismi pubblici come l'ABI, ma anche i vertici del mondo bancario è, per noi, un'esigenza importante.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FILIPPO BUSIN. Grazie per la relazione. Vorrei fare una precisazione, più che porre una domanda. Nel corso dell'audizione avete presentato la caratteristica del Monte Paschi di Siena quale specialista nel mercato dei titoli di Stato come un valore aggiunto o, comunque, come un dato di merito. Mi sembra invece che, in base alle ultime indicazioni e orientamenti della BCE, si vada nella direzione opposta, cioè si tenda a valutare la presenza di titoli di Stato nell'attivo bancario delle banche italiane come qualcosa che abbassa il rating, dal punto di vista patrimoniale e della rischiosità della banca.
  Lei intende insistere su questo dato di benemerenza oppure agire per allinearvi alle indicazioni della BCE, le quali, sebbene non ancora operative, appaiono come un orientamento abbastanza deciso?
  Richiamandomi all'ultima battuta sul bail-in, le chiedo se l'entrata in vigore di questa norma sulle crisi bancarie abbia comportato, per il Monte Paschi di Siena, una fuga di depositi. Dalle mie parti, per esempio, c'è stata una corsa agli sportelli che non è stata resa nota ma che, per quanto riguarda la Banca Popolare di Vicenza, ha comportato una perdita di 9 miliardi di euro di depositi nei tre mesi successivi all'approvazione del bail-in. Vorrei sapere se lo stesso fenomeno, ovviamente non in queste dimensioni, è accaduto anche per il Monte Paschi di Siena.

  SESTINO GIACOMONI. Leggendo la relazione scritta che ci avete lasciato mi sono posto una domanda. La più antica banca al mondo, che opera dal 1472, con 2.100 sportelli e 5 milioni di clienti, come ha fatto a cadere così in basso?
  Parlare di una capitalizzazione inferiore ai 2 miliardi di euro è sorprendente. Vi siete posti anche voi questa domanda: se quello che è successo si poteva evitare e soprattutto se siete sicuri di evitare, in futuro, gli stessi errori del passato? Il bail-in è diventato legge. Siete in grado di evitarlo per i 5 milioni di vostri correntisti?

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  DANIELE PESCO. Devo esprimere la mia stima nei vostri confronti, non tanto per ciò che avete fatto e che io, peraltro, non conosco, ma per il coraggio che avete a dirigere una banca che, secondo noi, presenta molte criticità.
  In questa Commissione chiediamo, infatti, durante quasi tutti gli Uffici di presidenza, l'apertura di una Commissione d'inchiesta sul Monte dei Paschi, perché riteniamo decisamente anomalo il fatto che in una banca vi siano 47 miliardi di euro di crediti in sofferenza, su un totale di 200-300 miliardi di sofferenze complessive in Italia. Bisognerebbe, dunque, accendere un faro importante su questo, per cui un'indagine conoscitiva come questa non basta. Vi stimo, comunque, per il vostro coraggio.
  Vi faccio alcune domande sulla precedente gestione del Monte dei Paschi. So che non vi riguarda direttamente perché non l'avete seguita voi, ma è importante provare a capire che cosa è successo in passato.
  Innanzitutto, vi chiedo se quando vi siete insediati siete riusciti ad aprire tutte le casseforti di cui avete avuto contezza. Sembra, infatti, che proprio dalle casseforti si sia generato un grave errore nella gestione del Monte dei Paschi, con riferimento al famoso derivato Santorini, il quale non era considerato come un derivato, bensì come un titolo di Stato. Poi si è appurato – ditemi se mi sbaglio – che non c'era alcun titolo di Stato, ma un debito rappresentato dal derivato stesso. Ora mi chiedo: vi è il rischio che vi siano altri documenti come il mandate agreement su quel derivato? La banca corre il rischio di trovare altri documenti di questo tipo? In tal caso, la situazione potrebbe essere di nuovo grave.
  Per quanto riguarda il «buco» creato dal Monte dei Paschi nel passato, vale la pena ricordare che si aggira intorno ai 100 miliardi di euro, che sono la somma dei 20 miliardi di capitale praticamente bruciati e che rappresentano quindi un patrimonio che non esiste più; oltre a 47-50 miliardi di euro di sofferenze che non so come riuscirete a vendere (vi auguro, ovviamente, di venderle nel modo migliore possibile); infine, vi sono gli aumenti di capitale per circa 10 miliardi di euro, anch'essi completamente «bruciati».
  Proprio su questi aumenti di capitale forse non vi è stata piena lealtà nei confronti dei risparmiatori, posto che, nel momento in cui sono stati autorizzati, la BCE ha espresso due raccomandazioni: che fosse fatto il possibile sulle partite deteriorate e che fossero attuate delle fusioni. Non so se queste informazioni sono state trasmesse in modo preciso ai risparmiatori. Comunque, su entrambi questi due fronti, non si è andati a buon fine.
  Sulle partite deteriorate, in particolare, andrebbe posta grande attenzione per capire come sono costituite. A questo proposito, vorrei porvi una domanda. Potete illustrarci quali sono le venti posizioni principali più gravose?
  Per esempio, sono venuto a sapere che 600 milioni di euro sono stati dati a Sorgenia, una società del gruppo De Benedetti. Di questi, sembra che 200 milioni siano stati utilizzati dal Monte dei Paschi per comprare azioni. Queste informazioni corrispondono al vero? Vorrei sapere come stanno le cose. Inoltre, le chiedo se i restanti 400 milioni fanno parte delle partite deteriorate e se si pensa di riuscire a riscuoterli.
  Mi piacerebbe avere informazioni anche su altri aspetti. Per esempio, non si può non parlare di Antonveneta, che è stata pagata, in passato, circa 20 miliardi, se si considerano tutti gli interessi che sono stati liquidati. Ebbene, questa operazione, sommata alle altre, porta a quel grande buco di 100 miliardi di cui ho parlato in precedenza.
  Secondo noi andrebbe fatta chiarezza. Per non parlare – torno sull'argomento da cui sono partito – del famoso derivato, che è stato preso in considerazione solo mesi dopo che la nuova governance si era insediata. Sono passati, infatti, diversi mesi, da febbraio a ottobre, prima che questo contratto venisse scoperto.
  Al riguardo, purtroppo, viene ricordato poco, o mai, il fatto che Bankitalia proprio in quei mesi ha svolto un'ispezione e che il 17 aprile 2012 la stessa Bankitalia ha trasmesso alla Consob il verbale di un'ispezione nella quale si evinceva la presenza di Pag. 12questo derivato. Come è possibile che persone della governance del Monte dei Paschi – non mi riferisco a voi, ma ad altri, di cui uno fa ancora parte del vostro staff – abbiano disconosciuto la presenza di questo documento fino a ottobre, cioè fino a cinque mesi dopo le ispezioni?
  Sinceramente, questo è molto grave, per cui vorremmo avere la certezza che non capitino più cose di questo genere, perché ne va della credibilità dell'istituto bancario.
  Rispetto ai 47 miliardi di sofferenze, vorrei chiedere quanto sono state svalutate. Avete detto che la loro copertura è di oltre il 50 per cento. Tuttavia, poiché le sofferenze giocano un ruolo importante nella determinazione degli utili di bilancio di una banca, dal momento che nell'ultima trimestrale ci sono 93 milioni di euro di utili, mi chiedo se queste sofferenze siano state svalutate in modo corretto.
  Chiedo questo perché Bankitalia e la BCE possiedono lo strumento del bail-in, con il quale in ogni momento possono entrare in una banca, affermare che le sofferenze non sono state svalutate correttamente, imporre una svalutazione delle sofferenze stesse al 17 per cento, come avvenuto con le quattro banche, e determinarne la chiusura. Vi chiedo quindi: le sofferenze del Monte dei Paschi sono state svalutate in modo corretto o va operata una rettifica in questo senso?

  PAOLO PETRINI. Ringrazio anch'io il presidente Tononi e il direttore Bragadin per la disponibilità e per la partecipazione a questa audizione. È chiaro che parliamo di una situazione problematica, che preoccupa tutti, vista la dimensione dell'istituto.
  Proprio in relazione al futuro, la domanda che voglio fare riguarda la strategia di ricerca di un partner industriale, per capire se questo obiettivo è ancora centrale all'interno della vostra strategia e quanto pesa, sulle possibilità di conseguimento dello stesso, il nuovo scenario che si è costituito dall'adozione della direttiva BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive) e, in particolare, della regola del bail-in.
  In relazione alle ultime considerazioni svolte dal presidente sulla necessità di affrancare progressivamente il sistema delle imprese dal sistema bancario, il quale è eccessivamente centrale nell'approvvigionamento di risorse finanziarie, come pensate possa essere gestito, nella vostra banca, l'annunciato provvedimento del Governo relativo agli incentivi per gli investitori nelle piccole e medie imprese? Ritenete che questo incentivo possa creare un effetto spiazzamento verso altri prodotti?
  Inoltre, se è stato così difficile gestire obbligazioni subordinate, come sarà possibile gestire prodotti di questo tipo, i quali hanno ad oggetto imprese di non grandi dimensioni, molto più difficili da valutare in rapporto alla rischiosità?

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per una breve replica.

  MASSIMO TONONI, presidente della Banca del Monte dei Paschi di Siena. Rispondo in ordine cronologico, iniziando dall'onorevole Busin.
  Ho menzionato il nostro ruolo di specialist, che naturalmente ci inorgoglisce ed è importante. Ciò non significa che i miliardi di euro che ho menzionato, e rispetto ai quali agiamo da intermediari, siano nel nostro bilancio. Il nostro è un ruolo di intermediari, quindi non vorrei avere dato la sensazione che il Monte dei Paschi abbia oltre 200 miliardi di euro in bilancio. Non è così.
  Lei ha fatto bene a menzionare un aspetto che oggi è ampiamente dibattuto, anche in una sorta di scontro, più o meno sotterraneo, tra le autorità di alcuni Paesi e determinati esponenti della Banca centrale europea, ossia l'eventualità che i titoli di Stato che sono nei portafogli delle banche, oltre una determinata soglia quantitativa, ancora non ben definita, possano essere ponderati per il rischio, cosa che, ad oggi, non avviene.
  Questo discorso mi consente di ricollegarmi a quanto menzionavo prima nelle mie conclusioni. Allorché si immaginino soluzioni che valgono ovunque in Europa, bisogna anche pensare alle ripercussioni che esse avrebbero nei singoli Paesi.
  L'Italia è uno di quei Paesi in cui i titoli di Stato hanno una presenza significativa Pag. 13nei bilanci delle banche, nonostante ci sia stata una diminuzione di questo fenomeno negli ultimi anni. Immaginare che a ciò si debba porre rimedio obbligando le banche a cedere gli importi eccedenti una certa soglia in tempi rapidi è assolutamente pericoloso e sbagliato.
  Inoltre, ciò metterebbe in difficoltà anche il bilancio dello Stato, perché ne deriverebbero volumi in vendita molto significativi. Al riguardo, voglio ricordare che, in Europa e in particolare in Italia, da molto tempo a questa parte, i titoli di Stato sono stati emessi e sempre rimborsati. Credo che questo sia un elemento da tenere in considerazione. Quindi, penso che l'ipotesi evocata abbia conseguenze potenzialmente negative e non sia ben meditata alla luce dei nostri trascorsi.
  A maggior ragione, verrebbe da dire che se questa è la strada su cui ci si muove, allora occorre intraprendere anche la strada parallela, che è quella della garanzia europea sui depositi, cosa che, come sapete, a oggi ancora non è stata introdotta e che certamente potrebbe incidere positivamente.
  Riguardo alla fuga di depositi per effetto dell'ipotesi di bail-in, il Monte dei Paschi, nei primi sei mesi del 2016, come tante altre banche italiane, ha visto una riduzione della propria raccolta. Se ben ricordo – vi prego di scusarmi se i numeri non sono precisi – dal 31 dicembre al 31 marzo la nostra counterbalancing capacity, che è la dimensione delle risorse immediatamente disponibili, è scesa di 5 miliardi di euro, rimanendo, però, a livelli assolutamente rassicuranti.
  Il fenomeno a cui lei ha fatto riferimento si è verificato, per noi come per altri. Tuttavia, la nostra posizione di partenza, altamente solida, non ha creato alcuna preoccupazione e alcuna difficoltà di sorta. Tra l'altro, il fenomeno in questione è ormai terminato da diversi mesi.
  Non c'è dubbio che alcuni risparmiatori, comprensibilmente, abbiano reagito in maniera emotiva al venir meno di un paradigma, che è quello che ha menzionato Marco Bragadin, ovvero l'idea che le obbligazioni bancarie siano prive di qualsiasi rischio.
  Attualmente, per effetto della normativa sul bail-in, c'è un rischio teorico. Qualcuno può argomentare che non sia teorico, ma comunque c'è un rischio. Peraltro, vorrei dire che quello che è successo non è soltanto per effetto delle quattro banche italiane, perché vi sono state iniziative assunte dalle autorità di altri Paesi, come il Portogallo, che hanno inciso sulla psicologia degli investitori istituzionali internazionali ancora di più. È legittimo guardare in casa propria e forse ciò che ha avuto maggiore effetto sulla psicologia dei risparmiatori è stata la vicenda delle quattro banche, ma il fenomeno è stato più vasto.
  L'onorevole Giacomoni chiedeva come ha fatto il Monte dei Paschi a cadere così in basso. Non sono sicuro di poter rispondere in maniera articolata. Quello che posso dire è che ci stiamo risollevando e siamo abbastanza avanti su questa strada, grazie al cambiamento completo degli assetti manageriali della banca intervenuti nel 2012.
  Purtroppo, non posso essere parte di quanto sto per dire, avendo assunto il mio incarico soltanto a settembre del 2015, però da quando è arrivato il nuovo amministratore delegato, dottor Viola, e una squadra manageriale completamente rinnovata, che nulla ha a che fare con quella degli anni precedenti, la performance della banca è drasticamente cambiata.
  Ho citato prima dei numeri. C'è stato un formidabile snellimento dei costi, una normalizzazione del profilo di rischio, un grado di copertura delle sofferenze che, da deficitario, è diventato addirittura significativamente più elevato della media del sistema. Insomma, oggi questa non è una banca caduta in basso; è una banca che certamente ha vissuto anni molto difficili, ma che si sta riprendendo, e bene.
  Con il senno di poi – è un'osservazione generica – si può dire indubbiamente che un'acquisizione come quella di Antonveneta nel 2008 sia stata pagata più del dovuto. Questo, però, possiamo dirlo oggi, non all'epoca, perché evidentemente non doveva sembrare così. C'erano fior fior di Pag. 14valutazioni congruenti circa quell'operazione.
  Non ero coinvolto, quindi non posso esprimere un giudizio. È anche vero, come ho detto poc'anzi, che la situazione economica è cambiata e ha inciso pesantemente su tutte le banche italiane, in particolare su Monte dei Paschi, perché la recessione è stata molto violenta in questo Paese.
  Quando il prodotto interno lordo di un Paese delle dimensioni dell'Italia diminuisce dell'8 per cento fra il 2008 e oggi, com'è accaduto, e la produzione industriale cala del 24 per cento nello stesso periodo, capita quello che prima ho rappresentato, ovvero una crescita esponenziale dei crediti deteriorati e delle sofferenze. Questo ha pesato in maniera davvero significativa sui nostri bilanci. In quattro anni e mezzo abbiamo accantonato 15 miliardi di euro, a fronte delle sofferenze già presenti e di quelle che sono emerse negli anni per effetto della crisi economica.
  Mi chiede se siamo sicuri di evitare gli errori del passato; ebbene, ci conto. In questo credo di essere confortato da ciò che dicevo prima. Sono presidente, non ho deleghe operative, quindi mi sento di dire con serenità che abbiamo un management di prim'ordine, molto compatto e molto motivato.
  Onorevole Pesco, ha detto che il tema delle sofferenze è cruciale. Condivido in pieno questa affermazione. Per noi è una priorità assoluta. Dobbiamo assolutamente operare per ridurre l'incidenza delle sofferenze sul nostro bilancio. Lo stiamo facendo perché ci rendiamo conto che è un passo essenziale per riportare una piena fisiologia in questa banca.
  A questo punto, direi che abbiamo aperto tutte le casseforti. Mi consenta di non rispondere perché non conosco, giorno per giorno, la cronistoria del 2012. Quella cassaforte è stata aperta quando è stata aperta, e si è trovato quel documento. Sono sicuro che da parte del nuovo management vi è l'assoluta buona fede in tal senso. Non mi sento davvero di aggiungere null'altro perché non conosco i contenuti.
  Lei ha menzionato un buco di 100 miliardi di euro. È vero che ci sia qualcosa che, in gergo giornalistico, si può definire un «buco». Il Monte dei Paschi ha perso dei soldi in questi anni. Questo però è un termine sbagliato, perché dà la sensazione di qualcosa che non vorrei avallare. Se fosse stato di 100 miliardi, non saremmo qui. È vero che ci sono stati aumenti di capitale, ma per un importo decisamente inferiore a quella cifra. Rimane il fatto che nel nostro bilancio – come ha ricordato correttamente – vi sono crediti deteriorati per 47 miliardi di euro.
  Vorrei fare una considerazione ulteriore. Innanzitutto, circa la metà dei crediti sono coperti, come del resto ha ricordato, quindi quello che conta è il valore netto, ovvero 24 miliardi circa. Se poi si guarda a quei 24 miliardi, la componente delle sofferenze, quella più patologica, è pari a 10 miliardi. Le sofferenze sono coperte per il 64 per cento, quindi la componente patologica è coperta per un importo molto significativo, largamente superiore alla media del sistema.
  Inoltre, vorrei far notare che quei 10 miliardi netti di sofferenze sono per la stragrande maggioranza – cioè per più dell'80 per cento – garantiti da beni reali o, in misura minore, da fideiussioni personali. Su questo potremmo discutere all'infinito, perché alcuni beni reali hanno valore significativo, altri meno. Può esserci un capannone che vale poco o un immobile residenziale che vale tanto, e così via.
  Tuttavia, la quantificazione delle sofferenze, che è certamente importante ed è, come ripeto, un'assoluta priorità, talvolta può apparire eclatante per le cifre lorde, ma se poi si guarda al netto e alle garanzie esistenti per supportare quei crediti, il problema, se non si esaurisce del tutto, sicuramente si ridimensiona.
  Non conosco le venti posizioni principali in questo momento. Lei ha citato Sorgenia, che non conosco nel dettaglio, ma mi permetto di fare una considerazione, rischiando magari di omettere qualche passaggio.
  Certamente Sorgenia ha rappresentato ed è tuttora una situazione problematica, anche per quello che è accaduto nel mercato dell'energia in Italia. È vero che il Pag. 15Monte dei Paschi ne è azionista. In passato ne era creditore oggi, invece, è anche azionista. Questo fenomeno, peraltro, non è così inusuale in una situazione di ristrutturazione aziendale. Talvolta, le banche sottoscrivono aumenti di capitale per assicurare la continuità aziendale, per cui diventano azioniste. Non è il nostro mestiere; non lo vorremmo fare, ma talvolta succede. Purtroppo, è accaduto a tante altre aziende di credito.
  Con riferimento alla vicenda dell'acquisizione di Antonveneta, in relazione al fatto, da lei ipotizzato, che sia stata pagata troppo, ho già detto quello che potevo dire. Indubbiamente, ai multipli di oggi non si sarebbe pagata quella cifra, ma ai multipli del 2008 forse sì. Con il senno di poi sarebbe stato meglio non fare quell'acquisto a quei prezzi, ma così è stato. Spero di aver risposto alle sue domande, onorevole Pesco.
  Onorevole Petrini, la ricerca di un partner continua, anche perché il nostro supervisore e il nostro regolatore ci sollecitano, evidenziando ormai da più di un anno a questa parte l'importanza del fatto che il Monte dei Paschi deve realizzare un'operazione di fusione e acquisizione, compiendo quindi un'aggregazione. Noi siamo diligenti in tal senso, anche perché crediamo che un'aggregazione possa essere nell'interesse della banca e possa produrre valore per gli azionisti e maggiore stabilità e prospettive per la banca.
  Il contesto – lo dico con grande sincerità, forse anche per la mia precedente esperienza professionale – non è favorevole. Se lei osserva il panorama europeo le operazioni di aggregazione sono molto rare, anzi totalmente assenti, soprattutto se di grandi dimensioni, per vari motivi. Innanzitutto il fatto che la regolamentazione, presente e invasiva, dissuade molte banche dall'accrescere le dimensioni, anzi le induce, in un certo senso, a ridurre le proprie dimensioni, per limitare l'incidenza della regolamentazione.
  Inoltre, il modello di banca tradizionale è qualcosa su cui tutti devono riflettere, perché rappresenta un'incognita. Non è detto che avere molte centinaia di filiali sul territorio sia il giusto modo di procedere per gli istituti di credito, per cui acquisizioni importanti di questo tipo non sono tra le priorità di molte grandi banche europee. Da ultimo – ed è questo il punto più importante – la situazione attuale dei mercati fa sì che qualsiasi consiglio di amministrazione oggi non abbia una particolare propensione all'investimento per linee esterne.
  Per rispondere in sintesi alla sua domanda, l'obiettivo per noi rimane, anche perché è un dovere nei confronti del nostro regolatore. Lo stiamo perseguendo seriamente. Le circostanze non sono particolarmente favorevoli sotto questo profilo. Insomma, il lavoro continua, ma ad oggi non ho nulla di nuovo da riferire in proposito.
  L'ultimo tema sollevato riguarda il recente provvedimento del Governo che prevede incentivi agli investimenti nelle piccole e medie imprese. Non so se ho compreso perfettamente la domanda. Anche per il mio passato di presidente di Borsa, devo dire che condivido in pieno lo spirito di quell'iniziativa. Infatti, è importante canalizzare il risparmio, non soltanto del retail, ma anche di soggetti più strutturati – penso ai fondi di previdenza e assicurazioni – verso le piccole e medie imprese.
  È ciò che dicevo prima circa la necessità che le piccole imprese abbiano un ventaglio più vasto di opportunità di finanziamento. Sotto il profilo tecnico, le modalità mi sembrano condivisibili. Del resto, sono assimilate a quanto è stato fatto negli ultimi anni anche in altri Paesi, come la Francia e la Gran Bretagna.
  In Italia c'è una carenza in questo senso, quindi è importante creare soggetti con professionalità specifiche capaci di canalizzare quegli investimenti, con i benefici fiscali che ne possono derivare in capo a chi li effettua, verso le piccole e medie imprese meritevoli, le quali possono gestirne il rischio sottostante.
  Nel nostro Paese ci sono poche società specializzate nell'investimento in piccole e medie imprese, sia quando queste sono quotate – perché sono pochi i fondi che hanno come target di investimento le piccole e medie imprese quotate – sia quando Pag. 16non lo sono, nella forma del venture capital, o del private equity.
  La presenza del venture capital è assolutamente scarsa; quella del private equity non lo è altrettanto, ma è certamente molto inferiore rispetto ad altri Paesi, peraltro molto diversi dal nostro, come la Francia, o ancora di più la Gran Bretagna.
  È utile, quindi, la formula dell'incentivo fiscale, e positive sono la finalità e lo spirito della norma. È importante che questo strumento aiuti a creare una classe di investitori specializzati e professionali in quell'ambito. Il Monte dei Paschi intende fornire, con serietà, il proprio contributo in quella direzione.

  MARCO BRAGADIN, responsabile direzione Retail e Rete della Banca del Monte dei Paschi di Siena. Vorrei integrare parte della risposta alla sua domanda relativamente a un ipotetico collocamento di questi prodotti tra la clientela. L'approccio che seguiamo consiste nel far valutare i fondi che intendiamo collocare presso la clientela, che a loro volta non sono investiti in obbligazioni di una sola impresa, ma diversificati in più imprese, attraverso un processo di valutazione del rischio-rendimento. Questa valutazione non viene effettuata dal settore commerciale, che io dirigo, bensì da coloro che si occupano della parte risk della banca, che è mia controparte.
  Dopodiché, normalmente, il fondo viene classificato con rischio elevato, quindi 4 o 5 nella nostra scala da 1 a 5 e, qualora decidessimo di collocarlo, verrebbe affiancato da ulteriori condizioni relative al collocamento presso la clientela. Se ne potrebbe parlare, cioè, solo con certe tipologie di clienti (ad esempio, nel caso che citavo, si trattava della clientela private), con un certo tipo di disponibilità e comunque non potrebbe mai rappresentare più di un «x» per cento del patrimonio investito (dove «x» è un numero piccolo, che potrebbe essere il 3 o il 5 per cento).
  Pertanto, anche qualora questi prodotti vengano messi in catalogo, essi sono sottoposti a un processo molto selettivo e la loro diffusione è comunque limitata a determinate tipologie di clienti, con patrimoni che possono beneficiare di questa diversificazione e per degli importi che non possono mai superare una certa percentuale.
  L'argomento di oggi è il rapporto con la clientela, riguardo anche al bail-in, che è stato più volte nominato: tale rapporto risulta fortemente minato. Mi riferisco al rapporto tra banche e clientela, nel quale c'è un'asimmetria culturale fortissima. Abbiamo avuto numerosi casi di clienti con depositi di poche migliaia di euro che sono andati a prelevare contanti.
  La soglia di 100.000 euro di protezione prevista dalla legge è un contenuto educativo e formativo che non è stato assolutamente recepito. Il bail-in ha in sé un contenuto normativo corretto, per la finalità di non far ricadere sulle finanze dello Stato le crisi bancarie, ma la sua applicazione sulla popolazione ha trovato un substrato molto poco ricettivo. Lo scorso gennaio non era certo il momento per fare education perché la materia era abbastanza calda.
  L'introduzione di certi tipi di norme necessita, infatti, idealmente, di una capacità di metabolizzazione importante da parte del risparmiatore finale, il quale, altrimenti, reagisce come ritiene opportuno, ma spesso non fa la cosa giusta.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Tononi e il dottor Bragadin.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal dottor Massimo Tononi (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.20.

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