XVII Legislatura

Commissioni Riunite (V Camera e 5a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Martedì 14 luglio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boccia Francesco , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROSPETTIVE DI RIFORMA DEGLI STRUMENTI E DELLE PROCEDURE DI BILANCIO

Audizione del presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro.
Boccia Francesco , Presidente ... 3 
Pisauro Giuseppe , presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 3 
Boccia Francesco , Presidente ... 9 
Comaroli Silvana Andreina  ... 9 
Galli Giampaolo (PD)  ... 10 
Palese Rocco (FI-PdL)  ... 10 
Guerrieri Paleotti Paolo  ... 12 
Marchi Maino (PD)  ... 13 
Sangalli Gian Carlo , Presidente ... 14 
Pisauro Giuseppe , presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 14 
Sangalli Gian Carlo , Presidente ... 15 

Audizione di rappresentanti dell'ISTAT:
Sangalli Gian Carlo , Presidente ... 15 
Oneto Gian Paolo , direttore centrale della contabilità nazionale dell'ISTAT ... 16 
Sangalli Gian Carlo , Presidente ... 20 
Galli Giampaolo (PD)  ... 20 
Oneto Gian Paolo , direttore centrale della contabilità nazionale dell'ISTAT ... 21 
Sangalli Gian Carlo , Presidente ... 21 

Audizione del Ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco:
Sangalli Gian Carlo , Presidente ... 21 
Franco Daniele , Ragioniere generale dello Stato ... 21 
Mazzotta Biagio , ispettore generale capo IGB ... 26 
Boccia Francesco , Presidente ... 32 
Palese Rocco (FI-PdL)  ... 32 
Guerrieri Paleotti Paolo  ... 33 
Boccia Francesco , Presidente ... 35 
Franco Daniele , Ragioniere generale dello Stato ... 35 
Mazzotta Biagio , ispettore generale capo IGB ... 36 
Bilardo Salvatore , ispettore generale capo IGEPA ... 38 
Palese Rocco (FI-PdL)  ... 38 
Boccia Francesco , Presidente ... 38 
Palese Rocco (FI-PdL)  ... 38 
Boccia Francesco , Presidente ... 38 
Palese Rocco (FI-PdL)  ... 39 
Boccia Francesco , Presidente ... 39 

ALLEGATI:

Allegato 1: Documentazione depositata dall'Ufficio parlamentare di bilancio ... 41 

Allegato 2: Documentazione depositata dall'ISTAT ... 79 

Allegato 3: Documentazione depositata dalla Ragioneria generale dello Stato ... 99

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI FRANCESCO BOCCIA

  La seduta comincia alle 10.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio, del presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro, accompagnato dai due consiglieri che compongono l'Ufficio, Chiara Goretti e Alberto Zanardi.
  Do la parola al presidente Pisauro per lo svolgimento della sua relazione.

  GIUSEPPE PISAURO, presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Grazie, presidente. Io toccherò una serie di temi, non tutti quelli indicati nel documento che introduce l'indagine conoscitiva, ma quelli che ci sembrano più inerenti alle nostre competenze e al nostro ruolo. Il primo tema che mi sembra fondamentale dal punto di vista dell'Ufficio parlamentare di bilancio concerne il calendario della sessione di bilancio.
  La principale criticità riscontrabile nella situazione attuale, come è del tutto evidente, riguarda la coincidenza di date tra l'approvazione in Consiglio dei ministri del disegno di legge di stabilità e la trasmissione alla Commissione europea del Documento programmatico di bilancio (Draft budgetary plan), entrambe fissate al 15 ottobre.
  È una coincidenza per certi versi casuale, in quanto determinata dal Two pack, che ha fissato quella data per la trasmissione del Draft budgetary plan, quando la normativa italiana già prevedeva la stessa data per la presentazione del disegno di legge di stabilità.
  I problemi che questo crea sono ovvii e diventano tanto più rilevanti se si pone mente al fatto che la data del 15 ottobre per quanto riguarda la presentazione del disegno di legge di stabilità funziona come data per l'approvazione da parte del Consiglio dei ministri, ma spesso accade che la trasmissione al Parlamento avvenga qualche giorno dopo. Lo scorso anno, se ricordo bene, avvenne circa una settimana dopo. Ciò toglie credibilità al citato Documento programmatico di bilancio che viene inviato alla Commissione europea lo stesso giorno.
  Vi è poi una seconda criticità, che forse è meno apparente ma può essere altrettanto importante, che riguarda la data di trasmissione da parte dell'ISTAT della seconda notifica sull'indebitamento netto e sul debito delle amministrazioni pubbliche. Ricordo che la prima notifica ha luogo nel mese di marzo, mentre la seconda notifica viene prodotta dall'ISTAT il Pag. 430 settembre, che è l'ultimo giorno utile previsto dal protocollo europeo.
  Quali conseguenze può avere questo ? Un'eventuale revisione – che in realtà è quasi una certezza – dei dati sul consuntivo dell'anno prima si riverbera sulle previsioni per gli anni futuri e, quindi, porta a un'incertezza rispetto al quadro che è stato presentato e che è stato approntato nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanze (DEF) dieci giorni prima, ossia il 20 settembre. Questi sono i due punti più importanti.
  In questo quadro – però è davvero un elemento accessorio – si inserisce il ruolo dell'Ufficio parlamentare di bilancio. I problemi, come ho già avuto modo di dire in precedenti occasioni, prescindono tuttavia dalla presenza dell'Ufficio parlamentare di bilancio, nel senso che i problemi ci sarebbero anche se non fosse previsto un ruolo da parte di quest'ultimo organismo.
  Quali sono le soluzioni possibili ? Noi abbiamo individuato tre possibili opzioni sulle quali si può riflettere. Le tre opzioni presentano elementi comuni, che sono sostanzialmente due.
  Il primo è l'anticipo della presentazione al Parlamento del disegno di legge di stabilità almeno al 5 ottobre rispetto al 15 ottobre attuale. Ciò consentirebbe di separare il momento della presentazione del disegno di stabilità da quello della trasmissione del Draft budgetary plan in Europa e, quindi, di costruire un Draft budgetary plan più solido.
  Il secondo elemento – su cui, però, bisognerà sentire l'ISTAT – consiste nell'esplorare la possibilità che l'ISTAT possa anticipare il rilascio della seconda notifica dall'attuale 30 settembre al 15-20 settembre, in maniera che la Nota di aggiornamento possa basarsi sui dati della seconda notifica. Questi sono i due elementi comuni alle tre opzioni.
  La prima opzione è forse quella più ambiziosa: prendere alla lettera quello che c’è scritto nella legge di contabilità n. 196 del 2009, che richiamo. Nella legge di contabilità si dice che il DEF deve contenere «l'articolazione della manovra necessaria per il conseguimento degli obiettivi [...] nonché un'indicazione di massima delle misure attraverso le quali si prevede di raggiungere i predetti obiettivi».
  Sostanzialmente all'interno del DEF e, a maggior ragione, nella Nota di aggiornamento del DEF, ci dovrebbe essere non il completo dettaglio della manovra, ma un'articolazione quantitativa degli interventi che si intendono attuare con la manovra stessa. La legge di contabilità, peraltro, stabiliva questo anche nelle sue versioni precedenti.
  Se venisse seguita questa strada, quale sarebbe il quadro ? Il Parlamento naturalmente avrebbe la possibilità di ragionare su un quadro programmatico, sia macroeconomico sia della Pubblica amministrazione, a ragion veduta. Conoscerebbe l'articolazione degli interventi che si intendono attuare e potrebbe giudicare il passaggio dal quadro tendenziale macroeconomico al quadro programmatico macroeconomico.
  L'aspetto che dovrebbe essere evidente è che ragionare su un quadro tendenziale e su un quadro programmatico macroeconomico senza conoscere cosa è incorporato nel passaggio dal primo al secondo rappresenta un esercizio ardito.
  Il primo problema è del Parlamento, che si trova a valutare un quadro programmatico senza sapere su cosa effettivamente esso è basato.
  Naturalmente questo faciliterebbe anche il lavoro di chi deve validare quel quadro macroeconomico programmatico. Ricordo che la validazione da parte dell'Ufficio parlamentare di bilancio attualmente, nell'unica esperienza che sinora abbiamo vissuto, che è quella dello scorso anno, avviene in due momenti.
  Il primo momento è costituito da una validazione del quadro tendenziale-macroeconomico che precede la pubblicazione di quel quadro, pubblicato poi nella Nota di aggiornamento.
  Il secondo momento è costituito invece da una validazione del quadro programmatico, che segue la pubblicazione del Pag. 5quadro, ma precede il momento in cui il contenuto della manovra diventa noto. Pertanto, questa validazione è basata su una serie di supposizioni che dalla lettura della Nota di aggiornamento si possono fare, ma che sono comunque avvolte nell'incertezza e nella vaghezza.
  Questo è un aspetto forse secondario, che però toglie credibilità a tutto l'esercizio non tanto all'interno, quanto all'esterno. Infatti, i documenti sono noti anche all'esterno, ad esempio in sede di Commissione europea. Noi ci presentiamo dunque con esercizi di validazione che potrebbero apparire poco credibili, perché non basati su un quadro informativo sufficiente a condurli.
  La prima opzione consiste dunque in un'articolazione della manovra a grandi linee, però con elementi quantitativi precisi e non solo con elementi qualitativi, già nella Nota di aggiornamento del DEF.
  Questo naturalmente richiede che la decisione sull'articolazione, sia pure a grandi linee, della manovra preceda il momento dell'approvazione del disegno di legge di stabilità.
  Nel documento che vi è stato distribuito sono presenti delle schede relative ad altri Paesi. Questo, peraltro, sembra coerente con quello che avviene in altri Paesi, in cui l'articolazione è ben nota prima dell'approvazione da parte del Governo e della presentazione al Parlamento, che definisce i dettagli.
  Si può immaginare che questa soluzione sia poco realistica, visto il quadro in cui le decisioni vengono prese tradizionalmente nel nostro sistema. Peraltro, queste indicazioni di legge, come dicevo, risalgono alla legge n. 468 del 1978 e non sono state mai realizzate.
  Allora, si può ragionare in subordine su altre possibili opzioni, che non costituiscono la strada maestra, bensì dei tentativi di aggiustamento rispetto a un quadro che sarebbe meglio superare.
  Una prima proposta alternativa è la seguente: continuare a presentare la Nota di aggiornamento del DEF il 20 settembre, ma in questa Nota limitarsi al quadro macroeconomico tendenziale e a saldi programmatici di finanza pubblica posti come obiettivo.
  Il quadro macroeconomico programmatico verrebbe presentato contestualmente al disegno di legge di stabilità, che come dicevo – questo è un elemento comune a tutte le opzioni – verrebbe anticipato grossomodo al 5 ottobre.
  In questo modo, quale sarebbe il quadro ? Viene pubblicato un quadro tendenziale validato. Il Governo si impegna a costruire nei giorni successivi una manovra che comporti il raggiungimento di determinati obiettivi in termini di saldi di finanza pubblica. Questi diventerebbero sia un vincolo per la costruzione del disegno di legge di stabilità sia un vincolo che dovrebbe essere assunto dal Parlamento con le risoluzioni, come avviene oggi.
  Successivamente, avrebbe luogo la presentazione del disegno di legge di stabilità con il quadro macroeconomico programmatico, costruito su una base visibile e solida, perché la manovra a quel punto è nota.
  Dal punto di vista dell'Ufficio parlamentare di bilancio, ci sarebbe il tempo tra il momento della presentazione del disegno di legge di stabilità e del quadro macroeconomico programmatico e il momento della presentazione in Europa del Draft budgetary plan per la validazione del quadro macroeconomico programmatico.
  Naturalmente la discussione in Parlamento della legge di stabilità dovrebbe avvenire dopo la presentazione del quadro macroeconomico programmatico. Anche il Parlamento avrebbe il tempo, tra la presentazione della legge di stabilità e la trasmissione del Documento programmatico di bilancio in Europa, di svolgere il suo compito.
  C’è poi una terza possibilità: unificare la Nota di aggiornamento e il disegno di legge di stabilità. La ratio di separare la Nota di aggiornamento e la presentazione del quadro programmatico dal disegno di legge di stabilità nasce dall'esigenza di vincolare la costruzione del disegno di Pag. 6legge di stabilità, perché nella Nota di aggiornamento si fissano i saldi obiettivo.
  Tutto sommato, si potrebbe dire che in realtà i saldi sono già fissati in aprile nel DEF. Eventualmente possono essere rivisti, ma i margini non sono così ampi. Può ben esserci all'interno del Governo un momento in cui questi saldi sono fissati. Ovviamente non entriamo nel merito del modo in cui questo dovrebbe avvenire. Questo potrebbe costituire una regola interna al Governo per vincolare la costruzione del disegno di legge di stabilità.
  La presentazione in contemporanea dei due citati documenti consentirebbe di superare buona parte dei problemi che abbiamo evocato, perché verrebbero presentati insieme ai primi di ottobre. Il quadro tendenziale sarebbe stato già validato e ci sarebbe il tempo per validare il quadro programmatico, ma soprattutto quadro programmatico e saldi di finanza pubblica programmatici sarebbero chiaramente coerenti.
  Queste ci sembrano le tre possibilità. Sicuramente l'assetto attuale non è soddisfacente e, come dicevo, è anche poco credibile, sia all'interno sia all'esterno, a prescindere – insisto – dalla presenza e dall'esistenza di un Ufficio parlamentare di bilancio, o Fiscal Council che dir si voglia.
  Altri temi che vorrei toccare, sia pure molto rapidamente, riguardano il processo di formazione del bilancio, la struttura del bilancio e la questione del superamento della natura formale del bilancio.
  Una letteratura economica molto vasta, esperienze internazionali ormai consolidate e anche il modo in cui viene raccontata l'esperienza italiana convergono verso un processo di formazione del bilancio top-down, ovvero un processo in cui prima si decidono i totali e poi le scelte allocative all'interno degli stessi. Detto in estrema sintesi, è questo.
  Quello che avviene e quello che notiamo dal confronto dell'esperienza italiana con questo modello teorico è una certa discrasia. Il processo di bilancio in Italia in realtà ha caratteristiche top-down molto deboli, che si ritrovano in una centralizzazione scarsa nella fase di formazione, cui fa riscontro un eccesso di centralizzazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze nella fase dell'esecuzione.
  Perché queste due caratteristiche sono in contraddizione con un processo top-down ? Nel caso della prima, ciò è evidente. Non c’è una grande centralizzazione nella fase della formazione. La seconda ragione è che un processo top-down richiede che ogni programma di spesa abbia il suo proprietario. I ministeri sono proprietari dei propri programmi di spesa e, quindi, gestiscono loro la flessibilità nella fase di esecuzione.
  Se guardate la struttura del bilancio, è difficile sostenere che in Italia si realizzi il modello in cui ogni programma ha un suo proprietario, essenzialmente per due questioni.
  La prima attiene al ruolo del bilancio del Ministero dell'economia e delle finanze. Nella figura a pagina 21 c’è un gruppo di ministeri principali con le missioni del bilancio. Come vedete, il Ministero dell'economia e delle finanze ha nel suo bilancio elementi di quasi tutte le missioni, che dal punto di vista della struttura del bilancio sono in realtà competenza di altri ministeri.
  La stessa cosa avviene, seppure in misura minore, per quanto riguarda il ruolo della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei ministri senza portafoglio, che sono collegati a quest'ultima. Ricordo che oggi nel bilancio dello Stato quello che il Parlamento vota è un unico capitolo, che è lo stanziamento per la Presidenza del Consiglio dei ministri, collocato all'interno del bilancio del Ministero dell'economia e delle finanze.
  Tuttavia, quel capitolo, oltre a quello che è ovvio che debba finanziare, ossia il funzionamento degli uffici del Presidente del Consiglio, finanzia in modo indistinto anche una serie di attività, concernenti il Dipartimento dell'editoria, la protezione civile, gli affari regionali, le politiche comunitarie, lo sport, il turismo e la funzione Pag. 7pubblica, come si può constatare quando viene pubblicato il bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Anche questo evidentemente è in contraddizione con l'idea di un bilancio ordinato per missioni e programmi, perché c’è un'unica voce.
  Sarebbe cruciale, affinché la struttura per programmi sia di un qualche significato, avvicinare quest'ultima a quella delle competenze politico-amministrative, da un lato svuotando il bilancio del Ministero dell'economia e delle finanze e, dall'altro, disarticolando le competenze oggi attribuite alla Presidenza del Consiglio.
  Un altro tema importante è la flessibilità del bilancio sia nella fase della formazione sia nella fase dell'esecuzione. Oggi l'argomento «flessibilità» è condensato nella nozione di spese rimodulabili e spese non rimodulabili, che conoscete benissimo.
  Qual è l'immagine che abbiamo se guardiamo alla classificazione del bilancio in spese rimodulabili e spese non rimodulabili ? Questo tema è illustrato nella tabella n. 1. In sintesi, il dato importante è che il 93 per cento della spesa è non rimodulabile. Naturalmente questo dà l'immagine di un bilancio estremamente rigido, in cui c’è pochissimo margine di manovra.
  Che cosa sono le spese rimodulabili e quelle non rimodulabili ? La legge di contabilità pubblica n. 196 del 2009 fa riferimento alla tripartizione tradizionale della Ragioneria generale dello Stato delle spese in oneri inderogabili, fattori legislativi e adeguamento del fabbisogno.
  La legge ci dice cosa sono gli oneri inderogabili: sono spese vincolate a particolari meccanismi o parametri che regolano la loro evoluzione, determinati sia da leggi sia da altri atti normativi.
  Qualcuno direbbe, senza sapere bene di cosa si tratta, che lì dentro ci sono tutte quelle spese che sono completamente al di fuori dal controllo dell'amministrazione, come le spese per interessi, oppure le spese per il sostegno del reddito dei disoccupati, che sono guidate dalla domanda dei beneficiari. Queste chiaramente non costituiscono il 93 per cento della spesa. In realtà, in quelle spese sono incluse anche tutte le spese che hanno un fondamento di natura contrattuale, da quelle per il personale a quelle per gli affitti.
  Questo schema può essere utile nella fase della gestione, perché ci dice che la spesa per il personale non può essere cambiata a piacimento in corso d'anno, in quanto si è vincolati dalle leggi. Lo stesso vale per i contratti che sono stati conclusi per l'affitto di immobili. Si tratta di obbligazioni.
  Tuttavia, in sede di formazione questo approccio ha poco senso. Infatti, in sede di formazione la spesa per il personale è rimodulabile, ad esempio attraverso la gestione del turnover o la mobilità, così come lo è la spesa per gli affitti, attraverso ad esempio un piano per la razionalizzazione dell'utilizzo degli spazi. Dove tale spesa deve essere rimodulabile, se non in sede di formazione ?
  Le esperienze straniere sono abbastanza indicative. L'esempio che riportiamo nel documento è quello inglese. In Inghilterra la spesa totale è distinta in due grandi categorie, che grossomodo rappresentano ciascuna metà della spesa.
  La prima sono i limiti di spesa per i ministeri (Departmental expenditure limits), ovvero tutte le spese che hanno a che fare con la fornitura di servizi posti sotto la responsabilità dei ministeri/dipartimenti, ad esempio scuole e ospedali – il National Health Service è un dipartimento, che è oggetto di uno specifico limite – e con i costi correnti delle loro attività, incluso il personale. Questo è un limite di spesa massimo per i ministeri ed è deciso in sede di spending review.
  L'altra metà è quella che gli inglesi indicano come Annually managed expenditure, cioè la spesa che viene controllata annualmente, che riguarda invece voci come gli interessi, le pensioni, il welfare e così via.
  Applicare uno schema del genere all'Italia significherebbe cambiare completamente il modo in cui il processo di bilancio viene realizzato, che ad oggi è un processo del tutto privo di caratteristiche Pag. 8top-down. La fase di formazione, fino all'autunno, è tutta interna agli apparati amministrativi.
  Il circuito è il seguente: circolare del Ministero dell'economia e delle finanze, proposta dei ministeri sulla base dei loro obiettivi e della legislazione vigente, valutazione di congruità e coerenza del Ministero dell'economia e delle finanze. Arrivano le proposte, che vengono guardate e messe insieme. Se non sono coerenti rispetto al quadro complessivo, vengono aggiustate.
  In un processo top-down, si partirebbe con una decisione politica sui totali e poi i ministeri farebbero proposte coerenti con quella decisione politica, che siano anche innovative rispetto ai loro margini di manovra, come quelli sul funzionamento e via dicendo.
  In sintesi, la proposta è distinguere chiaramente la nozione di rimodulabilità/modulabilità tra la fase di formazione e quella di gestione. Nella fase di formazione l'area della rimodulabilità è molto più ampia di quello che è attualmente nella nostra legge di contabilità. La rimodulazione di quelle spese che citavo poc'anzi può ben andare nelle proposte che le amministrazioni fanno e può essere il frutto della stessa attività di revisione della spesa.
  L'ultima questione è quella del superamento della natura formale del bilancio, ovvero l'abolizione del vecchio terzo comma dell'articolo 81 della Costituzione.
  Come sapete, quell'abolizione è stata poi regolata dalla legge n. 243 del 2012, che prevede che il bilancio venga articolato in due sezioni: la prima indica le innovazioni e, quindi, è corrispondente all'attuale legge di stabilità; la seconda propone gli stanziamenti a legislazione vigente.
  A prima vista, non sembrerebbe cambiare molto rispetto alla situazione attuale. Quelli che prima erano due distinti disegni di legge diventerebbero un unico disegno di legge articolato in due sezioni separate.
  Il problema è chiedersi se questo assetto possa in qualche modo cambiare. La questione cruciale è il ruolo che svolge l'unità di voto parlamentare. Attualmente, come tutti sappiamo, l'unità di voto è il programma, ma è un'unità di voto per certi versi apparente, perché sotto il programma agiscono gli effetti a legislazione vigente di singole leggi di spesa.
  Trovate un esempio nell'appendice n. 2 del documento. A pagina 30 c’è la scheda che riguarda il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il programma relativo ai sistemi stradali, autostradali e intermodali. Dato un totale, c’è un elenco di un paio di pagine di singole leggi che fissano particolari interventi.
  Il problema, in estrema sintesi, è il seguente: che cosa deve avere più forza, il voto sul programma ovvero le statuizioni delle singole leggi di spesa ? Se ha più forza il voto sul programma, significa che poi ci sono margini di gestione all'interno di quel programma da parte dell'Esecutivo.
  Com’è la situazione attuale, in cui il bilancio è ancora legge formale ? La situazione attuale è abbastanza confusa, perché in linea di principio prevale quello che viene stabilito nelle singole leggi di spesa, ma in pratica l'autorizzazione di spesa proveniente da una singola legge può essere modificata attraverso rimodulazioni operate nel bilancio a legislazione vigente.
  Infatti, nella legge di contabilità c’è scritto che le singole amministrazioni nelle loro proposte possono proporre di rimodulare singole leggi di spesa – ovvero i fattori legislativi – che vanno nel bilancio a legislazione vigente. Si tratta quindi di una deroga a quel principio generale.
  Peraltro, le autorizzazioni di spesa possono essere cambiate con finanziamenti o definanziamenti nelle tabelle della legge di stabilità oppure con interventi direttamente nell'articolato della legge di stabilità.
  Una prima cosa che sarebbe consentita col nuovo assetto è riportare questo quadro di possibili cambiamenti all'interno della sezione bilancio. Questo sarebbe già un progresso, perché renderebbe perlomeno più chiaro dove avvengono i cambiamenti.Pag. 9
  La seconda questione, che è cruciale, è quella che dicevo poc'anzi: che cosa è prevalente tra il voto sul programma e il voto sulla singola legge ? Si può anche assumere un atteggiamento conservativo, purché questo porti a un'attività di revisione.
  Visto il nuovo assetto che avrà il bilancio, è necessaria un'attività che porti a rivedere tutto il quadro delle leggi all'interno di un singolo programma, ossia un'attività di riscrittura, ripulitura e rivisitazione delle leggi – si parla, infatti, di 23.000 leggi sottostanti al bilancio – per cercare di riportare a razionalità e a unità il quadro del bilancio per programmi.
  Un'ultima questione, a cui faccio solo cenno, riguarda la copertura finanziaria della legge di stabilità. Conosciamo tutti la storia. Attualmente è prevista, in estrema sintesi, la copertura degli oneri correnti, vale a dire la possibilità di utilizzare miglioramenti del risparmio pubblico nella legislazione vigente per finanziare nuove spese correnti. In altre parole, è prevista la possibilità per il Governo di fissare un saldo in cui le spese in conto capitale non sono coperte.
  Questo, però, era il quadro delle norme nel 1988, preesistente al sistema delle regole europee. Perché era stato introdotto questo vincolo ? La legge precedente, la n. 468 del 1978, non aveva questo vincolo, e ciò aveva creato problemi alla tenuta della finanza pubblica. Prima della legge n. 362 del 1988 la costruzione era tale che il saldo posto come obiettivo dal Governo in qualche modo si auto-copriva, quindi quest'ultimo poteva fissare il saldo che voleva. Dal 1988 in poi, invece, quel saldo è vincolato alla copertura degli oneri correnti.
  Oggi tutta questa costruzione ha ancora senso ? In quel quadro non c'era nessun vincolo a livello del saldo. Oggi abbiamo il vincolo del 3 per cento, il vincolo del percorso verso l'obiettivo di medio termine e così via. Onestamente, non si capisce bene che senso abbia continuare a richiedere l'applicazione di questo particolare vincolo, che è assorbito da quelli europei.
  Nel documento trovate altri materiali sul contenuto informativo del disegno di legge di bilancio e su un ultimo tema sul quale c’è del lavoro da fare, che non è incluso in quelli che ci avete indicato nel vostro documento. Mi riferisco al meccanismo di compensazione degli effetti del ciclo per gli enti territoriali.
  Poiché solo il bilancio dello Stato può indebitarsi, tenuto conto degli effetti del ciclo, mentre per gli enti territoriali c’è l'obbligo del pareggio, nella legge n. 243 del 2012 è previsto che in fasi di ciclo negativo ci siano trasferimenti che in qualche modo compensino gli effetti del ciclo per gli enti territoriali e, viceversa, in fasi di ciclo favorevole, in cui il bilancio nominale dovrebbe essere in avanzo, ci sia un trasferimento di segno opposto.
  Su questo aspetto c’è da fare una serie di riflessioni, che svolgiamo nella relazione. Alcune conseguenze non sono così ovvie, ma andrebbero esplorate. Io mi fermerei qui.
  Vi ringrazio per la pazienza.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, presidente Pisauro, per l'esaustiva e completa relazione.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SILVANA ANDREINA COMAROLI. Ringrazio il presidente Pisauro della sua relazione, che è stata molto esauriente.
  Vorrei chiederle una precisazione ulteriore. Leggendo questa sua relazione, che sembra scritta molto bene e che spero di poter approfondire, credo di capire che si evidenziano ancora delle criticità rispetto a come è stato impostato il nuovo modello di bilancio. Se ho capito bene – ma chiedo a lei una conferma – sono state espresse criticità, che condivido, soprattutto perché questo modello di bilancio ripercorre un po’ quello che esiste già.
  I fattori che noi abbiamo sperimentato, e che forse bisognerebbe superare, sono due. Il primo è la trasparenza. Al di là dei tecnici, io sfido qualunque cittadino a comprendere il bilancio dello Stato. Anche Pag. 10all'interno degli stessi ministeri spesso c’è questo problema.
  Le evidenzio un problema che ho riscontrato. Una volta fatta tutta la determinazione di un capitolo di spesa, con tutta la cronistoria che stabiliva l'ammontare di quel capitolo, sono andata al ministero competente, dicendo che a me risultava una determinata cifra. Al ministero risultava invece un'altra cifra. Io ho semplicemente detto: «Benissimo. Mi dite allora quali sono i riferimenti normativi che hanno stabilito l'entità di questo capitolo ?».
  Purtroppo non hanno saputo dirmi con precisione come mai era stato determinato quell'importo, rispondendomi: «Quello è. Quello è stabilito». Riporto questa esperienza per evidenziare un problema di trasparenza.
  Sulla base di questo, mi conferma che lei proporrebbe il sistema di bilancio inglese ? Ho capito bene ?

  GIAMPAOLO GALLI. Ringrazio anch'io il presidente Pisauro. Credo che ci siano molte questioni sulle quali ragionare, anche in dettaglio, a cominciare dal tema della tempistica.
  Io vorrei soffermarmi su due punti. Uno riguarda l'approccio top-down nella formazione del bilancio. Io non so se sia vero che adesso il bilancio è bottom-up. Credo che sia più che altro una situazione interattiva, a partire da saldi di bilancio complessivi che vengono definiti nel Documento di economia e finanza parecchi mesi prima, salvo aggiornamenti del DEF stesso, comunque precedenti alla legge di stabilità e ai quali quest'ultima si attiene.
  Ricordo che Luigi Spaventa, che come ben sappiamo è una delle persone che hanno contribuito nel corso dei decenni a costruire questo sistema, riteneva che il fatto che l'Italia fissasse gli obiettivi di bilancio molto prima della legge di bilancio, con la risoluzione parlamentare sul documento di programmazione o come a quel tempo era denominato, fosse uno dei fattori di forza, seppure in un quadro non brillante del sistema italiano.
  È sicuramente una questione cruciale. È chiaro che in ogni azienda si decide prima quante risorse si hanno e poi le si allocano; non si può fare il contrario. Se dovessimo scoprire che questa interazione che c’è va più nel senso bottom-up che nel senso top-down dal punto di vista degli obiettivi, se non per aggregati, quantomeno per macro-capitoli, chiaramente cambiare questa situazione potrebbe essere di un qualche rilievo. Su tale aspetto le chiedo pertanto un chiarimento.
  In secondo luogo, mi ha veramente intrigato l'appendice n. 2 sulle missioni in relazione alle leggi di spesa.
  Onestamente, non ho capito bene cosa votiamo come Parlamento. Se il Parlamento vota l'ammontare di risorse destinate al programma 1.2 «Sistemi stradali, autostradali ed intermodali», non ho capito se questo voto è definitivo. Sicuramente non lo è, perché all'interno di quel programma ci sono, ad esempio, le annualità da assegnare alla regione Veneto per una determinata strada.
  Credo che quella sia una legge che si può coprire anche in corso d'anno. Tuttavia, se la si copre con qualcosa che sta al di fuori di questo programma, si modifica l'ammontare di risorse dedicato al programma stesso.
  Peraltro, ricordo che su tale aspetto venne svolta una approfondita riflessione ai tempi del Ministro Padoa-Schioppa, allorquando si sperava che questo potesse essere un importante cambiamento. Mi chiedo se effettivamente il cambiamento ci sia, o non sia più che altro un'apparenza, ossia delle scatole dentro alle quali continuano a rimanere le vecchie cose.

  ROCCO PALESE. Anch'io sottolineo il grande contributo da parte dell'Ufficio parlamentare di bilancio. In sintesi, esso ci dà infatti una serie di informazioni utili a formarsi un'idea.
  Praticamente, tra il bilancio dello Stato e i bilanci di finanza pubblica delle regioni, di ciò che è rimasto delle province e dei comuni, noi abbiamo dei bilanci che di fatto imbrogliano tutti.Pag. 11
  Ha ragione la collega Comaroli che mi ha preceduto sul tema della trasparenza. È impossibile al giorno d'oggi immaginare che all'interno del bilancio sia ricompresa l'attuazione dovuta al collegamento a 23.000 leggi di spesa solo per quanto concerne lo Stato, a cui si aggiungono le regioni ed i comuni. Questo è un quadro veramente preoccupante e complesso, da cui emerge che siamo veramente molto distanti dall'obiettivo.
  Al di là di queste considerazioni, su cui è inutile ritornare, non mi sembra che sia stato affrontato l'altro aspetto, che dà la benzina al disordine contabile, portando a capire ancora meno. Mi riferisco al problema delle entrate.
  C’è una situazione estremamente analitica e puntuale delle missioni, delle spese, dei capitoli, però il punto di partenza sono le entrate. Forse da dieci anni inizialmente basiamo la costruzione del bilancio su una stima di crescita, che è x, che poi puntualmente non si avvera.
  L'idea che ho io è che succede veramente di tutto in riferimento alle note di aggiornamento e di aggiustamento al ribasso della stima iniziale.
  Da questo punto di vista, come si fa a mettere un freno rispetto a questa situazione, visto che in Parlamento noi abbiamo spesso e volentieri delle visioni opposte ?
  Penso, per esempio, alla proposta del relatore sulla pubblica amministrazione. Di punto in bianco, aveva presentato un emendamento con cui si smontava quel poco di baluardo che c’è ancora in riferimento al controllo della spesa pubblica da parte della Ragioneria generale dello Stato e si intendeva trasferire quella competenza alla Presidenza del Consiglio dei ministri, senza peraltro precisarne bene le funzioni. Per fortuna, quell'emendamento è stato poi ritirato.
  Ciò deriva da due fattori. Il primo, che ho ricordato anche ieri al relatore durante la discussione generale, è l'incoscienza. Non sono coscienti e non hanno informazioni tali da capire quanto è pericoloso questo aspetto, in particolar modo nel contesto in cui ci troviamo.
  Infatti, l'unica interfaccia di credibilità che abbiamo rispetto ai mercati, all'Unione europea e al Fondo monetario internazionale è rappresentata dalla Ragioneria generale dello Stato. Se noi smontiamo pure quella o gli creiamo qualche problema, che viene letto anche in maniera distorta rispetto all'obiettivo, sicuramente non andremo da nessuna parte e peggioreremo la situazione.
  L'altro fattore è che c’è un problema reale. Dal momento in cui siamo entrati nella moneta unica e nella zona dell'euro, le strutture della Ragioneria generale dello Stato e del Ministero dell'economia e delle finanze nonché gli assessorati regionali risultano di fatto sovraordinate a tutto e, quindi, anche ai presidenti di regione e al Presidente del Consiglio.
  Questo è un nodo di natura politica. Esiste questo problema, anche rispetto alla costruzione del programma o delle missioni di spesa, in riferimento all'impostazione su una scelta x o y, che comunque produce spesa, da parte del Presidente del Consiglio o da parte di un presidente di regione. Questo è un problema che comunque, prima o poi, bisogna affrontare.
  È difficile riuscire ad avere queste strutture che siano sovraordinate a tutto. Dal punto di vista tecnico, non c’è dubbio che sia così: guai a smontarle, anzi vanno rafforzate a tutti i livelli, a livello delle regioni e soprattutto a livello del Governo.
  Tuttavia, ritengo che nel nostro Paese occorra risolvere questo problema. Indipendentemente dal colore politico del Governo e da chi ricopre la carica di Presidente del Consiglio, c’è questa diatriba continua soprattutto rispetto alla definizione dei ruoli.
  Per il resto, speriamo che si riesca veramente a compiere ulteriori passi, perché secondo me siamo estremamente lontani dall'obiettivo a cui dovremmo tendere.
  Non so se l'impostazione inglese sia quella realmente più confacente al nostro Paese e alla sua finanza pubblica, però sicuramente molte cose vanno riviste, a partire dalla legge di stabilità.
  Con la legge di stabilità per tre mesi apriamo un mercato senza precedenti all'interno Pag. 12del Parlamento. Possiamo continuare così ? Che senso ha prevedere tutto, se qui accade di tutto e di più, sia da parte dei ministeri e dei ministri, cioè del Governo, sia chiaramente da parte del Parlamento ?

  PAOLO GUERRIERI PALEOTTI. Vorrei ringraziare anch'io per la relazione e soprattutto per il documento, che stavo visionando e che mi sembra di grandissima utilità.
  Vorrei porre due domande. Per quanto riguarda le criticità, mi sembra scontato – l'avevamo già verificato – che l'assetto attuale è quello meno conveniente da molti punti di vista. Nella sua presentazione e in questo documento, voi avete tracciato tre possibili opzioni.
  Io ritengo che il ruolo dell'Ufficio parlamentare di bilancio sia destinato a crescere quanto a rilevanza e, quindi, quanto a partecipazione alla formazione del bilancio e delle leggi di spesa.
  La mia considerazione è giustificata anche dal fatto che nel disegno della futura governance dell'area dell'euro si sta pensando a rafforzare – si può essere o meno d'accordo – queste authority nazionali in grado di gestire, in modo complementare alla Commissione europea, certe funzioni di monitoraggio e di validazione.
  Ritengo pertanto importante che l'Ufficio parlamentare di bilancio possa svolgere al meglio il suo compito fondamentale di validazione e di legittimazione.
  Rispetto alle sopra richiamate opzioni, è scontato il fatto che bisogna prevedere una separazione tra la definizione di un quadro programmatico e l'insieme delle misure. Tra le tre opzioni, qual è quella che, come Ufficio parlamentare di bilancio, voi considerereste più utile e conveniente ?
  La possibilità che dal vostro ruolo possa emergere un contributo effettivo in sede di Unione europea per quanto riguarda le procedure del nostro Paese dipende anche dalla possibilità di svolgere al meglio il ruolo stesso.
  Al di là di questa scontata separazione – ciò che avviene oggi è assolutamente incoerente e ciò che invece andrebbe fatto si può vedere in questa serie di opzioni – vorrei sapere quale potrebbe essere secondo voi l'assetto.
  In secondo luogo, per quanto riguarda il processo di formazione e la struttura del bilancio, è evidente che anche in questo caso abbiamo una palese incongruenza tra decentramento e accentramento, che può essere funzionale per alcune cose, ma non lo è, secondo me, per la gestione di una politica economica di un Paese che si prefigga obiettivi che non siano quelli del singolo periodo di bilancio e possa guardare a misure che abbiano un orizzonte temporale più ampio.
  Da questo punto di vista, un tema molto importante è pensare ad una riconfigurazione del processo di formazione, della struttura di bilancio e di quello che ormai è diventato, molto più a parole che nei fatti, il ruolo della spending review.
  Giustamente voi mettete in luce che, per quanto riguarda, ad esempio, l'assetto di bilancio dell'Inghilterra, la spending review non è, come è diventata da noi, una decisione sull'emergenza, ma fa parte del modo con cui ogni anno si decide e si riconfigura l'allocazione delle risorse pubbliche.
  Io credo che noi dobbiamo muoverci in quella direzione, se vogliamo che la spending review diventi uno strumento di gestione delle risorse pubbliche, inteso sia come risparmi sia come efficienza di allocazione. Infatti, la spending review ha questa doppia valenza.
  Da questo punto di vista, le chiedo come si potrebbe agire, rispetto alle proposte che vengono avanzate e all'esperienza di altri Paesi, in funzione di questo tema. Così com’è oggi, la spending review è ingestibile, nel senso che, come sappiamo, alla fine si sostanzia in un po’ di risorse che vengono messe a disposizione, mentre dovrebbe diventare a tutti gli effetti parte di questo.
  Dando per scontato che questo significa ridefinire per missioni, occorre la capacità di valutare il risultato di tutte queste cose. Questo è fondamentale ai fini dell'intervento.Pag. 13
  Mi chiedo allora verso quale modello ci si potrebbe muovere rispetto all'inefficienza di quello attuale. Naturalmente il modello anglosassone rappresenta da questo punto di vista qualcosa di molto avanzato, soprattutto sul piano della sua gestione e gestibilità, però si presenta anche come un salto. Vorrei capire se è individuabile un modello che sia più alla nostra portata, in considerazione appunto del punto di partenza da cui ci muoviamo. Anche su questo vorrei sapere se vi siete già formati un giudizio da questo punto di vista e se avete pensato a una direzione lungo la quale muoversi.

  MAINO MARCHI. Ringrazio anch'io per gli spunti e le valutazioni che ci sono stati posti, perché credo che ci aiuteranno certamente nel processo che abbiamo di fronte.
  Il primo aspetto concerne il calendario. Prendo in esame soprattutto la prima e la terza proposta. Mi pare che nella prima il Parlamento potrebbe incidere maggiormente per orientare gli elementi fondamentali su cui costruire la legge di stabilità. Ci potrebbe quindi essere per il Governo il tempo per adeguarla, già nel momento della presentazione, a quella che sarà la risoluzione parlamentare.
  Nel terzo punto, avendo tutto insieme, diventa quasi un prendere o lasciare, nel senso che un voto sulla Nota di aggiornamento è quasi anche un voto sulla legge di stabilità. In questo caso mi sembra che i margini di manovra successivi siano un po’ più limitati, nel momento in cui il Parlamento esprime un parere favorevole sulla Nota di aggiornamento, che però, essendo accompagnata dalla legge di stabilità, evidenzia già puntualmente tutte le misure.
  Credo che si debba cioè valutare, oltre alla realizzabilità di ogni proposta, quale possa essere quella che maggiormente può determinare una dialettica tra Parlamento e Governo.
  Una seconda questione riguarda la spending review. Quando si è cominciato a discuterne diverso tempo fa, con l'allora Ministro Padoa-Schioppa del Governo Prodi, si diceva che ciò doveva servire soprattutto per concentrare l'attenzione del Parlamento non più solo sulle modifiche contenute nella legge finanziaria, poi divenuta legge di stabilità, ma anche e maggiormente sulla spesa, sulla quale invece l'attenzione del Parlamento, sia in sede di rendiconto sia in sede di approvazione del bilancio, è molto limitata. Il dibattito si svolge tutto sulla legge di stabilità, anche le stesse votazioni. Basta vedere gli emendamenti che sono presentati.
  Fin qui comunque la struttura che noi abbiamo di predisposizione della legge di stabilità e della legge di bilancio è tale per cui anche le questioni relative alla spending review che vengono proposte dal Governo sostanzialmente confluiscono tutte nella legge di stabilità.
  Quale può essere la modalità che ci permetta di agganciare maggiormente il tema della spending review alla questione dell'assetto di bilancio e della manovra di bilancio, ovvero a quella parte della spesa, che è il grosso, sulla quale l'attenzione parlamentare fin qui è sempre stata più labile ?
  La terza questione, che voi avete introdotto e che credo che sia giusto affrontare, è quella relativa alle amministrazioni locali. In effetti, questi anni di crisi sono stati anche anni di tagli alle amministrazioni locali. Diventa quasi impossibile proporre o attuare quella norma che abbiamo previsto, in base alla quale, se c’è una situazione più favorevole, avviene il contrario, perché aggiungeremmo a tagli già fatti dei tagli ulteriori. Credo che la condizione reale sia abbastanza difficile per rendere praticabile quanto abbiamo previsto.
  A questo aggiungo un'altra questione. Si è detto in vari momenti che l'obiettivo è il superamento del Patto di stabilità interno, attraverso un limite all'indebitamento e il pareggio di bilancio. Per come dovrebbe avvenire il pareggio di bilancio, così come è previsto dalla legge n. 243 del 2012, c’è chi dice che è quasi peggio del Patto di stabilità raggiungere quei quattro saldi nella situazione attuale.Pag. 14
  Credo che su questo aspetto dovremmo fare un approfondimento. Visto che avete introdotto, giustamente, l'argomento dell'impatto sulle amministrazioni locali, credo che anche questo aspetto sia un elemento da approfondire, per capire meglio in che condizioni ci troviamo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA 5a COMMISSIONE DEL SENATO DELLA REPUBBLICA GIAN CARLO SANGALLI

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Pisauro per la replica.

  GIUSEPPE PISAURO, presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Andando in ordine, comincio dalla questione della trasparenza, che è stata evocata in più interventi.
  È vero che è estremamente difficile orientarsi. Noi abbiamo avanzato le proposte e vogliamo dare un piccolo contributo, che dovrebbe essere pronto la prossima settimana. Sul nostro sito troverete l'infografica, programma per programma, con il contenuto, gli oneri inderogabili, i vari aspetti, i capitoli e così via. Dalla prossima settimana sul nostro sito dovrebbe essere rappresentato tutto il bilancio dello Stato, speriamo nel modo più comprensibile possibile.
  Naturalmente sarebbe utile anche un'interazione su questo, per sapere quanto le informazioni che daremo a partire dalla prossima settimana sono utili, quali integrazioni sarebbero opportune e così via. Questo è ciò che posso dire su questo aspetto.
  C’è poi il tema del sistema inglese, che io ho riportato come esempio e che si lega a quello che diceva l'onorevole Giampaolo Galli sul top-down. È vero che c’è un top-down, nel senso che il saldo viene fissato a monte, ma questo è solo un pezzo del top-down.
  Questo chiaramente ha impedito danni maggiori di quelli che ci sono stati, a partire dalla fine degli anni Ottanta. Se voi mettete a confronto il saldo entrato in Parlamento e il saldo uscito dal Parlamento, vedrete che fino alla legge n. 362 del 1988 esistevano notevoli differenze, mentre da questa legge in poi, cioè da quando nel 1988 si è deciso di fissare a monte il saldo, non ci sono più differenze. Il saldo del bilancio entrato in Parlamento è il saldo del bilancio uscito dal Parlamento.
  Questo, però, non esaurisce il ragionamento sul top-down. Che cosa manca ? Manca la responsabilizzazione di tutti i centri di spesa. Il top-down non è solo il saldo. Il top-down prevede che all'inizio di tutto ci sia una decisione non sul saldo, ma sull'ammontare complessivo della spesa pubblica, che sia coerente con quel saldo, tenuto conto della previsione delle entrate, e che ci sia una ripartizione di questo ammontare complessivo tra i vari pezzi dell'amministrazione. A quel punto, ciascuno ragiona all'interno del suo pezzo e fa proposte di formazione coerenti col suo budget.
  Oggi, invece, il processo parte dal top-down sul saldo. Questa è la decisione politica, che non ha nessun collegamento col processo di formazione a livello degli apparati amministrativi. Nel frattempo, parte la circolare della Ragioneria rivolta ai ministeri. Per i ministeri, se non c’è un quadro complessivo di ripartizione, è poco chiaro cosa significhi rispettare il saldo. Ciascuno fa le sue proposte. Queste poi vengono raccolte, e il Ministero dell'economia e delle finanze compie un'operazione di risistemazione.
  Questa è la ricetta per i tagli lineari, per i debiti fuori bilancio e per tutte queste cose, perché deresponsabilizza completamente le singole amministrazioni. Un processo top-down significa invece un'operazione un po’ più complessa.
  Tornando al modello inglese, occorre ricordare che in quel Paese la spending review viene praticata dagli anni Sessanta, sebbene con un altro nome, ovvero Public expenditure survey committee (PESC). È una pratica nata nel 1961-1962. Stiamo parlando di un altro mondo.
  Lo schema che noi abbiamo raccontato in questa sede è semplicemente quello che stavo dicendo un attimo fa: ci sono spese Pag. 15che sono in qualche modo guidate dalla domanda (welfare, interessi) e, quindi, sono fuori dal controllo dell'amministrazione. Queste le mettiamo da parte, perché non sono rimodulabili. In sede di formazione, devo dare dei budget ai programmi. Diamoli al livello dei ministeri, che devono fare ciascuno la propria spending review al proprio interno. È un ragionamento verso il quale si può andare.
  Sempre l'onorevole Giampaolo Galli si chiedeva se i programmi di spesa hanno rappresentato un vero cambiamento. Lo è stato fino a un certo punto.
  Come notava nella scheda che abbiamo fornito come esempio, è chiaro che c’è una tensione tra un quadro in cui la micro-decisione sulla singola destinazione vince sulla decisione relativa al totale e quello in cui la decisione sul totale, invece, fa decadere tutte le decisioni particolari. Bisogna trovare un punto di equilibrio tra questi due quadri.
  È ancora più importante che questa rappresentazione per programmi abbia un significato per chi la vede. Come segnalavo in precedenza, all'interno del bilancio trovo che il 50 per cento della spesa è allocato sul bilancio del Ministero dell'economia e delle finanze al netto degli interessi. Non credo che negli altri Paesi con i quali vogliamo confrontarci il bilancio Tesoro copra il 50 per cento della spesa esclusi gli interessi.
  Anche questa è una conseguenza di quello che dicevo poc'anzi: poiché non c’è una responsabilizzazione sufficiente delle singole amministrazioni, occorre che qualcuno si faccia carico di garantire gli equilibri nella fase di gestione. Bisogna stare attenti affinché le cose non sfuggano di mano. Forse si può gradualmente tentare un approccio diverso.
  Sulla questione concernente le amministrazioni locali forse troveremo un altro momento per discuterne. L'ultima domanda era sulle opzioni del calendario; mi pare di aver risposto. Sul ruolo della Ragioneria generale dello Stato sono chiaramente d'accordo con quanto espresso dall'onorevole Palese.
  Con riferimento alle differenti opzioni relative al calendario, il senatore Guerrieri Paleotti chiedeva quale preferiremmo. Se guardiamo all'esperienza internazionale, come ho accennato, la prima soluzione è quella più ovvia, però l'abbiamo scritta sulle carte da 40 anni e non viene ancora realizzata, perché per qualche motivo nel nostro Paese un pacchetto di correzione del bilancio si riesce a decidere solo la notte prima della scadenza. Questo è il quadro.
  Fatta questa notazione, delle varie ipotesi forse la terza è la più pulita. Viene presentato insieme tutto il pacchetto, sia la manovra sia gli effetti della stessa sul quadro macro e così via.
  Immagino che nella decisione parlamentare si distinguerebbero sempre le due fasi. In una prima fase si guarda la Nota di aggiornamento. Il fatto di aver condiviso il quadro macro, gli obiettivi di finanza pubblica e così via non significa che si condivida tutto il dettaglio del disegno di legge di stabilità. Io immagino che sia così, ma su questo siete sicuramente voi i più idonei a esprimere una valutazione. Mi sembrerebbe che i due momenti rimarrebbero comunque separati. Credo di aver risposto a tutti. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Pisauro e i suoi collaboratori, anche per la documentazione che ci hanno messo a disposizione, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 1), e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti dell'ISTAT.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio, l'audizione di rappresentanti dell'ISTAT.
  Do la parola al dottor Gian Paolo Oneto, direttore centrale della contabilità nazionale dell'ISTAT, per lo svolgimento della sua relazione.

Pag. 16

  GIAN PAOLO ONETO, direttore centrale della contabilità nazionale dell'ISTAT. Grazie e buongiorno a tutti. Vi leggerò una breve relazione, che riguarda il tema dell'audizione. Entriamo nel merito di aspetti molto specifici e limitati fra quelli che voi avete segnalato. Spero che questo vi possa interessare.
  I temi proposti all'attenzione e all'analisi dei partecipanti all'indagine conoscitiva sulle prospettive di riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio coinvolgono in maniera molto specifica l'ISTAT, il cui compito istituzionale è essenzialmente quello di fornire informazioni di elevata qualità sulle variabili rilevanti per la misurazione della performance economica del Paese e, in particolare, per la definizione ex post dei risultati relativi alla finanza pubblica.
  Come è noto, questi ultimi si sostanziano in primo luogo nelle grandezze definite all'interno del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche. Tale conto rappresenta in forma sintetica l'insieme delle transazioni economiche effettuate nell'anno di riferimento dal complesso delle amministrazioni pubbliche. Esso è lo strumento che determina il principale parametro di valutazione della posizione di bilancio di un Paese: il saldo o indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche.
  Il conto viene definito sulla base di regole di contabilizzazione dei flussi di entrata e di uscita molto stringenti e rigorose, codificate a partire dai princìpi fissati dal Sistema europeo dei conti nazionali (SEC), il quale ha forza di legge europea. In particolare, con il Regolamento UE n. 549 del 2013 è stato introdotto il SEC 2010, che costituisce l'attuale riferimento per i dati di finanza pubblica.
  Gli stessi princìpi ispirano i metodi di contabilizzazione del debito pubblico, di cui è responsabile la Banca d'Italia.
  Il ruolo centrale che svolge l'ISTAT nel processo di definizione della politica di bilancio è quello di produrre e fornire i dati di consuntivo, che fanno da riferimento per la politica economica italiana ed europea.
  In particolare, l'ISTAT è il soggetto individuato dai regolamenti europei per il coordinamento della trasmissione dei dati su cui si fonda la valutazione delle politiche di bilancio, all'interno di quella che si definisce «procedura dei deficit eccessivi», o EDP, dall'acronimo inglese comunemente utilizzato per indicarla. Nel resto del testo usiamo questo acronimo, perché è quello più diffuso nei documenti, anche a livello europeo.
  Ne deriva che il calendario di rilascio definito a livello nazionale dall'ISTAT e quello di trasmissione a Eurostat dei dati EDP sono elementi che devono essere considerati con grande attenzione nella definizione delle tempistiche della politica di bilancio del nostro Paese.
  Se le scadenze europee sono stabilite per via regolamentare, quelle nazionali possono essere definite con qualche grado di libertà, che però ha un vincolo ineludibile nella disponibilità delle informazioni di base, provenienti dalle autorità preposte al monitoraggio dei flussi di finanza pubblica, naturalmente in primo luogo il Ministero dell'economia e delle finanze.
  Qualsiasi ridefinizione dei calendari deve, dunque, tenere conto della necessità dell'ISTAT di disporre di queste informazioni di base, ma anche dei tempi necessari alla verifica approfondita della loro qualità e della robustezza delle stime che da esse derivano.
  A partire dalle considerazioni ora svolte, nel testo si presenta una discussione sui tempi di definizione della politica di bilancio in sede europea lungo il cosiddetto Semestre europeo, su come essa si accordi con il calendario di trasmissione alle autorità europee e di validazione delle stesse dei dati EDP, nonché su alcune specificità del calendario di diffusione dei dati di finanza pubblica da parte dell'ISTAT.
  In particolare, verrà affrontata la questione relativa alla possibilità di anticipare i termini della presentazione della Nota di aggiornamento del DEF e della manovra di finanza pubblica in riferimento al punto 6) del programma dell'indagine conoscitiva.Pag. 17
  L'obiettivo è esaminare la coerenza con le tempistiche definite per i passi della politica di bilancio italiana e le possibilità di superamento parziale o totale di alcune delle attuali difficoltà, principalmente dovute alla disponibilità di informazioni e ai tempi di verifica necessari all'ISTAT per la produzione dei conti. Non si entrerà, invece, nel merito di tutti gli altri aspetti e temi affrontati nell'indagine conoscitiva sulle prospettive di riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio, in quanto essi esulano dai compiti istituzionali dell'ISTAT, che non è coinvolto nei meccanismi di definizione delle politiche di bilancio né nelle procedure di definizione ex ante del bilancio pubblico, indipendentemente da considerazioni o meno di scenari a legislazione invariata o programmatica.
  Vediamo brevemente il contesto delle politiche di bilancio europee. Le procedure di definizione e di monitoraggio delle politiche economiche europee e, in particolare, quelle relative al bilancio pubblico sono state sottoposte, nella fase immediatamente successiva alla crisi dei debiti sovrani dell'inizio del decennio, a una profonda riforma. Questa ha preso la forma di un insieme di regole codificate attraverso due gruppi di regolamenti dell'Unione europea chiamati, rispettivamente, Six pack e Two pack, dal numero di provvedimenti contenuti in ciascun gruppo, e in un trattato, il Treaty on stability, coordination and governance, comunemente definito Fiscal Compact, atto con cui i Paesi firmatari hanno accettato nel marzo 2012 il principio generale del pareggio di bilancio.
  È importante notare che quest'insieme integrato di provvedimenti considera, accanto alle procedure di definizione del ciclo di programmazione della politica fiscale e, più in generale, della politica economica, i meccanismi volti a rafforzare il controllo sulla qualità dei dati di finanza pubblica e, in particolare, gli aggregati EDP, attraverso i quali si opera il meccanismo di sorveglianza sul rispetto delle regole di bilancio.
  La piena rispondenza dei dati di finanza pubblica misurati dalle autorità statistiche nazionali alle regole di contabilizzazione fissate dal regolamento SEC e rese operative da un apposito manuale pubblicato da Eurostat, il cosiddetto manuale MGDD (Manual on government deficit and debt), costituisce uno dei pilastri su cui si fonda l'applicazione omogenea a tutti i Paesi del protocollo EDP e dei princìpi fissati nel Trattato del 2012. Le relative procedure sono state definite con ancora maggiori dettagli nel Regolamento europeo n. 473 del 2013, intitolato «Disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione di documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro».
  La nuova procedura di disegno delle politiche economiche europee fissa scadenze precise finalizzate ad assicurare un meccanismo di coordinamento dei calendari di definizione delle politiche nazionali all'interno di quello che viene definito il Semestre europeo. Questo stabilisce un ciclo annuale di adempimenti da parte della Commissione e dei Paesi, scanditi dalla presentazione di specifici documenti di programmazione. Per i Paesi appartenenti all'area dell'euro vi sono, evidentemente, obblighi specifici e maggiormente vincolanti che riflettono la sorveglianza rafforzata sulle politiche di bilancio esistente all'interno dell'Unione monetaria europea.
  Il ciclo inizia a novembre con la presentazione da parte della Commissione dei documenti programmatici europei e del parere sui programmi di bilancio sottoposti nel precedente mese di ottobre, da ciascun Paese dell'area euro. Dopo l'adozione, entro la fine dell'anno, delle leggi di bilancio nazionali, vi è un periodo di analisi da parte della Commissione e di dialogo con i Paesi, che prepara la presentazione in aprile – preferibilmente entro il 15 di tale mese, ma in realtà i regolamenti parlano di un periodo compreso tra il 15 e il 30 – dei programmi nazionali di riforma e dei programmi di stabilità e di convergenza. Questi ultimi definiscono la politica di bilancio di medio periodo.Pag. 18
  Dopo una fase di discussione, i programmi sono adottati in luglio dal Consiglio dei ministri dell'economia. Immediatamente dopo, i Governi nazionali devono avviare il nuovo ciclo di programmazione annuale al fine di sottoporre entro il 15 ottobre la nuova proposta di bilancio con i relativi obiettivi programmatici per l'anno immediatamente successivo.
  È bene notare che il calendario definito dal Semestre europeo presenta già di per sé una sorta di incoerenza temporale rispetto alle scadenze fissate dal regolamento relativo alla trasmissione alle autorità europee degli aggregati EDP. Questi devono essere notificati due volte l'anno, entro il 31 marzo ed entro il 30 settembre, dando luogo alla certificazione dei relativi risultati nella seconda metà di aprile e nella seconda metà di ottobre, ovvero subito dopo le scadenze fissate, rispettivamente, per i programmi nazionali di medio termine e per quelli di aggiornamento annuale. Proprio per questa mancata coerenza, negli anni recenti sono state discusse proposte di modifica delle date di trasmissione fissate dai regolamenti, ma non è stato per ora raggiunto un consenso tra Commissione e Paesi membri.
  Vediamo adesso i tempi del ciclo di bilancio e i tempi dell'elaborazione dei conti da parte dell'ISTAT. A livello nazionale, tempi e contenuti del nuovo ciclo della programmazione degli obiettivi di finanza pubblica erano stati definiti dalla legge n. 196 del 2009, precedente al Regolamento europeo n. 473 del 2013 sopra richiamato, che ha introdotto un calendario e regole di bilancio comuni per tutti gli Stati membri dell'Unione europea, ai fini di un migliore coordinamento delle politiche economiche. Nell'esperienza degli ultimi due anni si sono sovrapposte, dunque, nuove regole interne ed europee, che rendono utile ripensare la scansione temporale dell'intero ciclo di bilancio.
  Su questo tema l'ISTAT, che pure, come già sottolineato, non partecipa al processo di programmazione degli obiettivi di finanza pubblica, interviene con un duplice ruolo: in primo luogo, come soggetto istituzionale che, in quanto parte del Sistema statistico europeo, ha il compito di elaborare e trasmettere i parametri di finanza pubblica alla Commissione, ovvero all'Eurostat, e di garantirne la qualità e l'affidabilità; in secondo luogo, come soggetto istituzionale in ambito nazionale che assicura la corretta ed esaustiva informazione statistica in materia economica alle altre istituzioni del Paese e ai cittadini.
  A partire da questi due ruoli, entrambi irrinunciabili, l'ISTAT ha avviato al suo interno una riflessione sul calendario di pubblicazione dei dati relativi ai conti nazionali, considerando eventuali aggiustamenti finalizzati al miglioramento della coerenza tra diverse esigenze emerse nel corso degli ultimi due anni. Da un lato, l'ISTAT ha bisogno di informazioni complete e affidabili per le proprie elaborazioni e di tempi sufficienti a garantire a sua volta la correttezza delle stime dei parametri di finanza pubblica trasmessi a Eurostat. Dall'altro lato, tale esigenza dovrebbe trovare coerenza con i tempi richiesti dalle istituzioni che partecipano alla programmazione di bilancio (Governo, Parlamento, Ufficio parlamentare di bilancio).
  Per chiarire la complessità del problema, può essere utile richiamare brevemente il processo di elaborazione, pubblicazione e trasmissione da parte dell'ISTAT dei dati sul deficit e sul PIL per l'Italia. L'ISTAT rende pubblici a livello nazionale i risultati dei conti economici delle amministrazioni pubbliche e del PIL per l'anno t-1 il 1o marzo dell'anno t. Tale data è in anticipo rispetto a quella contenuta nei regolamenti europei, che indicano il 31 marzo di ogni anno per la presentazione dei risultati dell'anno precedente.
  Se, da un lato, ciò consente di mettere a disposizione con largo anticipo l'insieme di informazioni sugli andamenti di finanza pubblica e del sistema economico, indispensabile per l'elaborazione del quadro di programmazione da presentare nel DEF il successivo 10 aprile, dall'altro si devono considerare con attenzione le implicazioni di tale scelta. Le elaborazioni del conto consuntivo delle amministrazioni pubbliche Pag. 19condotte nel mese di febbraio per la diffusione del 1o marzo si basano su un articolato set di informazioni relative ai bilanci dei diversi gruppi di amministrazioni, che hanno tempi, caratteristiche e modalità di aggiornamento diversi. La tempestività fa premio inevitabilmente sulla qualità dell'informazione che l'ISTAT riceve e ciò richiede di accettare un elevato grado di provvisorietà dei dati elaborati per l'anno più recente, cioè per i dati pubblicati il 1o marzo per l'anno immediatamente precedente.
  Nel mese di marzo vengono prodotte tutte le informazioni di dettaglio del conto e impostati i raccordi tra il deficit, il fabbisogno del settore pubblico e la variazione del debito pubblico, necessari alla compilazione delle cosiddette tavole di riconciliazione della notifica, cioè dello specifico set di informazioni che compongono la trasmissione dei dati alle autorità europee, effettuata entro la scadenza del 31 marzo. Le tavole della notifica sono alla base delle approfondite verifiche operate da parte di Eurostat sulla correttezza dei conti pubblici di ciascun Paese membro.
  In questo processo di controllo delle componenti del conto e della coerenza dei raccordi, non è infrequente l'esigenza di riconsiderare alcuni aggregati. Ciò deriva dalla necessità di incorporare nuovi elementi: informazioni che si sono rese disponibili ex novo nel corso del mese di marzo e che, in base ai regolamenti comunitari, devono essere obbligatoriamente inserite nel conto; revisione di componenti su cui l'informazione è stata meglio precisata e verificata dopo la chiusura dei conti del 1o marzo; ridefinizione dei rapporti finanziari tra diversi sotto-settori, in particolare tra amministrazioni centrali e amministrazioni locali, che incideranno sui saldi di questi ultimi.
  Quest'insieme di operazioni può portare a modifiche, limitate ma tutt'altro che irrilevanti, delle voci del conto tra la versione provvisoria diffusa a livello nazionale il 1o marzo e quella sottoposta a Eurostat in occasione della notifica, cioè il 31 marzo. Subito dopo la trasmissione dei conti a Eurostat il 31 marzo, si apre il cosiddetto clarification round, durante il quale Eurostat, attraverso un continuo scambio di informazioni con i singoli Paesi, verifica la correttezza e l'affidabilità dei conti. Il processo si conclude il 22 aprile con la pubblicazione da parte di Eurostat dei livelli di deficit e di debito di tutti i Paesi aderenti all'Unione europea e la dichiarazione di eventuali riserve sui dati dei singoli Paesi. Lo stesso giorno l'ISTAT pubblica le tavole di riconciliazione con le altre grandezze di finanza pubblica prima indicate e segnala le eventuali revisioni del deficit rispetto ai dati pubblicati il 1o marzo.
  Per quel che riguarda, quindi, il calendario dei conti nelle versioni di marzo-aprile e la coerenza con il processo di definizione del bilancio, qualche problema può essere generato dalla necessità di gestire, all'interno della definizione del quadro per il triennio successivo, cioè all'interno della definizione del DEF, l'eventuale revisione dei conti tra l'inizio e la fine di marzo. Per altro verso, può essere considerato non ottimale che l'avvio del ciclo di programmazione con la presentazione del DEF alle Camere sia fissato in un momento in cui il processo di validazione dei dati italiani non è concluso, in particolare da parte di Eurostat.
  Peraltro, come già notato, le scadenze poste dal Semestre europeo per la presentazione del quadro di medio termine sono successive a quelle fissate per il DEF e relativamente elastiche, con una finestra fissata tra il 15 e il 30 aprile, lasciando aperta la possibilità di un qualche aggiustamento delle date nazionali.
  Per la seconda occasione annuale di trasmissione dei dati a Eurostat, la data fissata dal regolamento è il 30 settembre, mentre il processo di clarification si conclude il 22 ottobre, data nella quale avviene la pubblicazione dei dati certificati da parte di Eurostat.
  Negli scorsi anni l'ISTAT aveva fissato la diffusione nazionale dei conti della pubblica amministrazione immediatamente dopo la scadenza di fine settembre. Un'eccezione è stata introdotta nel 2014, in occasione della revisione complessiva, Pag. 20connessa al passaggio al SEC2010: la pubblicazione è stata anticipata al massimo, nello specifico al 22 settembre, per permettere di considerare nei documenti programmatici il quadro definito dai nuovi conti, sensibilmente modificato rispetto a quello, basato sul SEC95, diffuso nel marzo-aprile 2014.
  Considerando nel dettaglio l'attuale calendario di acquisizione delle fonti per l'aggiornamento dei conti di settembre, risulta che l'ISTAT non è in grado di anticipare le elaborazioni e la diffusione della seconda versione del deficit e del PIL se non di pochi giorni rispetto alla scadenza europea del 30 settembre, fissata a tale data sia per le informazioni EDP sia per la trasmissione dei dati relativi all'insieme dei conti nazionali. Ciò impedisce che l'aggiornamento delle previsioni del DEF, fissato dalla normativa italiana per il 20 settembre, possa essere basato sulla nuova versione del quadro di contabilità.
  Inoltre, anche in questo caso, la presentazione il 15 ottobre alla Commissione europea del Documento programmatico di bilancio interviene quando il processo di validazione dei dati italiani, così come quello degli altri Paesi, non è ancora concluso, quindi tale problema è comune a tutti i Paesi europei.
  L'ipotesi su cui l'ISTAT sta lavorando è di rendere permanente l'anticipo della diffusione dei dati di deficit e di PIL di circa una settimana rispetto alla scadenza europea del 30 settembre, e rispetto al 2 ottobre indicato dal calendario ufficiale dell'Istituto. Ciò costituisce attualmente il massimo aggiustamento possibile del calendario, ottenuto operando una significativa compressione dei tempi interni di compilazione dei conti. Ogni altra ipotesi dovrebbe basarsi su una revisione complessiva dei tempi di fornitura dei dati all'ISTAT da parte delle istituzioni coinvolte, con un coordinamento molto rigoroso della fase, precedente la pausa estiva, di definizione delle informazioni consolidate relative all'ultimo anno di stima, l'anno t-1 nella convenzione introdotta in precedenza.
  In definitiva, tutte le considerazioni sin qui svolte riguardo al calendario di definizione e pubblicazione della versione di settembre dei conti indicano che essi non possono essere disponibili prima della scadenza ufficiale del 20 settembre, attualmente fissata per la presentazione della Nota di aggiornamento del DEF. Tenendo poi conto dei tempi tecnici di definizione del quadro macroeconomico di riferimento, si deve concludere che tale Nota si baserebbe a tale data sulla versione dei risultati relativi all'anno t-1 certificato da Eurostat in aprile.
  Un eventuale anticipo significativo della data di presentazione della medesima Nota non potrebbe che rendere ancora più parziale il set di informazioni incorporato nell'aggiornamento. In particolare, è da notare che i dati macroeconomici relativi al secondo trimestre (PIL, componenti della domanda e dell'offerta) sono pubblicati a circa 60 giorni dalla fine del semestre di riferimento, solitamente il 1o settembre, e un nuovo quadro macroeconomico che non incorporasse tali informazioni avrebbe guadagni informativi molto limitati rispetto a quello definito in aprile. In calce al documento distribuito trovate una tabella che sintetizza tutte le date, che sono tante, che ho richiamato nel corso della esposizione, inclusiva della ipotesi relativa ad un'eventuale anticipazione, che al momento per noi si potrebbe collocare tra il 23 e il 25 settembre.

  PRESIDENTE. Ringrazio il direttore Oneto.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIAMPAOLO GALLI. Relativamente a quest'ultima questione dell'eventuale anticipazione della diffusione dei conti nazionali tra il 23 e il 25 settembre, i tempi sono molto stretti considerate le altre cose che si debbono fare con riferimento ai documenti di bilancio. Mi chiedo dunque se non ci sia la possibilità di anticipare ulteriormente. In fondo, qui stiamo parlando, se ho capito bene, della revisione Pag. 21dei dati annuali, quindi adesso relativamente al 2014, sulla cui base si modifica il quadro del 2015 e, eventualmente, quello degli anni successivi.
  Di questo abbiamo discusso anche prima con l'Ufficio parlamentare di bilancio. Mi sfugge che cosa succeda tra luglio-agosto e fino al 23 settembre, tale da modificare la nostra conoscenza del 2014.

  GIAN PAOLO ONETO, direttore centrale della contabilità nazionale dell'ISTAT. Per quel che riguarda i dati trimestrali, noi comunque li pubblichiamo il 1o settembre, tra l'altro da poco. Prima li pubblicavamo il 10 settembre. Dallo scorso dicembre li abbiamo anticipati di dieci giorni. Su quello c’è un guadagno.
  Che cosa succede a giugno, cosa sta succedendo adesso ? La nostra stella polare per la revisione dei conti è il 30 settembre, quando si dà la seconda versione del conto delle amministrazioni pubbliche e, in generale, dei conti nazionali nell'anno. Ce n’è una prima versione a marzo e una seconda a settembre. Si incorporano nuove informazioni giunte nel frattempo. In particolare, per i conti di finanza pubblica Eurostat si aspetta un aggiornamento delle informazioni sottostanti ai conti.
  Nello specifico, quest'aggiornamento in Italia riguarda il conto dello Stato, attraverso un processo in base al quale a seguito della parifica il Ministero dell'economia e delle finanze rielabora il conto dello Stato. Questo è il processo che accade esattamente a giugno-luglio. Nei nostri calendari interni, fondamentalmente cerchiamo di chiudere l'ultimo anno, il 2014. Per l'inizio di settembre occorre dunque avere una prima chiusura, per poi consentire ulteriori verifiche. Le informazioni debbono quindi arrivarci adesso. Riusciamo a fare l'ipotesi di anticipare di una settimana rispetto al 30 settembre solo se abbiamo tutte le informazioni adesso, a metà luglio, che è già un po’ tardi, perché poi queste informazioni debbono essere accuratamente verificate, controllate per la loro coerenza, per poi giungere a metà settembre alla loro definizione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il direttore Oneto e i suoi collaboratori, anche per la documentazione che ci hanno messo a disposizione, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 2).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del Ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio, l'audizione del Ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco.
%  Sono presenti Pierpaolo Italia, ispettore generale capo di IGECOFIP, Biagio Mazzotta, ispettore generale capo di IGB, Salvatore Bilardo, ispettore generale capo di IGEPA, Marco Camilletti, direttore IGB, e Aline Pennisi, dirigente IGB.
  Do la parola al Ragioniere generale, Daniele Franco.

  DANIELE FRANCO, Ragioniere generale dello Stato. Grazie, presidente. Questo ciclo di audizioni è molto importante nel processo di completamento della riforma del bilancio. I temi da affrontare e i problemi da risolvere sono numerosi, e quindi la collaborazione di tutte le istituzioni è particolarmente importante.
  Riformare il bilancio è un po’ come cambiare il motore di un'auto che si sta muovendo in continuazione. Direi che, se il presidente è d'accordo, potremmo dividere la presentazione in due parti. Prima parlerò io, poi parlerà il dottor Mazzotta, che presso il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato segue tali questioni da molti anni e da vicino. Abbiamo presentato un testo scritto molto lungo, quindi ve lo illustreremo senza alcuna pretesa di dire tutto ciò che in esso è presente.Pag. 22
  Negli ultimi anni l'Italia ha rafforzato sia l'insieme delle regole che governano la politica di bilancio sia le istituzioni deputate a monitorarla. Tappe importanti sono state la legge di contabilità n. 196 del 2009, quindi la legge costituzionale n. 1 del 2012 ed infine la legge n. 243 del 2012. Come sapete, alcune disposizioni necessitano ora della definizione delle relative modalità attuative attraverso una legge dello Stato. Inoltre, il Governo è stato delegato a portare a compimento la revisione della struttura del bilancio dello Stato e a potenziare le funzioni del bilancio di cassa, nel rispetto degli articoli 40 e 42 della legge di contabilità.
  La legge n. 196 del 2009 e la legge n. 243 del 2012 hanno due obiettivi fondamentali sottostanti: da un lato, disegnare un insieme di norme che assicuri l'equilibrio del bilancio in un'accezione che tenga conto del contesto congiunturale; dall'altro, favorire un utilizzo efficiente delle risorse pubbliche in relazione alle scelte politiche e ai bisogni dei cittadini.
  Penso che il percorso di riforma che occorre completare rappresenti un'opportunità molto importante per rafforzare il nostro processo di programmazione finanziaria, per valorizzare la funzione allocativa del bilancio e anche per garantire trasparenza e conoscibilità in ordine alle scelte compiute.
  Le riflessioni che vi proponiamo mirano a delineare un quadro del processo di formazione e gestione del bilancio quanto più possibile unitario. Va detto che ci concentreremo sul bilancio dello Stato, anche se siamo ovviamente consapevoli che il bilancio dello Stato è necessariamente parte di un assetto più ampio, che coinvolge anche la finanza decentrata. Per esempio, un aspetto che è stato sollevato è quello relativo all'articolo 11 della legge n. 243 del 2012, che stabilisce che nelle fasi sfavorevoli del ciclo economico o nel caso di eventi eccezionali negativi, lo Stato contribuisca al finanziamento di regioni ed enti locali. Viceversa, nelle fasi favorevoli saranno questi enti a contribuire al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. Vi è, cioè, tutta una dimensione che riguarda la finanza decentrata, rispetto alla quale in questa sede non entreremo nel merito.
  L'altra considerazione è che quanto vi esponiamo tiene conto di una serie di confronti tecnici che abbiamo effettuato nella prima parte di quest'anno con esperti e tecnici delle principali istituzioni coinvolte nel processo di bilancio.
  La revisione della Costituzione ha modificato la natura della legge di bilancio. Con la mancata riproposizione del terzo comma dell'articolo 81 della Costituzione si passa da una concezione meramente formale della legge di bilancio a una più sostanziale, e si fa confluire il contenuto della legge di stabilità nel disegno di legge di bilancio. In questo modo, il bilancio è destinato a rappresentare il principale strumento di decisione nell'allocazione delle risorse.
  In appendice alla nostra nota trovate, a pagina 57, le figure nn. 1 e 2. La prima riguarda l'incidenza delle decisioni di spesa assunte nell'ambito della legge di stabilità negli ultimi anni, rispetto al volume complessivo della spesa. Come potete vedere, le leggi di stabilità hanno inciso marginalmente sul volume complessivo della spesa. È ovvio che non c’è motivo di rimettere in discussione di anno in anno la struttura della spesa, ma è importante che i dati e le procedure consentano una visione d'assieme di tutta la spesa e aiutino, se così è desiderato, a spostare le risorse sui comparti ritenuti via via prioritari.
  La figura n.  2 mostra, invece, che una parte significativa delle scelte allocative compiute negli ultimi anni è avvenuta al di fuori della sessione di bilancio mediante provvedimenti legislativi adottati in corso d'anno. Ciò ha consentito di adattare la composizione della spesa alle esigenze via via emerse. Ovviamente, interventi volti a definire la disciplina di specifiche politiche di settore possono essere meglio approfonditi fuori della sessione di bilancio. Questa figura ci suggerisce, però, che è importante non perdere una visione d'assieme Pag. 23della politica finanziaria così come impostata nei documenti di programmazione.
  L'integrazione in un unico documento del disegno di legge di bilancio e del disegno di legge di stabilità è volta a spostare l'attenzione della decisione di bilancio sull'insieme delle entrate e delle spese pubbliche piuttosto che sulla loro variazione al margine. Può facilitare il fatto di riconsiderare le priorità dei programmi di spesa, sia quelli già esistenti sia quelli nuovi. Questa è un'opportunità che credo andrebbe colta in futuro.
  Nel percorso delineato dalla legge n. 243 del 2012 e dalle deleghe per il completamento della riforma di bilancio vi sono vari elementi che contribuiscono a potenziare la capacità di assicurare, attraverso il bilancio, il governo della spesa. Innanzitutto, vi è un rafforzamento dell'approccio comunemente definito top-down nel processo di programmazione e l'integrazione della revisione della spesa nel ciclo di bilancio; in secondo luogo, si delinea un bilancio che sia maggiormente orientato a rappresentare le finalità delle politiche adottate e possa promuovere un maggiore controllo sui risultati della spesa anche in termini di qualità, efficienza ed efficacia; un terzo elemento è costituito dall'ampliamento dell'area della spesa sotto il controllo del bilancio, anche mediante la graduale soppressione delle contabilità speciali e delle gestioni fuori bilancio. Vi sono, infine, una maggiore enfasi sulle misure di cassa ed una rivisitazione delle regole e procedure di flessibilità previsionale e gestionale.
  Va considerato che una parte non trascurabile dei pagamenti dello Stato non avviene direttamente dal bilancio al beneficiario finale, ma si realizza per il tramite della tesoreria statale. Nella nostra nota forniamo alcuni dati che tengono conto anche di una ricognizione effettuata assieme ai colleghi della Banca d'Italia. Alla fine del 2014 erano esistenti 21.000 conti di tesoreria e oltre 2.600 contabilità speciali. Questo è uno dei temi su cui credo il dottor Mazzotta tornerà più avanti nell'esposizione.
  Passando al paragrafo 2, un primo quesito è quando debba realizzarsi l'unificazione del disegno di legge di bilancio e di stabilità. Noi riteniamo che debba realizzarsi nel 2016 con la definizione della legge di bilancio per il 2017. Queste mi sembrano anche le indicazioni della Corte dei conti, per esempio, che tengono ovviamente conto del problema dei tempi tecnici.
  Come stabilito dalla legge n. 243 del 2012, il disegno di legge del nuovo bilancio sarà articolato in due sezioni. La prima dovrà contenere le misure tese a realizzare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica e in qualche modo confermerà l'attuale contenuto della legge di stabilità, sebbene con alcune rilevanti novità, quali la previsione che il livello del saldo netto da finanziare sia definito anche in termini di cassa. La seconda sezione conterrà, invece, le previsioni di entrata e di spesa espresse in termini di competenza e di cassa, formate sulla base della legislazione vigente.
  Al riguardo, un punto importante è cosa definire come legislazione vigente. In un'accezione più ampia, la legislazione vigente potrebbe infatti anche essere intesa come comprensiva delle rimodulazioni temporali e dei rifinanziamenti/definanziamenti delle autorizzazioni di spesa. Si potrebbe, quindi, prevedere di includere tra i contenuti della seconda sezione anche le rimodulazioni e i rifinanziamenti/definanziamenti, ovviamente dandone evidenza in appositi allegati. Questo consentirebbe di sopprimere alcune delle attuali tabelle.
  La relazione tecnica al nuovo bilancio potrebbe contenere, per la prima sezione, l'indicazione delle innovazioni con la quantificazione dei relativi effetti finanziari e, per la seconda sezione, l'illustrazione sintetica degli effetti delle rimodulazioni apportate.
  Venendo alla questione della copertura della legge di bilancio, la legge n. 243 del 2012 non prevede esplicitamente una disposizione relativa a detta copertura. L'articolo 14 regola solo il principio dell'equilibrio del bilancio dello Stato, che è assicurato Pag. 24in corrispondenza di un valore del saldo netto da finanziare o da impiegare coerente con gli obiettivi programmatici di finanza pubblica. In proposito, è dunque cruciale la produzione e la disponibilità di un prospetto che dimostri la coerenza tra il saldo netto da finanziare e gli obiettivi programmatici per la pubblica amministrazione.
  Al riguardo, uno degli aspetti da affrontare è come definire la struttura e i contenuti di questo prospetto di coerenza e in quale veicolo questo prospetto, assolutamente importante, vada prodotto e poi diffuso.
  Un'altra questione aperta è quella delle spese in conto capitale. Ci si può domandare se non si possa integrare il principio di coerenza del saldo complessivo del bilancio con la fissazione di un vincolo specifico sul saldo delle partite correnti.
  Un altro punto cruciale concerne la stima del saldo tendenziale, e più in generale del quadro tendenziale dei conti pubblici, che riflette sia ipotesi e valutazioni macroeconomiche sia ipotesi e valutazioni di finanza pubblica. L'attuale procedura è in larga misura interna al Ministero dell'economia e delle finanze con una serie di vagli interni, ma è sottoposta poi alle valutazioni dell'Ufficio parlamentare di bilancio dall'anno scorso. È anche sottoposta, però, alle valutazioni di altri soggetti istituzionali, quali tipicamente la Corte dei conti, l'ISTAT e la Banca d'Italia, nonché alle valutazioni della Commissione europea, del Fondo monetario internazionale e dell'OCSE. Qualsiasi valutazione sul saldo tendenziale, tanto sul quadro macroeconomico tendenziale quanto sul quadro di finanza pubblica tendenziale, viene quindi esaminata e verificata dal complesso delle istituzioni testé richiamate.
  Riteniamo che quest'assetto funzioni e sia già adesso efficace. Resta da parte nostra un impegno alla trasparenza, alla rendicontazione, al confronto. Ovviamente, il valore del saldo tendenziale è importante per determinare la dimensione della manovra necessaria o dei margini da utilizzare nella sessione di bilancio.
  Altro tema è il divieto, attualmente previsto, di coprire, attraverso i cosiddetti emendamenti «a scavalco», innovazioni legislative mediante la sola riduzione dello stanziamento del capitolo di spesa iscritto nel bilancio a legislazione vigente. Occorre anche qui domandarsi come affrontare la questione nel nuovo contesto in cui il divieto opererebbe tra le due sezioni della legge di bilancio, tenuto conto anche che la seconda sezione potrebbe disporre rimodulazioni, rifinanziamenti e definanziamenti di autorizzazioni legislative di spesa.
  Una possibile soluzione potrebbe essere quella di prevedere che, nel corso della discussione parlamentare, le modifiche alla seconda sezione possano essere definite esclusivamente attraverso misure da proporre nell'ambito della prima sezione della legge di bilancio. Ciò assicurerebbe la possibilità di disporre modifiche a tutto il bilancio, ma consentirebbe di ricondurre a un unico contesto le proposte normative di modifica della legislazione vigente.
  Va anche valutata l'opportunità di introdurre nel contesto della riforma della legge di bilancio ulteriori correzioni alla legge di contabilità e finanza pubblica volte a chiarire alcuni problemi emersi nel corso della sua attuazione, per esempio quelli inerenti la copertura dei provvedimenti recanti deleghe legislative e le clausole di salvaguardia.
  Direi che con riferimento a queste ultime occorre svolgere le seguenti due considerazioni: innanzitutto, il fatto che il presupposto essenziale perché le clausole di salvaguardia possano essere effettive è la possibilità di valutare con precisione e monitorare gli scostamenti dei conti rispetto alle previsioni; in secondo luogo, è cruciale che le clausole siano automatiche.
  Con riferimento ai tempi della presentazione del disegno di legge di bilancio, l'assetto vigente, tradizionale, prevede due fasi: una prima in cui il Governo identifica gli obiettivi programmatici avendo un'enfasi sulla pubblica amministrazione, come si fa prima col DEF e poi con la Nota di aggiornamento, che poi sottopone al Parlamento; una seconda in cui il Governo definisce con la legge di stabilità gli interventi Pag. 25coerenti con gli obiettivi anzidetti. Questa soluzione consente di separare la fase più prettamente macroeconomica da quella in cui si entra nel merito delle singole voci di entrata e di spesa. I saldi definiti nella prima fase vincolano poi le scelte operate nella seconda.
  Alcuni sviluppi recenti inducono a riflettere su questo assetto, ponendo mente in particolare a tre elementi, sui quali immagino il professor Pisauro sia probabilmente già intervenuto. Vi è, innanzitutto, l'esigenza di inviare alla Commissione europea entro il 15 ottobre il Documento programmatico di bilancio, quindi serve un margine di tempo tra la decisione del Consiglio dei ministri sulla manovra e l'invio del Documento. Questo suggerirebbe di anticipare i tempi di definizione della legge di stabilità o di bilancio da parte del Governo. Il secondo aspetto consiste nella creazione dello stesso Ufficio parlamentare di bilancio con compiti di validazione del quadro macroeconomico.
  Data l'interazione tra quadro macroeconomico e quadro di finanza pubblica, la validazione del quadro macroeconomico richiede la conoscenza del quadro di finanza pubblica. Nella Nota di aggiornamento del DEF il quadro programmatico di finanza pubblica è, tuttavia, riportato in una forma sintetica, cioè si concentra soltanto sui saldi. Questo pone un problema all'Ufficio parlamentare di bilancio.
  Il terzo aspetto è che da alcuni anni la scadenza della seconda notifica effettuata da ISTAT a Eurostat per i dati sull'indebitamento netto e il debito ha come scadenza il 1o ottobre. Fino ad alcuni anni fa, in realtà, era il 1o settembre. Da alcuni anni è il 1o ottobre, e questo fa sì che sia disponibile dopo la produzione della Nota di aggiornamento, ciò che a sua volta comporta che, per trasmettere il 15 ottobre a Bruxelles il Documento programmatico di bilancio, si debba incorporare anche la revisione dei dati ISTAT, che può riguardare anche i dati macroeconomici dell'anno precedente.
  È evidente quindi che vi sono esigenze diverse e che ogni soluzione deve cercare di contemperarle. Vi è, da un lato, l'esigenza del Parlamento, quella del Governo e quella dell'Ufficio parlamentare di bilancio, ma vi è altresì l'esigenza posta dalla Commissione europea.
  Una possibile soluzione può essere quella di mantenere al 20 settembre, o ancora meglio di anticipare al 10-15 settembre, la presentazione della Nota di aggiornamento del DEF. In questa soluzione si mantiene l'assetto a due stadi, ma si cerca di anticipare la Nota di aggiornamento del DEF. Per poterlo fare bene, sarebbe importante che l'ISTAT rendesse disponibili i dati prima. Immagino ve lo abbiano appena detto, ma se potessimo tornare al 1o settembre, ossia alla data di qualche anno fa, avremmo la soluzione. Capisco i problemi dell'ISTAT, però idealmente se avessimo i dati della notifica per Eurostat all'inizio di settembre, questo ci consentirebbe di anticipare la presentazione della Nota di aggiornamento del DEF.
  Il secondo passo è anticipare la presentazione alle Camere del disegno di legge di bilancio, che potrebbe essere anticipata, per esempio, dal 15 al 5 ottobre. Anticipando la data di presentazione della Nota di aggiornamento, resterebbe così al Parlamento un lasso di tempo adeguato per poterla discutere. Anticipando la presentazione del disegno di legge di bilancio al 5 ottobre sarebbe inoltre possibile disporre di un maggior lasso di tempo per la preparazione del Documento programmatico di bilancio da inviare a Bruxelles. Un punto credo importante per l'Ufficio parlamentare di bilancio è la disponibilità di un conto anche dettagliato sulla parte programmatica della finanza pubblica. La Nota di aggiornamento in questo si concentra sui saldi e su alcune voci importanti. Dovremmo considerare di compiere uno sforzo per agevolare l'attività di validazione effettuata dall'Ufficio parlamentare di bilancio.
  Un'altra innovazione riguarda la fase immediatamente successiva: a differenza di quanto avviene attualmente con la Pag. 26prima Nota di variazione, gli effetti della manovra, di cui alla sezione prima del bilancio, potrebbero essere integrati nel bilancio a legislazione vigente, di cui alla seconda sezione, e le relative evidenze potrebbero essere riportate in un apposito allegato tecnico che il Ministero dell'economia e delle finanze e il Governo potrebbero inviare alle Camere, previa approvazione del Consiglio dei ministri, per esempio il 20 ottobre. Questo consentirebbe al Parlamento di valutare sin da subito la riallocazione delle risorse disposta dalla prima sezione della legge di bilancio. Occorre al riguardo valutare assieme agli uffici parlamentari quale procedura sia possibile adottare per poter inserire nell'atto parlamentare anche questo secondo documento.
  Questo è un assetto a due stadi – ovvero Nota di aggiornamento e poi legge di stabilità e legge di bilancio – che resta un po’ nell'ambito tradizionale e nel quale alcune tappe verrebbero anticipate.
  Una proposta alternativa potrebbe essere quella di far coincidere all'inizio di ottobre la presentazione della Nota di aggiornamento e del disegno di legge di bilancio, quindi concentrare la presentazione dei due documenti in un'unica data. Questo semplificherebbe per certi aspetti quello che anche altri Paesi fanno, ma avrebbe alcune controindicazioni.
  Anzitutto, verrebbe meno la separazione tra la fase strategica di definizione degli obiettivi e quella di articolazione della manovra. Si richiederebbe un forte anticipo della definizione della manovra da parte del Governo. Forse il Parlamento si troverebbe ad approvare gli obiettivi programmatici in tempi compressi.
  È evidente che non vi è una soluzione ottimale sotto tutti i profili. Sono infatti molte le esigenze che vanno contemperate. La nostra preferenza è per lavorare sulla soluzione a due stadi, anticipando – ove possibile – le date, fermo restando che, come dicevo, ogni soluzione ha alcune controindicazioni, dal momento che non esiste una bacchetta magica che ci consenta di risolvere tutti i problemi.
  Da ultimo, prima di passare la parola al dottor Mazzotta, vorrei fare un cenno alla legge di assestamento. Pensiamo che il carattere sostanziale attribuito alla legge di bilancio non si dovrebbe estendere all'assestamento, per cui l'assestamento dovrebbe assumere le caratteristiche e i contenuti analoghi alla seconda sezione della legge di bilancio.
  Al riguardo, formulo un paio di considerazioni. Anzitutto, ci si può domandare se non sia opportuno prevedere la fissazione di un termine per l'approvazione della legge di assestamento, al fine di consentire alle amministrazioni di proseguire efficacemente la loro attività, tenuto conto del fatto che l'assestamento, qualora approvato tardi, arreca problemi alle amministrazioni.
  Inoltre, stiamo effettuando verifiche tecniche per valutare la possibilità di un anticipo nei termini di presentazione del rendiconto generale dello Stato. Questo potrebbe aiutare a prevedere un anticipo anche per la legge di assestamento.
  Se il presidente è d'accordo, cederei la parola al dottor Mazzotta.

  BIAGIO MAZZOTTA, ispettore generale capo IGB. Cercherò di essere abbastanza sintetico, perché adesso il discorso va un po’ più sul tecnico, e quindi procederò in modo rapido, sebbene esso sia sicuramente legato al quadro che prima il Ragioniere generale ha delineato nell'ambito del suo intervento, in particolare con riferimento alla nuova natura che assume la legge di bilancio in quest'ambito.
  Toccherò fondamentalmente quattro aspetti: la revisione del ciclo della programmazione finanziaria, che suggeriamo di realizzare anche per sfruttare questo cambiamento di natura del bilancio; l'istituzionalizzazione del processo di revisione della spesa nell'ambito del ciclo di bilancio, due passaggi che a nostro avviso devono essere considerati in maniera strettamente correlata; vedere come può e come dovrà cambiare la struttura del bilancio per missioni e programmi, attraverso alcune innovazioni che stiamo pensando di introdurre e che il contenuto Pag. 27della legge n. 196 del 2009 indica, in tema proprio di struttura, per garantire più trasparenza e rafforzare questa funzione allocativa del bilancio; parlare un po’ di flessibilità previsionale e gestionale per i ministeri; infine, il rafforzamento del ruolo di bilancio di cassa, che a nostro avviso costituisce l'altro passo fondamentale per indurre le amministrazioni a programmare anche i flussi di cassa.
  In merito alla revisione del ciclo della programmazione finanziaria: innanzitutto questa è l'opportunità di definire questo ciclo, come ricordava prima il Ragioniere Franco, con un approccio top-down, dall'alto verso il basso, molto più stringente rispetto a quello attuale, cogliendo altresì l'occasione per integrare in questo ciclo il processo di revisione della spesa. Oltretutto, molto spesso quando arrivano al momento di fare le proposte per le nuove previsioni, le amministrazioni si basano sul criterio della spesa storica e ci fanno proposte incrementali rispetto a quelle che erano le dotazioni di bilancio degli anni precedenti. A oggi, per la verità, non esiste alcun incentivo a operare diversamente.
  Ovviamente, parlando di questo nuovo ciclo di programmazione, come si diceva, il tutto non può che partire dal DEF che, come sappiamo, viene presentato il 10 aprile. Tuttavia, in relazione agli obiettivi e alle indicazioni fornite dal DEF, riteniamo necessario, ai fini dell'attuazione della delega, che vengano definiti per ciascuna amministrazione degli obiettivi di spesa coerenti con i vincoli di bilancio che il DEF stesso ha individuato. Come sapete, infatti, nel DEF viene delineato tutto il percorso programmatico che il Governo si impegna a eseguire.
  Questi obiettivi di spesa potrebbero, ad esempio, trovare una quantificazione e individuazione in un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che fissa per ciascun ministero questi obiettivi. Ovviamente, tutto questo dovrebbe essere fatto subito dopo la definizione del Documento di economia e finanza. Tali obiettivi sarebbero poi fissati tenendo conto della legislazione vigente e delle misure correttive che già al momento del DEF, o comunque in prossimità di esso ovvero subito dopo, dovrebbero essere delineate almeno nella loro portata di carattere generale. Questi obiettivi di spesa potrebbero essere poi assunti come limiti, quei limiti cui fa peraltro riferimento la stessa delega contenuta all'articolo 40 della legge n. 196 del 2009.
  Per obiettivi di spesa possiamo intendere sia obiettivi di risparmio, così come abbiamo operato negli ultimi anni con la legge di stabilità, nel senso che sono stati dati alle amministrazioni alcuni obiettivi di risparmio da conseguire, e le amministrazioni hanno fatto le loro proposte per conseguirli. In Canada avviene così: annualmente viene chiesto alle amministrazioni federali di individuare risorse, per esempio pari al 5 per cento delle loro spese di funzionamento e di investimento, da riallocare in altri interventi o da tagliare effettivamente. La prima ipotesi, quindi, è quella degli obiettivi di risparmio.
  La seconda ipotesi è quella di assegnare ai ministeri dei limiti di budget coerenti con la legislazione vigente e riferiti soprattutto a quelle spese che hanno carattere di prevedibilità e che sono soggette a controllo diretto da parte delle amministrazioni. Sarebbero, quindi, escluse quelle che sono in parte soggette alle cosiddette variabili esogene. Questa è, in una certa misura, l'esperienza che stanno facendo i colleghi inglesi in questa materia, attraverso i cosiddetti Departmental expenditure limits (DEL), cioè limiti di spesa per ministero. Ovviamente, il fatto di assegnare un determinato budget favorisce una riconsiderazione complessiva delle priorità politiche che ciascun ministero dovrebbe perseguire, dal momento che l'indicazione di obiettivi di spesa, che siano in termini di risparmio ovvero di budget, induce sicuramente le amministrazioni a valutare fabbisogni necessari e priorità in presenza di un vincolo, dato in questo caso dal risparmio o dal limite, dal tetto di spesa.
  In questo senso le amministrazioni centrali, una volta che avranno chiara la cornice da perseguire, potranno definire la propria programmazione finanziaria tenendo Pag. 28conto delle risorse a disposizione a legislazione vigente e dei miglioramenti di efficienza che potranno ottenere attraverso l'utilizzo delle risorse che hanno, nonché anche attraverso procedure amministrative ed eventuali proposte normative che potranno avanzare in sede di presentazione della nuova legge di bilancio, che vedrà accorpate, come abbiamo detto, stabilità e bilancio nelle due rispettive sezioni.
  Questi obiettivi di spesa, però, non possono rimanere indicati senza che vi sia un monitoraggio dell'effettiva realizzazione degli obiettivi medesimi. Questo potrebbe avvenire, così come prevede la legge n. 196 del 2009, attraverso degli accordi triennali tra il Ministero dell'economia e delle finanze e gli altri ministeri, finalizzati a monitorare il raggiungimento di quegli obiettivi, a individuare dei parametri, degli indicatori, ovviamente sempre d'intesa con i vari ministeri, in maniera che anche il Parlamento possa effettivamente verificare la realizzazione degli obiettivi e delle politiche perseguite.
  Ovviamente, deve essere indicato anche un termine per la predisposizione di questi accordi, che presumibilmente dovrebbe essere collocato a inizio anno, quindi ad esempio entro il mese di gennaio, tenendo conto dello sforzo che tutte le amministrazioni dovranno compiere per cercare di conseguirli e, ancor prima, di redigerli.
  Per mantenere, però, l'efficacia di questi accordi, è necessario che i ministeri abbiano la certezza delle risorse. Molto spesso i ministeri si sono lamentati che in corso d'anno intervengono tagli anche lineari che riducono le dotazioni. Ovviamente, ciò non consente loro né di programmare né di raggiungere quegli obiettivi che magari in un primo momento in sede di previsione si erano dati.
  Questo processo di revisione del ciclo della programmazione richiede un anticipo di tutti i tempi non solo nell'individuazione degli obiettivi, ma anche nella discussione con i ministeri per la preparazione delle proposte che dovranno essere inglobate nella nuova legge di bilancio. Di solito, nella situazione attuale i ministeri per così dire «si svegliano» a settembre, perché magari Governo e Presidenza del Consiglio dei ministri pongono alcuni vincoli e obiettivi, o cercano in base agli obiettivi di risparmio di individuare norme che consentano di tagliare le loro spese. Qui si tratta, invece, di partire molto prima, di aprire delle fasi anche negoziali con gli stessi ministeri, in cui discutere nell'ambito del Governo le scelte e gli obiettivi individuati e, soprattutto, le modalità atte a raggiungerli. L'anticipazione dei tempi, quindi, rappresenta un aspetto importante.
  La fissazione degli obiettivi è, a nostro avviso, quella che ci consente di istituzionalizzare questa revisione della spesa continua, che si rinnova ogni anno. Dare degli obiettivi da raggiungere – vedremo poi come potranno funzionare gli accordi triennali – consente di realizzare a pieno regime quella revisione della spesa continua di cui da più parti si parla. Questo discorso vale per quanto riguarda il ciclo della programmazione.
  Passo velocemente – considerata l'ora, cercherò di essere breve – al tema concernente la struttura del bilancio. In realtà, il bilancio per missioni e programmi rispetto a quando è nato, nel 2008, presenta una serie di pecche e carenze. Non c’è dubbio. È molto sintetico, molto «alto». Ci sono state lamentele da più parti sulla sua leggibilità. Allora, sfruttando quello che dice la delega contenuta nella legge n. 196 del 2009, la nostra idea è di introdurre un livello più «basso», un'articolazione dei programmi, le cosiddette «azioni», che possano far capire meglio le attività svolte dall'amministrazione nell'ambito di quel programma. Si dovrebbero pertanto individuare le azioni, ossia le destinazioni proprie della spesa, ma a un livello più «basso», ripeto, rispetto al programma.
  Su questa strada abbiamo già lavorato e stiamo lavorando.
  Nel 2013 abbiamo fatto alcune simulazioni, che stiamo aggiornando per quest'anno. Nel Rapporto sulla spesa, che spero uscirà a breve, sicuramente potranno essere forniti alcuni dettagli ulteriori Pag. 29come esercizio che stiamo facendo, anche se in maniera abbastanza veloce, sul 2015.
  In questo senso l'introduzione delle azioni dovrebbe consentire più leggibilità. Su questo magari nel Rapporto potremmo fare anche un esempio di cosa siano le azioni, che ripeto abbiamo individuato d'intesa con i ministeri.
  Il problema dell'introduzione delle azioni quale ulteriore elemento sottostante al programma pone, in realtà, una serie di altre rilevanti problematiche, così come dice la stessa delega: le azioni in tendenza, come prevede appunto la legge n. 196 del 2009, dovrebbero sostituire i capitoli, con una serie di conseguenze derivanti da tale sostituzione sia a livello gestionale, sia per quel concerne i sistemi informativi, non solo quello nostro ma anche quelli della Corte dei conti e della Banca d'Italia. Si tratta, quindi, di qualcosa che occorre valutare attentamente.
  Lo stesso possibile superamento dei capitoli potrebbe comportare per noi una serie di conseguenze in materia di finanza pubblica per i raccordi che abbiamo tra bilancio e tesoreria, nell'ottica di una revisione anche del quadro del settore statale. Dico questo solo per enunciare velocemente le conseguenze che potrebbero derivare da tale operazione, pur sempre nell'ottica di dare più flessibilità alle amministrazioni. Le azioni, di fatto, saranno degli aggregati di capitoli.
  Oggi abbiamo tanti capitoli. Per realizzare quella determinata azione occorre una serie di risorse ? Si tratta, allora, di mettere insieme i capitoli, in qualche caso spacchettarli, ma aggregarli, in modo che si possa consentire un po’ più di flessibilità, ovviamente cercando anche di rivedere la legislazione sottostante a quell'azione, con raggruppamenti omogenei anche sotto il profilo delle autorizzazioni di spesa che trattano lo stesso argomento.
  Le azioni saranno poi affiancate ed incrociate con un piano dei conti integrato, che dovrebbe garantire la conservazione di tutte le informazioni di carattere economico sulla natura della spesa, quali ad esempio quella concernente il personale, l'acquisto di beni e servizi, gli investimenti. L'incrocio tra azioni e piano dei conti è, quindi, l'elemento che oggi dovrebbe salvaguardare una serie di informazioni anche ai fini della redazione dei conti pubblici.
  Per quanto riguarda il piano dei conti – riprenderò comunque dopo il discorso – sottolineo che esso è importante, anche perché col piano dei conti integrato cercheremo di avvicinare i princìpi della contabilità finanziaria tradizionale che tutti conoscete a quelli della contabilità economico-patrimoniale, uno degli altri punti fondamentali che prevede la delega di cui all'articolo 40 della legge n. 196 del 2009, attraverso l'affiancamento di una vera contabilità economico-patrimoniale alla contabilità finanziaria. Ma su tale aspetto tornerò dopo.
  Detto questo sulla struttura del bilancio, vengo ora alla questione del bilancio di cassa, ovvero al nuovo rafforzamento del ruolo del bilancio di cassa. Anche il Ragioniere vi faceva prima cenno quando ha detto che la stessa legge n. 243 del 2012 prevede che il saldo netto da finanziare nella nuova legge di bilancio deve essere indicato anche in termini di cassa, prestando quindi un'attenzione particolare anche alla programmazione dei flussi finanziari.
  Questo consente a tutti, Parlamento in primis, di avere una più immediata comprensione dell'azione pubblica dal punto di vista anche degli incassi e dei pagamenti, nonché una migliore gestione degli andamenti del fabbisogno e del debito pubblico, e quindi anche una regolazione di questi flussi.
  In che modo pensiamo di rafforzare il bilancio di cassa ? In diversi modi, innanzitutto attribuendo più responsabilità al dirigente che gestisce la spesa, il quale – come peraltro già è previsto a legislazione vigente, ma noi intendiamo istituzionalizzare tale passaggio nelle varie fasi del bilancio – dovrà predisporre un piano finanziario dei pagamenti, cioè un cronoprogramma dei pagamenti, che dovrà essere non dico vincolante, rigido, ma sicuramente dovrà sia essere redatto in sede di Pag. 30previsione sia, soprattutto, aggiornato in sede di gestione. In sede di previsione, tale cronoprogramma dovrà soprattutto cercare di fare in modo che l'amministrazione chieda come stanziamento di competenza quello che effettivamente sarà il pagamento che dovrà poi effettuare.
  Spesso, infatti, le amministrazioni ci chiedono tanti soldi in termini di competenza, impegnano le risorse ma poi queste rimangono lì, dopodiché quelle somme diventano residui passivi di bilancio, a volte residui passivi perenti, che vanno in perenzione. Abbiamo circa 80-90 miliardi di euro di residui passivi perenti e oltre 100 di residui passivi correnti iscritti in bilancio. Questo accade perché le amministrazioni non hanno ancora imparato a programmare il flusso.
  Pensano più che altro a impegnare e a fare annunci sulle nuove spese da fare, ma poi purtroppo, anche per problemi legati alle procedure o alla tempistica delle gare, ad esempio per le spese in conto capitale, prima che si cominci a spendere, passano quattro anni tra l'impegno e il pagamento effettivo, tuttavia le somme vengono subito chieste quest'anno e si cominceranno a pagare tra quattro. Dobbiamo cominciare a cambiare questi concetti. Sicuramente, in tale contesto appare fondamentale il ruolo che può essere giocato dal citato cronoprogramma.
  Allo stesso modo, fondamentale sarà cambiare il concetto di accertamento o impegno, soprattutto dell'impegno, avvicinandolo quanto più possibile al nuovo concetto di impegno già adottato dagli enti locali e territoriali nella loro riforma di bilancio. Non sarà proprio identico, perché il bilancio dello Stato è un po’ diverso e non ha l'avanzo di amministrazione, quindi dovremo pensare a tutta una serie di caveat, ma la nostra idea è di avvicinare cassa e competenza. Le amministrazioni devono cominciare a programmare anche in termini di cassa, dopodiché mettiamo la competenza per quello che serve a pagare la cassa. Questo discorso vale per l'impegno.
  Anche dal punto di vista dell'accertamento, l'idea è comunque quella di avvicinare accertamento e riscossione. Già per molte entrate dello Stato è così. Non è così per i ruoli, per le somme iscritte a ruolo, per le quali esiste una differenza enorme tra cassa e competenza. La nostra idea è di cambiare la definizione di questo tipo di accertamento. Per citare un esempio, a fronte di 100 di competenza, io incasso 10 o 15. A fronte di questo sfasamento, cercheremo di definire delle norme volte a ricondurre cassa e competenza allo stesso importo, fermo restando che nelle scritture contabili i crediti vantati dallo Stato e accertati attraverso le cartelle iscritte a ruolo dovranno restare nelle nostre scritture contabili. In bilancio, però, verranno riportati dei dati che si avvicinano di più a quelli di cassa.
  L'altro aspetto fondamentale, che riguarda il rafforzamento del ruolo di bilancio di cassa, è quello del superamento delle gestioni contabili che operano in tesoreria. Come diceva il Ragioniere Franco, più di 60 miliardi di euro oggi sono gestiti fuori bilancio in tesoreria. Ci sono varie norme, su cui non mi dilungo.
  La nostra idea è certamente quella di cominciare a sopprimere, o comunque a superare in un arco di tempo ragionevole, da uno a tre anni, le contabilità speciali intestate ai ministeri, che gestiscono su contabilità speciali una serie di risorse, soprattutto quelle relative ai Corpi di polizia, alle Forze armate, ai beni culturali e così via. Fuori bilancio girano tanti altri fondi. Non faccio l'elenco, ma basti pensare ai commissari straordinari della Protezione civile. Ce ne sono tantissimi. Ritengo che quelli debbano continuare ad essere gestiti in quella maniera. L'idea è di ricondurre a bilancio tutto ciò che è possibile e che oggi viene gestito fuori bilancio, per dare più trasparenza e più rafforzamento al bilancio stesso.
  In questo senso, sempre parlando di cassa, le amministrazioni dovranno imparare a usare quella flessibilità che hanno. Già oggi loro potrebbero fare, in relazione al programma di pagamenti che prevedono, delle rimodulazioni orizzontali, nell'arco del triennio o anche oltre, che consentano loro di adeguare la competenza Pag. 31alla cassa. Potrebbero, in funzione dei pagamenti che dovranno fare, spalmare diversamente la competenza, magari allo stato raggruppata tutta in un anno. È un grosso lavoro che dobbiamo fare, ma di questo siamo abbastanza convinti.
  Concludo parlando della flessibilità di bilancio in fase sia previsionale sia gestionale. Nella fase previsionale, oggi con la legge di bilancio e di assestamento, attraverso una serie di deroghe temporanee, riusciamo a spostare risorse anche di fattore legislativo tra missioni diverse, quindi tra programmi diversi. In realtà, la legge n. 196 del 2009, come principio generale, non lo consentirebbe, in quanto al riguardo c’è un divieto esplicito.
  Noi saremmo orientati a prevedere la possibilità che il ministero, ovviamente in sede di discussione della legge di bilancio, che da questo punto di vista ha anche cambiato natura, proponga di rimodulare verticalmente, con variazioni compensative, magari tra autorizzazioni di spesa appartenenti a programmi diversi, a missioni di spesa diverse. Questa è un'idea che dovremmo a mio avviso portare avanti, soprattutto nell'ottica degli obiettivi di spesa. Nel momento in cui diamo un budget o un obiettivo di risparmio, dobbiamo anche concedere un po’ più di flessibilità ai ministeri.
  In relazione alla flessibilità gestionale, l'idea generale è quella, nell'ottica che dicevo di una maggiore responsabilità da riconoscere in capo ai dirigenti che si occupano della spesa, di delegare quanto più possibile alcune operazioni di spostamento di risorse, attribuendo non più al Ministero dell'economia e delle finanze ma quanto più possibile ai ministeri competenti alcune variazioni di bilancio e alcune rimodulazioni. Sebbene sulla base di un nostro assenso informale, potrebbero tuttavia essere i ministeri competenti ad occuparsene direttamente. Sono i ministeri stessi, infatti, a lamentarsi che facciamo tagli nelle assegnazioni di fondi, ma non sempre dipende da noi, bensì da tanti fattori.
  Laddove riusciremo a farlo, vogliamo farlo: ci fidiamo della loro possibilità di operare anche da soli, ovviamente previo un nostro via libera informale attraverso, ad esempio il nostro ufficio centrale. Questo dovrebbe consentire una maggiore velocità nella gestione delle risorse. In questo senso vorremmo accelerare e potenziare questo loro ruolo, implementando appunto la flessibilità. La proposta che faremmo, quindi, è questa.
  Nella stessa logica della flessibilità rientra la possibilità di accorpare i cosiddetti fondi di riserva per le spese impreviste e obbligatorie oggi presenti nel bilancio, in un unico fondo sempre di riserva, che non può essere utilizzato a copertura di nuove leggi ma solo per la gestione, parametrato magari a una certa percentuale di spese finali. In molti altri Paesi questo accade e serve per le spese imprevedibili che accadono in corso d'anno a cui magari le amministrazioni devono far fronte.
  Allo stesso modo, bisognerebbe provare a istituzionalizzare e a mettere già in bilancio a inizio anno tutte le entrate di scopo, come le chiamiamo, cioè finalizzate al finanziamento di alcune attività specifiche di alcuni ministeri, come la Motorizzazione, i Vigili del fuoco o alcuni Corpi di polizia, che si finanziano attraverso convenzioni. Come dicevo, la logica è quella di delegare a loro quanto più è possibile.
  Detto questo, concludo osservando che questa rappresenta sicuramente una grande occasione per riuscire a mettere a sistema tutti questi elementi. Non a caso, abbiamo cercato col Ragioniere Franco di dare un carattere unitario a questa presentazione, nel tentativo di collegare tutti gli aspetti coinvolti, dalla legge n. 243 del 2012 all'attuazione delle deleghe. Certo è che la nostra idea è quella, nel momento in cui si presenteranno le deleghe, come nell'ipotesi di un'eventuale legge attuativa della legge n. 243, di novellare la legge n. 196. Anziché scrivere nuove norme, sarebbe più logico, in modo da avere un testo unico leggibile, novellare la legge n. 196 nei punti in cui è necessario intervenire, fermo restando che probabilmente, in funzione di come andranno le cose, sarà prudente prevedere la possibilità Pag. 32di emanare decreti correttivi per correggere qualche innovazione, in relazione all'effettivo svolgimento della sua attuazione.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI FRANCESCO BOCCIA

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Franco e il dottor Mazzotta.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  ROCCO PALESE. Ringrazio per la relazione molto articolata. Anche se è stata svolta in maniera sintetica, abbiamo il contributo scritto del Ragioniere generale dello Stato e del dottor Mazzotta. Come componente della Commissione bilancio ringrazio, perché l'interfaccia principale della nostra Commissione è, sostanzialmente, la Ragioneria generale dello Stato.
  Non mi dilungherò molto sulle cose che sono state già ampiamente e in maniera articolata dette dalla Ragioneria generale dello Stato in riferimento al miglioramento della tempistica, soprattutto per cercare quanto più possibile di rendere compatibile con le scelte temporali un migliore utilizzo degli strumenti contabili, sia quelli relativi alla previsione, ma soprattutto con riferimento a quello che è stato accennato sull'assestamento. Un po’ dappertutto nelle regioni le scadenze sono 30 aprile e 30 giugno, la prima per la rendicontazione, la seconda per l'assestamento. Grosso modo si potrebbero mutuare queste scadenze.
  Ritengo anche che sia essenziale cercare di mettere a punto la situazione in riferimento alla trasparenza e a una maggiore leggibilità. Ritengo che più forte è la leggibilità, la trasparenza degli strumenti contabili, meno sarà vista come controparte la Ragioneria generale dello Stato. Perché il punto è questo: viene continuamente vista come controparte, così come gli assessori regionali al bilancio sono visti come controparte da tutto il resto del sistema. Secondo me, invece, dovrebbe essere vista come una ricchezza al fine di evitare una serie di situazioni.
  I temi affrontati, presidente, sono tanti. Sarebbe utile che programmassimo un ulteriore approfondimento con la Ragioneria generale dello Stato, per affrontarli tutti in una volta in maniera sintetica. Qui sono stati determinati alcuni obiettivi: sulla situazione generale ci siamo, ma secondo me molte cose vanno riviste nel contesto della pratica. Penso, ad esempio, alla revisione e al controllo degli aspetti della spending review che già ci sono, non a quelli che verranno introdotti in futuro.
  Cito come esempio classico quanto è stato previsto per uscire dall'infrazione per debito eccessivo con l'Unione europea, dal Governo Monti e dai successivi. Si pensi all'attuazione del decreto-legge n. 95 del 2012 del Governo Monti e a tante altre misure, con riferimento soprattutto al personale, o alla riforma delle province, che doveva realizzare un miliardo di euro di risparmio e, invece, ahimè, se continua ad andare avanti – altro che risparmio – secondo me stanno aumentando i danni in maniera spaventosa. Questi controlli vanno fatti, così come si fanno per le norme di principio di coordinamento di finanza pubblica nei confronti degli enti territoriali, le regioni in particolare.
  Si faceva cenno poco fa al monitoraggio, che sicuramente è essenziale, ma solo, Ragioniere generale, se è finalizzato ad applicare eventuali sanzioni. Diversamente, se facciamo continuamente monitoraggi, addio. Facciamo come nel caso del patto di stabilità, istituito nel 1998 perché lo scoprissimo nel 2008 ? Non parlo del livello centrale, ma di quello periferico. Venivano presi in giro tutti quelli che cercavano di adeguarsi al patto e di rispettarlo, mentre la stragrande maggioranza se ne è disinteressata completamente. Lo scoprono nel 2008, quando sono state istituite le sanzioni. Allora è diventato famoso il patto di stabilità. Prima era un illustre sconosciuto.
  Allo stesso modo, sul problema della contabilità economico-patrimoniale, bisogna Pag. 33fare attenzione: l'importante è che non sia come quello dei bilanci delle ASL. O va fatto veramente nel modo cui il dottor Mazzotta faceva cenno, ma sarebbe un problema se fosse mutuato quel sistema.
  Relativamente al tema correlato della revisione, si vuole veramente una svolta ? È compatibile che in un contesto in cui è l'interfaccia principale con l'Unione europea per la moneta unica, per il Fondo monetario – non ripeto le cose che sono patrimonio ormai di tutti –, la struttura della Ragioneria generale dello Stato ogni volta sia messa in discussione ? La passiamo alla Presidenza del Consiglio, cerchiamo questo o altro referente ? O ne viene riconosciuto e rafforzato il ruolo o si pensa a un'alternativa.
  Abbiamo creato l'Agenzia delle entrate dandole dei poteri, Equitalia dandole dei poteri: o riconosciamo la Ragioneria generale dello Stato per quello che serve e per quello che è o la trasformiamo in «Agenzia delle uscite», conferendole gli stessi poteri riconosciuti all'Agenzia delle entrate e ad altri enti, poi vedremo se le cose debbono andare in una certa maniera o se vogliamo continuare solamente a scaricare responsabilità o competenze.
  Quanto all'armonizzazione, è un'assurdità per esempio che tutta la finanza locale sia presso un altro ministero. È un'anomalia assoluta che crea un disordine per la competenza, per la cassa, un disordine spaventoso non solo dal punto di vista della trasparenza, della contabilità, di far comprendere la situazione ai mercati e all'Europa, ma soprattutto comporta una notevole perdita di tempo. Quante risorse ed energie vengono sprecate ?
  Secondo me, è necessaria una revisione seria, che possa veramente far raggiungere gli obiettivi a cui si faceva riferimento, riuscendo ad avere una struttura analitica e articolata dal punto di vista della trasparenza e della conoscenza, e snella dal punto di vista della gestione, così come è stata disegnata poco fa dal dottor Mazzotta.
  Non c’è dubbio che si tratti di quanto di meglio potremmo cercare di realizzare: l'allineamento della competenza con la cassa, l'eliminazione dei residui, l'idea felice di creare un fondo nella flessibilità, che serva per dare agibilità rispetto al fondo di riserva, cercando di alimentarlo e di tenerlo, soprattutto relativamente alla situazione della cassa, e poi l'idea di trasferire a cascata sugli enti territoriali questo tipo di impostazione e di esperienza. Il monitoraggio dei flussi col sistema SIOPE c’è, sono certamente situazioni già acquisite, ma sarebbe veramente importante soprattutto dare indirizzi, in particolare alle regioni.
  Cito le regioni perché conoscete molto meglio di me due problemi grossi: i bilanci delle ASL, che in finanza pubblica sono 110 miliardi di euro all'anno, e tutto il disordine sulle addizionali, un disallineamento incredibile. Non si riesce più a comprendere veramente all'interno del bilancio delle regioni che cosa accada.
  Un altro argomento riguarda il livello centrale, ma soprattutto quello periferico, comprendendo in questo caso anche l'enorme situazione di difficoltà che negli ultimi tempi riguarda i comuni, e cioè i debiti fuori bilancio. Questo è dovuto a una situazione di sistema. Personalmente, non ho mai condiviso l'eliminazione tout court del controllo preventivo sugli atti della pubblica amministrazione. Non mi riferisco in particolare alla legittimità o ad altro, tanto meno ero innamorato dei controlli che c'erano precedentemente e che già non funzionavano. Eliminarli completamente, però, soprattutto quelli che riguardano la spesa, è stata un'imprudenza, con i risultati che sono davanti agli occhi di tutti. Ciò che era e continua a essere secondo me un valore, quello del decentramento della responsabilità, dell'autonomia e simili, è stato recepito come anarchia: mille centri di spesa, fuori controllo tutti.
  Ripeto sempre e dico anche in questa sede che l'unico federalismo andato in vigore è stato solo quello della corruzione e basta. Mi fermo qui.

  PAOLO GUERRIERI PALEOTTI. Ringrazio anch'io il Ragioniere generale Pag. 34Franco e il dottor Mazzotta per questa presentazione e per il documento molto ampio, che adesso vedremo con più attenzione.
  Vorrei rivolgere alcune domande innanzitutto sul modo di rivedere i tempi di presentazione dei documenti di bilancio. Mi sembra che, almeno anche dalle altre audizioni, ci sia stato un parere unanime sul fatto che le attuali scadenze sono incongruenti o poco efficienti. C’è unanimità nella volontà di modificarle, ma proprio in relazione a queste modifiche, almeno dalle audizioni precedenti, sono venute in realtà indicazioni in qualche modo in favore di un'opzione che, da quello che leggo, voi vedete invece con più dubbi e criticità, cioè l'opzione di raggruppare la presentazione a inizio ottobre della Nota di aggiornamento e del disegno di legge di bilancio. Questa proposta è venuta espressamente dall'Ufficio parlamentare di bilancio, per una serie di considerazioni. L'ISTAT ha escluso la possibilità di anticipare e ha spiegato, più che altro, le difficoltà nel reperimento delle informazioni di cui abbisogna.
  Si potrebbe considerare questa un'opzione ? In realtà, questa possibilità non necessariamente farebbe venire meno, come scrivete, la separazione tra fasi strategiche. Si tratterebbe di definire i due momenti in cui verrebbero presi in esame i documenti. Allo stesso tempo, rafforzerebbe la possibilità di essere in tempo per la presentazione alle istituzioni europee. Vorrei qualche considerazione maggiore, anche alla luce del fatto che, invece, su questo accorpamento si sono maggiormente concentrate le preferenze sinora rivelate.
  Vorrei anche capire meglio il tema della revisione del ciclo di programmazione finanziaria. Mi sembra che si riscontri, ed è assolutamente condivisibile, come oggi in realtà questa logica top-down sia a dir poco di difficile realizzazione e implementazione, e quindi ci sia una «frammentazione» nella decisione di allocazione. Condivido pienamente un discorso che riporti a una maggiore centralizzazione e a una capacità di allocazione e decisione dei budget di spesa, delle grandi voci.
  Vorrei, però, capire meglio perché nell'attuale configurazione abbiamo questa frammentazione nella decisione allocativa, ma poi una forte concentrazione nel monitoraggio dell'esecuzione di queste spese, che poi è in capo al Ministero dell'economia e delle finanze. Voi proponete di modificare e rafforzare a monte questa capacità, ma lasciando poi nella fase di esecuzione questa forte centralizzazione o pensate anche ad aumentare nella fase di esecuzione un decentramento e una maggiore flessibilità, una volta allocato il budget, nella gestione dello stesso ? Sono due modi diversi.
  In un'ipotesi ci sarebbe un rafforzamento della concentrazione, ma poi rimarrebbe forte anche la concentrazione nel monitoraggio dell'esecuzione; nell'altra, invece, si potrebbe rivedere, una volta rafforzata questa concentrazione nell'allocazione, il fatto di lasciare una maggiore flessibilità ai vari ministeri nell'utilizzazione del budget stabilito. Naturalmente, questo significherebbe rivedere anche il ruolo del Ministero dell'economia e delle finanze. Nella vostra visione, verso quale modello pensate sia utile muoversi ?
  Infine, non ho capito molto bene questo ruolo delle azioni, questo modo di rivedere il ruolo dei capitoli e sostituirlo in parte con questo delle azioni. Questo dovrebbe dare maggiore flessibilità, in questo caso, all'unità di spesa, e quindi anche a valle ? Allo stesso tempo, quindi, potrebbe aumentare anche la capacità di valutazione delle performance o modi di utilizzo di queste risorse ? Se così fosse, questa potrebbe essere effettivamente un'innovazione assai interessante.
  Non so se questo si possa mettere a fuoco meglio. Naturalmente, penso che siano cose ancora allo studio adesso, ma in una sorta di schema concettuale si potrebbe capire meglio. Così mi risulta poco chiaro: sostituzione dei capitoli con le azioni, ma poi non si capisce come questo si potrebbe tradurre dal punto di vista del Pag. 35monitoraggio dell'esecuzione di un certo ammontare di risorse da spendere e modalità di questa spesa.

  PRESIDENTE. Aggiungo io un paio di osservazioni facendo mia la riflessione di Guerrieri Paleotti sul riallineamento. Mi pare di aver colto dei temi, ma chiedo al Ragioniere generale dello Stato e al dottor Mazzotta di specificare meglio il riallineamento tra le competenze delle amministrazioni e i programmi. Questa mattina il professor Pisauro ha preso in prestito il modello inglese per ricordarci la distinzione tra le competenze delle amministrazioni e i programmi allineati per rispettare nel miglior modo possibile i limiti di spesa connessi alla spending review.
  Per evitare che la nostra spending sia sempre un sogno che non riusciamo mai a realizzare e che tutto si trasformi in tagli lineari che durante l'anno, in condizione di emergenza, applichiamo, vorrei una parola in più sulle azioni. Mi pare di capire che il tentativo sia quello, attraverso le azioni, di entrare in una specificità maggiore che consenta alle competenze delle amministrazioni di essere completamente riallineate rispetto agli obiettivi.
  Condivido pienamente l'avvicinamento il più possibile tra cassa e competenza e la necessità di ricondurle a dati simili, soprattutto nell'anno. Trovo oggettivamente il dato dei residui passivi perenti una spia davvero da allarme rosso. Oltre 80 miliardi di euro di residui passivi sono il segno di un sistema che non funziona più e va completamente cambiato. Allo stesso modo, trovo i 60 miliardi di euro di gestione fuori bilancio sproporzionati e oggetto – lo dico ai colleghi per quando affronteremo la riforma – di un intervento assolutamente necessario.
  Due domande operative sono legate alle istanze che arrivano dalle due Commissioni bilancio di Camera e Senato e vi chiedo una risposta chiara.
  Abbiamo avanzato una proposta anche in sede legislativa per evitare che siano utilizzate a copertura di leggi di spesa le risorse dell'otto per mille, che rappresentano scelte dei cittadini. Più volte nel confronto con gli ultimi Governi che si sono succeduti c’è stato un impegno, un'assunzione di responsabilità al riguardo. Iniziò Monti, ha continuato Letta, abbiamo proseguito con questo. Ora c’è all'esame della Commissione bilancio della Camera una modifica alla legge di contabilità pubblica e serve un vostro parere finale per completare questo lavoro. Penso che sia utile tagliarci i ponti alle spalle per essere tutti coerenti e corretti rispetto a decisioni assunte liberamente dai cittadini, per consentire che quelle risorse non siano più utilizzate come coperture, andando in altre direzioni.
  Vengo ora a un tema molto operativo. Ci sono molte opere, piccole e piccolissime, decise dai comuni sulla base di vecchi atti di indirizzo del Parlamento, la cui destinazione è stata modificata negli anni. Ci ritroviamo decine, se non centinaia, di richieste di modifiche di quegli atti di indirizzo: vorrei sapere se secondo voi è necessaria una norma, magari di indirizzo, o se basta un atto di indirizzo delle due Commissioni di Camera e Senato. Mi riferisco a quelle che un tempo si chiamavano leggi mancia, come è noto. Questa legislatura non ha mai deliberato leggi di tale natura, né la scorsa dal 2012 in poi, ma c’è un numero infinito di piccole opere che sono state realizzate o sono in corso di realizzazione, ed è necessario un atto di indirizzo. A questo punto, anche per chiudere quei capitoli passati, vorrei sapere se secondo voi è necessario un semplice indirizzo delle Commissioni bilancio, lo faremo per chiudere quella stagione; se serve una norma, con i gruppi parlamentari d'accordo, lo faremo con la prossima legge di stabilità. Vorremmo il vostro punto di vista anche su questo.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  DANIELE FRANCO, Ragioniere generale dello Stato. Darò una prima risposta e poi passerò di nuovo la parola al dottor Mazzotta.
  Onorevole Palese, credo che siamo d'accordo su molti punti, innanzitutto sul Pag. 36fatto di effettuare altri incontri. Ovviamente, siamo assolutamente disponibili. Gli incontri possono essere formali, come questo, ma è forse anche più efficace avere incontri più informali su temi specifici. Abbiamo lasciato fuori tutta la questione della finanza decentrata, che lei ha toccato invece a più riprese.
  Sull'invito alla leggibilità dei documenti siamo assolutamente d'accordo. Anche su questo, che è un percorso che vorremmo fare, qualsiasi suggerimento o indicazione che ci venga è assolutamente benvenuto.
  Quanto al tema del monitoraggio, sì, servono le sanzioni.
  Su cosa debba essere la Ragioneria non tocca certamente alla Ragioneria medesima fare commenti.
  Come dicevo, senatore Guerrieri Paleotti, non credo che sulla questione dei tempi ci siano soluzioni ottimali sotto tutti i profili. Vari Paesi hanno soluzioni diverse, che tengono conto un po’ di quanto è stato fatto in passato, un po’ di specificità nazionali. Vedo due punti contro un'unificazione all'inizio di ottobre. Ripeto che ci sono anche punti favorevoli di semplificazione, ma contro vedrei due punti: tradizionalmente, abbiamo un assetto che separa il momento in cui si fissa l'obiettivo per il saldo, da quello in cui poi si entra nel merito delle singole voci di entrata e spesa.
  Questa separazione poi in qualche modo lega le mani alla persona stessa che ha deciso il saldo. Questa è una decisione che è stata presa forse molti anni fa, quando c'erano i DPEF. Si tratta di valutare se sia bene mantenere o meno questa situazione. Io credo che sia bene avere una separazione tra il momento in cui si enuncia l'ammontare dell'obiettivo per l'indebitamento netto e la fase in cui ci si arriva, specificando i singoli interventi. Ovviamente, possono esserci opinioni diverse.
  Una seconda questione è che la Nota di aggiornamento del DEF è tecnicamente complessa e la parte macro interagisce con la parte di finanza pubblica perché le due parti devono essere coerenti. Il fatto di definire prima gli obiettivi e avere un quadro non solo tendenziale, macro e di finanza pubblica, ma anche un quadro di finanza pubblica programmatico, ancorché non definito in tutti i dettagli – il grosso esce definito con la Nota di aggiornamento – fa sì che si possa ricavarne un quadro macroeconomico coerente.
  Se aspetto l'ultimo minuto per definire l'obiettivo di finanza pubblica, per grandi linee, ma anche ovviamente i dettagli, e a quel punto devo valutarne le implicazioni macroeconomiche, ho bisogno di tempo. Tutto si regge, come dicevo, se il Governo anticipa molto. Ora questo processo tecnico si svolge nell'arco più o meno di tutto il mese di settembre e alla fine per la produzione del documento a Bruxelles vi è un ultimo aggiornamento, ma sarà un processo più diluito. Se dicessimo che tutto viene fissato al 1o ottobre, occorrerebbe definire la manovra verso il 20-25 settembre, poi daccapo incontreremmo il problema di possibile incoerenza con i dati ISTAT.
  Questo per dire che tutto si può fare, ma che ci sono i pro e i contro. Tenderei a preferire la soluzione a due stadi, fermo restando che ci sono pro e contro. Vedo molto, però, il nostro problema tecnico, all'interno del Tesoro, di gestione di una finanza pubblica molto complicata e di un quadro macroeconomico molto complicato, che deve essere coerente nell'interazione.
  Direi che sugli altri punti può forse rispondere meglio il dottor Mazzotta.

  BIAGIO MAZZOTTA, ispettore generale capo IGB. La domanda dell'onorevole Palese e del presidente Boccia su competenze e programmi era sostanzialmente la stessa. Nell'ambito del processo di revisione della struttura per missioni e programmi una delle nostre idee era quella di provare a ridefinire in maniera migliore i programmi e le missioni in funzione delle competenze vere, quindi riallocando presso i ministeri competenti alcuni programmi che oggi inopportunamente sono in altri.Pag. 37
  Parliamoci chiaro: il grosso dei programmi sta sul Ministero dell'economia e delle finanze. Noi abbiamo tanti programmi condivisi con altri ministeri. Oggi li abbiamo perché la legge dell'epoca dice che il fondo è iscritto presso il Ministero dell'economia e delle finanze, quindi comunque per riuscire a spostare gli stanziamenti devo farlo con una norma. A parte questo, la nostra logica è proprio rivolta a questa situazione, fermo restando che per alcuni fondi, come i contratti di programma e di servizio delle grandi imprese pubbliche, il nostro nulla osta è sul lato finanziario ovviamente. Nel merito entra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nel caso dell'ENAV o il Ministero dello sviluppo economico nel caso delle Poste. Detto questo, la risposta è assolutamente sì. L'idea è quella di provare a ricondurre i programmi lì dove sono le competenze.
  Quanto alla domanda del senatore Guerrieri Paleotti sul processo top-down, sicuramente fino a oggi stiamo continuando a lavorare bottom-up: le amministrazioni presentano le loro proposte partendo dai capitoli di bilancio, e questo a nostro avviso «aiuta» a fare richieste sempre aggiuntive rispetto alla dotazione per perseguire i propri obiettivi.
  Qui bisogna cambiare un po’ l'ottica. In realtà, qui il processo di revisione della spesa è dato dagli obiettivi di spesa, cioè o dal tetto, per alcune tipologie di spese, o dal risparmio che qualcuno deve fare. Forse partendo da quello magari l'amministrazione potrà ragionare in maniera diversa e magari sarà costretta a fare delle scelte sulle priorità, cosa che oggi non fa perché, siccome è tutto prioritario, ci chiedono soldi in più per qualsiasi cosa, che molto spesso non diamo. Qualche volta, compatibilmente con i saldi, riusciamo a fare qualcosa, ma col bilancio formale oggi non si fa chissà cosa.
  L'idea è quella di cambiare il processo, partire dall'alto, provare a mettere questi paletti. Alcune esperienze in altri Paesi hanno funzionato. Ovviamente, ci sono i pro e i contro, ma questo fa sì che si conceda un po’ più di flessibilità all'amministrazione nel disporre direttamente alcuni spostamenti di risorse. Non viene assolutamente meno il nostro controllo. Lungi da pensarlo; almeno questa è l'opinione di Biagio Mazzotta, poi il Ragioniere generale può pensarla diversamente.
  Come diceva l'onorevole Palese, il problema del controllo preventivo che sparisce crea a volte qualche problema. Lo vediamo con le contabilità speciali, perché controlliamo solo ex post quelle gestioni dei fondi. Quello non è tempo reale, quindi non controlliamo tutto in quei casi. Non è detto poi che funzioni male. Questo è il nostro punto di vista. In questo senso, servirebbero maggiore flessibilità e responsabilità.
  Oltretutto, ripeto che le amministrazioni si lamentano tanto che a volte non hanno la cassa: lo facciano da soli, non c’è bisogno che lo facciamo noi. Magari supervisioniamo, ma lo facciano loro. A volte hanno molta fantasia nello spostare risorse, magari prendendole dagli stipendi per metterle sul funzionamento. Era questo il senso.
  Allo stesso modo, avevamo immaginato il ruolo delle azioni in modo da dare maggiore trasparenza. Oggi il bilancio della giustizia è una pagina: sfido chiunque a capire che cosa fa la giustizia da quella pagina. La nostra idea era quella di far capire meglio che cosa si fa con quei soldi. Ed è importante questo anche ai fini dell'individuazione degli obiettivi e degli indicatori di performance, perché sono aspetti collegati. Il programma deve essere collegato all'obiettivo, all'indicatore. Su questo stiamo avendo contatti con la funzione pubblica per cercare un sistema migliore rispetto a quello che abbiamo oggi, ma ci vuole tempo. Forse, però, questo potrà aiutare ancora un po’ di più. Gli indicatori sono importanti.
  Allo stesso modo, il Parlamento dovrebbe, a mio avviso personale, riprendere un po’ in mano la discussione sul consuntivo, oggi un po’ tralasciata considerandola Pag. 38una gestione chiusa. Sarebbe utile capire che cosa si è fatto, che cosa si è realizzato, che effetti ha avuto un intervento. Questa è una parte importante.
  Per rispondere alla domanda del presidente, se non ricordo male, riguardo alla copertura sull'otto per mille, la richiesta ha una sua logica. Siccome bisognerà presentare un disegno di legge di modifica della legge n. 196 del 2009, si potrebbe abbinare a quest'ultimo disegno di legge la proposta menzionata relativa all'utilizzo delle risorse dell'otto per mille. Potrebbe essere un'indicazione: tra le modalità di copertura delle leggi di spesa non è possibile utilizzare quei capitoli il cui stanziamento è stato scelto dal contribuente nell'ambito delle sue prerogative espresse con la dichiarazione dei redditi. Personalmente, non ho problemi. Non so se ne abbia il Ragioniere. Io non ho nessun tipo di preclusione.
  Quanto al discorso delle piccole opere, in via amministrativa possiamo approfondirlo. Non so se vuole intervenire il collega Bilardo, perché è lui che segue, per quanto riguarda noi, questo problema.

  SALVATORE BILARDO, ispettore generale capo IGEPA. Per capire anche meglio la domanda: a noi risulta che per le piccole opere tutto quello che c'era da destinare con le risoluzioni parlamentari è stato destinato. Restano delle code per quei comuni, comunque un numero abbastanza limitato, che chiedono, rispetto alla finalità originaria individuata dalla risoluzione parlamentare, se possono cambiare destinazione alle risorse.
  Ovviamente, come Ragioneria generale dello Stato, dato che il decreto del Ministro di fatto non ha nessun potere discrezionale, ma recepisce integralmente le decisioni contenute nelle risoluzioni parlamentari, rispondiamo dicendo che devono chiedere alla Commissione una diversa destinazione, ma non ci sembrano casi numerosissimi. Sono numeri abbastanza limitati. Di nuovo non ce n’è nulla da destinare. Su tutto il vecchio abbiamo incentivato tutto il sistema dei controlli con le Ragionerie territoriali e le prefetture, per cui il fenomeno dovrebbe riguardare pochi casi.
  Dato che è la fonte iniziale a indicarci la finalità, ovviamente ci rimettiamo alla nuova destinazione da parte della legislazione. Se necessita o meno un intervento legislativo, possiamo approfondirlo, ma nella nostra idea c’è che, se la legislazione iniziale ha dato quella finalità, la stessa legislazione ne autorizza un'altra, ed è poi il decreto ministeriale che recepisce quelle decisioni. Ripeto, però, che se dal punto di vista giuridico si ritiene che debba essere la fonte legislativa, non abbiamo nulla in contrario, anzi, ma non vediamo l'entità del fenomeno. Sono casi rari, non frequentissimi. Potrei citarli nell'ordine della decina, non di più.

  ROCCO PALESE. Va fatto un approfondimento ulteriore. La situazione è controversa. C’è chi dice che occorre per forza un piccolo intervento legislativo, che si potrebbe fare in qualsiasi prossimo provvedimento che esamineremo, come il decreto-legge n. 78 del 2015, in materia di enti territoriali, che è in fase avanzata al Senato; altrimenti dovremo vederci prossimamente.

  PRESIDENTE. Serve un'altra risoluzione parlamentare.

  ROCCO PALESE. La situazione deriva da una gestione cattiva o approssimativa. Le leggi mancia prevedevano interventi a casaccio, e chiaramente qualcosa coglievano. A volte si trattava di interventi su terreni non edificabili, o non di proprietà del comune: ne hanno fatte di tutti i colori. Bisogna cercare di aggiustare questa situazione.

  PRESIDENTE. A volte sono cambiate le amministrazioni.

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  ROCCO PALESE. Anche questo: è cambiata l'amministrazione e ha deciso di fare cose diverse. È vero.

  PRESIDENTE. Proviamo a fare un'altra risoluzione parlamentare, poi ci sarà bisogno di un altro decreto del Ministro.
  Ringrazio i nostri ospiti, anche per la documentazione che ci hanno messo a disposizione, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 3), e auguro loro buon lavoro.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.30.

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