XVII Legislatura

IV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Martedì 10 giugno 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vito Elio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI SERVITÙ MILITARI

Audizione del presidente della Regione Sardegna.
Vito Elio , Presidente ... 3 
Pigliaru Francesco , Presidente della Regione Sardegna ... 3 
Vito Elio , Presidente ... 7 
Pigliaru Francesco , Presidente della Regione Sardegna ... 7 
Vito Elio , Presidente ... 10 
Scanu Gian Piero (PD)  ... 10 
Tofalo Angelo (M5S)  ... 11 
Rizzo Gianluca (M5S)  ... 11 
Vito Elio , Presidente ... 11 
Pigliaru Francesco , Presidente della Regione Sardegna ... 11 
Vito Elio , Presidente ... 13 

Audizione del Capo di stato maggiore della Difesa, Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli:
Vito Elio , Presidente ... 13 
Binelli Mantelli Luigi , Capo di stato maggiore della Difesa ... 14 
Vito Elio , Presidente ... 15 
Binelli Mantelli Luigi , Capo di stato maggiore della Difesa ... 15 
Vito Elio , Presidente ... 20 
Artini Massimo (M5S)  ... 20 
Vito Elio , Presidente ... 21 
Binelli Mantelli Luigi , Capo di stato maggiore della difesa ... 21 
Artini Massimo (M5S)  ... 22 
Vito Elio , Presidente ... 22 
Binelli Mantelli Luigi , Capo di stato maggiore della Difesa ... 22 
Vito Elio , Presidente ... 22 
Piras Michele (SEL)  ... 22 
Binelli Mantelli Luigi , Capo di stato maggiore della Difesa ... 24 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 24 
Binelli Mantelli Luigi , Capo di stato maggiore della Difesa ... 24 
Pili Mauro (Misto)  ... 24 
Binelli Mantelli Luigi , Capo di stato maggiore della Difesa ... 25 
Vito Elio , Presidente ... 26 
Scanu Gian Piero (PD)  ... 26 
Vito Elio , Presidente ... 26 
Binelli Mantelli Luigi , Capo di stato maggiore della Difesa ... 26 
Vito Elio , Presidente ... 27

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ELIO VITO

  La seduta comincia alle 10.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del presidente della Regione Sardegna.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di servitù militari, l'audizione del presidente della Regione Sardegna.
  Do innanzitutto il benvenuto al presidente della Regione Sardegna, Francesco Pigliaru, che oggi ascoltiamo nell'ambito della nostra indagine conoscitiva in materia di servitù militari.
  L'indagine conoscitiva – sia al fine di rispettare il termine del 30 giugno che ci siamo prefissati per la sua conclusione, sia per arrivare alla II Conferenza nazionale sulle servitù militari nel modo più compiuto possibile – subirà in questi due giorni uno stretto calendario di audizioni.
  Iniziamo, come detto, dal presidente della Regione Sardegna. Abbiamo già audito molti rappresentanti dei comuni sardi, ma la Regione Sardegna, come sappiamo, è la regione più investita da questa problematica. Oggi pomeriggio ascolteremo, invece, l'Ammiraglio Binelli Mantelli e domattina il Ministro Pinotti.
  Do il benvenuto, oltre al presidente Pigliaru, al quale ho già rivolto il saluto, anche alle persone che lo accompagnano, ossia la dottoressa Alessandra Berry, rappresentante della presidenza della Regione autonoma della Sardegna, e la dottoressa Daniela Sari, portavoce del presidente.
  Io procederei come di consueto, tenuto anche conto dei tempi di lavoro. Darei la parola subito al Presidente Pigliaru per la sua introduzione. So che ci ha portato anche del materiale che sarà molto utile ai fini della nostra indagine conoscitiva. Successivamente daremo la parola ai colleghi rappresentanti dei gruppi che lo riterranno e, infine, il presidente Pigliaru potrà concludere la nostra audizione.
  Ne approfitto subito anche per fare gli auguri di pronta guarigione a una collega sarda della Commissione, l'onorevole Corda, che era molto interessata a partecipare a questa audizione e che abitualmente partecipa ai lavori della nostra Commissione. So che, però, ha avuto un incidente. Auspichiamo – ne siamo certi – una sua pronta guarigione e un suo pronto ritorno ai lavori nella nostra Commissione.
  Do la parola al presidente Pigliaru per lo svolgimento della relazione.

  FRANCESCO PIGLIARU, Presidente della Regione Sardegna. La ringrazio e saluto tutti i presenti. Farò un intervento abbastanza breve, perché credo che molti aspetti siano conosciuti e che la Commissione abbia interesse soprattutto a conoscere l'orientamento e la posizione della Regione Sardegna di fronte al problema delle servitù militari.
  Io credo che si debba iniziare da una parola, che è una parola chiave: «riequilibrio». La Sardegna ha un gravame di servitù militari, secondo varie stime, che si aggira intorno al 65 per cento delle servitù Pag. 4nazionali, una concentrazione straordinariamente alta. Questo rende la Sardegna di fatto «l'azionista di maggioranza assoluta» – se così si può dire – della partita servitù militari.
  La parola chiave è, dunque, quella di «riequilibrio». Io credo che questa parola sia stata la parola chiave anche della prima Conferenza sulle servitù militari del 1981, perché da lì si è partiti. Il problema, naturalmente, è che non abbiamo visto alcun movimento riguardo a questo riequilibrio e, quindi, esso rimane il punto assolutamente essenziale, che è in prima linea e che non può assolutamente essere dimenticato anche se non riguarda l'immediato.
  Io lo userò questo concetto di riequilibrio anche per le cose più specifiche che dirò. C’è un aspetto strutturale, che è il peso sproporzionato a carico della Sardegna nella partita delle servitù militari. Dobbiamo tenerlo bene in mente ed è un dato, appunto, strutturale.
  Intorno a un dato strutturale si possono naturalmente aprire ambiti che possono essere considerati. Per prendere un termine che si usa nella scienza e nella valutazione del cambiamento climatico, si può ragionare in termini di mitigazione, in attesa o in una prospettiva in cui il problema strutturale venga risolto.
  C’è, quindi, anche un problema di mitigazione. Di volta in volta segnalerò quali sono gli aspetti strutturali e quali gli aspetti che, invece, hanno a che fare con la mitigazione. Mitigazione significa leale collaborazione dentro ad una prospettiva nella quale ci si fa carico, però, dell'aspetto strutturale.
  Questo è un po’ il punto essenziale: da una parte abbiamo una quota davvero straordinariamente alta e poco sostenibile nell'immediato di servitù militari in Sardegna e, dall'altra, abbiamo accertato, nella prospettiva del riequilibrio, alcune cose che possono essere fatte già immediatamente oggi.
  Questo è l'approccio che noi adottiamo in vista della seconda Conferenza sulle servitù militari. Tutti questi elementi, sia quelli strutturali, sia quelli immediati dell'oggi, devono essere considerati insieme. Da questo punto di vista io affronterò il tema oggi proposto in quattro punti che hanno un collegamento sia con l'aspetto strutturale, sia con aspetti che possiamo considerare più contingenti.
  Concludo questa introduzione dicendo che, per quanto riguarda il riequilibrio, la posizione della Regione Sardegna è stata espressa in varie occasioni, a cominciare dalla Conferenza del 1981 sulle servitù militari. Ci sono posizioni che sono state storicamente espresse dalla mia Regione in termini di riduzione importante della servitù.
  Un esempio recente e certamente autorevole di questa posizione è quello rappresentato dalla mozione n.1-00582, presentata due anni fa dall'allora senatore Gian Piero Scanu e poi approvata, che impegnava il Governo Monti a fare alcune cose importanti, per esempio a predisporre la realizzazione entro tre mesi di un piano di progressiva riduzione delle aree della Regione Sardegna soggette a servitù militari, la dismissione dei poligoni di Capo Teulada e di Capo Frasca e la riqualificazione del Poligono di Salto di Quirra, procedendo all'eliminazione di tutte le attività che, sulla base della valutazione dei rischi effettuata ai sensi della legislazione vigente, risultassero suscettibili di produrre danni gravi e irreversibili alla salute umana e animale e all'ambiente. Questo è, quindi, un testo che fa riferimento in modo molto concreto al problema del riequilibrio.
  È inutile che io citi le cifre, ma stiamo parlando di oltre 30.000 ettari impegnati dal demanio militare, di cui 13.000 sono gravati strettamente da servitù militari vere e proprie. Ci sono poi dei calcoli che possono essere fatti per quanto riguarda gli spazi aerei e i vasti tratti di mare. Ci sono 80 chilometri di costa che non sono accessibili alle attività economico-turistiche e poi, naturalmente, ci sono tutti gli spazi di sicurezza intorno a questi aspetti. Stiamo parlando di una questione molto importante.
  Inoltre, non deve essere dimenticato il fatto che noi abbiamo i poligoni di Perdasdefogu Pag. 5e Teulada che sono i più vasti di Europa. Su questo punto voglio tornare. Bisognerebbe fermarsi un attimo e chiedersi come mai abbiamo in Italia, in generale, e in Sardegna, in particolare, i poligoni più vasti d'Europa. L'Europa non ha poligoni così vasti per definizione e questo è un punto sul quale vorrò tornare fra un attimo.
  Prima ancora noi abbiamo delle servitù e anche delle risorse che vengono assegnate a fronte della servitù; risorse – chiamiamole così – che dovrebbero essere compensative per i territori e per le servitù.
  In merito c’è un punto che non so se sia stato citato nelle precedenti audizioni, ma che è particolarmente interessante. Io noto che nel 1990-1994 il compenso, trasformato in euro, corrisponde a 14 milioni di euro e che nel 2005-2009 siamo alla stessa cifra. Naturalmente questa situazione andrà valutata in termini reali per mostrare come, di fatto, il compenso sia andato riducendosi nel tempo.
  Questo è un punto che sicuramente verrà messo molto in evidenza. Ci sono anche delle oscillazioni – nel 1995-1999 il contributo è stato della metà – ma quello che mi interessa è la tendenza. Da quello che vedo noi, a livello nominale, siamo allo stesso livello di molto tempo fa. In termini reali ciò significa un depauperamento della compensazione molto significativo, che non ha alcuna giustificazione. Non ci sono motivi per ritenere che le compensazioni possano essere ridotte a fronte di qualche altro beneficio di cui non siamo consapevoli. Questo è un punto che voglio citare.
  È bene anche precisare che il compenso per il 2010-2014 non è stato né definito, né erogato e che tutti i sindaci con cui abbiamo parlato lamentano l'incertezza dei tempi di erogazione, il fatto che l'erogazione avvenga ex post piuttosto che ex ante e per quinquenni anziché anno per anno. Ciò comporta una complicazione enorme rispetto a vent'anni fa. Oggi c’è un Patto di stabilità che morde molto e in questa situazione i soldi arrivano in ritardo, in quantità ridotta in termini reali e impattano sul Patto di stabilità stesso, rischiando di non poter essere spesi o di poter essere spesi con molta difficoltà. Questo è un punto che verrà portato all'attenzione della Conferenza.
  Le soluzioni sono molto semplici. Dovrebbero esserci iscrizioni annuali in anticipo, in modo che le cifre possano essere iscritte nel bilancio con certezza e possano essere spese nell'arco dell'anno. Esistono modi per essere meno vincolati dal Patto di stabilità. L'erogazione diventa, quindi, un fondamentale aspetto della compensazione, che altrimenti rischia di essere tardiva e un po’ nominale e di non poter entrare nell'economia reale. Questo è un punto importante.
  Volevo citare, inoltre, rapidamente alcuni aspetti che non rappresentano solo il punto di vista chi vi parla e, quindi, della Regione Sardegna, ma anche il risultato di incontri che abbiamo fatto con i sindaci. Sentirete probabilmente argomenti che avete già ascoltato in quest'aula in altre occasioni.
  Il primo punto è quello della tutela ambientale e della salute, che è un punto assolutamente essenziale ed è stato sottolineato molto fortemente. Senza entrare troppo nel dettaglio, perché poi potremo interloquire su questi aspetti, c’è un elemento che va considerato. Io ora toccherò vari punti separatamente, ma in realtà sono tutti molto collegati.
  Per esempio, è ovvio che la tutela ambientale della salute sia una questione assolutamente essenziale, come è assolutamente essenziale che si abbia la massima trasparenza sui dati amministrativi che riguardano le attività che si svolgono nei poligoni. Ne abbiamo un assoluto bisogno. Noi abbiamo assolutamente bisogno di avere la massima trasparenza e sistematicità. Dobbiamo sapere tutto quello che succede, qual è la situazione attuale e, quindi, qual è lo stock della situazione ambientale in tutti i luoghi soggetti a servitù militari e a che punto siamo oggi. Ci interessa conoscere anche il flusso, ossia quello che succede e che cosa succederà in seguito, per avere un quadro assolutamente completo della situazione.Pag. 6
  Credo che questo sia interesse nostro ma anche delle Forze armate e del Governo italiano. Abbiamo bisogno di una trasparenza totale e completa. Mi pare di capire che su questo punto non ci siano grandissime controversie. Mi sembra che ci sia un indirizzo univoco nel migliorare enormemente la produzione e comunicazione dei dati che riguardano la tutela ambientale e della salute.
  C’è un altro aspetto, però, che è fondamentale e che i sindaci con molta chiarezza hanno sottolineato: l'incertezza è, ovviamente, un problema molto importante per le popolazioni, per chi vive nelle aree intorno alle servitù militari, ma è anche fondamentale per l'aspetto dello sviluppo turistico e ambientale, che può comunque avvenire persino a normativa vigente.
  I dubbi sullo stato dell'inquinamento delle servitù militari dal punto di vista della qualità ambientale e della salute stanno creando enormi incertezze all'attività turistica. Il turismo, come sa chi studia il fenomeno, è un settore ad altissima reattività. Basta una notizia sbagliata per far sparire importantissimi flussi di turismo. Oggi, quindi, qualunque incertezza in questa materia è assolutamente grave per lo sviluppo alternativo, che può avvenire anche all'attuale presenza delle servitù militari. Questa incertezza, quindi, aumenta in modo significativo i costi della presenza delle servitù militari. Anche questo è un problema che è interesse di tutti affrontare.
  La Regione Sardegna propone l'istituzione presso i poligoni di osservatori ambientali, che tendenzialmente devono essere autorevoli. L'autorevolezza è fondamentale quando si generano e si comunicano dei dati. È tutto. Possiamo discutere su cosa intendiamo per osservatori autorevoli, se devono essere indipendenti, se devono essere condivisi o se devono essere a carico dei tecnici dell'ARPA e della Regione. È un tema sul quale siamo pronti a discutere, ma questo è un punto di straordinaria importanza, io credo.
  La Regione Sardegna, in qualunque intesa possibile da firmare nei prossimi giorni e nei prossimi mesi, intende porre una clausola per la quale il Ministero della difesa debba impegnarsi, con decorrenza immediata e improcrastinabile, a ogni azione tesa alla tutela e alla bonifica del territorio – si parla di bonifica del territorio perché, nel caso in cui ci fossero gravi livelli di inquinamento, bonificare è fondamentale, per lo stesso motivo che dicevo prima, ossia, oltre che per motivi etici e che riguardano la salute di chiunque viva nelle aree circostanti, anche per motivi esplicitamente economici, per poter utilizzare le aree non soggette a servitù militari per sviluppi alternativi – alla salvaguardia massimale della sicurezza degli operatori e delle popolazioni e via discorrendo. Continuiamo con un'argomentazione di questo tipo.
  Torniamo alla questione del riequilibrio, di cui ho già detto. Pensare a un riequilibrio significa porsi fortemente le domande strutturali e radicali, ossia chiedersi quale sia il senso oggi di avere territori così vasti soggetti a servitù militari e così fortemente concentrati in Sardegna. Ho già detto quali sono gli obiettivi definiti, per esempio, da una mozione parlamentare che parla della possibilità che i poligoni di Capo Frasca e Teulada siano considerati non più interamente strategici, suggerendo al limite di concentrare le attività intorno al Poligono del Salto di Quirra. Di questo abbiamo già detto, e questo è il dato strutturale.
  Per quanto riguarda la mitigazione, sarebbe molto importante ragionare da subito su ciò che è davvero considerato essenziale anche nel breve periodo e su ciò che non è considerato essenziale. Da questo punto di vista io vedo una difficoltà di interlocuzione, che faccio anche un po’ fatica a capire, perché abbiamo a che fare con dimensioni che sono rimaste praticamente costanti nel passaggio di moltissimi decenni.
  Il mondo è completamente cambiato. Le tecnologie e lo scenario internazionale sono cambiati, non c’è più una Guerra fredda, ma queste sono tutte argomentazioni che la Commissione d'inchiesta ha svolto in modo esemplare e a cui si può Pag. 7fare riferimento. Questa descrizione di un cambiamento di scenario mette fortemente in dubbio la continuità assoluta che c’è stata, invece, nella definizione delle servitù militari.
  Io credo che oggi aiuterebbe molto una mappatura ragionata e critica dei poligoni per capire che cosa sia davvero core per i poligoni dal punto di vista delle esigenze della Difesa e delle esigenze militari e che cosa, invece, non sia core. È poco credibile che tutto sia rimasto core nel passaggio di tantissimi decenni. Questo dovrebbe essere un terreno in cui ci si apre molto rapidamente alla mitigazione dell'impatto delle servitù militari, pur nella prospettiva di una dismissione più radicale.
  Per fare un solo esempio, i sindaci di Teulada e di Sant'Anna Arresi chiedono con molta forza che ci siano delle immediate soluzioni per quanto riguarda le aree ai confini del Poligono. Adesso non abbiamo le mappe con noi, ma a destra e a sinistra del Poligono fronte mare ci sono due spiagge importantissime, il cui uso è oggi drasticamente limitato dalle servitù militari. Parlo di Porto Tramatzu e delle Sabbie bianche.
  Sono piccoli esempi di situazioni che si potrebbero risolvere molto facilmente. Questo aiuterebbe molto uno sviluppo turistico piccolo e tutt'altro che sufficiente, ma sarebbe comunque un gesto di buona volontà da parte di tutti. Peraltro, si tratta di due aree che coincidono con aree SIC, per le quali i sindaci hanno progetti di sviluppo in chiave di tutela ambientale, progetti chiari e seri, che oggi sono vincolati da questa esagerata rigidità intorno a questioni che, con un po’ di flessibilità, si risolverebbero facilmente e, credo, nel pieno rispetto soprattutto del buonsenso.
  Ci sono anche altre piccole cose che possono riguardare, per esempio, La Maddalena, con la servitù di Guardia del Moro, che oggi è scaduta e di cui bisogna discutere. Ci sono aspetti interessanti che potrebbero dare immediato avvio a un movimento verso una prospettiva più strutturale, quella del riequilibrio di cui ho parlato a lungo.
  C’è poi un tema che voglio anticipare per un attimo. Sarò breve, ma spero che non sfugga il punto che sto per fare. Dicevo prima che abbiamo i poligoni più grandi d'Europa. Credo che sia giusto chiederci perché abbiamo tuttora i poligoni più grandi d'Europa e perché l'Europa non abbia poligoni tanto grandi.
  Io ho la mia idea, che è molto semplice. Nella vita precedente facevo l'economista e, quindi, è certamente un'idea condizionata dal mio mestiere, dalla mia professione.

  PRESIDENTE. Crede nella reincarnazione.

  FRANCESCO PIGLIARU, Presidente della Regione Sardegna. Credo nella non totale separazione, più che altro. Magari mi reincarnerò in qualcos'altro in futuro.
  Sono consapevole, quindi, dal punto di vista professionale, che ogni volta che si ha a che fare con risorse naturali – lo insegniamo nel primo anno di università, quando si tengono i corsi di base di economia – c’è una famosa tendenza a farne un uso eccessivo.
  Questo per un motivo molto semplice: perché le risorse naturali non hanno attaccata la targhetta con il prezzo. Il mercato non attribuisce alle risorse naturali automaticamente un prezzo. Se qualcuno deve comprare dei carri armati o delle munizioni, sa esattamente quanto costino e, se arriva il Governo che dice che si deve fare una spending review e ridurre le spese su tutte le voci vive del 5 o del 10 per cento, come ci succede, questo avviene, ragion per cui sicuramente si comprerà un carro armato in meno e si starà molto attenti a non esagerare nell'uso di materiali che sono costosi.
  C’è una sola eccezione a questa spending review che mi venga in mente, ed è l'uso del territorio, che invece rimane perfettamente costante passando per crisi economiche, spending review, gestioni di debiti pubblici e qualunque altra situazione.
  Questo, per uno che ha fatto l'economista, è tutt'altro che misterioso e rivela Pag. 8esattamente una questione che si chiama tecnicamente «fallimento del mercato», ossia il fatto che non si riesca ad attribuire un prezzo a una certa cosa che, invece, ha moltissimo valore sociale. Semplicemente questo elemento non riesce a emergere, come emerge facilmente, invece, il prezzo di un carro armato.
  Questo è un punto. Io non ho visto questo punto trattato nell'interlocuzione e nella leale collaborazione tra tutti noi, tra i vari livelli del Governo. Esso andrà, invece, portato alla massima attenzione di tutti, perché esistono tecniche, riconosciute ormai persino a livello della giurisprudenza internazionale dai tribunali internazionali, attraverso le quali si può attribuire un valore a risorse naturali che automaticamente non ricevono valore dai meccanismi di mercato.
  Termino questa parentesi semi-accademica della vicenda, ma il punto ha davvero una rilevanza molto importante: esistono tecniche basate su valutazioni contingenti e analisi controfattuali che consentono di stimare il valore di queste risorse. Io sono profondamente convinto che avere servitù militari così grandi, spesso in parte non utilizzate e apparentemente non essenziali, e la persistenza di quella situazione vengano dal fatto che non siano attribuiti costi realistici all'uso di queste servitù nella loro attuale dimensione.
  Io credo che sia molto importante attribuire costi realistici. Vorrei una situazione in cui mi si dica: «Io, Difesa, io Governo, o quello che si vuole, ho assolutamente bisogno di 13.000 ettari, ma di questi 13.000 ettari devo avere un costo riconosciuto e condiviso, perché, a fronte di tale costo, mi aspetto che, una volta che questo venga attribuito seriamente, si possa anche ragionare e dire che eventualmente i 13.000 ettari costano troppo rispetto a quello che serve e che magari ne servono 7.000, 8.000 o 9.000».
  Questo non succederà mai, questo processo non partirà mai fino a quando non riusciremo ad attribuire un realistico costo a ogni ettaro di servitù militare, esattamente come si attribuisce un realistico costo a un carro armato. Nel caso del carro armato si arriva, quando c’è una spending review, a dire: «Forse posso fare le stesse cose con un po’ meno carri armati, perché non posso permettermi di averne il numero che avevo vent'anni fa». Abbiamo bisogno di arrivare a questo perché i carri armati sono una cosa seria, ma le risorse naturali sono una cosa più seria, anche perché possono subire danni irreversibili.
  Spero di essere riuscito a sottolineare l'importanza di questo punto, nonostante qualche piccolo passaggio semi-accademico. Questo punto si risolve con il fatto che noi, il Governo e il Ministero della difesa ci accordiamo per avere una valutazione indipendente di questi costi al livello più alto internazionale, con gli standard di ricerca oggi disponibili, riconosciuti internazionalmente e davvero molto avanzati. Possiamo benissimo trovare un soggetto terzo di alto prestigio scientifico che faccia questa valutazione.
  Per dirla tutta, la mia intuizione mi dice che questa valutazione avrà risultati molto differenziati: in alcune aree, per alcune servitù, fornirà dei risultati di un certo tipo, per altre aree fornirà risultati di altro tipo. Dobbiamo assolutamente avere chiaro quale sia il costo della servitù militare in termine di mancato sviluppo alternativo, uno sviluppo alternativo che è stato impedito dalla servitù militare stessa. Solo in questo modo si può avere una valutazione realistica dei costi e si può aprire un tavolo nel quale sedersi molto seriamente e chiedersi: «Servono davvero tutti questi ettari ? Ne siamo sicuri ? O semplicemente sono rimasti lì perché apparentemente hanno un costo pari a zero ?».
  Questo è un punto che noi metteremo con molta forza, con la richiesta, molto operativa e semplice, di trovare un soggetto scientificamente autorevole internazionale che faccia, a nome di tutti noi, questa valutazione per definire costi realistici, che sono non solo la base della gestione ottimale della risorsa naturale per non farne un uso eccessivo quando non ce n’è bisogno, ma sono anche alla base di Pag. 9una definizione più realistica della partita delle compensazioni di cui dicevo prima.
  Svolgo ancora pochi punti. Uno riguarda i processi di riconversione. Anche questi aspetti sono stati affrontati con molta chiarezza, sia nella mozione già citata, sia nelle relazioni della Commissione di indagine. Si è parlato molto spesso della necessità di sviluppare gli aspetti che riguardano l'uso duale delle servitù militari.
  Ci sono esempi molto chiari, ma la sostanza è questa: l'attività intorno alle servitù militari ha certamente un buon potenziale di attrarre e sviluppare investimenti in ricerca e innovazione che riguardano non soltanto aspetti strettamente militari, ma anche aspetti a questi collegati. Come si sa, moltissime innovazioni del mondo che hanno raggiunto noi, a cominciare da Internet, sono partite da esigenze militari. Questo è un punto importante.
  Su questo procedo molto rapidamente, altrimenti rischio di dilungarmi. Direi che c’è una regola molto semplice: fatti pari a cento gli investimenti in corso e già impostati intorno ad attività militari e duali in Italia – immaginando di conoscerli nella loro attuale dimensione – fatto pari a cento l'impegno in ricerca e innovazione nell'ambito militare e duale da parte del Governo, del Ministero della difesa e del settore ad esso collegato, io credo che la quota parte che dovrebbe andare alla Sardegna dovrebbe essere proporzionata al gravame delle servitù militari ivi collocate. Noi abbiamo il 65 per cento delle servitù militari. Io credo che dobbiamo mirare ad avere tendenzialmente una quota simile della ricerca che si svolge in ambito militare e in quello ad esso collegato.
  È una regola semplice, che fa riferimento a una regola che nel passato è stata adottata per lo sviluppo del Mezzogiorno d'Italia, quando si è deciso il 40 per cento dei nuovi investimenti delle partecipazioni statali dovesse collocarsi nel Mezzogiorno d'Italia. Le regole semplici aiutano a chiarirci le idee. Questa è la regola che noi proponiamo, perché, oltre a essere semplice, ha molto senso. Noi siamo gli azionisti di maggioranza sul lato dei costi. Vogliamo essere gli azionisti di maggioranza anche sul lato dei benefici che tali costi devono bilanciare.
  Anche su questo aspetto ci sono interlocuzioni, ipotesi e idee. Ci sono tutte le ricerche aerospaziali, che sono certamente interessanti, le ricerche sui droni e sull'UAV, che sono per noi molto interessanti. Noi abbiamo molto spazio e c’è un contesto particolarmente utile per collocare in Sardegna una parte importante di questo tipo di investimento. Questo è un altro punto cruciale che noi vogliamo portare all'attenzione di questa Commissione e, tendenzialmente, della Conferenza.
  Ci sono poi ancora aspetti di mitigazione che sono importanti e che riguardano l'impatto delle attività esercitative sulle prospettive di sviluppo dei territori. In merito le lamentele sono davvero tante. Come dicevo prima nel caso dell'incertezza sulla situazione ambientale di alcuni poligoni, tale incertezza ha un impatto molto negativo sulle attività economiche che possono svolgersi nelle zone che circondano le servitù militari. L'attuale calendario delle esercitazioni sta creando problemi crescenti a quelle attività.
  Il calendario, in alcuni casi, parte oggi dal 20 giugno e arriva al 20 settembre. Ciò significa che, per esempio, in questi giorni sembra che già vi siano disdette da parte dei turisti preoccupati dall'impatto delle esercitazioni, molto rumorose e molto impattanti. Se voi ascoltaste gli albergatori delle zone interessate, scoprireste che diventa sempre più difficile allungare la stagione in quelle aree, perché l'attività di esercitazioni che vi si svolge è, in alcuni casi, scandalosamente impattante a giugno, quando cominciano ad arrivare i turisti.
  È una situazione davvero un po’ incomprensibile, nel senso che in un calendario normale di esercitazioni si dovrebbero collocare le esercitazioni più impattanti il più lontano possibile dai momenti in cui la gente cerca disperatamente di creare lavoro allungando la stagione turistica.Pag. 10
  In questo contesto credo che un po’ di buonsenso aiuterebbe. Il nostro buonsenso dice che fare una mitigazione di questi impatti significa avere una zona di interruzione di esercitazioni dal 1o giugno al 30 settembre. Io credo che ci sia una tendenziale disponibilità. Forse il problema è la velocità. Io credo che non si debba essere lenti nell'andare verso una soluzione che si ritiene di buonsenso, altrimenti gli investimenti turistici nelle zone cui stiamo facendo riferimento non arriveranno mai, perché non ci sarebbe economicità.
  Devo anche evidenziare che a Capo Frasca la zona di sospensione attuale non è nemmeno dal 20 giugno al 20 settembre, ma dal 30 giugno al 31 agosto. È, quindi, ancora più limitata e questa è una lamentazione specifica di quell'area.
  Credo di avere concluso. Abbiamo toccato tutti i punti. Rimane, e la cito soltanto, la necessità di riavviare i processi di dismissione e di acquisizione del patrimonio regionale di beni immobili del demanio militare non più in uso e non più necessari. Su questo tema esiste un'anagrafe precisa e ci sono state interlocuzioni, ma c’è stata un'interruzione, che forse non è interamente responsabilità del Ministero. Noi siamo pronti a riprendere questa interlocuzione per la soddisfazione di tutti.
  Questo è quanto dovevo dire e qui mi fermo.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Lei ha illustrato, devo dire in maniera molto puntuale ed efficace, il punto di vista della Regione che rappresenta. Alcune questioni sono state effettivamente già esaminate nel corso della nostra audizione.
  Noi ci poniamo l'obiettivo, nella finalità dell'indagine conoscitiva, di contemperare le esigenze degli enti locali, dei comuni e delle regioni con quelle di addestramento e di formazione che saranno rappresentate oggi pomeriggio e domani dall'amministrazione della Difesa. Questo, naturalmente, in un'ottica, come sta facendo dall'inizio della legislatura la nostra Commissione e verso la quale si sta andando, di difesa comune europea. Si tratta, quindi, di vedere, anche per quanto riguarda lo spazio addestrativo e di formazione del quale hanno bisogno le Forze armate, se tutto ciò possa essere soddisfatto all'interno del riequilibrio nazionale che diceva Lei, ma anche all'interno di un equilibrio europeo.
  Lei ha fatto riferimento ai lavori della precedente legislatura e all'iniziativa dell'onorevole Scanu. L'onorevole Scanu oggi è capogruppo della nostra Commissione e sarà relatore della proposta di documento conclusivo dell'indagine conoscitiva. Ha chiesto la parola e io gliela do volentieri.

  GIAN PIERO SCANU. Grazie, presidente. Desidero ringraziare il presidente Pigliaru per l'importante contributo che ha voluto fornire a questa Commissione, importante non solo in termini di merito, rappresentato perfino nel dettaglio, ma anche di visione di una problematica rispetto alla quale c’è l'estrema necessità di individuare la maniera migliore per trovare soluzioni.
  Io credo, Presidente Vito, che Lei abbia fatto molto bene, qualche istante fa, a ricordare la necessità che la materia venga inquadrata in un contesto europeo. Tutto ciò, alla luce delle valutazioni che ha svolto il presidente Pigliaru, ci facilita il compito nella predisposizione della nostra relazione.
  A me pare che stamattina sia stata definita dal presidente Pigliaru una sorta di paradigma, che io vorrei tentare di richiamare, azzardando forse un'interpretazione troppo riduttiva, ma che vorrebbe costituire anche il senso della mia domanda.
  Mi pare che il presidente Pigliaru abbia fondamentalmente affermato che c’è bisogno di un riequilibrio e che le modalità per pervenire a questo riequilibrio sono riscontrabili nella relazione che è stata richiamata anche da Lei, Presidente Vito. Tali modalità possono essere definite con la stagione della mitigazione, in maniera particolare per i poligoni di Capo Teulada e di Capo Frasca, verso quella che si può chiamare un'autenticazione di ristrutturazione.Pag. 11
  A regime, come si direbbe in alcuni ambienti, ciò vorrebbe dire che il Poligono di Salto di Quirra verrebbe riconvertito, mantenendo l'attuale assetto in termini occupazionali, perché verrebbe aperto – mi compiaccio col presidente Pigliaru per questa proposta così netta e chiara – ad attività di tipo industriale compatibili con l'ambiente, che abbiano un impatto e una rilevanza pari all'importanza del conferimento che in termini di territorio si fa.
  Lei ha parlato di settore aerospaziale e di droni. Sono tutte cose che, a suo tempo, dal Governo Monti erano state assicurate alla Regione Sardegna, ma che ancora non si vedono e che non sono state ancora sostanziate in alcun tipo di decisione.
  Questa mitigazione progressiva, che sarebbe una sorta di work in progress, dovrebbe, se ho capito bene, attraverso i vari passaggi relativi alle compensazioni e alle autentiche liberazioni di certi ambiti territoriali inutilmente e, quindi, colposamente ancora vincolati, portare con gradualità, ma – mi verrebbe da dire così, se non avessi un impatto negativo – inesorabilmente alla chiusura dei poligoni di Capo Teulada e di Capo Frasca.
  Penso, e in verità spero, di aver capito bene. Se così fosse, il mio ringraziamento verso il presidente della Regione Sardegna sarebbe ancora più forte e più convinto.
  Grazie.

  ANGELO TOFALO. Ringrazio il presidente Pigliaru, per l'esposizione. Io volevo rivolgerLe soltanto due domande. In realtà, una è già stata toccata e riguarda la servitù militare di Guardia del Moro a La Maddalena, che, se ho capito bene, è decaduta. È giusto ? Ce l'ha confermato. Volevo sapere se allo stato ci sono in programma opere di bonifica e se ci sono altri siti militari dismessi che, secondo Lei, necessitano di bonifica.
  Volevo chiederLe poi un suo parere sul COMIPA, il Comitato misto paritetico previsto in ogni regione secondo la legge n. 898 del 1976, che ha il compito di esaminare i programmi delle installazioni militari per conciliare l'assetto territoriale di ogni regione. Volevo chiederLe se il COMIPA ha dei suggerimenti per il Parlamento e se ritiene necessario che in questo Comitato ci sia la rappresentanza anche di alcuni sindaci che conoscono bene la situazione del territorio, nonché se sia il caso di mettere online i verbali di questo Comitato.
  Vorrei, quindi, un suo parere sul COMIPA, che potrebbe essere un organo fondamentale per questo argomento.
  Grazie.

  GIANLUCA RIZZO. Grazie, presidente. Pongo brevemente una domanda.
  Partendo dal presupposto che la Sardegna ha un patrimonio importante a livello di dismissioni militari, luoghi talvolta di alto pregio, succede che tali dismissioni, una volta passate alla Regione Sardegna, non vengano più valorizzate, né messe a disposizione dei cittadini. Capita che restino, tra l'altro, molti anni inutilizzate e, dunque sottoposte al degrado del tempo, senza manutenzione. Peraltro, vi sono anche interessanti progetti da parte di associazioni che hanno chiesto di poter utilizzare questi spazi e questi beni per svolgere attività e promuovere iniziative virtuose.
  Le chiedo quale sia la sua opinione e come pensa di valorizzare questo grande patrimonio e soprattutto se non crede che sia il caso di tenere in considerazione le proposte di riutilizzo che arrivano dal basso, cioè dalle associazioni di liberi cittadini, per esempio.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Se non ci sono altri colleghi, io darei la parola presidente Pigliaru per la replica.

  FRANCESCO PIGLIARU, Presidente della Regione Sardegna. Grazie delle domande.
  Per quanto riguarda l'onorevole Scanu, la prospettiva è quella di cui abbiamo parlato, di un riequilibrio importante. Io credo che sia compito del presidente della Regione sentire molto il territorio e ragionare molto anche sui sentimenti del territorio.Pag. 12
  Sono consapevole che il territorio di Perdasdefogu ha una percezione dei costi e dei benefici della servitù diversa da quella che si ha a Capo Frasca e a Capo Teulada e, quindi, credo che l'orientamento espresso nella mozione presentata dall'onorevole Scanu nel 2012 sia un orientamento ampiamente diffuso e che quella sia la direzione nella quale è giusto ragionare quando parliamo di riequilibrio in termini strutturali. Mi sembra il riequilibrio più ragionevole e più di buonsenso. Credo che l'onorevole Scanu abbia capito bene la posizione da me espressa oggi, che verrà poi espressa ulteriormente nella Conferenza.
  Per quanto riguarda Guardia del Moro, la servitù, in effetti, è scaduta da tre mesi, ma la Difesa ha intenzione di chiedere la reimposizione della servitù. Il COMIPA esprimerà un parere negativo.
  Il punto di vista de La Maddalena su questo punto è tendenzialmente negativo alla reimposizione. In alternativa ci sono proposte molto chiare di benefici compensativi che dovrebbero essere valutati, naturalmente, a fronte di una nuova leale collaborazione tra la Sardegna e il Ministero della difesa. In quel caso, in particolare, si fa fortemente riferimento al valorizzare ben oltre i livelli attuali la Scuola sottufficiali della Marina presente a La Maddalena, che potrebbe svolgere un ruolo molto più importante a livello nazionale e forse anche internazionale.
  Per quanto riguarda il COMIPA, io ho incontrato il COMIPA ieri ed è nostra intenzione ragionare molto intensamente in questi anni. Forse il COMIPA ha lavorato con una certa involontaria autonomia rispetto alla politica regionale, il che non rappresenta assolutamente il modo ottimale. Abbiamo già cominciato in questi giorni interlocuzioni e abbiamo anche condiviso punti di vista su vicende che sono oggi aperte e che non riguardano soltanto Guardia del Moro e La Maddalena, ma anche altri aspetti.
  Prendo come certamente molto utile il suggerimento di pubblicare i verbali delle riunioni del COMIPA. Noi siamo per la trasparenza completa di ciò che esiste. I verbali esistono e, quindi, possono essere resi immediatamente trasparenti.
  Se mi permettete, c’è soprattutto il tema della trasparenza di dati che oggi non esistono, che sono quelli che riguardano, invece, lo stato ambientale delle servitù. In questo caso non c’è il problema di renderli trasparenti, come per i dati che esistono, ma quello prioritario di generare i dati per poi renderli trasparenti.
  Per quanto riguarda il degrado di alcune aree dismesse, oggi stiamo parlando del degrado cui sono sottoposte inevitabilmente aree che sono sotto servitù, ma c’è anche il problema che si citava. Decisamente esiste. Io direi che, quando si fanno delle dismissioni, si devono fare certamente con qualche idea progettuale chiara, in modo che non ci sia poi un lungo periodo di decadimento che imponga costi molto più alti a quello che succederà dopo.
  Noi non siamo per le dismissioni immediate di tutto su tutto, per poi farci carico di fare investimenti per valorizzare questa o quell'altra dismissione, in momenti di terribile spending review e di Patti di stabilità che magari non ce lo consentirebbero. Ci andiamo con molta attenzione. L'impegno di questa Giunta, però, è un impegno basato sulla piena consapevolezza di quanto valore potenziale abbiano queste aree e di quanto sia importante che, nel momento delle dismissioni, ci sia già qualche idea progettuale chiara. Queste idee progettuali vengono qualche volta dall'alto e più spesso certamente dal basso. Siamo del tutto pronti ad ascoltare e a fare concorsi di idee.
  Le dico la verità: la Sardegna è piena di luoghi che vanno valorizzati e nei quali rischiamo di fare investimenti infrastrutturali. Fare investimenti infrastrutturali è facile. Basta dire: «Voglio mettere a posto quella zona». Spesso abbiamo anche un bel po’ di fondi europei che rischiamo di perdere e, quindi, ci si mette a correre in quella direzione, successivamente non si fa nulla e dieci o vent'anni dopo bisogna fare ulteriori investimenti in manutenzione e ancora non si è realizzato nulla.Pag. 13
  Noi vogliamo assolutamente uscire da questa situazione. Sappiamo che fare valorizzazione vuol dire non tanto avere i soldi per investire infrastrutturalmente, ma avere idee. Su questo siamo perfettamente consapevoli e, credo, allineati allo spirito del suo intervento.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. La ringrazio della disponibilità e della cortesia che ha avuto a raggiungere stamattina Roma per partecipare alla nostra audizione. Noi proseguiremo i nostri lavori nel pomeriggio con l'audizione del Capo di stato maggiore della Difesa, sempre nell'ambito dell'indagine conoscitiva in oggetto.

  La seduta sospesa alle 10.55, riprende alle 14.05.

Audizione del Capo di stato maggiore della Difesa, Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli.

  PRESIDENTE. Riprendiamo, dunque, i nostri lavori, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di servitù militari, con l'audizione del Capo di stato maggiore della Difesa, Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, che ringrazio per la cortesia e la disponibilità, in particolare in una giornata così impegnativa e importante per Lui, la Difesa e la nostra Marina militare.
  Ammiraglio, noi abbiamo fatto un lungo ciclo di audizioni ascoltando i rappresentanti degli enti locali, dei comuni interessati, delle regioni, delle associazioni ambientaliste, dei comitati di città interessati alle servitù, ma naturalmente ci pareva corretto, opportuno e doveroso concluderlo ascoltando Lei, il Capo dell'amministrazione della Difesa e, domani mattina, il Ministro Pinotti.
  Le sono grato anche per la flessibilità dell'orario, dovuto ai lavori dell'Assemblea. Oltre che a Lei do il benvenuto anche al tenente colonnello Francesco Scalia, che L'accompagna.
  Colleghi, io voglio dire solo due parole, vista anche la particolare giornata, prima di dare la parola all'Ammiraglio Binelli Mantelli, che ha appena preso parte alle celebrazioni per la festa della Marina militare italiana.
  A nome mio personale e dei colleghi, Ammiraglio, noi vogliamo unirci a questa cerimonia e a questa celebrazione, ricordando che la Marina militare è nata nel 1861, proprio in ricordo di una delle più brillanti azioni navali della Prima guerra mondiale, portata a segno il 10 giugno di 96 anni fa.
  La Marina militare italiana è custode ed erede di una nobile e antica tradizione nazionale, che risale a tempi anche anteriori all'epoca delle Repubbliche marinare. L'eccellenza che oggi esprime la nostra Marina in termini di professionalità, di tecnologia e anche di fattore umano conferma ed esalta questo dato storico ed è alla base della centralità che riveste il nostro Paese nel sistema di difesa e di sicurezza posto a presidio dell'Unione europea e dell'Alleanza atlantica.
  Peraltro, proprio domani la nostra Commissione è chiamata a esprimersi sulla proposta di nomina del prossimo presidente della Lega navale italiana, che rappresenta da più di un secolo una prestigiosa dimensione preposta a diffondere, in particolare tra i giovani, la cultura e l'amore per il mare, lo spirito marinaro e la conoscenza dei problemi marittimi.
  Oggi la Marina militare richiama su di sé l'attenzione ammirata di tutti i Paesi dell'Unione europea che guardano al compito delicato e oneroso da essa assolto ogni giorno, innanzitutto a tutela della vita umana e contro ogni traffico transnazionale di esseri umani nel Mediterraneo.
  Colgo questa occasione, Ammiraglio, proprio per esprimerLe le nostre preoccupazioni, avendo appreso dei recenti casi di tubercolosi contratti da alcuni nostri militari impegnati a bordo delle navi coinvolte nella missione Mare Nostrum. Le saremmo grati se potrà fornirci rassicurazioni al riguardo.
  Naturalmente, esprimiamo la nostra gratitudine a tutti i marinai, che rappresentano il nostro Paese, la Marina e la Difesa, con un gravoso compito di salvaguardia Pag. 14delle libertà di navigazione e dei commerci marittimi e di contrasto alla pirateria nelle aree di crisi in cui si dispiegano le missioni internazionali.
  La Marina militare è, dunque, un elemento chiave del nostro strumento militare e ogni dinamica volta ad accrescerne l'interoperabilità in chiave di difesa europea va accolta con attenzione e favore. È, d'altra parte, proprio in un'ottica europea che vanno ripensate le strategie di presidio dei confini del nostro continente, in un'ottica di solidarietà internazionale e multilaterale e nel ricorso a tutti gli strumenti della politica estera dell'Unione, a partire da un ripensamento delle politiche di vicinato e comunque di gestione politico-diplomatica delle aree di crisi contigue al nostro territorio continentale.
  Colgo, infine, l'occasione, Ammiraglio, per rivolgere anche in questa giornata particolare di festa e di celebrazioni un pensiero e un saluto, a nome di tutta la Commissione, ai nostri due fucilieri di Marina del Reggimento Brigata San Marco, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, che da oltre due anni sono trattenuti in India. So che stamattina sono stati auditi nel corso delle celebrazioni che avete fatto e anche noi abbiamo avuto l'opportunità, l'interesse e il piacere di ascoltarli in videoconferenza durante la giornata del 2 giugno.
  Le do adesso la parola, segnalando ai colleghi che, per pregressi impegni dovuti anche a ragioni istituzionali internazionali, noi dovremo concludere l'audizione entro le 15.
  Do, pertanto, la parola all'Ammiraglio Binelli Mantelli. Al termine di questo intervento i colleghi potranno rivolgergli domande e richieste di chiarimenti, alle quali successivamente, in sede di replica, l'Ammiraglio potrà rispondere.

  LUIGI BINELLI MANTELLI, Capo di stato maggiore della Difesa. Grazie, presidente, per le Sue belle parole, che mi riempiono di giusto orgoglio per avere fatto parte della Marina per oltre quarantasette anni. Ringrazio anche per i modelli di queste unità navali, una classe Sparviero e una classe Maestrale esposti in quest'aula. Non so se li abbiate messi con l'occasione, ma, se sono qui da sempre, mi fa piacere.
  Saluto il vicepresidente onorevole Artini e tutti gli onorevoli parlamentari e rispondo subito al quesito di attualità sulla positività ad alcuni test della tubercolosi.
  È vero, tutte le Forze armate fanno regolarmente uno screening anche sulla tubercolosi per quel personale che va a lavorare in zone affette da questo problema, che anche in Italia, per la verità, esiste. Per esempio, i nostri incursori dell'Esercito, della Marina e di tutte e quattro le Forze armate che lavorano a fianco, a volte anche per giorni, mangiando insieme alle truppe afghane, vengono verificati periodicamente.
  Da queste verifiche, ad oggi, è emerso che i casi di positività al primo controllo, lo screening Mantoux, sono circa una trentina. Questa non è, di per sé, una prova dell'esistenza della malattia. Va fatto poi tutto un protocollo medico che prevede altri screening. Uno screening ancora più dettagliato ha portato a individuare l'esistenza di alcuni casi. Sembra che siano esattamente otto i casi di positività.
  Questi casi vengono poi sottoposti ad accertamenti ulteriori, ivi compresi esami polmonari ed RX, per verificare se esistono le condizioni della malattia. Ad oggi – saluto intanto anche la vicepresidente onorevole Villecco Calipari – non risulta che ci sia una malattia in atto per nessuno.
  Questo è uno screening regolare che viene fatto con periodicità, proprio perché avviene il contatto con le popolazioni, in particolare con i migranti. In questo periodo, però, i migranti non sono solo, come sapete, gente che cerca lavoro. La maggioranza consiste in rifugiati dalla guerra. Sono siriani, soprattutto maliani, con le famiglie. Il rischio di un contatto è sicuramente elevato.
  Questo aspetto rientra, a mio avviso, nella specificità del militare, che, per sua natura, è chiamato a operare in teatri difficili. Vorrei anche dire che, ovviamente, consci di questi rischi, la Marina Pag. 15anche nei teatri operativi fuori area adotta tutte le precauzioni per evitare contatti diretti proprio nel caso di contatti con la popolazione. È evidente, però, che esiste la possibilità di un contagio, così come esiste una possibilità che il contagio sia avvenuto in Italia o in una nave che è andata all'estero. Abbiamo recentemente completato il giro dell'Africa e, quindi, il contagio potrebbe anche essersi verificato in questi casi, non necessariamente correlati a Mare Nostrum.

  PRESIDENTE. Grazie. La prego di svolgere la sua relazione.

  LUIGI BINELLI MANTELLI, Capo di stato maggiore della Difesa. Vi ringrazio per questa convocazione, che precede di pochissimi giorni l'avvio della seconda Conferenza nazionale sulle servitù militari. Per la verità, la prima era piuttosto datata. Credo che questa sia una buona iniziativa e che con una periodicità maggiore, anche se magari non annuale, possa consentire anche di superare i localismi per un concetto più generale sul problema in oggetto.
  Si tratta di una ripartenza per lo sviluppo di nuove attività in simbiosi con il tessuto istituzionale e socio-economico locale e di un'opportunità di crescita per tutti, nell'ottica di migliorare le procedure esistenti e i rapporti degli organi permanenti di consultazione, che prevedono la partecipazione di rappresentanti delle amministrazioni centrali e regionali. Lo scopo ultimo è quello di rendere sempre più compatibili le attività e, in particolare, le esigenze addestrative delle Forze armate con la tutela della sicurezza, dell'ambiente e dello sviluppo turistico ed economico dei contesti locali, in pieno spirito di collaborazione istituzionale e nel rispetto delle rispettive prerogative.
  Lo stesso spirito di collaborazione e di reciproco supporto è alla base dei rapporti ultradecennali tra i reparti delle Forze armate sul territorio sul territorio, le istituzioni e le comunità locali.
  Dalla lettura dei resoconti parlamentari emergono problematiche locali che influenzano negativamente la percezione della questione servitù militari, ma sulle quali non posso che auspicare interventi da parte degli organi competenti. Mi riferisco, in particolare, alla tempistica e alla modalità di erogazione degli indennizzi e alla loro quantificazione, pur cogliendo comprensibili distinguo legati alle realtà locali e alle esigenze e aspettative delle comunità cittadine.
  Per quanto mi riguarda, non posso che ribadire la disponibilità dello stato maggiore della Difesa e delle Forze armate a un confronto franco e leale, con proposte che tendano a conciliare le posizioni di ciascuno, ferma restando l'esigenza della Difesa, anzi dello Stato, di garantire l'operatività dello strumento militare.
  Peraltro, ho notato nelle discussioni parlamentari che, in linea di massima, non viene messa in discussione la funzione dei poligoni per l'addestramento delle Forze armate e per il loro efficace impiego in operazioni, nonché per le sperimentazioni di mezzi e materiali anche da parte dell'industria della difesa, quanto piuttosto le modalità con cui trattare alcuni aspetti della tematica, ovvero risolvere criticità legate alla loro gestione. È esattamente quello che le stesse Forze armate vogliono e auspicano.
  Detto questo, per inquadrare correttamente la problematica vorrei partire dalla definizione del termine «servitù militari». Chi l'ha coniato non ha tenuto conto degli aspetti legati alla comunicazione, perché è un termine assolutamente negativo. Al riguardo, sarebbe opportuno modificare l'intitolazione «servitù militari», benché richiami la generica previsione giuridica e storicamente il periodo napoleonico, sia perché tecnicamente la legge parla di limitazioni, sia perché la ratio delle stesse è nell'interesse delle comunità locali piuttosto che della Difesa.
  Per servitù si intende, infatti, l'insieme delle limitazioni che servono a tutelare la salvaguardia e la sicurezza della popolazione civile in prossimità dell'installazione militare dove sono necessarie particolari misure di sicurezza. È un elemento cruciale, in quanto individua esattamente lo Pag. 16scopo delle servitù, ovvero la sicurezza della popolazione, un concetto peraltro non esclusivamente militare, ma che si estende a molti altri ambiti civili, come nel caso di aeroporti, depositi di carburanti, antenne e tralicci per telecomunicazioni, centrali elettriche, cantieri edili eccetera.
  Ciò a prova dell'assoluta necessità delle servitù non per scopi militari, ma a tutela dell'incolumità stessa della popolazione residente, inclusi i militari civili della Difesa che lavorano nelle basi e le cui famiglie spesso vivono in prossimità delle stesse. È, quindi, la legge che impone divieti e limitazioni in tutte le possibili situazioni di rischio per l'uomo.
  Per quanto attiene alla sfera militare, le servitù sono concertate con le amministrazioni locali ogni cinque anni nell'ambito di apposite riunioni dei Comitati misti paritetici, con l'obiettivo di armonizzare le esigenze civili con quelle militari, tutelare, come detto, la sicurezza della popolazione e minimizzare l'invasività sul territorio.
  Si tratta di un processo dinamico che negli anni ha seguito la stessa evoluzione dello strumento militare e le correlate esigenze addestrative, con la chiusura di aree addestrative non più funzionali e la conferma di altre, anche alla luce della dislocazione sul territorio dei reparti operativi, ovvero delle caratteristiche del poligono atte all'impiego di specifici mezzi e materiali.
  È per questo che la presenza sul territorio nazionale delle servitù ha evidenziato un trend decrescente dal 2010 al 2013 del 40 per cento, un fenomeno che, peraltro, continuerà nell'ambito del processo di dismissione immobiliare e di revisione dello strumento militare nazionale, ma sempre nell'ottica di salvaguardare installazioni che ad oggi sono essenziali per la difesa. Si tratta, quindi, di razionalizzare le infrastrutture e le aree militari e non semplicemente le servitù.
  In particolare, è bene evidenziare che negli ultimi decenni le decisioni assunte nell'ambito della razionalizzazione della presenza delle Forze armate sul territorio si sono costantemente ispirate proprio alla disponibilità nelle zone viciniori di aree addestrative, un fattore essenziale soprattutto alla luce della scarsità di risorse finanziarie disponibili per l'addestramento, per minimizzare i costi di trasporto del personale, dei mezzi e dei materiali.
  Proprio di recente il 3o Reggimento bersaglieri di Milano è stato ridislocato a Capo Teulada, una scelta certamente non casuale, senza dimenticare la stessa presenza dell'unità della Brigata Sassari, la quale presenta una fortissima componente militare autoctona, che è anche la migliore dimostrazione del legame tra Forze armate e territorio, un connubio che garantisce un'ancora maggiore sensibilità alla tematica ambientale, in quanto, oltre che militari, gran parte dei Dimonios sono orgogliosamente sardi e amano la loro terra.
  Si tratta di un ragionamento che si può estendere a tutte le componenti delle Forze armate e a tutti i contesti regionali, provinciali o locali – dalla Puglia alla Liguria, al Friuli Venezia Giulia, solo per citare tre regioni agli estremi della penisola – perché il rispetto dell'ambiente è un valore che viene esaltato e non affievolito dall'essere militari.
  Tornando alla valenza strategica dei poligoni, confermo che essi sono fondamentali per un impiego efficace dello strumento militare, anche e soprattutto perché addestramento significa maggior sicurezza per il nostro personale, nell'ambito di un iter finalizzato a conseguire standard qualitativi indispensabili per svolgere adeguatamente i propri compiti sia sul territorio nazionale, sia nelle operazioni.
  Prima di partecipare a qualunque attività reale è necessario quasi sempre un processo di validazione delle capacità. È una prassi consolidata nell'ambito delle alleanze, in particolare della NATO, che noi stessi chiediamo agli altri quale garanzia reciproca di interoperabilità.
  Vorrei aprire anche una parentesi su due aspetti più volte richiamati: il ricorso alla simulazione per l'addestramento e l'impiego di aree addestrative all'estero, ovvero in altre zone d'Italia in sostituzione delle attuali.Pag. 17
  Quanto alla simulazione, il ricorso a questa forma di addestramento è in fase di costante crescita. La Difesa dispone di numerosi sistemi simulatori ed emulatori per l'addestramento, sia individuale, sia di gruppo, anche al fine di contenere i costi addestrativi.
  La simulazione, però, è integrativa e non sostitutiva dell'attività reale, perché l'addestramento reale sul terreno rimane comunque insostituibile. Si stanno anche sviluppando diversi progetti per sostituire alcune attività a fuoco con strumenti di simulazione applicati ai sistemi d'arma.
  Per quanto riguarda le aree addestrative all'estero, negli ultimi anni sono stati utilizzati siti ubicati in Polonia, Giordania, Tunisia, Ungheria, Egitto, Romania, Bulgaria e anche in Francia. Il loro costo, ovviamente, è necessariamente superiore rispetto a quello dei poligoni italiani e mi riferisco non solo ai costi di locazione, ma anche a quelli di approntamento e di trasporto delle unità militari sul luogo di destinazione.
  Anche qualora fossero dotate di risorse finanziarie adeguate a un utilizzo massiccio di poligoni e aree addestrative estere – e in merito mi permetto di nutrire seri dubbi, alla luce dei continui e sistematici tagli e accantonamenti al bilancio ordinario e, soprattutto, all'esercizio – si avrebbe una dipendenza forte dalla disponibilità dei Paesi esteri a fornire proprie sedi addestrative per l'approntamento delle Forze armate, una disponibilità che potrebbe essere influenzata anche dalla condivisione o meno delle scelte di politica estera italiane, con una perdita di sovranità o in termini di riservatezza e affidabilità delle attività militari.
  L'ulteriore ipotesi di trasferimento in altre aree del Paese di attività che attualmente si svolgono nei poligoni in servizio appare quanto mai problematica, in quanto, a causa dell'alto tasso di urbanizzazione del territorio, non vi sono aree di estensione e caratteristiche compatibili con lo svolgimento delle specifiche attività. Peraltro, il concetto inglese Not In My Back Yard è un principio che vale un po’ per tutte le comunità locali.
  Dunque, sulla base delle considerazioni esposte le Forze armate non possono che fare affidamento sui poligoni attualmente disponibili, individuati anni orsono sulla base dei requisiti di sicurezza e di impiego dei sistemi e dei mezzi utilizzati, lontano dei centri abitati. Come accennato, essi difficilmente potrebbero essere spostati in altre aree del Paese, senza comunque sottacere le presumibili implicazioni sul piano occupazionale, qualora la ridotta presenza militare non venga opportunamente e prontamente compensata da nuove e diverse forme di sviluppo dei territori già fortemente colpiti dalla crisi economico-finanziaria.
  Ciò non toglie che la Difesa abbia da tempo avviato un costruttivo percorso dialettico con il territorio attraverso i Comitati misti paritetici per individuare e ricercare, ove possibile, soluzioni attagliate alle esigenze locali, come nel caso della chiusura estiva dei poligoni sardi, estesa da uno a tre mesi proprio per venire incontro alle richieste del territorio, a spiccata vocazione turistica e notevole interesse naturalistico.
  Non è un compromesso da poco, se si considera che i mesi estivi, per condizioni meteorologiche, sono ovviamente i più indicati e favorevoli per condurre l'addestramento con il massimo rapporto di costo ed efficacia e con la massima sicurezza per il personale da addestrare.
  Proprio per minimizzare l'impatto che le attività militari hanno, per loro stessa natura, sul contesto locale e alla luce della crescente sensibilità e attenzione per gli aspetti ambientali, la Difesa ha adottato interventi normativi e operativi particolarmente significativi, tra i quali vorrei evidenziare: il decreto ministeriale 22 ottobre 2009, emanato dalla Difesa di concerto con i ministeri dell'ambiente e della salute, con il quale sono state definite le procedure applicative per la gestione materiale dei rifiuti e la bonifica dei siti e delle infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare e alla sicurezza nazionale, secondo la normativa generale di riferimento, ossia il decreto legislativo n. 152 del 2006 (Testo unico ambientale); l'elaborazione Pag. 18della direttiva dello stato maggiore della Difesa «Politica, programma e direttive ambientali della difesa» che ha dato un forte impulso all'attività di monitoraggio dello stato ambientale dei siti militari; l'emanazione, nel 2013, della direttiva «Linee di intervento e di indirizzo in materia di gestione dei poligoni militari di tiro all'aperto».
  Tali interventi prevedono, in particolare, la realizzazione di adeguati dispositivi per il contenimento dei proiettili e delle armi portatili, il contenimento dell'impiego di munizionamento e di ordigni esplodenti, la ricerca industriale e l'acquisizione di munizionamento da addestramento ecocompatibile i cui residuati risultino del tutto inerti ovvero biodegradabili, promuovendone, altresì, lo studio e la problematiche nelle pertinenti sedi NATO e dell'Unione europea, nonché nell'ambito del Piano di ricerca nazionale.
  Si aggiunge il divieto precauzionale, anche al di fuori dei periodi di effettivo utilizzo, dell'accesso dei civili e del bestiame da allevamento alla porzione dei poligoni interessati da più intensa attività operativa a fuoco, adottando le pertinenti misure di delimitazione e segnaletica eventualmente fisica in relazione a volume, qualità e attività potenzialmente inquinanti svolte e dalle caratteristiche di fruibilità delle aree da parte della popolazione.
  Ancora, vi sono la registrazione e la conservazione nel tempo presso gli enti gestori dei poligoni di tutta la documentazione relativa al munizionamento impiegato e la relazione per ciascun poligono di un disciplinare per la tutela ambientale, non previsto dalla legge, ma adottato di iniziativa della Difesa e che potremmo in qualche modo integrare ai disciplinari d'uso discussi con i Comitati paritetici per gli aspetti ambientali.
  Si tratta di un documento nel quale sono indicate informazioni generali e particolareggiate sul singolo sito, con la previsione, tra l'altro, della scheda di sicurezza integrata, che ha lo scopo di raccogliere e fornire agli utilizzatori finali tutti gli elementi utili per una corretta gestione delle armi e del munizionamento impiegato.
  Infine, sono state fissate procedure operative gestionali e adottati protocolli di monitoraggio ambientale, con l'individuazione di limiti quantitativi all'utilizzo di munizionamento nell'unità di tempo e disciplinari per l'analisi periodica delle matrici ambientali.
  Al riguardo evidenzio che è stata anche definita in ambito Forze armate la figura, con il relativo percorso formativo, dell'esperto ambientale, un consulente da affiancare ai comandanti per lo specifico ambito. Il primo corso formativo è previsto proprio nel corrente mese presso il Centro di formazione della Difesa CEFODIFE.
  È anche necessario che alla prevenzione si accompagni la bonifica, cosa che sta avvenendo, lo ricordo, con risorse tratte dal bilancio ordinario della Difesa. A questo proposito auspico vivamente che anche le esigenze della Difesa vengano ricomprese nel redigendo Piano nazionale finanziario a sostegno delle bonifiche ambientali.
  Per quanto riguarda la situazione dei poligoni sardi, oggetto di particolare attenzione nella presente indagine conoscitiva, evidenzio che presso Capo Frasca sono condotte attività addestrative con il solo impiego di munizionamento inerte, i cui residuati sono annualmente oggetto di recupero in concomitanza con la sospensione delle attività operative durante il periodo estivo.
  A Capo Teulada sono stati eseguiti monitoraggi ambientali che in alcune aree delle zone di arrivo colpi hanno segnalato una contaminazione da torio, per la quale saranno avviate le necessarie bonifiche. Al momento, però, l'Autorità giudiziaria non ha autorizzato l'Esercito italiano a iniziare le bonifiche, in quanto il territorio è sottoposto a sequestro preventivo per l'ipotesi di reato di inquinamento ambientale.
  A Salto di Quirra sono state adottate misure di sicurezza intese ad evitare l'accesso a persone e animali nei luoghi in cui Pag. 19è stato constatato il superamento della concentrazione soglia di contaminazione mediante l'installazione temporanea di recinzioni metalliche pastorali. È stata sospesa l'attività a fuoco potenzialmente in grado di determinare la risospensione aerea degli inquinanti e la loro dispersione a distanza e sono state avviate le attività previste dai Piani di caratterizzazione approvati nella Conferenza dei servizi convocata dalla Difesa.
  Sulla base dei risultati ottenuti e delle successive analisi di rischio sanitario si procederà all'eventuale bonifica delle zone in esame. È, inoltre, in corso di implementazione un sistema di centraline per la rilevazione continua dei livelli di intensità di radiazioni ionizzanti e campi elettromagnetici e per il campionamento delle polveri aerodisperse.
  Nell'ottica di rendere conoscibile a tutti gli attori interessati e ai cittadini i dati di monitoraggio, in linea con quanto chiesto da molti sindaci, è stato previsto un sistema informativo in grado di fornire le informazioni su piattaforma web tramite interfacce grafiche opportunamente semplificate.
  Per l'avvio del sistema informativo è stata coinvolta l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Sardegna (ARPAS) mediante l'istituzione di un apposito tavolo tecnico per la validazione dei dati del monitoraggio ai fini della loro pubblicazione online, la definizione della frequenza delle analisi di laboratorio e della relativa metodologia da condurre sui filtri delle polveri campionate, dei modelli di interpretazione, dei dati raccolti e dell'elenco degli analiti da ricercare.
  Ha avuto recentemente avvio una campagna di ricerca dei residuati nei bassi fondali di Capo San Lorenzo, che ha comportato il recupero di 44 manufatti inerti, la cui rimozione non presentava rischi per l'ecosistema; per esempio, i campi di posidonia. Ulteriore materiali saranno recuperati solo a seguito della decisione della prossima Conferenza di servizi deputata all'approvazione paesaggistica del Piano di recupero definitivo.
  Il perdurare delle disponibilità del PISQ, che, come accennato, è un poligono orientato non solo ad attività addestrative, ma anche a quelle sperimentali, sta comunque obbligando le Forze armate e l'industria nazionale, a cui sono affidati i programmi di sviluppo dei nuovi sistemi, a ricorrere a poligoni esteri, con un sensibile aumento dei costi associati e non trascurabili ritardi.
  Alla luce dell'esame sinora condotto emerge chiaramente la volontà della Difesa di affrontare con serietà e trasparenza i molteplici aspetti correlati alle servitù militari, cercando di conciliare nel miglior modo possibile le esigenze operative con le richieste del territorio, nel pieno rispetto della legge e delle competenze dei vari attori coinvolti.
  In tale contesto riveste particolare rilevanza la necessità di istituzionalizzare la consultazione obbligatoria del COMIPA anche in materia di siti di interesse comunitario, visto che le amministrazioni locali, attraverso l'individuazione dei siti di interesse comunitario, possono disporre di aree nelle quali sono svolte attività delle Forze armate senza averne dato preventiva comunicazione in sede di Comitato.
  La necessità di valutare le esigenze della Difesa è avvertita anche nell'ambito delle procedure relative all'istituzione di aree naturali protette nazionali, parchi nazionali e riserve naturali statali, di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, prevedendo una modifica all'articolo 8 in cui inserire la concertazione con il Ministero della difesa nella fase di loro istituzione, qualora i territori ricadano su siti di interesse militare.
  In conclusione, le Forze armate sono aperte a soluzioni che incrementino la cooperazione civile e militare nell'ambito delle aree militari, in particolare quelle addestrative, anche per sostenere lo sviluppo economico e occupazionale nelle aree limitrofe, con particolare riferimento a ricerca e sviluppo e all'alta formazione, ricorrendo ad accordi di programma, protocolli d'intesa e convenzioni con regioni, enti di ricerca e università.Pag. 20
  Si tratta di un approccio duale che viene seguito da anni dalle Forze armate in molteplici settori (acquisizione, formazione e via elencando) e che, pertanto, non abbiamo alcuna difficoltà a estendere anche alla valorizzazione e all'ottimizzazione delle capacità esprimibili nei poligoni e nelle aree addestrative, fermo restando il prioritario e indispensabile impiego a favore dei reparti militari.
  Peraltro, proprio per le accennate limitazioni di bilancio, è anche nell'interesse della Difesa ricercare nuove fonti di finanziamento che integrino le limitate disponibilità finanziarie con un sempre maggior ricorso allo strumento della permuta di beni e servizi.
  La presenza dei poligoni e delle aree addestrative è importante per un impiego sicuro ed efficace delle Forze armate in operazioni all'estero come sul territorio nazionale. Se in decenni di operazioni militari sovente in condizioni operative difficili e logoranti non vi sono stati incidenti di particolare gravità personale è soprattutto grazie alla scrupolosa e pianificata attività addestrativa propedeutica all'impiego, che si svolge prioritariamente proprio all'interno dei poligoni.
  Vi è, dunque, massima disponibilità al confronto e al dialogo, nell'ottica di una sempre maggiore cooperazione che favorisca lo sviluppo economico ed occupazionale delle realtà locali, trasformando le limitazioni in una risorsa condivisa con il territorio, da salvaguardare e valorizzare anche come volano nel settore della ricerca e dello sviluppo di tecnologie duali e polifunzionali.
  Ringrazio per l'attenzione e rimango a disposizione per ulteriori approfondimenti.

  PRESIDENTE. Siamo noi che La ringraziamo, Ammiraglio, innanzitutto per l'ampiezza e la completezza della Sua relazione, che ha affrontato effettivamente i temi sui quali si sta disponendo la nostra indagine conoscitiva, ma anche perché abbiamo visto che la nostra indagine conoscitiva è stata seguita con molta attenzione e che su alcune questioni emerse, soprattutto con alcuni comuni e con gli enti locali, l'amministrazione della Difesa ha già approntato positive risposte e tentativi di soluzione.
  Noi guardiamo con interesse e con attesa alla seconda Conferenza nazionale sulle servitù. Dopodiché, sarà la nostra Commissione, successivamente, a trarre le proprie conclusioni, anche alla luce di quanto emergerà in quella sede, ma soprattutto valutando le audizioni che abbiamo qui compiuto.
  D'altra parte, in questa Commissione, come sa, ci sono colleghi che seguono la vicenda delle servitù militari e che sono d'accordo con Lei nel senso di semplificare e migliorare il termine – tant’è, però, questo è il termine d'uso comune – come l'onorevole Scanu, che sarà relatore della proposta di documento conclusivo.
  Pregherei ora i colleghi che hanno chiesto di rivolgere alcune domande al Capo di stato maggiore della Difesa di farlo compatibilmente con i nostri orari di lavoro.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MASSIMO ARTINI. Grazie. Sarò breve, anche perché l'Ammiraglio ha già risposto ad alcune domande che gli volevo porre. In particolare, mi riferisco a un punto che ha trattato nella Sua relazione, ovvero ai sistemi di virtualizzazione della parte di addestramento. Penso, per esempio, ai sistemi integrati per l'addestramento terrestre, ovvero sistemi virtuali che tramite sistemi laser possono sopperire al fuoco reale.
  So che già presso il Poligono di Torre Venere a Lecce dovrebbe essere praticamente operativo questo sistema. Lei ha detto durante la relazione che comunque non sono sistemi sostitutivi alle prove a fuoco dei poligoni. Ci dovrebbero essere comunque lavori di realizzazione di un poligono analogo virtuale a Capo Teulada, se non sbaglio.
  In merito a questo vorrei sapere se è già stato presentato al COMIPA questo tipo di lavoro da fare presso Capo Teulada, Pag. 21perché, se non ho capito male stamattina, c’è la volontà della Regione Sardegna di cercare di dismettere quel poligono o comunque di esprimere un parere negativo a questo tipo di modifiche. Penso che ci sia anche la volontà, per quanto riguarda sempre il Ministero della difesa, di creare un villaggio per simulare addestramenti in centri abitati. Vorrei sapere su questo fronte qual è la situazione e, qualora ci fosse un parere negativo del COMIPA, come andare avanti.
  L'altra cosa mi chiedevo è una valutazione più generale. Lei mi ha risposto anche sulla parte dei poligoni europei, una domanda che volevo porle. Il fatto dei costi è un appunto che non è sbagliato. Sarebbe opportuno forse avere i dettagli, se non si tratta di dati classificati.
  L'altra questione riguarda il numero degli addestramenti e, quindi, anche la capacità operativa delle Forze armate da mandare in missione all'estero. Altri motivi – magari me li spiegherà Lei – per poterle rendere aggiornate e per utilizzare i poligoni io non li vedo.
  Chiederei se ciò sia compatibile al fatto che, per esempio, le missioni in Afghanistan ormai o vanno ad esaurirsi, oppure, se approvate dal Parlamento, cambiano completamente gli obiettivi. Pertanto, anche a livello di necessità di fare determinate prove in poligono vorrei sapere se cambia qualcosa, se tali prove vengono ridotte, se c’è volontà, compatibilmente con la volontà del Ministero della difesa, di ridurre alcuni tipi di azioni all'estero e di ridurre – immagino, ma magari sbaglio – determinate azioni nei poligoni.
  Inoltre, chiedo al presidente, una cortesia, se rimane del tempo. Visto che c’è l'autorevole presenza del Capo dello stato maggiore, vorrei sapere se c’è la possibilità di fare due domande, una sulla parte sanitaria, cui si accennava prima, di Mare Nostrum e l'altra su una nave in navigazione verso il Mar Nero.

  PRESIDENTE. Grazie. La farei rispondere subito, Ammiraglio. Poi ascoltiamo il collega Piras.

  LUIGI BINELLI MANTELLI, Capo di stato maggiore della difesa. Ringrazio il vicepresidente Artini per le domande. Quanto al poligono virtuale che l'Esercito sta pensando di mettere a Capo Teulada, io ora non posso assicurarle che sia stato validato attraverso un passaggio al COMIPA. Glielo farò sapere. Non sono preparato.
  Il discorso è: perché non sostituiscono in toto l'addestramento sul terreno ? Per due ordini di motivi. Il poligono virtuale addestra a determinate reazioni e a determinate tattiche. Il problema principale dei poligoni reali è l'esercizio a caldo, cioè usando il sistema d'arma. Virtualmente funziona tutto. Sul terreno bisogna andare a vedere.
  Si tratta, quindi, di un'attività imprescindibile. Si cerca di mettere in sequenza prima l'attività virtuale e poi quella sul terreno proprio per addestrare rapidamente il personale e metterlo nelle condizioni di sicurezza migliore per poter andare poi a sviluppare l'azione di fuoco con i sistemi d'arma in uso. Esiste un aspetto di addestramento che consiste effettivamente nel sentire il colpo del cannone – anche quello fa parte dell'addestramento – ma anche nel verificare la precisione di questi sistemi d'arma, un altro elemento molto importante che si può verificare soltanto in corpore vili e che non si può fare per simulazione. Questo è un aspetto.
  Per quanto riguarda i dati comparati, glieli farò avere, in merito ai costi dell'attività in Italia e all'estero. Noi abbiamo fatto un'attività, per esempio, di lancio del sistema SAMP/T dell'Esercito nel Poligono di Biscarrosse in Francia proprio per l'indisponibilità del PISQ di Capo Teulada. I costi ovviamente sono lievitati – grosso modo, credo di non sbagliarmi – del 30-40 per cento, perché, oltre ai trasporti, c’è anche il fatto che bisogna noleggiare il poligono e soprattutto che si è inseriti in un programma che tiene conto di altri impegni e che, quindi, anche temporalmente bisogna adattarsi.
  Si tratta di limitazioni che si possono anche accettare. Noi abbiamo cercato poligoni Pag. 22e aree addestrative anche in Egitto, in cui andiamo a fare esercitazioni ogni tanto. Ci sono poligoni in Spagna. Comunque è evidente che i costi aumentano. Le farò avere una tabella comparativa.
  Mi scusi, ma non ricordo l'ultima domanda.

  MASSIMO ARTINI. Chiedevo quante esercitazioni si fanno rispetto alle missioni e se c’è una relazione.

  PRESIDENTE. In pratica, rientrando dall'Afghanistan, diminuiranno le esigenze di addestramento ?

  LUIGI BINELLI MANTELLI, Capo di stato maggiore della Difesa. Il discorso sarebbe molto ampio. Attraverso le missioni internazionali approvate dal Parlamento e dal Governo noi riusciamo a sviluppare una mole di attività addestrative che ci consente di mandare reparti preparati. I costi della missione coprono l'addestramento, la preparazione dei materiali, l'attività e il ricondizionamento dei materiali. Questa è una fonte per noi effettivamente preziosa di preparazione, soprattutto al fine della sicurezza del personale che viene disposto là.
  È evidente che, diminuendo l'impegno in operazioni fuori area, soprattutto in termini quantitativi, perché oggi le operazioni fuori area tendono a orientarsi sempre di più verso forme di capacity building, addestramento, formazione, stabilizzazione istituzionale e meno su aspetti combat – questa è una tendenza del momento – diminuiscono anche queste esigenze, ma a prescindere dal numero delle missioni fuori area, c’è un'esigenza di mantenere pronte le componenti delle Forze armate che non sono utilizzate.
  Se non avessimo avuto gli equipaggi e i piloti addestrati, agli interventi in Libia e alla stessa missione Mare Nostrum non avremmo potuto partecipare, né avremmo potuto mettere in atto queste operazioni. Le Forze armate devono avere il necessario grado di prontezza, secondo varie velocità che sono stabilite. Per mantenere ciò si ricorre ai fondi di esercizio ordinario.
  Negli anni noi abbiamo subìto tagli che sono arrivati oggi al 50 per cento sull'esercizio. Sui consumi intermedi siamo l'amministrazione che più di tutte ha subìto tagli. Siamo partiti dal 30 per cento sui consumi intermedi di tutte le amministrazioni dello Stato e oggi siamo al 7 per cento, ma la spesa totale dell'amministrazione dello Stato è aumentata. Noi abbiamo subìto un taglio negativo anche effettivo. Ciò significa non poter fare il necessario addestramento.
  Questo è un problema che ha affrontato anche la NATO, attraverso quella che si chiama CFI, ossia Connected Forces Initiative. La NATO sta dicendo: «Attenzione: venendo a mancare l'Afghanistan e le grosse operazioni militari interforze congiunte e combinate con le altre nazioni, la NATO perde di credibilità e di interoperabilità». Tutti i ministri hanno provato a impegnare fondi in imponenti esercitazioni annuali della NATO per mantenere questa interoperabilità. A questo, però, deve seguire un finanziamento, altrimenti noi non siamo in grado di partecipare.
  Per esempio, l'anno prossimo, nel 2015, ci sarà l'esercitazione Trident Juncture, che si terrà proprio in Italia, in Spagna, in Portogallo, quindi, nei poligoni mediterranei. Abbiamo anche combattuto per non far spostare questa esercitazione nel Nord-Est, perché sarebbe stato un segnale assolutamente negativo nei confronti dell'attuale crisi. Ci siamo riusciti e, quindi, l'anno prossimo dovremo sostenere questa attività, ma le risorse sono rese veramente esigue. Questo è il problema.

  PRESIDENTE. Grazie, Ammiraglio. Do la parola all'onorevole Piras.

  MICHELE PIRAS. Io, ovviamente, comprendo il punto di vista dell'Ammiraglio e, quindi, l'unico spunto polemico che mi concederei è il seguente: credo che – parlo, per esempio, della Sardegna – per una Regione che ha il 61 per cento circa (c’è chi dice il 64 o 65) delle servitù militari sul totale, in una porzione di territorio che, ovviamente, va da sé, non è il 65 per cento del territorio nazionale, Pag. 23alludere a una sindrome NIMBY sia fuori luogo. Si tratta, invece, di altra questione, di una questione politicamente e culturalmente molto rilevante, soprattutto per l'impatto.
  Oggi, a causa di ritardo degli aerei, non ho potuto essere presente all'audizione di questa mattina del presidente della Regione Sardegna ed ho dovuto ho dovuto recuperare la documentazione. E questa mattina il presidente della Regione ha posto in maniera molto netta tale questione, addirittura sollevando l'esigenza di innovare i punti di vista attraverso i quali si ragiona delle servitù militari attraverso un'analisi il più possibile compiuta e fattibile del costo della sottrazione di territorio rispetto ad altri tipi di attività che in quelle aree ci sarebbero potuti essere.
  Al di là del tema della tutela dell'ambiente e, conseguentemente, della salute delle persone, oltre che dell'assetto del territorio, c’è anche una questione che allude al pieno godimento ed esercizio dell'autodeterminazione delle comunità locali sul territorio nel quale vivono.
  Prima di porre la domanda, mi rivolgo al presidente. Io credo che sia di utilità acquisire – se non è già stato fatto e, se non è già stato richiesto, lo chiedo io per la prima volta – agli atti dell'indagine conoscitiva la superperizia disposta dal tribunale di Lanusei sulle servitù militari e sul Poligono di Quirra in relazione all'indagine per disastro ambientale che si è aperta.
  Dalle prime notizie che emergono – io non ho avuto ancora modo di leggerla tutta – ci sono due dati interessanti. Il primo è che la superperizia del tribunale di Lanusei, per quanto qualcuno contesti il tipo di strumentazione utilizzata, nega che lì vi sia un disastro ambientale. Se comprendo bene il significato del termine, ciò significa che non c’è una compromissione permanente e irreversibile dell'ambiente.
  Questa è una notizia ovviamente positiva, perché per chi, come me, milita in quella parte di opinione pubblica che vorrebbe una riduzione consistente delle servitù militari scoprire che l'ambiente non è definitivamente compromesso è un fatto assolutamente positivo.
  Dall'altra parte, però, viene confermata la presenza in quantità rilevanti e sovrabbondanti di veleni – utilizzo il termine «veleni» per non andare a fare l'elenco – non tutti riferibili alla radioattività naturale del territorio, cosa che è stata spesso utilizzata come argomentazione, alludendo a questa problematica ambientale.
  Questo rimuove due argomentazioni esattamente opposte, che sono state ascoltate anche qui nelle diverse audizioni. Una è quella della non bonificabilità, per cui è stato detto: «Lasciate perdere, perché ormai è finita e, quindi, tanto vale che ci teniamo i poligoni». L'altra, ascoltata anche in sede delle precedenti audizioni, è l'assenza totale di impatto ambientale.
  Tutto ciò è interessante perché è precisamente questa la strada, secondo me, da percorrere nel momento in cui alcuni, come me, pongono il problema di una riduzione qualitativa e quantitativa della presenza militare in Sardegna e di un ridimensionamento.
  Passo alla domanda. I tre poligoni sardi, i tre più grandi d'Europa, sono stati istituiti nel 1956, in un contesto geopolitico e storico diverso e in uno sviluppo delle tecnologie e delle tecniche militari assolutamente diverso e distante nel tempo. Si è evoluta molto la tecnica militare, si sono evolute molto le tecnologie e, quindi, anche il tipo di sperimentazione. Non parlo solamente di quelle simulate, ma anche di quelle reali, con il tipo di materiali e di strumenti utilizzati.
  Da profano, però, ho l'impressione che la perimetrazione di quei tre poligoni fu pensata nello spazio e nel tempo in cui avvenne, ossia nel 1956. Lei ritiene che oggi, anche come punto di convergenza eventuale fra il punto di vista della difesa e il punto di vista di chi milita nel partito del ridimensionamento della presenza militare, quella perimetrazione possa essere ritenuta eccessiva e che possa essere ridimensionata, salvaguardando l'interesse della Difesa ad avere dei poligoni ?Pag. 24
  Non lo dico perché su questo terreno io andrei a un compromesso, ma mi piacerebbe capire la questione, ossia se sia proprio strettamente necessario che una quota così sterminata di territorio ancora oggi, a distanza di sessant'anni, possa essere adibita al medesimo uso a cui era adibita nel 1956.

  LUIGI BINELLI MANTELLI, Capo di stato maggiore della Difesa. Il discorso è oggetto di analisi a livello locale con i Comitati misti paritetici. Se non vado errato, dal 1956 di riduzioni ne sono state fatte, in un certo senso, soprattutto nella parte a mare dei poligoni; mi riferisco, quindi, a Capo Teulada. Sul PISQ non saprei dirle, ma ho l'impressione che ci siano state delle riduzioni.
  La parte di Salto di Quirra realmente impiegata per le azioni di fuoco e le sperimentazioni in addestramento è una parte piuttosto contenuta dell'intero Poligono. È ovvio che ci sono dei requisiti di sicurezza, che si chiamano «campane di sicurezza», per evitare che, se un missile o un proiettile sfuggisse al controllo o il tiro fosse sbagliato, questo non vada a impattare sulla popolazione. Ci sono dei margini di sicurezza che sono a mano a mano riducibili quanto più i sistemi d'arma aumentano in precisione, ma soprattutto in affidabilità, perché non si può mai escludere che un missile sfugga al controllo o che, per motivi di malfunzionamento, vada a finire dove non dovrebbe. Questo è un aspetto.
  Io ritengo che attraverso analisi tecnico-operative su quello che si deve fare e con quali sistemi d'arma si debba andare a sperimentare questo discorso si possa anche affrontare e credo anche che sia stato già affrontato.
  In merito le potrò fornire una risposta più esaustiva in seguito.

  PAOLO BOLOGNESI. Pongo una domanda molto secca e banale. Dalle varie audizioni che abbiamo fatto è emerso che una serie di aree di addestramento e di zone in cui si fanno manovre sono sotto tutela ambientale. Mi riferisco a parchi e via di questo passo. Non ritiene che si debbano, se non eliminare totalmente le servitù militari vicino a questi luoghi di interesse turistico e naturalistico, limitarle e avviare veramente una completa liberalizzazione di queste zone ? Parlo della Sicilia, delle Puglie e anche della Sardegna, naturalmente.

  LUIGI BINELLI MANTELLI, Capo di stato maggiore della Difesa. Bisogna distinguere i poligoni addestrativi dalle aree addestrative. I poligoni addestrativi sono quelli nei quali si svolge anche attività a fuoco, cioè a caldo, con munizionamento reale o simulato. È inertizzato, ma è comunque qualche cosa che si muove nello spazio e che colpisce il terreno.
  Le aree addestrative sono aree nelle quali si svolgono attività a freddo, cioè movimenti di truppe, movimenti tattici, giochi di guerra – se li vogliamo chiamare così – senza un impatto ambientale, nel senso che non c’è una dispersione di materiale. Anzi, io direi che il fatto che queste aree, oltre a essere parchi protetti, siano anche sotto tutela della Difesa, sotto questo profilo, assicuri ancora di più l'aspetto ambientale nei parchi. Non si va a sparare nei parchi perché per legge non si può fare, ovviamente.
  Questo è uno dei motivi per cui noi vorremmo che, quando si definisce una nuova zona parco naturale, ci fosse un coinvolgimento della Difesa, proprio per vedere se questo sia possibile o non sia possibile sulla base delle esigenze di difesa nazionale, che sono esigenze, ovviamente, dello Stato.

  MAURO PILI. Ringrazio l'Ammiraglio. Io ho ascoltato con grande attenzione le Sue parole e devo dire di aver condiviso veramente poco, perché sul tema dell'ambiente sono state fatte delle affermazioni davvero fuori luogo. Mi perdoni per la mia franchezza, ma non ripercorrono niente di quello che sta realmente succedendo in Sardegna.
  Mi corre l'obbligo di richiamare la Sua attenzione sul fatto che Teulada è sotto un decreto del Ministro dell'ambiente del 3 Pag. 25luglio del 2008 che individua tutta l'area del Poligono in un Sito di importanza comunitaria. L'intero Poligono militare di Capo Teulada è sottoposto a vincoli europei, nazionali e regionali.
  Non deve sfuggire a questa Commissione e all'Ammiraglio che nel 2011 questo Parlamento ha introdotto un reato. Mi riferisco all'articolo 733-bis del Codice penale che nella rubrica recita: «Distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto».
  Siamo in maniera puntuale e precisa nell'ambito di questo reato. Chiunque abbia la possibilità di valutare dall'alto – l'unica possibilità che abbiamo di farlo è con rilievo satellitare – quello che è avvenuto e che sta avvenendo quotidianamente in queste ore a Teulada non può in alcun modo distinguerlo da distruzione e deterioramento dell’habitat. Parlo di un habitat censito e tutelato da norme nazionali ed europee che vietano ai civili di passarci a piedi per tutelare quel bene naturale.
  Su Internet sono disponibili rilievi fotografici e ci sono cartelli che vengono sistemati su tutta la parte a mare di quel Poligono, che dicono: «Attenzione: possibili proiettili o esplosivi non esplosi». Affermare che solo per due mesi la Sardegna può gestire sul piano turistico quelle aree è un'enormità, perché nessuno può andarci a fare il bagno o a navigare dal momento che questi cartelli in maniera molto chiara indicano un pericolo per la stessa frequentazione di quell'area.
  Esiste, dunque, un reato, che è quello della distruzione e del deterioramento di un sito protetto, ma ce n’è anche un altro, che è quello del danneggiamento del patrimonio archeologico. Io la invito, Ammiraglio, a valutare quello che è successo dentro il Poligono di Teulada.
  La rete NURNET, che ha georeferenziato i nuraghi e la civiltà nuragica per quel territorio, ha censito sedici nuraghi. Alcuni di questi sarebbero stati cancellati a colpi di ruspa e altri vengono attraversati dai tracciati dei carri armati quotidianamente. Per essere chiaro, la civiltà nuragica ha 3.500 anni di storia, di vita. Soprattutto sarebbe presente anche un'aria fenicio-punica che sarebbe stata anch'essa sottomessa al controllo dei soggetti.
  Lo stesso Ministero dei beni culturali ha dichiarato che non ha avuto la possibilità di accedere e il COMIPA, di cui Lei ha richiamato l'importanza prima, una settimana fa è stato allontanato e non ha avuto la possibilità di entrare. La sera prima del sopralluogo il comando e il Ministero della difesa hanno impedito al Comitato misto paritetico di entrare a Teulada, pur avendo questo avuto precedentemente l'autorizzazione a farlo. Di fatto ciò costituisce un'ulteriore violazione anche sul piano istituzionale di quello che sta avvenendo.
  La mia raccomandazione, più che una domanda, è di tener conto delle leggi di questo Paese, che vietano qualsiasi attività in quel sito, tutelato da norme comunitarie. Sia, dunque, applicato il reato penale che è ben circoscritto e che comprende l'intero Poligono di Teulada – mi limito a questo per non parlare degli altri – con una violazione palese di una norma del Codice penale che prevede l'arresto, oltre alle ammende necessarie.

  LUIGI BINELLI MANTELLI, Capo di stato maggiore della Difesa. Onorevole, io sono Capo di stato maggiore della Difesa. Esiste un potere legislativo, esiste un potere esecutivo ed esiste una magistratura, un potere giudiziario. Io dico: che la giustizia faccia il suo corso. Prendo atto di quello che lei dice. Se è vero che vi sono state delle violazioni, che vengano stigmatizzate e punite, come è previsto dalla legge.
  Le rispondo, ma a naso, non in punta di legge. Mi risulta che esistano anche a Teulada alcune aree interdette proprio per il fatto che da molti anni sono presenti residuati militari. Si tratta di aree a mare, in particolare intorno alla punta, dove normalmente si spara. Quella è una zona interdetta. Che sia ricompresa o meno in questo parco naturale io non ho modo di verificarlo. Verificheremo, ma, ripeto, se è stata fatta una violazione, anche sul fatto di fare o non fare entrare il Comitato misto paritetico Pag. 26sulla base delle leggi, che la magistratura intervenga. Ne prendo atto.

  PRESIDENTE. Grazie. Concludiamo con l'onorevole Scanu, che è anche il relatore della nostra indagine conoscitiva.

  GIAN PIERO SCANU. Grazie, presidente. Signor Ammiraglio, la domanda che sto per porLe vorrei che venisse letta, grazie alla sua consueta cortesia istituzionale, come un'effettiva richiesta di chiarimento e non già come l'espressione di un pregiudizio e, tanto meno, la manifestazione di una polemica.
  Sulla base della relazione che Lei ha svolto, avendo io, per ragioni di anzianità politica, la possibilità di comparare questa Sua relazione – che non è certamente esclusivamente il frutto della Sua volontà, ma è l'espressione di un insieme di volontà – mi sono fatto l'idea che, dal mio punto di vista, anziché migliorare, stiamo tornando indietro.
  Io credo di aver colto di fatto un maggiore dirigismo – vorrei usare questa espressione, non so quanto appropriata – o comunque un'esplicita volontà di cristallizzare l'attuale situazione, ribadendo non solo l'utilità, ma anche l'indispensabilità di tutti i siti e, al di là delle Sue intenzioni, che credo di aver qualificato adeguatamente in premessa, di liquidare il discorso dicendo fondamentalmente: «È così, punto e basta».
  Le chiedo – Le assicuro che non è una domanda né retorica, né, tanto meno, provocatoria – per quale scopo viene convocata una Conferenza nazionale sulle servitù militari, se la cifra della posizione, immagino, del Governo, oltre che delle Forze armate, sulle servitù militari di fatto registra, o almeno questo è il mio pensiero, un arretramento rispetto alle posizioni precedenti.
  Questa domanda io la pongo anche per una ragione di carattere molto pratico: ad oggi, pur essendo un componente della Commissione difesa, alla stessa stregua mi pare degli altri colleghi, non ho ricevuto l'invito a questa Conferenza. Mi viene detto che i parlamentari non sarebbero fra gli invitati.
  Non avendo l'abitudine di origliare nelle case in cui non sono invitato, se Lei potesse anticiparci qualche cosa, ci farebbe una cortesia, perché onestamente io non solo non vedo novità tali da giustificare, dopo tanti anni – ha detto bene Lei, dopo troppi anni – una Conferenza nazionale, ma davvero non mi riesce nemmeno di vedere, e me ne dispiaccio, perché le cose dette dai colleghi che mi hanno preceduto le condivido tutte, un'apertura verso nuovi orizzonti. Al contrario, mi verrebbe da dire, mi pare di vedere una triste forma di arretramento.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Scanu. Naturalmente, su alcune questioni avremo modo di tornare domani mattina con il Ministro della difesa Pinotti, che ascolteremo proprio sull'indagine conoscitiva. Su altre si soffermerà l'Ufficio di presidenza, per esempio sulle modalità di partecipazione della Commissione e dei singoli parlamentari alla Conferenza.
  Ricordo che l'altra Conferenza, tenutasi diversi decenni fa, l'unica che si è tenuta, iniziò proprio con il saluto ai parlamentari presenti. D'altra parte, nasceva da un ordine del giorno votato dalla Camera che impegnava il Governo a tenere una Conferenza nazionale sulle servitù. Ripeto, ne parleremo in Ufficio di presidenza e soprattutto domattina con il Ministro della difesa.
  Ringrazio ancora l'Ammiraglio e gli do la parola per concludere la nostra audizione.

  LUIGI BINELLI MANTELLI, Capo di stato maggiore della Difesa. Io credo che la domanda dell'onorevole Scanu debba essere rivolta al Ministro, perché la Conferenza è stata voluta a livello politico. Io considero questo un fatto positivo, perché dopo trent'anni si mettono a fuoco a livello nazionale tutte le problematiche che si sono a mano a mano sviluppate a livello locale. Non la vedrei come una Conferenza annuale. Si può vedere se farla su base quinquennale, ma è un mio parere personale. Fatene quello che credete.
  Non mi sembra che il mio intervento sia né un cristallizzarsi, né un tornare sul Pag. 27passato. Va letto per quelle che sono le responsabilità istituzionali. Non potete chiedermi – neanche il Ministro me lo può chiedere – di dichiarare che sono felice dei tagli al bilancio della Difesa. Come Istituzione, come Capo di stato maggiore delle Forze armate, io devo esporre francamente il mio pensiero. Poi è chiaro che in momenti in cui i tagli vengono fatti io saluto ed eseguo gli ordini, perché sono un servitore dello Stato.
  Pertanto, se mi chiedete una relazione sulle servitù militari, io devo porre i problemi che riguardano il mio comparto, cioè le Forze armate. Le mie sono risposte anche diverse, se vogliamo, da quelle che potrà fornire il Ministro Pinotti, che ha il problema della difesa nazionale, ma ha anche il problema politico e ha una visione sicuramente molto meno tecnica di quella che posso avere io. Io vi ho esposto i nostri problemi e le nostre esigenze. Se poi lo Stato vuole spostare la Brigata Sassari o i poligoni in Sicilia o in Tunisia, noi eseguiremo, ma ci vogliono le risorse.
  Ho anche detto che c’è una ripresa dei rapporti non solo con i Comitati misti paritetici, ma anche con le comunità locali. Noi stiamo esaminando, per esempio, un'interessante proposta del sindaco di Perdasdefogu che propone delle attività duali, delle attività congiunte per lo sviluppo del territorio anche sul piano economico, oltre che ambientale. Queste sono proposte che io prendo con grande entusiasmo e anche con grande apprezzamento, perché vuol dire che forse riusciamo con calma a trovare delle soluzioni, anche riduttive e congiunte, per mitigare questo problema che, mi rendo conto, è un problema politico.
  Se mi chiedete di esprimere la mia comprensione, ve la posso anche esprimere, ma io sono Capo delle Forze armate ed è mia responsabilità mandare sul terreno truppe addestrate che sappiano quello che fanno. Peraltro, credo che questo non sia il momento più tranquillo della nostra storia.
  Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio a nome della Commissione, Ammiraglio, per la cortesia e la disponibilità. D'altra parte, Le posso assicurare che, nello spirito di rispetto delle reciproche prerogative istituzionali e costituzionali, la Commissione continuerà a svolgere il suo compito e la sua attività parlamentare nell'esclusivo interesse del nostro Paese e delle nostre Istituzioni, tenendo naturalmente anche in debito conto gli interessi delle Forze armate, che ne rappresentano una parte qualificata, e cercando di bilanciare questi interessi e queste esigenze con quelli che sono emersi anche dalle comunità locali e dagli altri attori che fanno parte del sistema Paese.
  Sicuramente la nostra Commissione continuerà a essere al fianco delle Forze armate e delle persone che vi lavorano e che, con tanto impegno e dedizione, in un momento non facile del nostro Paese e della realtà internazionale alla quale Lei ha fatto riferimento, devono sapere che il Parlamento continua a essere al loro fianco.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.