XVII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI

Resoconto stenografico



Seduta n. 16 di Mercoledì 20 luglio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA TUTELA DEI DIRITTI DELLE MINORANZE PER IL MANTENIMENTO DELLA PACE E DELLA SICUREZZA A LIVELLO INTERNAZIONALE

Audizione di Enrico Calamai, Portavoce del Comitato Verità e Giustizia per i Nuovi Desaparecidos.
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 3 ,
Calamai Enrico , Portavoce del Comitato Verità e Giustizia per i Nuovi Desaparecidos ... 3 ,
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 4 ,
Drudi Emilio , Giornalista e rappresentante dell'Agenzia ... 4 ,
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 6 ,
Tidei Marietta (PD)  ... 6 ,
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 7 ,
Drudi Emilio , Giornalista e rappresentante dell'Agenzia ... 7 ,
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 7

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
PIA ELDA LOCATELLI

  La seduta comincia alle 9.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Enrico Calamai, Portavoce del Comitato Verità e Giustizia per i Nuovi Desaparecidos.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela dei diritti delle minoranze per il mantenimento della pace e della sicurezza a livello internazionale, l'audizione dell'Ambasciatore Enrico Calamai, Portavoce del Comitato Verità e Giustizia per i Nuovi Desaparecidos, già diplomatico italiano in servizio, tra l'altro, presso il Consolato d'Italia a Buenos Aires.
  Erano gli anni Settanta; in Argentina imperversava la dittatura militare di Jorge Rafael Videla. Enrico Calamai – sfidando, senza incertezze, le ambiguità e i tatticismi della politica, aggirando la burocrazia e a rischio della propria vita – fu capace di mettere in salvo e far espatriare centinaia di oppositori del regime, altrimenti destinati a tortura e morte certa.
  Enrico Calamai ha servito lo Stato italiano anche in Cile, sotto il regime totalitario di Augusto Pinochet, dove, in egual modo, si è speso a fianco dei rifugiati presso l'Ambasciata italiana. Ha così contribuito a far condannare militari argentini, testimoniando contro di loro al processo, celebrato anche in Italia nel 2000.
  Enrico Calamai ha, quindi, portato, la sua esperienza e il suo impegno nelle scuole e nelle università, anche attraverso le pagine del libro che ha scritto Niente asilo politico e che consiglio di leggere.
  Gli sono grata per avere accolto l'invito a svolgere questa audizione, che si deve anche alla sua partecipazione al Convegno promosso dal nostro Comitato nel mese di febbraio e al quale ha contribuito, con una lucida relazione sul rapporto tra politica internazionale e diritti umani dal punto di vista della sua esperienza professionale.
  La storia si ripete, tragicamente, come lasciano intendere i fatti di Turchia – ormai non è più un presagio, lo abbiamo visto proprio in queste ore – di questi ultimi giorni, ma anche quelli di Nizza, evidenziando la centralità della riflessione sulla tutela dei diritti umani nel rapporto, problematico, con la Realpolitik.
  Do quindi la parola ad Enrico Calamai, che è accompagnato da Emilio Drudi, giornalista e rappresentante dell'Agenzia Habeshia, e da Francesco Martone, caro amico di tanti anni fa, già segretario della Commissione per i diritti umani del Senato e ora responsabile campagne e advocacy di Un ponte per...
  Grazie.

  ENRICO CALAMAI, Portavoce del Comitato Verità e Giustizia per i Nuovi Desaparecidos. Grazie, signora presidente, per le belle, e forse troppo generose, parole. So che abbiamo pochissimo tempo a disposizione, quindi mi limiterei a un quadro estremamente sintetico del nostro Comitato, e poi passerei la parola ai miei colleghi.
  Come portavoce, desidero esprimere la gratitudine del Comitato Verità e Giustizia Pag. 4per i Nuovi Desaparecidos, per la possibilità, che ci viene oggi offerta, di portare a conoscenza delle forze politiche la nostra vivissima preoccupazione e la nostra indignazione per le morti che da troppo tempo si succedono nel Mediterraneo e nei Paesi di transito, in una specie di assopimento mediatico che tende a deresponsabilizzare l'opinione pubblica da quanto ci accade intorno, quasi si trattasse di un inevitabile fenomeno climatico.
  Ebbene, 23 mila morti a partire dal 2000 e 11 mila negli ultimi tre anni stanno a dimostrare che siamo davanti a una curva ascendente in maniera esponenziale, a causa delle scelte politiche di proibizionismo attuate dall'Unione europea, Italia compresa, che costringono i profughi in fuga per la vita a mettersi nelle mani della criminalità organizzata, che, tra l'altro, paradossalmente, finisce spesso per arricchire le casse del terrorismo e, secondo le stesse Nazioni Unite, ha fatto del Mediterraneo la zona di confine a più alta mortalità al mondo.
  Il Comitato Verità e Giustizia per i Nuovi Desaparecidos si propone di trovare mezzi per porre fine allo stillicidio di morti, al vero e proprio massacro che ci accompagna un giorno dopo l'altro, di arrivare alla identificazione delle vittime, di adire un tribunale internazionale di opinione quale il Tribunale Permanente dei Popoli e, nel contempo, le sedi giurisdizionali, sia nazionali sia europee ed internazionali.
  Mi fermo qui.

  PRESIDENTE. Do ora la parola a Emilio Drudi, giornalista e rappresentante dell'Agenzia Habeshia.

  EMILIO DRUDI, Giornalista e rappresentante dell'Agenzia Habeshia. Sono rappresentante dell'Agenzia Habeshia, ma anche del Comitato Nuovi Desaparecidos. Lavoriamo insieme.
  Vorrei scendere un po’ più nel dettaglio sulle cose a cui ha accennato Enrico. Stiamo parlando di vittime e di profughi: secondo l'ultimo rapporto dell'UNHCR, sono diventati ben 65 milioni 300 mila. Questa stima è già superata, se pensiamo che proprio la stessa UNHCR, tre giorni fa, ha detto che i profughi fuggiti dal Sudan non sono più 850 mila, ma sono ora 1 milione e 100 mila. Quindi, già in meno di un mese e mezzo ce ne sono altri 250 mila in più, senza contare il rischio carestia.
  Secondo l'Unione africana, solo in Etiopia sono a rischio carestia 10,5 milioni di persone; in Sud Sudan, 4,5 milioni. Cito il Sud Sudan in particolare perché lì non sono state fatte le semine da due anni e, quindi, la situazione è ancora più grave, in quanto la guerra civile impedisce ai contadini di lavorare, e, pertanto, di produrre. Di conseguenza, avremo queste persone che sicuramente finiranno tra i profughi.
  Come scappano questi profughi? Lo diceva Enrico Calamai: non ci sono vie legali di immigrazione. Noi parliamo di invasione. Ebbene, già questo denota che c'è un'ostilità. Quale invasione? Il 95 per cento dei profughi si ferma nei Paesi intorno a quello da cui sono scappati.
  È uscito, proprio in questi giorni, un rapporto di Oxfam dal quale emerge che gli otto Paesi più ricchi e più importanti del mondo non ospitano nemmeno il 9 per cento dei profughi, quindi nulla. L'invasione di cui parliamo in Italia è ridicola. Se andiamo a vedere i numeri, l'anno scorso sono arrivate in Europa 1.050.000 persone: sono lo 0,2 per cento della popolazione europea. Allora, come si fa a parlare di invasione? È interessante vedere come sono arrivate: 850 mila in Grecia, 153.882 (o 153.883) in Italia, appena 5-6.000 in Spagna. Cito questi numeri perché poi tornerò su questo aspetto, che è un aspetto, secondo me, fondamentale. Quest'anno, siamo a circa 250 mila, in linea con l'anno scorso. Eppure, continuiamo a parlare di invasione. Come arrivano? Arrivano affidandosi per forza ai trafficanti, che inizialmente erano un po’ «fai da te», oggi sono diventati organizzazioni criminali ad altissimo livello. Come Habeshia e come Comitato Nuovi Desaparecidos, abbiamo notizia che l’hub principale dei trafficanti, del traffico di uomini è diventato Khartoum, dove confluiscono tre grandi flussi di profughi: dal Medio Oriente, dal Corno d'Africa e dall'Africa subsahariana. Le organizzazioni Pag. 5criminali si sono spartite il mercato e non si fanno neanche la guerra tra loro. Ognuna ha le sue vie di immigrazione – sempre quelle, sempre le stesse piste, perché lì ha trovato le complicità delle autorità e della polizia locale – che portano, poi, verso la Libia e verso l'Egitto.
  I profughi sono totalmente nelle mani di questi trafficanti oppure – peggio – molto spesso capita che finiscono nelle mani delle milizie e delle polizie corrotte in Libia e in Egitto, dove vengono arrestati, perché entrare in Libia e in Egitto senza documenti è un reato che comporta l'arresto immediato e si esce dal carcere – soprattutto dalle carceri libiche – solo se si paga una nuova tangente. Mediamente, sono mille dollari a persona.
  Gli ultimi rapporti di Amnesty e di Human Rights Watch sulle condizioni di vita nei centri di detenzione in Libia sono terribili. Come Habeshia e come Comitato Nuovi Desaparecidos lo stiamo denunciando da tempo e oggi troviamo questi riscontri.
  L'ultimo rapporto di Human Rights Watch parla di violenze sistematiche sulle donne, sugli uomini, sui ragazzi. Non è un caso che tantissime donne arrivano qui in stato di gravidanza. Buona parte di queste donne che arrivano in stato di gravidanza sono state violentate in Libia o in Sudan. Questo accade, così come il traffico di organi. Habeshia denuncia il traffico di organi dal dicembre 2009. Oggi, dall'inchiesta di Palermo viene fuori che un trafficante pentito parla esplicitamente di traffico di organi. Questo traffico era stato organizzato inizialmente nel Sinai, poi si è chiusa la via del Sinai verso Israele, ma non è finito il traffico di organi, è stato semplicemente spostato dal Sinai al Sudan. Ciò comporta il ricatto, ossia queste persone vengono prese prigioniere e per essere liberate devono pagare un riscatto, che quando ho cominciato a occuparmi di questi problemi era di 8 mila dollari, mentre oggi siamo a 40-50 mila dollari. Queste bande si sono trasferite nel Sud Sudan, o meglio, nella parte meridionale del Sudan, tra la frontiera eritrea e la zona di Cassala. Ultimamente ci è arrivata notizia che un'organizzazione del genere ha cominciato ad operare anche fra il Sudan e l'Egitto.
  Questa è la situazione nei Paesi di transito. L'Europa e l'Italia, anziché aiutare queste persone ad arrivare, alzano barriere, barriere fisiche, come intorno a Ceuta e Melilla o come lungo la frontiera greca, o barriere legali, politico-legali. Penso, ad esempio, ai patti bilaterali che sono stati sottoscritti tra quasi tutti gli Stati europei e gli Stati del Nord Africa; patti bilaterali che sono stati, poi, sistematizzati prima con il Processo di Rabat, nel 2006, poi con il Processo di Khartoum, firmato proprio qui, a Roma, il 28 novembre 2014.
  C'è stata anche l'azione di «Mare Nostrum», che ha trasformato il mandato da mandato di ricerca e soccorso in respingimento, in mandato di polizia, polizia di frontiera. Poi ci sono stati gli accordi di Malta, poi gli accordi con la Turchia, che venivano citati poco fa. Tra l'altro, mi piace soffermarmi brevemente sugli accordi con la Turchia. In Italia diamo, giustamente, asilo politico o, comunque, lo status di rifugiato a chi viene dall'Eritrea o dall'Iraq, dall'Afghanistan. Ebbene, la Turchia ha già fatto – o sta facendo – degli accordi con quattordici Stati, che sono: l'Iraq, l'Iran, l'Afghanistan, l'Algeria, il Bangladesh, il Camerun, il Ghana, l'Eritrea, il Marocco, il Myanmar, la Repubblica Democratica del Congo, la Somalia, il Sudan e la Tunisia. I profughi che arrivano in Turchia da questi Paesi vengono respinti.
  Allora, se un eritreo arriva in Italia noi gli diamo lo status di rifugiato, se arriva in Turchia, con il nostro mandato, viene rimandato in Eritrea, ossia lo consegniamo al dittatore da cui è scappato. Lo stesso accade dall'Iraq, ad esempio i curdi, e dall'Iran. Queste sono barriere ancora più gravi, a mio modo di vedere, delle barriere fisiche.
  Il Migration Compact, che dovrebbe andare in discussione al Parlamento europeo – credo entro la fine di luglio – va a chiudere il cerchio. Il principio è: soldi in cambio di uomini. Noi abbiamo spostato i confini dell'Europa sempre più a sud, li abbiamo «esternalizzati»; abbiamo affidato e stiamo affidando la sorveglianza di Pag. 6questi confini agli Stati contraenti di questo patto, che, molto spesso, sono dittature.
  Il Processo di Khartoum l'ha firmato anche un dittatore come al-Bashir, colpito da mandato di cattura internazionale per lesa umanità (gli vengono imputati almeno 300 mila morti), l'ha firmato perfino l'Eritrea di Isaias Afeworki, e già abbiamo cominciato a mandargli i soldi. Abbiamo mandato, prima di Natale, 40 milioni per la sorveglianza dei confini, cioè per la polizia che sorveglia i confini. Ebbene, la polizia eritrea che sorveglia i confini ha l'ordine di sparare per uccidere, e abbiamo decine di morti ai confini fra l'Eritrea e il Sudan, uccisi dalla polizia eritrea che ora noi andiamo a finanziare. E queste barriere funzionano!
  Prima ho citato i numeri dei profughi arrivati in Grecia, in Italia e in Spagna. La proporzione, quest'anno, è la stessa: 80 mila in Italia, 145 mila in Grecia, circa 5 mila in Spagna. Perché così pochi in Spagna? Pensate che il punto più stretto, nel Mediterraneo, tra la Spagna e il Marocco è appena undici chilometri. Io sono di Rimini e undici chilometri, a Rimini, li faccio in due ore, non più di due ore. Come mai non vanno in Spagna? Perché la polizia marocchina, in base al Processo di Rabat, non fa arrivare i profughi nemmeno alla costa, li ferma prima, e ha aperto diciotto centri di detenzione, nei quali non sappiamo nemmeno cosa accade. Medici senza frontiere, che operava in quella zona, è stata costretta ad andare via ed è stato costretto ad andare via anche l'ultimo testimone, padre Velázquez, un sacerdote spagnolo che aveva un po’ raccolto l'eredità di Medici senza frontiere e soccorreva queste persone. Padre Velázquez è stato espulso dal Marocco e non può più rientrare, quindi non abbiamo nemmeno la testimonianza di quello che accade lì. Ciò grazie al Processo di Rabat. Il Processo di Khartoum mira esattamente a fare la stessa cosa, così come gli accordi di Malta, così come l'accordo con la Turchia, così come il Migration Compact.
  La conseguenza è che il traffico di esseri umani diventa sempre più forte e diventa sempre più difficile arrivare. Lo dimostra, ad esempio, un'inchiesta dell'Università di Londra che dice esplicitamente che in seguito all'operazione «Mare nostrum» le vittime sono aumentate. Lo dimostra un'inchiesta dell'Università di Coventry, che dice che la politica europea e italiana rende sempre più difficile, quindi sempre più a rischio, le vie di fuga. Infatti, la polizia di frontiera di questi Paesi ha cominciato a sparare. Per la prima volta, quest'anno abbiamo più di cinquanta migranti uccisi direttamente dalla polizia turca, dalla polizia eritrea e dalla polizia libica mentre cercavano di scappare o di passare i confini. Ecco le vittime. Quest'anno, secondo il censimento fatto da Nuovi Desaparecidos, siamo a 3.477 morti. Noi cerchiamo di identificare anche i morti a terra, non solo i morti in mare, quindi risultano di più di quelli dei censimenti dell'OIM o del Commissariato ONU per i rifugiati.
  Vi pregherei di vedere l’escalation di queste morti. Ne abbiamo 3.500 nel 2014, 4.051 nel 2015, quest'anno siamo a 3.477 al 19 luglio, cioè a ieri. Allora, mi pare evidente che è questa politica che stiamo conducendo che provoca queste cose. Io sono convinto che stiamo dando gli strumenti a Stati dove i diritti umani non contano, dove queste persone sono meno che schiavi, sono oggetti di cui ciascuno può disporre a piacimento. Badate che questo traffico – e concludo – che si svolge in Africa, oggi si svolge su ampia scala anche in Italia e in Europa.
  Grazie e scusate se ho preso troppo tempo.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARIETTA TIDEI. Scusate, ma ci hanno chiesto puntualità assoluta per le votazioni in Aula.
  Chiaramente, concordo con moltissime delle cose che avete detto e voglio ringraziare tutti voi per il pregevole lavoro che svolgete, con passione e con dedizione. Sono assolutamente d'accordo sulla retorica dell'assedio, che è dannosa oltre che falsa, perché, poi, i numeri sono i numeri ed è ovvio che parlare di invasione o di Pag. 7assedio, in Italia, ma anche in tutta Europa, di fronte ai numeri che ci danno UNHCR, Oxfam e tutte le associazioni e le organizzazioni che si occupano di migranti, è un falso.
  Sono altresì d'accordo sul fatto che noi non possiamo chiudere gli occhi su quello che avviene nei Paesi con i quali comunque stringiamo degli accordi per il contenimento dei flussi migratori. Conosciamo queste cose e grazie per averle ribadite, perché, a mio avviso, è sempre più importante riascoltarle, per fissarle meglio. Tuttavia, sicuramente, qualche accordo con i Paesi di transito o di origine dei flussi migratori dobbiamo comunque stringerlo, ma non solo in funzione di contenimento di quei flussi. Io, come molti, sono tra quelli che pensano che noi dovremmo investire in quei Paesi per bloccare, non con la polizia o con gli spari, le cause, per ridurre almeno le cause di coloro che fuggono non solo dalle guerre – e qui, chiaramente, non apriamo la discussione su quante responsabilità hanno anche gli Stati europei, l'Occidente, il cosiddetto «Occidente» –, ma anche dalla fame.
  Oggi sembra, nella retorica giornaliera, che chi fugge per fame sia quasi una persona «di serie B», come se la fame fosse una colpa, come se la disperazione fosse una colpa. Quindi, si sente dire che va bene per chi viene qui perché c'è la guerra, ma ci si chiede perché vengono qui dall'Africa subsahariana. A parte che in alcuni luoghi c'è la guerra comunque e ci sono le dittature sanguinarie, ma anche se ci fosse solo la fame non mi sembra che sia una causa da poco. Chi di noi ha avuto la possibilità di visitare molti Paesi sa che cosa vuol dire fare due chilometri per prendere un secchio d'acqua alla fontanella più vicina. È chiaro che dare ai propri figli una prospettiva di vita migliore è sacrosanto. Però, come se ne esce? Quello che chiediamo a voi è anche questo.
  Credo che questi accordi sia necessario stringerli, seppure mi trovo del tutto d'accordo sul fatto che, comunque, non si possano chiudere gli occhi su quello che avviene nei centri di detenzione, sui metodi che le polizie, l'esercito corrotto, la polizia corrotta utilizzano per bloccare, per contenere questi flussi migratori. Lei, dottor Drudi, giustamente parlava dei morti, addirittura, perché si spara, ma ci sono altri modi. Io stessa ho visitato diversi centri all'estero, ma anche in Italia, dove la prima cosa che chiedono le donne eritree o somale quando vengono qui è il test di gravidanza, quando non arrivano già con una maternità che conoscono.
  L'ho sentita molto critica e anche a me l'accordo con la Turchia lascia abbastanza perplessa. Non sono assolutamente d'accordo sull’«esternalizzazione» della soluzione, però, in qualche modo, noi qualche accordo lo dobbiamo stringere.

  PRESIDENTE. Dò la parola ai nostri ospiti per la replica.

  EMILIO DRUDI, Giornalista e rappresentante dell'Agenzia Habeshia. Certo che bisogna farli, questi accordi. Per forza. Ma a certe condizioni. Lei, onorevole Tidei, ha citato l'Eritrea. Bene, facciamo un accordo con l'Eritrea, però chiediamo che venga attuata la Costituzione dell'Eritrea, che è una delle Costituzioni più avanzate dell'Africa, promulgata nel 1997 e mai attuata. Chiediamo che vengano liberati 10 mila prigionieri politici, chiediamo che vengano fatte libere elezioni. E, allora, facciamo l'accordo, non un accordo al buio, perché noi stiamo facendo accordi al buio. Questo è il punto. Gli accordi vanno benissimo, siamo noi a gestirli.

  PRESIDENTE. Poiché stanno per iniziare le votazioni in Aula, dobbiamo fermarci qui. Ringrazio tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.30.

Pag. 8