XVII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 5 di Giovedì 11 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Scagliusi Emanuele , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA TUTELA DEI DIRITTI DELLE MINORANZE PER IL MANTENIMENTO DELLA PACE E DELLA SICUREZZA A LIVELLO INTERNAZIONALE

Audizione di Suha Oda, giornalista ed attivista per i diritti umani in Iraq, e di Jimmy Shahinian, attivista per i diritti umani in Siria.
Scagliusi Emanuele , Presidente ... 3 
Nicoletti Michele (PD)  ... 3 
Oda Suha , Giornalista ed attivista per i diritti umani in Iraq ... 4 
Scagliusi Emanuele , Presidente ... 6 
Shahinian Jimmy , Attivista per i diritti umani in Siria ... 7 
Scagliusi Emanuele , Presidente ... 9 
Shahinian Jimmy , Attivista per i diritti umani in Siria ... 9 
Oda Suha , giornalista ed attivista per i diritti umani in Iraq ... 10 
Scagliusi Emanuele , Presidente ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE EMANUELE SCAGLIUSI

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Suha Oda, giornalista ed attivista per i diritti umani in Iraq, e di Jimmy Shahinian, attivista per i diritti umani in Siria.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela dei diritti delle minoranze per il mantenimento della pace e della sicurezza a livello internazionale, l'audizione di Suha Oda, giornalista ed attivista per i diritti umani in Iraq, e di Jimmy Shahinian, attivista per i diritti umani in Siria.

  MICHELE NICOLETTI. L'odierna seduta del Comitato permanente sui diritti umani della nostra Commissione prevede l'audizione di due attivisti che hanno dedicato le loro energie alla difesa dei diritti umani in due realtà, come l'Iraq e la Siria, che sono state in anni recenti e sono tuttora teatro di violenti scontri armati e hanno poi visto il dilagare dell'esperienza radicale del Daesh.
  Suha Oda è giornalista e attivista irachena per i diritti umani nell'area di Mosul, nel nord dell'Iraq attualmente controllato dal cosiddetto «Stato islamico» e membro dell’Iraqi Women Journalists Forum.
  Jimmy Shahinian, ingegnere informatico e attivista siriano per i diritti umani, appartiene alla comunità cristiana di Raqqa in Siria, dove ha contribuito a creare il Local Coordination Committee, che aveva lo scopo di gestire gli aiuti alla popolazione. Arrestato più volte, ha continuato a lavorare tra Raqqa ed Aleppo, finché il Daesh non ha occupato la sua città, ed è stato quindi costretto a fuggire in Turchia. Continua a occuparsi di monitoraggio e documentazione delle violazioni dei diritti umani.
  Li accompagnano Domenico Chirico, direttore dell'associazione «Un ponte per» e Cecilia Dalla Negra, portavoce della stessa associazione.
  I nostri due ospiti sono stati auditi martedì dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, audizione nel corso della quale hanno contribuito a evidenziare la capacità di attrazione esercitata dal Daesh attraverso le sue strutture e i suoi apparati di comunicazione, che fanno leva sulla rabbia e sulla frustrazione non solo di ampi strati della popolazione locale, cui assicurano condizioni di sicurezza ed economiche accettabili, ma anche di molti stranieri sia di origine europea sia di origine asiatica.
  È anche emerso come non si debba commettere l'errore di considerare il cosiddetto «Stato islamico» come un insieme di barbari, in quanto tale organizzazione ha saputo dotarsi non solo di forze di sicurezza adeguate, ma anche di strutture amministrative capaci, adottando strategie di difesa flessibili e particolarmente efficaci.Pag. 4
  Invito, quindi, Suha Oda e Jimmy Shahinian a svolgere il proprio intervento, in particolare sul fenomeno del Daesh, sulla tutela dei diritti umani e sulle opzioni disponibili per un recupero di pace e di democrazia nella regione del grande Medio Oriente.

  SUHA ODA, Giornalista ed attivista per i diritti umani in Iraq. Buongiorno e grazie per averci invitato.
  Innanzitutto, per parlare della situazione attuale a Mosul, che è la capitale della provincia di Ninive, è importante avere un quadro, sia pur riassuntivo, di come era la situazione prima dell'ingresso di Daesh, di questa organizzazione estremista, all'interno della città.
  Mosul è il capoluogo della provincia di Ninive, una provincia costituita da tredici città. All'interno di questa provincia la popolazione è variegata e molto composita dal punto di vista etnico. Qui fino a poco tempo fa si ritrovavano sciiti, sunniti, cristiani, yazidi, arabi, turcomanni, curdi, insomma varie comunità distinte fra loro su linee confessionali oppure su linee di tipo identitario.
  Tuttavia, questo non impediva il fatto che ci fosse una pace sociale sostanziale e comunque una convivenza assolutamente buona. A partire dal 2003, dall'ingresso degli Stati Uniti in Iraq, non abbiamo più conosciuto un giorno di sicurezza. Ogni giorno ci sono autobombe; ogni giorno ci sono esplosioni, attacchi contro civili o contro le forze di sicurezza all'interno della città.
  In città si sono svolte chiaramente tutte le elezioni, sia quelle amministrative sia quelle politiche, quindi anche per il Parlamento. Tuttavia, a partire dal 2009 è cominciato un contrasto forte fra le istituzioni locali e le istituzioni centrali, rappresentate rispettivamente dal Consiglio provinciale e dal Governo centrale gestito dall'allora Primo Ministro Nuri al-Maliki.
  Tra le cause principali di questi scontri c’è sicuramente il fatto che le forze di polizia e le forze di sicurezza in generale, quindi anche lo stesso esercito, sono composte principalmente ed essenzialmente da persone provenienti dalla parte centrale e meridionale dell'Iraq, che fanno parte della comunità sciita che non è maggioritaria dalle nostre parti, e questo ha in qualche maniera impedito il crearsi di una fiducia fra la popolazione locale e le forze di polizia e di sicurezza.
  A partire dal 2003 l'area della provincia di Ninive include anche le aree contese fra la popolazione curda e quella araba irachena. Questo ha fatto sì, ad esempio, che i peshmerga, che sono le forze di sicurezza legate alla componente e al governo regionale curdi, abbiano impedito sia lo stabilirsi sia l'acquisto di immobili agli arabi in alcune delle città della provincia.
  Nonostante tutto questo, fino all'ingresso di Daesh in città, avvenuto un anno e un giorno fa, quindi il 10 giugno 2014, in ogni caso la condizione femminile era in qualche maniera accettabile, nel senso che comunque le donne erano libere di lavorare, potevano chiaramente uscire di casa, prendere le loro decisioni personali inerenti il matrimonio e le loro questioni personali. Con l'ingresso di Daesh in città le cose sono radicalmente cambiate e radicalmente peggiorate. Di fatto, questa organizzazione ha imposto una sua propria costituzione in sedici punti, che, tra le altre cose, prevede l'espulsione di tutti i non sunniti, quindi i cristiani, gli sciiti, che non facciano pubblica conversione. Dopo l'ingresso di Daesh ci sono stati anche i noti episodi di stupro e di uccisione della comunità yazida, quindi sono iniziati problemi ben più gravi rispetto a quelli che c'erano anche prima.
  Tuttavia, dopo l'iniziale virulenza contro le minoranze, la violenza di Daesh si è allargata un po’ a tutta la popolazione. In particolar modo, i primi a essere colpiti sono stati i notabili, coloro che avevano un ruolo nella vita pubblica, quindi gli avvocati e le avvocatesse, i giornalisti e le giornaliste, i medici, coloro che si occupavano di politica o avevano comunque un ruolo di tipo istituzionale.
  Ci sono nove o dieci fosse comuni accertate nella città di Mosul. I cadaveri sono a migliaia. Si sa che ci sono anche centinaia di cadaveri negli obitori che non Pag. 5sono stati ancora consegnati alle famiglie, e soprattutto, tra questi ultimi cadaveri ci sono quelli di molti notabili e persone che avevano un ruolo pubblico. Oltre a questo, ci sono molte carceri segrete.
  Tra le violazioni più lampanti dei diritti umani, ci sono anche i matrimoni forzati di donne minorenni con alti dirigenti di questa organizzazione. Per quanto riguarda la questione femminile, la situazione è disperata. Alle donne non è consentito uscire di casa, se non accompagnate da uomini facenti parte della ristrettissima cerchia di coloro che, in base al Corano, vengono considerati non papabili per un matrimonio. Alle donne è proibito esercitare qualunque professione, ad eccezione dell'insegnamento ai bambini piccoli o alla medicina in campo ginecologico. È praticamente impedito qualunque tipo di attività.
  Inoltre, siete tutti a conoscenza dei codici d'abbigliamento che riguardano donne e uomini, ma chiaramente per le donne sono molto più restrittivi. Questa situazione ha condotto al diffondersi di casi di depressione, che spesso portano anche al suicidio.
  Per quanto riguarda l'uscita di casa, non solo è proibita, come ho detto, ma ai tassisti che dovessero prendere in macchina una donna non accompagnata da una persona autorizzata in base alle regole prescritte può essere imposta una forte multa pecuniaria o addirittura l'arresto.
  Se la debolezza del governo centrale è stata una delle cause della situazione non ottimale che c'era a Mosul prima dell'ingresso di Daesh, con l'ingresso di questa organizzazione la situazione è cambiata e ora il governo centrale, ma anche i governi federali, quelli locali, guardano a Mosul come ad un corpo estraneo separato dal resto dell'Iraq. Tant’è vero che l'elettricità è stata tagliata ormai vari mesi fa; non vengono più forniti servizi, anche per quello che riguarda l'acqua, le infrastrutture fognarie; non è possibile l'accesso di farmaci e molti beni di prima necessità vengono fermati prima che possano accedere all'area.
  Mediamente dieci o dodici bambini ogni settimana muoiono immediatamente dopo il parto, per la mancanza di farmaci. Le donne spesso sono costrette a partorire senza alcun tipo di assistenza, e anche i cesarei vengono spesso effettuati senza anestesia. I guerriglieri di Daesh hanno il pieno controllo di tutti gli ospedali della città, che sono praticamente ad uso esclusivo dell'organizzazione, mentre ai civili viene impedito di ricorrere all'assistenza medica.
  Per quanto concerne, invece, la regione autonoma curda, che è la regione più vicina, il governo federale più vicino alla provincia di Ninive, in questo caso ha provveduto a interrompere praticamente tutte le strade e ad abbattere tutti i ponti che univano la città di Mosul con le altre città, come Anbar o Kirkuk, con la giustificazione di impedire l'arrivo di rinforzi e l'arrivo di rifornimenti al Daesh, ma l'effetto concreto di questa politica è stato quello di isolare ancor di più la città e renderne i cittadini di fatto degli ostaggi nelle mani di tale organizzazione. È importante notare come all'interno di Mosul non ci sono solo i cittadini di Mosul, ma anche molti rifugiati di altre province, scappati durante i mesi scorsi.
  In questo momento, non c’è nessun tipo di rifornimento o di commercio con Mosul. L'unica cosa che si continua a trovare in qualche maniera è il cibo, che proviene dalla zone siriane intorno a Raqqa. Tuttavia, la popolazione ha molta difficoltà anche ad acquistare cibo, anche a causa del taglio degli stipendi pubblici effettuato dal governo centrale iracheno.
  La nostra richiesta principale non è tanto, o non solo almeno, quella di fornire una maggiore quantità di armamenti: non è questa la nostra priorità. In questo momento, ciò che ci serve più di tutto è sostegno, ad esempio per la giustizia transizionale, che potrebbe consentirci di superare alcuni dei problemi. Ciò soprattutto perché, come vi dicevo, a livello di società civile, a livello della popolazione, c’è una pace fra le varie componenti, c’è un accordo, una convivenza comprovata anche da tanti esempi.Pag. 6
  Questo è dimostrato anche da alcuni fatti concreti. Nonostante tutti i problemi che sono nati all'indomani dell'invasione di Daesh, quando questa organizzazione ha ucciso tantissimi yazidi e ha reso schiave e stuprato tante donne yazide, tuttora la gente di Mosul fa tutto quel che può per aiutare queste donne a scappare e a uscire da questa zona per poter avere un soccorso e un sostegno.
  Comunque, ci sono molti indicatori della possibilità di un ritorno alla convivenza, e della pace che regna sostanzialmente fra le varie componenti della popolazione irachena, ma soprattutto della popolazione di Mosul.
  Per rimanere su un esempio in qualche maniera complementare a quello che portavo, dopo l'ingresso di Daesh in città, le famiglie di Mosul, le famiglie arabe o quelle musulmane di Mosul che sono scappate verso le aree circostanti hanno trovato rifugio anche presso le case di molti yazidi, che non hanno esitato nell'accoglierli, nel fornire loro un tetto, da mangiare e da bere, insomma un rifugio.
  È per questo che il principale aiuto di cui avremmo bisogno da parte della comunità internazionale è probabilmente il sostegno al governo iracheno e le pressioni, intanto per mettere in pratica quella giustizia transizionale che potrebbe aiutare a superare gli odi che si sono creati in questi anni, ma anche e soprattutto per porre leggi che siano più eque e mettano da parte tutte quelle politiche settarie che hanno creato divisioni fra le varie componenti etnico-religiose del Paese.
  D'altra parte, chiediamo anche un concreto aiuto ai progetti umanitari dedicati alle donne e ai bambini in particolare. Si parla spesso dell'addestramento e della formazione delle forze di sicurezza e delle forze armate irachene: ebbene, questo non dovrebbe limitarsi all'addestramento militare o al fornire armi, ma dovrebbe essere anche molto incentrato sullo studio del diritto internazionale umanitario, in particolar modo su come dovrebbero comportarsi queste forze nel momento in cui si trovano nelle aree di conflitto o nelle aree di maggiore scontro, quindi anche aiutarle a relazionarsi meglio con la popolazione civile nelle aree di scontro, in particolar modo con donne e bambini.
  Oltre alla cooperazione fra Stati, la cosa importante è anche sostenere la società civile irachena, che nonostante la situazione drammatica non ha mai smesso di lavorare, non ha mai smesso di avere anche una forte impronta sulla situazione. Per fare un piccolo esempio, possiamo partire da noi stessi, dal Forum delle giornaliste irachene. Noi lavoriamo sulla questione di genere, ma abbiamo lanciato tante campagne anche in collaborazione con altre organizzazioni sia irachene sia internazionali. In questo momento la campagna su cui siamo più concentrate è la campagna «Shahrazad», che ha come principali obiettivi il contrasto della violenza di genere, ma anche alla violenza sessuale, il tentativo – riuscito peraltro – di bloccare la legge Jafari, che consentiva il matrimonio alle bambine di nove anni. Si è riusciti a bloccare la proposta di legge per l'appunto grazie alla mobilitazione della società civile irachena, guidata in particolar modo dalla rete dei giornalisti e dal Forum delle giornaliste irachene.
  In conclusione, noi siamo qui, nel tentativo di cercare di raccontarvi e di portarvi una rappresentazione più reale, o magari anche solo più realistica, di quel che avviene in queste aree, attraverso le testimonianze di persone che hanno vissuto sulla loro pelle o visto con i propri occhi le violazioni quotidiane a cui è sottoposta la popolazione irachena in generale e di Mosul in particolare; violazioni che sono terrificanti quando vengono da Daesh, ma anche quando vi sono i bombardamenti della coalizione internazionale, che comunque lasciano sul terreno centinaia e centinaia di vittime civili.
  Mi auguro di essere riuscita a portarvi un pezzo di questo quadro e vi ringrazio molto per averci ospitato qui. Grazie per l'ascolto.

  PRESIDENTE. Grazie per questo racconto preciso della situazione drammatica riguardo alle condizioni di vita e alle gravi violazioni dei diritti umani.Pag. 7
  Grazie anche per averci ricordato quali azioni la comunità internazionale può intraprendere a sostegno sia dello Stato iracheno sia della società civile, con indicazioni puntuali sia di aiuto sia di attenzione alla formazione, al sostegno e all'addestramento non solo militare, ma anche all'educazione e al rispetto del diritto internazionale.
  Do ora la parola a Jimmy Shahinian perché svolga il suo intervento. Ricordo che alle 9.30 noi dobbiamo concludere i nostri lavori: siccome ci sono colleghi che immagino intendano rivolgervi qualche domanda, vi chiedo se potete contenere l'intervento. Grazie.

  JIMMY SHAHINIAN, Attivista per i diritti umani in Siria. Anzitutto vorrei cominciare ringraziando questa Assemblea, che ci ha accolto oggi, il Parlamento italiano, che ha voluto ascoltare le nostre voci e anche l'organizzazione, che con non poche difficoltà è riuscita a portarci in Italia per poter parlare.
  Devo dire che, nella sintesi, mi ha molto aiutato la collega che ha raccontato molti aspetti della vita dei civili nelle aree sotto il controllo di Daesh. La situazione in realtà non è molto diversa, però mi concentrerò sui punti di divergenza tra queste due situazioni. È difficile fare un confronto fra Mosul e Raqqa per le differenti dimensioni di queste due città: Raqqa è una piccola cittadina, Mosul è la seconda città dell'Iraq. A Raqqa ci sono solo quattro ospedali, e tutti e quattro erano stati già precedentemente bombardati dal regime di Assad. Sono comunque ospedali abbastanza piccoli, generici, non specializzati.
  In questo momento, il principale fra questi quattro ospedali è riservato in via esclusiva agli appartenenti a Daesh stesso e buona parte della popolazione si trova a dover ricorrere o a piccoli studi medici, ambulatori, eccetera per poter avere qualche forma di assistenza medica. C’è da dire che gli ospedali prima erano gratuiti, mentre adesso la situazione non è più così.
  Delle duecentocinquanta scuole prima presenti nella provincia di Raqqa, in questo momento ne sono rimaste solo diciassette funzionanti, che seguono un nuovo programma, chiaramente imposto da Daesh. Tale programma ha escluso praticamente tutte le materie umanistiche, lasciando solo alcune materie scientifiche. D'altro canto, invece, sono stati aperti undici campi di addestramento riservati ai minorenni; di questi, otto si trovano nella cittadina di Raqqa stessa e tre nella cittadina di Deir el-Zor, che aggiungo essere un po’ più vicina al confine con l'Iraq, nell'area petrolifera siriana.
  In questo momento, tra le altre sofferenze imposte alla popolazione civile c’è anche il fatto che i 13 mila civili che stanno cercando di fuggire dall'area a causa dei recenti scontri fra le forze curde, insieme alle forze dell'esercito libero siriano, contro Daesh, sono bloccati al confine con la Turchia. Quattro giorni fa sono potute entrare 1.800 persone attraverso la cittadina di Tal Abyad, una cittadina di confine tra Siria e Turchia, mentre ce ne sono appunto 13 mila che sono lì in attesa. Con queste persone ho potuto parlare proprio questa notte, e mi dicevano che non ci sono segnali di uno sblocco di questa situazione.
  Il tutto è reso chiaramente molto più complesso anche dai bombardamenti della coalizione internazionale, oltre che dagli scontri violentissimi in corso fra le forze curde e dell'esercito libero siriano, che stanno combattendo insieme, e Daesh.
  Un'altra delle differenze con l'Iraq è il fatto che da noi, oltre a Daesh, c’è anche il regime. In questo momento, per fare un piccolo esempio di quelle che sono le sofferenze imposte alla popolazione civile da parte delle forze del regime, basta dire che ci sono 400 mila persone stimate all'interno delle carceri e dei luoghi di detenzione segreti. Per avere un'idea di quali siano le condizioni in cui si trovano queste persone ci si può affidare, ad esempio, alle immagini che si è riusciti in qualche maniera a far uscire da questi luoghi di detenzione: si parla all'incirca di 50 mila immagini – per un totale di 11 mila persone che sono morte per fame o a causa delle torture – che sono state fatte Pag. 8uscire dall'attivista noto con il nome in codice «Caesar» e che sono state mostrate anche alle Nazioni Unite.
  Vorrei a questo punto darvi la mia opinione riguardo alle politiche europee e italiane in particolare rispetto a quest'area del mondo, in particolar modo le politiche di contrasto a Daesh.
  È significativo il dato che ci è stato riferito anche in questi giorni, di 130 milioni di euro investiti dall'Italia per le azioni militari di contrasto a Daesh, a fronte di solo 1,7 milioni di euro destinati invece alla cooperazione per lo sviluppo di quell'area. Questo è sicuramente significativo, e probabilmente si dovrebbe cambiare questo modo di investire. Per fare un piccolo esempio, un solo missile Tomahawk che viene sparato contro una qualunque delle sedi di Daesh costa un milione di dollari e ottiene al massimo il risultato di uccidere cinque membri di questa organizzazione, che ha saputo diffondere i propri uomini sul territorio in modo capillare appunto per evitare di subire forti attacchi. Ecco, investiamo un milione di dollari per uccidere cinque persone, mentre con quella somma si potrebbe fare molto di meglio.
  C’è da dire che la Siria si è trasformata praticamente in un campo di battaglia, di una battaglia cruentissima fra buona parte delle grandi potenze del mondo: un campo di battaglia su cui queste si scontrano per interessi che poco hanno a che fare con il Paese.
  È anche importante notare che una larghissima maggioranza degli appartenenti a Daesh, ma anche componenti significative di altre forze sul campo simili a Daesh, come può essere Jabhat al-Nusra, cioè la branca siriana di al Qaeda, oppure l'altro movimento salafita Ahrar Sham, includono degli stranieri, e anche le stesse forze irregolari legate al regime includono grandi numeri di stranieri. Questo per dire quanto questo conflitto sia ormai non più sotto il controllo dei siriani e non più un conflitto intra-siriano. Ci sono circa sette volte il numero di combattenti che erano presenti in Afghanistan durante la guerra Enduring freedom.
  Purtroppo le politiche internazionali che abbiamo visto sembrano o cercare la soluzione più semplice, qualche scorciatoia, oppure più probabilmente cercare di tirarla per le lunghe, di prolungare questo conflitto affinché durante questo periodo di guerra si possano risolvere questioni geopolitiche o strategiche che comunque riguardano i Paesi coinvolti, oppure rendere la Siria uno dei mercati più fiorenti per gli armamenti, quindi anche un buon mercato da questo punto di vista. Come attivista siriano, non riesco a capire se dietro a queste politiche ci sia una cattiva interpretazione di quello che avviene o una forma di miopia rispetto a quello che accade nell'area, perché ormai parlare solo della Siria sarebbe anche fuorviante.
  C’è da dire che il terrorismo non è qualcosa che avviene per caso. Non si studia all'università, non c’è una laurea in terrorismo. Il motivo per cui questo tipo di fenomeni prende piede è sicuramente l'accumularsi e lo stratificarsi di fatti e di condizioni che rendono possibile il fiorire di questo tipo di problemi.
  Forse per capire meglio di cosa stiamo parlando bisognerebbe cercare un parallelismo anche con la storia italiana. Negli anni Settanta in Italia ci fu la formazione delle Brigate Rosse, che hanno eseguito il loro ultimo omicidio nel 2003. In questo caso non si stava parlando di salafiti né di integralisti islamici, ma quello che accomuna questa esperienza con l'esperienza che stiamo vivendo in Medio Oriente è il fatto che si trattava di persone che erano convinte di difendere una causa; si trattava di persone peraltro di sinistra, quindi quanto più lontane possibile dagli estremisti che vediamo in Medio Oriente, ma ai quali tuttavia sono accomunate da questa convinzione, più o meno genuina, di stare lottando per una causa giusta.
  Solo quattro mesi dopo l'inizio della rivoluzione siriana il governo centrale di Assad ha decretato un'amnistia, grazie alla quale ha liberato 1.200 persone dal carcere politico di Sednaya e specificamente ha fatto uscire solo appartenenti a movimenti islamisti, siano essi i Fratelli Musulmani o movimenti più estremi. Questa Pag. 9è stata la «colonna vertebrale» che poi ha costituito la formazione di milizie islamiste di varia natura, e anche delle organizzazioni terroristiche che si sono poi evolute durante questi quattro anni. Un esempio simile è quello di ciò che è avvenuto in Yemen, dove un solo dirigente di al Qaeda fuggito da un carcere insieme a ventisei persone è riuscito a costituire una branca di questa organizzazione talmente potente da riuscire a conquistare il 35 per cento del territorio yemenita.
  Quello che vi chiedo è essenzialmente di ripensare alla modalità con cui reagire a questo pericolo che è Daesh, alla modalità con cui agire in Medio Oriente. Quando parliamo di questa organizzazione in particolare, sarebbe utile ricordare che su 50 mila combattenti presenti a Raqqa solo 3 mila o 4 mila sono siriani; tutti gli altri sono stranieri, vengono da queste parti, vengono da qui, ed è forse qui che bisogna cercare anche una parte della soluzione.
  In conclusione, nel ringraziarvi per l'ascolto gentile, voglio solamente dirvi che anche nel caso in cui la coalizione internazionale riuscisse a eliminare ogni singolo combattente di Daesh, con il perseverare delle politiche dei governi, in particolar modo dei governi mediorientali – e mi riferisco al governo di Assad, con i suoi continui bombardamenti, le repressioni, gli arresti e tutto quello di cui sappiamo è colpevole –, quanto ci metterà a sorgere una nuova Daesh, nel momento in cui comunque il terreno di coltura restasse intatto ? Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie anche per questo racconto della situazione siriana e per queste valutazioni sull'atteggiamento della comunità internazionale e sulle sue modalità di intervento.
  Grazie per averci ricordato anche la dimensione internazionale del conflitto. Più volte ci siamo soffermati a esaminare il fenomeno dei foreign fighters e gli aspetti ideologici che lo sostengono, e le responsabilità anche degli attori esterni. Trovo che questa audizione sia molto utile al lavoro della Commissione esteri, poiché le richieste che sono arrivate sono naturalmente tutte richieste concrete che meritano di essere sostenute sia dal nostro Parlamento sia dal Governo.
  Per quanto riguarda le opinioni sulla politica estera italiana e anche europea in quelle zone, il gruppo di cui faccio parte, il Movimento 5 Stelle, ogni volta che in questa Commissione si discute di rifinanziare gli interventi militari in quelle zone cerca di spostare i soldi dagli interventi militari alla cooperazione. L'esempio del missile che veniva citato prima e l'affermazione che un milione di dollari è meglio spenderli in cooperazione più che in missili, è la nostra linea e cerchiamo ogni volta di impegnare il Governo in questa direzione: più cooperazione e meno interventi militari.
  Vorrei porre una domanda riguardo al Daesh: dove questa formazione terroristica trova finanziamenti e cosa si potrebbe fare per ostacolarli ? Spesso si è parlato di nazioni appartenenti anche alla NATO che finanziano direttamente o indirettamente queste organizzazioni. Cosa potrebbe fare di più l'Europa, o l'Italia in questo caso, per fermare da questo punto di vista il Daesh ?
  Do la parola agli auditi per la replica, chiedendo loro il massimo di sintesi poiché tra qualche minuto dovremo sospendere.

  JIMMY SHAHINIAN, Attivista per i diritti umani in Siria. Quello che abbiamo visto concretamente è che una parte dei finanziamenti provengono dall'estrazione e dalla vendita sul mercato nero del petrolio. Per quanto riguarda gli attacchi della coalizione internazionale, raramente essi colpiscono effettivamente i trasporti di petrolio. Quando lo fanno, generalmente colpiscono i trasporti di contrabbandieri civili e non quelli di questa organizzazione.
  C’è anche da dire che buona parte dei finanziamenti di questa organizzazione, dopo che si è estesa nel giugno scorso, provengono dalle aree stesse in cui agisce, attraverso la tassazione e il controllo del territorio.Pag. 10
  Non hanno bisogno di grandi finanziamenti dall'estero, tuttavia è evidente che c’è un gran numero di nazioni che, in maniera diretta o indiretta, finanzia o quantomeno consente il finanziamento di questa organizzazione, che comunque ha le sue spese soprattutto per quanto riguarda i fronti di combattimento.

  SUHA ODA, giornalista ed attivista per i diritti umani in Iraq. Noi siamo venuti qui soprattutto per cercare di raccontarvi come si vive all'interno delle città e per cercare di bloccare l'estendersi di questa organizzazione all'interno di esse.
  Quello che vediamo è che effettivamente negli aeroporti delle aree occupate arrivano aerei che con ogni probabilità trasportano anche delle armi: arrivano all'aeroporto di Ninive e all'aeroporto di Mosul. Tuttavia, noi non siamo in grado di determinare effettivamente di chi siano questi aerei. Quello che sappiamo è che le armi che sono in possesso di queste persone provengono dalle parti più svariate: ci sono armi cinesi, iraniane, americane, armi prodotte da altre parti che possono provenire dal mercato nero – e con ogni probabilità in buona parte provengono da lì –, ma potrebbero anche provenire da finanziamenti o rifornimenti invece di tipo statale.
  Sinceramente credo che voi, come attori istituzionali, abbiate maggiori possibilità in termini di comprensione di quello che avviene da questo punto di vista e anche in termini di intervento, per modificare eventuali politiche di finanziamento o sostegno militare a questa organizzazione. Quello che stiamo cercando di dirvi è che è importante sostenere la società civile irachena e siriana e supportare, ad esempio, il governo iracheno: non attraverso il sostegno alle milizie irregolari che combattono insieme all'esercito iracheno, ma con un sostegno diretto al governo stesso.
  Abbiamo dati che ci dicono quale sia effettivamente il numero di combattenti all'interno di Mosul e nell'area, sia locali sia arabi (degli altri Paesi arabi, chiaramente) sia stranieri. Siamo a conoscenza di quante armi abbiano, all'incirca, e delle tipologie di armi. Abbiamo tutte queste informazioni, tuttavia non sta a noi cercare di fermare ciò. Noi possiamo semplicemente raccontarvi quello che accade e chiedervi un cambio di rotta da questo punto di vista.
  Infine, è importante anche non rappresentare questa organizzazione come una massa di barbari intenti solo a tagliare mani e teste. Tali pratiche servono essenzialmente a terrorizzare le popolazioni all'interno e ad esercitare una forma di propaganda verso l'esterno, ma l'organizzazione è assolutamente ben strutturata. Ci sono comandanti che hanno esperienze militari, quindi non solo hanno le armi, ma sanno anche come usarle e come distribuirle. C’è un discorso di creazione di istituzioni, ci sono dei piani, c’è un progetto. Non si tratta di beduini che cercano di fare il male e basta.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio per i vostri interventi.
  Il tema della cooperazione internazionale che avete sollevato è certamente uno dei temi principali di attenzione della nostra Commissione. In questa legislatura abbiamo anche modificato il nome del nostro Ministero degli affari esteri, che si chiama oggi Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Quindi, pur in un quadro molto difficile e sapendo che è un cammino lungo, c’è tuttavia un impegno della nostra Commissione a rafforzare queste strategie di cooperazione.
  Vi ringrazio ancora e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.