XVII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Martedì 27 ottobre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PRIORITÀ STRATEGICHE REGIONALI E DI SICUREZZA DELLA POLITICA ESTERA DELL'ITALIA, ANCHE IN VISTA DELLA NUOVA STRATEGIA DI SICUREZZA DELL'UNIONE EUROPEA

Audizione del Segretario Generale dell'OSCE, Ambasciatore Lamberto Zannier.
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 
Zannier Lamberto , segretario generale dell'OSCE ... 4 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 7 
Tidei Marietta (PD)  ... 7 
Picchi Guglielmo (FI-PdL)  ... 8 
Scagliusi Emanuele (M5S)  ... 8 
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI)  ... 8 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 8 
Zannier Lamberto , segretario generale dell'OSCE ... 8 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FABRIZIO CICCHITTO

  La seduta comincia alle 13.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web TV e la trasmissione sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Segretario Generale dell'OSCE, Ambasciatore Lamberto Zannier.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'Ambasciatore Lamberto Zannier, Segretario Generale dell'OSCE, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle priorità strategiche regionali e di sicurezza della politica estera dell'Italia, anche in vista della nuova strategia di sicurezza dell'Unione europea.
  L'Ambasciatore è stato già più volte audito da questa Commissione. L'ultima volta è stato il 7 maggio 2014 nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla proiezione dell'Italia e dell'Europa nei nuovi scenari geopolitici. Inoltre, nella precedente legislatura, è stato ascoltato dalle Commissioni esteri di Camera e Senato, con particolare riferimento al ruolo dell'OSCE nella risoluzione dei conflitti.
  Do il benvenuto all'Ambasciatore Zannier e al dottor Daniele Pancheri, che lo accompagna. Ringrazio la collega Tidei per aver sollecitato questa occasione di confronto della Commissione con l'Ambasciatore Zannier, in una fase della storia internazionale segnata da crisi e instabilità crescenti ai confini del continente europeo, ma, purtroppo, anche al suo interno.
  Mi riferisco, in particolare, alle perduranti difficoltà e polemiche connesse alla gestione dell'emergenza dei profughi e ai nuovi muri che si vanno edificando, soprattutto in Paesi laddove il venir meno della «cortina di ferro» ha permesso l'apertura di confini prima invalicabili e l'avvalersi di uno ius commune europeo fondato sui valori democratici e sul rispetto della libertà e dei diritti.
  In tale dinamica, un ruolo centrale è stato svolto dall'OSCE, nato ad esito del processo di Helsinki che, negli anni Settanta, ha rappresentato l'iniziativa più significativa per il miglioramento dei rapporti fra l'allora mondo comunista e l'Occidente.
  L'OSCE, la cui membership coinvolge 57 Paesi, si caratterizza per un approccio onnicomprensivo rispetto all'obiettivo della sicurezza, che include la considerazione degli aspetti politico-militari, ma anche economici, istituzionali e umanitari. Infatti, l'OSCE, che ha sede a Vienna, si occupa di controllo sugli armamenti, diritti umani, tutela delle minoranze, assistenza ai processi di democratizzazione, monitoraggio elettorale, e anche di attività antiterrorismo.
  Alcuni componenti di questa Commissione, ossia gli onorevoli Amendola, Fava, Monaco, Picchi, Scagliusi e Tidei, in qualità di membri della delegazione italiana all'Assemblea parlamentare dell'OSCE, di recente hanno, infatti, preso parte ai processi elettorali in Paesi come la Bielorussia e la Mongolia.
  L'audizione di oggi permetterà, dunque, di fare un punto sul ruolo di questa Pag. 4Organizzazione soprattutto in riferimento alla situazione in Ucraina, anche come riflesso della nuova politica di potenza svolta dalla Russia sulla scena internazionale, nonché di richiamare l'attenzione della Commissione su aree di strategica rilevanza per l'Italia, come i Balcani Occidentali, area in cui l'OSCE ha rappresentato uno dei primi organismi internazionali di riferimento in occasione dei conflitti degli anni Novanta.
  Concludo segnalando che il prossimo 12 novembre, su richiesta del collega Scagliusi, sarà audita l'Ambasciatrice Madina Jarbussynova, Rappresentante Speciale dell'OSCE e coordinatrice per il contrasto al traffico degli esseri umani.
  Invito ora l'Ambasciatore Zannier a prendere la parola.

  LAMBERTO ZANNIER, segretario generale dell'OSCE. Grazie, presidente e signori membri della Commissione, cercherò di commentare brevemente i punti principali, anche per dare spazio, nel limitato tempo che abbiamo, al dibattito.
  L'OSCE è la più grande organizzazione per la sicurezza regionale, con 57 Paesi membri, ed è, per molti versi, una cartina di tornasole rispetto ai rapporti tra i membri che la compongono. Quello che vediamo, in termini di relazioni tra i membri dell'organizzazione, è la riemergenza di una sorta di guerra fredda, ovvero di linee di divisione in Europa, di natura politica, ma purtroppo anche fisiche, con varie situazioni conflittuali.
  Attualmente, la più rilevante è quella che ci impegna direttamente, con una missione di monitoraggio, in Ucraina. Comincerò, dunque, proprio da questa.
  L'ultima volta che sono venuto in Commissione era poco più di un anno fa, nel maggio 2014. In quel momento avevamo appena deciso di mettere in campo una missione di monitoraggio in relazione a una serie di incidenti che stavamo registrando in Ucraina occidentale. Infatti, avevamo visto dei movimenti dei separatisti e dei miliziani, simili a quelli che avevamo visto apparire un paio di mesi prima in Crimea, che stavano occupando edifici pubblici, con l'inizio di azioni di guerriglia urbana anche rispetto alla polizia ucraina.
  Durante l'estate il conflitto si è acuito. Abbiamo visto una forte offensiva e una robusta controffensiva da parte ucraina. Le linee si sono spostate verso est e verso ovest. Abbiamo visto l'afflusso di consistente materiale militare a disposizione dei separatisti, nonché immani tragedie, come quella che ha coinvolto un aereo di linea malese, abbattuto sopra i cieli di Lugansk.
  Dal 1o settembre scorso abbiamo assistito a una fase di relativa calma, anche se la situazione non è del tutto tranquilla. Ancora stamattina sto ricevendo informazioni sulla ripresa dei combattimenti attorno al famigerato aeroporto di Donetsk, dove il cessate il fuoco non è del tutto consolidato.
  Nel complesso, però, il cessate il fuoco regge dagli inizi di settembre. Il fatto che abbiamo avuto una fase di relativa calma per quasi due mesi ci ha consentito di avviare una serie di altre attività e di cominciare a lavorare con la popolazione civile per favorire il rientro degli abitanti, delle famiglie di sfollati e di rifugiati verso la regione, creando anche condizioni migliori anche per lo svolgimento delle elezioni, tra qualche mese.
  Stiamo cominciando ad avviare attività di sminamento e stiamo lavorando con le due parti anche per migliorare la situazione di sicurezza per il rientro delle persone e poi per la riabilitazione delle infrastrutture (scuole, uffici pubblici, apertura di uffici di servizio ucraini nell'est per il pagamento delle pensioni). Quindi, stiamo cercando di ristabilire un minimo di condizioni che consentano il ritorno di chi aveva dovuto lasciare la regione.
  Nel frattempo, il processo politico rimane complicato, processo politico che si incentra sull'attuazione degli Accordi di Minsk, il cui driver politico è il cosiddetto «gruppo di Normandia». Il livello immediatamente inferiore è un gruppo di contatto trilaterale che si riunisce periodicamente Pag. 5a Minsk. I bielorussi hanno svolto un ruolo di ospiti molto calorosi rispetto a questo processo. Lukashenko è stato un forte sostenitore di queste attività, anche perché è sempre stato critico verso alcune iniziative della Russia, come l'annessione della Crimea. In un certo senso, si è, dunque, distanziato da Mosca, rendendosi garante del processo e restando equidistante, per quanto possibile.
  In realtà, i bielorussi vorrebbero essere parte più attiva di questo negoziato, ma ovviamente non è previsto. Stiamo, tuttavia, lavorando con i bielorussi per consentire loro di continuare a svolgere un ruolo di ospiti calorosi, ma poco più.
  Per quello che riguarda il negoziato politico, in Ucraina uno dei nodi fondamentali è quello della decentralizzazione, quindi del futuro statuto delle regioni controllate dai separatisti, che dovrà venire riflesso nella Costituzione, per cui richiederà emendamenti alla Costituzione stessa, con una maggioranza qualificata in Parlamento, la Rada.
  In prima lettura, quando questi emendamenti sono stati approvati a maggioranza semplice, il clima in cui il dibattito ha avuto luogo è stato rovente. Davanti all'edificio del Parlamento, a Kiev, c'erano continue dimostrazioni e sono stati uccisi tre poliziotti che cercavano di arginare le contestazioni da parte dei gruppi di estrema destra, con manifestazioni critiche nei confronti del presidente Poroshenko.
  Il secondo elemento difficile nei negoziati di Minsk è relativo allo svolgimento di elezioni locali. I separatisti hanno accettato, su pressione un po’ di tutti, ma certamente anche di Mosca, di rinviare le elezioni da ottobre a febbraio. Questo darà maggiore tempo per cercare di raccordarle meglio con il sistema elettorale ucraino, quindi di descriverle come un passo di riavvicinamento di queste regioni verso Kiev.
  Recentemente, ho visto il ministro degli esteri Lavrov, quindi posso affermare che i russi sostengono fortemente questa prospettiva di riagganciamento a Kiev, in un contesto di forte e permanente autonomia di queste regioni. Su questo il presidente Poroshenko avrà da lavorare e dovrà costruire una maggioranza che gli consenta di portare avanti i suoi piani per la decentralizzazione. Infatti, se questa dovesse fallire, sarà un grosso problema per i prossimi passi relativi al conflitto e potrebbe rendere più complicata la situazione sul terreno. In ogni caso, il fatto che sono stati segnati buoni passi in avanti anche su vari altri punti dell'attuazione agli accordi di Minsk ha consentito di mantenere una certa calma sul terreno.
  Per quanto riguarda l'Ucraina, mi fermerei qui.
  Nello spazio ex sovietico abbiamo diverse altre aree di attenzione. Innanzitutto, vi è la Moldova, là dove abbiamo avuto elezioni problematiche, con dimostrazioni contro il governo. Ci sono stati scandali finanziari di grande portata. Alle elezioni i partiti prorussi hanno registrato dei successi importanti. Rimane, inoltre, il problema della regione della Transnistria, ma c’è anche un'altra difficoltà interna alla Moldova, quello della Gagauzia, un'altra regione fortemente prorussa, con un rischio, appunto, di instabilità interna.
  La Moldova è un Paese che, mentre da un lato si sta preparando all'entrata in vigore della zona di libero scambio rafforzata con l'Unione europea, dall'altro ha ancora forze che resistono a ciò. Dovremmo, quindi, verificare l'impatto di questi ulteriori passi verso l'Unione europea, un percorso che è ancora contestato da buona parte della popolazione del Paese.
  In Georgia abbiamo visto, di recente, dichiarazioni del presidente dell'Ossezia del sud nella direzione di un auspicio di annessione alla Russia, dichiarazioni che Mosca ha definito come non necessariamente autorevoli. Tuttavia, danno certamente indicazione del fatto che questi conflitti congelati continuano a rimanere una grossa spina nel fianco nei rapporti tra la Russia e i suoi vicini.Pag. 6
  C’è ancora la questione dell'Abkhazia. In Nagorno-Karabakh, tra Armenia e Azerbaijan, abbiamo visto un incremento degli incidenti, con il rischio che anche quella si traduca in una crisi più ampia. Abbiamo il cosiddetto «Gruppo di Minsk» all'interno dell'OSCE che da anni segue questo conflitto, ma le soluzioni non sono state accettabili per entrambe le parti.
  In Asia centrale, il fattore Afghanistan crea instabilità. I russi cercano di essere più presenti in quella zona, i cinesi sono molto più attivi. L'OSCE è molto presente in quella regione. Abbiamo 500 persone e 5 uffici, uno per ciascuno dei 5 Paesi ex sovietici dell'Asia centrale. Abbiamo una serie di iniziative, come un centro di addestramento per le guardie di frontiera in Tagikistan, dove addestriamo afgani, tagiki e altri centro-asiatici e insegniamo loro a lavorare in cooperazione.
  La dinamica della cooperazione regionale rimane, però, molto carente. Vediamo, infatti, ancora problemi in quella zona. In particolare, emergono segni di progressivo radicalismo delle comunità islamiche. Tutti i Paesi della regione hanno avuto problemi in termini di foreign fighters, con numeri rilevanti. Alcuni, poi, ritornano e creano instabilità all'interno. In Tagikistan, il principale partito di opposizione, che un partito islamico, è stato dichiarato illegale, cosa che crea ulteriori problemi di instabilità politica all'interno del Paese.
  In sostanza, in Asia centrale ci sono preoccupazioni per la stabilità a lungo termine. Ovviamente, la situazione in Afghanistan non ci fornisce nessuna rassicurazione per quello che riguarda il futuro della regione.
  Nei Balcani, dove siamo impegnati da venticinque anni in vari modi, continuiamo ancora a vedere una serie di problemi che rimangono aperti. La Serbia, quest'anno, ha fatto un ottimo lavoro come presidenza in esercizio dell'OSCE, con responsabilità, ma anche con frustrazioni in relazione al problema delle migrazioni. Qualche settimana fa, in una conferenza stampa congiunta, il ministro degli esteri Dacic si è espresso in maniera molto critica rispetto alle politiche dell'Unione europea in campo di accoglienza di migranti e rifugiati per il fatto che la Serbia non è stata consultata in alcun modo, pur avendo un onere pesante in termini di gestione di numeri notevoli di persone in transito. Da un lato, troviamo un Paese dell'Unione europea che ha innalzato un muro difensivo alla frontiera; dall'altro i serbi hanno avuto delle difficoltà anche politiche con la Croazia, in relazione a richieste di accoglimento o di blocco del traffico. Quindi, c’è una forte richiesta di maggiore coordinamento da parte di questi Paesi, che non sono dell'Unione europea, ma che aspirano ad avere una prospettiva europea, rispetto alle politiche di gestione dei flussi migratori.
  Per quanto riguarda gli altri Paesi, la Bosnia Erzegovina rimane un cantiere perché c’è un lavoro non completato. Negli ultimi mesi c’è stato progresso dal punto di vista economico, ma ancora vediamo segni di instabilità dal punto di vista politico. La stessa sostenibilità, in assenza di riforme costituzionali, rimane problematica.
  In Montenegro abbiamo visto recentemente manifestazioni pubbliche contro il primo ministro, quindi stiamo seguendo con attenzione l'evoluzione della situazione, che in parte è anche collegata alle prospettive politiche di avvicinamento alle istituzioni euro-atlantiche, ma anche alla situazione economica e dei diritti umani nel Paese.
  La Macedonia rimane oggetto di attenta osservazione da parte nostra. Con le elezioni di febbraio dovremmo vedere la transizione verso un nuovo governo, ma le tensioni che abbiamo visto in questi mesi – non tocco il tema delle migrazioni, che ha coinvolto pesantemente anche la Macedonia – fanno temere che, a un certo punto, possa risorgere il tema dei rapporti interetnici all'interno al Paese, con effetti potenzialmente dirompenti.Pag. 7
  Il Kosovo ha fatto piccoli progressi, ma con ripercussioni interne sui rapporti con la Serbia, soprattutto in merito alla questione dell'adesione all'UNESCO, con reazioni estremamente negative da parte di Belgrado.
  Aggiungo un paio di ultime notazioni su altri temi.
  Il Mediterraneo, anche per il dibattito che sta cominciando a partire all'interno dell'OSCE sulle migrazioni, è un tema che sta prendendo quota. Malta sta per organizzare un evento per celebrare il cinquantesimo anniversario della dimensione mediterranea dell'Atto di Helsinki, quindi si tratta di valorizzare ulteriormente questa dimensione.
  Ci sono idee per la creazione di un rappresentante speciale dell'OSCE per il Mediterraneo. I Paesi mediterranei sono molto interessati a lavorare con noi su una serie di temi, da quello della lotta contro la radicalizzazione e l'estremismo che poi possa portare al terrorismo, a quello della lotta contro il traffico degli esseri umani, con scambi di esperienze in altre aree, come quella della gestione delle frontiere o delle attività di riforma della polizia o nel settore della giustizia.
  Quello dei rapporti con i Paesi mediterranei è, dunque, un cantiere in forte evoluzione.
  Mi fermerei qui. Forse ho già parlato troppo. Sono pronto a rispondere ai vostri quesiti.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola ai colleghi che l'hanno chiesta, Le chiedo scusa perché abbiamo solo dieci minuti di tempo. Voglio dire, però, che mai più avverrà una cosa del genere.
  L'Ambasciatore, sia pure in modo estremamente sintetico, ha percorso delle crisi che richiedono una notevole riflessione. Non serve che scriviamo che abbiamo fatto l'audizione dell'Ambasciatore Zannier perché in questo modo – Le chiedo scusa a nome mio e della Commissione – è un fuor d'opera. Ragion per cui, siccome, Lei, Ambasciatore, ha accennato a diverse situazioni, una più seria e grave dell'altra, dovremmo concordare di rivederLa per avere un confronto più serio. Per fare una cosa seria, però, ci vuole un impegno dalla Commissione affari esteri e comunitari, ma anche della Presidenza della Camera, che si deve porre il problema del rapporto fra i lavori delle Commissioni e quelli dell'Aula. Attualmente – lo dico qui proprio per metterlo a verbale – la situazione è inaccettabile, perché vi è un arbitrio di orari, un arbitrio di comportamenti che chi vuole fare seriamente il presidente di Commissione non può che respingere nel modo più assoluto. Spero, quindi, che questo venga verbalizzato e comunicato alla Presidenza della Camera, visto che non sono più disponibile a fare brutte figure di questo tipo.
  Chiedo scusa a Lei e ai membri della Commissione perché siamo tutti in preda a questa idiozia in cui viviamo e per la quale tra dieci minuti dobbiamo sospendere i lavori.
  Ho quattro interventi, quindi mi affido al vostro buon cuore, colleghi, nel senso che dovete sintetizzare al massimo.
  Do la parola ai colleghi.

  MARIETTA TIDEI. Sarò brevissima. Mi associo ai ringraziamenti fatti dal presidente all'Ambasciatore Zannier per questa ampia panoramica sulle aree dell'OSCE, condividendo anche l'auspicio che si possa ripetere l'iniziativa con tempi più lunghi e più congrui a un dibattito che necessariamente, proprio per le tematiche trattate, deve essere più approfondito rispetto a quello che potremo fare oggi.
  Innanzitutto, voglio ricordare ai membri della Commissione affari esteri e comunitari una cosa che probabilmente non sanno: da gennaio avremo un altro italiano al vertice di una delle strutture dell'OSCE, perché nella sessione di Helsinki Roberto Montella è stato eletto a segretario generale dell'Assemblea parlamentare dell'OSCE. Ritengo che sia un'occasione importante per il nostro Paese, anche per porre al centro quei temi di cui parlava l'Ambasciatore Zannier alla fine del suo intervento, cioè il Mediterraneo e il rafforzamento Pag. 8della dimensione mediterranea. A questo proposito, chiedo di avere maggiori notizie su questo. Tutti conosciamo l'attività dell'OSCE nell’«area di competenza», quindi degli Stati aderenti, ma a nessuno di noi può sfuggire che oggi il focus deve necessariamente spostarsi o almeno che anche questo debba acquisire la sua importanza. Ecco, mi piacerebbe avere qualche informazione in più rispetto ai programmi dell'OSCE in direzione del rafforzamento di questa dimensione.
  Inoltre, vorrei chiedere un'altra cosa all'Ambasciatore, ovvero com’è possibile integrare maggiormente le due dimensioni, che almeno nella mia breve esperienza – sono membro della delegazione parlamentare all'Assemblea dell'OSCE – ho sempre visto come separate e poco dialoganti, ossia quella governativa e quella mediterranea.
  Avrei, poi, un'altra domanda (per la verità, ce ne sarebbero molte). Siccome molti di noi spesso partecipano a missioni di osservazione elettorale, vedendo progressi, ma anche a volte regressi – siamo reduci dalla missione di osservazione in Bielorussia, dove ne abbiamo viste abbastanza – vorrei sapere quali sono, a suo avviso, i Paesi che hanno fatto maggiori progressi in termini di democratizzazione, ma anche di miglioramento dei processi elettorali, e come si può fare ancora meglio. Vedo infatti che l'OSCE stila sempre le sue raccomandazioni, ma, avendo partecipato a diverse missioni di osservazione elettorale negli stessi Paesi in diversi anni, non abbiamo purtroppo registrato molti progressi.

  GUGLIELMO PICCHI. L'Ambasciatore ha parlato di almeno una quindicina di situazioni delicate. A tal proposito, in un precedente incontro avevamo parlato della possibilità di fare missioni militari sotto bandiera OSCE. A che punto siamo su questo fronte ?

  EMANUELE SCAGLIUSI. Anch'io faccio una domanda telegrafica all'Ambasciatore. In merito alle sanzioni alla Russia, dato che l'OSCE è un osservatorio privilegiato della situazione in Ucraina, chiedo all'Ambasciatore se c’è modo – a suo parere – di rivederle, quindi di diminuirle, perché hanno provocato un grosso danno alle imprese italiane del made in Italy e all'ortofrutticolo che esportava in Russia.
  In parallelo ci sono anche le sanzioni alla Bielorussia che sono state comminate dall'Unione europea nel 2010 in seguito alle elezioni presidenziali e che dovrebbero essere rinnovate a breve, penso. Abbiamo monitorato, come OSCE, le elezioni in Bielorussia, ma abbiamo visto pochi progressi – come ricordava anche la collega – quindi anche su questo chiedo un suo parere.

  PIA ELDA LOCATELLI. Con riferimento all'Ucraina, Lei, Ambasciatore, ha indicato come uno dei nodi l'avvio del processo di decentralizzazione per le regioni controllate dai separatisti e della definizione dello statuto che finirà nella Costituzione. Credo di aver letto o ascoltato qualcuno che indicava il nostro Alto Adige come modello possibile per quel processo di decentralizzazione. È vero o no ? Se sì, qual è la valutazione che Lei fa di questo modello per quelle regioni ?

  PRESIDENTE. La parola all'Ambasciatore Zannier per una breve replica.

  LAMBERTO ZANNIER, segretario generale dell'OSCE. Rispondo altrettanto telegraficamente.
  Sul Mediterraneo abbiamo varie idee per le attività. Un dato di partenza è che i Paesi del Mediterraneo guardano all'OSCE con grande interesse perché vedono che le loro strutture di sicurezza – penso alla Lega Araba – avrebbero diverse cose da imparare, non tanto dall'Unione europea, che ovviamente è un processo di integrazione molto più avanzato, ma da un'organizzazione che è riuscita comunque istituzionalizzare le proprie attività, preservando le differenze.Pag. 9
  Infatti, la differenza fondamentale tra Unione europea e l'OSCE è che l'Unione europea promuove, tendenzialmente, delle politiche comuni tra i Paesi e che, dunque, in alcuni casi fallisce, invece l'OSCE si pone come punto di partenza proprio la preservazione delle differenze, creando dei ponti, dei collegamenti, ma riconoscendo, appunto, le diversità, e non cercando di intervenire su di esse.
  Questo è un modello che piace e che si esporta bene. Il fatto, per esempio, che Israele è presente nel partenariato Mediterraneo e che gli israeliani stessi dicono che quello è uno dei pochi posti in cui possono parlare con Paesi che non riconoscono Israele, ma che si siedono attorno al tavolo per discutere di cose concrete, è di per sé positivo.
  Pertanto, cerchiamo di costruire iniziative concrete, depoliticizzandole per quanto possibile. Questa certamente è una direzione in cui possiamo sviluppare le attività in maniera – credo – concreta e costruttiva, cercando di lasciare da parte, per quanto possibile, le considerazioni politiche. Rimane, comunque, il problema della non presenza dei palestinesi che viene sollevato spesso delle delegazioni arabe e che dovrà essere riesaminato, ancora una volta.
  Personalmente, sono un forte fautore di un raccordo stretto tra la dimensione parlamentare e quella intergovernativa dell'organizzazione. Secondo me, c’è una possibilità di arricchimento, tenendole vicine. Con Montella stiamo già lavorando bene, siamo in sintonia su questi temi, quindi credo che in futuro vedremo più sinergie tra queste due componenti.
  Sul miglioramento dei processi elettorali è difficile rispondere. In linea di massima, nei Balcani abbiamo avuto dei progressi, ma nello spazio ex sovietico ne abbiamo visti meno.
  Sulle missioni militari OSCE, abbiamo avuto una ministeriale informale a New York, dove si è parlato esattamente di questo. Ci sono alcuni Paesi che pongono dei problemi di principio nel militarizzare le missioni dell'OSCE. Tuttavia, in missioni come quella ucraina, un ospedale militare ci avrebbe fatto comodo, come pure un reparto militare di supporto con l'attività di droni. In alcuni casi, se ci chiedono di avere persone sulla linea del cessate il fuoco, perché non avere anche un reparto ? Stiamo pensando anche a componenti di polizia, con potenziale formazione di unità di polizia per operare nei territori dell'est e cercare di ripristinare l'ordine sul terreno.
  Quindi, ci sono degli spazi per fare queste cose, c’è un dibattito in corso, con delle resistenze, tra cui quella della presidenza tedesca entrante. I tedeschi, infatti, sono estremamente cauti quando si parla di componenti militari. In Commissione esteri a Berlino ho avuto molte domande su questo tema.
  Sulle sanzioni alla Bielorussia è più facile rispondere rispetto alla Russia. Qui c’è stata la liberazione dei prigionieri politici, le elezioni ed altro. La Bielorussia tende a riposizionarsi, guardando all'OSCE con interesse. Ho avuto un incontro con il presidente Lukashenko, che è stato estremamente cordiale ed era anche disponibile a considerare l'apertura di un ufficio dell'OSCE a Minsk con dei mandati particolari, che abbiamo discusso in dettaglio. Vedo, dunque, progressi. Peraltro, si è molto distanziato da Mosca sulla Crimea, condannandone l'annessione. Insomma, abbiamo visto dei passi interessanti, anche se sente, ovviamente, la pressione di Mosca, ma cerca di sottrarsi e di mantenere una certa distanza.
  Con la Russia è più difficile. Certamente ha svolto un ruolo positivo per quello che riguarda il cessate il fuoco in Ucraina, che è sostenuto da tempo. Se si vuole riconoscere questo, va bene, ma se mettiamo sul tavolo la Crimea o la soluzione del problema dell'est dell'Ucraina non vedo grosse prospettive per un cambiamento di politica o comunque per un consenso europeo per una modifica delle sanzioni. Mi spiace, dunque, ma non ho grandi elementi da portare.Pag. 10
  Sulla decentralizzazione ha lavorato molto intensamente, direttamente con il Parlamento ucraino, il Consiglio d'Europa, tra l'altro con un direttore italiano. Il modello altoatesino è sicuramente uno di quelli che hanno in mente. Non Le so dire nel dettaglio quanto questo modello abbia pesato ma quando stavo in Kosovo e si guardava allo statuto del nord del Kosovo il modello Alto Adige era sempre presente ed era visto come un elemento positivo e forte rispetto ai sistemi di decentralizzazione che funzionano, dove i diritti delle comunità e delle minoranze, la lingua ed altro sono rispettati. Questi sono tutti fattori importanti in quella parte dell'Ucraina, quindi credo che questo modello sia stato certamente nella mente delle persone che hanno lavorato con i parlamentari ucraini.

  PRESIDENTE. Ringrazio il nostro ospite del contributo e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.30.