XVII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 24 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 

SULLE PRIORITÀ STRATEGICHE REGIONALI E DI SICUREZZA DELLA POLITICA ESTERA DELL'ITALIA, ANCHE IN VISTA DELLA NUOVA STRATEGIA DI SICUREZZA DELL'UNIONE EUROPEA

Audizione di esponenti istituzionali e politici del Kurdistan siriano (Rojava).
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 
Mohamad Senam , co-presidente del Consiglio del Popolo del Rojava ... 4 
Mohamed Saleh , co-presidente del Partito Unione Democratica (PYD) ... 4 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 5 
Amendola Vincenzo (PD)  ... 5 
Manciulli Andrea (PD)  ... 6 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 6 
Muslem Anwar , co-presidente del Cantone di Kobane nel Rojava ... 6 
Abdalla Nessrin , comandante dell'Unità di difesa delle donne (YPJ) ... 7 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 8

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FABRIZIO CICCHITTO

  La seduta comincia alle 15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di esponenti istituzionali e politici del Kurdistan siriano (Rojava).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle priorità strategiche regionali e di sicurezza della politica estera dell'Italia, anche in vista della nuova strategia di sicurezza dell'Unione europea, di esponenti istituzionali e politici del Kurdistan siriano (Rojava).
  Do quindi il benvenuto a Senam Mohamad, co-presidente del Consiglio del Popolo del Rojava, a Saleh Mohamed, co-presidente del Partito Unione Democratico (PYD), a Anwar Muslem, co-presidente del Cantone di Kobane nel Rojava, e a Nessrin Abdalla, comandante dell'Unità di difesa delle donne (YPJ). Li accompagna Yilman Orzan, portavoce dell'Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia.
  La delegazione ha già svolto primi incontri istituzionali, a partire dalla Presidente della Camera ed è previsto anche un incontro con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni.
  Ringrazio il collega Palazzotto per il ruolo di stimolo e di impulso che ha esercitato per lo svolgimento di questa audizione.
  Ricordo brevemente che il Rojava, che si combina di tre enclave non contigue, Afrin, Jazira e Kobane, è regione attualmente appartenente alla Siria. È abitato per la stragrande maggioranza da una popolazione di etnia curda ed è da quest'ultima considerato porzione del cosiddetto «Grande Kurdistan».
  Nel quadro dei recenti sconvolgimenti operati nella regione dal terrorismo islamico del Daesh, il popolo curdo del Rojava ha assunto un nuovo protagonismo. Non solo infatti è riuscito ad acquisire un'autonomia de facto dalle autorità siriane, passando sotto il controllo del movimento indipendentista YPJ, ma è riuscito validamente a contrastare e vanificare un tentativo di conquista armata da parte del cosiddetto Stato Islamico nel periodo luglio 2014-gennaio 2015. Tale eroica resistenza è valsa alla città di Kobane l'epiteto di «Stalingrado del Vicino Oriente».
  In questo sforzo, che la comunità internazionale sostiene e a cui l'Italia contribuisce con convinzione, si è distinto il ruolo delle donne curde che, con straordinario coraggio, sono impegnate in una guerra contro la barbarie fondamentalista, che proprio nei confronti delle donne curde, yazide e cristiane ha espresso tutta la sua carica di brutalità e violenza.
  Nel territorio del Rojava lo YPJ ha instaurato un governo improntato a una pacifica convivenza e tolleranza di etnie e religioni diverse: curdi, arabi, turcomanni, assiri, armeni, cristiani, yazidi, musulmani, simbolo concreto di una possibile alternativa al modello sociale espresso dal terrorismo islamico del Daesh.Pag. 4
  Do ora la parola ai nostri ospiti per lo svolgimento della loro relazione.

  SENAM MOHAMAD, co-presidente del Consiglio del Popolo del Rojava. Grazie per averci ospitati. È la seconda volta che sono qui alla Commissione esteri.
  Come sapete, in Rojava e in Siria è in corso una guerra feroce. Attualmente in Siria possiamo parlare di tre sistemi diversi che si scontrano l'uno con l'altro: c’è quello di Assad, che opprimeva i diritti dei popoli all'interno del Paese; c’è quello del Daesh, nato dal vuoto esistente nell'area, che è feroce e radicale; infine, c’è il sistema del Rojava, che è un'alternativa in cui tutti possono rappresentarsi.
  In Rojava convivono curdi, turcomanni, arabi, siriani, armeni, e a livello religioso musulmani, cristiani, yazidi e alawiti. Il sistema che abbiamo costruito in Rojava è basato sulla fratellanza dei popoli e delle minoranze, sulla garanzia di diritti per tutti e sull'uguaglianza di genere. Stiamo cercando di costruire una vera democrazia nel nostro territorio. I popoli che vivono nel Rojava si sono uniti intorno a un contratto sociale, che tutti condividono e rispettano.
  Esistono gruppi che sono contro l'umanità e non accettano che un sistema del genere si sviluppi nel nostro territorio. Parliamo ovviamente del Daesh, ed è per questo che abbiamo subito enormi attacchi da parte loro: vogliono distruggere l'alternativa che stiamo costruendo.
  L'attacco a Kobane ha distrutto l'80 per cento della città. Sono andati distrutti i pozzi per l'acqua, il sistema elettrico, le scuole e altri luoghi di servizio alla popolazione. Teniamo molto alla ricostruzione di Kobane per dimostrare che un sistema alternativo, democratico e rispettoso delle diversità, può andare avanti.
  Stiamo organizzando per il 1o luglio prossimo una conferenza presso il Parlamento europeo per ricostruire Kobane. Cogliamo questa occasione per invitarvi affinché possiate aiutarci a sviluppare progetti per la ricostruzione della città.
  La settimana scorsa siamo riusciti a liberare un'altra città, Tal Abyad, occupata dal Daesh per due anni. Si tratta di una città al confine con la Turchia. Il confine era ufficialmente aperto quando la città era controllata dal Daesh: dopo che abbiamo ripreso il controllo della città, la Turchia ha richiuso il confine anche agli aiuti umanitari.
  Per i tre cantoni del Rojava i confini con la Turchia sono chiusi. Il cantone di Afrin, per esempio, è sottoposto a un embargo molto forte perché la Turchia ha chiuso i confini e dall'altra parte c’è l'embargo di Al Nusra e del Daesh.
  Chiediamo ai Paesi europei e agli altri Paesi amici della Turchia di intervenire almeno per permettere che i confini restino aperti agli aiuti umanitari. Ad Afrin c’è bisogno specialmente di medicine: d'estate ci sono molti serpenti e scorpioni e non abbiamo medicine per curare i morsi degli animali, ma sono peggiorate molto anche le condizioni dei bambini.
  Noi stiamo cercando di costruire un sistema democratico che possa accogliere anche i valori occidentali e diventare un modello per tutta la Siria e un buon esempio di convivenza per il resto del Medio Oriente. Abbiamo bisogno di maggiore collaborazione e sostegno per realizzare questo modello.
  Per andare avanti abbiamo bisogno del sostegno dei Paesi democratici europei e del loro supporto tecnico ed economico. Ci sono due necessità: la prima è umanitaria; la seconda è il riconoscimento dell'amministrazione locale che esiste attualmente. È ciò che stiamo chiedendo.
  Vi ringrazio per averci ospitato.

  SALEH MOHAMED, co-presidente del Partito Unione Democratica (PYD). Vi ringrazio per il tempo che ci dedicate. Non voglio dilungarmi perché conoscete bene la situazione.
  Nei territori a maggioranza curda siamo stati capaci di costruire una nuova amministrazione, che si chiama Rojava. Siamo stati costretti a farlo per poter difendere il nostro popolo e nello stesso tempo difendere le altre popolazioni che vivono sul nostro stesso territorio, come arabi, siriani e armeni.Pag. 5
  Il nostro sistema subisce i maggiori attacchi e grandi pressioni perché è democratico e differente. Da una parte ci attaccano coloro che non accettano l'esistenza del popolo curdo in Siria, dall'altra ci attaccano quelli che non vogliono una democrazia in Siria.
  Il nostro isolamento rende difficile raggiungerci con aiuti umanitari, mentre il Daesh e le organizzazioni vicine ad esso che ci stanno attaccando sono appoggiati da altri poteri. Siamo costretti a difenderci, ma allo stesso tempo dobbiamo ricostruire per dare servizi ai cittadini.
  Crediamo che la battaglia che stiamo combattendo serva sia alla nostra sopravvivenza sia a fermare la crudeltà che si sta diffondendo nel nostro territorio. Abbiamo bisogno che i Paesi democratici ci sostengano e ci supportino.
  Vi chiediamo di sostenerci a livello umanitario affinché chi voglia mandarci aiuti si possa mettere in contatto con una delle amministrazioni del Rojava, così sarà più facile portare aiuti direttamente al popolo. Vorremmo inoltre poter creare qui uffici di rappresentanza in modo da poter tenere contatti e relazioni anche in via informale.
  Spesso gli aiuti e i progetti dei ministeri degli esteri non raggiungono i cittadini che hanno realmente bisogno: per questo credo che sarebbe meglio eliminare molti degli intermediari, che non portano aiuto dove concretamente è necessario. Anche le organizzazioni della società civile spesso faticano a raggiungere le nostre zone.
  La propaganda a noi avversa afferma che stiamo cercando di dividere la Siria e destabilizzare ancora di più la regione. Non è però il nostro obiettivo e non abbiamo un simile interesse. Chi volesse verificare è più che benvenuto: lo accoglieremo e dimostreremo come funziona da noi. Incontrando la popolazione locale si potrà capire quale è la situazione sul territorio.
  Lo dico perché il regime siriano e qualche Paese vicino spingono per cambiare la demografia del territorio. Vi chiediamo di verificare, proprio per bloccare le false informazioni che vengono divulgate.
  Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie. Volevo ricordare che la Commissione esteri ha avuto sempre grande attenzione per la vostra situazione. Nel novembre del 2014 una nostra delegazione si è recata nel Kurdistan iracheno. Conosciamo la complessità delle forze politiche curde e del confronto che avete, ma avemmo modo, da un lato, di esprimere la nostra solidarietà e, dall'altro lato, di riportare al nostro Governo la richiesta di impegni umanitari e politico-militari.
  Avrei posto una domanda sullo stato dei vostri rapporti con la Turchia, ma avete già risposto. Voglio aggiungere, perché forse è di vostro interesse, che nel quadro del giornalismo televisivo italiano – tutt'altro che brillante – c’è stata un'esperienza molto significativa: un operatore televisivo di nome Corrado Formigli si è recato a Kobane e ha fatto delle riprese che hanno consentito al pubblico italiano di vedere la drammatica situazione in cui vivete, e lo ha fatto in un periodo in cui ha rischiato la propria vita. Questo va detto.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VINCENZO AMENDOLA. Come ricordava la nostra amica, questa è la seconda volta che ci vediamo qui per valutare la situazione dei curdi.
  A nome del gruppo del Partito Democratico, che è qui largamente presente, vi dico che non solo è un piacere rivedervi dopo l'ultima volta, ma è anche necessario rendere onore alla vostra battaglia per difendere valori di democrazia e civiltà contro il totalitarismo del Daesh al confine tra Siria e Turchia.
  Siamo molto grati al Ministro che domani vi incontrerà, perché credo che alcune richieste vadano analizzate con molta attenzione. Il nostro punto di vista, facendo parte di una coalizione internazionale Pag. 6anti-Daesh, è che nell'esplosione del Medio Oriente, dovuta a politiche errate degli anni passati, che hanno fatto esplodere Stati e hanno prodotto guerre per procura, come quella, tragica, siriana, sono nati dei mostri. Il primo mostro è quest'idea totalitaria, che ha preso piede tra Raqqa e Mossul, di un Medio Oriente in cui le minoranze devono essere espulse, siano esse curde, yazide o cristiane.
  È un'idea totalitaria; e alle idee totalitarie si risponde come a Kobane e sul confine, spesso nell'ignavia dell'Occidente, che di fronte a questi processi parla troppo, ma non dà poi un sostegno reale alle forze esposte in prima persona. Per queste ragioni, quello che sta succedendo su quel confine riguarda innanzitutto la coalizione internazionale anti-Daesh e le contraddizioni che quella coalizione ha. A parole tutti sono protagonisti, ma nei fatti pochi sono presenti.
  A nome del mio gruppo, vi manifesto non solo grande rispetto, ma anche grande attenzione per quello che sta succedendo e per la situazione dei tre cantoni. L'idea di Medio Oriente che abbiamo è quella del «pluriverso» che rispetta le differenze, contro ogni totalitarismo e contro ogni dittatura.
  Faccio solo poche domande perché credo che, rispetto ai progetti di cooperazione e di aiuto umanitario, sia molto importante tenere presente quello che avete detto prima. Su questo ognuno di noi deve fare la propria parte con gli atti governativi.
  Si è letto che 60.000 persone sono tornate in Siria dopo la liberazione di Kobane. Dal punto di vista dei progetti di cooperazione umanitaria, com’è adesso la situazione per gli abitanti dei cantoni che sono tornati ?
  In secondo luogo, sarò meno diplomatico del presidente sulla Turchia. Io personalmente sono andato a fare l'osservatore alle ultime elezioni in Turchia. Siamo amici del popolo turco e favorevoli all'integrazione della Turchia in Europa, ma non abbiamo mai nascosto critiche alla politica estera del governo turco, che soprattutto in quella zona di Medio Oriente ha mostrato ambiguità che spesso abbiamo condannato. Su questa linea continueremo a essere molto chiari col prossimo governo turco, perché credo che Daesh sia un nemico del Medio Oriente.
  La mia domanda è: cosa vi aspettate, visti i risultati molto interessanti, a mio avviso, delle elezioni turche, con riferimento alla posizione che la Turchia riveste nel conflitto.

  ANDREA MANCIULLI. Vorrei porre una domanda specifica. Nelle ultime analisi sull'andamento del conflitto con il Daesh era apparsa evidente una certa inefficacia degli strike condotti dalla coalizione: si parlava addirittura di una percentuale di bombardamenti che riuscivano a impiegare munizioni molto al di sotto del 50 per cento. La maggior parte dei voli rientrava infatti senza aver sganciato bombe sugli obiettivi, dal momento che una delle tattiche adottata dalle milizie del Daesh sembrerebbe quella di mischiarsi alla popolazione, dividersi e rendere irraggiungibili gli obiettivi, come succedeva in Afghanistan.
  Se ciò è vero, cosa pensate sia necessario fare per rafforzare l'efficacia militare della coalizione ?

  PRESIDENTE. Vorrei aggiungere un dato che non ci sfugge.
  Mi riferisco al paradossale squilibrio a cui accennava l'onorevole Amendola, analizzato da tutti i mezzi di comunicazione di massa, ma anche dalle valutazioni politiche dei governi, tra la gravità e la novità del terrorismo del Daesh, che ha organizzato un esercito e ha un radicamento territoriale, e una risposta militare che per un verso è fatta dalle azioni dell'aviazione americana, che presentano i problemi detti poco fa, e per l'altro affida quasi soltanto a voi l'intervento sul terreno, vista la debolezza dell'esercito iracheno. Questo elemento di contraddizione non ci sfugge.
  Detto questo, rinnovo il nostro ringraziamento per essere qui e vi restituisco la parola per la replica.

  ANWAR MUSLEM, co-presidente del Cantone di Kobane nel Rojava. Grazie alla Pag. 7Commissione esteri a nome della popolazione di Kobane.
  Dopo l'inizio della crisi in Siria nel 2011 la popolazione di Kobane è aumentata fino ad arrivare a 500.000 persone, dato il numero di rifugiati che sono arrivati. C'erano 27 scuole dentro la città e 400 scuole nei villaggi, c'erano 42.000 studenti elementari e 2.100 insegnanti, c'erano tre grandi ospedali, più diversi centri sanitari nei villaggi.
  Dopo gli attacchi del Daesh sono rimasti solo 10.000 civili in città, tutti gli altri sono rifugiati. Tutte le scuole si sono fermate. Il palazzo del municipio è stato distrutto. Daesh ha fatto esplodere 40 autobombe dentro la città. Dopo che è stato liberato il centro di Kobane, il rapporto delle Nazioni Unite ha stabilito che 1.209 case sono totalmente distrutte e 1.600 semidistrutte. Sono stati distrutti 45.000 pozzi per l'acqua, e, con questi, le canalizzazioni delle fognature.
  Abbiamo fatto appello per avere aiuti per la ricostruzione e per pulire la città dalla rovine. Abbiamo portato circa 8.000 camion di rovine fuori dalla città. Con le nostre poche risorse siamo riusciti in parte a far arrivare una parte dell'acqua necessaria in città: riusciamo a darla ai cittadini una volta alla settimana. Essere in condizione di riportare totalmente l'acqua e ricostruire i pozzi supera le nostre attuali capacità. Siamo riusciti a riaprire 3 scuole al centro di Kobane e 30 nei villaggi, in cui frequentano circa 6.000 studenti. Attualmente stanno lavorando circa 275 insegnanti.
  Abbiamo costruito un campo profughi per quelli che sono ritornati, ma hanno la casa distrutta. Abbiamo avuto grande difficoltà perché il confine con la Turchia non era sempre aperto. Per adesso aiutiamo mensilmente 17.000 famiglie. Fino a prima di venire in Italia erano ritornati 125.000 abitanti; siamo già preoccupati per l'inverno che arriverà.
  Siamo grati all'Italia per il supporto che ci sta dando, ma vorremmo che diventasse più concreto. Abbiamo preparato vari progetti di ricostruzione, e possiamo facilmente mostrarli a chi volesse contribuire.
  Vorrei anche cogliere l'occasione per invitare a visitare Kobane per vedere che cosa è successo. Il cantone di Kobane era totalmente isolato; la settimana scorsa, da quando Tal Abyad è libera, l'isolamento è finito perché c’è una porta aperta verso il Kurdistan iracheno. Abbiamo ricevuto molti aiuti umanitari dal cantone di Jazira.
  Vi ringrazio ancora sperando che potremo lavorare insieme.

  NESSRIN ABDALLA, comandante dell'Unità di difesa delle donne (YPJ). Vi ringrazio per il vostro invito.
  Vedete molto chiaramente cosa sta avvenendo in Siria e nel Rojava, anche sul piano militare. Ultimamente l'aiuto della coalizione e gli strike aerei sono stati più efficaci. Ci coordiniamo totalmente, loro dal cielo e noi da terra: lavoriamo insieme in grande coordinamento. Gli attacchi aerei ci sono stati di grande aiuto.
  Come il presidente della Commissione ha detto, Daesh usa i civili per proteggere se stesso. Ciò complica ulteriormente il nostro lavoro perché in quel caso ci muoviamo solo da terra. Per essere efficaci contro un'organizzazione terroristica come Daesh ci sono altre necessità militari per le quali abbiamo bisogno di supporto.
  C’è squilibrio per quanto riguarda le armi: Daesh dispone di armi più sofisticate che ha preso a Mossul, a Ramadi e all'esercito di Assad, ma è anche abile ad accedere ad altri canali di acquisto. Per poter combattere questa battaglia c’è bisogno di equilibrio negli armamenti. Abbiamo bisogno di armi per essere in equilibrio, ma posso confermare che siamo decisivi e che non avremo altra possibilità per contrastare queste atrocità se non con maggiore supporto da parte della coalizione.
  La battaglia contro Daesh non è solo militare, è anche culturale e politica. Esso non riconosce nessuno dei valori esistenti al mondo e porta nuove regole, sia nella guerra sia nella civiltà, che non possono Pag. 8essere sopportate. Questa è una minaccia maggiore di quella militare. Credo che dobbiamo assumerci questa come una missione culturale e politica da compiere.
  In questa battaglia militare abbiamo bisogno di diversi tipi di armi, ma fino adesso non abbiamo avuto grande sostegno. Allo stesso tempo, abbiamo tanti feriti che non possiamo curare: chiediamo aiuto perché possano essere curati e tornare nel loro Paese.
  L'altro gravissimo problema è che Daesh piazza mine dappertutto: abbiamo bisogno di esperti in grado di formare il nostro personale per sminare il territorio. Le mine sono una minaccia soprattutto per i civili; solo a Kobane fino adesso sono state rimosse 6.000 mine. A livello militare abbiamo bisogno di aiuto dalla coalizione per la formazione, ma non possiamo andare in altri Paesi per formarci.
  Dobbiamo essere capaci di difendere il nuovo sistema che stiamo cercando di sviluppare in Medio Oriente.
  Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Teniamo a dirvi che ci è ben chiaro come la risposta al Daesh debba arrivare, come Lei ha detto, sul terreno politico, culturale e umanitario, ma fondamentalmente su quello militare.
  Vi dico anche, con il massimo della solidarietà, che ci ha colpito molto il fatto che in prima linea a Kobane come altrove ci siano le donne curde, oltre che gli uomini curdi. Ciò esprime un valore molto significativo del vostro popolo.
  Domani, nell'incontro con il nostro Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, avrete l'occasione di fare presenti le esigenze che avete sottolineato, specie per quello che riguarda l'aiuto militare. Quando siamo stati a Erbil, analoga problematica ci fu posta e credo che aiuti da parte del nostro Paese siano venuti, specie sul terreno che Lei ricordava poco fa.
  In Iraq, ma lo stesso avviene in Siria, si sente molto forte in Daesh la presenza di un pezzo del vecchio esercito iracheno, la cui specializzazione era proprio sul terreno degli esplosivi e delle trappole di quel tipo. Su questo terreno noi italiani possiamo aiutarvi perché nel nostro esercito abbiamo un elevato livello di specializzazione nella contrapposizione agli esplosivi; da quanto sappiamo, alcuni sono già arrivati sul campo per svolgere tale azione di addestramento.
  Al di là della formalità inevitabile in questo tipo di confronti, voglio dirvi che la nostra Commissione ha massima solidarietà e comprensione per il ruolo fondamentale che state svolgendo, non solo per la difesa del vostro popolo, ma anche per la difesa di quella che, fino a quando non è arrivata la barbarie di Daesh, era una delle caratteristiche della realtà del Medio Oriente: la pluralità di culture, di origini etniche e religioni. Contro tutto questo si sta sviluppando un attacco di totale barbarie, e voi svolgete un ruolo fondamentale sia per voi stessi sia per tutti noi.
  Vi ringrazio molto della vostra presenza e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.55.