XVII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 15 febbraio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA STRATEGIA ITALIANA PER L'ARTICO

Audizione dell'Ambasciatore d'Italia a Oslo, Giorgio Novello.
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 ,
Novello Giorgio , Ambasciatore d'Italia a Oslo ... 4 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 10 ,
Alli Paolo (AP-NCD-CpE)  ... 10 ,
Manciulli Andrea (PD)  ... 11 ,
Nicoletti Michele (PD)  ... 11 ,
Causin Andrea (AP-NCD-CpE)  ... 12 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 13 ,
Novello Giorgio , Ambasciatore d'Italia a Oslo ... 13 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 17 

ALLEGATO: Presentazione informatica illustrata dall'ambasciatore Giorgio Novello ... 18

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa: AP-NCD-CpE;
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Scelta civica-ALA per la costituente libera e popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Civici e Innovatori: (CI);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-UDC: Misto-UDC.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FABRIZIO CICCHITTO

  La seduta comincia alle 13.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione dell'Ambasciatore d'Italia a Oslo, Giorgio Novello.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno della seduta odierna prevede l'audizione dell'Ambasciatore d'Italia a Oslo Giorgio Novello, che ringrazio per la sua disponibilità a prendere parte ai nostri lavori. L'Ambasciatore ricopre il ruolo di capo missione a Oslo dal settembre del 2012, come pure a Reykjavik, dove ha presentato le credenziali nel gennaio del 2014. In Islanda, allo stato, non ci sono sedi diplomatiche italiane, al di là di un console onorario.
  Ricordo che l'indagine conoscitiva deliberata nel 2016 ha avuto effettivo inizio con l'audizione del sottosegretario Della Vedova, svolta lo scorso 24 gennaio, assai utile ai fini dell'inquadramento sistematico della materia all'interno delle linee programmatiche del Dicastero, in cui è stato ricordato l'ingresso dell'Italia, nel 2013 come Paese osservatore, nel Consiglio Artico.
  Ricordo anche che in quella occasione alcuni giornali, dimostrando un misto di ignoranza e di arroganza, contestarono la nostra riunione, che si svolse in condizioni difficili perché contemporaneamente avvenivano fatti drammatici in Italia, dicendo che mentre noi ci occupavamo dell'Artico succedeva quello che accadeva, dimostrando che non avevano nozione di quello di cui si stava parlando.
  Colpisce la costante crescita di ruolo di questa istituzione regionale, ovvero del Consiglio Artico, a cui vent'anni fa, con la sigla della Dichiarazione di Ottawa del 1996, aderirono otto Stati artici (Federazione Russa, Canada, Stati Uniti, Islanda, Norvegia, Svezia, Finlandia, Danimarca, incluse la Groenlandia e le isole Fær Øer) e che oggi annovera fra gli osservatori, oltre all'Italia, la Germania, la Polonia, il Regno Unito, i Paesi Bassi, la Francia, la Spagna, la Cina, il Giappone, la Corea del Sud – fortunatamente non la Corea del Nord –, Singapore e l'India, tutti Paesi attirati dalle prospettive di apertura di nuove rotte polari che ridurrebbero del 40 per cento la distanza fra l'Europa e il nord est asiatico e che per l'Italia e per tutto il Mediterraneo significherebbero «bypassare» il Mediterraneo e i suoi porti.
  La partecipazione dell'Italia alla dimensione artica corrisponde a una precisa scelta geostrategica, volta a consentire al nostro Paese di intensificare l'impegno politico in quella regione, tanto più alla luce dell'evolvere del quadro internazionale, dell'emersione di leadership più o meno muscolari che trovano in questo consesso un significativo luogo di dialogo e di interazione intorno a temi attualmente a più ridotta tensione geopolitica.
  Come ci ha già ricordato il sottosegretario Della Vedova, oggi il successo del Consiglio Artico si può misurare concretamente anche per l'atteggiamento assunto al suo interno dalla Federazione Russa. L'approccio di Mosca in quel contesto si presenterebbe marcatamente più cooperativo Pag. 4rispetto a quello che avviene, invece, in altri contesti internazionali.
  Quanto alla Norvegia, si tratta del Paese protagonista di questa dimensione, che riveste un ruolo guida anche nel contesto delle richiamate istituzioni regionali. L'Italia e la Norvegia sono estremamente legate dall'attenzione verso l'Artico, che si concretizza in una collaborazione sempre più forte nel campo della produzione e della ricerca energetica.
  Su questo e su molto altro potrà darci un contributo l'Ambasciatore Novello, a cui do la parola.

  GIORGIO NOVELLO, Ambasciatore d'Italia a Oslo. Gentile presidente, gentili onorevoli, sono lieto e onorato di poter condividere con Loro alcune considerazioni sull'Artico, ovviamente nello stretto ambito delle mie competenze come ambasciatore d'Italia in Norvegia e in Islanda. Il mio intervento sarà focalizzato su alcuni punti essenziali.
  In primo luogo, vorrei sottolineare come la Norvegia sia un Paese profondamente artico, anzi, da certi punti di vista, il più profondamente artico dei Paesi del nostro pianeta. In secondo luogo, la Norvegia svolge un ruolo considerevolmente significativo nella comunità internazionale, quindi porta in dote a quest'ultima una specifica e tipica sensibilità artica.
  Vorrei, poi, sottolineare come l'Italia sia significativamente presente nell'artico norvegese, per concludere ricordando come, nell'ambito di un comune sentire tra i nostri due Paesi, proprio la presenza italiana in quella regione offra possibilità di collaborazione concreta, con vantaggi reciproci, misurabili in modo preciso.
  Prima di procedere vorrei, però, sottolineare la grande importanza della diplomazia parlamentare anche nelle questioni artiche. Personalmente ne ho avuto conferma diretta durante il mio incarico a Oslo, con due visite particolarmente incisive: la riunione dei presidenti dei Parlamenti degli Stati membri del Consiglio d'Europa a Oslo nel settembre 2014 e la riunione dell'Assemblea parlamentare della NATO a Stavanger nell'ottobre del 2015. In entrambe le occasioni, attraverso il Presidente Grasso e la Presidente Boldrini; i presidenti Manciulli, Alli, Causin e Nicoletti; gli onorevoli Censore, Martella e Morassut, l'Italia ha recato un contributo di particolare rilievo.
  Sempre in riferimento a una diplomazia parlamentare presente, attiva ed essenziale anche nell'Artico, vorrei menzionare la Conferenza dei Parlamentari della Regione Artica (CPAR), che raccoglie membri designati dai Parlamenti degli otto Stati membri del Consiglio Artico. Vi è un comitato permanente presieduto dal deputato laburista norvegese Eirik Sivertsen, nostro ottimo interlocutore, il quale mi ha personalmente confermato il forte interesse della sua istituzione a una collaborazione anche con il Parlamento italiano. Mi ha ricordato, inoltre, di aver menzionato all'ultima riunione (in Russia nella città di Ulan Ude, l'anno scorso) la responsabilità sociale delle imprese e la tutela dei diritti delle popolazioni residenti nell'Artico (sia i popoli indigeni sia i nuovi arrivati). Entrambi i temi hanno sicuramente un impatto anche per noi.
  Passando al secondo punto, ovvero l'importanza dell'Artico specificamente nella configurazione della stessa forma mentis della Norvegia, vorrei lasciare la parola agli amici norvegesi e citare un paio di frasi tratte dall'introduzione di un documento strategico sull'Artico presentato dal governo norvegese nel 2009 e tuttora pienamente valido.
  Questo documento norvegese afferma quanto segue. «Il fatto che la Norvegia sia il Paese più settentrionale d'Europa determina sia il modo con cui noi norvegesi vediamo noi stessi, sia il modo con cui gli altri vedono noi. Come nazione, siamo associati al mare, a coste ghiacciate, a spedizioni artiche, a eroi polari, a sport invernali, a neve e ghiaccio. Naturalmente, la Norvegia è molto più di questo, però questi sono alcuni elementi che ci contraddistinguono e ci distinguono dagli altri popoli. Proprio questa identità rivela qualcosa delle nostre potenzialità e di quello che il mondo si aspetta da noi. Noi siamo sempre stati presenti nel grande Nord, spesso collaborando al di là dei confini nazionali, a Pag. 5beneficio di quelli che vivono nel grande Nord, ma anche del resto della Norvegia, in collaborazione con gli altri popoli e gli altri Paesi».
  Vorrei approfondire quanto precede citando alcuni dati che, nella loro asciuttezza, sono interessanti. Comincio ricordando che circa il 10 per cento dell'intera popolazione norvegese vive al di là del Circolo polare. È una percentuale unica tra tutti gli Stati del mondo. Si tratta di circa mezzo milione di persone che hanno eletto 20 deputati su 169 del Parlamento norvegese e che, quindi, sono sovrarappresentati in base a una specifica legge elettorale.
  Quasi metà di tutta la superficie complessiva della Norvegia – ovvero quasi 200.000 chilometri quadrati su circa 400.000 – si trova al di là del Circolo polare. L'istituto di statistica norvegese ha pubblicato recentemente un affascinante studio sullo sviluppo economico delle regioni artiche del Paese, con dati piuttosto interessanti. L’export dell'Artico norvegese cresce a un ritmo del 6-7 per cento all'anno, mentre quello del resto della Norvegia è stabile. Il prodotto interno lordo della zona artica della Norvegia è cresciuto dell'1 per cento in più nell'ultimo decennio rispetto al tasso di crescita del resto del Paese. Il turismo è cresciuto del 20 per cento. Potrei citare tanti altri dati, ma mi fermo qui, non senza aver ricordato che nell'Artico norvegese vi sono 12.000 chilometri di strade, 28 aeroporti, 71 porti attrezzati e un'ottima università con 12.000 studenti, di cui 2.500 internazionali.
  Premesso tutto questo, vorrei tornare al punto di partenza menzionato dal presidente, ossia l'importanza dell'Artico in quanto tale, per ricordare alcuni elementi prima di approfondire ancora il punto di vista norvegese. In particolare, vorrei condividere con Loro quattro premesse. La prima è che l'Artico non è omogeneo. Esistono vari artici differenti l'uno dall'altro, in particolare per quanto riguarda le condizioni climatiche. Quelle di gran lunga più favorevoli sono proprio quelle che vigono in Norvegia, causate, in particolare, dal gioco delle correnti oceaniche e dall'effetto mitigante sul clima della corrente del Golfo. Ne consegue, in modo molto concreto e operativo che i porti norvegesi artici sono liberi dai ghiacci e l'80 per cento di tutto il traffico marittimo artico passa in acque norvegesi.
  In secondo luogo, l'Artico è in piena evoluzione. Il presidente ricordava quanto aveva detto il sottosegretario Della Vedova sui mutamenti climatici e sui ghiacci che si stanno ritirando progressivamente. Si parla di una riduzione del 60 per cento. Qualcuno dice che prima della metà di questo secolo sarà possibile, d'estate, avere un Oceano Artico completamente libero dai ghiacci. Sappiamo della presenza di risorse naturali molto importanti, ma in aggiunta a questo vorrei anche ricordare come l'Artico si evolva significativamente anche dal punto di vista politico. Voglio farlo facendo una brevissima presentazione comparata di quali erano gli Stati che si affacciavano sul Mar Artico nel 1860, nel 1935 ed oggi.
  Nel 1860, quindi poco più di un secolo e mezzo fa, sull'Artico si affacciavano quattro Paesi: Regno Unito, Svezia, Danimarca e Impero Russo. Una settantina di anni dopo il quadro era già mutato. Di questi quattro Paesi originari era rimasta solo la Russia, mentre si erano affacciati il Canada, la Norvegia e la Finlandia. Oggi, trascorsa nuovamente una settantina di anni, la Finlandia, a sua volta, è uscita di scena e vi si sono affacciati l'Islanda e la Groenlandia. Insomma, è una parte del mondo che, nonostante le condizioni climatiche impervie, evolve rapidamente.
  Vorrei passare a un terzo punto a mio parere decisivo: ho parlato dell'Artico come area importante, in piena evoluzione, e della Norvegia come Paese squisitamente artico. Ma tutto questo si colora di un significato particolare per il peso specifico della Norvegia sulla scena internazionale. Vorrei sottolineare questo aspetto, facendo riferimento, ancora una volta, a qualche dato numerico. La Norvegia ha una popolazione limitata, poco più di 5 milioni di abitanti (che, comunque, se fosse membro dell'Unione europea, la collocherebbero a metà classifica). Ha, però, una superficie ragguardevole, considerando anche che la piattaforma continentale, estesa soprattutto Pag. 6 nell'Artico, raggiunge circa 1,5 milioni di chilometri quadrati. Ha un prodotto interno lordo che la fa rientrare tra i 25 maggiori Paesi, tant'è vero che quest'anno partecipa ai lavori del G20. Ha un reddito pro capite elevatissimo, in termini nominali quasi il triplo del nostro. È il terzo esportatore mondiale di gas e il secondo fornitore di gas dell'Unione europea. Il Governo norvegese gestisce il maggior fondo sovrano al mondo, con 800 miliardi di dollari di capitalizzazione. Svolge ancora un ruolo significativo, con l'assegnazione del premio Nobel per la pace, nella mediazione internazionale e nella collaborazione allo sviluppo.
  È, quindi, singolare che abbiamo un Paese importante sulla scena internazionale che di natura, per mentalità, per configurazione, per economia e per interessi, è squisitamente artico e che, quindi, porta come contributo alla comunità internazionale un’expertise, un interesse, una passione e legami con l'Artico particolarmente rilevanti. Non sorprende, quindi, che il Governo e il Parlamento norvegese abbiano più volte elaborato, con documenti, prese di posizione e strategie di ampio respiro, i loro punti di vista su questo tema. Mi vorrei riferire, in particolare, a una strategia artica complessiva pubblicata tre anni fa dal Governo norvegese, che menziona, in particolare, quattro organizzazioni internazionali nelle quali la Norvegia è molto attiva e che hanno, appunto, a che fare con l'Artico. Vi si menzionano il Consiglio nordico dei ministri, che attualmente è presieduto, appunto, dalla Norvegia, e il Consiglio Artico, di cui il presidente ha pochi minuti fa ricordato i dati essenziali.
  Il Consiglio Artico, che raduna gli otto Paesi artici, ha una forte connotazione norvegese, se non altro perché il Segretariato del Consiglio Artico è ubicato in territorio norvegese, nella città di Tromsø. Inoltre, il Segretariato economico del Consiglio Artico, di recentissima istituzione, è stato anch'esso localizzato a Tromsø. La Norvegia, infine, sostiene costantemente e coerentemente una politica inclusiva del Consiglio Artico, favorendo l'entrata di membri e Paesi osservatori non artici, come l'Italia.
  In terzo luogo, la strategia menziona il Consiglio euro-artico di cooperazione di Barents, un'iniziativa lanciata ormai venticinque anni fa dalla Norvegia, che consta addirittura di due organizzazioni internazionali e che, soprattutto al giorno d'oggi, è importante per l'ottima collaborazione che all'interno di esso vi è tra i Paesi artici europei e la Russia, anche con iniziative di collaborazione regionale tra le tre contee artiche della Norvegia e le regioni russe finitime.
  Infine, il documento norvegese ricorda la dimensione settentrionale dell'Unione europea, una politica perseguita congiuntamente dall'Unione europea, dalla Norvegia, dall'Islanda e dalla Russia, lanciata nel 1999 e tuttora in corso, che è oggetto di approfondimento e revisione in queste settimane da parte del Parlamento europeo.
  Tuttavia, ometterei un aspetto fondamentale dell'Artico dal punto di vista norvegese se non dedicassi un paio di minuti del mio tempo e, soprattutto, della Loro attenzione all'arcipelago delle Svalbard, situato in piena zona artica, della dimensione di 60.000 chilometri quadrati (per intenderci, poco più di due volte la Sicilia o tre volte il Veneto). Il capoluogo ha un nome originale, Longyearbyen, che letteralmente significa «la città di Longyear», dal nome di un imprenditore minerario statunitense che, a inizio Novecento, vi avviò lo sfruttamento del carbone. In realtà, nel tempo le Svalbard hanno avuto diverse fasi di interesse per il resto del mondo. In un primo tempo furono una ottima base per la caccia alle balene; poi videro una certa attività legata allo sfruttamento del carbone (attualmente in forte declino, anche se restano operative alcune miniere in mano russa nella zona di Barentsburg). Oggi sono importanti come sede di attività scientifiche, di rilevazione satellitare e di turismo sostenibile. Vi operano una quindicina di stazioni di ricerca internazionale.
  A tutto questo devo aggiungere qualcosa sulla situazione giuridica di questo arcipelago, che costituisce un quid unicum. Fino al 1920 le Svalbard erano terra nullius, quindi non sottoposte alla sovranità di alcun Paese. In quell'anno, a Parigi, nell'ambito Pag. 7 della Conferenza di pace successiva alla Prima guerra mondiale, venne firmato un trattato che le assegnò sì alla Norvegia, ma fatti salvi diritti particolari in capo alle altre potenze firmatarie, che erano essenzialmente i vincitori della Prima guerra mondiale riuniti nel Consiglio della Società delle Nazioni, tra cui gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna e l'Italia. In base a questo trattato del 1920, entrato in vigore nel 1925, i cittadini dell'Italia, come quelli degli altri Paesi firmatari – compresi quelli che vi aderirono successivamente: in tutto oggi sono 42, l'ultimo entrato è stato la Lettonia l'anno scorso –, hanno diritto di stabilimento e di libertà di esercizio di attività economica in condizioni di assoluta parità con i cittadini norvegesi. L'Italia, insomma, ha dei diritti particolari nell'arcipelago artico per eccellenza.
  A questo punto risulta spontaneo delineare alcuni casi specifici di nostra presenza in questa regione. Vorrei muovere dalla premessa che il contesto generale nel quale operiamo, per quanto attiene alla Norvegia, è molto favorevole. Come ricordavo poc'anzi, è politica consistente della Norvegia sostenere che l'interesse di Stati non artici è un grande vantaggio per gli Stati artici. Questa affermazione molto sintetica e pregnante è stata ribadita un'ultima volta dal Ministro degli affari europei a Bruxelles una decina di mesi fa.
  Sempre in questo contesto i rapporti tra Italia e Norvegia sono particolarmente buoni. Le visite parlamentari del 2014 e del 2015 ne sono state conferma. Vi è stata un'importante visita di Stato del Re Harald e della Regina Sonja in Italia nell'aprile dell'anno scorso, con tappe a Roma e a Milano. Quello che sento ripetere molte volte in Norvegia è che, per gli amici norvegesi, il confine meridionale della Norvegia corre in realtà nel Mediterraneo, a sud di Lampedusa, per il fatto che la Norvegia fa parte dell'area Schengen. Quindi, per converso, mi sento autorizzato a ripetere – lo faccio spesso con profonda convinzione – che il confine settentrionale dell'Italia è quello che separa la Norvegia dalla Russia, in piena zona artica. Mi riferisco a quei 200 chilometri di confine terrestre che, negli ultimi decenni, sono stati un esempio particolarmente riuscito di collaborazione transfrontaliera. C'è un punto di passaggio organizzato, che si chiama Storskog e che, nel 1990, registrava circa 3.000 passaggi all'anno, mentre negli ultimi tre anni ne ha registrati 300.000. Si tratta di passaggi legali, controllati in base a una intesa bilaterale che consente ai residenti delle aree transfrontaliere in Norvegia e in Russia di recarsi da una parte all'altra e di commerciare senza obbligo di visto, semplicemente con un lasciapassare. Questo la dice lunga sulle condizioni ragionevolmente serene nel grande Nord e nell'Artico.
  Sappiamo tutti che la Norvegia non ha aderito all'Unione europea. Anzi, per due volte, nel 1972 e nel 1994, la popolazione norvegese ha respinto, con referendum, l'adesione all'Unione europea, ma mantiene con essa una buona intesa e un'ottima collaborazione, basata sull'accordo che definisce lo Spazio economico europeo, che estende alla Norvegia i principi delle quattro libertà comuni nell'Unione europea. In base a questo accordo dello Spazio economico europeo anche i cittadini italiani hanno piena libertà di accesso, di stabilimento e di attività economica in Norvegia e, segnatamente, nell'Artico norvegese. Infatti, i nostri connazionali «artici» non sono pochi. Nelle tre contee artiche ne abbiamo circa 150, ma, contando anche la zona preartica, immediatamente a sud del Circolo polare, arriviamo a circa 400 residenti permanenti iscritti all'AIRE, che in realtà possono essere il doppio o forse addirittura un migliaio, contando i nostri connazionali che sono presenti temporaneamente. È, dunque, una presenza non indifferente.
  Mi viene spontaneo, quindi, approfondire questo punto per parlare della presenza imprenditoriale italiana nella regione artica. Il presidente ha ricordato l'ENI, che è attivo in Norvegia da circa quarant'anni. L'anno scorso è entrato in funzione l'impianto di Goliat, che è l'impianto di produzione petrolifera più settentrionale al mondo, situato a 150 chilometri dalla costa norvegese, e che, a mio parere, riveste un triplice significato; in primo luogo, sotto l'aspetto dimensionale, perché in certi periodi Pag. 8 il nuovo impianto petrolifero gestito dalla nostra società è stato addirittura il terzo giacimento di tutta la Norvegia, in termini di produzione quotidiana di greggio; in secondo luogo, in funzione di apripista, infatti si tratta del primo giacimento petrolifero e del secondo giacimento energetico in assoluto dell'area; in terzo luogo, per gli effetti economici e sociali nell'indotto e nei rapporti con le popolazioni locali.
  Altro grande gruppo italiano presente è Fincantieri, che, dopo aver acquisito il controllo di una società norvegese è diventato il quarto gruppo mondiale nella cantieristica e il primo gruppo mondiale non sud coreano. Una data a cui guardo con impazienza e soddisfazione è il prossimo 27 febbraio, quando, a Muggiano in Liguria, verrà varata la nave di cui Loro possono vedere una fotografia sullo schermo. È la nuova nave per ricerche polari, che sarà la più moderna al mondo, commissionata dal Governo norvegese, la cui entrata in servizio è prevista per quest'estate e la cui costruzione è stata significativamente assegnata al gruppo italiano, attualmente in corso di realizzazione nel nostro Mediterraneo.
  Posso ricordare ancora la Leonardo Helicopters, la vecchia AgustaWestland, che sta producendo 16 elicotteri per operazioni di soccorso in mare, destinati a operare particolarmente in zone artiche. Ricordo anche società di dimensioni più limitate, però ugualmente importanti, come la società Rebaioli di Brescia, che sta costruendo, a cavallo del Circolo polare, in piena zona montuosa, un sistema di trasmissione energetica attraverso elettrodotti. Ancora, ricordo l'Istituto nazionale di ricerca metrologica di Torino – la metrologia è la scienza che studia l'accuratezza delle rilevazioni scientifiche –, che ha avuto l'incarico di realizzare una base metrologica nelle isole Svalbard per consentire un più accurato confronto dei dati raccolti dalla quindicina di stazioni di ricerca presenti in quelle isole, giungendo, in questo modo, a ottenere rilevazioni più affidabili e più precise. L'apertura del nuovo centro internazionale, gestito dal nostro Istituto di Torino, è prevista per la fine del mese di maggio.
  Un altro caso piuttosto significativo è quello della società Cimberio che, in collaborazione con il centro spaziale norvegese, nell'isola di Andøya, situato anch'esso al di là del Circolo polare, sta realizzando un impianto pilota di gestione degli impianti di riscaldamento per edifici che potrebbe portare a un abbattimento del 40 per cento sia dei costi di esercizio sia dell'inquinamento ambientale.
  La gastronomia, grazie allo stoccafisso che importiamo dalla Norvegia, è un capitolo ugualmente importante, su cui potremmo soffermarci ulteriormente; ma preferisco passare rapidamente al futuro per quanto riguarda la collaborazione tra i due Paesi.
  Come Loro hanno sentito, ho cercato di prendere le mosse dal carattere fortemente artico della Norvegia, che ne permea l'importante azione, anche a livello internazionale. Ho sottolineato gli spazi aperti alla collaborazione tra i due Paesi, anche attraverso taluni regimi internazionali condivisi, che ci offrono enormi possibilità, quali lo Spazio economico europeo, il Consiglio Artico e la zona di Schengen. Inoltre, ho menzionato diversi esempi specifici della presenza, che ritengo capillare e diffusa in tanti settori, dell'Italia nella parte della Norvegia situata al di là del Circolo polare. Quali potranno essere, in futuro, i filoni nei quali un approfondimento delle convergenze con Oslo potrà essere di particolare interesse per il nostro Paese? Ebbene, ne vorrei menzionare cinque.
  In primo luogo, vi è il comune interesse italiano e norvegese a perseguire l'approccio tradizionale dell'Artico come spazio deputato per eccellenza alla collaborazione internazionale. Su questo torno a sottolineare l'interesse della Norvegia a perseguire una politica inclusiva e di partecipazione al Consiglio Artico, con un ruolo anche per i Paesi non artici. Questa, peraltro, è una posizione che non tutti gli altri Paesi artici necessariamente condividono.
  Il secondo asse strategico di collaborazione risiede nel fatto che sia la Norvegia sia l'Italia sono forti sostenitori della primazia Pag. 9 del diritto internazionale. A questo riguardo, ricordo come la Norvegia e la Russia, proprio da questo punto di vista, hanno stabilito un ottimo precedente attraverso un accordo di delimitazione delle rispettive piattaforme continentali in acque artiche, nella zona del Mare di Barents, concluso nel 2013, che ha consentito, avendo definito gli aspetti giuridici, l'avvio dello sfruttamento delle risorse in quella regione.
  Un terzo asse fondamentale è la tutela dell'ambiente. L'Artico probabilmente è la parte del nostro globo in cui gli effetti dei cambiamenti climatici si avvertono nel modo più rapido, per cui esso costituisce un monito costante e una cartina al tornasole della necessità imperativa di affrontare le relative sfide. Il bell'esempio del nostro Istituto metrologico di Torino, leader a livello internazionale per migliorare l'efficienza della ricerca scientifica nelle Svalbard, che ho citato in precedenza, sottolinea l'esistenza di ampi spazi di sinergia a questo riguardo.
  In quarto luogo, noi condividiamo con la Norvegia la difesa del principio della libertà di navigazione, che, come tale, riguarda anche l'Oceano Artico. Questo coinvolge sicuramente le eventuali rotte artiche che potranno aprirsi in futuro, ma riguarda anche il presente: ricordo che attualmente il nostro gruppo Costa Crociere è attivissimo in acque artiche e anche nelle isole Svalbard.
  Infine, Norvegia e Italia hanno interessi congiunti rispetto a una crescita economica sostenibile, che contemperi, da un lato, lo sfruttamento delle risorse naturali, l'adeguamento infrastrutturale e piani di ammodernamento e, dall'altro, il rispetto dell'ambiente e la tutela dei residenti. Da questo punto di vista, le nostre imprese svolgono un ruolo importante e apprezzato, al punto tale che un altro ente di collaborazione internazionale, il Consiglio degli affari artici (Arctic Business Council), che è stato lanciato su iniziativa norvegese due anni fa, ha tenuto in modo particolare all'inclusione, alla partecipazione e al contributo di imprese italiane, nel caso particolare della nostra Edison.
  Credo di essermi trattenuto entro i limiti che mi ero prefisso. Ho ancora un paio di minuti che vorrei dedicare brevemente a condividere con voi quello che l'Ambasciata d'Italia a Oslo sta cercando di fare per le questioni artiche. Premetto che, naturalmente, l'Ambasciata opera come ufficio distaccato del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, quindi agiamo entro la strategia artica elaborata dallo stesso Ministero nel 2015. Vorrei ricordare, in particolare, tre nostre iniziative. La prima è la nostra strategia di attenzione specifica agli enti artici, in particolare all'Università artica di Tromsø, che ho menzionato in precedenza, con i suoi 12.000 studenti e i suoi 3.000 studenti internazionali, con la quale, per esempio, abbiamo organizzato una giornata italiana dedicata alla ricerca e alle attività economiche. Ricordo, in secondo luogo, il nostro progetto di «Evento Itinerante», (roadshow), destinato a presentare le eccellenze italiane in Norvegia, attraverso iniziative quali seminari, conferenze, visite guidate e presentazione di ricerche e dibattiti, sicuramente nella capitale Oslo, ma anche in altre cinque principali città norvegesi. L'Artico non poteva mancare; infatti, tra le città che abbiamo prescelto come teatro della nostra azione di presentazione delle eccellenze nazionali italiane figurano Bodø, situata immediatamente al di là del Circolo polare, e Trondheim, che è situata immediatamente al di sotto del Circolo polare e che rappresenta la porta d'accesso all'Artico stesso. Proprio mentre ci troviamo qui, nel corso di questa audizione, oggi a Trondheim, capitale storica, religiosa e tecnologica della Norvegia, è in corso una presentazione da parte di professori italiani della locale università, nelle materie dell'economia, della chimica teorica, della fisica e dell'architettura, di cui potete vedere il programma, che, a sua volta, testimonia la presenza italiana ai massimi livelli.
  Infine, vorrei menzionare il nostro interesse a presentare, in modo particolare, il nostro Mezzogiorno in zone artiche, in questo caso anche con il sostegno del Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. Storicamente la parte d'Italia più Pag. 10vicina alla Norvegia è proprio l'Italia meridionale, con i trasferimenti di popolazioni del IX, X e XI secolo.
  Faccio anche un brevissimo cenno all'importanza dell'Artico per la formazione dei giovani. Abbiamo parecchi scambi Erasmus in corso, ma posso anche ricordare, quasi con affetto, l'iniziativa del liceo «Fabio Filzi» di Rovereto di una spedizione nelle isole Svalbard di una quindicina di giorni, con un documentario realizzato nell'ambito di una loro attività didattica per quest'anno scolastico, o la visita in pieno Artico, a Borkenes, dell'istituto alberghiero «Pietro D'Abano» per presentare le specialità italiane.
  Mi fermerei qui, ricordando che ho cercato di sintetizzare tre elementi. Il primo è che la Norvegia è un Paese artico per eccellenza; è impregnata di Artico; è importante sulla scena internazionale e porta, quindi, in dote alla comunità internazionale una sensibilità e una conoscenza del tutto particolari. In secondo luogo, ho detto che l'Italia è presente in Artico da tempo e praticamente in tutti i settori, dell'alta tecnologia alla ricerca, dal turismo all'alimentare, dall'energia all'educazione, con grandi imprese e con piccole società, e siede come membro a parte intera o come osservatore nei principali fori che si occupano, in via esclusiva o parziale, dell'Artico. Infine, come terzo punto ho ricordato che, anche riguardo all'Artico, le sinergie tra Italia e Norvegia sono possibili e sono potenzialmente molto utili in un'ampia gamma di settori, nei quali condividiamo valori, approcci e interessi, a cominciare dal mantenimento dell'attuale situazione icasticamente definita «high North, low tension», ovvero «grande Nord, piccola conflittualità», con uno spazio ragionevolmente contraddistinto da assenza di conflitti diretti e da una ragionevole e soddisfacente collaborazione.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'Ambasciatore Novello del quadro che ci ha presentato, che è di grande interesse ed anche per la presentazione informatica che ci ha illustrato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato). Oggi sono presenti gli onorevoli Cimbro, Causin e Nicoletti e la componente NATO della Commissione nelle persone dell'onorevole Alli e dell'onorevole Manciulli, entrambi autorità molto importanti in quella sessione.
  Do quindi la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAOLO ALLI. Grazie, Ambasciatore. Credo che Lei abbia svolto una presentazione molto interessante e dettagliata, che ci fornisce elementi importanti non soltanto relativamente al ruolo della Norvegia, ma rispetto a tutta la tematica dell'importanza dell'Artico, che è lo spirito di queste audizioni e di queste iniziative che oggi proseguiamo.
  Ovviamente, dovremo allargarci su temi che considerino il ruolo della Russia, degli Stati Uniti e del Canada. Tuttavia, è giusto partire dalle realtà più vicine a noi. Credo, pertanto, che quello che Lei ci ha detto sull'evoluzione non soltanto fisica, ma anche geopolitica degli equilibri nell'Artico sia la premessa fondamentale che giustifica l'interesse di questa Commissione in questo lavoro di analisi.
  Visto che il presidente Manciulli e io rappresentiamo la componente NATO della Commissione, certamente la questione relativa ai rischi di militarizzazione dell'Artico è un elemento sul quale dovremmo fare opportuni approfondimenti, perché è evidente che la Federazione Russa sta realizzando un'operazione, certamente, collegata al tema delle basi di soccorso nella zona artica, che però, in realtà, nasconde una volontà di costituire basi militari più che di rescue, come vengono giustificate. Su questo Le chiedo se ha qualche elemento in più, visto che accennava alla collaborazione tra la Norvegia e la Russia rispetto al confine fisico che esiste tra i due Paesi. Pertanto, Le chiedo se ci può dare qualche informazione in più rispetto alla strategia della Federazione Russa verso l'Artico, che è certamente economica, ma anche di più ampio predominio su una regione destinata a diventare sempre più importante e strategica nel futuro.
  Inoltre, vorrei chiederLe qualche elemento un po’ più specifico anche sull'Islanda, Pag. 11 visto che, comunque, rientra nella sua giurisdizione. Infatti, l'Islanda è un Paese di particolare interesse nell'assetto complessivo geopolitico dell'Artico. Le domando anche se è vero che la Cina sta investendo risorse importanti e sta creando un'ambasciata di grandi dimensioni a Reykjavik.
  Qui c'è l'altro aspetto, in cui non so se sia il caso di entrare in questo momento, che è il ruolo della Cina che, come abbiamo visto anche negli studi svolti nell'ambito dell'Assemblea parlamentare NATO lo scorso anno, diventa sempre più assertivo anche rispetto al tema dell'Artico, tanto che non è un caso che la Cina sia presente anche nel Consiglio Artico.
  Queste sono le mie domande, grazie.

  ANDREA MANCIULLI. Innanzitutto, La ringrazio. Avevamo già avuto modo, durante la bellissima missione in Norvegia, di capire i risvolti della situazione artica, anche riguardo al nostro Paese, e credo sia stato molto importante oggi darne testimonianza in questa sede.
  Il punto che vorrei sollevare riguarda quello che, secondo me, è il tema più importante degli altri, cioè che non è sufficientemente chiara, né all'opinione pubblica né ai decisori, la rilevanza strategica che assume sempre di più la cosiddetta «tensione» fra le grandi potenze relativa all'Artico per diversi ordini di motivi. È il tema che il sottosegretario Della Vedova ha svolto durante la sua precedente audizione.
  Da questo punto di vista, a mio avviso, visto che come delegazione NATO abbiamo in programma una nuova missione, sarebbe auspicabile produrre un documento di sintesi, anche politico, da offrire al contributo del Parlamento, relativo al modo in cui noi svolgiamo la nostra presenza nel Consiglio Artico rispetto a questi temi, per spiegare quelli più rilevanti (il tema del transito, dell'uso delle materie prime) e i principali punti di relazione e confronto fra la parte occidentale che si interessa all'Artico e due potenze molto interessate alle vicende dell'Artico, come la Russia e la Cina. Infatti, a mio avviso, è estremamente importante che questo punto sia chiaro.
  Dico questo perché stiamo affrontando il dibattito sul rapporto fra l'Occidente e la Russia tendendo a considerare soltanto ciò che è emergenza contingente, cioè la vicenda dell'Ucraina e del confine russo e, da qualche tempo, ci aggiungiamo, perché costretti dagli eventi, anche il ruolo della Russia nel Mediterraneo. Però, posso assicurare che (estrapolo il tema da questa audizione e lo metto in un contesto strategico più ampio), se si prendono in considerazione le vicende artiche, le vicende dei confini a est, le vicende del Mediterraneo e le vicende cyber, siamo di fronte a qualcosa di molto più ampio e non banalizzabile. A mio avviso, è giusto collocare questa vicenda nel suo spazio, perché, altrimenti, se si procede separando i pezzi, non si capisce quali sono i disegni di una strategia, che nelle vicende artiche trova un suo punto di ulteriore acutezza.
  Noi stiamo parlando dell'Artico, però, se, ad esempio, si guarda il tema dello Stretto di Bering e le tensioni tra Stati Uniti e Russia, mettendo insieme le vicende dello Stretto di Bering e le vicende dell'Artico, si capisce che siamo di fronte a una nuova stagione di confronti, nella quale l'Italia fa bene a giocare in una posizione dialogante. Ma ci sarebbe bisogno che questo fosse il tentativo di produrre un dialogo consapevole, mentre, a mio avviso, in questo momento il dialogo si svolge in una dimensione inconsapevole.
  Sarei, quindi, per fissare questo approccio politico. Noi stiamo svolgendo questa indagine, alla fine della quale sarebbe utile che, come Commissione, potessimo mettere sul tavolo un documento che evidenzi anche le criticità. Non lo farei troppo allargato, ma lo imposterei proprio sull'orizzonte della verticalizzazione di alcuni problemi strategici. A mio avviso, è opportuno che il Parlamento sia cosciente di quello che accade, perché purtroppo, spesso, sembra prevalere un ragionamento spezzettato, che non porta alla dovuta coscienza.

  MICHELE NICOLETTI. Ringrazio l'Ambasciatore Novello per questa ricca e completa presentazione della questione. A me tocca la parte civile, dopo la componente NATO – il mondo si divide in militari e Pag. 12civili – e vorrei soffermarmi su un paio di questioni che Lei ha sollevato e che mi sembrano molto interessanti.
  Se ho ben capito, l'Artico è anche il luogo di un confronto interessante sul piano del diritto internazionale e il nostro Paese si trova coinvolto nel confronto di queste due linee, quindi mi interesserebbe capire qualcosa di più su questo piano. Leggo dai documenti che abbiamo adottato una posizione che cerca di contemperare le esigenze di carattere sia nazionale che internazionale nella zona interessata e mi pareva molto interessante quello che Lei diceva sulla questione dello spazio Schengen a nord e a sud. In realtà, questi due Paesi, Italia e Norvegia, hanno a che fare entrambi con un confine esterno dello spazio Schengen, entrambi su un mare che, ovviamente, oggi è al centro di riflessioni anche di tipo giuridico. La problematica che abbiamo è anche una problematica giuridica, che ci costringe a domandarci se le convenzioni siano adeguate per far fronte ai drammi umanitari e ai posizionamenti cui hanno fatto riferimento i colleghi.
  La domanda è se potrebbe essere utile, considerato il fatto che la Norvegia è a nord e noi siamo a sud di questo spazio e di questa problematica, che ha a che fare con un mare attraversato dalle questioni a cui ha accennato, avere un confronto anche su questo tema. C'è, per esempio, il tema della Guardia costiera comune, c'è il problema delle tecnologie, c'è il problema di un confronto sugli strumenti giuridici che abbiamo. Quindi, avrebbe senso una comparazione tra nord e sud? Questo è un primo tema su cui volevo chiedere un approfondimento.
  La seconda questione che sottopongo alla Sua attenzione riguarda la cooperazione scientifica e culturale tra i nostri due Paesi. Lei ha già fatto un quadro molto ampio e dettagliato, ma intravede dei settori, degli ambiti, delle linee su cui, anche come Parlamento, potremmo rafforzare questa cooperazione? Ci sono settori nella ricerca scientifica e tecnologica o scambi culturali? Lei ha fatto riferimento a visite di istituti scolastici, scambi di studenti, ricerca industriale. Se ci sono dei punti che, a suo modo di vedere, potrebbe essere utile approfondire e rafforzare, anche con un'azione da parte nostra, sarebbe molto utile, posto che la Commissione esteri ha al suo centro l'attenzione per il rafforzamento della cooperazione internazionale sul piano scientifico e culturale. Grazie.

  ANDREA CAUSIN. Innanzitutto, vorrei ringraziare l'Ambasciatore Novello perché quanto ha illustrato conferma non solo la sua passione, ma anche la conoscenza che ha maturato durante il servizio in Norvegia. Chi, durante le missioni NATO, ha avuto modo di intrattenersi con l'Ambasciatore ne ha colto la passione e tutti gli elementi di potenzialità sia sulla questione della Norvegia sia sulla questione dell'Artico.
  Il nostro legame con la Norvegia è un legame antico. Pietro Querini, pur disalberando e senza timone, quindi fortunosamente, arrivò alle isole Lofoten nel 1432. Io sono veneto e noi siamo i principali importatori di baccalà, quindi c'è un legame fortissimo con la Norvegia.
  È interessante che questo Paese, che dal punto di vista degli abitanti non è un Paese determinante sul piano della vecchia Europa, anche se non dal punto di vista dell'Europa politica, sia comunque molto interessante dal punto di vista economico, come dimostra la presenza di grandi imprese.
  Mi affascinava una riflessione che l'Ambasciatore Novello aveva posto quando siamo stati in Norvegia e volevo capire se ci siano state evoluzioni. La Norvegia ha un fondo sovrano che ha una dotazione pari circa al debito pubblico italiano, ma il Governo norvegese non intende utilizzare questo fondo per investimenti interni, anche per contenere i fenomeni inflattivi o difformità economiche di questo tipo. So che il fondo sovrano norvegese sta investendo in alcune imprese italiane e volevo capire se su questo vi siano delle scelte politiche per il futuro, perché, dal punto di vista della capacità di investimento, è assolutamente interessante un Paese che ha una dotazione di questo tipo.

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  PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'Ambasciatore, vorrei fare un rilievo, nel senso che va approfondito tutto il filone riguardante la ricerca scientifica e non c'è dubbio, da quello che hanno detto anche i colleghi Alli e Manciulli, che in un eventuale documento conclusivo di questa indagine vada messo in assoluta evidenza l'aspetto geopolitico. Non c'è nulla di peggio del dialogo inconsapevole e l'Italia ha una posizione dialogante non avendo perfetta cognizione delle controparti con cui deve confrontarsi.
  Non voglio far riferimento adesso a cose che esulano dalla riunione di oggi, ma anche gli avvenimenti recenti che hanno riguardato la Farnesina dimostrano che siamo inconsapevole oggetto di attenzioni straordinarie, rispetto alle quali credo che una versione angelicata della dimensione diplomatica sia esattamente il contrario della sua professionalità.
  Lascio la parola all'Ambasciatore Novello per la replica.

  GIORGIO NOVELLO, Ambasciatore d'Italia a Oslo. Grazie, presidente. Ho ascoltato con estremo interesse i Loro commenti e cerco di offrire qualche ulteriore spunto di riflessione condivisa ad integrazione di quanto Loro hanno sottolineato.
  Comincerei dall'Islanda. Giustamente il presidente Alli ricordava questo Paese, nel quale pure sono accreditato. È un Paese grande un terzo del nostro (100.000 chilometri quadrati), quindi non indifferente dal punto di vista della superficie, ma popolato da 330.000 abitanti. Nonostante queste dimensioni ridotte, è un Paese che svolge un ruolo importante, in particolare grazie alla sua localizzazione geopolitica che lo rende una pedina fondamentale nello scacchiere dell'Artico occidentale. L'Islanda ha una politica estera particolarmente attiva, che recentemente si è rivolta proprio alla Cina, con la conclusione di un accordo di libero scambio siglato nel 2013, che costituisce il primo accordo di libero scambio mai concluso dalla Cina con un singolo Stato occidentale. Certamente, il peso specifico dei due partner è diverso – 1,5 miliardi di abitanti da una parte e, appunto, 330.000 dall'altra –, ma ugualmente l'Islanda ha diverse frecce al suo arco. Oltre alla dimensione geopolitica cui accennavo, è un Paese leader in campo mondiale nel settore della geotermia. Quindi, nella lenta transizione in corso verso fonti di energia considerata pulita svolge un ruolo importante, come anche nella recente alleanza globale per la geotermia, la Global Geothermal Alliance, il cui Segretariato esecutivo è stato istituito ad Abu Dhabi presso l'IRENA, l'agenzia internazionale per le energie rinnovabili. È un esercizio diplomatico al quale il nostro Paese, alla fine dell'anno scorso, ha aderito. In questo contesto, ricordo che gli spazi di collaborazione con il nostro Paese sono molto ampi, in quanto il primo Paese europeo ad introdurre, in fase operativa, la geotermia è stato proprio il nostro, con l'impianto di Larderello, in Toscana, e attualmente restiamo il primo Paese europeo per quantità, in termini assoluti, di energia prodotta da geotermico, davanti alla stessa Islanda.
  L'Islanda, poi, rappresenta un caso straordinario di solidità: un Paese che si era convertito ai servizi finanziari, devastato da una crisi molto pesante nel 2008 e nel 2009, che ha saputo ripartire riconvertendo la propria struttura economica con un vero e proprio decollo verticale del settore del turismo. Oggi un milione di visitatori si reca in Islanda, 50.000 dei quali sono italiani e 60.000 cinesi.
  Per quanto riguarda la dimensione della sicurezza, vorrei ricordare che il Consiglio Artico, dall'epoca della Dichiarazione di Ottawa, che lo aveva istituito nel 1996, aveva deciso di non occuparsi direttamente di questioni relative alla sicurezza. Successivamente, nel 2008, con la Dichiarazione di Ilulissat, i cinque Stati rivieraschi, tra cui anche la Russia, la Norvegia e gli Stati Uniti, avevano riaffermato la volontà di risolvere le proprie dispute di confine in modo pacifico. In questo contesto generale, è evidente che le dimensioni di sicurezza svolgono un ruolo significativo anche nella regione artica. In politologia vi è il concetto di Regional Security Complex, ovvero quelle aree del mondo nelle quali i diversi aspetti di sicurezza internazionale sono così strettamente collegati ed interconnessi l'uno con Pag. 14l'altro da renderne praticamente impossibile una trattazione separata. La letteratura politologica menziona come casi di Regional Security Complex la stessa Europa, l'Asia orientale, il Medio Oriente e anche l'Artico. Si tratta di aree in cui le questioni di sicurezza sono così strettamente collegate da rendere necessario un livello di analisi globale in aggiunta a quello relativo ai singoli rapporti tra Stati.
  In questo contesto, tuttavia, va anche sottolineato che l'Artico resta del tutto particolare per le condizioni climatiche e geografiche difficili, che smentiscono la tesi – molto popolare una decina di anni fa – del mondo diventato improvvisamente piatto a seguito della localizzazione, al punto tale che si parlava di «morte della distanza», ossia della distanza diventata ormai irrilevante nelle relazioni internazionali. Non è così nell'Artico. Per le condizioni che, nonostante l'aumento della temperatura e il disgelo, restano proibitive; per le distanze che sono molto grandi; per le difficoltà di navigazione che continuano ad esserci, le coordinate di questa parte del mondo continuano a restare davvero uniche. Il che rende effettivamente possibile un apparente, noto paradosso: nell'Artico proseguono forme di dialogo e di cooperazione anche tra attori che in altre parti del mondo hanno un tipo di interazione diverso.
  Il mantra che continuo a sentire in Norvegia (high North low tension) e che credo rispecchi la realtà dell'Artico come area «a bassa tensione» continua ad avere una sua realtà. Intendiamoci, può trattarsi di tensioni anche serie; in passato si sono avuti anche episodi militari. L'Artico ha vissuto episodi bellici sia nella terraferma artica che nell'Oceano Artico anche nel corso della Seconda guerra mondiale. Sulla terraferma posso ricordare l'attacco nazista alla Norvegia del 1940, che si è concentrato in sei città, tra le quali Narvik, al di là del Circolo polare. L'esercito nazista di occupazione fece terra bruciata. Vi fu la liberazione da parte dell'Armata Rossa e Bodø, la capitale artica della Norvegia, fu rasa al suolo con una sola casa sopravvissuta, che ospita oggi il museo cittadino. Oltre a questa dimensione di guerra terrestre, vi fu anche una dimensione di guerra marittima. Ricordo i convogli degli Stati Uniti che, muovendo dall'Islanda (ecco di nuovo confermata l'importanza geostrategica dell'isola), rifornivano l'Armata Rossa. Il primo convoglio partì nell'agosto del 1941 e raggiunse la Russia senza problemi. Drammatica fu, invece, la vicenda del convoglio PQ 17, partito l'anno successivo: su 36 mercantili (per quasi 200.000 tonnellate di equipaggiamenti militari) solo 11 riuscirono a raggiungere la Russia. Ricordo anche due operazioni proprio nelle isole Svalbard, una tedesca («Zitronella»), e una, l'anno successivo, alleata. Quindi, dal punto di vista storico, la dimensione della sicurezza e anche della hard security non costituisce una novità assoluta per quanto riguarda l'Artico.
  Oggi le forze armate norvegesi sono altamente professionali: 23.000 addetti, che, compresi i civili, possono mobilitarne fino a 83.000 in caso di necessità, inquadrati in cinque forze armate (Esercito, Marina, Aeronautica, Guardia nazionale e, fenomeno interessante, una specifica forza armata dedicata alla cyber defence). La Norvegia costituisce uno dei Paesi NATO con la spesa pro capite più elevata per la difesa. In questo contesto di attenzione della Norvegia, Paese cardine dell'Alleanza atlantica, vi è un'attenzione specifica per l'Artico. Il cuore pulsante della struttura di difesa norvegese è proprio nell'Artico. Il comando operativo interforze è situato a Bodø, quindi al di là del Circolo polare; due delle tre principali basi dell'esercito sono al di là del Circolo polare; una delle due principali basi aeree, sempre a Bodø, è al di là del Circolo polare; il nuovo Piano di difesa a lungo termine del Governo norvegese (novembre 2016), oltre ad aver deciso un ulteriore incremento di spesa, dedica un'attenzione specifica al grande Nord (il 2019 e il 2020 dovrebbero essere due anni chiave per gli investimenti militari in loco).
  Per quanto riguarda i rapporti con la Russia, non è un mistero in Norvegia che la Russia è una grande potenza militare anche nella zona artica. Sappiamo che nel dicembre 2014 è stato istituito in Russia il nuovo Comando strategico interforze dell'Artico, Pag. 15 dal quale dipendono due brigate artiche. Sappiamo che la flotta russa nel Mare del Nord comprende 240 natanti. Sappiamo che, in zona artica, Murmansk, che è situata veramente a un tiro di sasso dal confine artico norvegese, con oltre 300.000 abitanti, è il più grande centro urbano al di là del Circolo polare e costituisce anche una base militare importante.
  Si è menzionata la cyber security. Recentemente sono stati resi noti due rapporti dei servizi di sicurezza norvegesi, quello interno e quello esterno, che molto trasparentemente dedicano pagine piuttosto dettagliate ai pericoli e alla politica, definita «intrusiva», della Russia, in particolare nel settore della sicurezza informatica. Risale proprio a pochissimo tempo fa il rifiuto di visto a due parlamentari norvegesi della Commissione esteri del Parlamento norvegese. Uno dei due parlamentari è addirittura la leader del Partito liberale che sostiene il Governo. È stato loro rifiutato, appunto, l'ingresso nel territorio russo e, quindi, l'importante missione che la Commissione affari esteri avrebbe dovuto compiere non ha potuto avere luogo.
  Pur in questo contesto molto articolato, tuttavia, i rapporti della Russia con la Norvegia nelle questioni artiche e, in particolare, nel Consiglio Artico continuano effettivamente a essere pragmaticamente intensi e buoni. Lo stesso portavoce degli esteri del governo norvegese, dopo gli ultimi eventi che ho menzionato, ha sottolineato come i rapporti tra Norvegia e Russia siano solidi e continueranno sulla base di interessi condivisi in settori quali la sicurezza nucleare, il controllo dell'ambiente, la fondamentale gestione degli stock di pesce, che economicamente pesano moltissimo a livello internazionale, come ricordava il presidente Causin.
  Il presidente Nicoletti ha menzionato due aree importanti, il diritto internazionale e la collaborazione scientifica. Leiv Lunde, un politologo con cui interagisco frequentemente, ricorda che la vera grandezza del contributo della Norvegia alla comunità internazionale è dato dalla tutela e dalla promozione del diritto internazionale (il che, tra l'altro, si confà perfettamente ad una media potenza). Posso ricordare due sentenze fondamentali, rispettivamente della Corte permanente di giustizia internazionale (sulla Groenlandia, negli anni Trenta) e della Corte internazionale di giustizia (sulle zone di pesca, negli anni Cinquanta). Nel primo caso la Norvegia perse, nel secondo vinse; ma, proprio grazie anche a questa sua attenzione al diritto internazionale, contribuì molto allo sviluppo di quest'ultimo.
  Un esempio importante è stato l'accordo concluso con la Russia per la delimitazione delle piattaforme continentali nel Mare di Barents. Questo ha contribuito a diminuire la tensione nell'area, a fare chiarezza sulle rispettive aree di competenza e ha consentito l'avvio delle prospezioni dell'attività petrolifera, di cui, tra l'altro, la nostra ENI beneficia direttamente.
  Nell'Artico effettivamente ci sono dispute territoriali da parte di attori quali la Danimarca, il Canada, la Norvegia e la Russia. La Russia, in particolare, ha rivendicato una grande zona, considerandola estensione della propria piattaforma continentale, che giunge addirittura al Polo Nord. Ricordiamo tutti il gesto, simbolicamente pregnante, da parte russa: il collocamento, nel 2007, di una bandiera nazionale russa in titanio nel fondo dell'oceano in corrispondenza del Polo Nord (una sorta di rivendicazione simbolica).
  La nota positiva è che queste dispute territoriali sono state tutte deferite ai competenti organismi delle Nazioni Unite, in particolare alla Commissione per la delimitazione delle piattaforme continentali prevista dal diritto internazionale del mare. Quindi, è stata scelta una via pacifica di soluzione delle controversie.
  Quello che diceva il presidente Nicoletti mi offre il destro di proporvi un parallelo, che può sembrare forse una provocazione intellettuale, ma non lo è; e questo proprio sulla scorta di quanto Lei, presidente, ha detto in riferimento a un esame comparato della situazione del Mediterraneo e dell'Artico. L'Artico in realtà è un mare «mediterraneo» nel senso etimologico del termine, in quanto è un oceano circondato da tre continenti (America settentrionale, Europa Pag. 16 ed Asia), così come il nostro Mediterraneo è un mare chiuso, circondato anch'esso da tre continenti (Europa, Asia e Africa). Ovviamente ci sono differenze fondamentali per quanto riguarda le temperature e la densità della popolazione, ma per il resto (navigazione; risorse energetiche; turismo; sviluppo sostenibile; tensioni geopolitiche; presenza nello stesso mare di Stati appartenenti a regimi internazionali diversi; fori globali di collaborazione che, attraverso la soft law, cercano di sviluppare una coesistenza serena; dispute territoriali per quanto riguarda l'attribuzione della piattaforma continentale; ruolo della giurisdizione internazionale nella forma di interventi della Corte internazionale di giustizia) i paralleli sono tantissimi e proprio su questo con l'Università di Tromsø abbiamo cominciato a realizzare uno studio.
  La collaborazione accademica e scientifica è molto buona e l'esempio icasticamente visibile è costituito dalla Base Dirigibile Italia situata nelle isole Svalbard, finanziata e sostenuta dal Governo italiano e dal Consiglio nazionale delle ricerche. Per quanto di mia competenza, auspico un sostegno alle valorose attività del CNR e di altri organismi, quali l'ente di ricerca di Trieste e il Museo polare di Fermo, nelle Marche, dedicato al nostro esploratore e studioso, Sergio Zavatti. È in corso una splendida collaborazione tra il Centro Spaziale Norvegese e l'Università La Sapienza di Roma per quanto riguarda i palloni aerostatici per la ricerca meteorologica, con un progetto che non è ancora decollato per una serie di motivi, ma che promette molto bene. Nello specifico sarei veramente felice di vedere ulteriormente intensificato il rapporto con l'Università artica di Tromsø, che è stata fondata pochi decenni fa, che è cresciuta molto rapidamente ed è considerata, tra i vari ranking mondiali, al quattrocentesimo posto nel mondo. È situata in questa città di 50.000 abitanti, che costituisce un vero cluster polare dal punto di vista della ricerca scientifica, dell'attività economica e dell'attività politica, essendo sede dei due Segretariati del Consiglio Artico. La rettrice Anne Husebekk svolge anche un ruolo accademicamente importante nel coordinamento delle università norvegesi e mi ha più volte ribadito la disponibilità ad aumentare la collaborazione. Proprio lei mi ricordava, per esempio, un'iniziativa nell'ambito dell'Unione europea in cui l'Università di Tromsø collabora nel settore della pesca e dell'acquacoltura con vari enti, tra cui alcuni presso il Lago di Garda.
  Questo mi consente di venire all'intervento del presidente Causin, che ha menzionato Pietro Querini, un navigatore veneziano che nel 1432 cerca di raggiungere le Fiandre, naufraga, approda alle Lofoten al di là del Circolo Polare, viene salvato e ritorna in Italia portando lo stoccafisso. È una vicenda affascinante, dai risvolti plurimi, storico, simbolico, economico; quest'ultimo è poi molto concreto perché lo scambio di stoccafisso dalle Lofoten all'Italia riguarda decine di milioni di euro all'anno ed è una classica situazione win-win, in quanto la Norvegia esporta in Italia il pesce che da noi viene elaborato in un piatto nazionale in Veneto, Sicilia, Campania, Puglia, Marche, Liguria (cito solo alcune regioni con cui ho avuto a che fare da questo punto di vista). Ciò, però, testimonia anche un altro elemento importante: non si va nell'Artico impreparati, si va nell'Artico sulla base di una lunga storia di percorso e di esperienza e noi italiani possiamo far risalire la nostra presenza nell'Artico al 1432, quando appunto Pietro Querini, tra i primi europei, vi si recò. Abbiamo, poi, Francesco Negri, gesuita che raggiunse il Capo Nord a piedi a fine ’600, sul quale stiamo concludendo un'azione di promozione; naturalmente Umberto Nobile, Sergio Zavatti eccetera. Quindi, anche politicamente e culturalmente siamo attrezzati e riconosciuti dalla Norvegia come un Paese che ha un contributo da dare all'Artico proprio alla luce di questa lunga storia.
  Concludo con il riferimento al fondo sovrano norvegese. Il fondo sovrano è interessato all'Italia, vi investe una quindicina di miliardi di euro e costituisce il terzo investitore internazionale alla Borsa di Milano; naturalmente opera in un'ottica di portafoglio, quindi massimizzando il beneficio finanziario immediato, e non in una Pag. 17prospettiva di lungo termine. Ma la presenza del fondo in Italia è una conferma della fiducia nel nostro sistema produttivo, nella solidità del nostro Paese e naturalmente un'ulteriore conferma dell'attenzione con cui la Norvegia guarda all'Italia, offrendoci possibilità meritevoli davvero di essere colte.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'Ambasciatore Novello e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.40.

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