XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Mercoledì 15 ottobre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bonafede Alfonso , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 189  PISICCHIO, C. 276  BRESSA, C. 588  MIGLIORE, C. 979  GOZI, C. 1499  MARAZZITI E C. 2168 , APPROVATA DAL SENATO, RECANTI INTRODUZIONE DEL DELITTO DI TORTURA NELL'ORDINAMENTO ITALIANO

Audizione di Alfredo Mantovano, Giudice presso la Corte d'Appello di Roma.
Bonafede Alfonso , Presidente ... 3 
Mantovano Alfredo , Giudice presso la Corte d'Appello di Roma ... 3 
Bonafede Alfonso , Presidente ... 6 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 6 
Bonafede Alfonso , Presidente ... 6 
Mantovano Alfredo , Giudice presso la Corte d'Appello di Roma ... 6 
Bonafede Alfonso , Presidente ... 7

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia: (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFONSO BONAFEDE

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Alfredo Mantovano, Giudice presso la Corte d'Appello di Roma.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 189 Pisicchio, C. 276 Bressa, C. 588 Migliore, C. 979 Gozi, C. 1499 Marazziti e C. 2168, approvata dal Senato, recanti introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano, l'audizione di Alfredo Mantovano, Giudice presso la Corte d'Appello di Roma. Il giudice Mantovano, peraltro, è già stato componente della Commissione giustizia, oltre che sottosegretario, quindi non è estraneo alla sede.
  Do quindi la parola al giudice Alfredo Mantovano.

  ALFREDO MANTOVANO, Giudice presso la Corte d'Appello di Roma. Signor presidente, grazie a lei, ai componenti della Commissione e ai funzionari.
  Do per scontata la conoscenza approfondita da parte della Commissione delle convenzioni internazionali e delle dichiarazioni di principio che interessano il tema, quindi non ne accenno nemmeno, non solo per brevità e non solo per non far torto alla competenza della Commissione, ma anche perché sarebbe ultroneo rispetto agli elementi che la Commissione stessa ha già acquisito e che ho visto sono agli atti.
  Do altrettanto per scontato il dovere, da parte del nostro ordinamento, di recepire le prescrizioni contenute negli atti di natura internazionale che si occupano della materia.
  Con queste premesse parto dalla considerazione che ogniqualvolta si introduce una norma penale è opportuno rispondere a qualche quesito.
  Primo quesito: l'analitica rassegna del diritto penale vigente permette di verificare se la nuova norma punitiva si sovrapponga, in tutto o in parte, a disposizioni già esistenti ?
  Secondo quesito, immediatamente conseguente: l'adempimento di obblighi internazionali è necessario che avvenga con una sola o con pochissime disposizioni di legge o l'obiettivo recato dalle dichiarazioni e dalle convenzioni può essere conseguito magari in modo più dettagliato e più preciso ricordando il ventaglio di norme già inserite nel codice penale e nelle leggi penali ?
  Terzo quesito, legato agli altri due: la disposizione che si intende introdurre – parlo soprattutto di quella recata dall'articolo 1 – rispetta in modo adeguato il canone costituzionale della tassatività in sé e nel confronto con le norme già in vigore ?
  Per tentare di essere ancora più chiaro: la formulazione della norma è precisa al punto da limitare il rischio di applicazioni giurisprudenziali tra loro contraddittorie o anche solo – accenno a questo problema Pag. 4su cui ritornerò tra un attimo – il rischio di iniziative giudiziarie che, colpendo pubblici ufficiali, in certi casi particolarmente qualificati e impegnati in indagini difficili, potrebbe, al di là dell'esito giudiziario, comunque compromettere la funzionalità del sistema ?
  In anni recenti il Parlamento ha ravvisato la necessità di approvare nuove disposizioni penali anche quando la condotta nelle quali esse si articolavano in qualche misura trovava già sanzione, seppure per segmenti, in norme già esistenti. È accaduto, per esempio, con l'introduzione del reato di stalking, che è stato inserito, come tutti loro ricordano, in sede di conversione del decreto-legge n. 11 del 2009. Già in precedenza vi era la possibilità di punire le minacce e le molestie, ma intanto le sanzioni previste per questi illeciti apparivano lievi e poi vi era un di più oggettivo apprezzabile dal punto di vista repressivo: la reiterazione della condotta, lo stato di ansia provocato nella vittima, spesso il legame affettivo pregresso concausa del comportamento persecutorio, l'effetto sulla vittima costretta a mutare abitudini per evitare la persecuzione. L'identità di quella fattispecie di reato introdotta ex novo nel 2009 è apparsa netta e non ha consentito dubbi e neanche adesso, a distanza di quasi sei anni, li fa emergere sull'opportunità che fosse introdotta.
  È questo anche il caso della tortura o la situazione è diversa ? Faccio riferimento soprattutto al testo approvato dal Senato, non per mancanza di rispetto verso la Camera e verso le proposte di legge qui presentate, ma perché quel testo è l'esito di una discussione ampia che in quel ramo del Parlamento vi è stata, sia in Commissione giustizia che in Aula, con significative correzioni di rotta rispetto alle iniziali impostazioni dei disegni di legge presentati.
  In una delle audizioni – ho letto il resoconto – svolta in questa Commissione, un sindacato delle forze di polizia ha riportato disposizioni penali già in vigore che sanzionano taluni degli aspetti della condotta individuata come propria del nuovo reato di tortura. L'elenco sembra lungo: percosse, lesioni personali, morte in conseguenza della consumazione di altro reato, abuso d'autorità, perquisizioni e ispezioni arbitrarie e così via. Ma, a mio modesto avviso, è un elenco approssimato per difetto.
  Se il disegno di legge approvato dal Senato configura la tortura come reato comune e poi prevede un'ipotesi più grave quando il fatto è commesso dal pubblico ufficiale incaricato di pubblico servizio, il ventaglio delle disposizioni interessate da possibili sovrapposizioni è molto più ampio.
  Se, infatti, ci si riferisce a segmenti di condotta astrattamente idonei a provocare acute sofferenze fisiche o psichiche, così come dice il testo del nuovo articolo 513-bis, come reati comuni vengono in considerazione, in aggiunta a quell'elenco, anche il sequestro di persona (come loro sanno, conosce un'ipotesi aggravata se l'autore è un pubblico ufficiale che abusa delle sue funzioni), lo stato di incapacità procurato mediante violenza, le illecite interferenze nella vita privata (anche qui con l'aggravante se autore è un pubblico ufficiale), tutti i delitti di abuso informatico e di violazione della corrispondenza e delle comunicazioni telefoniche o telematiche.
  Se viene aggiunto il riferimento ai reati propri, entrano poi in considerazione – sto citando tutti i reati non contenuti in quella memoria – l'arresto illegale, l'indebita limitazione della libertà personale, la violazione di domicilio commessa da pubblico ufficiale. E questo senza citare le aggravanti di carattere generale di cui all'articolo 61, numeri 5, 9 e 11 del codice penale.
  Credo, pertanto, che la domanda da porsi è che cosa resta fuori da questa estesa articolazione di norme incriminatrici e di aggravanti, e se tale articolazione non rappresenti già, proprio in virtù delle differenti tipologie e delle sanzioni adeguate a ciascuna tipologia di condotta, una risposta tendenzialmente completa alle sollecitazioni di carattere internazionale.Pag. 5
  Soprattutto credo che il quesito centrale sia qual è il di più che si intende sanzionare con il reato di tortura. Se, tornando all'ipotesi di comparazione iniziale, per lo stalking il di più era agevolmente constatabile, è questo anche il caso della tortura ? E ancora, voler portare sotto una sola figura elementi e condotte differenti non rischia o di punire a doppio titolo la medesima condotta – nella formulazione dell'articolo 613-bis approvata dal Senato manca anche l'espressione «salvo che il fatto costituisca diverso o più grave reato» – o di far perdere l'efficacia di alcune condotte illecite ?
  Proprio per rendere più agevole l'applicazione del principio di specialità, criterio generale, quando si introduce qualsiasi norma, sarebbe quello di scongiurare l'inevitabile concorso di norme per il medesimo comportamento.
  Esprimo ora due cenni conclusivi. Uno riguarda le sofferenze psichiche, espressione che fa rischiare esegesi ampie, certamente diversificate, non voglio dire in qualche caso arbitrarie. L'estrema elasticità che ha questo aggettivo contiene qualche elemento di pericolo, sia quanto all'identificazione della condotta sia quanto alle conseguenze che può avere sulla quotidiana operatività delle forze di polizia e dell'autorità giudiziaria.
  Quanto all'identificazione della condotta, mi spiego con un esempio concreto: un soggetto condannato per reati di mafia si trova a regime del carcere «duro» dell'articolo 41-bis, e già parte con notevoli restrizioni nella sua vita all'interno dell'istituto di pena, ma queste restrizioni si basano su norme di legge e su una procedura che oggi ancora di più del passato è scansionata e garantita, quindi proprio per questo non possono qualificarsi trattamenti inumani o degradanti, come in assenza di precisa normazione qualche dubbio potrebbe venire. Il soggetto lancia dal suo regime qualche segnale nei confronti dell'autorità giudiziaria; un ufficiale di polizia giudiziaria o un pubblico ministero, o entrambi, lo sollecitano a rendere, come avviene nella fisiologia di queste vicende, dichiarazioni auto ed etero-accusatorie, tra l'altro prospettandogli che tutto ciò comporterà la fuoriuscita dal regime penitenziario duro e la fruizione di benefici connessi all'ingresso in un programma di protezione. Siamo certi che se il tentativo naufraga il mafioso non tenterà di collegare questa doverosa attività con una minaccia di prosecuzione delle sofferenze fisiche e psichiche indubbiamente insite nel regime dell'articolo 41-bis ?
  Immagino l'obiezione: nessun giudice, con l'articolo 613-bis, così come è uscito dal Senato, condannerebbe mai un ufficiale di polizia giudiziaria o un pubblico ministero per un'iniziativa del genere. Voglio sperarlo, ma siamo altrettanto certi che non ci sia neanche un'iscrizione nel registro degli indagati ? Questo comporterebbe certamente qualche effetto sul seguito delle indagini, in termini per esempio di delegittimazione del magistrato o dell'ufficiale di polizia giudiziaria, e della stessa possibilità di proseguire da parte loro le indagini avviate.
  È un esempio tra i tanti che si potrebbero fare. Pensiamo a una modalità molto incalzante di interlocuzione con un testimone durante un esame dibattimentale, laddove la memoria va a certe vicende di una ventina d'anni fa. Pensiamo, per venire a legislazione recentemente introdotta, alla gestione della custodia di un arrestato in una cella di sicurezza o ad alcuni interventi in materia di ordine pubblico.
  Lo ripeto, la preoccupazione credo che debba esserci non tanto per l'ipotesi di condanna quanto per il periodo, che può durare anche mesi, di incertezza che precederebbe il proscioglimento o l'assoluzione, sempre avendo come riferimento un pubblico ufficiale.
  L'ultima annotazione riguarda l'articolo 3 del disegno di legge approvato dal Senato, il quale dice testualmente: «Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura».
  Premesso che da qualche tempo respingimenti ed espulsioni stanno subendo una Pag. 6significativa contrazione, ma respingimenti ed espulsioni in questa norma vengono messi sullo stesso piano e nello stesso contesto dell'estradizione. Mi permetto di ricordare che, a proposito dell'estradizione, una norma c’è già, ed è molto chiara. A mio modesto avviso – mi capita, nelle funzioni che svolgo adesso, di applicarla quasi quotidianamente – è assai più completa di quella contenuta nel disegno di legge.
  Il primo comma dell'articolo 698 del codice di procedura penale (come dicono gli avvocati, lo leggo per me stesso) stabilisce: «Non può essere concessa l'estradizione per un reato politico – sappiamo che c’è l'eccezione per il genocidio – né quando vi è ragione di ritenere – ed è il caso che ci interessa – che l'imputato o il condannato verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, o comunque ad atti che configurano la violazione di uno dei diritti fondamentali della persona». È uno spettro molto più ampio e dettagliato rispetto a quello previsto da questa disposizione.
  Mi permetto di avanzare qualche dubbio anche sull'opportunità non solo di cambiare il regime attuale con quello che viene proposto con riferimento all'estradizione, ma anche di mettere sullo stesso piano l'estradizione – che come tutti loro sanno si inserisce in un complesso procedimento giurisdizionale, ma che passa attraverso la verifica di autorità giudiziarie – e provvedimenti di carattere amministrativo, come il respingimento o l'espulsione, che sono altra cosa. Mentre infatti l'estradando normalmente viene consegnato in vincoli all'autorità giudiziaria del Paese che ne ha chiesto la consegna, quindi di solito va a finire in un istituto di pena, quindi ha senso richiamare tutto ciò che è contenuto nella norma vigente del codice di procedura penale, normalmente nel caso del respingimento e dell'espulsione lo straniero non regolare viene riammesso nel territorio dello Stato d'origine, ma senza alcun provvedimento restrittivo nei suoi confronti. Comunque, si tratta di regimi completamente diversi, che qui invece vengono messi sullo stesso piano. Ovviamente, parlando di espulsione, non parlo di quella di carattere giudiziario che segue a una sentenza di condanna.
  Mi fermerei qui, ringraziando per l'attenzione e restando disponibile a eventuali richieste di chiarimento.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Mantovano per le riflessioni puntuali che ci ha offerto.
  Do la parola ai deputati che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VITTORIO FERRARESI. Signor presidente, nutro alcuni dubbi su quanto abbiamo appena ascoltato dal dottor Mantovano, in quanto le norme esistenti di fatto non coprono condotte di sevizie attuate con metodi che vanno a colpire l'aspetto psicofisico della persona.
  È chiaro che, quando ci si attiva con una condotta che può seviziare un soggetto, offendendo beni senz'altro ulteriori rispetto a quelli offesi dai singoli reati, ci si riferisce a quelle condotte che vanno a colpire la soggezione psicofisica con mezzi che influiscono sull'aspetto psicologico da parte dell'autorità.
  Se è vero tutto quello che ha detto, non si capisce perché a livello internazionale molti Stati hanno attuato questa condotta e stanno aspettando ancora che l'Italia la attui. A mio giudizio, sono già superate dal dibattito nel nostro Paese le contraddizioni secondo le quali le condotte sono già previste.
  Mi aspettavo qualcosa di più.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Mantovano per la replica.

  ALFREDO MANTOVANO, Giudice presso la Corte d'Appello di Roma. Sono opinioni diverse, evidentemente. Quella che ho cercato di esporre è che si può rispondere a un obbligo di carattere internazionale non soltanto con una o più Pag. 7disposizioni di legge ma con un ventaglio che, in quanto ampio e specifico, probabilmente tutela maggiormente rispetto al bene oggetto della norma che si vuole introdurre.
  Poiché ogni tanto sorge il dibattito sulla presunta totale o parziale inadempienza da parte dell'ordinamento italiano rispetto a sollecitazioni che vengono dall'ordinamento internazionale o da quello europeo, in casi del genere una verifica delle disposizioni vigenti potrebbe far propendere per ritenere di essere già adempienti, prima ancora, in certi casi, che alcune convenzioni o alcuni atti di natura internazionale siano stati stipulati. Anche sulle limitazioni che provocano sofferenze o sevizie anche molto serie, sono previsti reati – a parte quello di carattere generale della lesione personale, con tutte le sfaccettature a seconda del tipo di lesioni che si provocano – come lo stato di incapacità procurato mediante violenza, per esempio, o l'indebita limitazione della libertà personale, e gli esempi si potrebbero moltiplicare.
  Questa è ovviamente materia di dibattito e credo che nessuno possa pretendere – perlomeno non lo pretendo io – di avere l'ultima parola.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Mantovano e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.