XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 18 giugno 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 189  PISICCHIO, C. 276  BRESSA, C. 588  MIGLIORE, C. 979  GOZI, C. 1499  MARAZZITI E C. 2168 , APPROVATA DAL SENATO, RECANTI INTRODUZIONE DEL DELITTO DI TORTURA NELL'ORDINAMENTO ITALIANO

Audizione delle Organizzazioni sindacali della Polizia di Stato.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Romano Felice , Segretario Generale SIULP ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 4 
Tonelli Gianni , Segretario Generale SAP ... 4 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Tiani Giuseppe , Segretario Generale SIAP ... 6 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Tissone Daniele , Segretario Generale nazionale SILP CGIL ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 8 
Pianese Domenico , Segretario Generale Aggiunto Federazione COISP ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Gagliardi Mario , Dirigente nazionale CONSAP – ADP ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Chianese Vincenzo , Segretario Nazionale UIL Polizia ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
La Spina Lorena , Segretario nazionale Associazione nazionale funzionari di polizia ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.30

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione delle Organizzazioni sindacali della Polizia di Stato.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 189 Pisicchio, C. 276 Bressa, C. 588 Migliore, C. 979 Gozi, C. 1499 Marazziti e C. 2168, approvata dal Senato, recanti introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano, l'audizione delle Organizzazioni sindacali della Polizia di Stato.
  La richiesta di audizione era stata avanzata solo per alcune Organizzazioni sindacali, ma in Ufficio di Presidenza abbiamo ritenuto, ovviamente, di estenderla a tutti i rappresentanti sindacali. Do un tempo di cinque minuti a ciascuno, considerato che tutti hanno presentato anche documentazione scritta, che sarà messa a disposizione dei colleghi deputati.
  Do ora la parola a Felice Romano.

  FELICE ROMANO, Segretario Generale SIULP. Innanzitutto, ringrazio il presidente e tutta la Commissione per quest'opportunità e per la sensibilità di aver voluto sentire anche la nostra voce per la delicata funzione che siamo chiamati a svolgere ogni giorno, a garanzia delle istituzioni democratiche, per la sicurezza del Paese e di tutti i cittadini, anche garantendo loro i diritti fondamentali della nostra Costituzione.
  Credo che, proprio partendo da quest'affermazione, il testo varato al Senato, così come ci è stato presentato, ci porti ad alcune considerazioni. Innanzitutto giudichiamo positiva la modifica introdotta dal Senato, non più come reato specifico, ma come reato generico, che prevede, giustamente, le aggravanti a carico di un pubblico ufficiale, proprio in funzione del fatto che è rappresentante delle istituzioni e nel momento in cui opera, qualora dovesse dare adito a comportamenti che possono rientrare nel reato di tortura, è giusto che il legislatore preveda un aggravio di pena.
  Quello che ci preoccupa in funzione del nostro ruolo e per gli obblighi che incombono su di noi per effetto di legge, che comunque determinano e vincolano il nostro comportamento, come l'obbligo di intervenire quando un fatto costituisce reato o, colto un soggetto in flagranza di reato, assicurarlo al carcere, è innanzitutto la previsione della prima parte dell'articolo, dove si dice «cagiona» e non «infligge».
  Signor presidente, vorrei richiamare la definizione delle tipologie del reato di tortura previsto nella convenzione dell'ONU all'articolo 1, di cui leggo brevemente solo le prime due righe: viene definita tortura «qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti a una persona dolore, sofferenza» e così via.
  Non vi è dubbio che questa definizione, proprio in funzione di quello che la comunità Pag. 4internazionale vuole perseguire, traccia un elemento importantissimo anche in funzione del raccordo con le altre previsioni di reato già previste nell'ambito del nostro codice penale, e cioè quella del dolo intenzionale da parte di chi agisce per procurare queste torture e queste sofferenze o condizioni di minorata difesa nei confronti delle persone che sono state a lui assegnate, ma intenzionalmente. In questo, quindi, le chiediamo di poter modificare il «cagiona» con «intenzionalmente infligge».
  In merito a questo, signor presidente – nel lavoro che abbiamo consegnato siamo stati più dettagliati – vi è un altro aspetto che riteniamo doveroso sottoporre a questa Commissione in funzione degli obblighi che incombono su di noi e in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 279 del 2013, emessa a seguito di un procedimento promosso dai tribunali di Venezia e di Milano per denuncia di un detenuto. Questi, lamentando di essere stato costretto in una cella senza lo spazio minimo previsto, che la Convenzione ha ritenuto essere di 3 metri quadri al netto delle suppellettili, ha portato alla condanna dello Stato italiano per comportamenti disumani e tortura per le condizioni esistenti nel carcere.
  La nostra preoccupazione è questa: innanzitutto richiediamo che la Camera possa inserire nel testo della legge la previsione che le amministrazioni deputate, come le forze di polizia, e comunque tutte le altre che hanno in custodia, in cura o esercitano la potestà su altre persone, debbano emettere regolamenti che disciplinino le modalità, i mezzi, gli strumenti e i luoghi dove trattare e dove far passare le persone che, in base alla legge, sono private della libertà personale e sottoposte al nostro operato, con la previsione, ovviamente se possibile, di un capitolo di spesa per l'installazione di impianti di videosorveglianza a garanzia non solo del cittadino, ma anche degli operatori.
  In questo senso, signor presidente, vorrei citare un esempio molto semplice di ciò che potrebbe accadere se il testo non prevedesse questo distinguo, ossia non sostituisse «cagiona» con «intenzionalmente infligge». È necessaria la previsione di regolamenti da parte delle amministrazioni che disciplinino l'operato e, soprattutto, che non possa scattare il reato quando ci sono comportamenti che possono essere configurati nel reato di tortura ma sono successivi o conseguenti a obblighi che ci impongono di agire in una determinata maniera per quello che riguarda i pubblici ufficiali, ovviamente, o gli incaricati di una pubblica professione. Diversamente, troveremmo l'operatore in dicotomia, con due obblighi, di cui uno gli impone di fare quella cosa e l'altro glielo vieta.
  Citerò un esempio per tutti per aiutare la discussione. Immaginiamo il medico al pronto soccorso che riceve un ammalato in codice rosso: lo visita nell'immediatezza e, per mancanza di posti letto, è costretto a tenerlo sulla barella nel pronto soccorso, con tutto ciò che questo può comportare, fino anche a 4, 5, 6 giorni. Cosa succederebbe in quel caso: che quel medico risponde delle condizioni disumane che hanno umiliato la dignità di quell'ammalato che, stando male, potrebbe avere comportamenti al di sotto della soglia della dignità umana ?
  Confidiamo nella Camera e nel Parlamento affinché l'introduzione del reato di tortura sia un'emancipazione della nostra civiltà giuridica, a difesa dei diritti fondamentali dell'individuo, ma che questo non pregiudichi, o addirittura metta in discussione, l'operatività del sistema sicurezza e di altri sistemi vitali per il nostro Paese. La ringrazio, signor presidente.

  PRESIDENTE. La ringrazio.
  Do ora la parola a Gianni Tonelli.

  GIANNI TONELLI, Segretario Generale SAP. Ringrazio dell'opportunità. Mi sento un po’ in imbarazzo e in difficoltà per un motivo: dover venire il 18 giugno 2014 a sostenere in Parlamento che questa legge sul reato di tortura è superflua potrebbe apparire un'aberrazione, ma non lo è. Si è fatto riferimento, nella presentazione, Pag. 5proprio alla Convenzione di New York. Se però si analizza bene, proprio in riferimento a essa, questa legge non ha alcun significato in Italia, perché tutti i comportamenti che potrebbero determinare le fattispecie che questa legge vuole sanzionare sono già sanzionati, come il sequestro di persona, l'abuso in atti d'ufficio, le lesioni e altro.
  In questa direzione sembra quasi di vedere un manifesto del partito dell'anti-Polizia. Questa legge, infatti, difetta assolutamente di determinatezza e tassatività, secondo i princìpi previsti dalla Carta costituzionale. Quando si parla di acute sofferenze psichiche, c’è da chiedersi come si misurino, come possano essere provate in giudizio e come possano essere tramutate in una sanzione. C’è da ricordarsi che nel 1981 la Corte costituzionale giudicò illegittimo il reato di plagio proprio per questo motivo, per indeterminatezza. Sotto questo profilo, questa normativa è totalmente carente.
  Inoltre, in Senato è stata modificata, quindi trasformata da reato proprio a reato generico, che significa che era nata chiaramente contro i pubblici ufficiali, non come comportamento generale. Lo dimostra anche il fatto che l'istigazione del pubblico ufficiale è comunque sanzionata, mentre, come principio generale dell'ordinamento, l'istigazione non accolta non è sanzionata. Eventualmente, si applica una misura di sicurezza, come nel reato impossibile. Sono due casi tipici di scuola ai quali si fa riferimento. In questo caso, invece, è comunque sanzionata anche nel caso in cui non sia accolta. Ci sembra veramente difficoltosa anche la possibilità di dimostrare il comportamento.
  Addirittura, è stabilito un fondo per le persone che dovessero essere lese da questo reato. Sotto questo profilo ricordo che se un mio collega per strada viene in una colluttazione con un rapinatore o con una persona che sta commettendo uno stupro e viene ferito, deve andare all'ospedale e pagarsi le cure mediche, mentre qui provvediamo a creare un fondo in questa direzione.
  In questo senso esprimo il mio pensiero ma, signor presidente, non lo faccio per un motivo di carattere corporativo. Al di là della mia relazione, ho inserito in una busta una chiavetta USB nella quale c’è un filmato e l'ho consegnata a tutti i membri: la vittima del reato, in questo caso di tortura – secondo il dettato della proposta in esame – è un commissario capo della Polizia di Stato interrogato da un pubblico ministero. Sarebbe, però, un'aberrazione pretendere che nell'attività di contrasto alla mafia, alla criminalità organizzata, un pubblico ministero potesse essere condannato per il reato di tortura e, analogamente, per il comportamento che ha tenuto nei riguardi del mio collega, di un commissario capo, e dovesse essere condannato o chiamato a rispondere di questo reato.
  A mio parere, il sistema criminale, il sistema giustizia, il sistema sicurezza italiano riceverebbe da questo tipo di previsione normativa, da questa novella, solamente un danno. Questo è un manifesto ideologico. Questo è il nostro pensiero. Un gruppo di ragazzi, certo sanzionabili, per un comportamento di bullismo che limita la libertà di una persona sarebbero condannati per tortura ? La previsione potrebbe comprendere questa, come mille altre aberrazioni.
  Penso che, se vi fosse o se si sentisse la necessità di individuare fattispecie sanzionatorie per determinati comportamenti, allora non c’è problema. Riguarda gli abusi di potere da parte delle forze dell'ordine ? Bene, si individui un comma aggiuntivo alle disposizioni che già lo prevedono. Se si deve farlo nei riguardi di delinquenti, mafiosi, criminali e camorristi che potrebbero, analogamente, porre in atto certi comportamenti, si aggiunga un comma aggiuntivo, rispetto alle disposizioni che ci sono.
  Se dedicate cinque minuti del vostro tempo a visionare il video presente nella chiavetta, oltre all'audizione, penso che sarete realmente illuminati per la valutazione ai fini del vostro lavoro. Sarebbe un'aberrazione che servitori dello Stato, magistrati e così via, non operatori di Pag. 6Polizia – non è corporativo – dovessero essere sanzionati per simili comportamenti. Potrebbero essere censurati, all'occorrenza, disciplinarmente perché non possono essere non corretti. Sotto il profilo della tortura, però, non bisogna dimenticarsi anche che sarà impossibile in giudizio dimostrare una sofferenza psichica. Il metro non è ancora stato inventato e non esistono precedenti giurisprudenziali, anche all'estero, in questa direzione.

  PRESIDENTE. Ovviamente, i documenti saranno esaminati tutti e letti attentamente da tutti i collegi. Vi ringrazio anche di questa sintesi.
  Do ora la parola a Giuseppe Tiani.

  GIUSEPPE TIANI, Segretario Generale SIAP. Ringrazio, innanzitutto, presidente, per aver accolto la nostra istanza di essere auditi. Sarò molto sintetico. Peraltro, abbiamo presentato un documento articolato sul piano giuridico che tratta la storia di come si origina il reato di tortura, che nasce subito dopo la seconda guerra mondiale sul piano internazionale a seguito delle atrocità naziste. L’excursus storico è stato citato perché c’è una logica giuridica sul piano internazionale che penso non debba essere trascurata.
  All'interno di questo contesto, quindi, prendendo spunto da chi mi ha preceduto, credo che l'invito della mia organizzazione sindacale sia di evitare che il Parlamento, anche se in maniera inconsapevole, possa dare l'idea che quest'evoluzione della civiltà giuridica e della tutela dei diritti umani sul piano internazionale possa apparire come una norma di tipo ideologico anti forze di polizia. Credo che questa sia la prima cosa da evitare assolutamente, ribadendo fermamente il concetto che mutuo, non da tutta la normativa preesistente, quindi dalla Convenzione del 1984, recepita in Italia nel 1987, ma mi appello, signor presidente, lo dico a lei, che è un magistrato, all'istituzione della Corte penale internazionale del 1998, che prevede il reato di tortura in maniera generica per il genocidio, per i crimini contro l'umanità e contro i crimini di guerra, quindi reato comune, assolutamente, e non reato proprio.
  All'interno dalla previsione del reato comune, che deve sgombrare il campo dalla previsione di una fattispecie di tipo ideologico contro le forze di polizia, ovviamente c’è quella del dolo generico, rafforzato dalla previsione del dolo intenzionale, rispetto alla gradualità con cui arriva la tortura. Oltretutto, le fattispecie contemplate dalle convenzioni internazionali in materia di tortura scindono il trattamento della tortura dai trattamenti inumani e degradanti.
  A normativa vigente, se guardiamo i testi internazionali, gli studi della dottrina, le sentenze internazionali degli altri Stati e la Convenzione interamericana, potremmo tranquillamente parlare di tortura per le nostre carceri, per la situazione in cui si trovano adesso, con sei detenuti che a turno, all'interno della cella, devono stare in piedi, tre seduti e tre in piedi, così come i Centri di identificazione e espulsione – CIE. Quindi scinderei e guarderei a una gradualità.
  Il collega che mi ha preceduto ha posto delle osservazioni condivisibilissime. La nostra legislazione già prevede una serie di maltrattamenti: dalle lesioni personali alla violenza privata. Cito i casi che colpiscono tutti coloro che guardano la televisione: cosa fanno le maestre che mettono i cerotti in bocca ai bambini ? Il reato deve essere comune, non può essere un reato proprio. Cos’è il fidanzato della signora che abbiamo liberato a Cagliari l'anno scorso, che l'ha tenuta per un anno chiusa in casa e l'ha seviziata ?
  Il reato, quindi, è comune e credo che debba stare all'interno di una politica legislativa di evoluzione della civiltà giuridica a tutela del più complesso mondo dei diritti umani. Il nostro invito, signor presidente, signori membri della Commissione, è di circoscrivere le ipotesi, secondo il principio di tassatività, per evitare che gli interpreti della norma abbiano – mi consenta il termine, che non vuole essere un dileggio – interpretazioni allegre nell'applicazione di questo reato.Pag. 7
  Bisogna parlare di gradualità, di una tassatività rigida. Una parte dei reati che si possono commettere in maniera episodica, come può essere accaduto in Italia, debbono sfuggire alla pressione dell'opinione pubblica. Ho sentito dichiarazioni di altre associazioni che avete ascoltato, come Amnesty International o l'Associazione Antigone, che guardano soltanto al «profilo» o a una visione politico-ideologica su questo reato e non a una politica legislativa di evoluzione della nostra civiltà nel contesto internazionale.
  Sul piano internazionale, infatti, la norma deve comunque essere recepita. Ci sono direttive che ce lo impongono, ma questo combacia anche con pressioni di associazioni che hanno atteggiamenti e convinzioni rispetto alle forze di polizia per cui si pensa che queste oggi in Italia siano ancora quelle del periodo fascista. In realtà, così non è. Non si può scambiare un singolo episodio per una modalità.
  Cito un esempio della settimana scorsa per rendere l'idea. Nel commissariato di Monza, un cittadino straniero ha picchiato un cittadino del Bangladesh. È stata chiamata la volante e il cittadino straniero ha fatto refertare il cittadino del Bangladesh perché l'ha mandato in ospedale. Lo abbiamo messo nella macchina del trasporto detenuti della volante senza riuscire a mettergli le manette perché era esagitato, si è spogliato. Al commissariato, siamo riusciti ad ammanettarlo. Nonostante fosse ammanettato, ha spaccato la testa a un poliziotto. Per bloccargli le gambe, lo abbiamo messo a terra e, non avendo strumenti in dotazione, gli abbiamo bloccato le gambe con una cintura. Sono arrivati gli infermieri, che non hanno potuto somministrargli niente: ha spaccato la testa agli infermieri. È arrivato il medico, che ha somministrato il calmante.
  Lo Stato ha una carenza oggettiva di mezzi adeguati per l'intervento. Nella direttiva che dobbiamo recepire, si fa riferimento a un adeguato equipaggiamento delle forze dell'ordine, ma anche delle strutture. La nostra denuncia è che non possiamo recepire soltanto una parte dell'ordinamento internazionale e non guardare, per esempio, al modello americano, inglese o tedesco, nel quale gli arrestati sono tenuti in una stanza con il vetro trasparente e con riprese audio-visive. Vorremmo evitare che si possa pensare che l'introduzione di questo reato sia uno sbarramento per gli eccessi delle forze dell'ordine, che sono costrette a operare in maniera davvero particolarmente disagiata.
  Non mi soffermerò sulle questioni giuridiche, che sono ampiamente declinante nelle nostre osservazioni, che sono certo guarderete. Bisogna evitare un approccio ideologico: fermamente, il reato deve essere comune; poi ci sono il dolo generico e il dolo intenzionale. Se possibile, bisogna scindere il trattamento degradante e inumano dal reato di tortura, per avere una gradualità rispetto all'impalcatura del libro II del nostro codice penale, titolo XII e seguenti.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio a nome di tutti i colleghi.
  Do ora la parola a Daniele Tissone. Anche voi avete presentato, come tutti, dei documenti, quindi vi prego di contenere gli interventi in cinque minuti.

  DANIELE TISSONE, Segretario Generale nazionale SILP CGIL. Ringrazio il signor presidente e i componenti di questa Commissione della Camera per averci invitati.
  Preliminarmente, riteniamo che l'introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano debba ritenersi come un obbligo civile e giuridico, imposto non solo dalla nostra Costituzione, all'articolo 13, ma anche nella Convenzione contro la tortura dell'ONU del 1984. Sono ormai molti i Paesi che hanno introdotto nell'ordinamento penale un reato specifico di tortura. Per quanto riguarda il testo in discussione, approvato in Senato il 5 marzo, riteniamo che alcune parti possano, pur rispetto alle considerazioni che ho appena formulato, essere chiarite in maniera migliore. Potrebbero, infatti, provocare delle difficoltà di interpretazione e di applicazione.
  Abbiamo prodotto un appunto con alcune proposte di modifica, ad esempio relative al fatto, più di natura giuridica, Pag. 8che il reato non possa essere costruito come unisussistente. Riteniamo che già l'attuale testo abbia una sorta di punto di equilibrio, raggiunto in maniera corretta, riservando un'aggravante specifica alla qualità del soggetto attivo, cosa che invece all'inizio non era presente nel primo testo o, comunque, nella discussione.
  L'introduzione del reato di tortura come reato proprio, infatti, per noi poteva avere delle conseguenze, come quella di affiancare quale stigma negativo che accompagnava il concetto di tortura a tutti coloro che rappresentano e servono lo Stato. Vediamo con favore questo. Abbiamo proposto un testo correttivo con un appunto, da valutare più sull'aspetto prettamente giuridico.
  Riteniamo che questa proposta di legge ora al vaglio della Camera dei deputati, pur con le imperfezioni che abbiamo indicato, sia positiva, ma ci auguriamo anche che permetta una altrettanto serena discussione anche su altri temi che riguardano i rapporti tra cittadini e forze dell'ordine, in modo che queste ultime siano considerate non solo per i limiti che per legge devono imporre esse nell'esercizio delle libertà, ma soprattutto per l'essere un soggetto al servizio dei cittadini e del Paese nella tutela dei diritti e delle libertà.

  PRESIDENTE. La ringrazio anche per il lavoro di sintesi. Ovviamente, ci sarà un attento esame dei documenti presentati.
  Do ora la parola a Domenico Pianese.

  DOMENICO PIANESE, Segretario Generale Aggiunto Federazione COISP. Ringrazio il presidente e i componenti della Commissione per quest'opportunità di chiarire le nostre posizioni in sede di Commissione.
  Le nostre perplessità rispetto all'introduzione di questo reato come specifica fattispecie riguardano in modo particolare le attività connesse al nostro lavoro quotidiano, quindi quei momenti in cui può esserci effettivamente l'uso della forza, ma per ragioni del tutto legittime e legali rispetto all'ordinamento giudiziario italiano. Queste potrebbero essere interpretate come reato, attraverso la norma che si vuole introdurre, soprattutto in relazione all'estrema genericità della fattispecie e del precetto assegnato all'interno di quest'articolo.
  Proprio per questo, citeremo alcuni esempi, a cominciare dal trattamento sanitario obbligatorio, dalla restrizione in carcere in alcune situazioni, dal 41-bis alle attività svolte quotidianamente da tutte le forze di polizia. In tutti questi casi, c’è inevitabilmente, come la legge prevede, l'uso della forza e la restrizione della libertà personale degli individui. Anche in questi casi, si potrebbero intravedere, attraverso l'estrema genericità del provvedimento, trattamenti che possono essere interpretati, se si lascia così com’è quest'articolato, come una lesione della dignità umana e situazioni che possono essere individuate come degradanti.
  Un'altra perplessità rispetto all'introduzione di queste fattispecie riguarda la disciplina inerente l'immigrazione e in particolare il respingimento e l'espulsione dei cittadini immigrati in modo clandestino. Spessissimo, non vorrei dire quasi unicamente, i cittadini che arrivano sul nostro territorio nazionale in modo clandestino provengono da nazioni in cui persiste una situazione in cui i diritti umani sono violati, se non in modo formale, in modo sostanziale. L'introduzione anche di questa previsione, ad opera dell'articolo 3, comporterebbe, secondo noi – lo sottoponiamo alla vostra attenzione – un'ulteriore difficoltà per addivenire al respingimento o all'espulsione dei cittadini immigrati clandestini.
  Proprio per questo vogliamo rappresentare a questa Commissione che, a nostro avviso, si rende necessario che nel testo dell'articolo 613-bis, che si vuole introdurre nell'ordinamento, si specifichi che la configurabilità del reato sia esclusivamente al di fuori dei casi previsti dagli articoli che già contengono le percosse, la lesione personale, l'omicidio preterintenzionale e quant'altro, quindi comportamenti già sanzionati dal nostro ordinamento, e quindi che siano esclusi dalla previsione dell'articolo 613-bis e che questo chiarisca che il reato non sussiste quando le acute sofferenze fisiche o psichiche Pag. 9derivino o siano provocate da azioni legittime, e quindi previste dalla legge. Nondimeno, dovrà prevedersi l'impossibilità che il delitto di tortura abbia sussistenza in assenza di dolo nella condotta, quindi prevederlo come reato esclusivamente doloso.

  PRESIDENTE. La ringraziamo.
  Do ora la parola a Mario Gagliardi.

  MARIO GAGLIARDI, Dirigente nazionale CONSAP – ADP. Cercherò di essere ultrasintetico. Oltretutto, per me è facile, per il fatto che aderiamo a tutto quanto per ora abbiamo sentito anche dai colleghi delle altre sigle sindacali. È evidente che, nella situazione di questa nuova tipologia di reato, l'aspetto che ci appare più delicato, da tutti i punti di vista, pur aderendo, come è facile fare, alla necessità di perseguire una situazione così odiosa e comunque già abbracciata da parecchi Stati, è che resta inevitabilmente molto difficile riuscire a tipizzare una figura di questo tipo non rendendola un aspetto che va ridondante su altre tipologie già previste e che inevitabilmente costituiscono gran parte delle condotte eventualmente introdotte anche in questo tipo di fattispecie.
  È evidente che tutto ciò che riguarda l'aspetto appoggiabile della tortura come figura non può e non deve far sottovalutare gli aspetti che già oggi rendono particolarmente complesso e difficile l'operato e l'agire delle forze bene o male coinvolte obbligatoriamente come categorie di soggetti in questa nuova figura. Se già oggi non è facile compiere una coercizione dovuta e dosarla, commisurarla nella maniera più adeguata alla forza di resistenza che si ha inevitabilmente a contrastare, in un contesto di questo genere è chiaro che diventa ancora più complesso, anche su un piano psicologico. Questo ha sicuramente delle ripercussioni, oltre alle difficoltà che inevitabilmente ci sono in determinati specifici contesti e situazioni del normale operare di quelle categorie.
  Tendiamo, quindi, soprattutto a sottolineare quest'aspetto, sicuramente già evidente e alla vostra evidenza, ma mai abbastanza. Agire in quel genere di settori è davvero complesso ed è grande il rischio di fare dei danni senza avere alcun utile effettivo. La situazione che, tra l'altro, ha sposato la Germania, per esempio, lo dice chiaro: lì non esiste un reato di tortura, ma c’è un'effettività nella punizione di situazioni, di atteggiamenti, di condotte che sono già disciplinate e che non possono essere, ovviamente, adoperate.
  Questo è l'aspetto maggiore che abbiamo inserito nello scritto che vi abbiamo inviato e che riguarda, in sostanza, la tipizzazione, cioè dove si individua esattamente la tipizzazione del dolo e di questa figura nuova. Sembrerebbe che, lasciata così com’è, sia semplicemente un'unisussistenza non suffragata quasi da alcun aspetto di novità. Laddove, invece, addirittura non potesse produrre risultati utili veri, potrebbe cagionare una situazione di difficile operatività per tutti gli addetti che inevitabilmente rientrano in quelle categorie.

  PRESIDENTE. La ringraziamo.
  Do ora la parola a Vincenzo Chianese.

  VINCENZO CHIANESE, Segretario Nazionale UIL Polizia. Ringraziamo la Camera dei deputati per aver offerto l'opportunità alle parti sociali interessate di esprimersi su questo disegno di legge, rispetto al quale riteniamo opportuno chiarire in premessa che non risponde a esattezza il fatto che quasi tutti gli ordinamenti hanno un reato di tortura. La maggior parte degli ordinamenti non ha un reato di tortura, ma punisce le condotte. A parte i Paesi di common law, come quelli britannici, la Germania, ad esempio, non conosce un reato di tortura, ma punisce le condotte previste come tortura.
  Registriamo, quindi, una volontà politica, che possiamo tranquillamente condividere. Se il Parlamento della Repubblica ritiene opportuna quest'iniziativa, per noi va bene. Riteniamo, però, come tecnici del settore, di dover puntualizzare alcuni aspetti che potrebbero risultare esiziali ai fini dell'applicazione, portando poi a risultati contrari al volere del legislatore.Pag. 10
  Condividiamo pienamente quanto già detto da altri, e cioè che è assolutamente necessario premettere nel preambolo, fuori dai casi già previsti dal titolo, il dolo, che deve essere un dolo specifico. L'unico caso assimilabile al nostro, infatti, è nell'ordinamento francese, dove è scritto che bisogna voler infliggere tortura, non che si risponde per l'effetto della propria azione. Deve esserci un dolo, tecnicamente specifico: l'intento deve essere quello di costringere una persona a fare, a confessare qualcosa, a non fare qualcosa, oppure punirla o discriminarla per una sua appartenenza razziale e così via.
  Il richiamo altrettanto opportuno e anche esplicito è non solo alla scriminante specifica introdotta qui, ma anche alle scriminanti generiche, come l'uso legittimo delle armi e simili. Le sei persone in una cella che usano il bagno in comune davanti a tutti gli altri, come ricordato dal collega, a nostro modo di vedere, rappresentano di per sé un caso di trattamento inumano e degradante. Non per questo possiamo punire gli agenti di custodia costretti a lavorare in quel carcere. Bisogna fare molta attenzione alla gestibilità di questi casi, altrimenti da un intento positivo rischiamo di arrivare a un effetto negativo.

  PRESIDENTE. Ringraziamo anche lei per la sintesi. I documenti sono comunque a disposizione.
  Do ora la parola a Lorena La Spina.

  LORENA LA SPINA, Segretario nazionale Associazione nazionale funzionari di polizia. Ringraziamo anche noi per aver voluto aderire alla richiesta di audizione che, ovviamente con il più ampio spirito costruttivo, abbiamo avanzato qualche tempo fa.
  Nel documento che anche noi abbiamo depositato oggi è riportato in premessa un excursus storico delle principali fonti internazionali rilevanti rispetto all'individuazione della nozione di tortura, che ovviamente non ripercorrerò analiticamente benché mi sia utile far riferimento a due testi fondamentali, innanzitutto la Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1975, che contiene peraltro la prima definizione di tortura, precisando che essa indica «ogni atto per mezzo del quale sono deliberatamente inflitte dolore o sofferenze acute, principalmente allo scopo di [...]» e ovviamente salto il resto, che non mi serve ai fini di quest'esposizione.
  L'altra fonte è la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, meglio nota come CAT, delle Nazioni Unite, del 10 dicembre 1984, che ribadisce il concetto della intenzionalità del dolo, la necessità che il dolore o le sofferenze arrecate siano forti. In questo caso, il dolo specifico è previsto dall'inciso: «al fine segnatamente di [...]».
  Un'analisi attenta del testo della convenzione antitortura ci consente di individuare alcuni elementi di riferimento fondamentali: la condotta, che può essere di tipo sia attivo sia omissivo; il dolore o le sofferenze, che appunto possono essere sia fisiche sia mentali, ma che, come abbiamo detto, devono essere in ogni caso acute; l'intenzionalità, in assenza della quale, ai sensi di quella convenzione, ricorre piuttosto il trattamento inumano e degradante; il dolo specifico e l'identità dell'autore, perché in questo caso il reato è costruito come proprio.
  Riteniamo importante sottolineare anche altri due punti: innanzitutto, che l'articolo 16 della CAT impegna gli Stati aderenti anche ad adeguare la propria legislazione interna al divieto di pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. In secondo luogo, una serie di raccomandazioni sono contenute nella relazione del Comitato contro la tortura del 18 maggio 2008, rivolte in particolare al nostro Paese, con cui, appunto, si richiede: l'inserimento nel nostro diritto interno del reato di tortura e, con specifico riferimento ai profili che riguardano l'operato degli appartenenti alle forze di polizia, un adeguato equipaggiamento e addestramento per tutti gli agenti, finalizzato all'impiego di mezzi non violenti; il ricorso alla forza e alle armi soltanto quando è strettamente necessario e in maniera proporzionata; il rafforzamento delle misure normative volte a garantire, in caso di presunto uso Pag. 11sproporzionato e non necessario della violenza da parte degli agenti, indagini immediate, efficaci e imparziali.
  Tralasciando una serie di altri testi di riferimento, pure molto importanti, ripeto che possiamo individuare una serie di opzioni di tipo diverso, tutte però, come abbiamo potuto vedere, egualmente valide in ordine alla necessità di sanzionare il reato di tortura. La CAT del 1984, infatti, la configura come reato proprio e a dolo specifico, una scelta non sempre condivisa dagli altri strumenti internazionali, come la Convenzione interamericana del 1985, che richiede solo l'intenzionalità del dolo, o la stessa Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1975, che utilizza l'espressione «principalmente allo scopo di», individuando quindi, potremmo ritenere, una casistica non tassativa di ipotesi nelle quali può essere esercitata, cagionata la sofferenza o il dolore.
  La necessità è, appunto, in questi testi che il riferimento sia a dolore o sofferenze di particolare intensità, il fatto che la tortura non si estende al dolore o alle sofferenze derivanti da sanzioni legittime, l'autonomia concettuale riservata alla nozione di trattamento inumano e degradante, una formulazione particolarmente diversa per la Convenzione interamericana, che si discosta, in quanto non richiede la gravità e utilizza il criterio del dolo generico.
  Nel nostro ordinamento, in realtà, l'introduzione del reato di tortura è stata lungamente discussa, come tutti sappiamo. Si è susseguita una serie di diversi disegni di legge anche nelle precedenti legislature, che però non sono mai arrivati a compimento e che si sono fortemente distinti anche rispetto ai temi fondamentali del soggetto attivo, cioè della configurazione del reato come generico o proprio, e dell'elemento psicologico, come dolo quindi specifico o generico. È evidente che si tratta di una ben precisa opzione di politica legislativa che consente di decidere se circoscrivere la rilevanza della tortura alle sole condotte poste in essere da dipendenti pubblici, e quindi sostanzialmente, per il loro tramite, dallo Stato, al fine di delimitare l'ambito entro il quale l'esercizio della forza pubblica possa ritenersi legittimo o se, viceversa, anche in considerazione della progressiva evoluzione della sensibilità giuridica e delle esigenze preventive e repressive nel nostro ordinamento, debba più propriamente essere esteso anche alla punizione, al sanzionamento della tortura, nell'ambito dei rapporti interprivati. Pensiamo, ad esempio, alle sofferenze inflitte alle vittime di un sequestro di persona, a episodi molto gravi che la nostra cronaca ha fatto registrare, verificatisi all'interno di strutture preposte all'assistenza degli anziani, dei disabili, dei malati, dei bambini.
  Un elemento che non può essere tralasciato, a nostro avviso, è anche il fatto che la configurazione di un reato proprio, benché sufficiente all'adeguamento dell'Italia agli obblighi che derivano dalla ratifica della Convenzione antitortura, non lo è rispetto ad altri strumenti internazionali, come la Convenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale delle Nazioni Unite del 1965 e la Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne del 1993, che richiedono che sia introdotto un reato comune, quindi con un'applicazione già in astratto ben più ampia. Peraltro, la stessa giurisprudenza internazionale ha interpretato le previsioni dell'articolo 3 della Convenzione europea come afferenti a un obbligo dello Stato di prevenire la tortura anche nei rapporti tra privati.
  Vengo a una notazione di carattere non giuridico ma fattuale: non ci sembra che, in relazione all'intensità delle sofferenze della vittima, possa assumere un carattere dirimente l'identità del soggetto attivo. È molto recente il caso di una studentessa universitaria sequestrata per un anno e violentata dal fidanzato, leggermente più grande di lei, a Cagliari, finalmente arrestato nell'ottobre 2013.
  Nonostante propendiamo, per le ragioni che fin qui ho individuato, per la configurazione di un reato comune, riteniamo che particolarmente alta debba essere l'attenzione in sede di formulazione del testo per evitare quelli che abbiamo già denunciato all'inizio, nella richiesta di audizione, Pag. 12come rischi di carente tipizzazione della fattispecie. È ovvio, infatti, che la fonte internazionale è per noi un riferimento utile, ma l'adeguamento della legislazione nazionale è altra cosa e risponde a princìpi ben precisi del nostro ordinamento, che non sono comuni alle esperienze internazionali.
  La scelta del dolo generico, invece, a noi sembra assolutamente preferibile, benché connotato dall'intenzionalità: quindi non bisogna confondere il dolo intenzionale con il dolo specifico, ma un dolo generico connotato dall'intenzionalità affinché sia imposto un obbligo di accertamento particolarmente forte e puntuale in ordine all'atteggiamento psicologico del soggetto attivo.
  Una notazione ancora riguarda l'inquadramento sistematico della nuova disposizione. Effettivamente, l'inserimento nell'ambito del Titolo XII, dedicato ai delitti contro la libertà morale, a noi sarebbe sembrato più coerente con la configurazione di un dolo specifico. Laddove, però, la tortura è per sua natura un reato plurioffensivo, nell'accentuazione all'interno della fattispecie che si pensa di inserire della gravità del dolore e della sofferenza, ci sembrerebbe che il bene maggiormente compromesso possa essere, invece, quello dell'incolumità.
  In conclusione, siamo favorevoli all'introduzione della clausola di esclusione nel primo comma: chiunque fuori dei casi preveduti eccetera; alla valorizzazione della gravità delle sofferenze fisiche o psichiche subite dalla vittima; alla parificazione, ovviamente, delle azioni alle omissioni; alla necessità che sia prevista una pluralità di condotte, per la stessa natura del reato di tortura, che mira appunto alla sanzione di condotte strutturate che vadano al di là di una sofferenza meramente istantanea; all'introduzione, come ho detto, dell'intenzionalità; all'espressa esclusione delle sofferenze che derivino da sanzioni legittime dell'autorità e al mantenimento delle attuali aggravanti.
  Mi permetto di sottolineare un ultimo elemento. Nella formulazione attuale, il trattamento inumano o degradante è utilizzato per individuare la condotta vincolata, attraverso cui può essere cagionata la tortura. A differenza, quindi, che nelle esperienze internazionali, si finirebbe per privare di autonoma rilevanza il trattamento inumano o degradante.
  Su questo vorremmo che ci fosse un'attenzione particolare, volta a stabilire se nel nostro ordinamento debba esserci un'autonoma previsione incriminatrice per il trattamento inumano o degradante o se questo rimanga confinato, come pure è possibile, come pure è in altri ordinamenti, ad esempio a una rilevanza meramente disciplinare per i Corpi di appartenenza. Riteniamo, infatti, che questa lacuna possa creare una zona grigia tra ciò che è tortura e ciò che ancora non lo è, ma anche determinare forzature di carattere interpretativo che finirebbero rischiosamente per voler ricondurre all'ambito della tortura comportamenti che, invece, non hanno la natura e le caratteristiche per potervi essere ricondotti.

  PRESIDENTE. Non essendovi interventi da parte degli onorevoli colleghi per porre quesiti o formulare osservazioni, nel ringraziare gli auditi da parte di tutti per lo spirito costruttivo con cui hanno affrontato queste audizioni e per i preziosi contributi, anche scritti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.25.