XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Mercoledì 4 maggio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 1063  BONAFEDE, RECANTE DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA DETERMINAZIONE E IL RISARCIMENTO DEL DANNO NON PATRIMONIALE.

Audizione di Guido Alpa, ordinario di diritto civile presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza e di Paolo Cendon, ordinario di diritto privato presso l'Università degli studi di Trieste.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 ,
Alpa Guido , Professore ordinario di diritto civile presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza» ... 3 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 ,
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 5 ,
Alpa Guido , Professore ordinario di diritto civile presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza» ... 5 ,
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 6 ,
Alpa Guido , Professore ordinario di diritto civile presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza» ... 6 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 ,
Cendon Paolo , Professore ordinario di diritto privato presso l'Università degli studi di Trieste ... 6 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 14 ,
Cendon Paolo , Ordinario di diritto privato presso l'Università degli studi di Trieste ... 14 ,
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 14 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Guido Alpa, ordinario di diritto civile presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza e di Paolo Cendon, ordinario di diritto privato presso l'Università degli studi di Trieste.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame della proposta di legge C. 1063 Bonafede, recante disposizioni concernenti la determinazione e il risarcimento del danno non patrimoniale, l'audizione di Guido Alpa, ordinario di diritto civile presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza e di Paolo Cendon, ordinario di diritto privato presso l'Università degli studi di Trieste.
  Nel dare la parola al professor Alpa, vi informo che ci ha fatto pervenire delle note di osservazione rispetto al secondo testo che l'onorevole Bonafede ha depositato dopo il lavoro del Comitato ristretto.

  GUIDO ALPA, Professore ordinario di diritto civile presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza». Vi ringrazio molto, presidente e onorevoli deputati, per l'attenzione che mi avete riservato. Avevo già esaminato ed espresso un parere sostanzialmente favorevole alla proposta di legge dell'onorevole Bonafede, con delle osservazioni nella precedente versione. Ora, esaminando la versione che ci è stata trasmessa, ho proposto delle osservazioni che sono state, molto sinteticamente, scritte in un appunto che ho trasmesso alla Presidenza.
  Vorrei, però, fare preliminarmente due osservazioni di carattere terminologico perché, trattandosi del testo del codice civile, ogni parola deve essere soppesata con grande attenzione, tenendo conto del fatto che queste disposizioni saranno oggetto di interpretazione e applicazione da parte dei magistrati.
  Se ho ben inteso, lo scopo di questo progetto è ritrovare quella perduta unità interpretativa dal punto di vista sia concettuale – il concetto di «danno alla persona» – sia dei criteri di valutazione del danno.
  Le osservazioni preliminari di carattere lessicale sono due in particolare. Una riguarda il primo comma dell'articolo 2059 del codice civile, dove si legge: «Il danno non patrimoniale è risarcibile qualora il fatto illecito abbia leso interessi o valori della persona costituzionalmente tutelati».
  Allora, non si capisce se il termine «interessi» riguardi i diritti o solo gli interessi. Siccome è molto semplice modificare il testo, si potrebbe aggiungere «diritti e interessi» (tra l'altro, sarebbe la stessa terminologia utilizzata nella Costituzione a proposito dell'accesso alla giustizia). Inoltre, l'espressione «valori» è letteraria, quindi, normalmente, non è contenuta in un testo normativo ed è molto contestata da una certa parte della dottrina.
  Io sono un estimatore dell'espressione «valori», tuttavia, inserita in un testo come questo, cioè nel codice civile, può dare dei Pag. 4problemi di carattere interpretativo. Allora, mi chiedo perché non si possano prendere in considerazione altre espressioni che sono diffuse nel testo, come «diritti fondamentali» o «diritti costituzionalmente garantiti» o «diritti soggettivi», che sono collegate con la persona.
  Come scrivevo nell'appunto che ho consegnato, non deve essere considerata solo la persona umana. Se si legge complessivamente il testo, sembra che sia presa in considerazione solo la persona umana, ma basta controllare gli orientamenti della giurisprudenza, oltre a quelli della dottrina, per comprendere che anche le persone giuridiche e gli enti che non hanno personalità giuridica hanno un loro aspetto morale, che può essere leso dall'illecito, per cui possono enunciare anche un danno non patrimoniale.
  Tra l'altro, l'espressione «danno non patrimoniale» è usata spesso anche in materia di rapporti amministrativi, con riguardo agli enti. Per esempio, il danno all'immagine, nel caso di appalti illegali o altro, è considerato un danno non patrimoniale. Invece, se tutta la disciplina del danno non patrimoniale di cui all'articolo 2059 del codice civile viene curvata tenendo conto esclusivamente della persona umana, si rischia di ridurre l'ambito e la portata della disposizione.
  C'è, poi, un'altra osservazione che si potrebbe fare dal punto di vista lessicale. Nell'articolo 3, comma 2, della proposta di legge si dice «con equo e motivato apprezzamento può essere risarcito anche il danno ai rapporti parentali o di convivenza non compresi nell'allegato 2».
  Ecco, «rapporto parentale» e «convivenza» sono altre due espressioni molto ampie e generiche, dunque, poco precise. Infatti, come espressione lessicale «rapporto parentale» non si trova nel tessuto normativo, quindi, bisogna scioglierla per stabilire se si tratti di congiunti, congiunti conviventi o altro. Invece, l'espressione «congiunti» vi si trova.
  Secondo, l'espressione «convivenza», come tutti sappiamo, può voler dire convivenza di fatto o anche convivenza di cui ai prossimi provvedimenti che questo Parlamento approverà. Insomma, la convivenza potrebbe essere semplicemente il fatto che due persone sono tra loro estranee, ma hanno soltanto un rapporto di coabitazione. Allora il problema è capire se l'intenzione del legislatore è risarcire il danno anche a chi coabiti o sia semplicemente coinquilino o se l'espressione «convivenza» voglia indicare soggetti che hanno un rapporto più stretto e determinato da legami di sangue o affettivi.
  Come sottolineavo nell'appunto, nel secondo comma dell'articolo 2059 del codice civile proposto dal Comitato ristretto, si dice che il risarcimento del danno non patrimoniale è oggetto sia della sofferenza morale interiore sia dell'alterazione dei precedenti aspetti dinamico-relazionali della vita del soggetto leso, dunque si tende a circoscrivere l'ampiezza della disposizione perché, secondo gli orientamenti della Cassazione, anche a Sezioni unite, dal 2008 in poi, il danno non patrimoniale si ha tutte le volte in cui c'è reato e tutte le volte in cui il legislatore prevede che il danno non patrimoniale sia espressamente risarcito, quando c'è la lesione di un diritto fondamentale.
  A questo proposito, sarebbe bello se il legislatore prendesse in considerazione non soltanto i diritti che sono costituzionalmente garantiti o i diritti fondamentali che derivano dalla Carta dei diritti fondamentali in sede europea, ma anche, possibilmente, i diritti umani di cui alla Convenzione europea.
  Questo è un problema molto delicato perché c'è una differenza di orientamento fra gli studiosi del diritto privato che ritengono che le norme della Convenzione europea sui diritti umani siano direttamente applicabili ai rapporti fra privati e gli studiosi del diritto costituzionale che ritengono che, trattandosi di norme extra statuali di origine convenzionale, non siano direttamente applicabili ai rapporti fra privati. Pertanto, se legislatore cogliesse questa opportunità, sarebbe un'occasione notevole.
  Faccio notare che nell'articolo 2059-ter del codice civile si parla di nuovo di lesione di interessi e valori della persona tutelati Pag. 5dalla Costituzione diversi del diritto alla salute. Anche qui, forse sarebbe più opportuno fare delle precisazioni perché l'espressione «lesione di interessi e valori della persona diversi del diritto alla salute» è molto generica. Si dovrebbe parlare semplicemente di danno alla persona oppure si dovrebbe specificare meglio la formula.
  Per quanto riguarda la determinazione del danno non patrimoniale, non ho visto le tabelle, ma immagino che saranno quelle elaborate dei diversi tribunali, ridotte a unitarietà, il che mi sembra un fatto molto positivo.
  Mi chiedo se al secondo comma dell'articolo 84-bis delle disposizioni per l'attuazione del codice civile, che la proposta di legge al vostro esame mira ad introdurre, non si debbano inserire, dopo le parole: «in caso di morte del soggetto danneggiato», le parole: «non istantanea», perché ritengo – ovviamente non tutti i colleghi sono d'accordo; non so quale sia la posizione del mio carissimo amico professor Cendon a questo riguardo – che quando ci sia morte istantanea non sorga il danno biologico per il fatto che viene meno il soggetto titolare del diritto. Pertanto, sono assolutamente contrario all'orientamento, che, peraltro, non è prioritario. Mi riferisco alla sentenza «Scarano», che è stata, però, superata dalle Sezioni unite con una sentenza che ha risolto e ricomposto il contrasto.
  Ancora, mi chiedo se sia necessario dare rilievo, all'articolo 3, alla determinazione del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale.
  In fin dei conti, il danno biologico ha riguardato sempre i danni che derivano alla persona, ma essendo indifferente al fatto che vi sia un rapporto parentale o meno, non si capisce se il danno parentale sia risarcito anche in caso di non decesso della persona lesa.
  Dal momento che l'essenza del danno morale, così come l'abbiamo sempre inteso, è sofferenza e patemi d'animo che possono essere collegati – come normalmente sono se si si tratta di persone umane – con un rapporto parentale, non vedo perché si debba dare una particolare rilevanza al rapporto parentale, quasi che fosse qualcosa di più e di diverso rispetto al danno morale o alle sofferenze che si provano nel caso in cui, appunto, vi sia il decesso della persona che è stata oggetto dell'illecito.
  Questa è una valutazione che, ovviamente, il legislatore deve fare. C'è contrasto in dottrina e in giurisprudenza sull'ampiezza del danno biologico e del danno esistenziale. Il professor Cendon ha teorizzato il danno esistenziale, ma io sono sempre stato di opposta visione. Mi pare che la Corte di cassazione abbia ritenuto che il danno esistenziale non abbia ragione di sussistere se si tutela il danno biologico. Leggendo queste disposizioni si ha l'impressione che il legislatore voglia inserire il danno esistenziale per via legislativa, imponendolo in un orientamento giurisprudenziale che è contrario.
  Ho concluso.

  PRESIDENTE. La ringraziamo molto. Questa è la seconda parte di un'audizione che è stata già svolta sul primo testo dell'onorevole Bonafede. Chiedo ai colleghi se intendano porre quesiti.

  ALFONSO BONAFEDE. Ringrazio il professor Alpa per il suo contributo, che certamente verrà accolto per quanto riguarda gli aspetti relativi alle correzioni lessicali.
  Per quanto riguarda, invece, l'articolo 3, devo dire che va fatta una rivisitazione del testo, anche alla luce della proposta di legge sulle unioni civili che sarà all'esame dell'Assemblea la prossima settimana, là dove non solo viene indicato un significato di «convivenza», ma c'è anche un riferimento alla responsabilità extracontrattuale nei confronti di una delle due parti della convivenza che potrebbe entrare in contrasto con questa norma. Quindi, sicuramente la norma richiede un nuovo coordinamento alla luce di quello che accadrà nella legge sulle unioni civili.

  GUIDO ALPA, Professore ordinario di diritto civile presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza». Faccio solo una precisazione. È dal 1959 che la giurisprudenza Pag. 6riconosce il risarcimento del danno alla convivente more uxorio.
  Con il progetto di legge Cirinnà, si prende in considerazione la convivenza tra persone dello stesso sesso, che diventa unione, e la convivenza tra persone di diverso sesso che hanno deciso di formalizzare la loro convivenza. Nulla si dice, però, della convivenza di fatto, che, ovviamente, rimarrà perché non è detto che le persone vogliano formalizzare il loro rapporto.
  Se dal 1959, quindi, da tempo immemorabile, la giurisprudenza riconosce anche a chi convive di fatto, senza una formalizzazione del rapporto, il diritto al risarcimento del danno, se la persona aveva ragione di alimentazione o traeva benefici di carattere patrimoniale, oltre che morale, dalla vittima, mi sembrerebbe giusto che questo danno non sia scartato o soppresso.
  Lei potrà dire che la giurisprudenza potrà continuare a liquidare quel tipo di danno anche in questa situazione. Tuttavia, conoscendo i giuristi formalisti, la risposta potrebbe essere che il legislatore ha consentito il risarcimento solo nel caso di rapporti parentali e di convivenza di cui al progetto che lei citava, per cui tutti gli altri casi sono esclusi dall'ambito risarcitorio.

  ALFONSO BONAFEDE. Professore, mi permetto di dire che il progetto di legge Cirinnà prevede – se non ricordo male – che il risarcimento del danno avvenga soltanto in caso di morte. Infatti, le audizioni hanno sollevato questo problema, ovvero, che il legislatore è intervenuto specificando qualcosa che la giurisprudenza aveva ormai sancito in maniera pacifica da decenni, restringendolo soltanto al caso di morte del convivente. A questo proposito, qualcuno ha sollevato la perplessità per cui un giudice, di fronte a un'indicazione chiara del legislatore, potrebbe ritenere che il risarcimento del danno non si ha nel momento in cui non c'è la morte, ma solo delle lesioni fisiche gravi del convivente.
  Proprio alla luce di tutte queste perplessità riguardo a quel testo, certamente dovrà essere rivisto anche questo testo.

  GUIDO ALPA, Professore ordinario di diritto civile presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza». Mi premeva semplicemente che coloro che avevano qualche beneficio riconosciuto dalla giurisprudenza da tanti anni, pur non avendo un rapporto formalizzato, avessero il giusto riconoscimento.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il professor Alpa. Do ora la parola al professor Cendon.

  PAOLO CENDON, Professore ordinario di diritto privato presso l'Università degli studi di Trieste. Innanzitutto, vi ringrazio di avermi invitato.
  Spero di riuscire a essere chiaro in ciò che dirò perché, effettivamente, c'è molta «carne al fuoco». Ho letto anche le audizioni precedenti e ho notato che aleggiano ancora molti spettri in questa Aula, alcuni li abbiamo sentiti anche nella relazione di Guido Alpa, nei confronti del danno esistenziale. Vi sono molte incomprensioni ed equivoci.
  Non ho molta speranza che questi pochi minuti che mi sono affidati dilegueranno tutte le perplessità, ma ci provo.
  Soprattutto dopo il 2008, in cui c'è stata la sentenza delle Sezione unite n. 26972, voluta fermamente dopo l'ordinanza di Giacomo Travaglino, capitanata dal giudice Vincenzo Carbone e con estensore Preden, viviamo in una specie di ossessione antirisarcitoria che ha due spettri fondamentali.
  Da un lato, c'è una «biologizzazione» massima, cioè tutta la responsabilità per danno non patrimoniale gira intorno al danno biologico. Nelle audizioni precedenti e nelle stesse indicazioni di Guido Alpa di oggi, come avete sentito, tutto ruota attorno al danno biologico. Per molti giuristi esiste soltanto il corpo, quindi le spalle, gli occhi, la bocca, il sesso, le gambe, le ginocchia e così via. Il resto non esiste. C'è, dunque, questa forte ossessione.
  Dall'altro vi è la paura, agitata in larga misura dalla compagine degli assicuratori e dei loro alleati che devono risarcire i danni, senza considerare che non tutto si assicura. Molte voci di cui parlerò oggi non sono oggetto di assicurazione. Per esempio, il Pag. 7danno in famiglia di cui si è parlato poco sfugge all'assicurazione, come altri danni.
  Le assicurazioni sono certamente importanti. Tuttavia, gli assicuratori, a torto o ragione spaventati dalla possibilità che ci sia una crescita nei loro bilanci, quindi un peggioramento nei loro calcoli per effetto dall'affermarsi di nuove voci di responsabilità civile, si sono coordinati fortemente e hanno trovato dappertutto molti validi alleati. Credo che lo sappiate.
  C'è una specie di «terrorismo» anche in relazione ai famosi «danni bagatellari», di cui si è parlato nelle occasioni precedenti.
  Questo, però, è un falso problema perché è ovvio che non bisogna risarcire le sciocchezze, ma è anche evidente che bisogna conservare il senso delle proporzioni.
  I casi in cui si sono risarcite delle sciocchezze sono ben pochi. Hanno spostato poche decine di euro. Alcuni abili cantores sono stati, però, capaci di trasfigurare i valori di questi pochi episodi un po’ ridicoli e patetici, in cui venivano risarciti dei casi irrilevanti.
  Tra l'altro, c'è anche un giudice di Reggio Calabria, a cui avevano costruito un pilone davanti, che non voleva – in realtà, temeva di essere derubato, quindi non era una follia – ha ottenuto un risarcimento. Poi, c'è il famoso caso della ragazza che si sposa con la pettinatura che non va bene o i fidanzati che arrivano al cinema, ma il film comincia dopo tre quarti d'ora perché c'è la pubblicità, quindi ottengono un risarcimento.
  Insomma, vi sono vari episodi di questo tipo. È paccottiglia un po’ ridicola, quasi barzellette. Ecco, nelle mani di qualche abile opinion maker assicurativo, sostenuto da certi studi di avvocati e purtroppo anche da giudici e da altri personaggi, questo è diventato il pericolo. Chi ha letto Manzoni sa che non è difficile trasformare, nell'immaginario delle persone, una cosa che esiste, ma che è piccola, in una nube, in un qualcosa di gigantesco o in una specie di catastrofe.
  Ricordate il libro di Umberto Eco – è morto recentemente, quindi lo ricordiamo – Apocalittici e integrati? Chi ha letto quel bellissimo libro di tanto tempo fa, sa che in alcuni di noi c'è la propensione a essere apocalittici, ovvero a prendere molto sul serio le cose per il gusto della catastrofe e del male, che qualcuno sa usare abilmente.
  Ebbene, la paura, o il «complesso da Leonida alle Termopili», come chiamo io – i persiani stanno arrivando, le cavallette, il male, «mamma li turchi» o come dice Alberto Sordi «i cinesi, se se muovono quelli che famo?» – è un'idea che è germogliata facilmente e ha creato il boom di terrore che c'è stato sotto Robespierre e sotto Stalin, ma che c'è anche nell'Italia del 2008.
  Il vero punto è questa specie di terrore e di panico. Ora, come potete immaginare, il panico e il terrore non vanno mai bene, né per un legislatore, né per un giudice. In questo modo si è bloccata una corrente di respiro, di crescita e di sviluppo, peraltro anche abbastanza prudente, che era cominciata da molto.
  Non abbiamo tantissimo tempo, ma sapete che in Italia il danno non patrimoniale è stato molto osteggiato per circa cento anni e ha trovato poi un momento di epifania nell'articolo 185 del codice penale, che conoscerete a memoria: «ogni reato obbliga al riconoscimento del danno non patrimoniale».
  Nel 1942 non sapevano cosa fare perché non interessava a nessuno del danno non patrimoniale e della responsabilità (sapete benissimo che è confinata alla fine del IV Libro in pochi articoletti, mentre il contratto ne ha 500; basta questo per capire qual era il senso delle proporzioni dei nostri legislatori), quindi hanno «tirato una monetina».
  Il fatto che fosse una formula un po’ «sfigata» (per dirlo con eleganza) – «il danno è risarcibile solo nei casi determinati dalla legge» – non aveva impressionato nessuno. Tutto cambia quando negli anni Sessanta, con il boom economico, che sconvolge le città e le vecchie alchimie paesane, le montagne, i fiumi, la stampa, le automobili, la 600, la minigonna e così via.
  Cambia tutto, quindi, in quel momento il legislatore si accorge che il suo popolo sta cambiando e che c'è la Costituzione del Pag. 81948 in larga misura inapplicata nel diritto civile, quindi comincia a fare delle leggi.
  In questo momento, dobbiamo avere questa sensibilità, se vogliamo legiferare bene. Dobbiamo mettere insieme tutte queste leggi importanti, come diceva anche Guido Alpa – abbiamo parlato fuori, siamo vecchi amici – perché il I Libro del nostro codice civile fa ridere.
  La verità è che il legislatore del 1942 non sapeva neanche che esistesse la persona umana. Per lui, come tutti gli altri codici, anche questo doveva occuparsi del patrimonio, quindi per il patrimonio ci sono tanti articoli e per la persona una parte striminzita. Tuttavia, questo non è l'equilibrio della Costituzione, quindi negli anni Sessanta salta, quando anche sul piano della responsabilità civile la persona si vede oggetto di assalti, di danni possibili e di minacce che non esistevano prima.
  La società diventa molto più complessa; non c'è più la pecora, la capra, la mamma e la gallina, come era stato nei 3.000 anni precedenti. C'è una civiltà che esplode.
  Anche Roma è cambiata negli anni Sessanta. Ricordo che le palazzine, per esempio, le costruzioni o il traffico non erano come oggi.
  Allora il legislatore interviene e comincia a fare una serie di leggi. Ogni deputato o senatore dovrebbe avere la sensibilità di mettere insieme queste leggi, cosa che pochi fanno (nemmeno alcuni miei colleghi).
  Vi dico subito qual è il punto di partenza – Il grande cielo, come diciamo citando un vecchio film – da tener presente come fondale di un'ispezione legislativa e giurisprudenziale.
  Il grande cielo mette insieme lo statuto dei lavoratori, la giusta causa, il divorzio, la riforma del diritto di famiglia, la maggiore età a 18 anni, l'aborto, la chiusura dei manicomi, le cooperative di solidarietà, il volontariato, le cure palliative, i transessuali, i trapianti, la fecondazione assistita e così via.
  Voi che siete legislatori, come vivete tutte queste leggi che hanno cambiato l'Italia? Ecco, io temo che le viviate istintivamente, come le vivo anch'io in larga misura, cioè come fatti scollegati l'uno dall'altro e frammentari. Effettivamente, sono nati così.
  Anche le vicende recenti della proposta di legge Cirinnà e delle altre leggi documentano un Parlamento che molto spesso vive settorialmente, ovvero che non ha il senso del collegamento che c'è tra un provvedimento e tutti gli altri. È che non esiste ancora questo grande cielo. Certo, dobbiamo inventarlo noi, ma esistono i punti di partenza.
  Ecco, questa opera ricompositiva, sistematica e rinascimentale è il punto di partenza del discorso. Se volessimo trovare il fil rouge che lega tutto, secondo me, è proprio quella che a Guido Alpa appariva, invece, come un'invenzione veneziana, triestina, bizzarra esoterica e pericolosa.
  Il filo conduttore che lega tutte queste leggi che vi ho nominato, la Costituzione e le convenzioni internazionali è la qualità della vita delle persone, ricche e povere, grandi e piccole, uomini e donne.
  La qualità della vita è «come stai?», «cosa fai?», «chi vedi?», «cosa scrivi?», «dove vai in vacanza?». Sono questi verbi del fare e del vivere che tratteggiano la qualità della vita. Non c'è soltanto un fatto interno. Si tende a ridurre il danno non patrimoniale a un momento di sofferenza, che c'è indubbiamente, anche se – diciamolo sottovoce – nessuno sa esattamente cosa sia.
  Alcuni che sono stati auditi in questa sede hanno parlato citando i progetti di legge sull'ordine degli psicologi, ma oggi del dolore sappiamo pochissimo (dolore notturno, diurno, dei vecchi, dei giovani, l'angoscia, le lacrime, la disperazione, la nostalgia). Insomma, ci sono mille qualità e sfaccettature che diamo tutti per scontato. Nel momento in cui lo risarciamo, questa è la prima osservazione da fare.
  Dico subito all'onorevole avvocato Bonafede che sono d'accordo con il contenuto della sua proposta di legge. Lo ringrazio e lo ammiro per il lavoro che ha fatto insieme alla Commissione. È un eccellente punto di partenza, del quale mi limito a segnalare i rischi e gli errori.
  Uno di questi è quello della sofferenza. Non è compito di questa Commissione dire Pag. 9che cos'è il dolore umano, quindi saper sceverare, distinguere e separare le sue mille sfaccettature possibili e immaginabili. Tuttavia, quando domani un povero giudice si troverà a dover quantificare il dolore di una madre che ha preso il figlio, di una persona che finisce con la gamba sotto qualcosa, di una che è insultata in maniera brutale o magari di una persona che si fa dieci anni in galera, dopodiché gli si chiedono le scuse perché si è scoperto che è innocente – insomma, tutta questa massa di sgomento, di terrore, di panico e di indebolimento – occorrerebbe saperne un po’ di più. Questa è la prima osservazione.
  Rispetto al danno esistenziale, suppongo che nessuno di voi sappia esattamente che cos'è. Non lo sa neppure Guido Alpa – devo dire, infatti, che non lo conosce bene – perché è di Genova, che è la città del danno biologico, che è stato inventato nel 1974. Ora, a parte che i genovesi sono un pochino tirati di natura, sono anche nella città in cui Monetti e Pellegrino scrissero la famosa sentenza del 1974, inventando, appunto, il danno biologico. Si capisce che avendo questo pedigree, si sia spinti a esaltare ciò che è suo.
  Il resto sono invenzioni a est, da parte di qualche pericoloso amico dai capelli rossi (una volta li avevo). Parlo così perché io e Guido Alpa siamo molto amici, come avete visto; molte cose ci uniscono, ma ci dividono anche moltissime altre. Io sono più influenzato da Basaglia, dai manicomi, dalla fragilità. Questo è il mondo che mi ha formato.
  Allora, il danno esistenziale è legato alla qualità della vita. Questo è il punto. È la stessa qualità della vita che c'è nell'amministrazione di sostegno – di cui forse parleremo prossimamente – o nella proposta di legge Cirinnà. Di cosa si parla se non di questo, se due persone che non sono sposate e non vogliono farlo, vogliono stare insieme e vivere bene? Che cos'è se non l'inseguimento di una qualità della vita migliore?
  Se guardate bene, nell'aborto, nella fecondazione assistita, nel volontariato e così via appare questo tema: cerchiamo di vivere meglio. Il che vuol dire scrivere, frequentare, laurearsi, innamorarsi, guarire, tutti i segmenti di collaborazione, partecipazione, inveramento, realizzazione. Questa è la qualità della vita. Sto descrivendo questa poltiglia in modo forse confuso, ma è la chiave di volta di tutto l'ordinamento giuridico e se volete anche della Costituzione.
  Se leggete la Costituzione, in particolare gli articoli da 1 a 54, e vi domandate cosa che tiene insieme queste norme, trovate la risposta proprio in quello che sto dicendo. Il costituente addita agli italiani del futuro una qualità della vita migliore, diversa da quella che c'è stata sotto il fascismo e nel passato, sotto mille soprusi.
  Questa è la stella cometa del nostro ordinamento giuridico. La responsabilità civile, quindi, la fa sua, dopo il danno biologico nel 1974 e con la sentenza sul danno biologico di Dell'Andro che lo sposta sull'articolo 2043 del codice civile.
  In quel momento nasce un problema. Nel 1986, per salvare il danno biologico da un destino di grande restrizione, cioè quello di essere dominato dall'articolo 2059 del codice civile che lo ammetteva solo in caso di reato, Dell'Andro spezza il danno alla salute in due tronconi, che chiamo il danno alle attività realizzatrici della persona e il danno morale negativo. Questa seconda quota del danno, piccola e umbratile, viene conservata all'articolo 2059 del codice civile.
  Il danno alle attività realizzatrici viene spostato da Dell'Andro dentro l'articolo 2043 del codice civile, attraverso un discorso un po’ eventistico (lasciamo stare il senso di questa parola), cioè risarcito senza che sia necessario documentare in maniera precisa le conseguenze e le ripercussioni negative patite della vittima. Pertanto, in chiave eventistica, per il semplice fatto che è stato violato un diritto, per le attività realizzatrici si ha il diritto di essere risarciti secondo la logica dell'articolo 2043, cioè sempre.
  A quel punto ci si accorge che la salute, pur essendo un diritto importante, non è l'unico previsto dalla Costituzione, ma ce ne sono altri. C'è la famiglia, il lavoro, la giustizia, le riunioni, le associazioni, la proprietà Pag. 10 e così via. Allora, cosa facciamo di questi altri diritti, che pure esistono e sono suscettibili di essere colpiti, generando danni significativi alla vittima sul piano sia patrimoniale sia non patrimoniale?
  È chiaro che per logica, siccome questi diritti sono importanti quanto la salute – è vero che quando c'è la salute c'è tutto, ma è bene che ci sia anche la moglie, i figli, il lavoro, la giustizia e così via e che queste cose funzionino – quando sono colpiti, che senso ha lasciare la lesione, la ferita e queste prerogative dentro l'articolo 2059 del codice civile, cioè solo se c'è reato?
  Questo non ha senso. Da qui nasce il danno esistenziale. Si tratta di unificare, uniformare e armonizzare lo statuto risarcitorio degli altri diritti accanto a quello della salute.
  L'operazione ha subito successo. La sentenza che fa nascere il danno esistenziale è la sentenza Santarelli del 1986, lo stesso anno della sentenza Dell'Andro sul danno biologico.
  Ricorderete il caso. Una donna va dall'urologo, si fa un'operazione, l'urologo sbaglia. Dopodiché, dopo questa operazione, la donna dice di non poter fare nulla con il suo apparato sessuale senza avere atroci dolori. Viene risarcita per il danno biologico. La sentenza viene pronunciata in un'aula pressappoco come questa. Dopo la sentenza escono tutti, tranne un signore (supponiamo che sia l'onorevole Bonafede), che resta con le braccia conserte e non se ne va.
  Allora, il giudice gli chiede perché non se ne va. Lui risponde che non se ne va perché è il marito della donna. Dice al giudice che ha appena detto che la moglie non può fare nulla con il suo apparato sessuale senza soffrire atrocemente, quindi dovrà capire che sono sposati e si vogliono bene e, sebbene la tenerezza fra un uomo e una donna conosce vie infinite, c'è una via maestra immaginata cinque milioni di anni fa che anche loro a casa loro vorrebbero continuare a percorrere, cosa che non potrà più avvenire per colpa dell'errore dell'urologo.
  Il giudice resta interdetto, come spesso accade nella storia dell'umanità. Essendo, però, un buon giudice – anche se non sa bene come e perché, né quali siano le coordinate dogmatiche specifiche della posizione del marito – gli dà ragione e poi cerca delle motivazioni, come i giudici sono maestri nel fare.
  In quel momento nasce il danno esistenziale, che è una posizione soggettiva. Poc'anzi, Guido Alpa ha riportato il danno parentale, come appunto questo, in caso non di morte, ma di menomazione del coniuge al danno biologico. Questo, però, non è un danno biologico.
  Ci si rende conto di questo in quella sentenza di Cassazione perché il marito, di per sé, ha la sua integrità psicofisica uguale a prima. Tuttavia, ha una qualità della vita e una modalità di espansione e di veicolazione della sua umanità che viene difficoltata dal fatto che la moglie può amarlo in altri modi, ma non in quello, se non soffrendo terribilmente.
  Questa, unita ad altre sentenze che sono soprattutto sull'ambiente, fanno nascere l'idea che posizioni soggettive diverse dalla salute (famiglia, ambiente, giustizia, pubblica amministrazione, contratti) siano anch'esse suscettibili di essere colpite danneggiando la vittima.
  Il danno esistenziale nasce per questo, quindi sul terreno del an respondeatur, ovvero come risposta riequilibratrice del sistema e ha subito un grande successo.
  Poi, entra in Cassazione la prima volta nel 2000, con la sentenza n. 1773, che tocca un punto importante. Poc'anzi, nel breve colloquio che abbiamo avuto con l'onorevole Ferranti, dicevo che un limite che ho francamente avvertito nelle audizioni precedenti è che non si è parlato molto del danno in famiglia. Invece, questo è molto importante e rivoluzionario. Innanzitutto, è un danno abiologico. Certo, ci sono i casi di mariti che bastonano le mogli o di padri che bastonano i figli, ma questa non è la casistica più frequente. Peraltro, questi rientrano nel diritto penale, quindi si sente poco anche delle sentenze.
  I casi che colpiscono più l'immaginazione e che hanno con sé molto del futuro dell'istituto sono quelli incruenti, in cui il marito calpesta alcuni doveri che ha nei Pag. 11confronti della moglie, soprattutto all'assistenza e alla fedeltà, o il padre calpesta alcuni doveri nei confronti dei figli.
  Questa materia entra in Cassazione la prima volta nel 2000, con la sentenza n. 1773 del giudice Morelli, che adesso è giudice della Corte costituzionale.
  C'era un padre che si era infischiato del proprio figlio per anni. A un certo punto il figlio, cresciuto, ha contestato al padre di averlo abbandonato e di aver avuto difficoltà a causa della sua negligenza. La Cassazione riconosce che il figlio ha ragione. La sentenza è discutibile perché è eventistica, dal momento che non c'è la dimostrazione del danno, ma è abbastanza facile immaginare che se un figlio vive a lungo senza suo padre subisce un danno proprio alla qualità della sua vita.
  Ecco, la sentenza n. 1773 codifica il danno esistenziale e rende evidente che la qualità della vita è un grande filo conduttore – come abbiamo già detto – perché in tutte le figure che vi ho raccontato la salute, la giustizia, la famiglia, il lavoro, la pubblica amministrazione e così via, condividono questo filo conduttore preciso. Sono sempre vittime. A monte, il bene o la prerogativa colpita sono diversi, ma il momento a valle del danno è uguale, con ripercussioni sulla qualità della vita. Insomma, la vittima vive peggio.
  Questo comprende la scuola, il parco, il trasporto, i contatti con gli altri parenti, i bambini, la felicità domestica, il sonno, il lavarsi, il pulirsi e tutte le piccole cose. Chi ha dei bambini lo sa. Tutte le persone sono così. Noi viviamo facendo delle cose. «Cosa fai?», chiediamo a un amico che incontriamo. «Fare» è il verbo che è il grande protagonista del nostro essere e della nostra vita quotidiana, quindi deve esserlo anche del diritto ed è lì che vanno trovati i punti fondamentali.
  Certo, c'è anche il soffrire, il disperarsi, il piangere, il bagnare i cuscini di lacrime. Anche questo conta, ma il punto è il fare, l'operare, il ronzare e l'interfacciarsi.
  Come sapete, nel 2003 le sentenze n. 827 e 828 codificano questo sistema, nasce un danno non patrimoniale che, però, viene riportato tutto dentro l'articolo 2059 del codice civile. Dopodiché, si accende una stagione molto complessa. Ci sono altre sentenze molto esistenzialiste, finché nel 2008 arriva questa che chiude tutto.
  Questa è la fonte del male. Non sono sicuro che l'onorevole Bonafede avrebbe scritto questa proposta di legge – secondo me così illuminato per tante ragioni, anche se ci sono piccoli difetti che adesso segnalerò – se non ci fosse stata questa sentenza tenaglia, impaurita e terroristica del 2008 che ha ammazzato e asfissiato il dibattito.
  I meriti di questa proposta di legge sono evidenti. Ora, quindi, passo alle osservazioni.
  Si può discutere – può darsi che qualche osservazione di altri sia giusta – sulle parole, ma a me «diritti» e «interessi» non sembrano parole tanto cattive perché «interessi» fa capo a un modo di guardare la prerogativa colpita. Inoltre, «valori» non dispiace neanche a me come parola perché se facciamo capo alla Costituzione, che è di tanto tempo fa, è bene che possa essere una fonte che ispira il giudice e gli offra un piedistallo per le sue conclusioni. «Valori» fa pensare a una diagonalità e a una trasversalità di spiegazioni, alla possibilità che nell’humus soprattutto degli articoli 2 e 3, che sono i grandi rubinetti, si possa cercare qualcosa che non è scritto testualmente. La parola valori ha questo respiro che non mi dispiace.
  Trovo soprattutto ammirevole e meritorio che in questo primo comma non si parli di inviolabilità. Infatti, una delle modalità con cui si è espresso il terrorismo di Vincenzo Carbone e altri era, appunto, l'inviolabilità. Poi vi dirò alcuni dettagli su questo.
  Occorre maggiore apertura, quindi è bene che non ci sia l'inviolabilità. Il secondo punto per cui va apprezzato questa proposta di legge è nel secondo comma. Qui sono completamente d'accordo con Giacomo Travaglino.
  Potremmo dire, con Kant, che a questo mondo ci sono due cose belle: la coscienza morale dentro di noi e l'ordine stellato fuori di noi; ecco, anche nella vittima ci sono due cose la sofferenza interna, il Pag. 12pianto, il buio che attraversa lo stomaco, la pancia e il cuore e fuori l'attività realizzatrice (usiamo l'espressione di Dell'Andro, che, come sapete, era allievo di Aldo Moro e anche per questa ragione merita di essere ricordato).
  Le attività realizzatrici sono state conculcate, quindi va bene questo riferimento agli aspetti dinamico-relazionali della persona. È un'espressione nuova e complessa. Non si è voluta usare la parola «esistenziale», ma poi vedremo. Vanno bene anche le tabelle.
  Passo ora alle osservazioni critiche. Con molto realismo, questa proposta di legge accetta un destino tipicistico dell'articolo 2059 del codice civile. Il danno non patrimoniale non può avere la libertà tipica primaria del danno patrimoniale, ma deve averne una più restrittiva, ovvero valere solo in certi casi. Non è come l'articolo 2043 che comprende qualunque fatto doloso o colposo che causa un danno ingiusto.
  Sentite il respiro di questa formula inventata da Potier nel 1720, poi trasfusa nel Code Napoléon nel 1782, che rimbalza nel nostro Codice civile del 1865. È una clausola generale di fiducia e apertura. È il legislatore che si fida dei giudici, che non ha paura, con una norma così ampia, che i giudici lo tradiranno o saranno sciocchi o stupidi o troppo restrittivi o troppo larghi. Il Parlamento si fida dei giudici.
  In questo caso, invece, c'è la paura, quindi la tipicità e la secondarietà, ovvero un ordine che dipende da un altro ordine. Il diritto civile dipende dalla Costituzione. Ora, è bene che sia proprio una dipendenza dalla Costituzione?
  Se uscisse una legge che dice che la Commissione giustizia può agire solo nell'ambito di ciò che decide la Commissione affari sociali (mi pare che talvolta ci sia un rischio), se si creasse un rapporto di subordinazione e di soggezione della sovranità che ha questa Commissione rispetto a un'altra, non credo sareste contenti. Allora, perché il diritto civile deve dipendere (nella responsabilità civile, non nel resto) in modo così fermo della Costituzione?
  Ci sono dei rischi in questo, se si intende la Costituzione in un certo modo. Per esempio, c'è il rischio che succeda quello che è accaduto in questi anni. Siccome gli animali non sono nella Costituzione, alcuni giudici – come Damiano Spera, che voi avete sentito – negano che se il cagnolino va sotto la macchina, la vittima possa ottenere un risarcimento.
  Non mi sembra un granché dire che gli animali non valgano niente e che sia possibile ammazzarli o far loro quello che si vuole (salvo i casi di maltrattamento, in cui c'è il diritto penale che li salva). Perché se un animale finisce per sbaglio sotto un'automobile non risarcire il danno che subisce la persona? Ovviamente, non sarà un danno di milioni, quindi non sballerà i conti.
  Questa è una conclusione sbagliata, come anche i rapporti con le cose, che non sono nella Costituzione. Si parlava di banca. Ecco, se la banca commette un errore e per effetto di questo mi scrive un'ipoteca che non doveva, per cui sono rovinato; o se la banca fa una segnalazione infondata alla centrale rischi e io sono screditato, in termini di credenziali si tratta di danni grossi alla persona.
  In questi casi, i giudici, lavorando di gomito come i marines, riescono a dare un risarcimento, ma tendenzialmente queste cose sono al di fuori della Costituzione, quindi, del risarcimento. Ci sono, tuttavia, dei pericoli. La privacy, internet, l'ambiente sono fuori dalla Costituzione.
  C'è un'altra cosa di cui non si è neanche parlato. Non voglio sgridare nessuno perché non spetta a me farlo. Tuttavia, come è possibile che nessuno lo abbia detto, protestando contro una cosa che c'era nella sentenza n. 26972, ma era sbagliata?
  Mi riferisco a una grande fonte di responsabilità civile anche non patrimoniale che è quella dei contratti, ovvero l'inadempimento contrattuale. Ora, il contatto di medicina o di lavoro sono nella Costituzione, ma ci sono altre posizioni che non ci sono, ma che sono all'interno di un contratto. Si può violare una posizione della persona attraverso un inadempimento. Ecco, qui c'è o non c'è responsabilità?
  Per esempio, una locazione in cui do un bene a un locatario che, però, per varie Pag. 13ragioni è disfunzionale rispetto agli interessi della famiglia (c'è freddo o caldo, si casca, non si dorme e così via). Ebbene, è un danno risarcibile o no che una famiglia vive malissimo per un anno?
  Ancora, c'è molta giurisprudenza sui trasporti: arriva un treno in ritardo, è pieno di cimici, qualcuno mi aggredisce, casca tutto. Ecco, ci sono dei treni così, allora il risarcimento è possibile o meno?
  Un altro caso tipico è l'appalto. L'appaltatore apre diversi cantieri contemporaneamente, viene a casa mia, deposita macchine, sabbia e tutto il resto, dopodiché se ne va e torna dopo quindici giorni. La ristrutturazione invece di durare un mese, ne dura quindici. È un danno risarcibile o meno, il fatto di vivere male?
  Ecco, si può continuare a lungo. Allora, il contratto è per definizione. Oggi ne abbiamo fatto diversi. Io ne ho fatti già quattro o cinque (mangiare, bere, prendere l'autobus). Si vive facendo contratti, ce ne sono di tutti i tipi (belli e brutti, alti e bassi e così via). La vita è questo.
  In questa sentenza, la Cassazione ha ammesso – è stato uno dei punti in cui è stata più lodata – che anche il danno non patrimoniale conseguente all'inadempimento sia risarcibile, ma ha detto che anche in questo caso occorre che il diritto alla prerogativa colpita sia inviolabile.
  Questa è una cosa ridicola. Infatti, nel momento in cui stipulate un contratto importante non aprite la Costituzione per vedere se quel bene che state considerando ci sia o meno perché, nell'ipotesi in cui non ci sia, c'è rischio che in caso d'inadempimento non si ha risarcimento per danno non patrimoniale.
  Questo non è possibile. Infatti, un giudice (di cui non faccio il nome) che ha partecipato a questa Sezione unite mi confessò che c'era molta perplessità su questo punto. Lui personalmente votò contro questa soluzione.
  Pertanto, il rimprovero che posso fare a questa proposta di legge è il fatto che non ci dice niente su questo punto. Ho immaginato che lei, scrivendolo, conoscendo bene il problema, abbia pensato che non fosse compito suo farlo in questa sede perché ricadesse nell'articolo 1218 del codice civile.
  Questo, però, non dice niente sul danno non patrimoniale. Infatti, nel 1942 il legislatore non poteva pensare che un inadempimento potesse generare un danno non patrimoniale. Proprio perché non ci pensava, non disse nulla.
  Dopodiché, qual è la risposta? Non sono sicuro. Si discute su questo. Qualcuno pensa che l'articolo 2059 sia diretto a regolare anche l'inadempimento contrattuale, che è molto importante. Qualcun altro pensa, invece, che sia responsabile l'articolo 1218. Ora, a seconda della soluzione che si prende o menzioniamo qui l'inadempimento contrattuale o inseriamo un cambiamento nell'articolo 1218. Altrimenti, corriamo il rischio che metà dell'universo resti senza un'indicazione.
  Queste sono alcune delle perplessità. Ce ne sono delle altre, ma mi avvio a concludere.
  Perché l'espressione «sfigata» di «danni non patrimoniali», con il «non»? Siamo alla Camera o al «non Senato»? L'onorevole è un «non disonorevole»? Io sono un «non macellaio»? Ha senso parlare così a questo mondo?
  Usiamo la litote quando pensiamo che una cosa sia molto poco importante. Se, però, crediamo nella persona e alla necessità di risarcirla, forse questa espressione potrebbe anche tramontare. L'abbiamo presa dai tedeschi, che parlano di Nicht Vermoegen Schaden. I francesi, però, parlano di dommages moraux, quindi possiamo anche pensare di passare a un'espressione al positivo, come «danni morali» o «danni esistenziali», se ne avesse il coraggio.
  L'espressione scandisce la dualità e la duplicità di postazioni di Travaglino, che è anche la mia. Ha un'accezione al positivo e non al negativo.
  Del dolore ho già detto. In questa proposta di legge non si dice niente sulla paura dei danni. Forse non è compito del legislatore. A un certo punto, sulla sofferenza dice se «provata e allegata», ecco perché quel dubbio? Perché specificare? Lei Pag. 14stesso ha un po’ di paura che vi sia troppa faciloneria.
  C'è un'altra cosa di cui non si dice nulla, ma vi annuncio sottovoce che è una grande lacuna. C'è un punto molto importante di cui nessuno sa niente, ovvero il danno psichico. So che sono influenzato dalla mia identità di veneziano, che ha lavorato a Trieste con Basaglia e ha scritto sulle amministrazioni di sostegno – ne parleremo presto – ma le persone che stanno male psichicamente esistono.
  Questo è un grosso problema. Quando la follia è conseguenza di un fatto illecito? Quando c'è un sufficiente nesso di causalità? Inoltre, una volta che uno sia diventato matto, quali sono i danni che subisce? Cosa vuol dire diventare matti?
  Spesso è molto peggio diventare matti che perdere una mano o qualche altra cosa nella vita. Insomma, il danno psichico è molto importante.
  Sui criteri di quantificazione del danno esistenziale, l'avvocato Bonafede ha fatto un certo sforzo, ma è un punto molto difficile.
  Concludo con la segnalazione, che manderò per iscritto, di alcuni piccoli errori tecnici. Mi posso fermare qua.

  PRESIDENTE. Professore, le chiedo se pensa di poterci mandare delle osservazioni puntuali che possono essere utilizzate eventualmente dal relatore e dai componenti della Commissione come emendamenti. Infatti, ancora non siamo in fase emendativa e credo che questo completi il lavoro che abbiamo cercato di fare.

  PAOLO CENDON, Ordinario di diritto privato presso l'Università degli studi di Trieste. È comunque un lavoro molto buono, quindi mi complimento.

  ALFONSO BONAFEDE. Posso soltanto ringraziare per il contributo e per il giudizio, che mi onora moltissimo.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare nuovamente il professor Cendon, che rivedremo a proposito del tema dell'amministrazione di sostegno, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.35.

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