XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 18 ottobre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 4605 FERRANTI, RECANTE MODIFICHE ALL'ARTICOLO 5 DELLA LEGGE 1° DICEMBRE 1970, N. 898, IN MATERIA DI ASSEGNO SPETTANTE A SEGUITO DI SCIOGLIMENTO DEL MATRIMONIO O DELL'UNIONE CIVILE

Audizione di Cesare Massimo Bianca, libero docente di diritto civile, di Mirzia Bianca, professoressa di Istituzioni di diritto privato presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza», di Claudio Cecchella, presidente nazionale dell'Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia, di Fiorella d'Arpino, presidente della sezione di Roma.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Bianca Cesare Massimo , libero docente di diritto civile ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 
Bianca Mirzia , professoressa di Istituzioni di diritto privato presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza» ... 5 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Cecchella Claudio , presidente nazionale dell'Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
D'Arpino Fiorella , presidente della sezione di Roma dell'Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Cecchella Claudio , presidente nazionale dell'Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 
Bianca Mirzia , professoressa di Istituzioni di diritto privato presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza» ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 13

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Civici e Innovatori PER l'Italia: Misto-CIpI;
Misto-Direzione Italia: Misto-DI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI-Liberali: Misto-FARE!PRIL;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI) - Indipendenti: Misto-PSI-PLI-I.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Cesare Massimo Bianca, libero docente di diritto civile, di Mirzia Bianca, professoressa di Istituzioni di diritto privato presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza», di Claudio Cecchella, presidente nazionale dell'Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia, di Fiorella d'Arpino, presidente della sezione di Roma.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposta di legge C. 4605 Ferranti, recante modifiche all'articolo 5 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell'unione civile, l'audizione di Cesare Massimo Bianca, libero docente di diritto civile, di Mirzia Bianca, professoressa di Istituzioni di diritto privato presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza, di Claudio Cecchella, presidente nazionale dell'Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia, e di Fiorella d'Arpino, presidente della sezione di Roma.
  Darei, quindi, la parola al professor Bianca.

  CESARE MASSIMO BIANCA, libero docente di diritto civile. Consentitemi, innanzitutto, di ringraziare l'onorevole Presidente Donatella Ferranti per l'impegno veramente straordinario che ha sempre profuso nel campo del diritto di famiglia, promuovendo iniziative che hanno portato al rinnovamento di larga parte di questo diritto. Non possiamo dimenticare la battaglia che la presidente a suo tempo ebbe a combattere per rivoluzionare addirittura il settore del diritto della filiazione, quindi, cara presidente, grazie di cuore veramente. Non ultime, le indagini conoscitive promosse per quanto riguarda l'adozione, iniziativa veramente straordinaria che consentirà di rinnovare un settore importante del nostro diritto di famiglia.
  Questa proposta di legge, che intende modificare l'articolo 5 della legge sul divorzio, risponde ad una duplice esigenza, esigenza di certezza ed esigenza di giustizia. L'esigenza di certezza è divenuta pressante, come tutti sappiamo, a seguito di una sentenza di una Sezione della Corte di Cassazione, che ha sconvolto il quadro giurisprudenziale consolidato da tempo in tema di assegno post matrimoniale, sentenza che ha rinnegato un orientamento che potevamo considerare definitivamente stabile, un orientamento che leggeva le norme della legge sul divorzio, in particolare questo articolo 5, nel senso che l'assegno post matrimoniale è dovuto a quel coniuge debole che non ha i mezzi sufficienti per continuare a mantenere il livello di vita matrimoniale.
  Questo riferimento al livello di vita matrimoniale qualche sentenza lo ha tenuto troppo fermo, portando a decisioni che hanno suscitato lo scandalo della pubblica opinione, decisioni che hanno fissato questo assegno post matrimoniale in misura eccessivamente elevata. Pag. 4
  La pubblica opinione è stata sollecitata più volte dalla stampa, che spesso ha riportato notizie di padri costretti a una vita miserabile perché gravati dall'assegno post matrimoniale dovuto alla moglie. C'è da pensare che, proprio sulla spinta emotiva di questi precedenti, sia stata accolta da una sentenza della Cassazione, alla quale facevo cenno prima, l'idea che non si debba più avere riguardo al rapporto matrimoniale, che cioè in tanto può essere concesso un aiuto economico all'ex coniuge in quanto questo ex coniuge sia in una situazione di debolezza tale per cui non è in grado di mantenersi, una situazione, quindi, che può essere intesa in termini corrispondenti a quella in cui si trova la persona che ha diritto al gratuito patrocinio.
  Non a caso faccio questo riferimento, perché un provvedimento del tribunale di Milano ha precisato proprio in questi termini il presupposto che secondo questa sentenza è il presupposto indispensabile per poter parlare di un aiuto economico all'ex coniuge.
  Com'era comprensibile, questa decisione ha determinato un momento di confusione nel complessivo quadro giurisprudenziale. Abbiamo avuto, infatti, provvedimenti che si sono adeguati a questa nuova lettura dell'articolo 5 della legge sul divorzio, abbiamo, invece, avuto altre sentenze che hanno mantenuto l'idea secondo la quale deve tenersi in considerazione fondamentalmente l'apporto che il coniuge ha dato alla vita matrimoniale.
  Come dicevo, però, questa esigenza di certezza non è la sola esigenza alla quale questo progetto di legge dà una risposta, ma c'è anche una fondamentale esigenza di giustizia, perché il risultato al quale conduce questo nuovo orientamento costituisce uno schiaffo alla giustizia, in quanto, nel caso in cui l'ex coniuge abbia dedicato la propria esistenza alla famiglia, fondandosi su quella promessa solenne che costituisce la base del vincolo coniugale, e proprio in considerazione di questo impegno abbia sacrificato la propria esistenza rinunziando ad affermarsi professionalmente, ad occasioni di lavoro... su questo vorrei citare le parole di un esperto cultore della materia noto a tutti, Carlo Rimini, che in un fascicolo de Giurisprudenza italiana dei giorni scorsi scrive che la nuova lettura di questo articolo 5 promossa dalla segnalata sentenza conduce a condizioni inique.
  «Se un coniuge ha rinunziato per molti anni alle proprie aspirazioni lavorative o le ha notevolmente compromesse per dedicarsi alla famiglia, consentendo in tal modo all'altro di realizzare le proprie aspirazioni professionali, appare del tutto ingiusto che il coniuge più debole debba accontentarsi di ciò che è necessario per condurre una vita dignitosa, indipendentemente dai redditi dell'altra parte e dal tenore di vita matrimoniale, in un momento in cui egli, o più frequentemente ella, non ha più alcuna possibilità di procurarsi un reddito effettivamente adeguato».
  Qui, se mi è permesso, vorrei citare il caso mio personalissimo: io e mia moglie siamo sposati da più di cinquant'anni, non pensiamo assolutamente al divorzio, ma, se dovessimo pensare al divorzio e questo nostro caso venisse giudicato in base alla nuova lettura, quale sarebbe il risultato? Mia moglie gode di una pensione di 1.050 euro, quindi non ha diritto al gratuito patrocinio e in caso di divorzio il giudice le direbbe: «tu non hai diritto letteralmente a niente, anche se tuo marito in realtà ha un reddito nettamente superiore».
  Come dice il Rimini, credo che questo debba considerarsi assolutamente ingiusto, ma questo schiaffo alla giustizia diventa ancora più sonoro considerando un altro aspetto di questa lettura, cioè considerando il caso in cui il coniuge percettore dell'assegno post matrimoniale sia collocatario o affidatario dei figli.
  Per un'opinione assolutamente incontestata i figli hanno diritto di godere del tenore di vita della famiglia, se sono maggiorenni hanno diritto ancora al mantenimento, e questo diritto permane fino a quando non abbiano conseguito l'autosufficienza economica, come la stessa sentenza di cui prima dice espressamente, che va intesa questa volta come incapacità reddituale sufficiente per realizzare un tenore di vita corrispondente a quello della famiglia. Pag. 5
  Il risultato qual è? Che in un nucleo familiare, in cui convivono il genitore percettore del reddito dell'assegno post matrimoniale e dei figli, questi hanno diritto a mantenere un tenore di vita corrispondente a quello della famiglia, mentre il genitore percettore dell'assegno divorzile che convive con loro deve attenersi ad un livello di vita confinante con quello della povertà.
  Io ho esaurito il mio tempo, quindi aggiungo semplicemente che questa proposta di legge merita di essere approvata, in quanto consente di tener conto del tenore di vita della famiglia, per evitare un degrado esistenziale tragico in cui può venirsi a trovare il coniuge debole.
  In particolare, impone di tener conto delle condizioni economiche dei coniugi seguenti allo scioglimento del matrimonio, perché è chiaro che, se non teniamo conto di queste condizioni successivamente allo scioglimento del matrimonio, non teniamo conto di una realtà che certamente diventa drammatica per il coniuge che conserva il suo reddito, ma è un reddito che diventa insufficiente, dovendo trovare un nuovo alloggio, dovendo soddisfare nuove esigenze.
  È una proposta di legge che realizza un equo contemperamento degli interessi contrastanti. Tiene conto, infatti, della necessità di valutare l'opportunità di predeterminare la durata dell'assegno, quando sia prevedibile che la condizione di debolezza di un coniuge sia una condizione transitoria, e, in fine, è una proposta di legge che in qualche modo ci mette in sintonia con il resto delle legislazioni a noi vicine dei Paesi europei. Avevo scritto una nota che si intitolava alla fine Ciao Europa, volendo significare: dobbiamo veramente staccarci dal resto del contesto europeo?

  PRESIDENTE. Grazie, professore, per il tempo che ha dedicato a darci le linee di questa sua riflessione, sulla quale potremmo ritornare dopo gli altri interventi con eventuali domande.
  Lascio ora la parola alla professoressa Mirzia Bianca sugli aspetti che riterrà di focalizzare.

  MIRZIA BIANCA, professoressa di Istituzioni di diritto privato presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza». Grazie, presidente, io vorrei spiegare perché in questa materia oggi è necessario un intervento del legislatore e perché, a mio parere, questa proposta presenta degli elementi meritevoli di attenzione.
  Questo perché (mi riallaccio a quanto ha detto prima il professor Bianca) è indubbio che la sentenza del relatore Lamorgese abbia smosso le acque rispetto ad una situazione da più parti denunciata. C'era un problema di una tradizione tralatizia per cui il matrimonio diventava una sorta di finanziamento in alcuni casi, si determinava con la crisi economica anche un aggravamento delle situazioni del marito (prima il professore faceva riferimento a mariti costretti a stare in macchina).
  Tutto questo è vero, ma attraverso questa decisione si è passati da un estremo all'altro, perché con la sentenza della Sezione I della Corte di Cassazione del maggio 2017, la numero 11504, si è stabilito di abbandonare del tutto il criterio del tenore di vita che si aveva in costanza di matrimonio, orientamento che per 27 anni la giurisprudenza aveva seguito dopo le Sezioni Unite, per adottare il diverso orientamento dell'autosufficienza economica, che poi in un'altra decisione del 2017 è stata definita come indipendenza e come vita dignitosa.
  Quali sono le ragioni della bontà di questa proposta di legge? Sono tre. La prima è di ordine tecnico, la seconda è di opportunità, la terza è assiologica. Vado subito alla ragione tecnica e quindi vado nel dettaglio di questa proposta.
  Quali sono le novità di questa proposta rispetto al testo della legge sul divorzio (occorre vedere quello che aggiunge e quello che cambia)? La prima novità importante è stata già evidenziata dal professore Bianca, determinare l'assegno di divorzio dopo lo scioglimento, in un momento in cui effettivamente occorre valutare come lo scioglimento del matrimonio abbia inciso sul reddito di quella famiglia, abbandonando la vecchia idea che, invece, lo ancorava al reddito precedente. È chiaro che non può Pag. 6essere il reddito precedente, perché occorrerà un'altra casa, perché occorrerà sistemarsi in maniera diversa.
  Questa è, quindi, la grande novità ed è una novità importante, perché consente da un lato di non rimanere fermi al reddito che si aveva in costanza di matrimonio, ma consente anche di considerare la situazione effettiva e concreta al momento dello scioglimento del matrimonio, cioè guardare al divorzio non solo come atto che scioglie l'atto del matrimonio, ma nel rapporto che si è avuto, ma sul rapporto ritornerò.
  Seconda grande novità di questa proposta di legge: la durata. Si prevede (questo veramente ci pone in linea e in competizione con i Paesi dell'Europa, penso alla Francia e anche al Codigo Civil spagnolo che è stato riformato nel 2005) che l'assegno possa avere una durata predeterminata. Questo significa smentire l'idea che l'assegno divorzile possa costituire una rendita vitalizia, e questo è un punto molto importante della proposta.
  Per il terzo punto importantissimo devo leggervi proprio il passo della proposta di legge, perché non è che noi non avessimo dei criteri nella legge sul divorzio, avevamo dei criteri importanti che venivano anche applicati con saggezza dai giudici, ma la proposta ne aggiunge altri, anche questi presi dai modelli europei. Ve li leggo: «tra i criteri per la determinazione dell'assegno occorre valutare l'impegno di cura personale di figli comuni minori o disabili assunto dall'uno o dall'altro coniuge, e, altro criterio, la mancanza di un'adeguata formazione professionale quale conseguenza dell'adempimento di doveri coniugali».
  Questi criteri non esistevano e sono importanti. Qui non voglio riprodurre da donna un discorso ormai passato, che è quello del coniuge debole, che è quello di una visione protezionistica, però è indubbio che le rinunce e le cure, e sono cure di genere, non ci dobbiamo nascondere dietro un dito perché, se lo facciamo, nascondiamo una realtà che viene dal basso, quella realtà che chiede giustizia. In proposito voglio citare una recentissima sentenza del Tribunale di Roma, relatrice Monica Velletti, che, proprio in ragione della cura di due figli disabili, applica un criterio di equità e di ragionevolezza.
  Un'altra ragione della bontà di questa proposta è l'opportunità. È stato detto che ci sono dei giudici che continuano, dopo la sentenza, a ragionare e a fare un giusto equilibrio, abbiamo Roma con tre decisioni importanti, abbiamo Arezzo, Udine, ne abbiamo di decisioni, ma abbiamo anche altre decisioni, ma questo non è colpa della giurisprudenza, perché la giurisprudenza decide sul caso concreto, mentre il legislatore dà una regola importante e dà dei criteri che sono utilissimi per il giudice che si trova davanti quella situazione concreta, e gli è molto più utile applicare una legge piuttosto che sfidare o scegliere un orientamento piuttosto che un altro.
  La terza ragione della bontà di questa proposta è assiologica, perché è vero che, come la sentenza del 2017 ci ricorda, il divorzio scioglie il matrimonio, si ritorna allo status di persona libera, ma questo ce lo diceva già una sentenza del 1990, prima delle Sezioni Unite. Da giuristi sappiamo che il divorzio scioglie l'atto, il problema è tener conto del rapporto, è questo il passaggio in più.
  Proprio con riferimento al rapporto, voglio citare testualmente quanto la Cassazione Civile a Sezioni Unite nel 2014 ha detto del matrimonio come rapporto. Ve lo leggo: «il matrimonio rapporto può ritenersi un'espressione sintetica comprensiva di molteplici aspetti e dimensioni dello svolgimento della vita matrimoniale e familiare, che si traducono, sul piano rilevante per il diritto, in diritti, doveri, responsabilità, caratterizzandosi così secondo il paradigma dell'articolo 2 della Costituzione come il contenitore, per così dire, di una pluralità di diritti inviolabili, di doveri inderogabili, di responsabilità, di aspettative legittime e di legittimi affidamenti dei componenti della famiglia sia come individui, sia nelle relazioni reciproche».
  Io credo che questa proposta dia voce a questa affermazione della giurisprudenza a Sezioni Unite, quindi l'idea che il matrimonio sia anche un rapporto. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Vi ringrazio molto di questo avvio. Do adesso la parola al Pag. 7presidente dell'Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia, Claudio Cecchella.

  CLAUDIO CECCHELLA, presidente nazionale dell'Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia. Penso che la collega di Roma voglia intervenire anche lei dopo di me. La ringrazio dell'invito, noi rappresentiamo 2.500 avvocati associati, esperti e dedicati a questa materia, ed è ovvio che il mio intervento non può essere un intervento di merito, di opportunità, perché all'interno della mia associazione ci sono valutazioni di diverso tipo, ad esempio una valutazione come quella del professor Bianca e della professoressa Mirzia Bianca, ma anche opinioni molto diverse sull'opportunità sia della sentenza della Corte di Cassazione di cui si è parlato prima, sia della scelta di questa proposta di legge.
  Vorrei invece (ed è questo un tema fondamentale per noi avvocati familiaristi e nella mia qualità anche di professore universitario in materia processuale) una maggiore attenzione da parte di questa proposta di legge, perché il rischio è che l'incertezza, che è stata ben denunciata dal professor Bianca ed è manifestata dalla giurisprudenza attuale, possa diventare tecnicamente una problematica ancora maggiore in sede applicativa di questa norma.
  La prima considerazione che noi facciamo è una considerazione di metodo, se sia opportuno o meno che, a seguito di una sentenza della Corte di Cassazione, si intervenga con una regola ad hoc volta in qualche modo ad esautorare questa sentenza della Corte di Cassazione. Questo non per dire che il Parlamento non abbia prerogative e possa ovviamente spazzare, come si suol dire, manuali di diritto e ovviamente anche sentenze, però che in realtà qui si sente troppo la reazione alla sentenza, mentre nei numerosi dibattiti che si sono avuti a seguito della sentenza (fra l'altro la professoressa Mirzia Bianca è stata invitata alla Sezione di Roma il 23 ottobre prossimo per un convegno su questo punto) c'è la preoccupazione che in realtà vi sia una reazione eccessiva ad una sentenza e non vi sia invece quello che noi avvocati familiaristi vogliamo, cioè una visione più ampia del problema.
  Questa riguarda, infatti, anche la ragione, il senso ancora oggi di una separazione preliminare al divorzio, quando, come sappiamo, nell'ambito dell'unione civile ormai si è optato direttamente per lo scioglimento senza la separazione, se abbia ancora un senso la determinazione con criteri di un certo tipo di un contributo di mantenimento nella separazione o con criteri di altro tipo, ovviamente legati allo scioglimento nell'ambito del divorzio, se ancora si possa mantenere lo «sconquasso» di rapporti (perché questo è il termine esatto) di procedure tra la separazione e il divorzio, quando con i termini ridotti del divorzio è emerso che la litispendenza tra procedimento divorzile e procedimento di separazione.
  Chiederemmo quindi un ripensamento che non dia al legislatore l'occasione di una reazione ad una sentenza, ma che dia al legislatore l'occasione di un più ampio ripensamento dell'istituto della separazione forse in termini veramente di abrogazione, come l'Avvocatura da tempo sta sostenendo e come forse gran parte della dottrina civilistica sta sostenendo, e che ci sia un inquadramento con un maggior respiro nell'intervento da parte del legislatore. Questo è il primo aspetto tecnico sul quale noi ci vorremmo soffermare.
  Il secondo aspetto sul piano tecnico è che un elemento di critica della sentenza, che però è un elemento di critica che si conserva anche in questa proposta di legge, è di aver dato preminenza ad un criterio rispetto agli altri criteri, ovvero il comma 2 dell'articolo 1 della proposta di legge, che stabilisce una serie di parametri, come ha detto poco fa la professoressa Mirzia Bianca, parametri nuovi, che allineano il nostro ordinamento a quello europeo, però colloca questi parametri in relazione alla determinazione del quantum, non in relazione alla determinazione dell’an, ed è questa la pecca grossa della sentenza di Cassazione e probabilmente anche di questa proposta di legge, aver voluto dare un parametro prevalente rispetto agli altri, mentre la nostra idea, nei dibattiti che abbiamo fatto, è quella di dare un equilibrio di questi parametri, che sono più parametri. Pag. 8
  Così come la sentenza ha voluto sviluppare troppo l'aspetto assistenziale e ha scisso il giudizio sull’an dell'assegno rispetto al giudizio sul quantum, noi saremmo propensi a pensare che i parametri debbano essere più d'uno anche in relazione al giudizio sull’an e che qualche volta il giudizio sull’an e sul quantum tendano a fondersi, non è possibile una separatezza di valutazioni di questo tipo, che mettono a fuoco eccessivamente un criterio rispetto all'altro.
  Se, quindi, la sentenza pecca di eccessiva radicalità nella valutazione solo dell'aspetto assistenziale, forse la legge pecca di eccessiva radicalità nella decisione dell'aspetto perequativo come aspetto prevalente rispetto a tutti gli altri aspetti, aspetto perequativo che poi potrebbe avere delle ricadute interpretative drastiche, perché il tenore di vita è una cosa (e possiamo essere d'accordo fra i parametri al tenore di vita), ma la perequazione vuol dire perequare anche in relazione ad aspetti di evoluzione di reddito, di patrimonio di uno dei coniugi, che non era neanche prevedibile al momento del matrimonio oppure che non rientrava in quella che era la prospettiva del tenore di vita di quel momento.
  Il criterio perequativo vuol dire eguaglianza, quindi vuol dire forzare anche questi criteri, ecco perché l'idea sul piano tecnico normativo che abbiamo maturato nelle discussioni all'interno della mia associazione è quella di parametrare tutti questi aspetti ad un identico livello, che non ci sia un parametro superiore agli altri, che si contempli quindi molto il comma 2 della proposta di legge, si inserisca nel citato comma 2 il criterio che il comma 1 detta come criterio preliminare (non sarà un criterio preliminare, sarà un criterio paritetico rispetto agli altri, numerosi criteri che sono stati adottati e che sostanzialmente corrispondono anche ad un criterio di equità e di giustizia).
  In poche parole, questa modalità, che non privilegia un criterio rispetto agli altri, ma che li pone tutti sullo stesso piano, consente al giudice una valutazione del caso concreto, perché questo è il vero punto, valutare il caso concreto. È chiaro che una rigidità della sentenza di Cassazione potrebbe privare di una tutela il coniuge debole, che si è dedicato interamente ai figli, magari a dei figli handicappati, e non ha potuto avere un reddito o un patrimonio o ha dovuto diminuire il proprio reddito e il proprio patrimonio, e questo sicuramente sul piano dell'equità e della giustizia non va bene.
  Quando però questi parametri sono collocati allo stesso livello degli altri, che sono inseriti nel comma 2 dell'articolo 1 della proposta di legge, eliminando quindi il ragionamento della sentenza di Cassazione per cui c'è un aspetto preliminare, l’an e poi il quantum, mentre tutto è collocato allo stesso livello nella determinazione effettiva di questo assegno di divorzio.
  L'elemento critico che vorremmo sottolineare è proprio questo: aver dato prevalenza ad un criterio rispetto agli altri, criterio che, se interpretato troppo rigidamente, rischia di portare a delle applicazioni ingiuste peggiori di quelle relative al tenore di vita.
  Ci sono poi altri aspetti sui quali, sul piano tecnico della normativa, vorremmo sottolineare uno spirito di modifica rispetto alle indicazioni che provengono dalla proposta di legge. Ne dico due o tre, in maniera rapida, e poi concludo, ad esempio l'ultimo comma, che reintroduce il profilo della violazione degli obblighi come profilo rilevante ai fini della determinazione dell'assegno.
  La perplessità che nasce da questo criterio, e anche qui ancora una volta averlo focalizzato in modo autonomo rispetto ai criteri del comma 2 dell'articolo 1 della proposta di legge, che invece secondo me dovrebbero essere veramente il nocciolo della norma, rischia di avere introdotto in sede di divorzio quel tema dell'addebito della responsabilità della separazione che è un tema sul quale l'Avvocatura, la giurisprudenza da tempo va con tematiche fortemente critiche, spesso si inasprisce nei contesti delle liti proprio il profilo dell'addebito, quindi siamo tutti d'accordo che vorremmo abolire questo addebito all'interno della separazione. Pag. 9
  La scelta della separazione, purtroppo, è una scelta unilaterale, volersi separare è un recesso unilaterale, questa è un po'la caratteristica, quindi nell'aver voluto valorizzare la violazione degli obblighi nell'ultimo comma dell'articolo 1 della proposta di legge c'è il rischio di introdurre anche nel contesto del divorzio il profilo dell'addebito, tra l'altro con tutta una problematica di rapporti tra il giudizio che pende ancora in separazione, perché ormai tutti i procedimenti di divorzio si introducono quando pende ancora il giudizio di separazione sull'addebito, con la pendenza del giudizio di separazione e la problematica di una cognizione, in sede di divorzio, dell'eventualità che la causa dello scioglimento, la causa della separazione sia dovuta alla violazione di obblighi matrimoniali da parte di uno dei coniugi.
  Anche questo profilo, che era già però contenuto nel vecchio testo quando si faceva riferimento alle cause che avevano originato la separazione, potrebbe rimanere in quel contesto. Averlo focalizzato, invece, come aspetto autonomo rischia di creare motivi di liti maggiori in sede divorzile, problematiche di rapporti non secondari tra l'addebito ancora pendente in sede di separazione e l'addebito pendente in sede di divorzio.
  Ancora un aspetto. Uno dei problemi tecnicamente più importanti, ma con ricadute pratiche enormi della sentenza della Cassazione è quello di capire se questa sentenza si applichi ai giudizi pendenti. Ci si chiede questa sentenza cosa provochi sui giudicati che si sono nel frattempo formati. Questo è uno dei temi sui quali si discute molto oggi.
  Credo che aver modificato i criteri (perché questa legge li modifica, come li ha modificati la sentenza della Cassazione) attraverso i quali si determina l'assegno divorzile vuol dire imporre alle parti degli oneri di allegazione dei fatti nel processo e di prova che sono diversi rispetto a quelli originari. Quando dico, infatti, che l'assegno divorzile si fonda su presupposti diversi di quelli del recente passato, impongo a colui che chiede l'assegno di divorzio di allegare e di provare fatti diversi, quindi credo che qui la legge non possa disinteressarsi totalmente di un problema (la magistratura su questo punto è molto chiusa) di una remissione in termini per i giudizi pendenti delle parti che si vedono modificate in corso di causa le regole applicabili e dovranno evidentemente poter riallegare fatti che avevano trascurato perché non rilevanti in una prima fase e rispetto a questi poter dedurre prove che in un primo momento non avevano dedotto.
  Ricordo che la materia dell'assegno divorzile ormai è una materia disponibile, e la Cassazione è chiara, ma è chiara tutta la giurisprudenza, sono le parti che hanno oneri di provare i presupposti e di allegare i presupposti, senza i quali il giudice non dà l'assegno di divorzio.
  Credo quindi che la legge debba porsi anche il problema di una eventuale remissione in termini, a fronte della modificazione delle fattispecie che danno origine all'assegno di divorzio, e che quindi si dia un segno perché, in dibattiti che ho avuto anche recentemente con Lamorgese tra gli altri, ho notato una certa chiusura, e la giurisprudenza ovviamente tende ad un'interpretazione che aggravi il meno possibile i carichi sul tavolo del giudice.
  Poi c'è il giudicato, ma il giudicato blocca il passato, ma non blocca il futuro nei rapporti di durata, quindi dovremmo anche forse porci il problema (e qui c'è una discussione enorme tra processualisti e civilisti) se questa modifica dei criteri, quelli suggeriti dalla Cassazione e quelli suggeriti da questa legge, consenta per il futuro una revisione dei giudicati che già si sono formati.
  Questo è un altro tema sul quale credo che il legislatore dovrebbe misurarsi, perché qualcuno sostiene che lo ius superveniens qui abbia modificato talmente i fatti e le circostanze da consentire la revoca, e altri hanno una visione molto forte del giudicato, per cui senza un fatto nuovo il giudicato non si può cambiare.
  Il legislatore non deve trascurare queste ricadute, perché qui si gioca molto della giustizia dei criteri che vengono dati. Se si cambiano i criteri, si cambiano le regole del gioco, e credo che sia necessario porci Pag. 10anche dei problemi processuali. Le parti possono vedersi riaperti i termini per allegare i fatti nuovi rilevanti, possono dedurre nuove prove rispetto a una prospettiva di modifica della disciplina che è stata operata, i giudicati per il rapporto futuro (non per il passato) possono essere messi in discussione.
  Sono temi delicati, sui quali gli avvocati sono molto preoccupati nella loro attività quotidiana, quindi, per concludere, saremmo propensi a valutare l'opportunità di questo intervento per i nuovi criteri, fra cui anche quello principale, ma in un contesto di equilibrio tra i criteri, in cui non vi sia questa preferenza di un criterio rispetto agli altri e si dia particolare attenzione anche agli aspetti tecnici processuali, che discendono dall'applicazione della normativa.
  Chiederei, se possibile, di poter aggiungere nei prossimi giorni una nota, che farei acquisire per lasciare traccia di questo intervento. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie. Non so se ci sono altri interventi, ma sicuramente possono essere inviate utili note scritte di ulteriore ampliamento dei temi, soprattutto su proposte di miglioramento del testo. Lascio la parola all'avvocata Fiorella D'Arpino, presidente della sezione di Roma dell'Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia.

  FIORELLA D'ARPINO, presidente della sezione di Roma dell'Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia. Innanzitutto, ringrazio la presidente della Commissione per l'attenzione che ha ritenuto opportuno riservare alla sezione romana dell'organismo presieduto dal professor Cecchella.
  L'Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia è un organismo che ormai copre su scala nazionale tutta la realtà giuridica del nostro Paese, ci sono sezioni in qualunque parte d'Italia. La sezione di Roma opera su un territorio molto vasto, dove è presente una realtà diversa anche all'interno della nostra stessa sezione (prossimamente verrà audita la presidente della sezione del Tribunale civile), dove operano molti giudici rispetto ad altri tribunali, ci sono molte idee che confluiscono e il dibattito è molto acceso.
  Questo comporta delle conseguenze. Sul piano della validità del dibattito sicuramente c'è un grande arricchimento, perché sul territorio di Roma sono presenti anche moltissime associazioni che si occupano di diritto di famiglia, quindi noi stessi confrontandoci siamo portati a riflettere su tutti gli aspetti che un argomento del genere pone alla nostra attenzione. Nella sezione romana, quindi, c'è stato subito un grande rilievo, ovviamente confermo i rilievi fatti dal presidente che ha ascoltato e oggi riferisce il risultato di una discussione che è ancora in corso.
  Avremo un convegno previsto per il 23 ottobre prossimo che abbiamo intitolato L'assegno divorzile. Opinioni a confronto e dal risultato di questa discussione ognuno di noi avrà forse le idee più chiare.
  Per quanto riguarda la situazione attuale, le colleghe della sezione mi hanno pregato di riferire alla Commissione che ovviamente, essendo noi avvocati, come ha rilevato il professor Cecchella, è preminente l'aspetto procedurale, quindi sicuramente questa legge è una legge opportuna, tornare a discutere dell'articolo 5 dopo tantissimi anni era doveroso, forse non ci doveva nemmeno essere una pronuncia da parte della Corte di Cassazione che ha creato tutto questo scalpore, però tutto questo avrà anche dei risvolti positivi, perché noi oggi potremmo avere una nuova legge, che tiene conto di tutti i mutamenti che ci sono stati nella nostra società.
  Il diritto di famiglia è soggetto a tutto quello accade e bisogna avere una visione a 360 gradi per cogliere tutte le richieste che provengono dal cittadino normale. Sappiamo tutti che l'orientamento della Cassazione è mutato partendo da un caso che non rispecchia la condizione della maggioranza dei soggetti che vengono ad affrontare il divorzio, quindi già questo caratterizza una situazione anomala, la realtà è ben altra.
  Tenere conto di un'evoluzione che c'è stata, che sicuramente ha portato alla maggiore indipendenza e autonomia da parte della donna, che oggi all'interno della famiglia Pag. 11 ricopre un ruolo molto più importante ed è molto più libera, non può però farci credere che in realtà quella sentenza focalizzi, parlando dell'articolo 23 della Costituzione, non dell'articolo 29 (questa è una cosa che molte colleghe mi hanno sottolineato: si parla dell'articolo 23, ma non si parla dell'articolo 29, e questo impone una riflessione).
  Il testo, che speriamo abbia una corsia preferenziale, ci impone una scelta: oggi dobbiamo chiederci se la famiglia sia quell'organismo dove le persone, come indicato dalla professoressa Bianca, si uniscono per creare qualcosa di nuovo, quale sia il senso di responsabilità, se sia vero che con il divorzio finisca il matrimonio per sempre o quell'unione imponga una riflessione di tipo diverso, una concezione diversa del senso di responsabilità e di quella cosiddetta «autonomia» che tutti aspirano a raggiungere.
  Per parafrasare Zygmunt Bauman, che ha scritto molto di questi argomenti, oggi di fronte a una società molto liquida, dove ci sono grandi spunti, dove ci sono rapporti molto più abbreviati, dove tutto si consuma, come dice l'illustre filosofo, quando il legislatore deve affrontare queste tematiche deve partire da questo tipo di concezione o deve tenere sempre presente la nostra Carta costituzionale, che rimane ancora moderna?
  Da ultimo, vorrei portare l'attenzione su un aspetto: sotto il profilo tecnico noi abbiamo un articolo 9, che sancisce la possibilità di chiedere la revisione di una sentenza di divorzio o di separazione, è una specificità del nostro ordinamento, quindi abbiamo già uno strumento per rivedere, di fronte a determinati cambiamenti, gli assegni stabiliti in precedenza. Indicizzare e stabilire che un assegno duri poco, per un certo periodo di anni, potrebbe creare un problema tecnico di sovrapposizione, perché poi avremmo la possibilità di invocare l'articolo 9 prima di quella scadenza ipotizzata nella sentenza?
  Noi avvocati ci poniamo spesso, come ha sottolineato il presidente, queste problematiche tecniche, perché sono queste che poi fanno sì che ci sia una pluralità di richieste di intervento e che i tribunali siano oberati, quindi forse questa legge, che è opportuna e necessaria, dovrà molto riflettere anche sugli aspetti procedurali di questo nuovo testo e sulle conseguenze, e riflettere a monte sulla concezione dei rapporti, sulla vita delle relazioni.
  Abbiamo avuto pochi giorni fa una sentenza del Tribunale di Roma che ha negato un assegno divorzile, basandosi sul fatto che il soggetto obbligato aveva ormai costituito un'altra famiglia e che in questa famiglia c'erano anche dei figli, quindi ha detto con parole molto dure, ma molto chiare che in capo a quella nuova famiglia sorge tutta una serie di profili di responsabilità nei confronti di questo signore, quindi il matrimonio precedente non ha più alcuna rilevanza, tamquam non esset. Credo che su questo bisognerà ancora riflettere molto. Grazie, presidente.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, avvocato. Vorrei chiedere una precisazione, così magari mi possono aiutare a capire meglio. Innanzitutto, questa proposta non nasce in reazione (lo dico perché il legislatore non fa leggi in reazione) a una sentenza, ma nasce dalla constatazione che, a seguito di una sentenza che ha rivoluzionato una interpretazione durata 27 anni, si è creata soprattutto un'incertezza applicativa.
  Credo che questo sia dovere del legislatore, per evitare che si dica che la magistratura fa la supplenza e il legislatore si gira i pollici, ma forse questa volta siamo stati troppo tempestivi e allora veniamo tacciati di averlo fatto in reazione alla sentenza, mentre assolutamente no, massimo rispetto, anzi ringraziamo una giurisprudenza anche coraggiosa della Cassazione che tiene conto dell'evolversi dei costumi al punto tale da avere il coraggio di dare una stimolo diverso, tanto è vero che sono in corso dibattiti e confronti.
  Mi chiedo però (lo dico anche un po'duramente) sulla pelle di chi si facciano questi dibattiti e questi confronti, perché il cittadino ha bisogno di una giustizia uniforme, prevedibile, di conoscere i propri diritti e i propri doveri. I dibattiti e i convegni piacciono a noi giuristi, però credo che sia compito del legislatore dare delle linee guida certe. Ecco perché ci siamo fatti Pag. 12carico – sicuramente tardi, non in reazione – e la materia della famiglia (il professore l'ha voluto dire in maniera troppo buona nei miei confronti, ma in realtà noi ci siamo occupati di qualche aspetto del diritto di famiglia) andrà sicuramente affrontata nelle prossime legislature.
  Noi abbiamo messo qualche punto con il divorzio breve, le unioni civili, l'indagine conoscitiva sulle adozioni, questa proposta di legge che tutti auspichiamo possa avere un termine, ma sappiamo che siamo in fase di scadenza di legislatura. Ma poiché nulla è mai perduto, anche un dibattito parlamentare serio con il vostro contributo può dare un segnale, quindi non è una reazione indispettita (vorrei che fosse chiaro, perché a volte il Parlamento sembra che stia qui a rispondere al giudice, mentre assolutamente no, tantomeno da parte mia che sono magistrato in aspettativa per mandato parlamentare), ma è cercare di dare una risposta chiara.
  Il Presidente Cecchella evidenziava come la critica mossa a questa proposta di legge, ferma restando la bontà di alcuni criteri, è che bisognerebbe mettere insieme i parametri dell’an e del quantum e non fare una gerarchia, ma in realtà non c'è una gerarchia dal mio punto di vista, avendo presentato la proposta, anche se forse può essere frainteso e vorrei il vostro aiuto perché andiamo per step, abbiamo iniziato oggi con voi le audizioni e le completeremo, quindi questa è una fase per noi molto importante di confronto con gli esperti.
  Il comma 1 dell'articolo 1 della proposta di legge che si inserisce nel sesto comma dell'articolo 5 della legge n. 898 del 1970, fa riferimento a un criterio generale, prioritario, dice che allo scioglimento del matrimonio un assegno a favore del coniuge è «destinato a compensare, per quanto possibile, la disparità che si crea nelle condizioni di vita dei coniugi». Questo è un criterio ispiratore generale, poi i parametri e la determinazione ai fini... cioè non c'è priorità.
  Volevo quindi rappresentare che non c'è una priorità di un criterio rispetto a un altro, c'è l'individuazione di parametri che noi abbiamo cercato di rendere più attuali (suggerimenti di miglioramenti e emendamenti sono comunque ben accetti), in cui si cerca, rispetto al testo attuale che è molto sintetico, di rendere il percorso motivazionale del giudice e quindi i parametri di riferimento del giudice non affidati alla sensibilità del singolo giudice (lo dico da magistrato).
  La libertà di interpretazione è sicuramente una prerogativa del giudice e fa parte dei suoi compiti costituzionalmente garantiti, però come legislatori (quindi ben vengano proposte per essere più specifici) dobbiamo dare il percorso motivazionale di riferimento dei parametri a cui il giudice si deve riferire, di cui dovrà tener conto nella motivazione della sentenza, perché questo è il provvedimento, non è che la mattina mi sveglio e decido di dare più sensibilità a uno o all'altro.
  Noi abbiamo valutato questo, quindi aiutateci, se possibile, anche attraverso contributi scritti, perché il mio intento sarebbe quello di chiudere le audizioni tra due sedute (tre sedute in tutto) e fissare un termine per gli emendamenti e cercare almeno alla Camera di approvare un testo. Questo, infatti, non è un lavoro sprecato, sia che si riesca a chiudere, sia che non si riesca a chiudere è anche un modo per fornire lavori preparatori del Parlamento che sono motivo di dibattito ai convegni, ma possono essere anche riferimento per la giurisprudenza, che è ancora molto oscillante.
  Se il Procuratore Generale della Cassazione ha chiesto alle Sezioni Unite sul punto (non sono state accolte, però le ha chieste) significa che la sentenza Lamorgese è una sentenza importante e argomentata, però non ha risolto.
  Se lo vogliamo risolvere in via interpretativa attraverso la giurisprudenza perché il Parlamento non è in grado di fare la legge, benissimo (siamo indietro su tante cose e saremo indietro anche su questo). Però noi (è stata firmata anche da tanti altri colleghi) ci vorremmo mettere un po'di attenzione, sapendo benissimo, come voi tutti avete detto bene, che la questione della possibilità di accesso diretto al divorzio è un tema che abbiamo affrontato e Pag. 13volevamo già risolvere all'inizio della legislatura, ma non c'è stata una maggioranza così definita su questo punto.
  Questa è soltanto una riflessione che ho voluto fare non tanto per porre domande, quanto per farvi capire che c'è una grande attenzione, una grande consapevolezza della delicatezza della materia, quindi ben vengano suggerimenti processuali, perché la legge potrebbe creare problemi di diritto transitorio di prima applicazione, quindi dobbiamo porci tutte le problematiche.
  Non so se vogliate aggiungere qualcosa.

  CLAUDIO CECCHELLA, presidente nazionale dell'Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia. Solo un minuto, per dire che non ho mai pensato che il legislatore volesse «tappare la bocca» alla giurisprudenza (ci mancherebbe), però certo avremmo gradito come associazioni specialistiche un ripensamento più ampio, però mi rendo conto che siamo agli sgoccioli della legislatura ed è già importante arrivare ad elaborare questo testo.
  Sull'altro aspetto, ho qualche obiezione da fare, perché quel comma, collocato in quella posizione rispetto al comma 2, dà la sensazione che si privilegi quel criterio, e uno dei motivi di critica alla sentenza (credo che anche professor Bianca sia d'accordo) è proprio quello di aver voluto privilegiare uno dei criteri, invece i criteri secondo me vanno messi sullo stesso piano e quel criterio perequativo, che emerge chiaramente nel comma 2, potrebbe essere inserito nel comma 3, come anche quello relativo agli obblighi, che, isolato così, dà l'idea di un accertamento della violazione dell'obbligo, quindi dell'addebito nel divorzio, cosa di cui noi avvocati che quotidianamente frequentiamo le aule giudiziarie siamo terrorizzati, perché, come lei in quanto giudice saprà, sono un focolaio di discussioni.
  Forse è un problema di sistemazione, poi i princìpi sono perfettamente...

  PRESIDENTE. Ho capito benissimo. Professoressa Bianca, vuole aggiungere qualcosa?

  MIRZIA BIANCA, professoressa di Istituzioni di diritto privato presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza». Volevo solo completare quanto già detto dal Presidente Cecchella, perché la distinzione tra an e quantum risale neanche alla sentenza del 2017, ma fu fatta dalla sentenza a Sezioni Unite, ed è una distinzione che però nella lettera della legge, come il presidente sa bene, non c'era né prima, né tantomeno adesso.
  Come giustamente diceva, siccome ce la portiamo dietro da tempo, è opportuno superarla.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio molto anche a nome dei colleghi. Qualunque contributo scritto sarà sicuramente molto gradito.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.15.