XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 22 novembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI INTERCETTAZIONE DI CONVERSAZIONI O COMUNICAZIONI (ATTO DEL GOVERNO N. 472)

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati (ANM), dell'Unione delle Camere penali italiane (UCPI), del Consiglio nazionale forense (CNF), del Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti e della Federazione nazionale della stampa italiana.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Verna Carlo , Presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 4 
Castellaneta Marina , professoressa ordinaria di diritto internazionale e rappresentante della Federazione nazionale della stampa italiana ... 4 
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 
Lorusso Raffaele , Segretario generale della Federazione nazionale della stampa italiana ... 5 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Migliucci Beniamino , Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane (UCPI) ... 6 
Petrelli Francesco , Segretario dell'Unione delle Camere penali italiane (UCPI) ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Migliucci Beniamino , Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane (UCPI) ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Petrelli Francesco , Segretario dell'Unione delle Camere penali italiane (UCPI) ... 9 
Migliucci Beniamino , Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane (UCPI) ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
De Michele Antonio , Consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense (CNF) ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
De Michele Antonio , Consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense (CNF) ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
De Michele Antonio , Consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense (CNF) ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Albamonte Eugenio , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM) ... 12 
Dominijanni Giancarlo , Componente del Comitato direttivo centrale dell'Associazione nazionale magistrati (ANM ... 15 
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 
Dominijanni Giancarlo , Componente del Comitato direttivo centrale dell'Associazione nazionale magistrati (ANM ... 16 
Albamonte Eugenio , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM) ... 16 
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 16 
Ferranti Donatella , Presidente ... 17 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 17 
Ferranti Donatella , Presidente ... 18 
Albamonte Eugenio , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM) ... 19 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 19 
Albamonte Eugenio , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM). ... 19 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 19 
Ferranti Donatella , Presidente ... 19 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 19 
Albamonte Eugenio , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM) ... 19 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 20 
Albamonte Eugenio , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM) ... 20 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 20 
Albamonte Eugenio , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM) ... 20 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 20 
Albamonte Eugenio , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM) ... 20 
Migliucci Beniamino , Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane (UCPI) ... 20 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 21 
Albamonte Eugenio , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM) ... 21 
Migliucci Beniamino , Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane (UCPI) ... 21 
Ferranti Donatella , Presidente ... 21

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Civici e Innovatori - Energie PER l'Italia: Misto-CI-EPI;
Misto-Direzione Italia: Misto-DI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI-Liberali: Misto-FARE!PRIL;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI) - Indipendenti: Misto-PSI-PLI-I.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati (ANM), dell'Unione delle Camere penali italiane (UCPI), del Consiglio nazionale forense (CNF), del Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti e della Federazione nazionale della stampa italiana.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni (Atto del Governo n. 472), di Eugenio Albamonte, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM), di Beniamino Migliucci, Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane (UCPI), di Antonio De Michele, Consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense (CNF), di Carlo Verna, Presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, di Giuseppe Giulietti, Presidente della Federazione nazionale della stampa italiana.
  Il Presidente Giulietti sta arrivando, però sono già presenti il Segretario generale della Federazione nazionale della stampa italiana, dottor Raffaele Lorusso, e la professoressa ordinaria di diritto internazionale e rappresentante della Federazione nazionale della stampa italiana, Marina Castellaneta.
  Lascio quindi la parola al Presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, Carlo Verna.

  CARLO VERNA, Presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti. Innanzitutto grazie, presidente, ringrazio la Commissione per questa audizione.
  Faccio soltanto un brevissimo preambolo d'intesa con il segretario della Federazione nazionale della stampa, Raffaele Lorusso, perché noi crediamo che su certe tematiche i giornalisti debbano parlare con la stessa voce, quindi stiamo facendo una serie di cose congiuntamente, in particolare sulle questioni dei diritti. Noi riteniamo che il giornalismo in questo Paese, il giornalismo in questo frangente estremamente complesso anche per delle fenomenologie sovranazionali abbia bisogno di una straordinaria unità e abbia soprattutto bisogno di più libertà.
  Noi siamo, infatti, i portatori del diritto dei cittadini di essere informati correttamente, come la Corte costituzionale ha avuto modo di sottolineare nel rovescio passivo dell'articolo 21 della Costituzione, in cui è previsto il diritto di manifestare liberamente le proprie opinioni.
  Da questo punto di vista, noi crediamo che le normative debbano avere un rafforzamento delle libertà, e ci sembra curioso che non ci si occupi di alcune questioni che riguardano le querele temerarie, che sono una compressione assurda della libertà del giornalista, laddove incidendo nella sfera individuale del professionista portatore di questo diritto si incide sulla comunità. Io dico spesso, infatti, che il giornalista è un postino del diritto, perché va a recapitare questo diritto di sapere del cittadino. Pag. 4
  Evidentemente ci sono queste minacce morali fortissime, alle quali non possono essere date delle risposte lasciate soltanto al libero apprezzamento del giudice nella misura della condanna o, come autorevolmente suggerito in passato, peraltro da un Presidente emerito della Camera, una domanda riconvenzionale che viene spiegata per sottolineare come quella querela temeraria abbia sortito un effetto di compressione del diritto del professionista, ma anche della comunità, colpita nel diritto di sapere.
  Da questo punto di vista, noi pensiamo che questo schema di decreto abbia dei dettagli molto pericolosi, soprattutto sul tema della rilevanza sociale della notizia, il cui arbitro non può che essere il giornalista. Ci rendiamo conto di quanto sia delicato il bilanciamento dei diritti in campo, ma riteniamo di dover far sentire, insieme con Raffaele Lorusso e con il Presidente Giulietti, quindi Ordine Nazionale dei giornalisti, ente pubblico associativo e sindacato unico e unitario dei giornalisti, questo parere che la professoressa Castellaneta adesso a nome nostro articolerà.

  PRESIDENTE. Grazie di questo preambolo e anche di questa sintesi. Prego, professoressa.

  MARINA CASTELLANETA, professoressa ordinaria di diritto internazionale e rappresentante della Federazione nazionale della stampa italiana. Grazie, presidente, grazie ai componenti della Commissione per l'attenzione.
  Il primo punto su cui mi vorrei soffermare è l'aspetto relativo alla delega, nel senso che l'atto del Governo sembra andare al di là della delega concessa e prevista dall'articolo 1, comma 84, lettera c), della legge n. 103 del 2017, perché questa lettera c) prevede che il Governo eserciti la delega, tenendo conto delle decisioni e dei princìpi adottati con le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo a tutela della libertà di stampa e dei diritti dei cittadini all'informazione.
  In realtà, l'aspetto di quest'atto del Governo è che c'è tutta una tendenza, che si legge nelle pieghe delle norme tracciate, del tutto contraria ai baluardi che la Corte europea ha stabilito. Attraverso l'interpretazione dell'articolo 10 della Convenzione, che, come ricordiamo, è uno strumento vivente, per cui deve essere corredato dalla giurisprudenza della Corte europea, la Corte europea ha ritenuto essenziale come valore fondamentale, forse più di tutti gli altri, il diritto alla libertà di informazione e l'esercizio della libertà di stampa, perché quando si protegge la libertà di stampa, che è essenziale per una democrazia, si protegge non soltanto il diritto del giornalista di informare, ma il diritto della collettività a ricevere notizie d'interesse pubblico. Questo è un aspetto certamente importante.
  Mi preme sottolineare come la Corte abbia rilevato molto spesso, in alcune sentenze e nel parere richiamato, l'importanza della libertà di informazione anche sul segreto investigativo. Abbiamo citato nel parere diverse sentenze in cui, laddove sebbene fosse stato violato il segreto istruttorio e fossero stati pubblicati addirittura atti di indagine e stralci di intercettazioni, la Corte europea in tutti i casi in cui si trattava di notizie d'interesse pubblico (questo naturalmente è quello su cui bisogna insistere, quindi non notizie di mero gossip, che ovviamente non sono degne di tutela nell'ambito della Corte europea, perché servono soltanto a soddisfare un pubblico limitato di persone, ma quando invece le notizie sono di interesse pubblico) le ha definite come un bene, per di più un bene deperibile, quindi ha sottolineato anche l'importanza della tempestività dell'informazione.
  Nell'atto del Governo, invece, se non direttamente, vengono posti degli ostacoli indiretti, nel senso che non c'è una norma specificamente rivolta all'attività giornalistica in senso stretto, ma ci sono degli ostacoli indiretti. L'articolo 10 della Convenzione, che per questo riteniamo vada in modo contrario rispetto alla delega fornita nella legge 103 del 2017, impone non soltanto obblighi negativi, cioè l'obbligo di non ingerirsi nella libertà di informazione del giornalista, ma anche obblighi positivi, cioè di attuare tutta una serie di misure che consentano al giornalista di esercitare il suo lavoro. Pag. 5
  Vorrei anche sottolineare che la situazione della libertà di stampa in Italia è da anni all'attenzione degli organismi internazionali, quindi, sarebbe stato opportuno valutare ciò, più che adottare un atto che «fa sparire» la notizia – perché, eliminando le trascrizioni o blindandole in modo molto articolato, con dei profili in cui probabilmente la polizia giudiziaria ha un potere molto forte nella valutazione di ciò che è di interesse per l'indagine o meno, si fa proprio sparire la notizia, il documento che invece serve per garantire la correttezza dell'informazione.
  Se prima il giornalista aveva la possibilità di rifarsi a un documento o a un testo scritto (ovviamente mi riferisco sempre e soltanto alle notizie di interesse pubblico), facendo scomparire le trascrizioni, ovviamente, scompare il documento e si ha quindi un ostacolo, diretto in questo caso all'attività del giornalista.
  Voglio precisare, tra l'altro, che anche il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, in alcune linee guida riguardanti le regole d'informazione attraverso i media relativi ai procedimenti penali, ha affermato espressamente che il pubblico deve avere la possibilità di ricevere informazioni anche sulle attività delle autorità giudiziarie e il giornalista deve essere messo nelle condizioni di poter liberamente accedere a queste informazioni e fare commenti sul funzionamento dell'attività della giustizia.
  Quando si è trattato di casi di pubblicazione di intercettazioni telefoniche, come il caso Dupuis contro Francia, in cui erano stati pubblicati dei brogliacci di intercettazioni e materiale di indagine coperto da segreto istruttorio, la Corte ha espressamente condannato la Francia proprio perché la notizia era di interesse pubblico. Questo deve essere il discrimine.
  Ricordo che, purtroppo, in Italia sono ancora presenti degli elementi di profondissima difformità rispetto alle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo, che l'Italia è stata condannata nel caso Belpietro, nel caso Ricci contro Italia, laddove la Corte aveva pur affermato che probabilmente gli articoli erano diffamatori, ma la semplice previsione del carcere, che rimane fra i pochi Paesi del Consiglio d'Europa nell'ordinamento italiano, non è stata a tutt'oggi eliminata. Questo è uno degli aspetti. Fra l'altro, ricordo che a settembre 2016 è stato comunicato un ulteriore ricorso all'Italia nel caso Sallusti contro Italia, quindi c'è l'ulteriore rischio di un'altra condanna.
  Questo atto del Governo che rende così farraginoso, così difficile poter rintracciare un documento che serve per la trasmissione alla collettività di notizie d'interesse pubblico, è certamente in contrasto con tutti gli atti internazionali esistenti. Secondo noi, fra l'altro, risulta anche in contrasto con la Costituzione, in particolare con l'articolo 117, tenendo conto che l'articolo 10 della Convenzione entra nel nostro ordinamento proprio grazie all'articolo 117 della Costituzione e che le norme della Convenzione europea sono norme di rango sub-costituzionale, quindi, dovrebbero prevalere sempre su norme e leggi ordinarie.
  Chiediamo, quindi, che venga riformata e tenuta nella giusta considerazione tutta la giurisprudenza della Corte europea, che in effetti non è mai citata in nessun atto del Governo.

  PRESIDENTE. Grazie, professoressa. Il segretario generale della Federazione nazionale della stampa, Raffaele Lorusso, voleva aggiungere una considerazione. Prego.

  RAFFAELE LORUSSO, Segretario generale della Federazione nazionale della stampa italiana. Grazie. Chiederemo di mettere agli atti il parere che le consegnerò. Mi permetto di consegnare alla Commissione un rilievo a fronte di queste norme che, come ha spiegato la professoressa, tendono a circoscrivere e anche a limitare la libertà di informazione.
  Dobbiamo prendere atto con rammarico che, nemmeno in questa legislatura, si è avuta la forza e la volontà politica di abrogare il carcere (la norma dell'articolo 595 del Codice penale è ancora lì), ma mi permetto anche di segnalare una deriva pericolosa degli ultimi mesi e delle ultime settimane, ossia l'uso, a nostro modo di vedere non corretto, della polizia giudiziaria, che ormai entra Pag. 6nelle redazioni, sequestra gli hard disk dei computer dei giornalisti.
  Questo dal nostro punto di vista è un assalto al segreto professionale e al diritto della protezione delle fonti, che viene riconosciuto anche da sentenze della Corte europea ai giornalisti. Mi permetto di segnalarlo perché credo di essere nella sede opportuna. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Mi ha preceduto nella richiesta, perché, ovviamente questa è un'indagine conoscitiva quindi è tutto trascritto e documentato per i colleghi e anche per coloro che non ci sono, però nel frattempo acquisiamo i documenti che oggi o entro il termine massimo del 30 novembre vorrete inviarci.
  Nel frattempo, è arrivato anche il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Eugenio Albamonte, accompagnato da Giancarlo Dominijanni, componente del Comitato direttivo centrale dell'Associazione nazionale magistrati.
  Ora darei la parola al Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane, Beniamino Migliucci.

  BENIAMINO MIGLIUCCI, Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane (UCPI). Intanto grazie per l'invito, presidente. Noi abbiamo dato una valutazione sostanzialmente negativa di questo schema di decreto e vorremmo invitare gli onorevoli di questa Commissione a considerare una cosa nelle valutazioni, che spesso è all'origine di una confusione di fondo: le intercettazioni, che sono un mezzo invasivo, uno dei più invasivi di indagine, vengono disposte perché si intende verificare, quando vi siano dei gravi indizi di reità che i reati vi siano, quindi le intercettazioni devono essere pertinenti al reato.
  Se si perde di vista questa questione, tutto il resto diventa strano nell'ambito della discussione, quindi si può pensare al voler proibire, ma il tema di fondo è questo.
  Il primo aspetto, con riguardo a questo tema è l'articolo 617-septies che è stato introdotto. Come riportiamo nel documento, l'intento è ragionevole, solo che c'è una limitazione che noi non comprendiamo. Mentre da una parte si capisce che si voglia punire chi fraudolentemente, quindi partecipando a un colloquio, intercetti una conversazione e poi la diffonda per finalità che non siano quelle previste dall'articolo, se però il divieto riguarda solo questo, viene escluso dal divieto chi, invece, diffonda questa conversazione senza avervi partecipato, il che probabilmente è una condotta persino più grave.
  Se l'intento era quello di vietare la divulgazione di captazioni fraudolente, ma che non avessero nulla a che vedere con il reato, io punisco solo – prevede la norma – chi ha partecipato, ma non un altro, quindi io lo do a un altro, l'altro consapevolmente ha concorso, quindi questa condotta è la peggiore.
  L'articolo 2 dello schema di decreto legislativo prevede la modifica dell'articolo 103 del codice di procedura penale, che è prevista dalla delega. In particolare, si dice «la riservatezza dei colloqui tra assistito e difensore». Questa è una norma che trova già una disciplina nell'articolo 103 del codice di procedura penale vigente, che già vieta le intercettazioni. Se noi dobbiamo fare riferimento all'italiano, vietare le intercettazioni significa prima di tutto che, se io non posso intercettare, non posso neanche ascoltare, quindi questo è il tema di fondo.
  Questa norma è stata nel tempo male interpretata o aggirata. Anche qui l'intendimento è buono, ma non coglie nel segno e non dà neanche perfetta attuazione alla delega, perché la delega non si occupa tanto e non solo della diffusione di queste captazioni, cioè quello che abbiamo visto, ma della riservatezza, cioè si dice: consapevoli che c'è una doppia tutela costituzionale, che è quella della riservatezza e quella del diritto di difesa, a queste intercettazioni devi dare uno spazio di sacralità per un privilegio non a favore dei difensori, ma della funzione difensiva.
  L'avvocato (uso dei termini un po’ forti) per parlare con il proprio assistito non deve andare nelle catacombe, cioè deve poter parlare liberamente al telefono, deve poter colloquiare al telefono, è uno spazio che deve essere garantito, ma non per l'avvocato, per la funzione difensiva. Pag. 7
  Noi abbiamo avuto delle interlocuzioni con il Ministero e ci è stato segnalato che esisterebbero dei problemi di carattere tecnico, nel senso che è difficile interrompere perché l'operatore non sempre è presente. Abbiamo dato quindi delle indicazioni, che poi troverete trascritte in questo testo, perché riteniamo che questa norma non garantisca e soprattutto non renda possibile l'attuazione del citato articolo 103, così come disciplinato.
  Altro argomento. In questo caso sono vietate le trascrizioni, e questo sicuramente rafforza la tutela verso l'esterno, ma non quella interna, cioè ci sarà sempre la polizia giudiziaria che ascolterà quelle conversazioni tra assistito e difensore, le potrà riferire tranquillamente al Pubblico Ministero che le potrà ascoltare, e così la riservatezza interna, cioè per esempio la strategia difensiva, non sarà assicurata, con pregiudizio anche della parità delle parti, perché ovviamente altri non ascoltano le conversazioni che vengano fatte, come è giusto, tra il Pubblico Ministero ed altri.
  In questo caso si tratta di garantire la funzione difensiva. Non solo, ma questo divieto di trascrizione è un divieto che non è assistito da nessuna sanzione, e i divieti che non sono assistiti da sanzione sono dei divieti canzonatori. Una volta che invece le trascrivo, cosa accade? Non c'è una sanzione disciplinare, c'è soltanto una mera sanzione di inutilizzabilità, che sappiamo lascia poi alla fine il tempo che trova. Su questo noi diamo delle indicazioni molto precise, ribadendo che si tratta soltanto di garantire quello che il legislatore aveva voluto e quello che in parte viene ripreso anche in una sentenza della Corte costituzionale, la n. 1 del 2013, che incidentalmente, mentre parlava del Presidente della Repubblica, fa riferimento anche alla funzione difensiva.
  Credo, quindi, che nel 2017 si debba garantire questo spazio di sacralità ai colloqui tra assistito e difensore, che non ha nulla a che vedere con il riferimento a quando evidentemente un avvocato sia indagato o altro.
  La delega aveva anche un altro intento, quello di assicurare riservatezza ai colloqui delle persone che non fossero coinvolte nel procedimento penale o alle conversazioni che non fossero pertinenti ai fini di giustizia. Se voi verificate la formulazione dell'articolo 2 e quindi dell'articolo 268, comma 2-bis, del codice di procedura penale vedrete che anche in questo caso è disposto un divieto di trascrizione, ma non è assistito da alcuna sanzione. Anche in questo caso, se si trascrive, cosa accade? Non è previsto nulla, quindi rimane una sanzione senza alcun divieto.
  Un altro aspetto che ci permettiamo di sottolineare è quello relativo al deposito e ai verbali di registrazione, che precede temporalmente l'acquisizione al fascicolo delle indagini, la cosiddetta «udienza di selezione» delle captazioni. Intanto, vorrei che consideraste due cose. La prima: ormai siamo abituati a tutto, ma ci ha abbastanza offeso il tema relativo alla possibilità di ascoltare queste intercettazioni, ma di non poterne avere copia. Anche qua l'intento è chiaro. Si dice: le custodisce il Pubblico Ministero, l'avvocato se vuole le ascolta, ma non ne riceve copia cartacea e neanche puoi avere i supporti.
  A me sembrava (chiedo scusa se uso questo termine) di vivere nel «pianeta di Papalla», come se fossero gli avvocati che danno le intercettazioni che non devono essere date. Il Presidente Albamonte dice che qualche volta può essere, nella stragrande maggioranza dei casi esistono diverse tipologie di avvocati, l'avvocato deficiente esiste anche, ma poco, perché non fa gli interessi del suo cliente e quindi il 70-80 per cento lo attribuirei ad altri circuiti, non certo a quello dei difensori.
  Credo che anche questo tra l'altro si risolva in un pregiudizio soprattutto della difesa, perché evidentemente ascoltare, soprattutto per le persone che meno hanno e che si possono rivolgere a studi che magari non hanno neanche la possibilità di mandare collaboratori a sentire intercettazioni per diverso tempo e che devono poi fondare tutto sulla memoria, credo che sia un pregiudizio che vada valutato. Così come devono essere valutati, onorevoli, anche i tempi che vengono assegnati alla difesa, perché, se controllerete, si tratta di cinque Pag. 8giorni, e comprendete che, mentre il Pubblico Ministero ha dei tempi diversi che si dilatano nel tempo, la difesa in cinque giorni dovrebbe ascoltare e non avere copia, non poter sentire in studio, senza consultarsi con il proprio assistito, e poi formulare al giudice le proprie obiezioni.
  Anche in questo caso, nel primo schema che avevamo conosciuto grazie all'interlocuzione con il Ministero era prevista una udienza vera, c'era la discovery, un'udienza alla quale partecipava il Pubblico Ministero e partecipava il difensore. Qui, evidentemente, è stata accolta anche una richiesta di chi ritiene che ci sia del tempo che si perde nel procedimento, come se non vi fossero altri tempi sui quali invece incidere, ed è stata fatta una udienza in Camera di consiglio, cioè senza la presenza del difensore e del Pubblico Ministero.
  Questo naturalmente è un contraddittorio formale, mentre la delega prevedeva un contraddittorio pieno, perché in quella sede si può ribadire anche al giudice, soprattutto per l'avvocato che in quella fase ha maggiori difficoltà, perché, come dicevamo prima, il Pubblico Ministero ha ascoltato il supporto, l'avvocato ha cinque giorni, in quel caso si può interloquire anche con il giudice e spiegare le proprie obiezioni, le proprie ragioni e le proprie difficoltà, e anche perché alcune delle captazioni possano essere rilevanti per la difesa, mentre in un dialogo muto e tacito con una segnalazione si fa più fatica.
  Anche questo credo che sia da verificare, nel senso che è molto meglio che venga celebrata un'udienza nel contraddittorio tra le parti, perché questo è più rassicurante per tutti.
  Vi è poi il tema relativo alla conservazione delle captazioni che siano ritenute non rilevanti, che vengono assegnate a questo archivio segreto tenuto sotto la responsabilità del Pubblico Ministero. Anche qua c'è stata un'evoluzione in negativo dell'articolo 89 delle norme di attuazione, nel senso che prima si faceva un riferimento generico alla legge e ora si parla del Codice, cioè si dice che, invece di garantire alla difesa la possibilità di accesso a questo archivio che viene tenuto non da un giudice che segua quel procedimento, ma dal Pubblico Ministero, al difensore dovrebbe essere garantito di poter entrare in quell'archivio in ogni stato e grado del procedimento e senza particolari permessi.
  Soprattutto, non si dovrebbe chiedere al Pubblico Ministero la ragione del perché io chieda di entrare, perché il Pubblico Ministero è parte di quel procedimento e io non devo andare a spiegare alla mia controparte del procedimento perché voglio sentire una intercettazione o meno.
  Anche in questo caso, tra l'altro, c'è una sorta di pregiudizio nei confronti della difesa. L'intento è sempre quello di salvaguardare le intercettazioni che non siano pertinenti o rilevanti, però anche in questo caso può capitare che, tenuto conto che questa udienza in Camera di consiglio si fa in una fase tendenzialmente anticipata rispetto all'evoluzione processuale, potrei accorgermi di aver bisogno, sempre se la mia memoria regge il tempo, di una captazione, perché parlo con il mio assistito che mi dice che un giorno ha detto delle cose che smentiscono delle altre.
  Oltre alla difficoltà di andare a ricercare quanto ascoltato una volta, ma che non ho avuto modo di copiare, dovrei andare lì e stare anche del tempo ragguardevole e poi ancora una volta posso ascoltare, ma anche in questo caso non posso tenere né copia cartacea, né copia su supporti informatici. L'unico momento in cui il difensore ha la copia cartacea o su registrazione è il momento in cui il giudice decide quali intercettazioni siano pertinenti e rilevanti.
  Non so se l'avvocato Petrelli voglia aggiungere qualcosa. Credo di avere dato delle indicazioni, c'è un altro aspetto sul quale invito a una riflessione, la estensione delle norme che riguardano la criminalità organizzata mafiosa ai reati della pubblica amministrazione.
  Nella delega si parlava di una semplificazione alle condizioni. Bisogna capire la delega che cosa intendesse dire. In realtà, c'è una estensione che sembra rispondere a un'esigenza politica discutibile o meno, un'estensione a questi reati, per cui diventerebbero sufficienti e non gravi indizi di reità. Su questo abbiamo delle fondatissime perplessità, Pag. 9 che comunque lasciamo alla discussione.
  Io non avrei altro da aggiungere. Noi lasceremo uno scritto.

  FRANCESCO PETRELLI, Segretario dell'Unione delle Camere penali italiane (UCPI). Vorrei sottolineare soltanto un aspetto, che è già stato affrontato dal Presidente Migliucci, relativo alla compressione evidentissima del diritto di difesa che si produce attraverso la interdizione, motivata dalle argomentazioni precauzionali prima ricordate, che nel far questo comprime, se non elide, la possibilità di esercizio della funzione difensiva.
  Non avere la disponibilità di copia dei supporti informatici e dei cosiddetti «brogliacci» significa che il difensore è costretto, in processi che, come noi sappiamo, non infrequentemente comportano il deposito di un numero altissimo di intercettazioni, che, se non sono centinaia, sono anche migliaia, una conoscenza che non può che essere esercitata attraverso l'accesso alle postazioni di ascolto delle intercettazioni medesime.
  Questo significa, immaginando, ad esempio, un assistito in condizione di cautela in carcere, non poter avere la collaborazione diretta del proprio assistito nel riascolto e nella interpretazione di quei contenuti intercettativi che, come si vede agevolmente, si risolve in una compressione inammissibile e a nostro avviso in un profilo di incostituzionalità della norma, con riferimento all'articolo 3 e all'articolo 24 del dettato costituzionale.
  Vi è anche un altro profilo che appare utile sottolineare. Poiché questa interdizione al rilascio di copia non si risolve nella fase del deposito degli atti ai fini poi della selezione, ma permane, come è stato ricordato, con riferimento alle fasi successive, e quindi al deposito all'interno dell'archivio riservato di tutte le intercettazioni che non sono allo stato ritenute rilevanti, poiché è ovvio che il processo è un work in progress e quindi possiamo immaginare sia per l'accusa sia per la difesa che intercettazioni che all'inizio del procedimento possono risultare irrilevanti diventino invece rilevanti nel corso delle ulteriori acquisizioni e comprensioni dello scenario investigativo più maturo, è ovvio che questa disponibilità deve permanere per tutta la fase successiva di deposito nell'archivio.
  L'impossibilità di avere copia anche in quella fase, l'assoluta indeterminatezza di quelli che dovrebbero essere i criteri attraverso i quali il difensore può avere accesso all'archivio, perché il dire che si sta alle regole del Codice quando il Codice non prevede alcuna regola di accesso ad un archivio che non era precedentemente previsto dal legislatore, ci fa immaginare che l'unico criterio sia quello dell'articolo 116, perché il Codice non prevede altre regole di accesso.

  PRESIDENTE. Scusi, mi può dire l'articolo a cui si riferisce?

  BENIAMINO MIGLIUCCI, Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane (UCPI). L'articolo 89.

  PRESIDENTE. A me risulta che l'autorizzazione riguarda gli ausiliari, ma gli avvocati accedono.

  FRANCESCO PETRELLI, Segretario dell'Unione delle Camere penali italiane (UCPI). Si dice che «oltre agli ausiliari autorizzati dal Pubblico Ministero, possono accedere secondo quanto stabilito dal Codice i difensori delle parti...». Non possono accedere neppure le parti, per cui, laddove ci si dovesse trovare di fronte ad una conversazione di difficile interpretazione, io non posso avere copia, non c'è la possibilità di accesso all'archivio della parte medesima, non si capisce come si debbano risolvere compressioni simili del diritto difensivo.
  Un'ultima annotazione. Poiché l'articolo 8 dello schema di decreto legislativo parla di invarianza finanziaria, vedete bene che la impossibilità di avere copia significa disponibilità di accesso in tutte le fasi del procedimento all'ascolto delle intercettazioni, dei flussi. C'è bisogno di spazi, c'è bisogno di personale amministrativo, c'è bisogno di strumentazione e di manutenzione della strumentazione, perché i singoli collaboratori degli avvocati, gli avvocati e i Pubblici Ministeri devono poter accedere a Pag. 10questi spazi, dei quali le nostre procure non sono dotate. Parlare di invarianza finanziaria, dovendo invece allestire spazi logistici di questa portata...

  BENIAMINO MIGLIUCCI, Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane (UCPI). Se mi consente, presidente, nei cinque giorni di processi, che sono magari con tanti imputati, dove vanno tutti gli avvocati a sentire in cinque giorni? Credo che sia un problema.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio. Se lasciate il vostro documento, lo acquisiamo. Do adesso la parola al Consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense, avvocato Antonio De Michele.

  ANTONIO DE MICHELE, Consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense (CNF). Innanzitutto, ringrazio la presidente della Commissione e tutti i commissari per l'attenzione che porranno a questo mio brevissimo, quasi telegrafico, intervento.
  Sono stato delegato dal Presidente Mascherin, del quale porto il saluto, però dico subito che il mio intervento sarà in piena autonomia rispetto a quello che probabilmente crede Mascherin. Io sono uno dei pochi avvocati all'interno del Consiglio nazionale forense che prevalentemente svolge attività penale, e questo è il motivo della delega in mio favore.

  PRESIDENTE. Però interviene a nome del Consiglio nazionale forense e non suo personale.

  ANTONIO DE MICHELE, Consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense (CNF). Certamente. Entro immediatamente nel merito dicendo subito che il Consiglio nazionale forense tramite chi vi parla esprime in linea di massima apprezzamento per il lavoro fatto dalla compagine governativa nell'esercizio della delega, fatte salve alcune criticità.
  Parliamo delle cose che noi riteniamo positive. L'introduzione dell'articolo 617-septies, volto a punire la diffusione di riprese e registrazioni fraudolente commesse da chi ha partecipato agli incontri o alle conversazioni. Il Presidente Migliucci già ha evidenziato come in questo articolo manchi qualcosa, perché, mentre si stigmatizza il comportamento di chi partecipa, nulla viene detto nei confronti di chi capta come terzo le conversazioni e quindi tutti i momenti delicati.
  Io credo che di questo farà giustizia la giurisprudenza, però non possiamo sempre aspettarci che la giurisprudenza si muova. Sarebbe stato più opportuno che il legislatore, in un eccesso di garantismo giustificato, avesse precisato benissimo che questa norma va applicata anche al terzo che, non partecipando alla conversazione, finisce comunque per captare la conversazione.
  L'introduzione di nuove norme del Codice penale preoccupa e a volte lascia anche un poco sconcertati. Abbiamo visto di recente quello che è successo con gli articoli 589-bis, e 590-bis, norme dettate sotto l'impulso dell'emotività, che però ultimamente si stanno scontrando con la dura realtà dell'aula di udienza e che spesso portano a sanzioni talmente severe che fanno propendere per...
  Esprimiamo apprezzamento anche per le ipotesi di esclusione della punibilità, allorché l'utilizzo di quanto captato venga fatto nell'esercizio del diritto di difesa, ovvero nell'ambito del diritto di cronaca, entrambi istituti cardine della nostra democrazia.
  Con minor favore viene vista la modifica dell'articolo 103 del Codice di procedura penale nella parte in cui il legislatore si limita ad integrare il testo del comma settimo, disponendo che i contenuti della comunicazione o conversazione con il difensore comunque intercettati non possano essere trascritti nemmeno sommariamente.
  A nostro sommesso parere, fermo restando ovviamente in ogni caso il divieto di utilizzazione di trascrizione dei contenuti della conversazione acquisita, avrebbe dato il senso di maggior garantismo una norma che avesse previsto l'improseguibilità della intercettazione o della captazione, appena avuta contezza che si trattava di una conversazione che vedeva coinvolto il difensore. Sarebbe bastato integrare il comma quinto del medesimo articolo 103 aggiungendo che, ove Pag. 11posta in essere, deve essere immediatamente interrotta la comunicazione.
  È vero che già è vietata, può capitare accidentalmente che si capti una conversazione, una norma di salvaguardia ulteriore che dice che eventualmente è opportuno che l'ufficiale di PG (purtroppo molto spesso l'ufficiale di PG delega altri soggetti, delega l'ausiliario) che sovraintende alle operazioni garantisca l'interruzione della captazione. Quanto poi alle modifiche che l'esecutivo intende proporre all'articolo 268, merita apprezzamento quello che ha previsto il comma 2-bis laddove viene vietata la trascrizione anche sommaria delle comunicazioni o conversazioni irrilevanti ai fini dell'indagine sia per l'oggetto che per i soggetti coinvolti.
  Quanto alle facoltà per i difensori (ne hanno parlato i colleghi delle Camere penali) di esaminare gli atti, di ascoltare le registrazioni, di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche all'esito dell'avviso dell'avvenuto deposito di annotazioni, verbali, registrazioni, nonché dell'elenco delle comunicazioni e dei flussi di conversazioni informatiche o telematiche ritenute rilevanti ai fini della prova, l'esperienza ci ha insegnato che la norma dell'articolo 268, comma sesto, nella sua originaria formulazione era rimasta inapplicata, se non inapplicabile nella parte in cui consentiva al difensore di ascoltare le registrazioni.
  Molto spesso, nei processi nei quali le intercettazioni erano copiose, gli apparati non consentivano a più difensori l'ascolto simultaneo, ma differenziato, perché in un processo anche minimale con dieci indagati e cinque diversi difensori, nessuno di questi cinque riesce nei tempi brevi ad ascoltare le intercettazioni, quindi non viene consentito l'esercizio pieno del diritto di difesa. Vi è il fondato timore che la facoltà di ascoltare, e solo di ascoltare, le registrazioni rimanga una disposizione di difficile applicazione.
  La novella suscita ancora perplessità per il fatto che in sede cautelare i difensori hanno sì il diritto di prendere visione delle copie dei verbali allegati alla richiesta di misura cautelare, ma si vedono pregiudicata la possibilità di estrarre copia dei verbali allegati, quelli relativi alle comunicazioni e conversazioni intercettate, così come hanno il solo diritto di ascoltare, con i limiti pratici di cui si è appena detto, le comunicazioni di riferimento, senza la possibilità di estrarre copia dei verbali, di ottenere copia informatica delle registrazioni, limitando la norma il diritto del difensore ad ottenere solo copia della riproduzione dei dati della registrazione.
  Diventa, quindi, difficile per il difensore impostare una difesa senza conoscere le carte che l'accusa ha in mano, pertanto va posto auspicabilmente rimedio a questa lacuna.
  Questa impostazione sembra costituire una compressione del diritto di difesa ed è sintomatica della mancata fiducia che il legislatore a volte – per fortuna, non sempre – manifesta nei confronti della funzione difensiva. Analogamente può dirsi per la nuova tempistica prevista per la trascrizione integrale delle registrazioni, su cui ribadiamo quanto detto dalle Camere penali, per cui salto il passaggio.
  Voglio introdurre l'ultimo argomento che suscita perplessità: il problema dell'introduzione nel nostro sistema del captatore informatico. Qualcuno ha definito la pratica dei Trojan come l'adozione del virus di Stato, qualcuno in termini brutali ha parlato di «Stato hacker». È fuori di dubbio che l'uso suscita perplessità soprattutto tra i tecnici informatici. È indubbio che ci si trovi di fronte ad uno strumento fortemente invasivo della privacy e non sembra che il legislatore si sia preoccupato di disciplinare in maniera più compiuta l'uso dei captatori nella loro funzione.
  L'inserimento del virus, il malware, abbreviazione di malicious software, va meglio regolamentato, in quanto le attività sulle quali il virus può andare ad incidere sono molteplici e non sono limitate soltanto alla captazione di flussi vocali scaturenti dal device, essendo in grado di compiere funzioni molteplici oltre quella dell'intercettazione che il Codice pretende di regolamentare.
  Infatti, con l'inserimento del Trojan in un device si è in grado di mettere in funzione Pag. 12 la telecamera (e i nostri telefonini ormai sono tutti dotati di telecamere), si è in grado di mettere in funzione la fotocamera, si è in grado di acquisire le foto presenti nella galleria, così come le mail nei sistemi di posta e gli indirizzi di terzi.
  È vero che la norma prevede che questo non si possa fare, però abbiamo anche un problema, cioè che non saranno solo gli ufficiali di polizia giudiziaria, di cui dobbiamo necessariamente fidarci, ma saranno anche degli ausiliari volta per volta individuati, quindi una certa preoccupazione sotto questo profilo dobbiamo mantenerla. Cosa può succedere? Che con l'attivazione della telecamera, con l'attivazione dello strumento per scattare le fotografie si arriva quasi ad effettuare una verifica dello stato dei luoghi equiparabile ad una perquisizione senza che il perquisito abbia avuto la possibilità dell'assistenza da parte del difensore.
  Il fatto poi che l'ufficiale di PG che procede alle operazioni di avvio e di cessazione delle operazioni possa avvalersi di ausiliari esterni, come ho già detto, suscita non poche preoccupazioni.
  I tecnici informatici esperti in diritto paventano, addirittura, che con l'inserimento del Trojan in un device si possano compiere attività senza necessità della previa autorizzazione da parte del GIP, ed anche per reati diversi da quelli di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater del Codice di procedura penale e fuori di tali casi, anche nel domicilio, nelle ipotesi prese in considerazione. L'esempio che viene fatto è quello di acquisizione dei dati della cronologia dei flussi vocali, le chiamate, che partono da un telefonino e possono essere acquisite dall'operatore.
  Oggi, e fino al 2 di gennaio prossimo, il Pubblico Ministero chiede al gestore dei servizi di telefonia l'elenco delle chiamate partite o arrivate su un telefonino, dal 3 gennaio può bypassare questa attività e far acquisire direttamente sul telefonino la cronologia delle chiamate. È un passaggio che preoccupa non in quanto tale, ma per tutti gli sviluppi che l'uso o l'abuso di questa tecnologia può provocare al cittadino, non dico al difensore.
  Ho cercato di essere sintetico, addirittura telegrafico. In conclusione però posso dire che l'Avvocatura questa volta non ha accolto con sospetto la novella (questo è fuori discussione). Il testo nel suo complesso, salve le criticità evidenziate, è condivisibile. Forse si poteva e si può fare ancora di meglio, ma si farà ancora meglio quando si sarà compreso che quella dell'avvocato è una figura di garanzia per il corretto esercizio della giurisdizione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, avvocato. Lei lascia uno scritto o lo manderà?

  ANTONIO DE MICHELE, Consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense (CNF). Lo manderò.

  PRESIDENTE. Tanto l'ha letto, quindi verrà trascritto.
  Lascerei adesso la parola al dottor Eugenio Albamonte, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati, e al dottor Giancarlo Dominijanni, componente del Comitato direttivo centrale dell'Associazione nazionale magistrati.

  EUGENIO ALBAMONTE, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM). Buongiorno, ringrazio anche io per la sensibilità dimostrata, questa volta come in altre occasioni, di ampliare il contraddittorio ricomprendendo anche l'Associazione nazionale magistrati.
  Vorrei fare una breve premessa sulla valutazione complessiva del testo. L'Associazione nazionale magistrati si è espressa sempre positivamente, salvo punti specifici di critiche di rilievo, sullo spirito che ha informato questo intervento normativo. Abbiamo sempre ritenuto e dichiarato pubblicamente che le intercettazioni telefoniche, ambientali di qualsiasi tipo, anche quelle telematiche, non devono essere l'occasione per la diffusione all'opinione pubblica delle generalità delle informazioni che si vengono a conoscere in occasione delle intercettazioni telefoniche.
  Ciascuno di noi, compresi anche i soggetti criminali o i soggetti che delinquono, utilizza i mezzi di comunicazione nel modo Pag. 13più vario, e, come dicevano recentemente altri colleghi portando dati in occasione delle audizioni ministeriali, spesso meno del 10 per cento delle conversazioni intercettate è pertinente ai fini delle indagini. Le altre contengono spesso una serie di informazioni, che possono sicuramente essere oggetto di attenzione da parte dell'opinione pubblica, perché ne potrebbe trarre giudizi morali, giudizi politici, valutazioni, ma anche semplicemente pettegolezzo o soddisfazione delle curiosità più pruriginose, e non è assolutamente giusto, né rispettoso della privacy di nessuno che l'indagine costituisca il presupposto perché ciò avvenga.
  Perché questo avveniva prima? Perché purtroppo per norma positiva il Pubblico Ministero (io faccio il Pubblico Ministero) quando finiva le intercettazioni era obbligato a depositare tutto e a mettere a disposizione di tutte le parti tutto, non solo quella piccola parte rilevante, ma anche tutto il resto e quindi l'assolutamente irrilevante. Questo faceva sì che molte fossero le mani in cui girava il materiale.
  Io non ne faccio una questione di stabilire per il futuro quale sia la categoria professionale maggiormente responsabile di queste propalazioni. Dico semplicemente che in meno mani circolano, quindi più è garantita la catena di custodia di questo materiale, più è ferrea la conservazione di questo materiale e più è facile che, potendosi scoprire ex post chi abbia deviato rispetto ai propri doveri, fosse anche il pubblico ministero, è evidente che già quella più certa e più facile individuabilità sarà un ulteriore presidio che imporrà l'astensione dalle condotte devianti, pena l'accertamento delle responsabilità e, quindi, la sanzione.
  In questo contesto sicuramente le norme appaiono positive. È ovvio che le procure della Repubblica in queste circostanze si assumono un sovraccarico di responsabilità, e questo è nella legge, perché è lo stesso legislatore che dice che il procuratore della Repubblica è responsabile della tenuta dell'archivio, delle modalità di consultazione e, quindi, anche delle fuoriuscite del materiale dall'archivio. È un sovraccarico di responsabilità che noi riteniamo sia giusto e doveroso che l'ufficio del pubblico ministero si assuma, per raggiungere un miglior punto di equilibrio rispetto a diritti, in una dialettica che non può mai essere di pregiudizio per le posizioni giuridiche soggettive dei privati.
  In questo contesto, vorrei fare un altro passaggio a proposito dell'udienza del contraddittorio. Il punto che si è raggiunto, fare un'udienza con un contraddittorio cartolare e una successiva, eventuale, a richiesta e iniziativa del giudice, che potrà eventualmente anche recepire delle sollecitazioni, aprire a una fase di contraddittorio reale, quindi con un'udienza in cui vengono convocate le parti e ciascuno perora la sua causa, secondo l'Associazione nazionale magistrati è il giusto punto di equilibrio.
  Perché questo? Perché stabilire sempre e comunque un'udienza con la partecipazione necessaria delle parti avrebbe enormemente appesantito il lavoro del giudice delle indagini preliminari, tra l'altro in una fase come quella della conclusione del procedimento. Tra l'altro, il testo precedente non chiariva bene se la celebrazione di questa udienza consentisse o meno la prosecuzione del procedimento, che è importante per il ricorso al rito immediato, che ha determinati tempi entro i quali può essere celebrato. Se, ad esempio, consumo tutto questo tempo per fare un'udienza, è evidente che poi non posso fare più il rito immediato.
  Non solo, ma c'è poi un altro problema, perché lo stesso disegno di legge Orlando introduce la vocazione dopo l'articolo 415-bis. Se, quindi, l'esigenza è quella di speditezza, è evidente che non possiamo da una parte accelerare e dall'altra ritardare, quindi trovare un giusto punto di equilibrio con un contraddittorio cartolare e con la possibilità di fare l'udienza a noi sembrava un giusto compromesso, che potesse garantire l'intervento del giudice che noi reputiamo inevitabile.
  Qui l'intervento è inevitabile perché non ci sono soltanto l'accusa e la difesa, ma ci può essere un terzo protagonista della conversazione da tenere riservata, che è il soggetto estraneo al processo, tutta la legge parla del soggetto estraneo al processo che Pag. 14viene captato e tutela non solo la privacy dell'indagato, ma anche del terzo soggetto, e allora tra l'accusa e la difesa, tra chi vuole mettere l'intercettazione in più e chi la vuole mettere in meno, se non c'è il giudice si rischia di sacrificare l'interesse dell'unico assente, cioè del terzo soggetto. Quindi, il giudice ci deve essere per forza e garantire questo nei tempi e nei modi compatibili è possibile solo in questo modo.
  Passo ai temi specifici. Io parlerò del captatore informatico molto velocemente e il collega Dominijanni dell'archivio e della parte relativa alle modalità in cui si fa il brogliaccio, ma sono punti molto veloci perché i punti su cui vogliamo attirare l'attenzione della Commissione sono marginali rispetto alla tenuta della legge, che noi riteniamo valida nel suo impianto e nell'ultimo articolato.
  I captatori informatici. Purtroppo, oggi qui noi non possiamo fare un discorso captatori sì/captatori no. I captatori informatici sono indispensabili nella misura in cui gli strumenti di intercettazioni tradizionale non servono più a nulla. Io faccio le intercettazioni telefoniche, ma non prendo Whatsapp, non prendo Messenger quando nel 90 per cento dei casi si utilizzano quelle comunicazioni.
  Per tornare alle ambientali, che è il tema di questa delega, oggi chiunque (ne abbiamo dimostrazione in molti processi) acquista su internet un rilevatore di microspie e in questo modo può bonificare i propri ambienti, la propria macchina, la propria casa decine di volte al giorno, con una capacità di raggiungere risultati, cioè individuare la cimice, prossima a quella che una volta era rimessa soltanto alle agenzie e agli operatori specializzati.
  Dobbiamo arrivare all'utilizzazione di questi strumenti, che ovviamente devono essere disciplinati, non devono rimanere nel vuoto normativo e utilizzati a discrezionalità di chi li utilizza. C'è un ultimo passaggio: questi strumenti, prima ancora che dalla polizia giudiziaria, dal Pubblico Ministero e dai collaboratori, vengono usati dai criminali, quelle cose a cui ha fatto riferimento il Consiglio nazionale forense vengono utilizzate quotidianamente dai soggetti criminali, che attivano le microcamere, entrano dentro i cellulari, entrano dentro i computer, quindi c'è anche un problema di parità di strumenti di contrasto.
  Rispetto a questo, desidero effettuare una considerazione. Lo schema di decreto legislativo dice che il giudice, cioè il GIP (articolo 4, lettera b), punto 1), «Modifiche all'articolo 267», ripreso anche da «Modifiche all'articolo 271», nel momento in cui autorizza l'utilizzo del Trojan, deve indicare luoghi e tempi anche indirettamente determinati in relazione ai quali è consentita l'attivazione del microfono. Che cosa vuol dire questo? Che io devo chiedere al giudice prima non solo di autorizzarmi a mettere il virus spia, ma anche di indicare i luoghi e i tempi in cui lo attiverò. Questo passaggio, che è inserito nel decreto delegato, è fuori delega. La delega sul punto non fa nessun riferimento all'ulteriore limitazione dell'utilizzo dello strumento rispetto a quello che è previsto dall'articolo 266, secondo comma. Mi spiego: l'articolo 266, secondo comma, dice che per le intercettazioni ambientali è sempre possibile in tutti i luoghi, compresa la privata dimora, per mafia e terrorismo.
  Per gli altri reati è consentita nei luoghi di privata dimora soltanto se ho elementi concreti per ritenere che lì si stia commettendo un reato, il che vuol dire che tendenzialmente diciamo di no, quindi io faccio la richiesta e dico al GIP: «non siamo in mafia e terrorismo, non ho la prova che si sta commettendo, autorizzami l'ambientale dovunque, tranne nei luoghi di privata dimora».
  Rispetto a questo schema che viene ripreso sistematicamente dalla delega, il legislatore delegato aggiunge un passaggio in più, che non è previsto dalla delega e che vi è di ulteriore limitazione. Non solo dice «autorizzami dappertutto, tranne che nei luoghi di privata dimora», ma dice: «autorizzami e indicami in premessa quali sono i luoghi».
  È evidente che non posso sapere i luoghi in anticipo, i luoghi differenti dalla prima dimora, quindi introduce una limitazione ulteriore rispetto a quella prevista dal Codice, ulteriore rispetto a quella prevista Pag. 15dalla legge delega, secondo me è fuori delega, e riduce fortemente l'utilizzabilità dello strumento. Io dovrei poter sapere dove va la persona, la posso monitorare in via generale, però, se la persona ha, come i nostri strumenti di comunicazione ci consentono, incontri estemporanei decisi all'ultimo momento, non potrò monitorarla mai.
  L'altro passaggio che volevo sottolineare è relativo all'articolo 270, che viene modificato con l'introduzione di un comma 1-bis, relativo all'utilizzabilità di queste intercettazioni. Queste non potranno essere utilizzate per la prova dei reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto. La norma precedentemente diceva «per i procedimenti diversi», non per i reati diversi. Prima era: non possono essere utilizzati per la prova nei procedimenti diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto autorizzatorio, adesso diventa per i reati diversi, quindi all'interno dello stesso procedimento, se io scopro attraverso un Trojan un reato satellite, quello non potrà essere dimostrato attraverso tale strumento, pur avendo io acquisito la prova nell'occasione di quel procedimento e di quella intercettazione telematica. Questo è il secondo passaggio critico.
  Lascio la parola al collega Dominijanni per gli altri due aspetti.

  GIANCARLO DOMINIJANNI, Componente del Comitato direttivo centrale dell'Associazione nazionale magistrati (ANM). Io mi limito soltanto ad alcuni aspetti dello schema decreto che creano delle problematicità sia d'interpretazione che di rispetto delle prerogative delle parti.
  Il primo aspetto è quello dell'introduzione nell'articolo 268 del comma 2-bis, per quanto riguarda il discorso delle intercettazioni non rilevanti e delle intercettazioni vietate, dove sostanzialmente è vietata la trascrizione anche sommaria delle comunicazioni e delle conversazioni e devono essere indicati in questi casi soltanto la data, l'ora e il dispositivo che viene utilizzato.
  Qui ci sono problemi per quanto riguarda chi deve fare la valutazione della rilevanza e del fatto che quelle conversazioni sono vietate, se non conosco il contenuto di queste conversazioni. Se mi arriva un brogliaccio con la data, l'orario e il dispositivo che non mi dice nulla, sostanzialmente rimetto alla polizia giudiziaria che ascolta quella conversazione la valutazione sia sulla rilevanza di quella conversazione, sia se quelle conversazioni debbano essere vietate.
  Questo discorso indicato nello schema di decreto impedisce in questa fase al Pubblico Ministero, che è quello delegato a fare questa valutazione (non la polizia giudiziaria, che secondo il decreto è delegata all'ascolto e alla registrazione, ma non a valutazioni diverse) di fare questa selezione e stabilire quali sono le conversazioni che possono essere... Quindi almeno un'indicazione che la conversazione per esempio avviene tra l'avvocato e il suo difensore a me è utile per poter stabilire che quella conversazione va nell'archivio riservato. Non voglio avere il contenuto della conversazione, ma le informazioni per fare una valutazione.
  Poi diventa un problema in sede successiva di ricerca, sia da parte della difesa, sia da parte del Pubblico Ministero, di quelle conversazioni che possono essere utili ai fini di indagine ai fini della prova. Questa indicazione così specifica della data, dell'orario e del luogo non permette una valutazione da questo punto di vista.
  Poi c'è un altro punto, sempre nell'articolo 268, al comma 4, che viene modificato dove dice che «i verbali delle registrazioni sono trasmessi al Pubblico Ministero immediatamente dopo la scadenza del termine indicato per lo svolgimento dell'operazione» ed è stata aggiunta questa parte: «seppure oggetto di proroga».
  Questa indicazione «seppure oggetto di proroga» crea confusione, nel senso che la trasmissione dei verbali delle registrazioni la devo fare quando finisco le operazioni, quindi, una volta che vengono prorogate, quando finisce il termine di proroga io trasmetto le conversazioni al Pubblico Ministero, perché si attivi tutta la procedura prevista per la fase dello stralcio. In questo modo «seppure oggetto di proroga» sembra che appena scade il primo termine dell'intercettazione la polizia giudiziaria sia obbligata a trasmettere questi brogliacci e Pag. 16queste conversazioni direttamente subito al Pubblico Ministero.
  Questo crea confusione, perché quando io faccio un'attività di intercettazione prorogo l'attività fino a quando non scade il termine, quindi può durare 15, 30 o 40 giorni. Con questa dizione sembrerebbe che già al quindicesimo giorno la PG sia obbligata a trasmettere... quindi valutate se sia una cosa da rivedere.
  L'altro aspetto critico è quello sull'archivio riservato del procuratore. Innanzitutto, non vengono stabilite le regole con cui questo archivio deve essere contenuto riservato da parte del procuratore, non c'è alcuna indicazione specifica, e poi sul discorso che i verbali delle registrazioni in atto sono conservati integralmente in apposito archivio. Nella pratica nostra cosa succede? Il dato originale delle intercettazioni è conservato nel server delle intercettazioni, quei verbali e quelle registrazioni vengono estratte dal server, quindi rappresentano una copia del dato originario delle intercettazioni. Se non viene specificato che quelle copie e quei verbali che vengono riservati nell'archivio riservato sono copie che fanno fede come il dato originale, questo può comportare anche delle censure a livello processuale.
  In un processo a Livorno è successo che il dato del server era stato cancellato, erano state fatte le copie normali delle intercettazioni e c'è stata una pronuncia secondo la quale quei verbali che erano stati estratti (non c'era l'archivio ma erano stati messi nella segreteria del Pubblico Ministero) non rappresentavano il dato originale e quindi questo rappresentava una violazione del diritto di difesa.
  Sarebbe quindi opportuna una specificazione che questi verbali e queste registrazioni, che sono le copie rispetto al dato originale, fanno fede come se fosse il dato originale da questo punto di vista.

  PRESIDENTE. Scusi, mi sono persa un passaggio. Il dato originale...?

  GIANCARLO DOMINIJANNI, Componente del Comitato direttivo centrale dell'Associazione nazionale magistrati (ANM). È nel server delle intercettazioni, rimane sempre là, e poi dovrebbe essere cancellato una volta che viene tolto dal server.

  EUGENIO ALBAMONTE, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM). Il collega fa riferimento alla norma del Codice che fa riferimento a quando c'erano le bobine, ossia che gli originali devono essere depositati e messi a disposizione delle parti. In realtà ormai gli originali non esistono più. Non solo, ma nel momento in cui mi dici: «li devi cancellare dal server, dove sono stati captati in un primo momento, per portarli nel server riservato» non c'è un coordinamento di norme e quindi si perde completamente il riferimento alla norma esistente, che dice di conservare gli originali.

  PRESIDENTE. Ho capito. Se non avete un documento, ce lo manderete. Intanto ci sarà la trascrizione di questo intervento. Abbiamo dato un termine di invio entro il 30 ai professori a cui abbiamo chiesto osservazioni scritte perché abbiamo voluto fare le audizioni solo con gli organismi rappresentativi, però vi chiederemmo di inviarlo possibilmente prima, perché abbiamo tempi connessi con la sessione di bilancio.
  Lascio la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VITTORIO FERRARESI. Grazie, presidente. Intanto ringrazio anche gli auditi che se ne sono andati, per quanto riguarda i giornalisti purtroppo non abbiamo la possibilità di fare una domanda sull'articolo 617-septies perché questo reato ha valori già difesi dal reato di diffamazione e dal risarcimento in sede civile. Addirittura, la giurisprudenza civile incentiva la documentazione della propria vita attraverso le registrazioni, se uno registra la verità, non diffama e non modifica questa realtà delle registrazioni, non si capisce perché debba essere intimidito nella registrazione e nella diffusione della verità, a meno che non abbia un tesserino di giornalista in tasca, Pag. 17cosa che non vede una grossa differenza se i fatti sono concreti, reali e gravi.
  Non vado sul diritto di difesa perché...

  PRESIDENTE. Facciamo domande, onorevole, perché dopo abbiamo anche il lavoro di Commissione e penso che gli auditi...

  VITTORIO FERRARESI. Se condividono questi punti. Per quanto riguarda l'Unione camere penali e il CNF, sono già stati ribaditi alcuni punti riguardanti il diritto di difesa e non ci ritornerò sopra. Faccio solo notare che, come è stato accennato dal presidente dell'Unione camere penali, forse si potrebbe anche affrontare il problema dei costi attualmente insormontabili della copia audio dei dialoghi, poiché che dal mio punto di vista mina le più elementari basi del diritto costituzionale di difesa in riferimento a una distinzione tra la difesa dell'imputato ricco e la difesa dell'imputato povero.
  Volevo sapere se concordano con questa mia visione in riferimento anche a quello che ha detto sui costi delle copie e sui costi delle intercettazioni per quanto riguarda la difesa.
  Andando ai punti specifici dello schema di decreto, ovviamente non andrò sulle parti già specificate e spiegate in maniera abbastanza completa (mi riferisco all'ANM). Per quanto riguarda l'articolo 267, comma 4, una sua attuazione infedele potrebbe creare dei vuoti irreparabili di conoscenza sia al Pubblico Ministero che alle difese. Volevo capire se era chiaro il concetto che l'annotazione riguarda i contenuti delle conversazioni giudicati rilevanti oppure no, e se nell'avviso preventivo al Pubblico Ministero si capisca o meno la parola «preventivo», cioè preventivo rispetto alla trascrizione nel verbale, quindi si deve assumere che il verbale non sia contestuale rispetto all'ascolto?
  Secondo punto: le annotazioni dell'articolo 268, comma 2-bis, del Codice di procedura penale. La possibile dinamica che potrà caratterizzare queste operazioni, se non gestite con accortezza, dal mio punto di vista potrebbe mettere in difficoltà il Pubblico Ministero nel cogliere il significato dei dialoghi nell'ottica di un accertamento veloce e penetrante. Il materiale intercettato sarà quantitativo rispetto ai dialoghi, quindi notevole, e separare all'origine la verbalizzazione di quelle rilevanti da quelle irrilevanti può avere l'inconveniente di far perdere il senso del contesto al titolare dell'indagine.
  Volevo sapere se concordate con questa visione e anche sul fatto che il dialogo ritenuto erroneamente irrilevante dalla polizia giudiziaria non potrà essere compreso nel suo significato autentico dal Pubblico Ministero se questi non ha l'occasione di leggerlo ovviamente, quindi un dialogo dal mio punto di vista ha senso solo se viene letto alla luce di ciò che lo precede e lo segue (vi aveva già fatto riferimento il collega).
  Sarebbe raccomandabile secondo voi che il Pubblico Ministero e la difesa possano valutare i dialoghi nel loro contesto di riferimento, che può essere reso noto dalla rappresentazione di tutti i dialoghi in rigorosa successione temporale?
  Terzo punto: l'articolo 268, comma 2-ter. La riservatezza non va contrapposta all'accertamento della colpevolezza dal mio punto di vista. Secondo voi è inopportuna la specificazione riguardante le conversazioni contenenti dati sensibili? Il punto deve essere solo la rilevanza dal mio punto di vista, non c'è dato sensibile che possa affermare l'accertamento penale, salvo che la legge non lo protegga specificamente con un segreto. A tal proposito, visto che la delega parla di pertinenza e rilevanza e mai di necessità, vi chiedo se ulteriormente a quello che ho detto ci sia anche un eccesso di delega da questo punto di vista.
  Questa responsabilità data ai pubblici ministeri viene contrapposta ad una sostenibilità dal punto di vista di risorse di uomini? Avete letto e condividete la lettera che sei procure italiane tra le maggiori e più importanti hanno inviato alle Commissioni, secondo cui non sono solo una lesione dei diritti di difesa, ma che le indagini verranno danneggiate da questo provvedimento? Lo condividete, visto che sono procure molto importanti (Palermo, Torino, Milano, Roma e Firenze)?

Pag. 18

  PRESIDENTE. Prima di passare la parola agli auditi per rispondere in maniera sintetica, devo chiedere dei chiarimenti anche in seguito ai timori rappresentati dalla difesa e in parte anche dall'Associazione nazionale magistrati.
  Ho capito che dal punto di vista delle Camere penali e in parte del Consiglio nazionale forense si fa riferimento a questa mole di registrazioni da dover esaminare in un tempo abbastanza ristretto, e questo sarà sicuramente oggetto di valutazione. Si dice anche che non c'è un contraddittorio.
  Io ho studiato e studierò meglio lo schema di decreto anche in vista della predisposizione del parere, ma mi sembra che rispetto ad oggi, dove è diventata desueta un'udienza stralcio che doveva fare sempre lo stesso lavoro delle conversazioni manifestamente irrilevanti, quindi questa scelta avrebbe dovuto essere già attuata, ma di fatto è diventata una prassi desueta, quindi non è un concetto nuovo, chi come me ha qualche anno e ha fatto questo lavoro sa che questo era quello che si faceva normalmente sia da parte dei Pubblici Ministeri, sia da parte della difesa.
  Ora, invece, vedo positivo proprio per la difesa il fatto che, di fronte a un deposito cartaceo di fiumi di conversazioni telefoniche trascritte, il Pubblico Ministero sia tenuto, cosa che oggi la difesa non ha, a indicare precisamente quale sia la sua strategia di indagine. Se ho capito bene perché lo schema di decreto è complesso, deposito le conversazioni, i brogliacci, le annotazioni, tutto quello che c'è stato anche tra me e la polizia giudiziaria, però vi deposito anche quello che io, Pubblico Ministero, ritengo sia il canovaccio delle conversazioni rilevanti. Mi pare, quindi, che ci sia una discovery anticipata del Pubblico Ministero, che oggi non c'è.
  A questo punto, voi dite che non c'è l'udienza, ma in realtà è vero che non c'è un'udienza obbligatoria, ma c'è un contraddittorio cartolare e, comunque, ci può essere un'udienza che il giudice dispone (io l'ho interpretato, ma lo possiamo specificare meglio) anche sollecitato dalle parti.
  Gli avvocati, poi, fanno le loro deduzioni rispetto a quelle conversazioni rilevanti. L'avvocato, sulla base di quello che gli dirà il cliente, verificherà altre conversazioni e dirà che alcune sono irrilevanti e vanno tolte, altre sono da inserire. A questo punto io lo faccio per iscritto, se poi c'è necessità di un contraddittorio, in qualche modo a verbale lo chiedo, oppure sarà il giudice che farà questo.
  Io ho interpretato in questo modo, e comunque vorrei che ci fosse anche una riflessione, non oggi, ma eventualmente ce la mandate.
  Non ho capito, francamente, la perplessità dell'ANM di lasciare all'ufficiale di polizia giudiziaria il compito di valutare la rilevanza o l'irrilevanza di quelle con dati sensibili o non rilevanti. In realtà (forse andrà specificato meglio, ma io l'ho capito leggendo anche la relazione di accompagno) nell'articolo 267, comma 4, come leggete, che l'ufficiale di polizia giudiziaria informa preventivamente (l'ha fatto notare anche l'onorevole Ferraresi) il Pubblico Ministero sui contenuti delle conversazioni, poi il Pubblico Ministero in merito ai dati sensibili può lui decidere e dare indicazioni precise quando è necessario ai fini della prova, quindi c'è un'interlocuzione continua.
  Quello che forse oggi viene fatto si recupera nell'ottica delle indagini, anche di indagini così invasive come le intercettazioni telefoniche, per cui il Pubblico Ministero, che è il titolare delle intercettazioni telefoniche, le dovrebbe seguire lui con facoltà di delega, ma rimane lui il dominus. Questa interlocuzione dovrebbe, quindi, essere costante e preventiva, non alla fine di tre mesi di intercettazioni telefoniche.
  Non ritenete che, magari precisandolo meglio, ci debba essere il recupero di una prospettiva di indirizzo delle indagini e, quindi, anche delle intercettazioni telefoniche da parte del Pubblico Ministero, anziché aspettare l'esito dopo le proroghe? Questa è la logica, valuteremo se sia valida, però è un recupero. Alcune cose non le devi trascrivere, ma chi lo decide? Lo decide il PM delegante, non l'ufficiale di polizia giudiziaria. La difesa deve poter valutare questo colloquio attraverso le annotazioni. Questo io ho inteso, e ve lo dico anche da relatrice di questo provvedimento, perché Pag. 19vorrei avere un'interlocuzione con gli auditi. Grazie.

  EUGENIO ALBAMONTE, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM). Sono assolutamente d'accordo con la sua lettura, presidente. Sicuramente il dialogo tra polizia giudiziaria e Pubblico Ministero è più cadenzato che in passato. Prima noi avevamo il provvedimento iniziale, la polizia giudiziaria tornava da noi dopo 15 giorni e ti faceva direttamente una nota, con cui si chiede la proroga delle intercettazioni o altro, ma comunque una nota già strutturata, in cui inseriva le conversazioni che riteneva rilevanti.
  Adesso, invece, si prevede un'interlocuzione più serrata, perché prima di arrivare a quella nota finale, se la polizia giudiziaria ha un dubbio sulla rilevanza o irrilevanza di una intercettazione che pertiene la privacy dei soggetti, la sottopone al Pubblico Ministero, perché se è effettivamente rilevante, la privacy soccombe rispetto all'esigenza investigativa, come diceva prima l'onorevole Ferraresi che ci ha fatto la domanda. Questa interlocuzione, quindi, è prevista più serrata.
  Qual è il problema? Il problema è che tutto quello che la polizia giudiziaria prima facie considera irrilevante e neanche pertinente alla privacy non lo sottopone proprio a nessuno. Non solo, ma mentre prima c'era un'indicizzazione anche sommaria, «Albamonte parla con Dominijanni dei figli che vanno a scuola», adesso non ci potrà essere più niente, quindi se io lo devo ex-post andare a recuperare anche come controllo dell'operato della polizia giudiziaria, non ho la minima traccia.
  L'avvocato che si troverà a esaminarla anche in pochi giorni, anche in condizioni di non particolare comodità, perché non sarà nel proprio studio, se non ha questo minimo indice... il cliente gli dirà: «guarda che in quella conversazione, mentre parlavo con Dominijanni dei miei figli da portare a scuola, di fatto mi sono dato l'alibi, perché, se la leggi bene, poi si capisce che in quel momento non potevo stare là, perché avevo già appuntamento...», quindi, se non riesco a capire qual è la conversazione e mi devo sentire tutte quelle tra Albamonte e Dominijanni, che magari sono 500, è evidente che ci metto troppo tempo

  VITTORIO FERRARESI. Deve essere specificato.

  EUGENIO ALBAMONTE, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM). Un minimo, l'oggetto diciamo noi, non dico la trascrizione, ma l'oggetto, diciamo un titoletto di quella conversazione anche irrilevante secondo noi è fondamentale sia per controllare ex post l'operato della PG, sia per il difensore che si deve orientare in un mare magnum di cose, e, avendo almeno i titoletti, gli oggetti delle varie conversazioni, può dipanarsi più facilmente.
  Questo mi sembra esaurisca tutto. L'ultima cosa che volevo dire è che certo questa interlocuzione può arrivare a dei paradossi che proveremo a gestire alla prova dei fatti. A me è capitato in passato di occuparmi di pedopornografia e oggi di terrorismo, è chiaro che tutte le intercettazioni di quel tipo sono sensibili perché riguardano i gusti sessuali e quelle della mia attuale esperienza sono sensibili perché riguardano l'orientamento religioso. Lì è evidente che non è possibile che la polizia giudiziaria ogni giorno mi sottoponga una mole di intercettazioni, bisognerà trovare qualche altro criterio nella delega probabilmente all'inizio per orientare la sottoposizione, altrimenti ogni giorno...

  VITTORIO FERRARESI. Non rilevanti e basta, senza aggiungere altre parole...

  PRESIDENTE. No, il presidente dice di dare delle direttive per non fare interlocuzioni ogni minuto. Quando il delegante dà le direttive, se ho capito bene, deve capire di che indagine sta parlando. La pedopornografia sono tutti dati sensibili...

  VITTORIO FERRARESI. Si può dire solo se sia rilevante o irrilevante...

  EUGENIO ALBAMONTE, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM) E infatti le categorie a questo punto sono di più. Oggi le categorie che disegnano questo Pag. 20testo sono le irrilevanti e basta, le irrilevanti che riguardano la privacy, che sono comunque irrilevanti, le rilevanti e basta, e le rilevanti che riguardano la privacy. Diventano quattro le categorie, non più rilevanti e irrilevanti, perché ciascuna categoria si mischia, nell'intenzione del legislatore delegato, con la privacy.

  VITTORIO FERRARESI. Ma io le ho chiesto se lo ritenga opportuno.

  EUGENIO ALBAMONTE, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM) Se vogliamo tutelare la privacy, questa sottocatalogazione la dobbiamo poter affrontare e dipanare.

  VITTORIO FERRARESI. Ho capito, però l'accertamento penale si fa sulla rilevanza, non tanto sulla privacy, quindi, a meno che non specifichiamo che alcuni dati sono sottoposti comunque a segreto, se sono dati sensibili e sono rilevanti, sono rilevanti, c'è poco da fare. L'accertamento si basa non sulla sensibilità, ma sulla rilevanza. Per questo volevo capire, visto che non c'è neanche scritto nella delega, la necessità...

  EUGENIO ALBAMONTE, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM) No, in realtà c'è scritto nell'articolo 268, comma 2-ter: «il Pubblico Ministero con decreto motivato può disporre che le comunicazioni e conversazioni di cui al 2-bis siano trascritte nel verbale quando ne ritiene la rilevanza per i fatti oggetto di prova». Qua si intende ovviamente quelle relative alla privacy.

  VITTORIO FERRARESI. La rilevanza, però.

  EUGENIO ALBAMONTE, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM) Certo, come dicevo prima, la rilevanza prevale anche nell'ottica del legislatore sulla privacy, ma non potrebbe essere diversamente.

  BENIAMINO MIGLIUCCI, Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane (UCPI). A fronte degli opportuni spunti di riflessione della Presidente Ferranti, mi permetto di dissentire in questo senso. Premesso che il sistema precedente non funzionava proprio per la mancanza di quell'udienza-stralcio che nessuno faceva, adesso rimane un problema di compressione della difesa, perché il primo comma dell'articolo 268-bis come formulato prevede che effettivamente il Pubblico Ministero debba depositare le annotazioni, i verbali e le registrazioni che, come dicevamo prima, possono essere tantissimi, una misura enorme.
  Invece, il secondo comma dice che è data la possibilità di esaminare gli atti, di prendere visione, nonché di ascoltare le registrazioni, quindi uno deve in un tempo assai ridotto, dopo che il Pubblico Ministero ha fatto la sintesi o i brogliacci o ha depositato i verbali (e qui mi ricollego anche alla domanda dell'onorevole Ferraresi), soprattutto per coloro i quali meno hanno e non possono dotarsi di uno studio di grandi proporzioni e gli ultimi fanno fatica, un avvocato dovrebbe andare lì e memorizzare quasi fotograficamente annotazioni e verbali, per capire in una fase così anticipata, tra l'altro, del procedimento quello che è rilevante non solo per il Pubblico Ministero, perché la scelta la farà il Pubblico ministero, ma anche quello che può essere rilevante per me.
  Non è, quindi, uno sforzo di memoria è una cosa impossibile: è difficilissimo che si riesca in quei tempi a leggere tutto, ad ascoltare tutto e poi anche a ricordare e a fare un giudizio di pertinenza non solo, come diceva l'avvocato Petrelli, per chi si trovi ristretto in carcere, ma proprio per chiunque. Questo quindi è un tema che credo debba essere risolto.
  Per quanto riguarda l'udienza è peggio. Ho già espresso le critiche al sistema precedente, però, almeno, una volta avevi tutte le captazioni, avevi il tempo per capire quali erano le intercettazioni che sottoponevi poi per la trascrizione. Adesso tu dovresti capirlo in questa fase anticipata, memorizzando, leggendo, cercando di capire, il che diventa impossibile, oltre che per i tempi ai quali faceva riferimento lei, perché poi devo andare di corsa dal giudice, Pag. 21neanche in un'udienza quindi con quello che accade, con la possibilità di interlocuzione, a dare delle indicazioni molto precise e poi il giudice, solo quando lo ritenga necessario (dice la norma, e non si capisce sulla base di cosa), e addirittura scaduto il termine per la presentazione...
  Credo, quindi, che la cosa non vada assolutamente meglio e che debba essere disciplinata in un modo diverso, perché così come è formulata credo presenti dei profili di incostituzionalità, perché rende impossibile l'esercizio del diritto di difesa.
  Credo di aver risposto anche all'onorevole Ferraresi. Volevo dire solo una cosa su quell'annotazione del Presidente Albamonte sui Trojan. Secondo me, invece, in questo caso è corretto dire che non si possono utilizzare, perché l'utilizzo del Trojan è previsto solo per alcuni reati. Se invece contesto, come può capitare erroneamente o meno erroneamente, di avere uno spettro di indagine superiore e dopo vengo a scoprire un altro reato, per quel reato non lo debbo utilizzare, altrimenti potrei fare delle contestazioni e poi utilizzarle. È giusto quindi che non si utilizzino per gli altri reati.

  VITTORIO FERRARESI. Rimane la domanda sulla responsabilità del PM. Oltre alle note riguardanti le conversazioni rilevanti e irrilevanti, potete rispondere anche alla domanda per quanto riguarda il contesto, quindi Pubblico Ministero e difesa possono valutare i dialoghi nel loro contesto di riferimento e non averli scorporati? Visto il notevole materiale, avevo notato che separare all'origine le verbalizzazioni, quelle rilevanti da quelle irrilevanti, può avere l'inconveniente di far perdere il senso del contesto. Se mi potete dare solo una battuta e anche dire se condividiate la nota delle sei importanti procure in merito al provvedimento. Grazie.

  EUGENIO ALBAMONTE, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM). Non conosco la nota delle procure, vivo anch'io alla Procura di Roma ma non conosco la nota che da quanto ho capito viene anche dalla Procura di Roma.
  Quanto all'altra domanda, è evidente che il contesto in qualche modo agevola. Lì bisogna tenere in considerazione entrambi i profili, però una telefonata può essere rilevante non soltanto perché in quella conversazione viene raccontato il fatto, quanto perché è anticipatoria o conclusiva di un contesto che è stato tracciato in una telefonata che non è quella. Lì spetterà a chi fa la selezione a monte, come già fa adesso, considerarla tra quelle rilevanti, proprio perché ricostruisce il contesto.

  BENIAMINO MIGLIUCCI, Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane (UCPI). Io non ho bisogno di rifarmi alle indicazioni delle procure, ho già spiegato perché riteniamo che vi sia in parte una compressione dei diritti della difesa.
  Dato che il suo spunto sul contraddittorio è molto interessante, presidente, la delega prevedeva un contraddittorio pieno anche perché, così come è formulata attualmente, mentre il precedente schema prevedeva un'udienza e quindi il contraddittorio pieno, noi qua ci troviamo di fronte a un'indicazione del PM neppure argomentata, quindi non possiamo interloquire, non c'è un contraddittorio pieno, neanche cartolare, ed è questo che lamentiamo.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli auditi, i cui contributi dovranno essere inviati entro il prossimo 30 novembre.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.50.