XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Martedì 30 luglio 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'EFFICACIA DEL SISTEMA GIUDIZIARIO

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati, di Matteo Piantedosi, Vice Direttore generale della Pubblica sicurezza, di Angelo Sinesio, Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie, di Francesco Cascini, Vice Capo dipartimento e Alfonso Sabella, Direttore della direzione generale delle risorse materiali, beni e servizi del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, di rappresentanti dell'Unione camere penali italiane e di rappresentanti dell'associazione Antigone.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Businarolo Francesca (M5S)  ... 4 
Ferranti Donatella , Presidente ... 4 
Businarolo Francesca (M5S)  ... 4 
Ferranti Donatella , Presidente ... 4 
Businarolo Francesca (M5S)  ... 4 
Ferranti Donatella , Presidente ... 4 
Bortolato Marcello , Componente della Giunta esecutiva centrale dell'Associazione nazionale magistrati ... 4 
Piantedosi Matteo , Vice Direttore generale della Pubblica sicurezza ... 6 
Sinesio Angelo , Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Colletti Andrea (M5S)  ... 9 
Sinesio Angelo , Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie ... 10 
Colletti Andrea (M5S)  ... 10 
Sinesio Angelo , Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Colletti Andrea (M5S)  ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Colletti Andrea (M5S)  ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Cascini Francesco , Vice Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia ... 11 
Colletti Andrea (M5S)  ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 
Sabella Alfonso , Direttore della direzione generale delle risorse materiali, beni e servizi, del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia ... 13 
Spigarelli Valerio , Presidente dell'Unione delle camere penali italiane ... 14 
Gonnella Patrizio , Presidente dell'associazione Antigone ... 17 
Ferranti Donatella , Presidente ... 19 
Sarti Giulia (M5S)  ... 19 
Farina Daniele (SEL)  ... 19 
Rossomando Anna (PD)  ... 20 
Molteni Nicola (LNA)  ... 20 
Colletti Andrea (M5S)  ... 20 
Scalfarotto Ivan (PD)  ... 21 
Attaguile Angelo (LNA)  ... 21 
Marotta Antonio (PdL)  ... 21 
Ferranti Donatella , Presidente ... 21 
Cascini Francesco , Vice Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia ... 21 
Sabella Alfonso , Direttore della direzione generale delle risorse materiali, beni e servizi, del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia ... 22 
Ferranti Donatella , Presidente ... 23 
Sabella Alfonso , Direttore della direzione generale delle risorse materiali, beni e servizi, del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia ... 23 
Sinesio Angelo , Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie ... 23 
Spigarelli Valerio , Presidente dell'Unione delle camere penali italiane ... 24 
Gonnella Patrizio , Presidente dell'associazione Antigone ... 25 
Bortolato Marcello , Componente della Giunta esecutiva centrale dell'Associazione nazionale magistrati ... 26 
Piantedosi Matteo , Vice Direttore generale della Pubblica sicurezza ... 26 
Colletti Andrea (M5S)  ... 27 
Sinesio Angelo , Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie ... 27 
Ferranti Donatella , Presidente ... 27

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 8.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati, di Matteo Piantedosi, Vice Direttore generale della Pubblica sicurezza, di Angelo Sinesio, Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie, di Francesco Cascini, Vice Capo dipartimento e Alfonso Sabella, Direttore della direzione generale delle risorse materiali, beni e servizi del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, di rappresentanti dell'Unione camere penali italiane e di rappresentanti dell'associazione Antigone.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'efficacia del sistema giudiziario, in relazione all'esame del disegno di legge C. 1417, approvato dal Senato, recante la conversione in legge del decreto-legge n. 78 del 2013, in materia di esecuzione della pena, considerata la strettissima attinenza tra le due materie, l'audizione, sia sulla base delle richieste dei gruppi che in accoglimento di richieste fatte direttamente da alcuni degli auditi, dei rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati, di Matteo Piantedosi, Vice Direttore generale della Pubblica sicurezza, di Angelo Sinesio, Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie, di Francesco Cascini e Alfonso Sabella, rispettivamente Vice Capo dipartimento e Direttore della direzione generale delle risorse materiali, beni e servizi del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) del Ministero della giustizia, di rappresentanti dell'Unione delle camere penali italiane e di rappresentanti dell'associazione Antigone.
  Ringrazio, a nome di tutta la Commissione, gli auditi che, anche a fronte di importanti e delicati impegni istituzionali, hanno dato la loro piena disponibilità nonostante un preavviso brevissimo. Vorrei precisare che l'estrema ristrettezza dei tempi con i quali si è dovuta organizzare l'audizione, peraltro voluta da tutta la Commissione, è stata determinata, da un lato, dalla circostanza che ieri si è svolta la relazione sul provvedimento in sede referente, nell'ambito della quale sono emerse alcune criticità e questioni che meritano un approfondimento, e, dall'altro, dal fatto che l'esame del provvedimento in Assemblea è stato fissato a partire da giovedì in discussione generale.
  Ciò significa che oggi deve necessariamente concludersi l'esame preliminare ed avviarsi, a partire dalle 18, l'esame degli emendamenti. Inoltre, domani in Assemblea verrà discussa una pregiudiziale di costituzionalità presentata dal Gruppo della Lega.
  Pertanto, l'unico spazio che abbiamo per svolgere l'audizione è quello di questa Pag. 4mattina. Vorrei far presente che proprio per consentire queste audizioni, a seguito di una richiesta di questa presidenza, l'Assemblea avvierà i propri lavori a partire dalle ore 11.
  Per quanto attiene all'organizzazione degli interventi, tenendo conto dei tempi che abbiamo a disposizione prima dell'inizio dei lavori dell'Assemblea, vorrei ricordare che al termine delle audizioni dovrà svolgersi, alla luce dell'esito delle riunioni della Conferenza dei presidenti di gruppo svoltesi ieri, una riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione. Proporrei, quindi, interventi concentrati in 15 minuti, per poter consentire ai deputati di porre eventuali domande e agli auditi di dare risposta.
  Do ora la parola all'onorevole Businarolo, che ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori.

  FRANCESCA BUSINAROLO. Innanzitutto, ringrazio gli intervenuti. Vorrei chiedere se fosse possibile sentire gli auditi uno alla volta per evitare condizionamenti. Preferiremmo questa procedura poiché non è mai successo che gli auditi fossero tutti presenti in Commissione. Potrebbero perlomeno aspettare fuori, in modo da entrare uno alla volta.

  PRESIDENTE. Questo è impossibile. Abbiamo sempre fatto in questo modo. I nostri auditi sono sempre stati qui. Peraltro, non credo che siano personalità tali da essere condizionate dagli interventi degli altri.

  FRANCESCA BUSINAROLO. Ne sono certa. Tuttavia, quando arriveranno tutti i colleghi saremo in troppi.

  PRESIDENTE. È una procedura che non ho messo in atto io, ma vive da sempre. Tra l'altro, è anche una questione di rispetto, visto che parliamo della stessa materia e che non è un esame di testi, trattandosi, appunto, di un'audizione, per giunta organizzata anche sulla base delle richieste degli auditi stessi. È – ripeto – una procedura che ho sempre adottato anche per le altre audizioni. Non credo che ci possano essere condizionamenti di nessuna specie, anche perché ciascuno rappresenta un'istituzione o un organismo. Per contro, è bene che ci sia la loro presenza anche per eventuali spunti di riflessione e di dibattito ulteriori.

  FRANCESCA BUSINAROLO. Ha ragione, presidente, però siccome lei è elemento di garanzia, mi permetto di insistere, anche per una questione di rispetto delle minoranze.

  PRESIDENTE. Sull'ordine dei lavori, essendoci state varie istanze anche da parte delle opposizioni, ho cercato di venire incontro in maniera molto determinata, anche ieri e con delle difficoltà, a tutte le richieste. Tuttavia, adesso vorrei iniziare i lavori perché il tempo stringe ed è fondamentale sentire gli auditi.
  Do quindi la parola al dottor Marcello Bortolato, componente della Giunta esecutiva centrale dell'Associazione nazionale magistrati.

  MARCELLO BORTOLATO, Componente della Giunta esecutiva centrale dell'Associazione nazionale magistrati. Buongiorno. Ringrazio la presidente e i membri della Commissione per l'opportunità che ci viene data. Vorrei subito dire che l'Associazione nazionale magistrati, in un documento che credo sia pervenuto alla Commissione, ha già espresso le proprie forti perplessità sulle modifiche introdotte dal Senato nel decreto-legge n. 78 del 2013, che costituiscono sicuramente un passo indietro che depotenzia gli effetti deflattivi, peraltro già modesti, del decreto originario.
  Riteniamo, in ogni caso, che sia stato opportuno e razionale incidere sui meccanismi sospensivi dell'articolo 656. Per i dettagli tecnici mi riporto al documento che vi è stato distribuito. Tuttavia, incidere sulla possibilità per il pubblico ministero di sospendere l'ordine di esecuzione, e quindi impedire l'ingresso in carcere di soggetti che arrivano liberi al passaggio in Pag. 5giudicato della sentenza e quando abbiano da espiare una pena residua inferiore a 3 anni, è opportuno perché significa riconsegnare alla magistratura di sorveglianza la possibilità di valutare caso per caso i profili di pericolosità e di adeguatezza delle misure alternative che saranno applicate. Sostanzialmente, si evita il passaggio in carcere, da dove il condannato poteva chiedere la misura alternativa, consentendogli, invece, di chiederla da libero nei casi di non pericolosità.
  Faccio presente che sotto il profilo della sicurezza, condizione alla quale teniamo tutti anche come cittadini, non dobbiamo dimenticare che abbiamo a che fare con soggetti che sono già liberi perché, se fossero pericolosi, sarebbero già stati sottoposti alla misura cautelare. Sono, infatti, espressamente escluse le ipotesi della custodia cautelare e degli arresti domiciliari, che rimangono intatti. Si tratta – ripeto – di soggetti che giungono liberi al giudicato, per i quali si deve eseguire una pena che è comunque inferiore ai 3 anni.
  Inoltre, l'Associazione nazionale magistrati ritiene che gli interventi in materia di esecuzione penale debbano avere una loro razionalità ed essere funzionali al principio rieducativo della pena. Appare, perciò, irrazionale ripristinare delle preclusioni, cioè quelle della legge ex Cirielli per i recidivi reiterati, laddove esiste già una norma, la legge 26 novembre 2010, n. 199, che da oltre 3 anni consente anche ai recidivi reiterati di espiare la pena a domicilio. Quindi, è un controsenso ripristinare una preclusione, impedendo al pubblico ministero di sospendere l'ordine di esecuzione per i recidivi reiterati, quando già dal 2010 e fino al 31 dicembre 2013, data in cui è prevista la scadenza della legge, questi possono accedere, con un provvedimento del magistrato di sorveglianza, alla misura domiciliare.
  La legge, peraltro, ha funzionato bene. Sappiamo che il numero delle revoche delle misure domiciliari concesse in questa ipotesi è molto basso e ha impedito – secondo i dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria – che il numero di detenuti raggiungesse il limite dei 70.000. Mantenere differenziati questi due regimi è, dunque, un controsenso. Questa è l'opinione dell'Associazione nazionale magistrati.
  Vorrei fare due ulteriori osservazioni brevissime. La prima riguarda i problemi di diritto intertemporale che sorgeranno. In pratica, abbiamo un decreto-legge, in vigore dal 1 luglio del 2013, che ha già prodotto degli effetti. Per esempio, ha consentito la sospensione di ordini di esecuzione, l'adozione di detenzioni domiciliari e l'ammissione ai permessi premio a detenuti che, se venissero approvate le modifiche del Senato, si troverebbero a subire un trattamento deteriore, con evidente disparità di trattamento, perché gli ordini di esecuzione andrebbero revocati e vi sarebbe una violazione del principio di non regressione del trattamento penitenziario, che è ormai sancito e stabilito dalle sentenze della Corte costituzionale.
  Vi sarebbero, quindi, degli evidenti problemi di successione di leggi nel tempo che fanno esprimere forti perplessità sulla necessità di intervenire in materia di libertate con la decretazione d'urgenza. Comunque, nel caso in cui si sia scelta questa strada, bisognerebbe quantomeno mantenere il più possibile gli effetti che si sono già prodotti, per evitare queste disparità di trattamento.
  Da ultimo, vorrei dire che nelle premesse del decreto-legge si dice che il suo scopo è di risolvere in maniera immediata il problema del sovraffollamento per rispondere all'obbligo che la sentenza della CEDU (Corte europea dei diritti dell'uomo) ci ha assegnato, che scadrà tra circa 10 mesi, il 27 maggio 2014, adottando provvedimenti tali da diminuire il numero di detenuti o comunque di farne entrare di meno.
  Stiamo parlando di diritti umani, quindi non si dovrebbero affrontare questioni di carattere economico. Tuttavia, non si possono sottovalutare o tralasciare gli effetti che potrebbero aversi sotto il profilo economico nel caso in cui venissero accolti tutti i ricorsi che la Corte europea ha congelato nel momento in cui ha Pag. 6emesso la sentenza pilota Torregiani, così come tutti quelli che nel frattempo sono stati presentati dai detenuti, i quali comporterebbero degli esborsi a carico dello Stato di valore inimmaginabile, se si considera che per il caso Torregiani l'Italia è stata condannata a pagare 10.600 euro per 56 mesi di detenzione ritenuta inumana e degradante.
  Pertanto, riteniamo che il decreto-legge così come modificato al Senato non raggiungerà, se non in limitatissima parte, gli effetti che si volevano affrontare con necessità e urgenza. Infatti, i sistemi deflattivi vengono riservati quasi elusivamente al meccanismo dell'articolo 656 con il calcolo virtuale della liberazione anticipata, una norma sicuramente condivisibile che deve essere mantenuta, e alla possibilità di prevedere la sospensione dell'ordine di esecuzione anche nei casi di detenzione domiciliare speciale (cioè per la madre con prole inferiore a 3 anni e per i soggetti portatori di gravi infermità fisica), evitando l'ingresso in carcere, norma anch'essa condivisibile.
  L'espunzione dal catalogo dei reati preclusivi di cui alla lettera a) dell'articolo 656, comma 9, e cioè il furto aggravato, sicuramente avrà un piccolo effetto deflattivo. Tuttavia – ripeto – stiamo parlando di soggetti che sono già liberi e quindi attenderanno che il tribunale di sorveglianza decida quale sarà la migliore soluzione esecutiva per loro, valutando i profili di pericolosità e l'adeguatezza delle misure. Non sono, dunque, soggetti pericolosi perché se lo fossero sarebbero già in carcere o sottoposti a misura cautelare decisa dal giudice della cognizione. Infine, abbiamo l'innalzamento del limite edittale di pena per la custodia cautelare da 4 a 5 anni.
  Pertanto, appare molto limitato rimettere solo a questi pochissimi meccanismi l'effetto deflattivo che il decreto-legge si proponeva di ottenere. L'Associazione nazionale magistrati non si è mai sottratta sia dal denunciare la crescente preoccupazione per lo stato di sovraffollamento dei penitenziari italiani, che ha sempre ribadito in tutti i suoi documenti, sia dal richiamare tutti, in particolare chi ha responsabilità politiche, ad adottare soluzioni che siano razionali, congruenti, equilibrate e soprattutto efficaci e funzionali al principio della rieducazione contenuto nell'articolo 27 della Costituzione.
  Per questo credo di poter concludere brevemente dicendo che l'ANM ribadisce la sua decisa contrarietà rispetto alle modifiche apportate dal Senato, chiedendo che si riporti il decreto alla sua formulazione originaria poiché solo in tal caso potrebbe rappresentare una risposta, seppur parziale, agli obblighi che la Corte europea ci ha imposto e che nei prossimi 10 mesi abbiamo l'obbligo di adempiere. Grazie.

  MATTEO PIANTEDOSI, Vice Direttore generale della Pubblica sicurezza. Il Dipartimento della pubblica sicurezza che ho il piacere e l'onore di rappresentare in questa sede non vuole esprimere valutazioni che attengono alla politica legislativa connessa, quindi a provvedimenti come quelli all'esame. Nell'interlocuzione che abbiamo avuto nei vari passaggi, dalla presentazione del decreto-legge a tutte le elaborazioni successive, abbiamo offerto un contributo, che ci proponiamo di dare anche oggi e nelle tappe successive, in merito alla verifica della ricaduta sul sistema della sicurezza di un provvedimento teso ad alleggerire la tensione carceraria.
  Riteniamo che gli obiettivi del provvedimento, tesi appunto alla riduzione della popolazione carceraria, siano ampiamente condivisibili, anche perché imposti dai vincoli che ci derivano dall'appartenenza all'Unione europea per tutte le vicende che sappiamo, quindi non ci permettiamo di metterli in discussione. Tali obiettivi vanno, però, considerati anche con riferimento all'impatto sulle condizioni generali di sicurezza, in particolare in ambito urbano.
  Infatti, l'esperienza maturata nel tempo – mi dispiace non avere i dati che, peraltro, non abbiamo avuto nemmeno modo di elaborare – ha fatto registrare che a ogni provvedimento di attenuazione delle presenze carcerarie c’è una possibile Pag. 7recrudescenza o aumento nella verificazione di certi reati, soprattutto quelli di natura predatoria. Vedremo come alcune delle fattispecie di reato interessate da questo provvedimento sono proprio tipiche di autori che tendono a ripeterli. In sostanza, se rimessi in libertà e quindi posti nella condizione di non poter essere assoggettati a quelle misure di legge e di controllo, per questi soggetti c’è una maggiore propensione a ripetere la commissione del reato.
  A questo punto, direi di focalizzarci sullo stato dell'arte che negli uffici abbiamo analizzato in relazione a come il testo originario è uscito dalle modifiche apportate al Senato. Riteniamo che – a eccezione della modifica che consente il ricorso alla misura della custodia cautelare in carcere solo per i delitti per i quali è prevista la pena massima della reclusione non inferiore a 5 anni invece dei 4 previsti all'articolo 280, comma 2, del Codice di procedura penale – le altre modifiche apportate nei lavori del Senato al testo del decreto-legge, escludendo dai benefici penitenziari i responsabili di alcuni reati per noi particolarmente sensibili (come incendio boschivo o furto in abitazione) e soprattutto mantenendo la limitazione per i recidivi qualificati per l'accesso alla detenzione domiciliare, consentano di contemperare l'esigenza di alleggerimento della tensione carceraria con quella di garantire la sicurezza pubblica. Si tratta, cioè, di raggiungere quella sottile e difficile ricerca del punto di equilibrio di cui credo ci stiamo occupando.
  Riteniamo, dunque, che i lavori del Senato si siano avvicinati a queste esigenze che, per quanto ci riguarda, siamo tenuti a segnalare e presidiare. Dico questo anche in relazione ai connessi riflessi di percezione di sicurezza soprattutto da parte delle vittime dei reati rispetto a quei fenomeni che creano maggiormente allarme sociale.
  Vorrei segnalare che facciamo questo tipo di valutazioni dal punto di vista sia della ricaduta sul sistema sicurezza, quindi in merito alla percezione di insicurezza delle vittime dei reati, non solo dei cittadini, sia della possibilità statistica che ci possa essere una reiterazione della commissione del reato, anche perché si tratta di reati, come i furti in abitazione, per i quali è statisticamente accertata la tendenza alla recidiva.
  Inoltre, abbiamo sempre segnalato anche un altro tipo di problema. Tutto ciò che fa uscire dalla struttura carceraria l'esigenza di presidio, di verifica e di controllo della persona assoggettata alla pena attribuisce questi compiti al sistema delle forze di polizia, in sostituzione del sistema carcerario. Per darvi un'indicazione specifica, i tecnici del Dipartimento di pubblica sicurezza ritengono che, mediamente, per un controllo di circa mezz'ora su una persona occorrono circa 2-3 unità di personale preposte a questo e quindi sottratte ad altri compiti. Si tratta soprattutto di personale che molto spesso, in via ordinaria, svolge azione di controllo del territorio e che, inevitabilmente, in quella fascia oraria non può svolgere quei compiti che pure gli competono. C’è, dunque, un'attenuazione del risultato in termini di controllo del territorio.
  Tengo, comunque, a fare una precisazione. Tutto quello che diciamo è un doveroso contributo che la struttura dà ai lavori del Parlamento. Ciò nonostante, qualsiasi sia il risultato dell'elaborazione, le forze di polizia sono in grado di farsi carico di quello che compete loro. Il nostro non è, quindi, un grido d'allarme. Condividiamo – ripeto – gli obiettivi sottesi al provvedimento, ma doverosamente segnaliamo le nostre perplessità, fermo restando che le forze di polizia sapranno farsi carico di tutto quello che competerà loro, anche all'esito dell'approvazione di questo provvedimento.
  È, tuttavia, doveroso da parte nostra immaginare che ci sia sempre l'indispensabilità di mantenere un adeguato livello di funzionalità delle forze di polizia impegnate nei controlli dei soggetti ammessi alla detenzione domiciliare e al contempo di contrastare l'impatto sul possibile incremento di reati. Questo potrebbe essere contemperato invertendo il trend del turn over nelle assunzioni delle forze di polizia, Pag. 8tema che, forse, esula dalla discussione in questa sede. Ciò nonostante, l'inversione del blocco del turn over, da qualche tempo fermo al 20 per cento, con i conseguenti processi di invecchiamento del personale e una riduzione, seppure limitata, dell'organico complessivo, dovrà riprendersi quanto prima.
  Peraltro, proprio perché c’è uno stretto legame tra il tema della sicurezza in quanto tale e quello del reperimento delle risorse, quindi dell'ottimizzazione dell'utilizzo delle risorse della struttura complessiva delle forze di polizia, stiamo ragionando su come recuperare il più possibile risorse su ogni versante di azione delle forze di polizia. Per esempio, stiamo studiando anche la possibilità, che non so come potrà trovare attuazione, di intervenire anche con accordi di partenariato, estendendo le possibilità di partecipazione di enti territoriali e privati a specifici progetti di sicurezza che possano far sì che le risorse dell'amministrazione non vengano interamente esaurite e dedicate all'incremento di fabbisogno che deriva da provvedimenti come quello in esame.
  Ho concluso, grazie.

  ANGELO SINESIO, Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie. Buongiorno a tutti. Vorrei illustrare il Piano carceri e soprattutto commentare le modifiche normative previste dal decreto che è stato approvato in prima lettura dal Senato la scorsa settimana.
  Il Piano carceri consta di 38 interventi, 4 dei quali sono stati rimodulati il 10 luglio 2013, che quando saranno completamente realizzati, consteranno di circa 12.000 nuovi posti. I progetti sono tutti partiti, con esclusione dei 4 che sono stati inseriti, appunto il 10 luglio, espungendo altri interventi in quanto l'amministrazione penitenziaria ha ritenuto di dover togliere degli istituti previsti che non erano più utili allo scopo in relazione ai flussi di detenuti prodotti per regione.
  Per quanto riguarda specificamente l'obiettivo Torregiani, contiamo di consegnare circa 4.400 (precisamente 4.446) nuovi posti alla data di scadenza della sentenza Torregiani. Tutto quello che è stato fatto dal Piano carceri è concordato con il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria in quanto, come avete avuto modo di notare, il Piano carceri è soggetto alla vigilanza e al controllo da parte del Ministro della giustizia e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Inoltre, semestralmente facciamo una relazione alla Corte dei conti, nonché annualmente ai due ministeri.
  Le procedure sono avviate con appalti a evidenza pubblica, quindi con gare europee, anche per quelle al di sotto della soglia. Sotto questo profilo, tutto quello che il Piano carceri realizza è aggiornato costantemente sul sito www.pianocarceri.it, dove viene data contezza di tutto quello che riguarda i capitolati e le procedure di gara.
  La novità che è inserita in questo decreto riguarda la prospettiva, ovvero il motivo per cui si è arrivati all'emergenza. Infatti, è bruttissimo parlare di emergenza quando si tratta di mancata programmazione rispetto alla problematica del penitenziario. Comunque, abbiamo cercato di colmare queste lacune che esistono nel sistema a causa del fatto che per realizzare un nuovo istituto bisogna avere al tavolo quattro ministeri (Finanze ed economia, Giustizia, Infrastrutture; infatti Economia fa la cassa; Finanze dovrebbe fare le manutenzioni; Giustizia dovrebbe attuare la programmazione; Infrastrutture, infine, dovrebbe realizzare).
  La figura del commissario riduce a unità tutte queste competenze per far fronte a questa situazione di emergenza che si è creata. Tuttavia, sostengo che vi è un'emergenza in sé perché avere quattro ministeri che devono programmare l'attività dell'edilizia penitenziaria è, appunto, un problema in sé.
  Questo nuovo decreto va in questa direzione nella misura in cui, oltre alla realizzazione dei posti carcere che sono previsti così come deliberati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dal Ministro della giustizia, che assommano a circa 12.000 a fine periodo, abbiamo la Pag. 9possibilità di rinnovare il patrimonio di edilizia penitenziaria. Infatti, oggi gli istituti più antichi sono quelli che costano di più a livello di manutenzioni e che ordinariamente sono sovraffollati, anche perché collocati nei centri storici e pensati in epoche lontane, quindi senza tener conto di esigenze relative sia al numero di detenuti sia al trattamento, come gli istituti borbonici che sono stati pensati, appunto, per altre esigenze e soprattutto non in visione del recupero del detenuto.
  Attraverso gli strumenti inseriti nel decreto pensiamo di rivedere nel suo complesso il Piano di edilizia penitenziaria, sostituendo gli edifici che non consentono in nessun modo la possibilità del trattamento e della differenziazione dei detenuti all'interno dell'istituto con strutture nuove. Si tratta di valorizzazioni che non fa il commissario in quanto tale, ma vanno concordate con l'Agenzia del demanio che determina la base d'asta del valore intrinseco del bene e verranno messe ad asta pubblica esclusivamente al rialzo, cioè l'amministrazione non fa nessun tipo di intervento rispetto a un incanto per il quale è prevista la presentazione di alcune buste a rialzo sulla determinazione della base d'asta del bene.
  Se il bene dovesse avere un valore superiore alla programmazione del nuovo istituto in quel territorio, la differenza andrebbe alla cassa dello Stato; invece se il valore è inferiore il commissario straordinario provvede con la propria cassa, quindi senza nessun ulteriore onere, a corrispondere la differenza per la realizzazione del nuovo istituto. Questo consentirà un risparmio enorme di risorse economiche. Infatti, gli istituti che oggi abbiamo nei centri storici sono vecchi e non consentono nessun tipo di risparmio energetico o di ecosostenibilità degli impianti; per contro, quelli nuovi, dotandosi di impianti tecnologicamente avanzati che possono rendere quasi autosufficiente il livello di approvvigionamento energetico delle strutture, comporteranno un risparmio che si aggira sul 70 per cento della spesa corrente rispetto alla gestione. Credo che questo sia un ulteriore vantaggio.
  Riguardo al trattamento, faccio un passo indietro rispetto alle azioni del Piano carceri. Infatti, oltre a realizzare quello che sta compiendo, che – ripeto – è possibile consultare sul sito, quindi non mi dilungo, nel 2012 il Piano carceri ha destinato 3,3 milioni per il lavoro dei detenuti. In sostanza, tutto quello che è stato già consegnato o che è in corso di consegna ha visto la partecipazione del lavoro detenuti per la realizzazione di tutti i mobili che arredano gli istituti, ovvero i padiglioni e i nuovi posti carcere. Quindi, l'arredamento delle celle e il relativo montaggio è stato affidato al lavoro dei detenuti perché questa è la prospettiva del Piano carceri, ovvero fare del carcere non un contenitore, ma un luogo dove è possibile attuare un programma di recupero, con un nuovo istituto che prevede degli spazi pensati. Infatti, ciò che manca ed è mancato rispetto a questo intervento è la filosofia che sta dietro alla detenzione. Il carcere non va considerato come un contenitore che deve semplicemente stivare delle persone, così come, tra l'altro, ci ha detto la Corte europea, bensì uno spazio pensato in funzione della detenzione e del recupero del detenuto.
  Questo consentirà di abbattere i numeri della recidiva. Possiamo, infatti, sicuramente affermare che il detenuto che lavora ha una recidiva intorno al 15 per cento, quello che non lavora, invece, dell'85 per cento. Il costo sociale di questo fenomeno è sostenuto dallo Stato in termini sia di sicurezza per chi esce e torna a delinquere, sia di costi vivi di gestione in ordine all'onere che ogni detenuto comporta per lo Stato.
  Ho terminato. Resto a disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Colletti per una breve precisazione.

  ANDREA COLLETTI. Innanzitutto, la ringrazio di essere intervenuto, nonostante lo scarso anticipo. Vorrei porle una domanda. In questi anni di commissariato con delega per il Piano carceri – anche se lei è subentrato da circa un anno e mezzo Pag. 10– quanti posti carcere sono stati realizzati e consegnati dal suo commissariato ?

  ANGELO SINESIO, Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie. Il mio commissariato eredita una situazione per cui in quella del commissario vi sono delle strutture i cui lavori erano già stati avviati dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e delle strutture ex novo che sono state bandite, avviate e concluse a livello contrattuale dal commissario del Governo.
  Come Piano carceri – quindi come tutto ciò che sta dentro al Piano carceri – l'anno scorso abbiamo concluso 750 posti e quest'anno abbiamo già consegnato l'istituto di Arghillà, che era fermo da vent'anni. Si trattava di un bando di gara fatto nel 1994, i cui lavori furono conclusi e abbandonati nel 2001 e mai più rifinanziati. Con il Piano carceri questo progetto è stato finanziato nel mese di agosto dello scorso anno. L'amministrazione prevedeva 20,5 milioni di euro di lavori, che abbiamo fatto con circa la metà dell'importo assegnato, cioè 10 milioni, perché erano quelli effettivamente trasferiti (l'ulteriore parte non è stata mai trasferita dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti). A fronte di 150 posti previsti, ne abbiamo consegnati 316 e abbiamo fatto il lavoro – ripeto – con 10 milioni di euro in 90 giorni, invece dei 24 mesi previsti dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Questi posti sono stati consegnati all'amministrazione penitenziaria nel mese di marzo; il trasferimento dei detenuti è avvenuto, invece, la scorsa settimana.
  Su Sassari abbiamo fatto un intervento a completamento di un istituto già previsto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anch'esso fermo perché non erano stati previsti gli allacci. Il Piano carceri è intervenuto su quell'istituto, quindi anche Sassari è stato completato per 485 posti consegnati due settimane fa.
  Per il 22 settembre è previsto il completamento dell'istituto di Cagliari. Anche in quel caso, Piano carceri è intervenuto finanziariamente e progettualmente rispetto agli allacci e al completamento dei lavori. I 585 posti verranno, quindi, consegnati il 22 settembre. Peraltro, una parte dei padiglioni verrà consegnata proprio oggi.
  Inoltre, il Piano carceri ha messo a evidenza pubblica 38 gare. Tenete conto che, mediamente, una stazione unica appaltante – siamo solo in 14 a lavorare su questo – mette in gara, in un anno, 12-13 opere. Noi abbiamo fatto 38 evidenze pubbliche, tutte aggiudicate, di cui il 70 per cento contrattualizzate. Il dato esatto è – ripeto – sul sito www.pianocarceri.it. Entro la data di scadenza della sentenza Torregiani, come ho detto in premessa, contiamo di consegnare circa 4.400 nuovi posti carcere.

  ANDREA COLLETTI. Avrei solo una curiosità. Questi posti carcere sono stati realizzati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti oppure esclusivamente dalla struttura commissariale ?

  ANGELO SINESIO, Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie.
  Come le ho detto, quelli dello scorso anno sono finiti nel Piano carceri in quanto completamenti di lavori già avviati.
Per chiarire, il commissariamento si divide in due momenti. Il primo era una dichiarazione di emergenza di protezione civile che prevedeva la figura del commissario e dei soggetti attuatori. Quando sono subentrato, però, non ho rinnovato dei contratti con dei soggetti attuatori a compenso e ho inserito come soggetto attuatore il dottor Alfonso Sabella, direttore generale beni e servizi del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che ha rinunciato al compenso, come ho fatto io.
  Faccio un piccolo inciso proprio in ordine al decreto, nel quale è scritto che al commissario non spetta alcun compenso. Mi hanno chiesto due volte di dire che rinuncio al compenso. Tuttavia, ho precisato che sono un funzionario dello Stato, quindi sono già pagato con il mio stipendio di prefetto. Ho preteso che scrivessero che al commissario «non spetta alcun compenso» perché chi verrà dopo di Pag. 11me dovrà sapere che il lavoro che si fa per lo Stato deve essere pagato una sola volta. Preciso che quando mi sono insediato potevo utilizzare un compenso ulteriore allo stipendio di circa 400.000 euro.
  Per tornare al nostro discorso, il dottor Alfonso Sabella che ha avuto delegati tutti i lavori di completamento, con una cassa di 75 milioni di euro, ha provveduto a finire per conto del commissario quella parte di lavori inclusa nel Piano carceri, benché già commissionata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Colletti, vorrei completare le audizioni, dopodiché riprendiamo i quesiti. L'organizzazione dei lavori ricade negli oneri e onori della presidenza. Le ho dato la parola perché pensavo volesse chiedere un chiarimento immediato.
  Siccome anche agli altri colleghi non ho fatto fare domande, adesso vorrei continuare, dopodiché riprendiamo con le domande, perché abbiamo diversi ospiti da ascoltare e tempi ristretti.
  Abbiamo ora l'audizione del dottor Francesco Cascini, vice capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia. È presente anche il dottor Alfonso Sabella, direttore della Direzione generale delle risorse materiali, beni e servizi del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia.

  ANDREA COLLETTI. Li audiamo separatamente, visto che noi abbiamo chiesto l'audizione del dottor Sabella ?

  PRESIDENTE. Come ho detto ieri quando è stata ammessa l'audizione, da sempre l'audizione passa tramite il dirigente di riferimento. Quindi, ho rivolto richiesta al capo del DAP, che tra l'altro non era disponibile, per cui ha delegato il vice capo dipartimento, incaricando della presenza il dottor Alfonso Sabella. Pertanto, anche per venire incontro alle indicazioni dell'opposizione, abbiamo insistito affinché questo avvenisse.

  ANDREA COLLETTI. Vorrei chiarire che sono due audizioni diverse.

  PRESIDENTE. Sono al banco insieme perché è un unico organismo. Onorevole Coletti, la prego di non insistere sull'andamento dei lavori.
  Vorrei far presente che ieri, dopo la relazione, abbiamo inoltrato una richiesta al ministero e al Governo di fornire entro oggi informazioni relative alla proiezione dei flussi di non ingresso o uscita dalle carceri in base alle disposizioni originarie del decreto-legge e in riferimento al testo originario così come modificato dal Senato. Questo è l'oggetto principale dell'audizione del DAP.
  Do quindi la parola al dottor Francesco Cascini, vice capo del DAP, a cui chiedo se ha consegnato o intende consegnare dei documenti alla Commissione.

  FRANCESCO CASCINI, Vice Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia. Buongiorno a tutti. I dati sulle proiezioni del mondo penitenziario sono abbastanza complessi, anche se alcune previsioni si possono fare. L'amministrazione penitenziaria, nell'ambito delle risposte da dare a seguito della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in relazione al caso Torregiani, ha tempi molto stretti per affrontare il problema del sovraffollamento dal punto di vista strutturale.
  Il Piano carceri e l'adeguamento delle condizioni di vita sono solo una parte degli interventi indispensabili che devono essere realizzati entro il 14 maggio 2014. Il decreto-legge n. 78 del 2013, così come era stato originariamente formulato, introduceva degli interventi di tipo strutturale, ampliando, peraltro in misura ridotta, la possibilità di accesso alle misure alternative al carcere.
  Senza tornare su cose che sono già state dette, vorrei chiarire che il Ministero della giustizia si è fatto carico di verificare l'impatto sulla sicurezza del Paese, di cui si parlava prima. In realtà, l'intervento principale riguarda – come è stato spiegato bene prima di me – la possibilità di Pag. 12sospendere l'ordine di carcerazione nei confronti di soggetti che sono già liberi. Da questo punto di vista, non è del tutto corretto parlare di esclusione dai benefici penitenziari perché i soggetti che hanno recidive banali possono essere ammessi da sempre alle misure alternative, anche prima della Cirielli. Per esempio, l'affidamento in prova al servizio sociale è una misura per il residuo pena di 3 anni prevista per tutti, a eccezione di quelli che hanno commesso reati indicati nell'articolo 4-bis, cioè i più gravi. È – ripeto – una misura possibile per tutti.
  Il ragionamento alla base di questa modifica era banale: siccome si tratta di una persona libera, prima di farla entrare in carcere il giudice valuta se è necessario o meno. Dai dati che abbiamo e che esporrò brevemente, molti di questi soggetti restano in carcere per pochi mesi e non fanno neppure in tempo ad avanzare l'istanza al magistrato di sorveglianza perché dal carcere è molto più complicato, visto che occorre un tempo per l'osservazione e quant'altro.
  Si tratta, quindi, di un inutile passaggio che però produce per l'amministrazione penitenziaria un grave problema poiché il momento dell'accoglienza è complesso. Si tratta – ripeto – di soggetti che spesso restano pochissimo tempo, quindi è difficile attivare nei loro confronti misure trattamentali adeguate.
  È importante, dunque, sottolineare che l'impatto sulla sicurezza è molto relativo perché si tratta di persone che già si trovano in stato di libertà e che comunque tornerebbero in stato di libertà, soltanto che ci andrebbero dal carcere, magari dopo qualche mese. Sono, perciò, soggetti che hanno diritto ad andare in misura alternativa; non vi è un aumento delle persone che escono, come abbiamo visto con l'indulto, che però è una misura imponente. In questo caso, parliamo di numeri obiettivamente molto più bassi che riguardano persone che stanno già fuori.
  Questo era l'intervento più rilevante dal punto di vista numerico perché dalla proiezione che abbiamo fatto abbiamo constatato che prima della legge ex Cirielli, che ha introdotto queste preclusioni in materia di sospensione dell'ordine di carcerazione, le persone in affidamento in prova al servizio sociale erano 6.000 in più, interamente riconducibili proprio a questo meccanismo, cioè erano affidamenti in prova maturati direttamente dalla libertà, non dal carcere.
  Si tratta di un calo graduale che si è prodotto nel giro di 2-3 anni perché quando c'era una preclusione, la persona che aveva la sentenza passata in giudicato andava direttamente in carcere. È prevedibile, qualora la formulazione restasse quella originaria, che nel giro di qualche anno – verosimilmente lo stesso periodo che ha comportato questa riduzione – si possa risalire a un numero di 5-6.000 detenuti in più in misura alternativa direttamente dalla libertà, quindi non parliamo di soggetti che escono dal carcere.
  Questo dato potrebbe essere confortato da quelli che abbiamo sui 26 giorni di vigore del testo approvato come decreto-legge. A questo proposito, ho fatto una tabella che prevede per lo stesso periodo dei mesi precedenti gli ingressi in carcere in esecuzione pena. A fronte dei 750 in media nei primi mesi precedenti, nel periodo di vigore del decreto-legge abbiamo avuto un calo di circa il 40 per cento, cioè 450 ingressi a fronte dei precedenti 750. Dunque, ancora una volta è bene chiarire che questi soggetti sono al vaglio della magistratura di sorveglianza che valuterà se è necessario o meno che la pena venga eseguita in carcere, senza nessun effetto sul piano dell'uscita dal carcere.
  Ancora minore era l'impatto, appunto, in uscita. Sotto questo aspetto, si era intervenuti in particolare sulla detenzione domiciliare, come è stato spiegato prima. Mi limito a dare qualche numero. Bisogna tener presente che la legge n. 199 del 2010, pienamente operativa, già prevede la detenzione domiciliare fino a 18 mesi. La modifica introdotta dal decreto-legge spostava il periodo da 18 a 24 mesi, con un impatto minimo e molto frammentato nel tempo.
  In sostanza, si tratta di misure che non producono un'uscita in blocco, che crea Pag. 13obiettivamente problemi in relazione alla commissione dei reati, ma molto graduale e comunque in detenzione domiciliare. Non stiamo parlando di soggetti pericolosi, anche se bisogna aumentare i controlli, cosa che è condivisibile. Si tratta comunque di numeri relativamente bassi e già ampiamente testati dalla legge n. 199, che non ha prodotto particolari problemi.
  Queste due misure insieme a tutte le altre previste dal decreto-legge – parlo di queste perché sono bloccate dall'intervento del Senato, che ha reintrodotto la recidiva come preclusione insuperabile rispetto alla sospensione alla detenzione domiciliare – avrebbero fatto non moltissimo, ma dato la possibilità al nostro Paese e all'amministrazione penitenziaria di spiegare al Comitato dei ministri in sede europea l'inizio di un intervento strutturale sul sistema penitenziario che si trova in una situazione dalla quale sarà difficile uscire se non si mettono in campo strumenti che consentano di migliorare le condizioni detentive che abbiamo nei nostri penitenziari in questo momento.
  Riteniamo, quindi, molto utile provare a ripensare una formulazione che consenta di fare quello che l'Europa ci chiede e che permetterebbe anche di abbassare la recidiva. Mediamente, i detenuti che scontano la pena in misura alternativa hanno una recidiva intorno al 18-20 per cento, quelli che vanno in carcere tra il 70 e l'80 per cento. Credo che anche questo abbia un impatto rilevante sulla sicurezza. Si tratta, infatti, di persone che escono comunque perché hanno pene brevi. Ogni anno dal carcere escono 70.000 persone e ne entrano altrettante. Entrano perché espiano; tuttavia, espiare con quelle modalità è sicuramente più pericoloso che farlo con modalità più controllate, come dimostrano i dati che ho esposto. Grazie.

  ANDREA COLLETTI. Avrei solo una domanda...

  PRESIDENTE. No, lei non può intervenire. Dobbiamo completare le audizioni, dopodiché sarà possibile intervenire. Onorevole Colletti, sta facendo delle affermazioni abnormi. La prego di contenere il suo intervento nell'ambito delle sue prerogative. In questo momento si stanno svolgendo le audizioni. È protocollo, anche nel rispetto degli intervenuti, proseguire nelle audizioni per poi dare la parola ai deputati. Seguiamo un ordine. Non è possibile che ognuno parli quando vuole. Deve intervenire quando le do la parola.
  Do ora la parola al dottor Sabella.

  ALFONSO SABELLA, Direttore della direzione generale delle risorse materiali, beni e servizi, del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia. Grazie, presidente. Mi sono insediato da un anno e mezzo e mi sono principalmente dedicato a cercare di aumentare la capienza delle strutture penitenziarie, partendo da un presupposto che ritengo indispensabile, cioè che il nostro Paese, qualunque sia la soluzione, ha bisogno di dotarsi di 60-65.000 posti decenti per tenere i detenuti in condizioni dignitose.
  In particolare, il DAP ha competenza per quanto riguarda la possibilità di ristrutturazione e di manutenzione delle strutture penitenziarie, elemento su cui in passato si era investito troppo poco, avendole io trovate in condizioni veramente pietose. Personalmente, ho girato quasi tutti gli istituti penitenziari, scoprendo quello che già sapevo di trovare, ovvero molti posti inutilizzati o inutilizzabili perché si tratta di strutture che sono state abbandonate a se stesse. Purtroppo, mi son trovato anche in una congiuntura finanziaria sfavorevole, con risorse carenti assegnate al capitolo 7300 del Ministro della Giustizia perché erano state dirottate altrove e non erano più all'interno di quel capitolo.
  Tuttavia, con le poche risorse disponibili abbiamo avviato piccole attività, con gare che hanno consentito di portare, da quando ci sono io, la capienza delle carceri da 44.000 a quasi 47.000. Ulteriori posti sono stati consegnati alle direzioni con ristrutturazioni che hanno avuto dei costi molto contenuti, tutto ciò guardando anche alla possibilità di dare ai detenuti Pag. 14spazi per attività trattamentali e di vita diversi da quelli della camera di detenzione.
  Vi è, però, una sovrapposizione con i dati del commissario straordinario perché per diverse ragioni il DAP ha avviato la costruzione di 17 padiglioni che sono stati formalmente inseriti nel Piano carceri, ma che sono stati completati con le risorse ordinarie del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, salvo una quota che invece è finita nel Piano carceri perché l'amministrazione penitenziaria non aveva più risorse sul capitolo 7300. Ricordo, infatti, che nel 2012 il finanziamento di questo capitolo è stato pari a zero.
  Le piccole opere, sospese per mancanza di risorse, che servivano per completare e rendere più funzionali i padiglioni – peraltro non tutti perché alcuni di essi non avevano bisogno di opere complementari e sono stati consegnati alle direzioni senza alcun intervento da parte del commissario straordinario – sono state attivate e sono quasi tutte in via di completamento.
  Per quanto riguarda la situazione delle strutture, ho portato delle tabelle che riguardano la previsione fino a maggio 2014. Tuttavia, esse non tengono conto di altri posti che sono riuscito a recuperare andando in giro per gli istituti (piccole sezioni femminili, sezioni semiliberi, caserme agenti, costruite all'interno delle carceri e non utilizzate).
  Occorre partire da un dato fondamentale: l'Italia è il Paese al mondo – vi prego di controllare – che ha il miglior rapporto metro cubo di costruzione penitenziaria/detenuto, vale a dire che i cespiti demaniali di cui può disporre l'amministrazione penitenziaria hanno una cubatura tra le più alte al mondo in relazione al numero di detenuti. Il problema è che, purtroppo, la manutenzione è stata abbandonata per anni. Io l'ho riavviata anche in sede locale, facendo migliaia di gare l'anno scorso e delegando i provveditorati a fare moltissimi piccoli interventi. Stiamo cominciando, dunque, il risanamento delle strutture.
  Faccio presente che abbiamo diverse strutture, anche nuove e moderne, che potrebbero avere delle grandi potenzialità (come Monza o Palermo Pagliarelli), ma che per mancanza di manutenzione non possiamo utilizzare perché non abbiamo soldi per rifare i tetti oppure per sistemare alcune celle che vanno adeguate al regolamento penitenziario. Ricordo, infatti, che la maggioranza delle nostre strutture non sono adeguate al regolamento penitenziario. Abbiamo provato, però, a farlo con le pochissime risorse disponibili, impiegando anche i detenuti in quest'opera. Talvolta, banalmente, significa mettere la doccia all'interno dalla cella perché molte di queste non ce l'hanno.
  In passato ho fatto il magistrato antimafia ed ero cattivissimo, occupandomi di 41-bis. Devo dire che il mio atteggiamento è completamente cambiato da quando arrivo nelle strutture penitenziarie e vedo questi poveri cristi chiusi dentro le celle con pochissimi metri quadri a disposizione. Stiamo cercando di fare il possibile. Ritengo, comunque, che riusciremo a rientrare nei limiti imposti dalla sentenza Torregiani entro il 14 maggio 2014.
  Stiamo recuperando molte strutture. A questo riguardo, ho preparato delle tabelle di posti immediatamente recuperabili. Tra l'altro, abbiamo problemi di impiego del personale perché una nuova struttura comporta nuovo personale, mentre compiere interventi all'interno di strutture esistenti e allargare le capienze là dove è possibile comporta un utilizzo del personale più ridotto.
  Credo di non avere altro da aggiungere. Vi farò, comunque, avere le tabelle di cui ho parlato.

  VALERIO SPIGARELLI, Presidente dell'Unione delle camere penali italiane. Eviterò di ripetere le questioni che sono state già sottolineate da chi mi ha preceduto. Tuttavia, non evito di sottolineare che la coincidenza di posizioni tra l'avvocatura penalista, la magistratura e i responsabili del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nonché – mettendola da parte solo perché non presente – della stragrande Pag. 15maggioranza della dottrina, per quello che è noto, è un fatto significativo nel momento in cui il Parlamento deve licenziare una legge.
  La circostanza che quelli che vengono definiti, con un'espressione non particolarmente brillante, gli «operatori del diritto» convergano su un punto qualificante del sistema ordinario, cioè sul carcere, con conclusioni sostanzialmente omogenee, dovrebbe far riflettere la classe politica sul fatto che il dato esperienziale offerto ai lavori parlamentari è, per una volta, appunto, omogeneo.
  Ho preparato delle schede. Peraltro, quando abbiamo parlato della detenzione domiciliare proponemmo direttamente alla Commissione di valutare dei testi che potevano essere emendativi. Le schede riguardano possibili eventuali modifiche rispetto al testo che è provenuto dal Senato.
  Come sapete, l'Unione delle Camere penali non salutò questo decreto-legge con un'approvazione entusiastica. Facemmo un comunicato in cui affermammo che, come si suol dire, «tanto tuonò che piovigginò», proprio per dire che il dato da cui partivamo (e sul quale mi sembra di aver colto delle opinioni sostanzialmente conformi anche da parte di chi mi ha preceduto) auspicava un intervento di ben maggiore effetto.
  Ciò nonostante, riconoscemmo che è un primo passo. Invece, con il passaggio del Senato si sono fatti diversi passi indietro rispetto all'efficacia del provvedimento, che, come è già stato detto, in questa maniera non avrà alcun effetto sui requisiti di urgenza che costituiscono la premessa del provvedimento. Stiamo parlando, infatti, di un decreto-legge in conversione che parte da una valutazione di estrema urgenza del legislatore, al punto da utilizzare la relativa procedura costituzionale. Tuttavia, se rispetto a quell'urgenza il dato finale, cioè la sommatoria degli elementi, è praticamente a impatto zero, state facendo un percorso legislativo che nega addirittura il presupposto da cui è partito.
  Vorrei poi esplicitare un altro aspetto. Rispetto alla situazione delle carceri, occorre fare dei provvedimenti che partono da una valutazione di ampio respiro sullo strumento del carcere, sul diritto penale e sul diritto penitenziario, altrimenti torneremo di nuovo a questa situazione nel volgere di pochi momenti.
  Quando, in Senato, sono state reintrodotte tutte le preclusioni in punto di recidiva si è fatta un'operazione che ha dei lombi culturali che vanno rammentati. La Cirielli fu la trasposizione nel sistema penale italiano di una scelta che era stata operata in altri sistemi giudiziari. Il problema è che quando era stata operata in altri sistemi giudiziari, come negli Stati Uniti, con alcune filosofie che hanno portato a una carcerizzazione di massa, già stavano riflettendo sul fatto che quella scelta politico-legislativa e culturale era fallimentare. Stiamo parlando di una legislazione che è impostata sul tipo di autore.
  Mi rivolgo ai parlamentari di tutte le forze politiche perché si possono avere le più varie idee politiche, ma si deve sapere che cosa c’è dietro un intervento legislativo, cioè si deve sapere qual è la filosofia, oltre che gli effetti, di quell'intervento legislativo. In questo caso, abbiamo una filosofia che da noi è stata fallimentare.
  I dati che sono stati rammentati prima dimostrano che c’è un sinallagma chiaro, preciso e ormai documentato tra un diritto penale che permette un recupero attraverso l'applicazione dei benefici e un diritto penale che, in maniera ostica, rifiuta non tanto l'applicazione del beneficio, ma la libertà discrezionale del magistrato di valutare la possibile applicabilità del beneficio. Di questo stiamo parlando, infatti, con le preclusioni oggettive preventive.
  In questo modo si rifiuta l'effetto, ma anche il metodo, cioè la valutazione da parte della magistratura di sorveglianza. Questo, in punto di numeri, ha una sicura spiegazione fallimentare. Come è stato detto, quando il percorso carcerario permette la valutazione (perché di questo si tratta) del detenuto anche attraverso l'applicazione Pag. 16dei benefici dell'ordinamento penitenziario, la percentuale di recidiva crolla.
  Poc'anzi si discuteva su alcune prese di posizione forti degli avvocati penalisti che hanno una storia e proprio per questo prendono posizioni decise su questo tema. Noi diciamo che sui numeri non si dice la verità perché non si mostra all'opinione pubblica l'effetto in punto di recidiva. È inutile sottolineare il dato della sicurezza. Peraltro, il legislatore dovrebbe prendere con molta cautela anche il dato impalpabile della sicurezza percepita perché non è la sicurezza vera e propria, ma quella variamente proposta dai commentatori. Non c’è, infatti, un misuratore scientifico di sicurezza percepita.
  Mi esprimo in maniera accorata perché questo piccolo passo iniziale si è immediatamente fermato. Questo è un problema che non riguarda solamente l'efficacia di questo provvedimento, che pure è un punto fondamentale, che è stata vanificata dalle modifiche del Senato, ma anche la possibilità per il prossimo futuro di mettere in discussione tutto il sistema penale con una visione non blanda o molle della sicurezza. Al contrario, occorre una visione rigorosa della sicurezza, che si misura attraverso i benefici che si apportano alla società, non attraverso le parole che invocano consenso da parte delle forze politiche.
  Questo è il punto fondamentale, che – mi rivolgo anche alle forze politiche di nuovo ingresso al Parlamento – non possiamo aggirare senza verificare i numeri, cioè i dati criminologici, le posizioni dell'accademia e di chi sta dentro le carceri e vive la situazione carceraria.
  Ho ascoltato con sorpresa e simpatia quello che ha detto il dottor Sabella, che è entrato adesso dentro il carcere. Noi ci entriamo sempre dentro le nostre carceri e ci vergogniamo di essere italiani. Chi fa solamente la sommatoria dei posti letto non prende in considerazione il punto politico della situazione. Insomma, guarda il dito e non la luna perché è il sistema complessivo che va preso in considerazione.
  Di questo discutiamo quando parliamo di provvedimenti sul carcere; non si tratta di parlare di numeri, posti letto e quant'altro, ma di quanta gente ha la possibilità di passare per un sistema che alla fine restituisce un cittadino, non un criminale matricolato e professionalmente più adeguato, nonché più incattivito da come sta scontando la pena in carcere.
  A questo punto, vengo rapidamente alle proposte, che abbiamo messo in forma emendativa. Ne ho diverse copie che possiamo distribuire.
  Da quel che ho detto è ovvio che va ripristinata la previsione precedente con le indicazioni dell'attuale articolo 2 che erano contenute alle lettere b), c) e d). La recidiva è un elemento che deve valutare il magistrato di sorveglianza nel momento in cui applica o meno i benefici; farne uno strumento di preclusione oggettiva è errato per i motivi che ho detto.
  Per quanto riguarda il resto del provvedimento, proponiamo anche qualche limitato aggiustamento rispetto alla filosofia iniziale, visto che auspichiamo che ci sia una rilettura complessiva, quindi un rinvio al Senato per una seconda lettura. Speriamo, quindi, che si fermi quella deriva che aveva impedito di modificare realmente le preclusioni, addirittura eliminando quelle di cui all'articolo 4-bis. Peraltro, nelle commissioni ministeriali si discute da tempo del fatto che andrebbe radicalmente rimessa in discussione la preclusione di riferimento dell'articolo 4-bis, residuandone solo alcune categorie di reati ad altissima pericolosità, come quelli associativi.
  Abbiamo verificato, invece, che il decreto-legge aveva in una certa misura infittito il catalogo, facendovi entrare anche l'articolo 612-bis e l'articolo 572. Sarebbe, per contro, auspicabile che si rimanesse perlomeno ancorati solo alle preclusioni di cui all'articolo 4-bis.
  Abbiamo verificato che, questa volta condivisibilmente, il Senato ha reintrodotto l'applicazione provvisoria da parte del magistrato di sorveglianza della misura della detenzione domiciliare. Riteniamo, però, che, per una sorta di par condicioPag. 17sostanziale, identica possibilità dovrebbe essere estesa al caso dell'affidamento in prova.
  Inoltre, ancora per quanto riguarda la preclusione dell'articolo 4-bis, l'articolo 1, lettera b) andrebbe modificato aggiungendo dopo «articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975» le parole «a meno che la pena risulti interamente espiata», perché c’è un effetto paradossale, impedendo l'applicazione nelle ipotesi in cui la pena sia totalmente espiata.
  Vengo, infine, a quella che pensiamo sia una mera svista nel decreto iniziale. All'articolo 73, commi 5-bis e 5-ter, quest'ultimo di nuova introduzione, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, occorre fare menzione anche degli alcoldipendenti, analogamente a quanto previsto dagli articoli 90 e 94 del medesimo Testo unico, ai fini della sospensione dell'esecuzione e dell'affidamento in prova in casi particolari.
  Vi lascio queste schede, ribadendo che l'avvocatura penale segue questa vicenda con particolare preoccupazione, soprattutto per quello che può significare in proiezione futura, cioè in ordine al blocco di una linea di tendenza che si pensava fosse partita e non soltanto perché vi sono violazioni dei diritti umani, ma perché vi dovrebbe essere un'inversione di tendenza di politica legislativa su questo punto. Vi ringrazio dell'attenzione.

  PATRIZIO GONNELLA, Presidente dell'associazione Antigone. Vi ringrazio per l'occasione che ci viene offerta. Mi inserisco riprendendo quanto diceva l'avvocato Spigarelli in apertura del suo intervento. Forse non era mai accaduto che l'Associazione nazionale magistrati, l'Unione delle Camere penali, la dottrina, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e un'associazione che ormai da più di 25 anni svolge un lavoro di osservazione critica del sistema penitenziario avessero una visione coincidente.
  A questo proposito, ricordo che grazie all'amministrazione penitenziaria dal 1998 siamo autorizzati a entrare in tutti gli istituti di pena e produciamo un rapporto annuale; vi lascio l'ultimo che si intitola, appunto, «Senza dignità».
  Potremmo discutere dei dettagli, ma abbiamo questa consapevolezza guardando le biografie penitenziarie. Peraltro, invito tutti voi, nel vostro ruolo di parlamentari, a visitare gli istituti e ad aprire lo sguardo sulle biografie penitenziarie perché guardandoli in viso si capisce chi sono i recidivi. Secondo le norme, un buon tecnico sa capire se un recidivo è un serial killer, un corruttore professionista o un colletto bianco, ma non è così perché questi non incorrono nella legge ex Cirielli sulla recidiva, al massimo ricadono nella prima parte della legge ex Cirielli, quella sulla prescrizione. I recidivi sono altri.
  Mi inserisco nel solco degli interventi precedenti, sperando che venga ripristinato il testo originario del decreto-legge perché così come vanificato nella discussione e nelle votazioni del Senato non produrrà alcun effetto.
  Un recidivo è quello che ho incontrato nel carcere romano di Rebibbia, che era dentro perché aveva accumulato condanne per vendita di cd contraffatti. Quello è un classico recidivo. A parte che in questo caso dovremmo finanche discutere sulla norma penale all'origine, guardandoli in faccia ci si rende conto di chi sono.
  Questa coincidenza ha fatto sì che tante organizzazioni – tra cui le Camere penali, che sono con noi – da 3-4 mesi stanno raccogliendo firme nelle piazze. Siamo quasi giunti alle 50.000 firme per tre leggi di iniziativa popolare che riguardano l'introduzione del delitto di tortura, una modifica forte alla legge sulle droghe e altre misure deflattive del sistema penitenziario, fra cui alcune che abbiamo ripreso dal testo della Commissione Giostra del CSM e che poi abbiamo ritrovato nel testo del decreto-legge del Governo. Quindi, concordando totalmente con quanto detto dall'avvocato Spigarelli, affermo che abbiamo ritenute timide quelle misure, ma crediamo che non si possa fare un passo indietro rispetto a esse.
  In riferimento a quello che accadrà il 14 maggio, che è stato più volte evocato, vorrei dire che il 2014 è un anno particolare Pag. 18perché non scade solamente questo, ma anche la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, quindi per legge dobbiamo introdurre un organismo di garanzia di tutti i luoghi di detenzione perché l'Italia ha ratificato il protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura e – ripeto – per legge dobbiamo mettere mano al sistema delle misure alternative che scadono fra qualche mese.
  Questo è un periodo di riforma importante. Siccome è stato evocato il tema del consenso dell'opinione pubblica, è anche un momento in cui possiamo insistere in un lavoro che deve essere culturale perché bisogna iniziare a ragionare su una diversificazione del sistema sanzionatorio.
  In questa Commissione giustizia è stato fatto un lavoro sulla messa alla prova e sulla possibilità di una detenzione domiciliare data come pena principale e non necessariamente solo come misura alternativa. Quello è il solco su cui dobbiamo lavorare. Spero sia finita l'era in cui si rastrelli consenso su questo terreno perché non si sa dove si va a parare.
  Riporto alcuni numeri. Oggi abbiamo circa 550 ricorsi pendenti davanti alla Corte europea dei diritti umani. Sono tutti uguali e pronti a essere giudicati. Ricordo che solo i nostri uffici di sostegno legale ne hanno predisposti circa 150. Si tratta di persone che ci scrivono e che si rivolgono a noi, collettivamente o individualmente, perché vivono in meno di 3 metri quadri. Solo Italia, Russia e Bulgaria sono state condannate per questo motivo.
  L'Italia ha il tasso di affollamento più alto rispetto a tutta l'Unione europea. Secondo i dati dell'amministrazione penitenziaria – c’è una piccola divergenza numerica, ma non è significativa al punto da metterci a discutere di questo – ci sono circa 20.000 persone in più nelle carceri rispetto ai posti-letto regolamentari. Noi che le visitiamo riteniamo che siano di più (forse 27-28.000) perché ci sono reparti chiusi e così via che vengono conteggiati nelle statistiche. Tuttavia, 20.000 o 27.000 significa che, anche se gli oltre 4.000 posti di cui parlava il prefetto Sinesio verranno realizzati, avremmo comunque 15.000 persone in più e verremo condannati.
  Ricordo che 500 condanne ci costano 15 milioni di euro; 30.000 o 20.000 ci costeranno 300 o 400 milioni di euro, una spesa che potremmo preventivamente utilizzare per dare sostegno o tutoraggio a chi esce in misura alternativa. Ricordo anche che la Cirielli non esiste da sempre, ma dal 2006. Non mi pare, però, che i tassi di criminalità siano così cambiati. In realtà, sono rimasti totalmente invariati. Sono misure che abbiamo definito «simboliche», che creavano un doppio diritto penale, rapido per chi se lo poteva permettere e inclemente per chi non se lo poteva permettere.
  Avremmo voluto qualche misura in più. Per esempio, un forte intervento sulla legge sulle droghe. Se entro poco tempo non si interverrà su questi punti sarà inevitabile un provvedimento di clemenza. Infatti, per rispondere in tempi rapidi a quello che chiede la Corte europea dei diritti umani non vi sarà altra via se non un provvedimento di clemenza. Sappiamo, poi, quanto dovrà essere spiegato. Pertanto, chi oggi si oppone all'entrata in vigore del decreto-legge nel testo originario sappia che o dirà che della dignità delle persone detenute non ci interessa nulla oppure dovrà accettare senza sbuffare un provvedimento di clemenza.
  Detto questo, presento un rapidissimo sguardo interno al carcere: 96 morti dall'inizio dell'anno; 32 suicidi; abbiamo una situazione igienico-sanitaria terribile. Ci arrivano 10-20 lettere alla settimana che segnalano situazioni drammatiche, di gente che vive in un metro, un metro e mezzo quadro. Un signore di 190 chili non riesce a spostarsi e vive praticamente fermo nel letto. Si tratta di situazioni in cui l'assenza di risorse fa sì che il sistema sanitario sia al collasso; abbiamo casi di abbandono terapeutico.
  Pertanto, non si può non votare e non intervenire in modo deciso, seguendo l'urgenza che il Governo precedente ha dichiarato nel 2010. Occorre, quindi, essere Pag. 19coerenti con quella dichiarazione dello stato di emergenza, il che significa mettere mano alle norme.
  Noi crediamo nell'edilizia penitenziaria, ma come programmazione stabile, non per rispondere all'emergenza. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIULIA SARTI. Ringrazio gli auditi perché hanno dato un grandissimo contributo a questo dibattito. Abbiamo già contestato il fatto che in poche ore è difficile analizzare un provvedimento importante come questo. Non solo voi avete avuto tempi stretti per essere auditi, ma anche noi, purtroppo, abbiamo un tempo molto stretto per emendare. Poi, magari, parleremo anche di questo.
  Vorrei porre una domanda al dottor Cascini in riferimento alle situazioni che si registrano all'interno delle carceri, quindi alle condizioni dei detenuti. Leggendo alcune contestazioni – mi riferisco in particolare ad alcune affermazioni del giornalista Torrealta – vorrei avere contezza del protocollo che intercorre tra il DAP e l'AISI (Agenzia informazioni e sicurezza interna). So che il dottor Tamburino ha risposto, ma vorrei capire se l'autorità giudiziaria ha contezza di quello che davvero succede all'interno delle carceri o se davvero siete tenuti a non proferire parola su determinate situazioni.
  Inoltre, le chiedo quando viene applicato questo protocollo e a chi è stato applicato in passato, proprio perché ritengo che all'interno delle carceri ci debbano essere delle particolari tutele. Difatti, se mancano i controlli effettivi, in particolare quello dell'autorità giudiziaria, si determinano dei fatti gravissimi.
  Vorrei rivolgere qualche domanda anche al dottor Sinesio. È un piacere averlo qui, tuttavia a livello politico contestiamo la sua opinione circa un rallentamento dei lavori dovuto al fatto che quattro ministeri devono competere all'edilizia carceraria. Riteniamo, infatti, che conferire poteri nelle mani di un unico soggetto, anche se fa delle relazioni al ministero ed è sotto il controllo dei Ministeri della giustizia e dell'interno, sia eccessivo. Infatti, non ravvisiamo un effettivo controllo sull'operato del commissario, per cui conferire tutti questi poteri nelle mani di un'unica persona non è la soluzione più adeguata quando si parla di edilizia carceraria.
  A ogni modo, si dice che vi siano 40.000, 45.000 o 47.000 posti-letto per 66.000 mila detenuti. Allora in una cella doppia ci dovrebbero essere tre persone, mentre così non è. Dalle testimonianze del dottor Gonnella, dell'avvocato Spigarelli e di tutte le persone che vanno all'interno delle carceri, sentiamo che ci troviamo in una situazione anche con 4-5 o più persone in spazi ristrettissimi. Spero che dalle tabelle si possa capire effettivamente quante persone stanno nelle celle e perché abbiamo situazioni di 4-5 persone in una cella. Insomma, i conti non tornano.
  Inoltre, vorrei chiedere qual è la tempistica per la consegna delle nuove carceri e quale sarà il piano di rientro per le strutture in project financing. Abbiamo visto, infatti, che anche in questo decreto c’è la possibilità di stipulare contratti in project financing. Tuttavia, se – volendo fare una comparazione – per le autostrade ci sono i pedaggi, per le nuove carceri che verranno costruite chi dovrà pagare ? In sostanza, per i contratti stipulati in project financing sarà lo Stato ad accollarsi determinate spese ?
  Infine, come sappiamo, la manutenzione ordinaria e straordinaria è di competenza del DAP, ci chiediamo quindi quali motivi hanno determinato lo spostamento di questa competenza al demanio e se ci saranno dei rallentamenti nei lavori di manutenzione, considerato che il DAP era già perfettamente operativo. Insomma, non comprendiamo i motivi di queste scelte.

  DANIELE FARINA. Vorrei porre solo una questione di metodo. Abbiamo poco tempo, sia per gli emendamenti sia per la condizione di «ristrettezza» politica nella quale ci troviamo, visto che questo decreto va a scadenza poco dopo Ferragosto. Sappiamo, Pag. 20però, che se non riusciamo a rimandarlo al Senato in tempi utili non se ne parlerà probabilmente più.
  Mi piacerebbe, quindi, che all'interno delle domande avessimo una finalizzazione in questa direzione. Credo, insomma, che sia ora che finisca il pianto sulle condizioni delle carceri da parte del legislatore – cioè nostra, in sostanza – che non si traduce mai in un tentativo lungo la strada evidenziata dalla maggioranza dei nostri relatori. È ora che si cominci a chiarire, anche nelle domande, che cosa vogliamo fare in Aula, cioè se abbiamo tempi e modi per rendere veloce questo processo oppure ci piantiamo lì per quattro giorni e vanifichiamo tutto.

  ANNA ROSSOMANDO. Sottoscrivo sia sul piano metodologico che nel merito l'intervento che mi ha preceduto anche perché sulla questione della ratio delle pene carcerarie o meno abbiamo discusso molto nel corso del precedente provvedimento, quindi le posizioni sono abbastanza chiare.
  Con questa finalità precisa, poiché il decreto incide su punti molto specifici che stanno nel quadro generale, vorrei un ulteriore chiarimento dai relatori in merito ai dati. Tra le cause del sovraffollamento carcerario di cui tutti si dolgono, cosa intendiamo quando diciamo «cause strutturali» ? Inoltre, chiedo se la questione del trattamento della recidiva è tra queste cause strutturali e, se sì, in che misura incide. Chiedo chiarimenti su questo punto anche se c’è già stata un'esposizione.
  Peraltro, sono d'accordo sul fatto che l'amnistia e altri provvedimenti siano un'estrema ratio, per cui vorrei intervenire sulle cause strutturali, anche sotto il profilo della cosiddetta «sicurezza percepita» perché come legislatori incidiamo sulle norme – come è stato giustamente detto dal presidente Spigarelli – ma come esponenti politici dobbiamo occuparci globalmente della sicurezza percepita rispetto ai provvedimenti che mettiamo in campo.

  NICOLA MOLTENI. Mi asterrò da qualsiasi considerazione di natura politica, che faremo in altre sedi. Chiedo soltanto due questioni. La prima, banalissima, è rivolta al vice direttore della pubblica sicurezza, a cui chiedo, essendo lui un cultore delle politiche securitarie citate prima, se per completezza può fornirci dei dati sul numero dei reati predatori. Credo, infatti, che questo dato possa essere utile al dibattito.
  Chiedo a tutti, in particolare ai rappresentanti di Antigone, se gli ultimi provvedimenti – dal decreto Alfano al decreto Severino, al disegno di legge approvato alla Camera e oggi al Senato, al decreto in discussione – vi sembrano delle soluzioni di natura strutturale e organica per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri.
  Personalmente, credo che siano provvedimenti di natura occasionale che tra pochi mesi, quando il decreto Alfano e poi Severino sui 18 mesi scadrà, ovvero al 31 dicembre 2013, ci porteranno – questo è il mio unico commento politico – a prendere in considerazione provvedimenti di natura clemenziale, che non condividiamo, ma ormai la strada è tracciata. Vi chiedo, quindi, se questi provvedimenti che sono stati adottati rappresentano una metodologia di natura strutturale e sistematica per affrontare il problema del sovraffollamento. Personalmente – ripeto – credo di no.

  ANDREA COLLETTI. Vorrei solo dire che depositerò la relazione al Consiglio d'Europa del dottor Sabella del 24 novembre 2012 perché è molto interessante per il tema, ragion per cui abbiamo chiesto la sua audizione, nonché la prefazione al libro di Maurizio Torrealta «Processo allo Stato». Sono, infatti, due documenti molto interessanti.
  Chiedo al dottor Sinesio quanto verrà a costare, secondo i suoi calcoli, ogni nuovo singolo posto carcere nelle nuove strutture – dai miei calcoli, stando ai dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, costa più di 200.000 euro – e quanto costa, invece, la ristrutturazione Pag. 21ordinaria dei vecchi penitenziari o la riapertura delle ali chiuse. Vorrei conoscere la differenza di costo.
  Inoltre, vorrei chiedere se avete in programma, visto anche il tenore della legge che stiamo per votare, di vendere i beni posizionati in centro città e, se sì, quali.
  Inoltre, vorrei sapere se risulta vero che, a causa dell'inerzia del precedente commissario delegato, il CIPE nel 2011 ha revocato il finanziamento proveniente dai Fondi FAS per 228 milioni di euro.

  IVAN SCALFAROTTO. Sarò brevissimo. Vorrei soltanto ricordare ai colleghi un dato statistico che ricordavo nel mio intervento sul provvedimento sulla messa alla prova. Infatti, secondo l'Unione europea, ogni maiale adulto in un allevamento ha diritto a 6 metri quadrati di spazio. Mi pare di aver capito che, purtroppo, nelle nostre carceri siamo molto lontani da questo numero. Vorrei, però, che ritenessimo questo dato una sorta di benchmark nella nostra attività legislativa.
  Vorrei poi chiedere al dottor Sabella di spiegarmi meglio un passaggio. Non essendo un operatore del diritto dal punto di vista professionale, mi ha incuriosito quando ha detto che grazie al ruolo che ricopre oggi ha avuto la possibilità di sapere di più del mondo carcerario. Infatti, ero convinto che anche nel suo ruolo precedente avesse l'opportunità di avere questa esperienza. Vorrei, quindi, capire come mai nel passaggio avesse acquisito maggiori elementi e come mai nel ruolo precedente, nel quale pure aveva da prendere decisioni rispetto al mondo del carcere e della giustizia, non avesse contezza della situazione nella quale si trovano le nostre carceri.

  ANGELO ATTAGUILE. Vorrei chiedere al dottor Sabella, che ho seguito con attenzione, se può spiegare i motivi per cui ha trovato questo stato di abbandono delle carceri, che effettivamente mi lascia perplesso. Si potrebbe, infatti, chiedere una commissione d'inchiesta per chiarire le ragioni di questo abbandono.
  Inoltre, le chiedo se può intervenire – cosa che ho attenzionato moltissimo – nella ristrutturazione delle carceri più che con nuovi investimenti che richiederebbero anche del personale in più.

  ANTONIO MAROTTA. Sarò telegrafico perché mi rendo conto che le audizioni servono soprattutto per acquisire dei dati di cui tenere conto nel momento dell'elaborazione dell'attività legislativa. Vorrei chiedere, perciò, un solo dato al dottor Sabella, che è competente in materia. Dal 1 gennaio al 31 dicembre 2012 quanti posti utilizzabili in più sono stati creati nelle strutture carcerarie ?

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai nostri auditi per una breve replica.

  FRANCESCO CASCINI, Vice Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia. La questione dei rapporti con l'Agenzia informazioni e sicurezza interna (AISI) è abbastanza complessa. La conosco bene perché prima di assumere l'incarico di vice capo ho diretto per sei anni l'Ufficio ispettivo, che si è occupato dei rapporti con le altre forze di polizia e con le agenzie. Esiste non un protocollo, ma una convenzione stipulata nel 2010 dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria con l'AISI, sottoscritta dal presidente Ionta sulla base della legge istitutiva dell'AISI che prevede la possibilità, in alcuni casi vincolante per l'amministrazione, di stipulare accordi con le agenzie informative.
  È un accordo stipulato pubblicamente e ha un contenuto che ha un certo livello di riservatezza, ma posso tranquillamente dire che si tratta di una collaborazione che regola gli scambi informativi che vengono tutti formalmente disciplinati, nel senso che non esistono – per intenderci – scambi di informazioni che non abbiano traccia.
  È evidente che qualunque accordo formale intervenga tra organismi dello Stato deve rispettare la legge, per cui è impossibile ipotizzare che non si informi l'autorità giudiziaria di fatti che costituiscono reato; Pag. 22altrettanto impossibile è che si possa verificare secondo quel protocollo, se vengono seguite le strade trasparenti e ufficiali (poi, tutto può accadere), che vengano fornite notizie che sono oggetto di un'attività investigativa.
  Questi due limiti sono contenuti nella legge e non possono essere superati da quell'accordo. È presumibile che si faccia riferimento, invece, ad accordi di cui si è discusso in alcuni procedimenti pendenti dei quali, però, non ho mai avuto conoscenza, se non quella acquisita tramite la stampa.
  L'altra questione era relativa alla distribuzione dei detenuti nelle celle. Sicuramente, anche altri potranno dare una risposta su questo. Come ha detto il dottor Sabella, esiste un patrimonio edilizio molto vasto. Tuttavia, ci sono differenze all'interno degli istituti, che sono dovute a varie ragioni. Innanzitutto, i detenuti non sono tutti uguali. Abbiamo categorie molto differenti tra di loro. Basti pensare che i detenuti al 41-bis, che sono attualmente 750, sono per legge in cella singola. Abbiamo circa 1.800 ergastolani che stanno prevalentemente in cella singola. Abbiamo, poi, circuiti, per esempio quelli femminili, di persone ammalate o di donne tossicodipendenti, che all'interno del carcere producono delle differenziazioni anche nelle allocazioni.
  Inoltre, è noto che ci sono alcune regioni – prime tra tutte la Lombardia e la Campania – che producono molti più detenuti di quanti ne producano altre. Quindi, è evidente che nelle grandi città, in particolare a Napoli e a Milano, si concentra il più grande numero dei detenuti e non è sempre facile spostarli perché essi mantengono i rapporti con le proprie famiglie. Si farebbe un danno peggiore a spostarli al di fuori del loro territorio, per cui spesso ci troviamo a dover decidere se spostarli dal proprio territorio, provocando un danno rilevante perché magari i familiari non hanno le risorse per andare a fare i colloqui in un luogo distante, oppure lasciarli in condizioni di sovraffollamento. Trovare un equilibrio tra queste due esigenze non è semplice.
  Comunque, per rispondere alla sua domanda, la distribuzione non equa all'interno delle camere detentive dipende prevalentemente da questo.

  ALFONSO SABELLA, Direttore della direzione generale delle risorse materiali, beni e servizi, del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia. Rispondo subito alla domanda dell'onorevole Scalfarotto. È chiaro che il magistrato, purtroppo, vede il carcere sempre da fuori. In realtà, i magistrati si fermano sempre alla sala colloqui; dentro entra solo il magistrato di sorveglianza. Io ho fatto il pubblico ministero e il giudice, quindi ho provveduto, dal mio canto, a riempire le carceri.
  È ovvio che nel momento in cui si ha un ruolo più amministrativo e si entra all'interno delle sezioni, si ha modo di rendersi conto della realtà, per cui, tornando indietro, probabilmente avrei deciso di mettere in carcere qualcuno in meno. Da giudice, però, già conoscevo le carceri perché ero stato capo dell'Ufficio ispettorato, quindi avevo già cambiato atteggiamento, almeno sul piano morale.
  Per quanto riguarda le altre questioni molto più tecniche, dal 1 gennaio al 31 dicembre 2012, in termini di posti che hanno determinato un aumento di capienza (poi ci sono anche quelli che abbiamo ristrutturato), il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ne ha consegnati 780, in cui sono ricompresi anche quelli su cui è intervenuto il commissario straordinario per i completamenti. È poi prevista la consegna, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di ulteriori 500 posti entro maggio 2014, mentre dopo questa data è prevista la consegna di 400 ulteriori posti.
  Il DAP ha consegnato 2.595 nuovi posti detentivi in aumento di capienza da quando sono direttore generale. Sono previsti altri 2.086 posti entro maggio 2014, dopodiché zero perché non abbiamo più avuto risorse, quindi non abbiamo più potuto programmare niente, se non dei piccoli completamenti che sono inseriti in un'altra tabella.Pag. 23
  Da ultimo, sui motivi per cui non era stata effettuata la manutenzione del patrimonio edilizio, le motivazioni sono varie. Come sapete, il DAP dispone di una struttura tecnica, estremamente competente in fatto di edilizia penitenziaria, composta da ingegneri. Sono cambiati il vertice, molti tecnici e molti dirigenti, da quando sono arrivato.
  È evidente che un progetto di un nuovo padiglione standard che va poi collocato fisicamente in 20 carceri abbia un costo intellettuale a livello di progettazione rilevante per uno, ma poi duplicabile per gli altri 19. Nel momento in cui si deve fare un progetto per una ristrutturazione o per una manutenzione, quindi per un lavoro molto più specifico all'interno di una sezione, si ha sicuramente un impegno molto più complesso e probabilmente anche meno remunerativo per il tecnico. Infatti, come sapete, il 2 per cento del costo dell'opera viene dato come incentivo, nel limite del doppio dello stipendio, al tecnico dipendente dall'amministrazione.
  Per quanto mi riguarda, ho inaugurato un'inversione di tendenza. Ho detto che non bisogna più andare su queste opere standard, ma su opere che mirino il più possibile al recupero di posti con costi decisamente molto più contenuti.
  Un'altra causa è l'incuria di qualche direttore o il fatto che sono venuti meno i soldi per le mercedi, quindi per la manutenzione ordinaria degli istituti che veniva affidata ai detenuti.

  PRESIDENTE. Quello che sta dicendo fa parte di una relazione ?

  ALFONSO SABELLA, Direttore della direzione generale delle risorse materiali, beni e servizi, del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia. Fa parte della relazione che citava l'onorevole Colletti, che ho esposto al Consiglio d'Europa. Tuttavia, se volete, ho anche dati molto più precisi.
  È ovvio che investire in ristrutturazioni ha un costo molto più ridotto. Peraltro, quando si parla di posti intendiamo posti regolamentari, tollerabili, capienza massima, capienza di necessità e così via, cioè posti secondo la CEDU. Considerate che determiniamo la capienza sulla base di un decreto ministeriale del Ministero della salute che risale al 1975 che prevede in 9 metri quadri la cella singola e in 14 metri quadri la cella doppia. Ora, aggiungiamo sempre 5 metri quadri per considerare celle triple e quadruple. Questi dati, però, sono sicuramente superiori a quelli che ci impone la CEDU. Quindi, quando parliamo di posti intendiamo posti regolamentari, ovvero celle singole da 9 metri quadri, doppie da 14 metri quadri, triple da 19. Questo è il dettaglio.

  ANGELO SINESIO, Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie. Non c’è persona più contraria di me alle soluzioni straordinarie. Per me le emergenze sono delle calamità naturali. Tutto ciò che è provocato dalla distrazione dell'attività amministrativa ha dei responsabili.
  Detto questo, la struttura commissariale, che è temporanea, accentra in sé le competenze di due ministeri in quanto già dotata di cassa, quindi non comprende quelle di finanza ed economia. La prospettiva dell'intervento previsto nel decreto-legge è volta alla soluzione di un problema, quindi non è quella di stabilizzare una figura straordinaria, ma di mettere in capo al Ministero della giustizia la risposta a tre fondamentali domande che attengono al pensiero dell'edilizia penitenziaria, cioè dove, come e per chi fare le carceri.
  Occorre essere in grado, come Ministero della giustizia, di programmare l'organizzazione sul territorio in relazione alla «produzione» di detenuti. Il pensiero dell'edilizia penitenziaria non può essere più quello del contenitore. Come dicevano i consiglieri Cascini e Sabella, abbiamo diverse tipologie di detenuti. Non possiamo immaginare di concentrare all'interno di un unico istituto tipologie differenti di detenuti, altrimenti dobbiamo dimenticare il trattamento. La terza domanda – per chi ? – significa immaginare un sistema organico sul territorio che abbia come punto di riferimento il trattamento e soprattutto Pag. 24un'economia globale che consenta di produrre meno recidiva.
  Oggi alcuni istituti sono opifici industriali di delinquenza. Nonostante abbiamo la cubatura forse più grande d'Europa come numero di istituti, abbiamo una sofferenza che nasce dal fatto che non c’è mai stata una programmazione. Abbiamo, infatti, investito a spot senza fare la necessaria programmazione. Pertanto, vedo questa emergenza come il superamento e la messa a regime di un sistema che non deve più scontare quello che ha scontato fino a oggi.
  Riguardo al problema di accentrare in una figura tutti questi poteri, preciso che siamo sottoposti al controllo preventivo della Corte dei conti. Quindi, tutti i contratti che abbiamo fatto, dalla penna all'istituto, hanno passato il vaglio preventivo della Corte dei conti, il che significa che non c’è nessun atto del commissario straordinario non controllato. Tra l'altro, di questo faccio un punto di orgoglio perché avevamo il controllo on line della Corte dei conti in sei ore. Infatti, con la Corte dei conti abbiamo in animo di pubblicare l'esperienza che è maturata in quest'anno e mezzo di controllo da parte loro e di lavoro da parte nostra, pubblicizzando il software che ha consentito la verifica on line di tutti gli atti del commissario.
  Tuttavia, il problema dei controlli va affrontato perché, al di là della figura del commissario, oggi in Italia le disfunzioni, anche questa, nascono proprio dall'omissione del controllo o perlomeno dall'assenza di controlli preventivi. Infatti, purtroppo abbiamo controlli successivi, quello repressivo dell'autorità giudiziaria e quello repressivo-economico della Corte dei conti, quando verifica a posteriori. Invece, i controlli della Corte dei conti dovrebbero essere obbligatori e preventivi, non successivi. In sostanza, il controllo sull'attività di diritto privato, sugli atti e sugli organi della pubblica amministrazione andrebbe ripristinato. Questo è un dato.
  Riguardo al costo dei posti carcere, abbiamo un dato formale verificabile, che va misurato non solo in relazione al costo del posto carcere, ma anche al tempo. Come lei diceva, il costo per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è di circa 200.000 euro per posto carcere. Noi – questo è un dato verificabile attraverso le aggiudicazioni – abbiamo un costo di meno di 70.000 euro per singolo posto carcere. Tuttavia, occorre fare attenzione perché il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha tempi di realizzazione che variano dagli 8 ai 10 anni. Ciò significa fare un ammortamento di questa spesa in anticipazione che rende questo dato ancora maggiore. I costi, dunque, sono ancora superiori rispetto a questo dato.
  Riguardo al progetto di finanza, nel decreto è scritto «anche in forma di partenariato pubblico-privato». Su un progetto a freddo, cioè sulla realizzazione di un carcere, ritengo ci siano pochi margini per rendere utile per la pubblica amministrazione l'affidamento di una struttura penitenziaria in progetto di finanza. Tuttavia, penso che ci siano altre possibilità, come la valorizzazione o la permuta che non comportano, come ho già detto precedentemente, nessun tipo di spesa ulteriore per la pubblica amministrazione ai fini della realizzazione di nuovi istituti. In ogni caso, il progetto di finanza, laddove dovesse essere preso in considerazione, andrebbe verificato negli ammortamenti e nei costi non dal commissario, ma direttamente al Ministero dell'economia e delle finanze.
  In merito ai Fondi FAS persi, non mi attengono poiché sono stati sottratti prima che arrivassi come commissario. Si tratta di 220 milioni di euro che non erano stati impiegati. Purtroppo, su questo dovreste interloquire con il precedente commissario, che era il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.

  VALERIO SPIGARELLI, Presidente dell'Unione delle camere penali italiane. Gli onorevoli Molteni e Rossomando facevano riferimento a ciò che è strutturale e ciò che non lo è. Per fare una battuta, vorrei dire che strutturale non è certamente costruire nuovi carceri. Al di là del fatto che è opportuno rendere vivibile la situazione all'interno delle carceri, «strutturale» Pag. 25significa fare una riflessione che parte da questo decreto-legge su un sistema che, tutelando maggiormente la sicurezza, dia respiro alla previsione costituzionale dell'articolo 27, cioè si costruisca attorno a un'idea non vendicativa del diritto penale e della pena, ovvero attorno a una concezione moderna del diritto penale, il che significa su un diritto penale minimo.
  Questo significa uno Stato non imbelle, che sceglie oculatamente lo strumento penale rispetto ai beni costituzionali che sono in discussione; significa anche uno Stato che non sceglie di modificare le pene per i reati a seconda degli strumenti di investigazione che possono essere applicati (giusto per fare un esempio, che non decide che un certo reato deve essere superiore a 4 o a 5 anni perché solo in questa maniera si possono fare le intercettazioni telefoniche), ma decide di graduare la dosimetria delle pene in relazione alla gravità dei fatti e in relazione, di nuovo, al precetto costituzionale che gradua i beni che sono coinvolti. Questa è una riforma strutturale. Uno Stato del genere decide di non mettere il carcere al centro, ma di avere un ventaglio di sanzioni che permettono la prevenzione generale e specifica in maniera molto migliore.
  In un'altra occasione, in questa sede, facevo riferimento al fatto che se apriamo un giornale, scopriamo che negli Stati Uniti – sistema che non va imitato per tante altre ragioni – le pene che vengono applicate anche abbastanza rapidamente sono risarcitorie e riparatorie, e magari costringono una star del cinema che si comporta male non a sei mesi di carcere virtuale, come succede da noi, ma ad afferrare una ramazza e andare 20 giorni a pulire le strade di New York. Questa è una pena non simbolica, ma effettiva, che è maggiormente preventiva rispetto a quel tipo di reati. Dico questo per fare un esempio banale.
  Una scelta strutturale è quella di ripensare il sistema delle pene, non mettendo il carcere al centro del sistema, ma variegando le sanzioni. Avevamo avuto un timido inizio di questo percorso, venendo a discutere in questa sede della detenzione domiciliare, della messa in prova e anche della sospensione del processo degli irreperibili, che rientra in questo discorso.
  Ci rendiamo, però, conto che se dopo il primo timidissimo passo che viene fatto (peraltro, un bel viaggio inizia sempre con un primo passo) ci si ferma, questo ha un effetto negativo non solo su questa vicenda legislativa, ma anche sulle altre.
  In realtà, per intervenire organicamente su questa materia, dovremmo prendere in considerazione il lavoro che è stato fatto dalla Commissione Giostra al Consiglio superiore della magistratura, che è il frutto di una riflessione di persone che hanno verificato, partendo da posizioni inizialmente molto diverse, che le politiche che sono state applicate al carcere negli ultimi 10-15 anni in questo Paese hanno prodotto il fallimento che è sotto gli occhi di tutti sotto tutti i profili, come tutela dei diritti umani fondamentali, che non è cosa di poco momento e che dovrebbe riguardare tutte le forze politiche, ma anche dal punto di vista dell'ordine pubblico e della sicurezza sociale.
  Allora, di fronte a un fallimento si ripensa. Per esempio, il lavoro della Commissione Giostra ripensa complessivamente il sistema, tornando anche su certi luoghi comuni che ormai si erano sedimentati a sinistra o a destra. Quello è un lavoro strutturale.
  Vi chiedo, quindi, in maniera accorata, di non bloccare questo primo passo. Se ciò dovesse accadere, la protesta degli avvocati sarà forte perché ci stiamo battendo affinché il sistema detentivo in Italia ridiventi umano.

  PATRIZIO GONNELLA, Presidente dell'associazione Antigone. Se dovessi dare una visione di sistema, in perfetta coerenza con quanto dice l'avvocato Spigarelli, proporrei di mettere mano al Codice penale nel suo complesso. Ci sono state due bozze di riforma, tra l'altro provenienti da aree politiche distanti, ma sostanzialmente convergenti nei contenuti. Pag. 26Mi riferisco alla proposta Nordio e alla proposta Pisapia di riforma complessiva del Codice penale.
  Dopodiché, nel dettaglio, la legge Cirielli impedisce l'universalità del sistema delle misure alternative, quindi è una misura di sistema anche intervenire su quella. Lo stesso vale per la legge sulle droghe. Anche noi valuteremo quello che accadrà e continueremo a svolgere un lavoro culturale con tutte le associazioni laiche e cattoliche che in questa fase hanno tutte la stessa idea: intervenire perché si ridia senso all'articolo 27 della Costituzione.

  MARCELLO BORTOLATO, Componente della Giunta esecutiva centrale dell'Associazione nazionale magistrati. In risposta alle domande degli onorevoli Molteni e Rossomando sulle cause strutturali del sovraffollamento e se queste siano soluzioni strutturali e organiche, è evidente che di fronte a un'emergenza quale quella attuale, con 20.000 o 27.000 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare, non si può che rispondere con provvedimenti di emergenza, che però non risolvono alla base il problema. Includo tra i provvedimenti emergenziali anche quello di clemenza al quale anch'io credo si dovrà giungere inevitabilmente nel caso in cui non si imbocchi la strada ragionevole che era stata intrapresa con il decreto-legge.
  Sicuramente le tre leggi che hanno prodotto un surplus di carcere in quest'ultimo decennio sono le ricordate ex Cirielli, Fini-Giovanardi e Bossi-Fini. Oggi abbiamo avuto conferma che dal 2005, cioè da quando è entrata in vigore la legge ex Cirielli, si sono avuti 6.000 affidamenti in prova in meno. Nell'epoca d'oro degli affidamenti, cioè negli anni Novanta, si è raggiunto il record storico di 30.000 affidamenti in prova. Nonostante l'aumento del numero vertiginoso di carcerazioni e la diminuzione degli affidamenti, la criminalità è rimasta costante. Non c'era, cioè, più criminalità negli anni Novanta quando le misure alternative erano al loro massimo storico.
  Vorrei, però, lasciare quest'Aula sciogliendo un'ambiguità. Si parla di benefici penitenziari, ma è un'espressione fuorviante. Da magistrato di sorveglianza, vorrei ricordare che le misure alternative sono percorsi, appunto, alternativi al carcere che hanno un contenuto di afflittività; impongono, per esempio, la giustizia riparatoria che è totalmente al di fuori nel caso di mera detenzione. Il condannato non si preoccupa di risarcire la vittima se sta in carcere; esce ancora più arrabbiato di come è entrato e probabilmente pronto a delinquere nuovamente.
  Invece, nel caso in cui si individui un percorso alternativo che preveda, per esempio, i lavori di pubblica utilità – mi rivolgo ai parlamentari – abbiamo un terreno su cui si può incontrare il favore dell'opinione pubblica perché anche il cittadino comune preferisce vedere il proprio aggressore non in una cella, ma fare un lavoro di pubblica utilità, quindi volontario e gratuito.
  Peraltro, ho sento parlare di celle doppie o triple. Invito, dunque, i parlamentari a visitare case circondariali dove ci sono 9 o 11 detenuti per cella. Per esempio, nella mia casa circondariale di Padova ci sono 11 in una cella da 9 metri quadrati.
  Le misure alternative non sono, quindi, benefici penitenziari. Dobbiamo liberarci da questa ottica del buonismo, per cui il magistrato concede perché sono percorsi alternativi individuati sulla base di una valutazione caso per caso sia del profilo di pericolosità sia dell'adeguatezza di quella misura per il recupero di quel condannato. Su questo le statistiche del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria parlano chiaro: chi espia la pena in tutto o in parte in misura alternativa torna a delinquere nel 18,5 per cento dei casi, a differenza di chi la espia completamente in carcere.

  MATTEO PIANTEDOSI, Vice Direttore generale della Pubblica sicurezza. Mi era stato rivolta un'unica domanda in merito ai dati statistici sui reati predatori. Questi dati statistici esistono, peraltro sono rilevati sistematicamente nell'ambito del sistema Pag. 27statistico nazionale, quindi pubblicati anche dall'Istat. Tuttavia, non li ho qui con me, quindi mi riservo di inviare alla Commissione i dati specifici richiesti.

  ANDREA COLLETTI. Il dottor Sinesio ha parlato di emergenza carceri provocata. Siccome si parlava anche di amnistia, vorrei chiedere provocata da chi e perché.

  ANGELO SINESIO, Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie.
  Per me le emergenze sono quelle provocate dalla natura, come un terremoto, un'inondazione o un incendio. Questa emergenza è provocata non nel senso che ci sia un progetto dietro, ma dal fatto che ci sia un frazionamento di competenze che non consente di arrivare a unità rispetto a un progetto. Non c’è dietro un disegno, ma dipende dal fatto che non ci si mette attorno a un tavolo per decidere chi e come deve fare cosa.

  PRESIDENTE. Mi sembra che il cammino sia iniziato. Ringrazio gli auditi del contributo fattivo ai nostri lavori e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.55.