XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Martedì 9 dicembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA IN RELAZIONE ALL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 925-B , APPROVATA DALLA CAMERA E MODIFICATA DAL SENATO, IN MATERIA DI DIFFAMAZIONE, DI DIFFAMAZIONE CON IL MEZZO DELLA STAMPA O CON ALTRO MEZZO DI DIFFUSIONE, DI INGIURIA E DI CONDANNA DEL QUERELANTE NONCHÉ DI SEGRETO PROFESSIONALE. ULTERIORI DISPOSIZIONI A TUTELA DEL SOGGETTO DIFFAMATO

Audizione di rappresentanti di Confindustria digitale, dell'Osservatorio Ossigeno per l'informazione e della Federazione italiana editori giornali.
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 
Catania Elio , Presidente di Confindustria digitale ... 2 
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 
Catania Elio , Presidente di Confindustria digitale ... 5 
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 
Spampinato Alberto , Direttore dell'Osservatorio Ossigeno per l'informazione ... 5 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Carotti Fabrizio , Direttore generale della Federazione italiana editori giornali ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Carotti Fabrizio , Direttore generale della Federazione italiana editori giornali ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Mennella Giuseppe Federico , Segretario dell'Osservatorio Ossigeno per l'informazione ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Spampinato Alberto , Direttore dell'Osservatorio Ossigeno per l'informazione ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 13.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti di Confindustria digitale, dell'Osservatorio Ossigeno per l'informazione e della Federazione italiana editori giornali.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame della proposta di legge C. 925-B, approvata dalla Camera e modificata dal Senato, in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante, nonché di segreto professionale. Ulteriori disposizioni a tutela del soggetto diffamato, l'audizione di rappresentanti di Confindustria digitale, dell'Osservatorio Ossigeno per l'informazione e della Federazione italiana editori giornali.
  Oggi sentiremo i rappresentanti di Confindustria digitale, dell'Osservatorio Ossigeno per l'informazione e della Federazione italiana editori giornali.
  Iniziando da Confindustria digitale, do la parola al dottor Elio Catania, che è accompagnato da Roberto Bedani, direttore generale, e Marzia Minozzi. Ha dieci minuti per la relazione.

  ELIO CATANIA, Presidente di Confindustria digitale. Grazie, presidente. Ringrazio anche tutti i membri della Commissione giustizia per aver voluto invitare la Confindustria digitale in quest'audizione. Vi partecipiamo con grande piacere.
  Come premessa, specifico, per informazione di tutti, che Confindustria digitale è la federazione di rappresentanza industriale nata proprio con l'obiettivo di promuovere lo sviluppo dell'economia digitale nel nostro Paese a beneficio della concorrenza e dell'innovazione.
  Sono associate a Confindustria digitale diverse associazioni: l'Associazione per le telecomunicazioni (ASSTEL), che raccoglie tutte le imprese di telecomunicazioni; Assinform, che rappresenta le imprese dell’information technology; ANITEC, che rappresenta le imprese produttrici di tecnologie informatiche e di Consumer Electronics; AIIP, che rappresenta gli Internet provider; e Assocontact, che rappresenta le imprese di contact e call center. Confindustria digitale esprime, quindi, una rappresentanza industriale molto ampia dell'ICT nazionale.
  La proposta di legge in commento si propone di contrastare i fenomeni di diffamazione a mezzo stampa, estendendo anche alle testate giornalistiche online registrate gli obblighi e le sanzioni relativi alla pubblicazione di notizie diffamanti tramite web.
  Confindustria digitale ritiene che la creazione di un ambiente online sicuro e improntato a princìpi di legalità sia il prerequisito essenziale per permettere lo sviluppo del mercato digitale e per catturare i benefici della digitalizzazione Pag. 3dell'economia e della società. In tale ottica condividiamo l'obiettivo che si è posto il legislatore con il disegno di legge in questione.
  Apprezziamo molto anche l'approccio adottato, che ritaglia correttamente l'ambito di responsabilizzazione sul web alle sole testate registrate per i contenuti immessi in rete dalle redazioni. Infatti, in tal modo si segna chiaramente la differenza tra la stampa trasferita sul web e le nuove forme espressive che il web rende possibili, che non hanno le stesse caratteristiche di professionalità, continuità e affidabilità della stampa stessa.
  In tal senso vanno anche le considerazioni espresse dal giudice amministrativo nell'ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale del ricorso intentato avverso il Regolamento dell'Agcom sul diritto d'autore. Il giudice evidenzia, infatti, che la disciplina che regola la stampa può essere estesa ai prodotti digitali solo in presenza dei requisiti espressamente previsti dalla legge n. 62 del 2001, ossia prodotto dotato di testata, finalità informativa legata alla qualità e periodicità regolare.
  Ci sembra che tale approccio vada nella corretta direzione di individuare una responsabilità editoriale esclusivamente per le testate giornalistiche registrate, online come offline. La distinzione, nell'ambito dell'ecosistema online, tra la testata che diffonde contenuti professionali, il singolo che condivide contenuti amatoriali e la piattaforma che scambia o rende raggiungibile l'informazione già immessa da altri è di fondamentale importanza per evitare forzature sul ruolo degli attori di internet e sul funzionamento della rete stessa, che non potrebbero che avere effetti negativi.
  Questo, naturalmente, non significa che i soggetti che non sono caratterizzati dalla loro responsabilità editoriale non siano sottoposti a determinati obblighi e sanzioni nel caso in cui si verifichino episodi di diffamazione, ma soltanto che questi obblighi e sanzioni variano a seconda della natura di ogni soggetto e dell'esistenza o meno di una responsabilità editoriale.
  Un principio il cui rispetto è fondamentale per regolare i fenomeni online è quello di prevedere misure compatibili con le caratteristiche tecniche delle attività svolte dai soggetti chiamati ad agire. Questo ha importanti conseguenze nel momento in cui si tenta di intervenire su informazioni immesse in rete, poiché la principale caratteristica tecnica della gestione delle informazioni su internet è che la circolazione delle informazioni stesse si frammenta.
  Non si può più pensare a una gestione centralizzata delle informazioni, che possono essere riprese e richiamate infinite volte nelle interazioni online. Il modo più efficace per correggere informazioni distorte, e finanche diffamatorie, non è nasconderle, perché, una volta immesse in rete, può essere difficile reperirle tutte con certezza, ma piuttosto correggerle.
  Tale correzione non può che avvenire alla fonte della notizia stessa a mezzo di rettifica sullo stesso mezzo e sulla stessa pagina in cui era apparsa la notizia principale. Tale potrà essere la misura richiesta dall'autorità che giudichi diffamatoria una notizia. In tal modo, peraltro, verrebbero automaticamente corrette le informazioni ottenute per mezzo di link alle pagine contenenti informazioni diffamanti.
  Vorrei sottolineare alcuni elementi di criticità. Venendo al commento puntuale della proposta di legge in questione, espresso l'apprezzamento per l'impostazione dello stesso, ci ha stupito leggere il testo proposto per l'articolo 3, inserito integralmente in prima lettura al Senato, che sembra trascurare quanto esposto sinora.
  Infatti, l'articolo 3, abbandonato il rinvio ai contenuti immessi in rete dalle redazioni delle testate giornalistiche online, prevede la possibilità per il soggetto che si ritenga diffamato di richiedere direttamente a imprecisati siti internet, nonché ai motori di ricerca l'eliminazione dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione di disposizioni di legge.Pag. 4
  Rispetto a tali previsioni si pone una serie di considerazioni. Innanzitutto appare evidente un riferimento improprio ai dati personali trattati in violazione di disposizioni di legge, atteso che per tale fattispecie è prevista un'autonoma disciplina, a tutela della quale agisce il Garante per la tutela dei dati personali, a cui ogni interessato si può rivolgere per la tutela appunto dei propri dati personali, senza neanche che sia necessario ricadere nella fattispecie della diffamazione. Inserire il riferimento alla violazione dei dati personali nell'ambito del provvedimento in questione rischia di complicare inutilmente il quadro giuridico della tutela dei dati personali trattati in violazione della legge.
  Il riferimento generico a siti internet si scontra poi con la considerazione sopra riportata sul funzionamento della rete e introduce un elemento di estraneità rispetto all'intero impianto della proposta di legge in oggetto.
  Noi riteniamo, infatti, che rettificare l'informazione sia preferibile a nasconderla. Questo perché, per gli stessi meccanismi virali che non consentono di individuare i canali di diffusione di un'informazione, una volta immessa in rete, sarà più efficace destituire di fondamento la notizia diffamatoria rettificandola alla fonte che nascondendola nella rete, dove il risultato dell'eliminazione completa è irraggiungibile.
  Riteniamo, inoltre, che la violazione di legge debba essere riconosciuta da un'autorità competente e che, quindi, la richiesta di intervento verso il gestore del sito web debba essere indirizzata all'autorità giudiziaria nell'ambito della denuncia della diffamazione.
  Infatti, nel caso di reati penali come la diffamazione creare un rapporto diretto tra segnalante e altri soggetti privati rischierebbe di provocare oneri e rischi eccessivi per i soggetti coinvolti. I soggetti privati sarebbero, infatti, chiamati a un'attività di giudizio sui contenuti presenti in rete a seguito della segnalazione di un contenuto ritenuto pregiudizievole nel giudizio esclusivo del soggetto interessato. L'interessato, peraltro, può attualmente già avvalersi dei giudizi cautelari e dei procedimenti amministrativi d'urgenza per l'ottenimento di eventuali misure restrittive.
  La creazione di un meccanismo del genere, con un rapporto diretto tra segnalante e altri soggetti privati relativo al delicato bilanciamento tra diritti fondamentali senza il vaglio di un'autorità pubblica, riguarderebbe fattispecie penali senza che siano previsti neanche criteri minimi di valutazione.
  Lo strumento sarebbe previsto per un novero potenzialmente indistinto e numerosissimo di ipotesi, con rischi gravi per i diritti fondamentali in gioco (libertà di espressione, diritto di difesa, contraddittorio), e oneri enormi per tutti i soggetti della rete, dai motori di ricerca fino ai piccoli editori e blogger. Si rischierebbero così, da un lato, rimozioni indiscriminate o precauzionali di contenuti e, dall'altro, azioni di danni relative alla rimozione o mancata rimozione.
  In conclusione, presidente, noi apprezziamo l'obiettivo di creare un ambiente digitale sempre più orientato alla legalità, in modo da sostenere la fiducia dei cittadini negli strumenti digitali e dei consumatori nel mercato digitale, leva competitiva fondamentale per la ripresa della crescita di un'economia che ormai non può che essere digitalizzata.
  Apprezziamo il riferimento costante, all'interno della proposta di legge in commento, alle testate giornalistiche online registrate e alla responsabilità per i contenuti immessi in rete dalla redazione, che risponde alla necessità di indirizzare ai soggetti tecnicamente in grado di realizzarle le misure che si vogliono adottare, nonché a quella di individuare correttamente le responsabilità dei comportamenti soggettivi anche online.
  Segnaliamo, però, che l'articolo 3, come dicevo prima, presenta criticità rilevantissime, sia sotto il profilo della sovrapposizione ad altra disciplina compiuta e di massima importanza come quella della tutela dei dati personali, sia sotto quello dell'individuazione soggettiva e oggettiva Pag. 5delle misure ivi contemplate. Gli effetti dell'articolo 3 rischiano, quindi, di violare seriamente i princìpi di proporzionalità e ragionevolezza che devono connotare qualsiasi azione di richiesta agli attori privati.
  A seguito di queste considerazioni le chiediamo, dunque, la soppressione dell'articolo 3, in quanto solleva dubbi significativi in tema di bilanciamento di diritti fondamentali, nonché rischi di una potenziale moltiplicazione dei contenziosi a fronte di previsioni sostanzialmente già esistenti nell'ambito di altre discipline.
  Qualora la Commissione decidesse di mantenere l'articolo 3, suggeriamo di limitare la fattispecie oggetto dell'articolo alla diffamazione e il preventivo vaglio delle istanze da parte dell'autorità giudiziaria.
  Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. La ringrazio molto. Non so se ci lascerà lo scritto, a parte il fatto che è tutto registrato.

  ELIO CATANIA, Presidente di Confindustria digitale. Certo, vi lascerò lo scritto, signor presidente.

  PRESIDENTE. Grazie. Essendoci forse posizioni un po’ diverse o comunque trattandosi di ambiti diversi, vorrei chiudere prima quest'audizione. Ci sono domande per il dottor Catania, presidente di Confindustria digitale ? Se non ci sono per adesso, può accomodarsi.
  Seguendo l'ordine del giorno, passiamo all'Osservatorio Ossigeno per l'informazione. È presente Alberto Spampinato, direttore dell'Osservatorio Ossigeno per l'informazione, che ringraziamo, accompagnato da Giuseppe Federico Mennella, segretario dell'Osservatorio, e Andrea Di Pietro, responsabile legale dell'Osservatorio medesimo.
  Do la parola al direttore Spampinato.

  ALBERTO SPAMPINATO, Direttore dell'Osservatorio Ossigeno per l'informazione. Ringraziamo la Commissione per aver accolto la nostra istanza di raccogliere il nostro parere su questa proposta di legge, che ci riguarda in quanto la natura della nostra associazione è quella di osservatorio sulle minacce e sulle intimidazioni rivolte ai giornalisti in vario modo e sulle notizie oscurate con la violenza e con abusi legali.
  L'Osservatorio è stato promosso dalla Federazione nazionale della stampa e dall'Ordine nazionale dei giornalisti nel 2008 e pubblica un notiziario online, aggiornato quotidianamente, che in questo periodo ha segnalato in modo documentale e certificato, con rilevazioni e informazioni giornalistiche professionali, le vicende di quasi 2.100 giornalisti, blogger, fotoreporter e videoreporter che in questo periodo hanno subìto questo genere di intimidazione in relazione alla loro attività di informazione giornalistica.
  Per completare la presentazione, brevemente riferisco che l'Osservatorio è consulente della Commissione parlamentare antimafia e dell'OSCE e che, inoltre, collabora con varie organizzazioni internazionali, tra cui il Consiglio d'Europa, il Commissario per i diritti umani, Reporters sans frontières, Freedom House, il Comitato per la protezione dei giornalisti di New York e l'Osservatorio SEEMO sui media nell'area balcanica.
  Presidente onorario della nostra associazione è Sergio Zavoli. Fra i soci onorari c’è don Luigi Ciotti e, inoltre, fra gli animatori principali ci sono i giornalisti Lirio Abbate e Giovanni Tizian, che vivono da anni sotto scorta.
  Venendo al tema, esporrò schematicamente la nostra posizione, per brevità. Ossigeno per l'informazione fa osservare i seguenti punti.
  A nostro giudizio, la normativa italiana in materia di diffamazione a mezzo stampa è inadeguata e non è in linea con gli orientamenti giurisprudenziali della Corte europea dei diritti umani e delle Istituzioni europee e internazionali a cui l'Italia fa riferimento.
  La normativa vigente consente gravi abusi e limitazioni della libertà di stampa e di espressione sancita dall'articolo 21 della Costituzione. Oltre al cosiddetto diritto Pag. 6di cronaca, tali abusi limitano il diritto di ogni cittadino di essere informato, riconosciuto dalla Dichiarazione universale dei diritti umani all'articolo 19.
  La qualificazione penale della diffamazione a mezzo stampa, a nostro avviso, deve essere superata – non solo a nostro avviso: lo chiedono tutte le Istituzioni europee – poiché ha un chilling effect sull'informazione giornalistica. L'effetto raggelante è enormemente ampliato dalla previsione della pena detentiva.
  La qualificazione penale della diffamazione a mezzo stampa ha anche altre conseguenze. Fra l'altro, impedisce ai giornalisti di proteggersi con un'assicurazione professionale, come invece è possibile per altre categorie, che si difendono così dalle più gravi conseguenze economiche di errori commessi nell'esercizio della loro professione.
  Gravi abusi sono consentiti, inoltre, dalle norme sul segreto professionale dei giornalisti riguardo alla riservatezza delle fonti fiduciarie, da norme contraddittorie in materia di pubblicazione del contenuto di atti giudiziari e da procedure che richiedono processi lunghissimi e costosi anche per emettere sentenze di proscioglimento motivate perché il fatto non sussiste.
  In particolare, la legge sulla stampa del 1948 e le norme del Codice penale e civile in materia di diffamazione consentono un facile abuso a scopo intimidatorio delle querele e delle citazioni per danni. Tale abuso è sempre più frequente in Italia, è pressoché incontrastato e non ha eguali in altri Paesi occidentali.
  Le rilevazioni di Ossigeno per l'informazione, note alla Commissione parlamentare antimafia, all'OSCE, al Consiglio di Europa e al Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di stampa, dicono che nel periodo 2006-2014 si sono verificati atti intimidatori nei confronti di 2.100 giornalisti italiani, di cui 371 nell'anno in corso.
  Dicono, altresì, che nel periodo 2011-2014 le querele temerarie e le citazioni per danni infondate hanno rappresentato il 38 per cento degli episodi classificati dal nostro Osservatorio quali atti compiuti a scopo intimidatorio nei confronti degli operatori dei media. Anche in conseguenza delle attuali procedure giudiziarie le querele e le citazioni per danni hanno sostituito progressivamente – e questo è un fatto negativo – la prassi della richiesta di rettifica.
  La stragrande maggioranza dei giornalisti italiani ha rapporti di lavoro precario, compensi estremamente esigui e paga in proprio le spese di difesa legale per i processi di diffamazione. Le spese per difendersi da una querela pretestuosa o da una citazione per danni, per quanto essa sia infondata, mettono in difficoltà questi giornalisti.
  Molti comportamenti criminosi messi in atto in Italia allo scopo di ostacolare o impedire del tutto la circolazione di informazioni giornalistiche di rilevante interesse generale restano impuniti. Sarebbe opportuno che il Ministero della giustizia fornisse statistiche.
  Molti altri comportamenti a cui si fa frequente ricorso con le stesse finalità dissuasive (discriminazione, esclusione dallo spazio pubblico, privazione di competenze professionali o riduzioni arbitrarie del reddito di lavoro giornalistico) non sono sanzionabili, nonostante ostacolino deliberatamente l'esercizio dei diritti previsti dall'articolo 21 della Costituzione.
  L'insieme di questi fatti configura un oscuramento di importanti informazioni necessarie ai cittadini per partecipare consapevolmente alla vita pubblica e determina l'instaurarsi di quella censura impropria di cui ha parlato il Commissario per i diritti umani Muiznieks, riferendosi anche all'Italia.
  Tutto ciò considerato, Ossigeno per l'informazione formula le seguenti osservazioni.
  Il testo della proposta di legge all'esame della Camera fa fare indubbiamente alla normativa sulla diffamazione un passo avanti, ma esso è insufficiente e lascia numerosi problemi irrisolti e, inoltre, ne crea di nuovi.
  A nostro avviso, è necessario che il Parlamento accolga tutti i rilievi di merito Pag. 7formulati dalla Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa, dal Rappresentante per la libertà dei media dell'OSCE e dal Relatore speciale dell'ONU, le cui richieste sono richiamate in un allegato che lascerò alla Commissione.
  In particolare, la diffamazione a mezzo stampa e il reato di ingiuria, a nostro giudizio, devono essere depenalizzati e il segreto professionale dei giornalisti deve essere garantito pienamente.
  La difesa legale dei giornalisti denunciati per diffamazione deve essere sostenuta dall'editore, che eventualmente potrà rivalersi nei casi di comprovata malafede.
  Occorre introdurre in questa legge, o nella legge sulla stampa, o nella legge istitutiva dell'Ordine dei giornalisti una norma generale per affermare la funzione sociale della stampa e del giornalismo, specificando che questa funzione consiste nel comunicare all'opinione pubblica i fatti di rilevanza sociale allo scopo di rendere i cittadini consapevoli e alimentare il dibattito democratico e la partecipazione alla vita pubblica.
  Occorre una norma sanzionatoria per chi deliberatamente ostacola la libertà di espressione e di informazione prevista dall'articolo 21 della Costituzione. Attualmente questi comportamenti non sono perseguibili.
  Occorre stabilire che obiettivo primario della querela per diffamazione è conseguire il ripristino della reputazione e non punire il responsabile della presunta diffamazione, agendo quindi nell'interesse della verità, dell'interesse pubblico e del diritto dei cittadini a essere informati.
  Occorre porre un filtro all'ammissibilità delle querele e delle cause civili, in modo da respingere in tempi brevi le richieste infondate, poiché la pendenza prolungata ha di per sé un effetto raggelante.
  Occorre, infine, eliminare la possibilità di perseguire l'autore della diffamazione contestualmente sul piano sia penale, sia civile.
  Concludendo, illustro alcune proposte di modifica che l'Osservatorio Ossigeno per l'informazione invita la Commissione giustizia a prendere in considerazione: rafforzare la norma deterrente per le querele temerarie prevista dall'articolo 4, rendendo dovuta e non facoltativa la condanna del querelante a versare una somma in via equitativa al querelato; rafforzare analogamente la norma deterrente per le cause civili temerarie prevista all'articolo 6 e, per renderla applicabile, indicare la sua misura in proporzione, a nostro giudizio, di due decimi della somma richiesta a titolo di risarcimento; prolungare il termine per la pubblicazione della rettifica, tenuto conto dei tempi di lavorazione e di valutazione e delle gravi conseguenze a cui si può incorrere nell'arco di quarantott'ore a causa di un semplice disguido; sanzionare specificamente chi, abusando dell'obbligo di pubblicazione della rettifica senza commento, chiede la pubblicazione di una versione della cui falsità è consapevole; rendere i risarcimenti, le multe e le altre sanzioni commisurati alla capacità economica (reddito e patrimonio) dell'autore, del direttore e dell'editore della pubblicazione; imporre a chi chiede i danni per diffamazione di provare che li abbia effettivamente subìti e di dimostrarne l'entità, come avviene in Inghilterra e in altri Paesi; abrogare la norma che affida al giudice la comminazione dell'interdizione dalla professione giornalistica come pena accessoria o, in alternativa, investire gli organi disciplinari della categoria, come previsto all'articolo 1; ripristinare la competenza del foro in cui ha sede legale la testata per le pubblicazioni online; abrogare l'articolo 3 sul cosiddetto diritto all'oblio, rinviando la regolazione della materia a una successiva legge specifica che preveda garanzie per tutte le parti e il dovuto bilanciamento dei vari diritti in causa.
  Sottolineo che le proposte elencate tengono conto soltanto delle parti ancora modificabili in seguito alla prima lettura conforme delle due Camere. Lascio, infine, il testo alla Commissione.

  PRESIDENTE. Se non ci sono domande, vi ringrazio.Pag. 8
  Passiamo alla terza audizione. Do la parola al dottor Fabrizio Carotti, direttore generale della Federazione italiana editori giornali, accompagnato da Arcangelo Iannace, responsabile delle relazioni esterne.

  FABRIZIO CAROTTI, Direttore generale della Federazione italiana editori giornali. Grazie, onorevole presidente. Grazie agli onorevoli commissari per l'opportunità di esporre la posizione degli editori italiani, che io rappresento come Federazione italiana editori giornali, la quale ha la rappresentanza della quasi totalità dei quotidiani italiani e della gran parte dei periodici che vengono editi oggi in Italia.
  Rivolgo un ringraziamento particolare sia all'onorevole presidente Ferranti, sia all'onorevole relatore Verini per questa opportunità. Sappiamo che la discussione è molto ricca. Sono stati compiuti passi in avanti importanti per la soluzione di questo problema. Esprimiamo, quindi, un apprezzamento per il lavoro già svolto.
  Crediamo e auspichiamo, però, che ci sia ancora lo spazio per alcuni miglioramenti che riteniamo necessari. Una lunga attesa forse merita anche un ulteriore supplemento di valutazione per poi arrivare finalmente a un testo che riesca, in maniera adeguata e per quanto possibile, a contemperare diversi diritti di rango costituzionale in parte già accennati dal Presidente Catania e dal dottor Spampinato.
  Parliamo, infatti, di diritti costituzionali che riguardano, da un lato, la libertà di espressione e il diritto di cronaca e, dall'altro, i diritti della personalità e l'onorabilità, diritti che possono andare a confliggere.
  Realizzare un provvedimento di legge che li contemperi e che cerchi di garantire l'esercizio di tutti e due non è semplice, presidente. Noi riteniamo, però, che – solo per ricordare i tre aspetti più importanti – l'eliminazione della pena detentiva, la non punibilità dell'autore dell'offesa se rettifica (può succedere anche di diffamare involontariamente) e un limite alle responsabilità dei direttori e dei vicedirettori, nel caso ovviamente di violazione dell'obbligo di vigilanza, siano passi in avanti importanti. A dispetto della necessità e opportunità di chiudere un provvedimento che ritorna in questa sede, forse è opportuno considerare questi tre punti.
  Io sarò schematico, perché so che il tempo è prezioso. Farò semplicemente quattro osservazioni, dopo aver ricordato i punti già raggiunti. Gli editori, peraltro, erano già stati auditi nel luglio del 2013. Il provvedimento vede in parte accolte le osservazioni di chi opera quotidianamente nel settore e, quindi, è in grado di poter fornire un contributo. Riteniamo, tuttavia, che un fine tuning finale possa essere opportuno.
  Il primo punto che vorremmo porre all'attenzione è il comma 2 dell'articolo 1, su dichiarazioni e rettifiche documentalmente false. Voi sapete che si possono pubblicare.
  Noi riteniamo che, considerato che la disciplina delle rettifiche è molto rigida, come è stato ricordato anche nel precedente intervento – su questo punto ci associamo – una qualche apertura andrebbe e potrebbe essere fatta. Probabilmente si potrebbe estendere la non pubblicazione valida per le rettifiche documentalmente false anche alle rettifiche che siano fondatamente false.
  È chiaro che qui ci si sposta su un piano di responsabilità della valutazione della falsità. Tuttavia, noi riteniamo che almeno aprire lo spazio a una valutazione – chi la compirà si assumerà le sue responsabilità – consenta a chi deve pubblicare poi quel dato di farlo con coscienza di risultato e assumendosene la responsabilità.
  Noi crediamo che su quel punto forse una modifica che estenda l'ambito di possibilità di non pubblicazione delle dichiarazioni e rettifiche, oltre che a quelle documentalmente false, anche ad altre possa essere opportuna.
  C’è un altro punto, che è stato anch'esso già ricordato. Vedo che le osservazioni sui punti critici si concentrano, il Pag. 9che dimostra anche che forse il testo ha compiuto gran parte del suo percorso. Mi riferisco all'articolo 3. Alcuni l'hanno chiamato diritto all'oblio. In realtà, probabilmente è qualcosa di diverso dal diritto all'oblio. Noi riteniamo che l'illecita pubblicazione di dati e notizie false...

  PRESIDENTE. Questo articolo non è piaciuto a nessuno.

  FABRIZIO CAROTTI, Direttore generale della Federazione italiana editori giornali. No. Credo che il relatore l'abbia ricordato anche nell'illustrazione del provvedimento. Forse il risultato finale di una cancellazione accontenterebbe tutti, anche se da posizioni non necessariamente coincidenti. Sembra che questo articolo non sia riuscito. Se doveva sollevare un dibattito, ci è riuscito. Sui risultati temiamo sia riuscito un po’ meno. Lo stesso Presidente Catania, il direttore Spampinato e il relatore nel suo provvedimento l'hanno evidenziato. Crediamo, quindi, che esso vada quanto meno profondamente rivisto, se non addirittura cancellato. Da questo punto di vista, potrebbe essere opportuna una rivisitazione.
  Tra l'altro, qualora l'articolo 3 dovesse rimanere, auspichiamo che almeno si identifichi con esattezza il momento in cui potrebbe insorgere l'obbligo previsto, ossia esclusivamente dopo una sentenza di condanna per diffamazione che sia definitiva. Altrimenti torneremmo in un circolo vizioso senza avere risultato.
  Come terzo punto, cito solo due numeri, tanto per renderci conto di come il fenomeno sia grave. Se poi il presidente me lo consente, lascerò una memoria, in cui forse sono un po’ più sistematico che non nella mia esposizione.
  Vi è una crescita esponenziale nel numero di ricorsi che abbiamo per il reato in oggetto. Si tratta di 400 procedimenti all'anno solo nei tribunali di Roma e Milano, con un contenuto delle richieste risarcitorie in materia di diffamazione di 2 miliardi di euro nel periodo 1999-2009. Sono enormi richieste, che a volte nascondono anche tentativi di evitare che ci siano pubblicazioni di notizie.
  La durata delle cause è un problema. Il presidente e la Commissione lo sanno meglio di noi. Occorrono nove anni per vedere un risultato.
  Noi riteniamo che tutti questi temi portino, da un dato punto di vista, a rivedere un po’ meglio il tema della lite temeraria. È stata introdotta dal Senato, all'articolo 4 e all'articolo 6, una modifica. Anche questo, dobbiamo riconoscerlo, è un significativo passo in avanti.
  In merito mi associo all'opportunità di prevedere esplicitamente la condanna, e non la possibilità di condanna, come già detto dall'Osservatorio Ossigeno per l'informazione, perché noi riteniamo che questo sia un freno valido, al di là poi delle sanzioni o di altri elementi che investono altri profili. Una condanna per la lite temeraria, al di là degli aspetti economici, forse potrebbe contribuire a ridurre questo fenomeno.
  Abbiamo poi il tema – all'articolo 2, comma 1 – relativo alla responsabilità del direttore e del vicedirettore. La norma è di difficile lettura, presidente. Ci scuserà se l'abbiamo interpretata male.
  A nostro avviso, la norma potrebbe avere dei profili di incostituzionalità, se prevede un profilo di responsabilità penale personale trasformato dalla culpa in vigilando in responsabilità personale diretta e, quindi, oggettiva.
  Oppure potrebbe essere inutile, perché, in alcuni casi, è già previsto il dovere di vigilanza per i direttori e i vicedirettori, con l'aggravante nel caso delle pubblicazioni online, per le quali la tempestività della pubblicazione della notizia e la non firma della notizia sono elementi che aggravano un quadro, se non altro per i numeri che vi sono dietro.
  Se non l'abbiamo male interpretato, quindi, probabilmente anche l'articolo 2, comma 1 richiede un ripensamento, credo anche profondo.
  Illustro un ultimo punto, per non tediare oltre, per poi rimandare al testo scritto che lascerò alla presidenza. Sappiamo dei limiti alla possibilità di un Pag. 10intervento in questa fase sul testo. Ci teniamo, però, a sottolineare un tema che ha formato un oggetto di ampia discussione anche nell'Aula del Senato: la competenza territoriale. In particolare mi riferisco alla diffamazione commessa dalle testate telematiche.
  È urgente su questo argomento porre un rimedio, indipendentemente da quale possa essere la sede trovata, perché la competenza territoriale rischia veramente di determinare degli effetti molto gravi, se interpretiamo bene la norma.
  Si pensi a un articolo che diffama più soggetti. Si pensi all'articolo pubblicato sullo stesso mezzo cartaceo e online. Non si sa dove radicare la competenza. La si potrebbe radicare in luoghi diversi senza che ci sia una norma – almeno così crediamo, apparentemente, nella nostra modesta lettura – che chiarisca quale sia il canone di interpretazione per radicare la competenza. C’è anche il rischio di scegliersi il giudice, che è in astratto il pericolo più grave in cui si possa incorrere.
  Da questo punto di vista, noi riteniamo, quindi, che anche in questo ambito si debba porre un criterio. Alcuni sostengono che la sede può essere quella della redazione giornalistica o quella di registrazione delle testate registrate. In merito tocco anche un altro punto di differenza tra le registrate e le non registrate, sulle quali potremmo aprire un dibattito interessante. Se la tutela del diffamato presunto deve prevalere, da questo punto di vista noi riteniamo che ci debba essere un'identità di trattamento tra i soggetti, ossia tra chi è registrato e chi non lo è. Questo punto merita forse una riflessione.
  Complessivamente sono queste le questioni che volevamo porre all'attenzione. Ringraziamo la Commissione e la presidente.

  PRESIDENTE. Grazie anche della significatività di tutti gli interventi. Non so se ci siano domande, ma non credo. Questa è, infatti, la giornata di chiusura delle audizioni, ragion per cui alcune problematiche sono state ampiamente sviscerate. Ci sono dei tratti comuni sicuramente nelle osservazioni che ci sono arrivate in tutte queste giornate di approfondimento. Adesso il relatore e la Commissione penseranno a valutare eventuali modifiche del testo.

  GIUSEPPE FEDERICO MENNELLA, Segretario dell'Osservatorio Ossigeno per l'informazione. Solo per essere puntuali, visto che concordiamo molto su alcuni aspetti, vorrei fare una precisazione.
  Noi vorremmo che fosse chiaro un punto: secondo noi, sarebbe bene che la parte web della proposta di legge all'esame della Camera e della sua Commissione venisse del tutto messa da parte e che il web fosse fatto oggetto di una riflessione, anche culturale, nuova, diversa e di livello più complesso.
  Quanto alla rettifica il «documentalmente falsa» non basta. Ha ragione il collega. Il problema nostro è un altro. Mi richiamo alla sentenza decalogo. La sentenza decalogo dice una cosa interessante: la mezza verità è più pericolosa della falsità intera.
  Io ho fatto per una vita il giornalista e ho sono stato anche direttore responsabile. Mi sono occupato, quindi, molto di questo argomento. Se io scrivo che il dottor Spampinato ha rubato 1.000 euro e lui mi querela per diffamazione dicendo: «Non è vero che io ho rubato 1.000 euro», in effetti lui ha ragione. Lui non ha rubato 1.000 euro, ma ne ha rubati 900 oppure 2.000. È una mezza verità quella che lui mi racconta. È vero che lui non ha rubato 1.000 euro, ma è anche vero che ha rubato e io non posso replicare, perché, se replico, il giudice non può prendere in considerazione l'ipotesi di non punibilità. Noi riteniamo che la pubblicazione della rettifica debba essere causa di non punibilità.
  L'ultima questione riguarda l'oblio. Il diritto all'oblio può sconfinare molto facilmente nella censura. Per esprimersi molto rozzamente, è come se bruciassimo gli archivi cartacei dei quotidiani.
  Grazie.

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  PRESIDENTE. Grazie di questa precisazione.
  Salutiamo anche il Viceministro Costa, che, peraltro, è firmatario della proposta che stiamo discutendo.
  Io vorrei, però, fare alcune osservazioni. Ovviamente, è soltanto una mia opinione personale. La parte dell'articolo 3 è stata, come è stato detto, inserita al Senato, forse senza un adeguato dibattito e approfondimento da parte nostra, perché in Commissione noi avevamo fatto proprio la scelta di tener fuori la questione del web.
  Per quanto riguarda la rettifica, in realtà io vedo che gli interventi sono simili, venendo da parte di giornalisti o di altri soggetti che sono in prima linea su inchieste o sul diritto-dovere di informazione e cronaca. Io vedo che c’è una particolare attenzione al fatto che ci sia una rettifica un po’ stringente.
  Noi sicuramente cercheremo di rendere al meglio e più adeguata la rettifica, ma preciso che questo è un aspetto che nel diritto penale non è contemplato. Non esiste un reato per cui una condotta riparatoria costituisca motivo per la non punibilità. Questo non esiste. Io ho rubato, ho danneggiato e imbrattato i muri. A questo punto, riparo e non sono punibile. Questo non esiste. È un'attenuante, ma non c’è la non punibilità.
  Noi, proprio per dare valore e rendere effettivo quel particolare diritto di cronaca e di informazione, abbiamo coniato un istituto che, però, per valere a livello di non punibilità, deve essere stringente. È vero che c’è di mezzo anche chi gioca su quelle mezze verità. Dall'altra parte, però c’è anche chi magari non riesce e non può ripristinare l'onorabilità. L'ha detto proprio il presidente: a fronte ci deve essere il ripristino dell'onorabilità. Dobbiamo trovare un modo per far sì che questo ripristino dell'onorabilità, laddove ci sia l'errore, non la malafede intenzionale e voluta, sia effettivo. Questo è un po’ il tema.
  Il dottor Mennella prima ha detto che non può commentare. Non è vero. Ci sarà una situazione non automatica. Non ricordo chi nella precedente audizione ha parlato di improcedibilità derivante dalla rettifica. Mi pare che alcuni auditi ci abbiano chiesto di ritornare alla questione dell'improcedibilità. Quando l'onorevole Costa era correlatore, si fece questa scelta della non punibilità, proprio perché ci sarà un vaglio dell'autorità giudiziaria sul comportamento. Quell'aspetto garantisce un po’ di più tutti, perché non è un automatismo.
  Se di fronte a una rettifica magari di una mezza verità c’è un articolo successivo che precisa quella mezze verità, non c’è un altro reato. Per avere quella valenza la rettifica deve essere qualcosa di tempestivo, stringente ed effettivo. Non dobbiamo pensare solo al giornalismo corretto, ma anche a quel giornalismo, che alcune volte purtroppo esiste, per il quale c’è bisogno di una rettifica.
  Mi è capitato in uno o due casi, quando sono state pubblicate cose non vere su di me, ho mandato la rettifica e ho apprezzato la testata che l'ha pubblicata. Anche se non è ancora in vigore nulla di questo, nel mio caso è avvenuto. Come lei dice, quando uno è in buona fede, non c’è bisogno di chissà che. C’è bisogno di ripristinare immediatamente la verità attraverso lo stesso mezzo. Per esempio, a volte con alcune trasmissioni radiotelevisive è meno facile realizzare il ripristino della verità.
  La questione è molto delicata. Anche per questo motivo, d'intesa con tutti i componenti, con l'Ufficio di presidenza e con il relatore, anche se siamo in terza lettura, abbiamo fatto un'altra carrellata di audizioni e un'indagine conoscitiva piuttosto approfondita, proprio perché vorremmo fare uscire dalla Commissione un testo il più possibile equilibrato.

  ALBERTO SPAMPINATO, Direttore dell'Osservatorio Ossigeno per l'informazione. Vorrei fare un brevissimo intervento sulle cose che lei ha detto, e che apprezzo molto, perché sono nello spirito con cui ci muoviamo anche noi.Pag. 12
  Io credo che lo spirito del legislatore nel definire la rettifica senza commento, in realtà, intenda dire senza contestuale commento. Penso che sarebbe opportuno che questo fosse scritto nella norma, perché in genere questa norma viene interpretata come un bavaglio. Se noi evitassimo il contestuale commento, credo che ci troveremmo tutti d'accordo.

  PRESIDENTE. La ringrazio anche di queste ulteriori precisazioni.
  Vi saluto e ringrazio a nome della Commissione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.25.