XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 17 febbraio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO C. 2798 , RECANTE MODIFICHE AL CODICE PENALE E AL CODICE DI PROCEDURA PENALE PER IL RAFFORZAMENTO DELLE GARANZIE DIFENSIVE E LA DURATA RAGIONEVOLE DEI PROCESSI E PER UN MAGGIORE CONTRASTO DEL FENOMENO CORRUTTIVO, OLTRE CHE ALL'ORDINAMENTO PENITENZIARIO PER L'EFFETTIVITÀ RIEDUCATIVA DELLA PENA, E DELLE ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE C. 370  FERRANTI, C. 372  FERRANTI, C. 373  FERRANTI, C. 408  CAPARINI, C. 1194  COLLETTI, C. 1285  FRATOIANNI, C. 1604  DI LELLO, C.1957 ERMINI, C. 1966  GULLO, C. 1967  GULLO, C. 2165  FERRANTI, C. 2771  DORINA BIANCHI E C. 2777  FORMISANO

Audizione di Rodolfo Maria Sabelli, presidente dell'Associazione nazionale magistrati, e di Luigi Riello, presidente della sezione dell'Associazione nazionale magistrati della Corte di cassazione.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Sabelli Rodolfo Maria , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 4 
Sabelli Rodolfo Maria , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati ... 4 
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 
Sabelli Rodolfo Maria , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati ... 5 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Riello Luigi , Presidente della sezione dell'Associazione nazionale magistrati della Corte di cassazione ... 11 
Bortolato Marcello , Componente della Giunta esecutiva dell'Associazione nazionale magistrati ... 14 
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 16 
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 16 
Sabelli Rodolfo Maria , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati ... 18 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 18 
Sabelli Rodolfo Maria , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati ... 18 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 18 
Sabelli Rodolfo Maria , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati ... 18 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 18 
Sabelli Rodolfo Maria , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati ... 18 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 18 
Sabelli Rodolfo Maria , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati ... 18 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 18 
Riello Luigi , Presidente della sezione dell'Associazione nazionale magistrati della Corte di cassazione ... 19 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 19 
Ferranti Donatella , Presidente ... 19 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 19 
Ferranti Donatella , Presidente ... 19 
Riello Luigi , Presidente della sezione dell'Associazione nazionale magistrati della Corte di cassazione ... 19 
Sabelli Rodolfo Maria , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati ... 19 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 20 
Sabelli Rodolfo Maria , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati ... 20 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 20 
Sabelli Rodolfo Maria , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati ... 20 
Ferranti Donatella , Presidente ... 21 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 21 
Ferranti Donatella , Presidente ... 21 
Sabelli Rodolfo Maria , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati ... 21 
Bortolato Marcello , Componente della Giunta esecutiva dell'Associazione nazionale magistrati ... 22 
Ferranti Donatella , Presidente ... 22

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 17.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito)

Audizione di Rodolfo Maria Sabelli, presidente dell'Associazione nazionale magistrati, e di Luigi Riello, presidente della sezione dell'Associazione nazionale magistrati della Corte di cassazione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge del Governo C. 2798, recante modifiche al Codice penale e al Codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi e per un maggiore contrasto del fenomeno corruttivo, oltre che all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena, e delle abbinate proposte di legge C. 370 Ferranti, C. 372 Ferranti, C. 373 Ferranti, C. 408 Caparini, C. 1194 Colletti, C. 1285 Fratoianni, C. 1604 Di Lello, C.1957 Ermini, C. 1966 Gullo, C. 1967 Gullo, C. 2165 Ferranti, C. 2771 Dorina Bianchi e C. 2777 Formisano, di Rodolfo Maria Sabelli, presidente dell'Associazione nazionale magistrati, e di Luigi Riello, presidente della sezione dell'Associazione nazionale magistrati della Corte di cassazione.
  Sono state avanzate numerose richieste di audizioni, oltre a quelle che ha chiesto il relatore presidente. Ovviamente, abbiamo cercato di spalmarle fino alla prima settimana di marzo, tenendo conto delle esigenze delle persone di cui è stata richiesta l'audizione e anche della mole del provvedimento, che è molto corposo. Alcune audizioni saranno, quindi, settoriali per materia e altre, come queste di oggi, e come quelle dell'Avvocatura, ovviamente, saranno riferite a tutto il provvedimento per gli eventuali spunti critici e osservazioni che verranno fatti. Si tratterà sempre, mi auguro, di critica costruttiva.
  Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Rodolfo Maria Sabelli, è accompagnato da Marcello Bortolato, componente della Giunta esecutiva dell'Associazione nazionale magistrati, e il presidente dell'Associazione nazionale magistrati della Corte di cassazione, Luigi Riello, è accompagnato da Giulio Romano e Antonello Cosentino.
  Do la parola al Presidente Sabelli.

  RODOLFO MARIA SABELLI, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. Grazie, presidente. Noi abbiamo fatto già pervenire alla Commissione una relazione. Credo che sia arrivata per posta elettronica. Io comunque ho portato con me anche una stampa della relazione, che esamina in dettaglio la proposta di legge C. 2798.
  Si tratta di una proposta di legge decisamente complessa. Noi, in linea di massima, ci riportiamo al testo scritto, anche per non appesantire l'audizione con dettagli tecnico-processuali, che comunque sono tutti riportati nella relazione. Mi Pag. 4ispirerei a questo tipo di metodo. Ovviamente, la relazione è completa. Dove nell'esposizione orale non dirò nulla è da intendersi favorevole il giudizio da noi espresso sull'intervento legislativo.
  Parto da un'introduzione e da una valutazione di carattere generale. Come anticipavo, il disegno consiste in una serie di interventi di natura molto diversa. Peraltro, si tratta in parte di legge ordinaria, che introduce norme efficaci e immediate, e in parte di legge delega.
  Anticipo un giudizio sul quale poi potrò tornare in dettaglio. In più parti la legge delega appare piuttosto generica con riferimento ai criteri ai quali dovrebbe attenersi il legislatore delegato, anche, in alcune parti, su alcuni istituti che sono particolarmente delicati. A titolo esemplificativo cito gli interventi in materia di giudizio di appello.
  Il nostro parere è articolato, in parte positivo e in parte negativo, su alcuni interventi. In linea generale, possiamo dire che si tratta – almeno così appare a noi – piuttosto di un provvedimento ponte, cioè di un provvedimento che non risolve in modo completo e integrale il problema di efficienza del sistema del processo penale. Si tratta di disposizioni sostanzialmente disorganiche, che forniscono alcune risposte, ma non altre, che di fatto, quindi, lasciano impregiudicata la necessità di una rivisitazione sistematica e integrale che affronti il tema del processo penale nel suo complesso.
  Vi sono, per esempio, alcuni degli aspetti critici del processo penale ben noti a chi vive nelle aule di giustizia. Penso al tema degli avvisi e delle notifiche, al tema delle nullità e al principio di immodificabilità del giudice, che trova applicazioni differenziate non sempre in modo giustificato. Sono temi che cito soltanto a titolo di esempio e che non sono affrontati in questo disegno di riforma.
  A questo punto, passerei all'esame delle singole disposizioni, con quell'avvertenza di metodo che facevo al principio: laddove il nostro giudizio è positivo, eviterò di soffermarmi nell'esposizione orale, per non appesantirla. Naturalmente, nella relazione scritta troverete una...

  PRESIDENTE. Magari ce l'accenna per titolo, però.

  RODOLFO MARIA SABELLI, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. Certo. Non volevo dare l'impressione di fare una sorta di ipercritica pregiudiziale, perché questo è, ovviamente, al di fuori della nostra prospettiva.
  Nell'esposizione seguirò l'ordine con cui gli articoli si susseguono in questa proposta. Innanzitutto ci sono gli articoli 1 e 2, cioè i nuovi articoli 162-ter e 649-bis, ovvero l'estinzione del reato per condotte riparatorie. Si tratta di un istituto che noi stessi abbiamo più volte sollecitato e sul quale esprimiamo, quindi, parere senz'altro ampiamente favorevole.
  Vengo al problema di questo istituto, così come è stato proposto e come si articola nel sistema anche attuale di procedibilità a querela. In realtà, la legge prevede anche una delega al legislatore per la trasformazione di alcuni reati oggi procedibili d'ufficio perché siano trasformati in reati procedibili a querela.
  Tuttavia, nell'attuale sistema la regola che viene affermata depotenzia le possibilità e le capacità di questo istituto, un istituto che noi abbiamo sollecitato anche perché contempera esigenze di giustizia, ma anche di riconoscimento dell'interesse della persona offesa. Di fatto, come regola generale, l'istituto potrà essere applicato ai soli reati procedibili a querela con querela rimettibile.
  La pratica dei tribunali, a chi, come noi, la vive quotidianamente, insegna che generalmente, quando c’è il risarcimento del danno, c’è anche la remissione della querela. Anzi, direi che non c’è remissione di querela se non c’è anche contemporaneamente il risarcimento del danno.
  Ciò significa che di fatto, guardando la prassi concreta, questo istituto, secondo la regola generale, troverà applicazione in quei casi, che sono veramente rarissimi, in cui vi è un risarcimento del danno e, Pag. 5tuttavia, non vi è anche la remissione di querela, perché, per esempio, la persona offesa non si è ritenuta integralmente soddisfatta, quando invece il giudice vada poi di opinione contraria e possa, quindi, applicare questo nuovo istituto. Ripeto, è una situazione francamente molto rara.
  Il disegno di legge si fa carico, in realtà, di questo problema, tant’è che individua alcune ipotesi di reato procedibili d'ufficio alle quali è estesa l'applicazione di questo istituto. Si tratta, in particolare, di alcune ipotesi di furto mono-aggravato limitatamente ad alcune circostanze previste dall'articolo 625, ossia le nn. 2, 4, 6 e 8-bis, e di altre due fattispecie, quella dell'articolo 636 e quella dell'articolo 638. Per la verità, si tratta di fattispecie pressoché desuete e rarissime e, quindi, di fatto parliamo del furto mono aggravato.
  Secondo noi, si potrebbe fare di più fin da subito. Si potrebbe, cioè, pensare fin da subito a estendere l'applicabilità di questo istituto ad altre situazioni di reati procedibili d'ufficio, eventualmente anche a tutti i reati contro il patrimonio, prevedendo logicamente tutta una serie di esclusioni oggettive. Questo va da sé. È ovvio che dovrebbero essere esclusi tutti i reati in cui vi è anche minaccia o violenza alla persona, i reati più gravi, per non parlare degli articoli 628, 629, 630, ossia estorsione, rapina, sequestro di persona, usura e riciclaggio.
  Ovviamente, si potrebbero anche prevedere delle esclusioni con riferimento a soglie di valore relative all'articolo 61, comma 7, ossia a tutti i reati che hanno prodotto un danno di rilevante entità. Oppure si potrebbero prevedere delle soglie di valore tali da escludere l'applicazione dell'estinzione per condotte riparatorie a tutte le situazioni che in concreto, al di là del titolo del reato, esprimono una pericolosità del soggetto tale da giustificare l'esclusione di questo istituto.
  Questo, però, applicato anche ad altri titoli di reato, può non soltanto produrre un effetto deflattivo interessante, ma soprattutto contemperare esigenze di giustizia ed essere anche un incentivo alla riparazione del danno nell'interesse della vittima.
  Passiamo all'articolo 3, che modifica l'articolo 319. Io so che c’è un disegno di legge, il cosiddetto disegno di legge Grasso, sul quale sono intervenuti poi altri emendamenti. Pertanto, penso di potermi astenere dall'affrontare la questione in questa sede, se non per ricordare le nostre richieste: sconti di pena; estensione anche ai reati in materia di pubblica amministrazione della legislazione soprattutto per quanto riguarda gli strumenti investigativi in materia antimafia; un'armonizzazione del sistema sanzionatorio di tutti i reati contro la pubblica amministrazione per evitare squilibri che potrebbero derivare da un intervento limitato all'articolo 319 e non anche ad altre fattispecie comunque gravi, se non più gravi, dei reati contro la pubblica amministrazione.
  Quanto all'articolo 4, esso prevede la modifica in senso estensivo dell'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, cioè la forma di confisca collegata a tutta una serie di reati che sono indicati nella legge medesima. È un istituto che viene potenziato e anche integrato con ulteriori previsioni. Sull'articolo 4 il nostro parere è senz'altro positivo e favorevole.
  L'articolo 5 riguarda la riforma della prescrizione. Proprio in questa sede noi ci siamo occupati della materia della prescrizione. Io non so se ci sia anche su questo tema un intervento separato.

  PRESIDENTE. Su quello è scaduto il termine degli emendamenti. È un canale a parte, su cui abbiamo fatto l'indagine conoscitiva. Andrei oltre.

  RODOLFO MARIA SABELLI, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. Va bene. Mi riporto al parere che abbiamo già espresso in quella sede.
  Vi è poi una serie di disposizioni, in particolare gli articoli 6, 7 e 8, che consistono in deleghe nel settore penale sostanziale. In merito anticipavo già una nostra critica che si riferisce a tutto questo intervento sulla delega conferita al Governo, cioè alla carenza di criteri.
  In particolare, per esempio, uno degli interventi per i quali è conferita delega Pag. 6riguarda le misure di sicurezza. Si tratta di un istituto delicato, importante, che incide su diritti fondamentali – parliamo di libertà personale e di diritto alla salute dei malati psichiatrici – e sconta questa insufficienza dei criteri che dovrebbero orientare il legislatore delegato.
  Si tratta di un problema piuttosto generalizzato anche, per esempio, per quanto riguarda la lettera c). La differenza è che, nel caso della lettera c) dell'articolo 6, si prevede semplicemente una ricollocazione della fonte normativa. Riguarda, quindi, soltanto il trasferimento di norme che non dovrebbero essere, però, toccate nel loro contenuto, a differenza, invece, di quanto dovrebbe avvenire con l'intervento in materia di misure di sicurezza.
  Non ci sono osservazioni particolari o critiche per quanto riguarda la delega in materia di casellario giudiziale. Mi limito solo a richiamare alcune considerazioni che forse erano state già fatte quando abbiamo affrontato il tema della non punibilità per tenuità. Abbiamo detto che, in caso di archiviazione di fatti ritenuti tenui per non punibilità a seguito di tenuità del fatto, si pone il problema di conservare la memoria storica e si è affrontato il problema, che hanno sollevato le Camere penali, del possibile pregiudizio che potrebbe derivare dall'iscrizione nel casellario di simili decreti di archiviazione.
  Questo è un problema che potrebbe essere affrontato anche in sede di delega e che potrebbe essere affrontato immaginando, per esempio, archivi distinti, percorsi separati di iscrizione per questo tipo di provvedimenti di non punibilità per tenuità del fatto rispetto alla generalità delle iscrizioni del casellario, proprio per preservare le esigenze alle quali l'Unione delle Camere penali faceva riferimento.
  Vi è poi una serie di articoli dedicati alle modifiche del Codice di procedura penale, a partire dall'articolo 9 del disegno di legge. L'articolo 9 in particolare riguarda la modifica degli articoli 71 e 72-bis del Codice di procedura penale in materia di incapacità irreversibile dell'imputato. Il parere è sicuramente favorevole. Questi interventi tendono a evitare quella disfunzione che si produce attualmente con la rinnovazione degli accertamenti periodici anche in caso di incapacità accertata di natura irreversibile.
  L'articolo 10 della proposta interviene sulla disciplina delle indagini preliminari e sul procedimento di archiviazione. Anzitutto si interviene sull'articolo 104, comma 3. L'articolo 104, comma 3 è quello che disciplina un provvedimento di ritardo del colloquio fra il difensore e il suo assistito. Si tratta di una materia che è rimessa alla discrezionalità non irrazionale, così la definiamo, del legislatore.
  Ci limitiamo soltanto a osservare che forse vi è qualche altra categoria di reati che meriterebbe di essere ricompresa, perché attualmente si limita questa possibilità di dilazionare il colloquio soltanto ai reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, cioè a quelli in materia di mafia, e ai reati previsti dall'articolo 372, comma 1-bis, nonché a tutta una serie di reati tra cui alcuni specifici in materia di terrorismo. Noi osserviamo che si potrebbero ricomprendere tutti i reati con finalità di terrorismo previsti dall'articolo 51, comma 3-quater del Codice di procedura penale.
  Un'altra modifica riguarda l'accertamento tecnico irripetibile disposto dal pubblico ministero, ossia la modifica dell'articolo 360. Il nostro parere è senz'altro favorevole anche su questo.
  Esprimiamo parere favorevole anche su quella parte dell'articolo 10 della proposta che rivisita la disciplina dell'opposizione all'archiviazione che attualmente costringe al ricorso a tutta una serie di strumenti di impugnazione pur in presenza di errori manifesti che possono ben essere rimediati con la procedura della correzione dell'errore materiale. Ci limitiamo a fare soltanto qualche suggerimento.
  In un caso, per esempio, è prevista, e su questo siamo concordi, la sottrazione dell'impugnazione alla cognizione della Corte di cassazione. Il problema è che il procedimento viene trasferito dalla Corte di cassazione alla Corte d'appello. La Corte d'appello è un organo notoriamente assai oberato. Non che i tribunali non lo siano, ma forse riconoscere la competenza a Pag. 7decidere al tribunale collegiale, organo comunque distinto dalla figura del giudice per le indagini preliminari, potrebbe essere una soluzione più semplice.
  Francamente, eviterei di soffermarmi su alcuni dettagli molto tecnici, che potete leggere tranquillamente nella nostra relazione.
  Vi è poi una serie di articoli dedicati ai riti speciali, all'udienza preliminare, all'istruzione dibattimentale e alla struttura della sentenza di merito.
  Quanto alle modifiche alla disciplina dell'udienza preliminare, il progetto prevede l'abrogazione dell'articolo 421-bis e la modifica dell'articolo 422. Che cosa comporta questo ? Comporta la sottrazione al giudice dell'udienza preliminare del potere di integrazione probatoria d'ufficio.
  In merito il nostro parere è critico perché, in realtà, questo potere di integrazione probatoria appare utile in relazione alle finalità deflattive che può svolgere l'udienza preliminare. La mancanza di un accertamento e, quindi, di un'integrazione probatoria anche piuttosto semplice può consentire di risolvere in sede di udienza preliminare una valutazione che, invece, dovrebbe essere rimessa decisamente con maggiore dispendio di energie alla fase dibattimentale.
  Magari una piccola integrazione probatoria disposta d'ufficio dal giudice consente veramente di evitare l'inutile celebrazione di processi. Questa sottrazione del potere di integrazione d'ufficio sembra andare in controtendenza rispetto a questa finalità deflattiva che è stata riconosciuta e che, anzi, negli anni è stata rafforzata proprio in sede di udienza preliminare.
  Esprimiamo parere favorevole sull'articolo 12, che prevede il ripristino della competenza della Corte d'appello in materia di impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, nonché sull'articolo 13, che prevede modifiche alla disciplina del giudizio abbreviato.
  Veniamo adesso, invece, a un aspetto che noi giudichiamo critico, cioè l'articolo 14. L'articolo 14 del progetto prevede sostanzialmente due gruppi di interventi: un intervento sul patteggiamento e l'introduzione di un nuovo istituto, cioè della sentenza di condanna su richiesta dell'imputato.
  Il patteggiamento viene ridotto. Oggi, come è noto, vi è la possibilità di un patteggiamento allargato fino a cinque anni, mentre il progetto prevede la riduzione di patteggiare. La riduzione di questo patteggiamento soltanto fino a tre anni determina sicuramente la riduzione del numero complessivo di processi che possono essere definiti con questo rito alternativo, ma vi è un altro aspetto che per noi è critico, ed è proprio il nuovo istituto della sentenza di condanna su richiesta dell'imputato, che prevede un meccanismo piuttosto singolare.
  Questa sentenza di condanna ha come presupposto indefettibile la confessione. L'istituto prevede la possibilità per l'imputato di determinare egli stesso la pena, con una riduzione della stessa che può andare fino alla metà. Il punto è che non vi è alcuna certezza che il giudice ritenga congrua la pena. Ove il giudice non acceda alla pena indicata dall'imputato, il rito si trasforma obbligatoriamente in giudizio abbreviato, con piena utilizzabilità anche della confessione già resa dall'imputato.
  Questo meccanismo, se si tiene conto della prassi e di quello che sarà prevedibilmente l'impiego che se ne farà, probabilmente non otterrà affatto i risultati sperati. Nei casi in cui non vi sia già un quadro probatorio evidente, fondato o su una confessione già resa o su un quadro probatorio inequivocabile, l'imputato si espone al rischio di rendere una confessione senza avere, però, la certezza di un accoglimento della pena da lui stesso proposta, con il rischio di vedersi poi giudicato obbligatoriamente con un rito abbreviato, in cui diventa utilizzabile la confessione già resa. Questo, oltre a creare dei problemi di ordine sistematico, rende prevedibilmente abbastanza fallimentare la scelta di questo rito.
  Nella nostra relazione noi proviamo a suggerire qualche rimedio. Si potrebbe intervenire o prevedendo dei limiti, in caso Pag. 8di mancato accoglimento della pena indicata dall'imputato, all'utilizzabilità della confessione già resa.
  Osserviamo che se, da un lato, è ragionevole escludere da questo meccanismo i reati più gravi, dall'altro questa esclusione potrebbe apparire poco giustificata in presenza di un rito abbreviato che non conosce limitazioni legate al titolo di reato. Si potrebbe anche immaginare per alcune categorie di reato l'applicazione di questo rito magari con una riduzione della pena di portata inferiore rispetto a quella ordinaria, che, come dicevo, può arrivare fino alla metà.
  Vado oltre. Gli articoli 15 e 16 sono dedicati alla reintroduzione dell'esposizione introduttiva delle parti e prevedono modifiche in materia di requisiti della sentenza. Il nostro parere è positivo.
  La reintroduzione dell'esposizione introduttiva è strumento senz'altro utile. Fu eliminata a suo tempo sul presupposto di una presunta verginità del giudice, ma questo è un presupposto che, francamente, non regge molto, soprattutto considerando l'utilità di un'esposizione introduttiva che costringe le parti a una discovery del percorso argomentativo e probatorio che vorrà svolgere nel corso dell'istruttoria dibattimentale e che responsabilizza le parti, sia la parte pubblica, sia le parti private.
  È prevista anche la riscrittura, con l'articolo 16 della lettera e), dell'articolo 546 e si esplicitano alcuni punti della sentenza. È un intervento che probabilmente non era del tutto indispensabile, ma è una sorta di indicazione didattica che il legislatore fornisce al giudice come traccia del percorso motivazionale che, da un lato, obbliga il giudice a motivare su tutti quei punti, ma, dall'altro, lo invita a evitare nel corpo della motivazione un'esposizione inutile, alla luce proprio dei momenti fondamentali del percorso logico-motivazionale.
  Veniamo adesso agli articoli dedicati alle modifiche in materia di impugnazioni. Lascerò poi la parola ai colleghi della Cassazione. Nel nostro parere noi ci siamo soffermati su tutti gli articoli, anche quelli che riguardano la Cassazione. Loro potranno, quindi, leggere la relazione scritta anche su questo, ma ai fini dell'esposizione orale io cederò poi la parola al Presidente Riello.
  Per quanto riguarda gli altri aspetti che riguardano le impugnazioni, l'articolo 17 prevede modifiche di carattere generale. In particolare, viene ripristinata la competenza anche del giudice a quo a dichiarare d'ufficio e senza formalità, ossia con ordinanza de plano, l'inammissibilità.
  Tuttavia, questo è un punto critico che noi segnaliamo. Così come è stata immaginata questa inammissibilità dichiarata dal giudice a quo, cioè dal giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, rischia di essere controproducente, perché in realtà è prevista la possibilità di un ricorso per Cassazione che produce di regola la sospensione dell'esecuzione dell'ordinanza di inammissibilità. Paradossalmente, così come è organizzato il sistema, si rischia di duplicare il lavoro, perché all'intervento della Cassazione si aggiunge anche l'ordinanza di inammissibilità.
  La nostra proposta potrebbe essere quella di rimettere, poiché non si può non prevedere evidentemente un meccanismo di tutela a fronte dell'ordinanza che dichiari de plano l'inammissibilità, la possibilità di ricorso al giudice dell'esecuzione ai sensi dell'articolo 666. Questo avrebbe il vantaggio di rimettere al giudice dell'esecuzione anche la possibilità di sospendere l'esecutività dell'ordinanza di inammissibilità. Mentre nel caso del ricorso per Cassazione questo effetto è automatico, nel caso invece dell'incidente di esecuzione, l'incidente non sospende l'esecuzione dell'ordinanza, ma è il giudice dell'esecuzione che, in base a una propria valutazione, può disporre la sospensione della sua esecuzione.
  Per quanto riguarda l'appello, l'articolo 18, il progetto prevede la reintroduzione del concordato con rinuncia ai motivi d'appello, il cosiddetto patteggiamento in appello, istituto che fu abrogato alcuni anni fa alla luce di alcune disfunzioni che si erano verificate.
  Proprio queste disfunzioni che erano state segnalate anche dalla magistratura hanno indotto, però, ora chi ha elaborato la proposta a tamponare la situazione con Pag. 9alcune cautele. Fra queste cautele vi è la previsione, rimessa sostanzialmente al procuratore generale della Corte d'appello, di sentire i procuratori della Repubblica del distretto ai fini dell'elaborazione dei criteri che debbono orientare la valutazione dei magistrati della procura generale nel momento in cui si accede al concordato. Questo per un'esigenza di uniformità nell'individuazione della pena cosiddetta patteggiata in appello.
  Esprimiamo parere positivo anche sul comma 4-bis dell'articolo 603. Che cosa prevede questo articolo 603, comma 4-bis ? Prevede la necessità di rinnovare l'esame del teste quando il pubblico ministero abbia impugnato una sentenza di assoluzione e si ponga, quindi, la necessità di una rivalutazione della sua attendibilità. Su questo si è formata una giurisprudenza della Corte di cassazione rispettosa anche di alcune indicazioni che vengono dalla Corte europea.
  La norma in sé è sicuramente opportuna, anche perché – come dicevo – richiama e fa propria questa giurisprudenza di legittimità. Tuttavia, quando si traduce un indirizzo giurisprudenziale in una norma, la situazione assume una rigidità che potrebbe contrastare in qualche caso con esigenze processuali.
  Penso, per esempio, al caso in cui non venga in considerazione il profilo dell'attendibilità del teste. In concreto questa necessità di risentire il teste probabilmente non si manifesta in tutti i casi. Forse affidarsi a quella giurisprudenza ragionevole e prudente della Corte di cassazione sarebbe stata una scelta opportuna.
  Io proseguirei ancora su tutto ciò che non riguarda la Corte di cassazione, per poi cedere la parola ai colleghi.
  Sull'articolo 19 interverranno i colleghi. Passerei agli articoli 22 e 23, cioè ad alcune norme di attuazione e organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero. Esprimiamo parere favorevole sulla modifica dell'articolo 129.
  Per quanto riguarda l'articolo 23, tocca un tema piuttosto delicato, che è quello del controllo sulla tempestività dell'iscrizione delle notizie di reato nel registro tenuto dal pubblico ministero. È stata individuata una soluzione che a noi sembra ragionevole, cioè quella di responsabilizzare il procuratore della Repubblica. Altre opzioni avrebbero contemplato la giurisdizionalizzazione di questo controllo.
  Il problema non si pone tanto nel caso paradigmatico di ritardo di iscrizione nel registro delle notizie di reato di una denuncia già definita che arrivi all'ufficio di procura. Questo è un caso evidente, facile, che sarebbe facile affrontare. Il vero problema si pone nel caso della formazione progressiva delle notizie di reato, che è quello che la prassi corrente conosce soprattutto in indagini complesse in materia di criminalità organizzata.
  Individuare un controllo giurisdizionale con tutte le incertezze, con tutte le oscillazioni e anche con tutte le difficoltà di apprezzamento caso per caso nel momento in cui questa notizia di reato si coagula determinerebbe veramente una grossa incertezza, con gravi rischi anche di provocare l'effetto di inutilizzabilità di prove raccolte in processi di notevole gravità. Pertanto, noi troviamo che la soluzione scelta sia una soluzione equilibrata, che fornisce una risposta ragionevole a questa esigenza.
  L'articolo 25 contiene disposizioni di delega su materie piuttosto eterogenee. Qui si ripropone il problema che osservavo prima, cioè la carenza di criteri. La carenza di criteri è particolarmente grave in casi delicati. Dovrebbe trattarsi dell'articolo 25, lettere a) e seguenti.
  Si tratta di materie decisamente delicate. Per esempio, c’è il tema delle intercettazioni. Le finalità che sottendono queste disposizioni di delega sono finalità in se stesse condivisibili. Mi riferisco alle intercettazioni di difensori e alla necessità di garantire la riservatezza dei risultati delle intercettazioni. Sono aspetti sull'opportunità dei quali noi conveniamo. Il problema è che, proprio per la loro delicatezza, una delega siffatta rischia di trasformare il legislatore delegato di fatto in legislatore ordinario.
  Vi è poi la lettera c), sempre dell'articolo 25, che riguarda un caso particolare, Pag. 10cioè l'acquisizione dei tabulati telefonici, dei tabulati telematici e dei file di log, cioè dei dati relativi al traffico Internet. In questo caso la delega prevede sostanzialmente l'estensione all'acquisizione di questi tabulati delle stesse garanzie previste per le intercettazioni.
  Noi su questo siamo contrari e osserviamo che attualmente, secondo la previsione costituzionale, è già richiesta l'emissione di un provvedimento motivato dell'autorità giudiziaria, che finora è il pubblico ministero, così come disciplinato prima dalla norma costituzionale e poi dalle disposizioni del Testo unico in materia di dati personali.
  Prevedere l'applicazione della stessa procedura prevista per le intercettazioni telefoniche all'acquisizione di dati che non riguardano il contenuto delle comunicazioni, ma gli elementi esterni della comunicazione, cioè il numero chiamante, il numero chiamato, il luogo e il tempo, ci sembra veramente un inutile appesantimento. Forse a questo pubblico ministero dovremmo riconoscere un po’ più di fiducia nello svolgimento delle sue funzioni, che sono sì di accusa in quella fase, ma, io penso, soprattutto di garanzia. Consideriamo che il pubblico ministero è anche l'organo che emette decreti di perquisizione e decreti di sequestro.
  Sulle altre lettere dell'articolo 25 rimetterei l'esame ai colleghi della Cassazione. Sono temi che riguardano il ricorso.
  Vi sono alcune norme che riguardano l'appello. In particolare, l'articolo 25, lettera f), prevede una limitazione dei casi in cui il pubblico ministero può impugnare in presenza di una sentenza di condanna. Questa delega prevede che il pubblico ministero possa impugnare le sentenze di condanna solo quando sia stato modificato il titolo di reato, sia stata esclusa una circostanza aggravante a effetto speciale o sia stabilita una pena diversa da quella ordinaria del reato.
  A noi questa sembra una limitazione, francamente, eccessiva. È vero che la Corte costituzionale ha già detto che le impugnazioni della parte pubblica e della parte privata possono essere diversamente modulate, ma deve essere sempre rispettato il canone della ragionevolezza con i suoi corollari, così dice la Corte, di adeguatezza e di proporzionalità.
  Non ha molto senso, a nostro avviso, escludere l'impugnazione, l'appello del pubblico ministero, per esempio nei casi in cui il dissenso riguardi altre circostanze del reato, la continuazione o l'applicazione di benefici. Noi comprendiamo anche l'effetto deflattivo che sottostà a questa proposta di modifica, ma forse bisognerebbe anche tener conto di queste altre esigenze di equilibrio fra le parti alle quali prima accennavo.
  Vi è poi un'altra disposizione, quella della lettera h), sempre dell'articolo 25. Questa lettera h) dell'articolo 25 tocca un punto di particolare delicatezza. La delega richiede di prevedere la proponibilità dell'appello solo per uno o più motivi tassativamente previsti con onere di indicazione specifica a pena di inammissibilità delle eventuali prove da assumere in riassunzione.
  Noi siamo, in linea generale, favorevoli a questo tipo di intervento. L'indicazione tassativa dei motivi e la rivisitazione in generale del sistema dell'appello sono una delle richieste che ha avanzato l'Associazione nazionale magistrati. Tuttavia, il punto è delicato, perché si tratta veramente di una rimodulazione della natura del sistema dell'appello tale per cui l'assenza di criteri più specifici ci sembra veramente un limite della delega.
  Un altro punto su cui noi esprimiamo decisamente una forte critica è la previsione dell'articolo 25, lettera l). Cosa prevede questa norma ? Prevede che l'inammissibilità dell'appello sia dichiarata in Camera di consiglio con l'intervento del pubblico ministero e dei difensori.
  Oggi la Corte d'appello può dichiarare l'inammissibilità con ordinanza de plano. Un domani dovrà farlo, invece, in Camera di consiglio, con l'intervento delle parti. Questo comporta una sola cosa, in via di fatto, cioè l'abolizione in concreto delle dichiarazioni di inammissibilità dell'appello a causa di questo aggravio notevole della procedura.Pag. 11
  Veniamo poi all'articolo 26, che è dedicato alla riforma dell'ordinamento penitenziario. Su questo, però pregherei che possa esporre il collega.

  PRESIDENTE. Do la parola al Presidente della sezione dell'Associazione nazionale magistrati della Cassazione, consigliere Luigi Riello. Poiché la Cassazione ha alcune problematiche specifiche che vengono affrontate dal disegno di legge, vorrei sapere da lei quali sono.

  LUIGI RIELLO, Presidente della sezione dell'Associazione nazionale magistrati della Corte di cassazione. Grazie, presidente. Cercherò di essere più possibile sintetico. Innanzitutto, anche a nome dei colleghi, ringrazio lei e gli onorevoli componenti della Commissione di questa convocazione e di questa interlocuzione per noi molto utile, non perché ci poniamo, ovviamente, in un'ottica settoriale rispetto ai colleghi dell'ANM, di cui sposiamo le tesi, ma perché siamo profondamente convinti – abbiamo avuto modo di evidenziarlo anche in un incontro che abbiamo avuto con lei nello scorso marzo – che la funzionalità della Corte di cassazione e la dignità del giudizio di legittimità si riverberino sulla funzionalità dell'intero processo.
  Anch'io consegnerò un testo scritto. Invieremo via mail domani o dopodomani questo testo, al quale ovviamente ci rimettiamo per un'analisi più puntuale e tecnica.
  Certamente il giudizio complessivo è positivo sulla finalità deflattiva che si pone il legislatore, che naturalmente è fondamentale. Esprimeremo, però, con la stessa lealtà e la stessa franchezza che credo siano sottese a questo incontro, delle riserve su alcuni aspetti.
  Noi abbiamo sempre parlato di un'alluvione di ricorsi sulla Corte di cassazione e del fatto che la Corte di cassazione sia ormai da anni snaturata. È il più grande tribunale d'Italia. Certamente questi interventi in parte incidono su questo fondamentale aspetto. Naturalmente, occorrerebbe un intervento più profondo e più organico per incidere sui numeri che, soltanto in via del tutto esemplificativa, io riferisco.
  Sappiamo che nel 2013 erano 53.618 i ricorsi della Corte di cassazione italiana, a fronte dei poco più di 8.000 della Francia e dei poco più di 3.000 della Germania. Sappiamo anche che il 61 per cento di questi ricorsi lo scorso anno è stato dichiarato inammissibile e poco più del 14 rigettato. In sostanza, il 75 per cento dei ricorsi che pervengono in Cassazione non sono fondati o sono addirittura inammissibili.
  Vi sono tanti aspetti che non potevano essere toccati tutti insieme, ce ne rendiamo conto. Tra questi svolgo solo un cenno alla qualificazione del Foro. Abbiamo sempre detto che in Italia noi abbiamo – la stima è del 31 dicembre 2014 – ben 58.542 avvocati abilitati al ricorso innanzi alla Corte di cassazione e sappiamo che in Paesi a noi molto vicini, come la Francia e la Germania, sono poche decine, 60, 70 od 80. Credo che questo si rifletta anche in maniera molto forte e pesante sulla dignità del giudizio di legittimità.
  Probabilmente una riforma radicale può passare anche attraverso una riforma dell'articolo 111 della Carta costituzionale. In ogni caso, guardiamo con positività ad alcuni aspetti e con perplessità ad altri. Mi ci soffermerò in maniera molto essenziale.
  Certamente è importante e raccoglie una nostra indicazione l'eliminazione del ricorso personale dell'imputato, che era, francamente, una grande anomalia, ma anche un veicolo di evasione fiscale. Naturalmente, infatti, il ricorso non era personale dell'imputato. Era certamente il ricorso di un avvocato non abilitato alle magistrature superiori, ovvero di un avvocato che non compariva, con tutte le conseguenze a ciò connesse. Questo certamente recepisce una nostra indicazione importante.
  Credo che sia importante anche, con riferimento all'articolo 12 del disegno di legge, il fatto di avere reintrodotto l'impugnabilità della sentenza di non luogo a procedere non direttamente in Cassazione, ma in Corte d'appello. Questa è una parte del disegno che non riguarda in modo diretto la Corte di cassazione, ma che si riverbera decisamente in modo positivo sulla Corte di cassazione stessa.Pag. 12
  Come il presidente e gli onorevoli componenti della Commissione sanno, uno degli aspetti che voi avete recepito, anche se su questo noi abbiamo qualche riserva sul modo in cui è stato concepito e attuato, è il problema delle sentenze di patteggiamento.
  Certamente è una grande anomalia questa massa di ricorsi sulle sentenze di patteggiamento che arriva in Cassazione, al punto che, per esempio, noi in procura generale, mentre siamo divisi in gruppi di lavoro per varie materie, come la revisione, l'ingiusta detenzione o altro, ci vediamo assegnare a pioggia i ricorsi relativi alle sentenze di patteggiamento, tale è il numero di questi ricorsi.
  È, dunque, importante – mi riferisco all'articolo 14 – l'aver limitato il potere di impugnazione delle sentenze di patteggiamento, anche se noi poniamo qualche perplessità, ovviamente con spirito costruttivo, con riferimento, per esempio, ai motivi attinenti l'espressione di volontà dell'imputato. Credo che questo sia un aspetto che andrebbe rimodulato e ristretto, perché rischia di diventare una falla nel sistema delle impugnazioni.
  Lo stesso vale per l'erronea qualificazione giuridica del fatto, che potrebbe limitarsi ai casi di evidenza o di manifesta evidenza, in questo seguendo la giurisprudenza che si è creata sul punto, altrimenti rischieremmo di annullare gli aspetti positivi di questa norma.
  Questo fatto si sposa un po’ con le considerazioni che il Presidente Sabelli faceva poco fa con riferimento al nuovo istituto, quello della sentenza di condanna su richiesta dell'imputato. Non ripeto ciò che ha detto il collega Sabelli, ma, da un lato, l'aver sdoppiato il vero e proprio patteggiamento fino a tre anni di reclusione e, dall'altro, l'aver creato questa nuova figura di sentenza di condanna su richiesta dell'imputato, che prevede un meccanismo premiale particolarmente accentuato perché la riduzione di pena va da un terzo ad addirittura la metà, a nostro avviso pone una serie di problemi. Essi sono in parte di merito – me ne rendo conto – e quindi non rientrano in un problema di mera tecnica legislativa e in parte anche di tecnica legislativa e di conseguenze.
  Perché dico questo ? Intanto siamo di fronte a una proliferazione di diritti alternativi, tra cui il patteggiamento ordinario, che si chiude a tre anni. Resta il giudizio abbreviato e viene introdotta questa nuova figura. È vero che fa salvi alcuni reati particolarmente allarmanti, quali quelli agli articoli 51, comma 3-bis e 3-quater, ma, per esempio, tra questi reati non vi è l'omicidio.
  Immaginiamo che si possa patteggiare un omicidio con le sole attenuanti generiche, partendo – poniamo – da una pena di 24 anni di reclusione: 24 meno un terzo sono 16 e, con la riduzione della metà, diventano 8. Francamente, questo discorso suscita, a nostro giudizio, dei problemi sui quali riflettere seriamente, non solo ponendosi nella giusta ottica delle persone offese dal reato, che non devono mai essere dimenticate, ma anche asserendo quello che io, in un recente articolo che mi sono permesso di scrivere su L'Espresso, dicevo: certo, la deflazione, sia in Cassazione, sia in generale, è un obiettivo molto importante, ma bisogna sempre porsi – anche questo mi permetto di dirlo, sempre con spirito costruttivo – nell'ottica di qual è il nostro scopo e di qual è il vostro scopo, ossia quello di chiudere i fascicoli o quello di fare processi.
  Se vogliamo chiudere dei fascicoli, possiamo trovare i sistemi più disparati. Possiamo liberarcene in qualsiasi modo. Se dobbiamo coniugare questa chiusura di fascicoli, questo calo di ricorsi e di procedimenti con una giustizia sostanziale, rischiamo di non colpire, come pure è necessario, reati di notevole allarme sociale con la giusta severità ed effettività.
  Questo primo aspetto di proliferazione di riti alternativi, di rapporto con il giudizio abbreviato già il collega Sabelli lo poneva. Laddove la richiesta dell'imputato viene respinta, si passa – mi si consenta il termine – a un rito abbreviato in cui potrebbe pesare, e io credo che peserebbe, l'ammissione di responsabilità dell'imputato, Pag. 13con conseguenze che andrebbero forse meditate con particolare attenzione.
  È anche vero, sempre sotto il profilo deflattivo, che quello che certamente guadagniamo sotto il profilo del limite all'impugnabilità delle sentenze del nuovo patteggiamento ridotto di nuovo a tre anni, rischiamo un po’ di perderlo, laddove fosse introdotto questo istituto. Si prevede, infatti, al comma 5 dell'articolo 448-bis, così come modificato dal disegno di legge, che si tratta di sentenze inappellabili, le quali sarebbero, però, comunque ricorribili e senza alcun particolare limite.
  Si rischierebbe così – naturalmente, correggetemi se sbaglio; laddove ci fossero delle imprecisioni, mi farebbe piacere che fossero oggetto di un intervento – di far rientrare dalla finestra quello che, sotto il profilo sempre del patteggiamento, che è uno degli aspetti nevralgici, esce dalla porta.
  Per quanto riguarda le modifiche generali al sistema delle impugnazioni, ossia l'articolo 17, mi riporto integralmente a quello che diceva poco fa il collega Sabelli, perché il fatto della sospensione dell'esecuzione dell'ordinanza di inammissibilità, con tutte le conseguenze a ciò connesse, credo ponga, nell'ambito di una norma che si poneva e si pone un effetto deflattivo sicuramente apprezzabile, alcune controindicazioni particolarmente serie.
  Certamente è importante, all'articolo 19, aver aumentato il livello delle ammende in caso di rigetto o di inammissibilità del ricorso per Cassazione – naturalmente, tutti questi spunti che sto fornendo in maniera sintetica e forse anche disorganica sono sviluppati in maniera più puntuale nel testo scritto – anche se noi ci poniamo il problema che, anche in questo modo, che comunque è apprezzabile, questa norma potrebbe avere una scarsa utilità deterrente.
  Pensavamo, per esempio, che il difensore, al momento della nomina, debba fornire espresso avviso all'interessato del disposto dell'articolo 616. Prevedremmo, per esempio, che all'articolo 610 del Codice di procedura penale, dopo l'avviso che contiene l'enunciazione della causa di inammissibilità rilevata, venga aggiunto anche un avviso sul contenuto dell'articolo 616, secondo periodo, del Codice di procedura penale in merito alla possibilità che le relative conseguenze possano, ovviamente, essere evitate con una tempestiva rinuncia al ricorso.
  C’è uno scarso effetto deterrente nel presentare ricorsi talora dichiaratamente inammissibili. Qualche mese fa un articolo di Ferrarella sul Corriere della Sera riportava il testo di alcuni ricorsi per Cassazione. Si diceva espressamente che ciò viene fatto allo scopo di ritardare l'esecuzione della condanna. Pertanto, siamo non solo a un abuso del ricorso, ma talora anche a un abuso dichiarato, il che certamente non è un fatto apprezzabile. In altri Paesi forse sarebbe sanzionato quasi come un oltraggio alla Corte.
  Importante e, credo, positivo è il fatto dell'obbligo di rimettere alle Sezioni unite le questioni, laddove una Sezione semplice – per dir così – non condivida l'indirizzo delle Sezioni unite.
  Allo stesso modo credo che sia importante anche per le Sezioni unite il fatto di poter e dover affermare il principio di diritto anche laddove sopravvenga una causa di inammissibilità.
  Ancora, è importante, io credo, il potere che viene conferito, a determinati fini, al procuratore generale della Corte di appello, perché si inserisce in un discorso che con la procura generale della Cassazione abbiamo fatto e stiamo sviluppando, credo in maniera proficua, applicando l'articolo 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006.
  Mi riferisco al potere, che voi ben conoscete, del procuratore generale della Corte di cassazione a livello nazionale e a un omologo potere del procuratore generale presso la Corte di appello di assicurare il corretto e uniforme esercizio dell'azione penale, non in un'ottica burocratica, non secondo un'ottica verticistica e piramidale, ma certamente nell'ottica dell'esportazione e del coordinamento delle buone prassi. Voi lo prevedete a proposito del cosiddetto patteggiamento in appello. Lo stesso mi pare si possa dire anche per Pag. 14i criteri di iscrizione delle notizie di reato, un altro problema di grande importanza.
  Tratto un ultimo punto, se mi è consentito, ma soltanto con un flash perché l'ha trattato il Presidente Sabelli, sulla prescrizione.
  Sulla prescrizione, riportandomi al testo scritto, mi permetto di dire soltanto una cosa. Come dicevamo prima con i colleghi Romano e Cosentino, noi in Cassazione, ma anche un po’ negli uffici di merito, ci stiamo ancora misurando con il regime della prescrizione, quello precedente e quello successivo alla legge cosiddetta ex Cirielli. Ci misuriamo, cioè, ancora con quella norma transitoria di cui all'articolo 10 per cui il calcolo della prescrizione non è più un calcolo semplice, per il quale bastava guardare il titolo di reato e poi le varie sospensioni, ma diventa talora un fatto particolarmente complicato.
  Non vorremmo che questo, pur partendo da presupposti che recepiscono istanze partite anche dall'Associazione nazionale magistrati, desse luogo, però, a un meccanismo non particolarmente lineare.
  Mi permetto di evidenziare solo un punto, cioè il fatto che si colleghi la disciplina e, quindi, la sospensione all'esito della sentenza. Questo sembra mettere insieme od operare una sorta di commistione tra l'istituto della prescrizione e quello della presunzione di innocenza, o di non colpevolezza, per meglio dire, che hanno rationes diverse.
  La pronuncia in primo grado di una sentenza di condanna comporta certamente un'attenuazione della presunzione di non colpevolezza, presunzione che esce, invece, rafforzata da un esito assolutorio. Operare una connessione tra questo piano e quello dell'operatività della prescrizione – l'abbiamo detto, l'abbiamo scritto e lo diciamo in maniera più compiuta – significa dare al processo tempi diversi a seconda dell'esito delle singole fasi processuali, ossia primo grado, secondo grado, Cassazione e rinvio eventuale.
  Significa, inoltre, attribuire un diverso peso alla posizione delle parti, PM e imputato, e, in sostanza, privilegiare l'esito assolutorio almeno per prescrizione, dato che, in caso di pronunce contrastanti, non si dà tempo per un pieno accertamento definitivo, ma si finisce o si rischia di finire con il privilegiare l'effetto prescrittivo.
  In definitiva, quindi, sono molti gli spunti positivi e anche importanti che recepiscono alcune nostre reiterate richieste. Vi sono, però, quelle criticità che abbiamo ritenuto doveroso evidenziare in un'ottica costruttiva, prendendo atto che comunque vi è, finalmente, un'apertura non solo a problemi annosi che non venivano nemmeno affrontati, ma anche al problema enorme della dignità della Corte di cassazione.
  Questo è un caso unico in Europa, non solo nel penale, che oggi è oggetto della vostra e nostra attenzione, ma anche nel settore civile. L'adeguamento all'Europa non può essere soltanto una parola d'ordine, ma deve essere qualcosa di più profondo, che davvero non si realizzerà mai laddove noi continuiamo a parlare di tre gradi di giudizio che poi di fatto sono cinque o sei, dopo i tanti rinvii, secondo schemi, tempi e procedure totalmente ignoti a Paesi a noi molto vicini sotto il profilo della civiltà giuridica.
  Io mi fermo qui e rimetto al testo scritto per un approfondimento.

  MARCELLO BORTOLATO, Componente della Giunta esecutiva dell'Associazione nazionale magistrati. Grazie, presidente. Molto brevemente, anche se questa Commissione, per essersene occupata in questi ultimi anni, sa quanto nevralgico e cruciale sia il tema dell'esecuzione della pena, senza la quale tutto ciò che è stato detto fino adesso non avrebbe alcun senso, io credo che si possa esprimere grande perplessità sul carattere estremamente generico dei criteri ai quali si ispira la delega in materia di ordinamento penitenziario.
  L'articolo 26 – mi riferirò soprattutto agli aspetti più critici, che individuo nella lettera a), nella lettera c) e nella lettera g) – segna delle direttrici di riforma che non sono sufficientemente chiare e che, anzi, si prestano a soluzioni finali scarsamente equilibrate, che rischiano anche di incrinare Pag. 15gli aspetti essenziali della giurisdizione rieducativa affidata alla magistratura di sorveglianza. Approfitto di questa occasione per auspicare che, in ogni caso, la magistratura di sorveglianza possa essere, nella fase di elaborazione dei contenuti della delega, interlocutore privilegiato.
  Cominciando dalla lettera a), cioè dal criterio di semplificazione delle procedure attraverso la previsione di un contraddittorio differito ed eventuale, si tratterebbe sostanzialmente di proseguire nel cammino, che era già stato parzialmente recepito dal decreto-legge n. 146 del 2013, di intervenire sul procedimento di sorveglianza, riservando alla procedura di maggiore tasso di giurisdizionalità le forme più garantite dell'articolo 666.
  Tuttavia, si esprimono forti dubbi sulla semplificazione generalizzata della procedura di sorveglianza attraverso il contraddittorio differito ed eventuale, fatta eccezione, come indica la legge delega, ai soli procedimenti di revoca delle misure alternative alla detenzione.
  A questo proposito, segnalo che, viceversa, nella relazione accompagnatoria, a pagina 31, si fa riferimento anche all'applicazione delle misure alternative come materia sottratta alla semplificazione. Pertanto, ci sarebbe una contraddizione, poiché il testo parla semplicemente di revoca.
  Questa semplificazione generalizzata, a nostro modo di vedere, si pone in netta controtendenza sia con la giurisdizionalizzazione della tutela dei diritti recentemente conquistata attraverso l'introduzione degli articoli 35-bis e 35-ter, sia con i decreti-legge n. 146 del 2013 e n. 92 del 2014, e potrebbe segnare un arretramento della cultura della giurisdizione, anche a fronte della giurisprudenza costituzionale più recente – mi riferisco alla sentenza n. 135 del 2014 – che ha previsto, ancorché a richiesta dell'interessato, addirittura l'udienza pubblica nei procedimenti in materia di misure di sicurezza.
  Del resto, il procedimento giurisdizionale con contraddittorio pieno nella forma collegiale con la partecipazione degli esperti – ricordiamoci che nel tribunale di sorveglianza ci sono dei componenti di nomina onoraria che sono componenti esperti provenienti dal mondo della psichiatria, della medicina e della psicologia – non è di intralcio alla celerità e all'efficienza delle decisioni, considerando che comunque al magistrato di sorveglianza è concesso già de plano il potere di intervento d'urgenza della concessione delle misure alternative, mentre il modello partecipato costituisce il modello pregnante della giurisdizione rieducativa, che è proprio discorsiva, dialettica e multidisciplinare. Questa è una garanzia fondamentale della qualità del giudizio prognostico che lega idealmente, peraltro, il Collegio della sorveglianza all’équipe di osservazione e trattamento carcerario.
  Secondo noi, quindi, ridurre ulteriormente, oltre a quello che è già stato previsto col decreto legge n. 146 del 2013 in materia di remissione, rateizzazione e riabilitazione, significa snaturare il modello multidisciplinare che assiste la giurisdizione rieducativa.
  Segnalo anche che un giudice delle misure alternative senza processo o senza parti, come si vorrebbe, spingendo all'estremo la semplificazione, rischia di indurre, da un lato, un accrescersi incontrollato della discrezionalità – a questo punto sarebbe rimesso integralmente alla decisione de plano, senza confronto con l'organo della pubblica accusa o con la difesa, del magistrato di sorveglianza – e, dall'altro, una giurisprudenza difensiva, ovviamente non essendo più assistito il magistrato dalla collegialità, con l'effetto di ottenere, anziché un aumento della concessione delle misure alternative, che presumo sia l'intento principale perseguito dal legislatore nel disegno di legge, una loro riduzione.
  Esprimiamo, quindi, parere contrario sicuramente alla concedibilità de plano delle misure alternative, se non nelle ipotesi già previste con la procedura d'urgenza.
  Una semplificazione particolarmente grave si avrebbe in materia di misure di sicurezza. Già si è accennato che anche in questo settore non ci sono criteri nel disegno di legge. Riteniamo, peraltro, che sarebbe molto più opportuno rivedere Pag. 16tutto l'anacronistico e oneroso sistema di competenza delineato dalla legge penitenziaria sulla scorta di una riforma che era già stata indicata, come lei ben conosce, dai lavori della Commissione Giostra, sia quella del Consiglio superiore della magistratura del 2012, sia quella del 2013 in sede ministeriale.
  Per quanto riguarda la lettera c), ossia l'eliminazione di automatismi e preclusioni, un altro punto nevralgico di tutto il sistema dell'ordinamento penitenziario, si esprime un parere sostanzialmente favorevole a un complessivo riesame del sistema del doppio binario introdotto nel 1992, con particolare riferimento all'articolo 4-bis, nell'ottica di una riaffermazione del principio di individualizzazione del trattamento.
  Peraltro – anche su questo aspetto richiamo i lavori della Commissione Giostra – la delega è estremamente generica sul punto centrale e decisivo dell'articolo 4-bis, cioè se sia opportuno abolirlo del tutto, secondo la tesi per cui il diritto penitenziario non può essere differenziato in funzione della natura del reato commesso, oppure mantenerlo, rivisitandolo però secondo linee ragionevoli che ne recuperino la coerenza e la compatibilità con il diritto penitenziario della rieducazione costituzionalmente orientato. Nel testo scritto abbiamo indicato anche qualche suggerimento.
  Per quanto riguarda la lettera d) e la lettera e), ovviamente non abbiamo alcuna contrarietà sull'incentivazione della previsione di attività di giustizia riparativa. Ci sono già leggi dello Stato che la prevedono e, quindi, è opportuno che venga espansa.
  Né abbiamo contrarietà alla maggiore valorizzazione del lavoro carcerario e non carcerario, come anche alla previsione a un più ampio ricorso al volontariato, sia all'interno del carcere, sia fuori.
  Per quanto riguarda la lettera g) – l'ultimo punto critico che sottolineo del disegno di legge – noi riteniamo che l'estensione dell'utilizzo del collegamento audiovisivo, nell'intento di conseguire economie di tempo e di risorse, al procedimento di sorveglianza, che – non dimentichiamolo – è un giudizio prognostico sulla persona, impone un contatto diretto dell'interessato con il tribunale. Esso è composto da giudici esperti, psicologi, medici e criminologi che devono avere l'opportunità di vedere direttamente e di apprezzare de visu il condannato della cui prognosi discutono.
  Pertanto, estendere l'uso dei collegamenti audiovisivi anche al procedimento di sorveglianza, tranne nei casi già previsti eccezionalmente per alcune categorie di condannati, come sappiamo, rischia anche di mettere distanza tra la magistratura di sorveglianza e gli istituti.
  Questi sono i punti su cui principalmente si incentrano le criticità. Per il resto, a parte una censura – se mi permettete di usare questo termine – sull'estrema genericità della delega, il nostro parere è ampiamente positivo.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VITTORIO FERRARESI. Buonasera a tutti e grazie del vostro contributo. Io ho diversi appunti tecnici in merito alle riforme, ma, considerate le tempistiche, cercherò di fornire degli spunti agli auditi, in modo che mi possano dare delle risposte e dei pareri abbastanza concisi.

  PRESIDENTE. Scusi, se eventualmente non fosse possibile essere esaustivi qui, dato che noi oggi abbiamo iniziato la discussione su un provvedimento che ha 30 articoli, gli auditi potrebbero anche mandarci un supplemento di risposta.

  VITTORIO FERRARESI. Cerco di riassumere i punti. Premetto che non mi soffermerò sul 4-bis, né sulle intercettazioni, perché, secondo noi, non dovrebbero essere in alcun modo toccate. Spero veramente che sia fatto un passo indietro su questa disciplina.
  L'articolo 11 abroga l'articolo 421-bis e va a modificare il 422. Vorrei soffermarmi su questo aspetto. Nella relazione si specifica Pag. 17che «l'eventuale incompletezza delle indagini sarà sanzionata dall'emissione della sentenza di non luogo a procedere con cui il giudice disattenderà la richiesta di procedere al giudizio formulata dal pubblico ministero».
  Noi non vorremmo che simili meccanismi diventassero lo strumento per azioni penali apparenti, nate proprio per essere fatte naufragare in udienza preliminare. Le faccio il caso in cui il GUP si trovasse a non poter ordinare nuove indagini quando le stesse siano lacunose, non necessariamente per volontà del soggetto, ma magari proprio per struttura.
  La nostra paura è che non si potrebbero direttamente assumere nuove prove per capire se l'accusa meriti di essere sostenuta in giudizio o meno, nonostante l'indagine, come ho detto prima, sia magari vuota. Chiaramente, nel 422 scompare anche l'iniziativa ufficiosa, tra le altre modifiche.
  L'articolo 12, comma 2, modifica l'articolo 428, comma 1, lettera b) e preclude l'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere quando sia stata emessa con la seguente inedita formula, che, peraltro, secondo noi, formula non è, perché successivamente vediamo che l'articolo qui non è stato modificato. La formula è la seguente: «Il fatto è stato compiuto in adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima». Il 425 resta di fatto immutato, in questo caso, e quindi la statuizione del non luogo a procedere continuerà a essere che il fatto non costituisce reato.
  Per la prima volta non è la formula a dettare il regime dell'impugnabilità oggettiva del provvedimento, ma il contenuto della sua motivazione. Chiediamo, quindi, lumi, anche perché il medesimo articolo 12 elimina la facoltà d'impugnazione della persona offesa. In merito noi chiediamo se non ci sia un contrasto con l'articolo 24 della Costituzione, poiché la parte civile ha pur sempre partecipato al procedimento e, quindi, dovrebbe accertarne gli effetti senza poter stimolare un giudizio d'impugnazione. Questo ci sembra assolutamente pregiudizievole.
  È chiaro che il danneggiato può sempre far ricorso in sede civile, ma in ogni caso abbiamo un articolo 24 e abbiamo un articolo 11 della direttiva 2012/29/UE che stabilisce il diritto della vittima del reato di richiedere il riesame della decisione e di non esercitare l'azione penale. Si tratta di un pregiudizio per la persona offesa che, secondo noi, è quantomeno criticabile.
  Sull'articolo 17, come abbiamo visto, il giudizio è favorevole per quanto riguarda il non proporsi da parte del soggetto il ricorso direttamente in Cassazione.
  Sempre l'articolo 17 modifica l'articolo 591 dicendo «senza necessità di ricorrere a valutazione nel merito del contenuto dell'atto». Qui praticamente il giudice dichiara l'inammissibilità dell'impugnazione avverso un provvedimento che lui stesso ha emesso.
  Io pongo l'esigenza di una discrezionalità che, secondo noi, si tira dietro il giudice nella decisione successiva. È una scelta che rischia di vanificare il diritto stesso delle parti a reagire avverso atti che ne pregiudicano la posizione giuridica. Successivamente, un giudice che ha emesso il provvedimento non può eliminare il passato. Sicuramente qualche residuo di discrezionalità, secondo noi, rimane. Poi sentiremo il vostro parere.
  L'articolo 18 reintroduce il 599-bis, qui concordato. Noi chiediamo un vostro parere per quanto riguarda una disparità ingiustificata che si potrebbe creare a livello di sistema tra i vari procuratori.
  Altri appunti sono all'articolo 18, ma sono questioni che magari approfondiremo più avanti.
  Passo all'articolo 14, comma 8. Se non sbaglio, la norma significa che «l'imputato che chiede il patteggiamento è innocente, perché c’è la prova d'alibi in fascicolo. Tuttavia, senza un perché io posso accogliere la sua richiesta di patteggiamento e non lo assolvo». Questa è un'interpretazione che abbiamo fatto noi del significato di questa modifica.
  La legge prevede una motivazione per il patteggiamento, giusto ? Secondo noi, se prevede una motivazione, questa deve essere logica e coerente, non una motivazione Pag. 18che viene esclusa. Noi dobbiamo avere una garanzia che ci sia una motivazione forte, anche perché sembra che non sia impugnabile in alcuna sede.
  Mi riferisco all'articolo 14, comma 8.

  RODOLFO MARIA SABELLI, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. Non mi ci ritrovo. «Il pubblico ministero e l'imputato possono proporre ricorso contro la sentenza solo per motivi attinenti all'espressione della volontà.» Non è forse questa la norma ?

  VITTORIO FERRARESI. Forse ho sbagliato. Sono diversi articoli. Magari ho sbagliato.
  Il comma 9 dell'articolo 14 riguarda la condanna su richiesta dell'imputato. Eventualmente su questo approfondiremo alcune critiche. In ogni caso, visto che si richiama nel testo «oltre ogni ragionevole dubbio», la critica è che si supererebbe chiaramente solo in base a una confessione, come è stato detto precedentemente anche dagli auditi.
  Noi evidenziamo che la confessione potrebbe essere fatta ai fini più vari. Pensiamo solo ai delitti di mafia, rispetto ai quali alcuni confessano per coprire un soggetto o per proteggere l'autore di un reato. Chiedo se in merito non ci siano delle criticità.
  Andando poi all'articolo 25, abbiamo notato che si toglie l'appello per l'assoluzione dovuta a scriminante. In questo caso, secondo me, non viene rispettata. È chiaro che si tratta di una soluzione più favorevole, ma ci sono persone che magari a essere assolte in questo modo, con una scriminante, a livello personale non hanno tutti gli interessi. Se il soggetto desidera dimostrare che non ha mai commesso il fatto, crediamo che ne abbia qui il diritto.

  RODOLFO MARIA SABELLI, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. Mi scusi, a quale norma si riferisce ?

  VITTORIO FERRARESI. Mi riferisco all'articolo 25, comma 1, lettera g) della delega, sempre che non abbia fatto errori, ma non credo.

  RODOLFO MARIA SABELLI, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. L'osservazione qual era ? Non ho compreso. Potrebbe esserci l'interesse dell'imputato... ?

  VITTORIO FERRARESI. ...a poter fare appello nel caso in cui un soggetto voglia dimostrare la propria innocenza fuori anche dalla scriminante. È un valore personale che, secondo me, non va tolto.
  È vero che qui il soggetto ne esce pulito, però, dall'altro punto di vista, questo potrebbe comunque, a livello personale e di vita lavorativa, comportargli delle ripercussioni. Secondo noi, questo è un diritto che non andrebbe pregiudicato, nei casi in cui il soggetto voglia andare avanti. Questo è un rilievo di diritto, un diritto della persona che ha tutto l'interesse magari a dimostrare che non ha mai commesso il fatto e che, quindi, non è sotto la scriminante.
  Sempre all'articolo 25, abbiamo una critica generale. Non credete che un appello a critica vincolata possa essere possibile ? È vero che bisogna sgravare il lavoro della Corte di cassazione, ma in questo caso io non vorrei mai che il tribunale d'appello diventasse una seconda Cassazione.

  RODOLFO MARIA SABELLI, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. A quale norma si riferisce, scusi ?

  VITTORIO FERRARESI. All'articolo 25, sempre della delega, lettera g), credo. Questa è una critica generale alla vincolatività delle motivazioni dell'appello.

  RODOLFO MARIA SABELLI, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. La lettera g) è quella di prima, che riguarda la legittimazione dell'imputato.

  VITTORIO FERRARESI. Sì, sono varie formule. Quello che ho detto prima riguarda il soggetto che venga prosciolto con la discriminante e non abbia la facoltà di Pag. 19appellare. Questa è una critica più generale. Vi chiedo se non vi sembra esagerato un appello con critica così vincolata.

  LUIGI RIELLO, Presidente della sezione dell'Associazione nazionale magistrati della Corte di cassazione. Chiedo scusa, ma intende vincolata perché c’è l'adempimento del dovere o in generale ?

  VITTORIO FERRARESI. In generale, sì. Anche qui, un altro rilievo di carattere generale è all'articolo 26, in questo caso al comma 1, lettera a). Come diceva il magistrato Bortolato, noi ci chiediamo se il contraddittorio, che è già ridotto ai minimi termini, non possa subire un'ulteriore contrazione, un'ulteriore restrizione, visto che non penso che ci sia un eccesso sotto questo punto di vista. Secondo noi, in questi casi il contraddittorio è già ristretto. Restringerlo ulteriormente mi sembra veramente un eccesso.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Non ci sono altre domande. Le domande sono molte. Non so se ve le volete dividere. Vi diamo un attimo di tempo per questo esame.

  VITTORIO FERRARESI. Infine, volevo farvi valutare una proposta per quanto riguarda l'articolo 10, comma 5. Mi domando se, invece di intervenire come si vuole intervenire, non potrebbe essere opportuno aumentare i tempi dell'opposizione.
  Sto parlando dell'articolo 10, comma 5, che aggiunge l'articolo 410-bis sulla nullità del provvedimento di archiviazione. Una proposta che potremmo fare, e che abbiamo già fatto – è estendere il termine dell'opposizione a 20 giorni e renderlo perentorio.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  LUIGI RIELLO, Presidente della sezione dell'Associazione nazionale magistrati della Corte di cassazione. Rispondo molto brevemente, perché sono pochi, per la verità, i punti che riguardano la Cassazione.
  Volevo solo dire che, per quanto riguarda la sentenza di condanna su richiesta dell'imputato, in gran parte mi trova d'accordo ciò che è stato detto anche con riferimento al discorso della confessione che potrebbe essere strumentale. Questo istituto, su cui anche il collega Sabelli aveva avanzato delle critiche, credo meriti un ripensamento anche alla luce di ciò che veniva detto.
  Per quanto riguarda il potere dello stesso giudice che ha emesso il provvedimento di dichiarare l'inammissibilità, personalmente non ritengo che l'aspetto critico stia nell'attribuire allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento la facoltà di dichiarare l'inammissibilità, intanto perché questo è anche razionale e limitato ad alcuni casi molto particolari, quali la mancanza di motivo, la mancanza di interesse, la non impugnabilità del provvedimento e la rinuncia.
  Il problema, al limite, era quello che il collega Sabelli illustrava poco fa, relativo al regime di questa norma, con la sospensione dell'esecuzione e tutto quanto ne consegue. Non mi scandalizzerei di fronte all'attribuzione allo stesso giudice a quo, secondo richieste che venivano anche da parte nostra nell'attribuire, almeno nei casi più chiari. Se vi è una rinunzia, se vi è mancanza di interesse, se vi è un provvedimento non impugnabile, è giusto che vi sia un filtro da parte dello stesso giudice a quo. Quello che può destare perplessità è il regime successivo.
  Per il resto, si tratta di aspetti del giudizio di merito su cui credo sia più giusto che interloquisca il collega Sabelli.

  RODOLFO MARIA SABELLI, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. Spero di essere completo e, al tempo stesso, sintetico.
  Sull'articolo 11 ci siamo, in effetti, già espressi in termini critici e, quindi, condividiamo la critica. Io ho fatto prima riferimento all'ipotesi speculare rispetto a quella alla quale accennava lei, cioè l'ipotesi di un'istruttoria incompleta, il cui Pag. 20completamento consentirebbe, però, una definizione con sentenza di non luogo a procedere.
  Certo, è possibile anche il caso contrario, anche se, per la verità, l'eventualità di un completamento di un'indagine incompleta dovrebbe portare al rinvio a giudizio, piuttosto che a una sanzione costituita dalla sentenza di non luogo a procedere.

  VITTORIO FERRARESI. Le facevo questa critica anche perché abbiamo visto casi, che magari sono anche limitati, ma sono molto spiacevoli. Ci ritroviamo ad affrontare per anni e anni processi che non vanno avanti perché magari il pubblico ministero – può capitare – fa indagini lacunose e non va avanti, ma gli strumenti per le persone offese sono veramente risicati, se non quasi impossibili per risolvere la situazione. Se mettiamo anche questo vincolo, la situazione si aggrava ancora di più.

  RODOLFO MARIA SABELLI, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. La critica all'articolo 11 io l'ho formulata con riferimento a quella situazione che ho rappresentato a titolo esemplificativo. Si può svolgere la medesima critica all'articolo 11 anche in relazione all'osservazione che fa lei, che ci vede assolutamente concordi.
  L'articolo 12 estende la previsione anche all'esercizio a dovere e facoltà legittima. Io ipotizzo, ma questa è una mia ipotesi, che questo sia stato fatto per il seguente motivo. Riguardavo l'articolo 652 del Codice di procedura penale, perché l'articolo 652 individua i casi di efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile.
  L'articolo 652 prevede, fra le altre cose, che la sentenza abbia efficacia di giudicato anche con riferimento al caso che il fatto sia stato compiuto in adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima. Questa è un'ipotesi che io immagino. Si è ritenuto che questa sia una di quelle situazioni che non determinano pregiudizio in sede civile.
  Prendo atto della sua considerazione che potrebbero esserci altri aspetti. È una considerazione che rientra forse nella valutazione di discrezionalità del legislatore, il quale deve farsi carico di entrambe le esigenze che possono venire in gioco.
  Sull'articolo 17, cioè sulla dichiarazione di inammissibilità dichiarata dallo stesso giudice, credo che abbia già risposto il Presidente Riello. Mi trova assolutamente concorde. Parliamo di inammissibilità, non di valutazione di merito o di manifesta infondatezza dell'impugnazione. Si tratta, in realtà, di profili specificamente previsti, di carattere sostanzialmente formale. Concordo con le considerazioni del Presidente Riello.
  Per quanto riguarda l'articolo 18, ossia il concordato in appello, lei faceva un'osservazione sulle possibili disparità di sistema, che è forse una delle maggiori criticità che avevano portato all'eliminazione di questo istituto.
  Francamente, anche all'interno della magistratura vi erano forti perplessità su questo istituto. Io personalmente ero piuttosto critico su questo concordato in appello e la mia critica nasceva esattamente dalla considerazione che faceva lei. Per questo motivo, tutto sommato, nel momento in cui si è redatto questo progetto, si è ritenuto di ovviare a quel tipo di disfunzione attribuendo al procuratore generale il compito di individuare le direttive coinvolgendo i procuratori della Repubblica in una fase alla quale il procuratore della Repubblica, ovviamente, non partecipa, cioè l'appello, proprio per assicurare quell'esigenza di uniformità nel trattamento sanzionatorio quanto meno in ambito distrettuale.
  Per quanto riguarda l'articolo 18, comma 9 e, quindi, il nuovo istituto di condanna su richiesta, noi siamo fortemente...

  VITTORIO FERRARESI. Con riferimento a ciò che ho citato prima, invece che dell'articolo 14, comma 8, si trattava dell'articolo 18, commi 8 e 9. Ho fatto un errore.

  RODOLFO MARIA SABELLI, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. Pag. 21Per quanto riguarda la condanna su richiesta dell'imputato, come dicevo prima, la nostra critica è molto ampia su questo istituto. Io sono stato piuttosto sintetico nell'esposizione. Parliamo della sentenza di condanna su richiesta, quella fino a 8 anni.
  Come diceva bene il Presidente Riello prima, ci sono reati, come, per esempio, l'omicidio che sono potenzialmente inclusi.

  PRESIDENTE. A prescindere dalla tipologia di reati, c’è una contrarietà proprio all'istituto o solo al fatto che sono previsti alcuni reati ? Mi sembra molto pertinente l'osservazione che è stata fatta poco fa.

  VITTORIO FERRARESI. (fuori microfono). La questione è doppia. Di istituti ce ne sono una miriade. Forse per il soggetto procedere a un processo è veramente una sfida allo Stato. Non credo che ci sia altra scelta che non adire uno di questi procedimenti, il che risulta difficile. Questo per quanto riguarda la contrarietà all'istituto.
  L'altra critica l'ho fatta sulla confessione, che è un profilo...

  PRESIDENTE. Questa era una mia domanda, onorevole Ferraresi. Mi sono inserita nella sua. Volevo capire se c'era una contrarietà a prescindere dai reati che non sono esclusi. Voglio capire se è l'istituto che vi vede contrari.
  A me pare che questa norma venga da una Commissione di studio. È una norma tratta da un istituto americano. Bisogna anche fare delle scelte di campo: o i riti alternativi ci piacciono, oppure li dobbiamo usare per tutti i processi e poi si va nella discrezionalità di azione.

  RODOLFO MARIA SABELLI, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. A noi questo istituto non piace. Al di là degli aspetti sistematici, quella che svolgevo prima era una critica molto pratica. Per esprimersi in termini molto semplici, si tratta di dire, in sostanza, all'imputato che può accedere a questo istituto, ma deve patteggiare e che, tuttavia, non gli si può assicurare di dargli quello che chiede, cioè una condanna alla pena che l'imputato stesso ha indicato. Inoltre, se non gli viene concesso quello che vuole, lui accede a un rito abbreviato, in cui la sua confessione sarà utilizzata. Ciò significa destinare questo istituto al sicuro fallimento.
  Questa era una critica. Al di là dell'aspetto sistematico, ci possono essere anche aspetti culturali che lambiscono e forse toccano l'aspetto costituzionale, quelli di una pena dimezzata, sia pure con esclusione di alcuni reati gravi. Ho preferito andare sul concreto proprio per evitare di svolgere soltanto critiche di carattere generale, di carattere sistematico.
  Aggiungo – e forse qui vengo anche all'osservazione che è stata fatta – che vi possono essere anche degli usi un po’ furbi di questo istituto. Come dicevo prima, magari la confessione c’è già stata, o addirittura si premia una confessione non solo inutile, ma che addirittura nasconde altre possibili responsabilità. Addirittura noi rischiamo di emettere una sentenza di condanna a pena perfino dimezzata, quando in realtà quello che noi dovremmo chiedere è una collaborazione, che l'imputato potrebbe dare, sull'individuazione a trecentosessanta gradi di responsabilità.
  Immaginiamo, per esempio, il caso di un omicidio per cui è stato già individuato al di là di ogni ragionevole dubbio il killer, che confessa, senza però rivelare la responsabilità di chi lo ha istigato all'omicidio. Faccio un esempio molto banale. A fronte di una situazione siffatta, noi andremmo addirittura a premiarlo con una pena potenzialmente dimezzata.
  Questo è una possibilità astratta. Naturalmente, poi, ci sarà un giudice che valuterà la situazione concreta e la meritevolezza della pena. Adesso io faccio riferimento semplicemente all'istituto come struttura e alle sue potenzialità.
  Non posso che dire che la sua osservazione su questa confessione, sul valore, sull'utilità e sul significato di meritevolezza che essa assume, è personalmente un'osservazione che io condivido.
  L'articolo 25, lettera g) riguarda l'interesse a dimostrare che il fatto non è stato Pag. 22commesso. Forse ho già risposto quando facevo riferimento alla causa di giustificazione.
  Sull'articolo 26 non so se il collega Bortolato intende intervenire. La nostra relazione e il nostro parere noi li abbiamo svolti con riferimento più a profili di sistema. Mi rendo conto che ci possono essere situazioni concrete in cui una persona potrebbe non ritenersi soddisfatta e potrebbe essere perfino sul piano sociale pregiudicata da una sentenza il cui senso fosse il seguente, ossia che quel fatto l'ha commesso, ma nell'esercizio di un suo diritto o di una sua facoltà. Questo può essere.
  Per questo motivo l'osservazione che io facevo è che probabilmente questa integrazione è stata fatta pensando a una sorta di coerenza con la previsione dell'articolo 652, senza farsi carico, però, forse degli aspetti che lei sta sollevando.
  Sono valutazioni veramente discrezionali. Adesso su due piedi non saprei fornire una risposta compiuta. Era, in altro tema, quello che dicevamo prima in materia di archiviazione per non punibilità per tenuità del fatto, quando non c’è stato un accertamento di merito.
  Il presidente dell'Unione delle Camere penali ha fatto un'osservazione in sé condivisibile, ossia che si ritrova nel casellario giudiziale un decreto di archiviazione dal quale sembra desumersi la circostanza che il soggetto quel reato l'ha commesso ma non è punibile. Per questo dicevo che ci sono situazioni che si prestano a una sorta di stigma sociale. Non saprei fornirle, però, una risposta, perché è un'esigenza di cui il legislatore deve farsi carico.
  Non so se sull'articolo 26 il collega volesse aggiungere altro.

  MARCELLO BORTOLATO, Componente della Giunta esecutiva dell'Associazione nazionale magistrati. Mi sembrava più una condivisione della critica che avevamo espresso che non una domanda.
  Certamente il procedimento di sorveglianza, soprattutto nel fulcro della concessione delle misure alternative, è un procedimento necessariamente di parti. Pensare a un processo di sorveglianza senza l'interessato non soltanto è contrario al finalismo rieducativo della pena, ma indurrebbe anche una giurisprudenza in qualche modo difensiva.
  Se anche un tribunale integrato dai giudici esperti non ha la possibilità di vedere l'interessato al quale concedere la misura, sicuramente sarà molto più difficile concedere una misura alternativa rispetto a un procedimento in cui l'interessato e il suo difensore compaiono e in cui, nel pieno contraddittorio, si può estendere la valutazione prognostica.
  Se l'intento era quello di una deflazione e di un'accelerazione del procedimento di sorveglianza, credo che si possa dire che questo non è il settore su cui operare. Sono altri i settori per liberare anche la magistratura di sorveglianza, oggi gravata da altre competenze.
  Per esempio, gli interventi in materia di colloqui e di autorizzazione al ricovero sanitario sono competenze che, per quanto riguarda gli imputati, potrebbero essere sottratte alla magistratura di sorveglianza perché così la magistratura di sorveglianza possa dedicarsi più propriamente al fulcro del giudizio prognostico, che è quello della concessione delle misure alternative.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo molto. Le sedute sono lunghe e quelle del prosieguo saranno anche complesse, perché il provvedimento è vasto. Cercheremo di approfondire tutti i temi che sono all'ordine del giorno di questo provvedimento.
  Vi ringraziamo anche per le note scritte, quelle presentate e quelle che arriveranno. Se ce le mandate anche via mail, è meglio. Grazie.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 18.40.