XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 4 febbraio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 1335  BONAFEDE, RECANTE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI AZIONE DI CLASSE

Audizione di Vincenzo Vigoriti, ordinario di diritto privato comparato presso l'Università degli studi di Firenze.
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 
Vigoriti Vincenzo , Ordinario di diritto privato comparato presso l'Università degli studi di Firenze ... 2 
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 5 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Vigoriti Vincenzo , Ordinario di diritto privato comparato presso l'Università degli studi di Firenze ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Vigoriti Vincenzo , Ordinario di diritto privato comparato presso l'Università degli studi di Firenze ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Vigoriti Vincenzo , Ordinario di diritto privato comparato presso l'Università degli studi di Firenze ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 8

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 13.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Vincenzo Vigoriti, ordinario di diritto privato comparato presso l'Università degli studi di Firenze.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame della proposta di legge C. 1335 Bonafede, recante disposizioni in materia di azione di classe, l'audizione di Vincenzo Vigoriti, ordinario di diritto privato comparato presso l'Università degli studi di Firenze.
  Do la parola al professor Vigoriti per lo svolgimento della relazione.

  VINCENZO VIGORITI, Ordinario di diritto privato comparato presso l'Università degli studi di Firenze. Vi ringrazio dell'invito. Probabilmente considererete questa mia audizione come la prosecuzione della vostra sulla tortura. Essendo la giornata intensa, ho pensato di ridurre un po’ la mia esposizione. Poi naturalmente, se ci fossero delle domande di dettaglio, cercherò di rispondere a queste.
  Prima di tutto desidero segnalarvi che io ho un'esperienza diretta sull'azione di classe. Ho studiato e insegnato negli Stati Uniti, dal cui ordinamento questo istituto deriva, e ho anche svolto delle attività, sempre per questo istituto, nell'ambito dell'Unione europea.
  L'espressione «azione di classe», o class action, è evidentemente un riconoscimento di paternità. L'istituto che ci occupa si rivolge, infatti, alla common law americana. In Europa si preferisce evitare la terminologia class action e si parla di collective redress, ossia di risarcimento collettivo.
  L'esperienza è tipica dei Paesi a capitalismo avanzato. Mentre stavo riflettendo sulle cose da dirvi, mi è venuto in mente che tutti i membri del G8 – almeno, io me ne ricordo sette – hanno questa azione di classe. Si tratta di una dimensione che non è italiana. Non è una nostra invenzione.
  Si tratta di un istituto di questo tipo di capitalismo osteggiato all'inizio da quelli che voi in politica chiamate i «poteri forti», ma adesso tollerato, nel senso che nessuno si è mai sognato in alcun modo di abolirlo. Si è pensato di riformarlo, di studiarlo, di affinarlo, ma non ci sono state istanze di abolizione di questo istituto.
  È un istituto che si è diffuso in tutto il mondo, non solo in quello di common law, dal Canada all'Australia, ma, per esempio, anche in Brasile, che è un Paese importante di civil law e, quindi, nella nostra area, dove però da anni esiste questo istituto. Peraltro, se ne è fatta promotrice una giurista italiana, Ada Pellegrini, che è la più brava in quel Paese. È professore e ha lavorato per la pubblica amministrazione. La Pellegrini ha promosso la legge, che funziona, naturalmente con tutti i limiti e le incertezze di un elemento che ontologicamente è molto diverso.Pag. 3
  È molto diverso in questo senso: è la risposta processuale di massa alla produzione di massa. Noi viviamo e abbiamo vissuto in un sistema in cui nella produzione di massa la risposta agli illeciti era una risposta individuale dell'uno contro uno, tipo western. In realtà, questa è adesso la risposta collettiva, di un insieme di persone tutte lese dallo stesso fatto.
  È una questione, come dicevo, che ci riguarda anche nell'esperienza americana. Per esempio, fra i miei appunti io ho trovato una class action sulla Parmalat fatta dagli americani che riguardava le nostre vicende. C'era una censura per la quale, se si voleva ottenere un risarcimento nell'ambito delle sostanze che esistono in America, si era invitati a segnalarsi al tribunale, con le notifiche statunitensi.
  L'Europa ha, dunque, un interesse. Esistono numerosi Paesi che hanno introdotto quest'azione di classe, con nomi diversi, ma la sostanza è la stessa. Esiste a livello europeo, però, una sorta di timore, francamente esagerato. Cominciano tutti dicendo che l'azione di classe è bella e la vogliono, ma non all'americana. Quando si chiede il perché, tutti cominciano sempre con una giustificazione assai banale, che è quella di dire che non vogliono i punitive damages, che sono una questione assolutamente secondaria.
  Questo dei punitive damages è un istituto che terrorizza l'Unione europea e che, più o meno, consiste in ciò che segue. Noi in Europa diamo il risarcimento per il danno emergente e per il lucro cessante. In alcuni casi negli Stati Uniti il giudice ha aggiunto una sorta di pena privata, cioè una sorta di risarcimento irrogato in più.
  Il caso famoso era quello di un tizio in California che ha comprato una BMW. Quando l'ha comprata, ha avvertito che un parafango era stato ammaccato e che la BMW gliel'aveva riparato in maniera piuttosto sommaria, rivendendogli poi la macchina come nuova.
  Il giudice americano ha stabilito che in questo modo c'era il danno alla macchina, che veniva deprezzata. In più, poiché la società aveva mostrato astuzia o callidità eccessiva, l'ha condannata a pagare una somma ulteriore, cosa che in Europa è contraria all'ordine pubblico, proprio perché noi abbiamo un altro sistema di risarcimento del danno.
  Come secondo aspetto, il timore europeo è sempre quello di dire che noi vogliamo difendere le imprese da azioni che sono unmeritorius claims, ossia che hanno un carattere ricattatorio. Ci sono, cioè, alcuni titolari dei diritti che si mettono insieme per ricattare le imprese e portarle a serie difficoltà.
  Questo è una sorta di leitmotiv costante. Non molto tempo fa, a una riunione a Bruxelles, è arrivata la sostituta della commissaria Reding, la quale ha cominciato a dire che l'azione di classe è bella, ma che occorre proteggere le imprese e che l'esperienza americana va valutata con sospetto.
  In realtà, l'esperienza americana è la nostra, perché i problemi sono gli stessi. La nostra class action, o azione di classe, riguarda e tocca quei problemi, che sono i problemi di tutto il mondo. Si tratta delle stesse azioni che hanno fatto gli australiani, gli inglesi sotto il nome di azioni rappresentative e i francesi. Quelli sono i problemi, che riguardano la titolarità dei diritti e altre questioni.
  Della questione del dato legislativo e degli atti che accompagnano il progetto che mi è stato inviato si può fare a meno perché sono conosciuti. Comunque, se qualcheduno vuol vederli, noterà che ci sono pochissimi casi nel 2014. Qualcuno si può omettere.
  Adesso vengo ai problemi del testo. Parto dall'ultimo, ma più importante problema, che è quello dei costi.
  Il progetto parla dei costi mitigando la tradizionale avversione verso i legali. Questa avversione verso i legali non tiene conto, però, del fatto che il mondo americano, fonte di tutti i mali secondo alcuni, in realtà è articolato in maniera diversa. Il problema dei costi non è il problema del costo dei legali. È il problema del costo delle consulenze, sia d'ufficio, sia di parte.
  Prendiamo il famoso caso – parlo di cose vecchie, già sentite – del talidomide. Pag. 4Si chiama così quella medicina tedesca, no ? Per fare le analisi è costato l'iradiddio. Si è dovuto tenere conto dell'inquinamento e di un altro prodotto farmaceutico. Sono cose di cui noi non abbiamo un'idea. Se l'avvocato Bonafede ha uno studio, gli si chiede di anticipare lui i costi della consulenza, magari di 2 milioni di euro sull'unghia. Non è una cosa da poco. Uno studio americano può avere un bilancio tale da sopportare questi costi, che poi dopo devono essere restituiti.
  In altre parole, in concreto, sul piano operativo, il problema dei costi non è tanto il compenso degli avvocati, che può essere temperato. Il progetto parla, infatti, di scaglioni. Per gli americani addirittura l'impresa soccombente ha diritto di pagare gli avvocati vincitori con dei buoni, nell'alimentare, con coupon. Nell'alimentare danno questi buoni per comprare dei beni che loro vendono. Può essere una macchina scontata, quando questo sia il caso.
  Il problema dei costi, quindi, è fondamentale, ma riguarda essenzialmente le perizie. È inutile che vi citi gli articoli. Quello che riguarda i costi, comunque, è l'articolo 840-octies.
  Il secondo problema, leggermente meno pratico e un po’ più teorico, è quello dell'omogeneità dei diritti. Il vostro progetto parla di diritti omogenei, e fin qui siamo perfettamente d'accordo. I primi tentativi per limitare l'impatto dell'istituto erano a favore di diritti identici. Adesso si dice che devono essere diritti omogenei, di cui vanno scorporate due componenti.
  La prima è l’an, per cui i diritti omogenei sono quelli che nascono dallo stesso comportamento pluri-offensivo, per esempio un ritardo o un malfunzionamento delle Ferrovie, o un inquinamento.
  La seconda è il quantum. Sul quantum la giurisprudenza ha assunto un atteggiamento piuttosto ostile, perché ha detto, favorita però dal testo della legge, che sono omogenei i diritti che nascono dallo stesso fatto lesivo, ma che anche il petitum deve essere sostanzialmente uguale. Se si chiede un risarcimento del danno, non si può chiedere, per esempio, anche il lucro cessante, perché, se si chiedesse il lucro cessante, questo sposterebbe il centro del discorso.
  A me ciò sembra eccessivo. Il nostro sistema parla sia di danno emergente, sia di lucro cessante. Uno può chiedere quello che vuole.
  Comunque, quella che si segna nell'ambito del vostro progetto è una tendenza verso un'azione generale di protezione collettiva. Questo è il punto teorico di arrivo, quello che, almeno a me, pare essere il vostro intento.
  Se poi all'interno delle singole azioni, per esempio in materia farmaceutica, l'azione generale di protezione collettiva deve seguire una data disciplina, soprattutto in punto di consulenze, questo si vedrà. Il punto generale, però, è sganciarla dai consumatori utenti. I consumatori utenti in molti casi saranno loro a chiederla. Saranno gli utenti e le vittime di disservizi o di fatti lesivi a chiederla. Tuttavia, il punto principale è l'azione generale in materia di protezione collettiva.
  Il terzo problema è quello della legittimazione attiva. Chi può fare quest'azione e soprattutto, se la fa uno, è azione individuale o potrebbe essere qualificata come azione di classe ?
  È ovvio che una pluralità soggettiva deve esistere. Negli altri Paesi spesso si mettono d'accordo e ricercano queste solidarietà. Spesso si cerca solidarietà fra persone che hanno avuto un danno ragionevolmente ridotto, ossia tra più persone che hanno diritto a risarcimenti piuttosto modesti. Questo, peraltro, incide sui costi.
  Quindi, si pone il problema di sapere quanti si deve essere. In altri Paesi dicono che deve esserci il massimo numero possibile. Una pluralità soggettiva ci deve essere.
  Poi c’è il grosso problema legato alla domanda: se io faccio fare la class action a un'associazione ? La posso far fare a un'associazione di consumatori o di settore ? È una cosa che giova o che potrebbe, invece, essere negativa ? Qualora l'associazione perda, perdono tutti quelli che sono iscritti, tutti i cointeressati ? Il punto della legittimazione attiva su chi può fare la Pag. 5class action e in nome di chi è, ovviamente, un punto fondamentale in questo tipo di questioni.
  D'altra parte, è anche il cuore del problema, perché è ovvio che, se uno la fa da solo, non è più un'azione collettiva. Se la fa un'associazione, a parte il fatto che queste associazioni dovrebbero avere le risorse finanziarie per poterla fare, bisogna vedere quali sono gli effetti.
  L'ultimo problema di cui posso parlare è quello che viene identificato con il discorso opt-in oppure opt-out: scegli di stare dentro o scegli di stare sta fuori. In altri termini, il problema si pone nel modo che segue: l'azione collettiva vincola solo coloro che l'hanno cominciata e che hanno deciso di aderirvi in corsa, cioè che sono saltati sul carro sperando di vincere, oppure vincola tutti meno coloro che hanno deciso di star fuori ? Se io so che c’è un'azione collettiva che riguarda un danno che anch'io ho subìto, sto zitto e sono vincolato, oppure sto zitto e non sono vincolato ?
  Anche qui la soluzione viene dalle esperienze di fuori e forse può essere interessante come argomento di studio, perché in questa fase penso sia un po’ prematuro pensare di attuarla. Noi non reggeremmo un discorso come quello che sto per fare.
  Il discorso è questo. Tutti sollevano il diritto costituzionale d'azione, all'articolo 24, per cui ognuno ha il diritto di agire e, se non agisce, rimane fuori. Questa è ritenuta una garanzia. Si tratta di un discorso vecchio che i costituzionalisti americani facevano settant'anni fa.
  A parte il fatto che l'idea del diritto d'azione comunque non è nostra, ma è della clausola del due process della Costituzione americana, che ha quasi due secoli più della nostra, la risposta è che, se si fa così, salta tutto. Se sono vincolati solo coloro che hanno deciso di aderire, che però non lo sanno, non lo vogliono fare e non vogliono rischiare, di azione collettiva non si può più parlare. A questo, di nuovo, si risponde, in un dialogo ideale: «Pazienza: se non è voluto venire nel processo, peggio per lui».
  La risposta è stata la seguente: è la qualità del processo che garantisce il rispetto del diritto costituzionale. In altre parole, se il processo è un processo corretto, con tutte le possibili garanzie, si può pensare che anche coloro che si vedono formalmente pregiudicati nel diritto d'azione siano da ritenere vincolati.
  Questo discorso che ho provato a tratteggiare sia a livello europeo, sia a livello italiano non passa. Passa il discorso dell’opt-in, cioè dell'essere vincolati soltanto se si partecipa a questa iniziativa. Tuttavia, questo è un discorso che garantisce più le imprese, perché l'impresa non può essere costretta a rispondere a un processo in Italia a Bologna, a Milano, a Firenze o in più sedi. Occorre che, se viene coinvolta in un processo, sia coinvolta una volta per tutte punto e basta.
  Questo è un discorso, infatti, che spesso fanno le imprese del mondo anglosassone: rispondono, anzi sono contente, perché così il discorso si chiude, si oppone il giudicato a tutti e non se ne parla più.
  Rapidamente, il mio giudizio su questo progetto è favorevole. C’è lavoro da fare, ma sono anche questioni assai complicate. La struttura del processo civile è articolata in due fasi, come in tutto il mondo: prima si vuole vedere se l'istituto è ammissibile e poi si passa al merito.
  Vi ringrazio e spero di non aver infierito sulla vostra tortura.

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ALFONSO BONAFEDE. Grazie, professore. Lei ha sollevato diversi spunti di riflessione. In realtà, il progetto di legge si pone il problema dei diritti omogenei, ma lo lascia alla discrezionalità del giudice caso per caso.
  Ovviamente, il progetto di legge nasce anche dalla constatazione delle lacune che ha avuto l'azione di classe per i consumatori nel sistema italiano, laddove l'inserimento di molteplici paletti ha di fatto impedito a tante azioni di classe di poter superare il vaglio di ammissibilità.Pag. 6
  In questo modo, invece, è stato mantenuto soltanto il riferimento all'omogeneità, conferendo volontariamente, intenzionalmente, una totale ampiezza alle posizioni soggettive. Tant’è che il progetto parla di «diritti individuali omogenei derivanti da una o più fonti dell'obbligazione indicati dall'articolo 1173». Parliamo di contratto, di extracontrattuale e via elencando.
  Il problema della quantificazione delle persone è stato un momento di riflessione, ma viene concessa la possibilità di agire mediante associazioni o comitati a cui il soggetto partecipi. In questo contesto viene data appositamente totale libertà perché si ritiene che un soggetto che agisce tramite un'associazione dei consumatori, per esempio, individui già una pluralità di soggetti.
  Quante persone devono esserci ? Il progetto parte, anche in questo caso, con la possibilità di essere modificato nell’iter legislativo, da una totale apertura. L'importante è che ci sia una pluralità di persone, tant’è che una delle cause di inammissibilità è il fatto che ci sia un solo soggetto. Vengono, inoltre, disciplinati i casi in cui la pluralità venga a mancare successivamente.
  In quei casi che cosa succede ? Il processo è concepito in maniera tale da avere una prima parte legata all'ammissibilità e una seconda in cui procede secondo le forme ordinarie del processo attuale. Nel momento in cui viene a mancare la pluralità, non succede nulla: l'istituto diventa il processo di un singolo cittadino e prosegue come se fosse un processo normale.
  La forma processuale, così com’è concepita, viene incontro proprio a quel discorso, cioè si pone il tema di che cosa succede se l'azione di classe, in realtà, si dimostra non essere di classe. Anche se i soggetti sono pochi, anche se sono due o tre, l'azione prosegue come un'azione esperita da tre soggetti. Nei fatti non sarà più di classe, ma sarà un'azione esperita semplicemente da tre cittadini.
  Chiaramente la scelta dell’opt-in, come diceva lei, viene fatta proprio in considerazione del sostrato culturale e giuridico in cui ci troviamo ad agire. Non viene concepito in Italia, per i motivi che lei ha sinteticamente esposto, ma in questo caso abbiamo cercato proprio di fare una scelta che, anche se di opt-in, fosse comunque della più ampia portata possibile.
  Io ho avuto un'esperienza su un'azione di classe dei consumatori in cui, pur avendo il giudice confermato l'omogeneità dei diritti – parliamo della famosa nevicata a Firenze – e l'esperibilità dell'azione sotto tutti profili, mancava il rapporto contrattuale diretto tra gli utenti e la società che gestiva il trattamento antighiaccio delle strade e il trattamento spalaneve. Quella società aveva un rapporto contrattuale diretto con il comune.
  Si è arrivati, secondo me, al paradosso per cui una società privata è esposta al rischio di azione di classe, mentre una società pubblica che gestisce un servizio essenziale non è soggetta al rischio di subire un'azione di classe. È come se la norma avesse il fine principale di azzerare tutti i possibili cavilli per assecondare, invece, una forma di azione di classe sostanziale. Laddove c’è l'azione di classe, l'azione di classe può essere esperita.
  Finisco sul discorso legato ai soggetti per cui vale la sentenza. Nel progetto c’è un riferimento chiaro agli attori e agli aderenti, a cui viene concessa la possibilità di aderire fino all'ultimo minuto utile. Le chiedevo se in questo senso lo riteneva auspicabile anche in considerazione di quello che è accaduto per l'azione di classe dei consumatori, perché quello deve essere anche il nostro punto di partenza e di valutazione.

  PRESIDENTE. Faccio una domanda io, meno addentro di quella del relatore, che è anche il presentatore della proposta.
  Lei ha individuato vari punti di riflessione ulteriore, ma rispetto a questa proposta ha delle modifiche costruttive da proporre, se non oggi, in altra sede ? Noi oggi iniziamo l'indagine e l'interlocuzione con gli auditi di solito è continua, se possibile. Le chiedo questo in relazione alla funzionalità dell'istituto, che è piuttosto difficile da realizzare.Pag. 7
  Do la parola al professor Vigoriti per la replica.

  VINCENZO VIGORITI, Ordinario di diritto privato comparato presso l'Università degli studi di Firenze. L'impostazione di fondo la condivido. Condivido, cioè, la tendenza verso un'azione generale collettiva per evitare proprio quelle vere e proprie trappole, ossia il contratto con il comune e non con il soggetto utente, che non ha diritto a nulla.
  Ci sono delle questioni da raffinare. Quella dell’opt-in giudicato è facilissima, perché, quando uno dice che la sentenza vale per chi entra nel processo, la risposta è già in questo. Se sei stato parte, sei vincolato. Se non eri parte, non sei vincolato.
  Il punto chiave, quello pratico, l'ho già citato ed è quello dei soldi delle consulenze.

  PRESIDENTE. Scusi se la interrompo. Questo riguarda l'articolo 840-octies ?

  VINCENZO VIGORITI, Ordinario di diritto privato comparato presso l'Università degli studi di Firenze. Sì, ma ce n’è anche un altro. Sono due. Mi pare che anche nell'articolo 19 si parli delle modalità per compensare.
  Quello del palmario dei legali è un problema del rimborso delle spese legali, spese che sono a carico del soccombente. È chiaro che, se l'azione di classe perde, il convenuto vincitore non vede un soldo. Parliamoci chiaro: non si riesce ad andare a prendere 50 persone dicendo loro che, avendo fatto un'azione per 200 euro e avendo perso, devono pagare 50 euro. In pratica questo non funziona. I costi sono quelli che vi ho detto.
  Il problema della legittimazione è collegato a tutto, anche al resto. Se io sono membro dell'Associazione utenti delle Ferrovie del Molise e arrivano delle persone che hanno subìto un danno, quest'associazione spende anche in mio nome ? Spende anche i miei soldi, le mie risorse ? Agisce e, se perde, chi è vincolato ? I membri dell'associazione o tutti i titolari di diritti fra loro omogenei ?
  Questo è il problema fondamentale, cui in Europa – scusate se, come comparatista, cito sempre l'Europa o altri Paesi – si risponde dicendo che l'associazione deve essere adeguatamente rappresentativa del gruppo dei soggetti lesi e omogenei.
  Questo è il punto su cui in futuro, a mio parere, occorre insistere. Quanto al fatto che ci sia la struttura, per cui prima si guarda se sia ammissibile, bisogna evitare nel nostro Paese di andare nel giochino di tutte le piccole distinzioni, che finiscono sempre per dire «no». Questo si può fare. Ci vogliono, secondo me, un po’ di attenzione, di studio e anche di curiosità verso, per esempio, quello che fanno i francesi o i tedeschi, che sono sempre molto seguiti in Europa. Non ci sono grosse differenze.
  Come indirizzo di fondo, il progetto è in linea con il buonsenso, prima di tutto. È impossibile fare senza. Poi, come osserva l'onorevole Bonafede, se uno solleva l'esperienza degli Stati Uniti, gli altri rispondono: «Tu sei americano – senza la C, come usa a Firenze – e vuoi introdurre delle situazioni che non sono facilmente assimilabili». Questo è un vecchio discorso. Io l'ho sempre sentito fare in tutte le sedi, ma lascia un po’ il tempo che trova.
  Nel concreto degli articoli io sono disposto, se del caso, a provare a fare un articolato più preciso e a cercare di evitare fraintendimenti. Nella struttura, però, quando si dice che sono omogenei i diritti lesi dallo stesso fatto pluri-offensivo, non si può essere più chiari di così. Si tratta di un risarcimento del danno. Lasciamo stare l'inibitoria: ne avrò viste due in vita mia.

  PRESIDENTE. Scusi, io non sono un'esperta della materia e, quindi, posso fare delle domande magari ultronee. Il vero motivo per cui la class action fu introdotta, sia pur con particolari limitazioni, da quello che ho capito, non ha funzionato.

  VINCENZO VIGORITI, Ordinario di diritto privato comparato presso l'Università degli studi di Firenze. Il vero motivo è sempre quello alla base dell'istituto, cioè Pag. 8una risposta collettiva a una lesione di carattere collettivo. Quello è il motivo di fondo.
  Il motivo per cui la class action non ha funzionato in Italia è che sono stati messi tali e tanti ostacoli dal punto di vista tecnico. In altra sede io affermai che, se fossi stato un imprenditore e fossi stato convenuto in una class action, avrei detto: «Avvocato, se perde questa causa, la revoco», perché è impossibile perdere. Ci sono talmente tanti di quegli espedienti, per esempio quello del contratto, quello dell'accertamento, o quello della pluralità dei soggetti, che è difficile perdere. O si facilita il meccanismo, oppure si rimane in un gioco puramente tecnico. La banca responsabile di aver applicato commissioni di massimo scoperto risponde che quel livello non era il massimo. Se non era il massimo, sarà stato comunque uno scoperto.

  PRESIDENTE. Va bene, grazie. Se non ci sono altre domande, la ringraziamo molto. Sicuramente ci sarà un'evoluzione anche nella richiesta di eventuali contributi che lei ritenga di fornire. Se ritiene anche di inviare al relatore ulteriori specificazioni che lei giudica meritevoli, il relatore le acquisirà.
  Non intendo l'articolato. Per quello vediamo. Abbiamo appena iniziato l'indagine conoscitiva. Magari lo affronteremo in una fase più avanzata, in cui vedremo gli aspetti critici che emergono. Ovviamente, il tema ha un impatto anche politico piuttosto forte.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.35.