XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Martedì 23 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO C. 2953 , CONCERNENTE DELEGA AL GOVERNO RECANTE DISPOSIZIONI PER L'EFFICIENZA DEL PROCESSO CIVILE

Audizione di Paolo Montalenti, professore di diritto commerciale presso l'Università degli studi di Torino, e di Ferruccio Auletta, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Napoli «Federico II».
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Montalenti Paolo , Professore di diritto commerciale presso l'Università degli studi di Torino ... 3 
Vazio Franco (PD)  ... 4 
Montalenti Paolo , Professore di diritto commerciale presso l'Università degli studi di Torino ... 4 
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 
Montalenti Paolo , Professore di diritto commerciale presso l'Università degli studi di Torino ... 5 
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 
Auletta Ferruccio , Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Napoli «Federico II» ... 5 
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 
Vazio Franco (PD)  ... 5 
Auletta Ferruccio  ... 5 
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 
Auletta Ferruccio  ... 5 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 10 
Amoddio Sofia (PD)  ... 10 
Montalenti Paolo , Professore di diritto commerciale presso l'Università degli studi di Torino ... 10 
Amoddio Sofia (PD)  ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Montalenti Paolo , Professore di diritto commerciale presso l'Università degli studi di Torino ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Auletta Ferruccio , Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Napoli «Federico II» ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Auletta Ferruccio , Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Napoli «Federico II» ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito)

Audizione di Paolo Montalenti, professore di diritto commerciale presso l'Università degli studi di Torino, e di Ferruccio Auletta, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Napoli «Federico II».

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge del Governo C. 2953, concernente delega al Governo recante disposizioni per l'efficienza del processo civile, l'audizione di Paolo Montalenti, professore di diritto commerciale presso l'Università degli studi di Torino, e di Ferruccio Auletta, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Napoli «Federico II».
  Ieri abbiamo già sentito diversi professori. Oggi abbiamo con noi il professor Paolo Montalenti, professore di diritto commerciale presso l'Università degli studi di Torino, e il professor Ferruccio Auletta, professore di diritto processuale e civile presso l'Università degli studi di Napoli «Federico II».
  Darei la parola al professor Montalenti. Ha venti minuti di tempo, in modo da lasciare spazio anche a eventuali domande.

  PAOLO MONTALENTI, Professore di diritto commerciale presso l'Università degli studi di Torino. Ringrazio la presidente e ringrazio la Commissione per l'attenzione. Il tema su cui svolgo il mio intervento è la materia dell'arbitrato societario. Cercherò di essere il più sintetico possibile per consentire anche delle domande e lascerò poi a disposizione della Commissione due testi scritti più analitici.
  Tutti sappiamo che l'arbitrato è uno strumento elettivo per deflazionare la giustizia togata. Il legislatore ha apprezzato questa funzione con due riforme, una del 2006 sull'arbitrato in generale e una del 2003 che ha introdotto l'arbitrato societario. Proprio in questa materia, ossia su quella dell'arbitrato societario, sono sorti alcuni problemi, su due dei quali focalizzerò l'attenzione, particolarmente delicati e quasi paradossali.
  Perché ? La norma sulla clausola arbitrale nell'arbitrato societario – ometto il riferimento testuale, per brevità – prevede che l'organo arbitrale sia nominato da un soggetto estraneo alla società. Che cosa è successo ? È successa una conseguenza paradossale, cioè che l'interpretazione di questa clausola ha dato luogo al maggior numero di sentenze in materia di riforma del diritto societario – oltre 100 sentenze – equamente divise tra la giurisprudenza che riteneva la clausola tradizionale, ossia quella che prevedeva la nomina da parte di una delle parti e dei due arbitri che nominano il presidente, non valida, mentre un'altra parte della giurisprudenza la riteneva valida. Neppure la Cassazione ha avuto un orientamento unitario.Pag. 4
  Non solo, ma, poiché molti notai hanno seguito un determinato orientamento e hanno inserito la clausola tradizionale, ci sono stati più di 80 provvedimenti disciplinari nei confronti dei notai, poi impugnati avanti la giurisdizione ordinaria.
  In conclusione, è evidente a chiunque che questo sia un paradosso. L'arbitrato serve a deflazionare la giustizia, ma, in realtà, ha aumentato le decisioni dei giudici. Inoltre, la prima regola è che le regole del litigare devono essere chiare e, invece, proprio la regola del litigio qui chiara non è.
  La prima questione, quindi, è quella della validità o meno delle clausole in statuti societari che prevedano la nomina dell'organo arbitrale nel sistema tradizionale, per cui ciascuna delle parti nomina un arbitro e i due arbitri nominati nominano il presidente. Il problema è se tali clausole siano valide o non siano valide.
  La seconda questione è quella delle materie compromettibili in arbitrato. Il legislatore ha previsto che siano arbitrabili tutte le questioni relative a diritti disponibili relativi al rapporto sociale. La precisazione della limitazione alla disponibilità dei diritti, di nuovo, ha creato dei problemi interpretativi molto delicati. Faccio un solo esempio. Non è chiaro se la delibera di approvazione del bilancio, ove la sia ritenga nulla o annullabile, possa essere una questione deferibile agli arbitri o se, invece, debba essere deferita ai giudici.
  Qual è la conclusione su questi primi due temi ? L'arbitrato, proprio in materia societaria, è uno strumento elettivo di applicazione della giustizia alternativa. Se questo sistema di giustizia alternativa ha due incertezze gravi come quelle che ho segnalato, lo strumento rischia di non essere efficace.
  Ci sono alcune altre questioni interpretative che, per non rubare troppo tempo alla Commissione, lascio affidate al testo scritto, perché mi sembrano le questioni centrali su cui focalizzare l'attenzione, sebbene anche le altre lo siano. Con l'occasione il suggerimento è, visto che cerchiamo di fare un intervento organico, di affrontare anche queste.
  Qual è la conclusione su questi due punti ? Si tratta di chiarire quale sia la disciplina applicabile alle clausole compromissorie contenute negli statuti delle società che prevedano la nomina, per essere brevi, con il sistema tradizionale. Perché il problema è rilevante ? Perché la stragrande maggioranza degli statuti era redatta alla vecchia maniera. Con la riforma del 2003 non tutti hanno modificato lo statuto. Il problema è serio. Non è un problema marginale.
  In secondo luogo, l'area delle materie compromettibili, di nuovo, è un problema delicato, perché, se è incerto il confine, le parti non sanno se devono andare avanti al giudice o se possono, invece, ricorrere all'arbitrato.
  Quali sono le soluzioni ? A mio parere, la soluzione preferibile è quella di introdurre una norma che disponga che, quando non sia prevista dalla clausola la nomina dell'organo arbitrale da parte di un soggetto estraneo, la clausola sia valida ma si applichino le norme dell'arbitrato ordinario e non le norme dell'arbitrato societario. Questo per una serie di ragioni anche tecniche che, per brevità, ometto, ma che coordinano le due questioni.
  Ci sono anche altre soluzioni possibili. Una è quella di dire che sono valide le clausole vecchio stile fino al momento dell'approvazione della legge di riforma. Un'altra è quella di dire che, se c’è una clausola compromissoria vecchio stile, questa è nulla parzialmente (articolo 1419 del codice civile) e si applica la norma di legge.
  Concludo dicendo che, secondo me, la prima soluzione, cioè quella che ne preveda la validità con l'applicazione delle regole dell'arbitrato ordinario, è la soluzione migliore.

  FRANCO VAZIO. Sarà così in eterno, quindi ?

  PAOLO MONTALENTI, Professore di diritto commerciale presso l'Università degli Pag. 5studi di Torino. In eterno sarà così, per il passato e per il futuro. Se si sceglie quella clausola, si hanno delle limitazioni. Non può esserci l'intervento di terzi, per esempio. L'autonomia privata saprà scegliere. Se non vuole correre il rischio di non vedere possibile l'intervento di terzi, sceglierà la nomina da parte di un soggetto estraneo. Se sceglie, come ha scelto la stragrande maggioranza delle società in passato, il sistema di nomina tradizionale, si applicano le norme sull'arbitrato del codice di procedura civile.
  Per fare qualcosa – credo – di utile per la Commissione, io ho formulato le tre ipotesi anche in termini duplici, sia di disposizioni immediatamente precettive, cioè con una formula testuale, sia in forma di delega.
  Concludo sull'ultimo punto, quello delle materie compromettibili. Gli arbitri sono giudici. Con la riforma del 2006 il lodo arbitrale è equiparato alla sentenza. L'indipendenza dei giudici è garantita dalle norme sulla ricusazione anche degli arbitri. Di regola, gli arbitri sono scelti anche in ragione della loro competenza specifica nella materia, cosa che a volte il giudice non può avere, perché l'onniscienza è difficile per tutti. Scegliendo gli arbitri, si può scegliere l'esperto nella data materia.
  La soluzione che gran parte della dottrina ritiene preferibile è quella di ritenere compromettibili tutte le controversie relative al rapporto sociale, non più con il limite della disponibilità, ma con un'esclusione che è già nella norma, cioè l'esclusione delle controversie in cui sia obbligatorio l'intervento del pubblico ministero.

  PRESIDENTE. Già in quello c’è una valutazione.

  PAOLO MONTALENTI, Professore di diritto commerciale presso l'Università degli studi di Torino. Questo è già scritto nell'articolo 34. Si tratterebbe soltanto di togliere la parola «disponibile». Anche su questo aspetto noi abbiamo presentato delle forme, nell'uno e nell'altro senso.
  Per ulteriori questioni interpretative e interventi di coordinamento, poiché ho usato quindici minuti anziché venti, rinvio al testo scritto. Se ci sono delle domande, naturalmente sono a vostra disposizione.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Darei ora la parola al professor Auletta e poi vediamo se ci sono domande.

  FERRUCCIO AULETTA, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Napoli «Federico II». Grazie, presidente. Grazie per l'invito che mi è stato fatto. Proverò a imitare il professor Montalenti, che è stato esemplare. Dirò alcune cose di carattere generale, di metodo, e proverò poi a esemplificare alcuni punti.

  PRESIDENTE. Ieri abbiamo avuto un po’ «una catastrofe». Non si è salvato quasi niente dai suoi colleghi processualisti.

  FRANCO VAZIO. Forse solo la parte strutturale.

  FERRUCCIO AULETTA, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Napoli «Federico II». I processualisti sono pericolosi.

  PRESIDENTE. Speriamo oggi di avere qualche contributo. Il mio è un eccesso, perché ci sono state proposte anche ieri, devo dire, ma il giudizio ci ha un po’ allarmato.

  FERRUCCIO AULETTA, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Napoli «Federico II». Svolgerò, dunque, come dicevo, qualche considerazione di tipo generale o di metodo.
  Innanzitutto registro uno scollamento tra la relazione e il disegno di legge delega, elemento su cui non insisto oltremodo, anche perché la relazione tra i due elementi è senza dubbio l'aspetto in cui si annidano le maggiori criticità.
  Anticipo subito che parlerò di alcuni versanti sui quali non ho una condivisione totale, mentre dico, per esempio, che in Pag. 6merito agli interventi sulla Cassazione – forse non poteva che essere così, dato l'autore remoto del testo – condivido sicuramente la diagnosi, in larghissima parte, e anche la terapia che vengono suggerite dal disegno di legge delega.
  Alcuni elementi, naturalmente, sono talmente dibattuti che mi astengo, come l'efficacia generale delle sentenze, quale che ne sia il contenuto, l’astreintes e finanche la condanna pecuniaria. Sono temi sui quali la materia legislativa interviene in un dibattito notissimo e, quindi, nulla dico. Provo a dire qualcosa, invece, sull'impianto concettuale, innanzitutto sull'oralità del processo.
  Il disegno di legge delega insiste su questo elemento dell'oralità e del processo per udienze, vedendo l'udienza come snodo. A mio avviso, questi sono due elementi che, da un certo punto di vista, tradiscono una sorta di obsolescenza culturale, perché l'oralità e l'udienza sono slogan di una cultura e di un mondo che non è più. Il nostro è il mondo del Processo civile telematico.
  L'udienza è un luogo di necessaria compresenza fisica di almeno tre soggetti. Il Processo civile telematico, invece, è il luogo in cui questi tre soggetti si allontanano e usano i tempi a loro disposizione nella maniera in cui ciascuno è capace di auto-organizzarsi. Le udienze sono rare – le udienze civili sono due l'anno, mediamente – perché le condizioni per realizzare la compresenza fisica di questi tre soggetti dipendono, come il minimo comune denominatore, da fattori diversi e, quindi, si abbassa enormemente il tasso di possibilità.
  Un processo costruito così nega i vantaggi del Processo civile telematico. Addirittura si prevedono udienze che non sono prescritte dal codice. Il codice non prescrive l'udienza di precisazione delle conclusioni. È un diritto delle parti precisare le conclusioni, ma le parti non hanno diritto a un'udienza per precisare le conclusioni.
  Sul ruolo di direzione del processo del giudice, al di là della posizione che si può tenere in senso ideologico e culturale, bisogna registrare un trend comune a quello di tanti Paesi, anche i più lontani da noi: il dominio del giudice sul processo è ritenuto ormai comunemente un elemento di efficienza. Da questo punto di vista il disegno di legge delega lo alimenta in maniera conforme a questo trend comune a più culture processuali.
  Quello che non è veramente chiaro è come si coniughino alcuni istituti che sono propri di una tradizione liberale con quest'accentuato dirigismo della magistratura sul processo. Io ho letto l'audizione dell'avvocato Draghetti, il quale ha detto, a mio avviso, una cosa molto puntuale. Faccio richiamo alla conservazione della duplicità degli atti introduttivi del giudizio, citazione e ricorso, che è un elemento, a mio avviso, di incoerenza nel momento in cui si vuole enfatizzare il ruolo di direzione del processo da parte il giudice. Occorre, a questo punto, ridurre a unità gli atti introduttivi e avere il ricorso come atto introduttivo del processo, perché questo determina la governabilità del processo da principio.
  Bisogna rinunciare ai vantaggi della citazione e, quindi, a quel versante liberale del processo, ma, se si è coerenti con la scelta di fondo della direzione del processo affidata al giudice, bisogna unificare il sistema introduttivo e affidare al ricorso l'introduzione del processo.
  Il disegno di legge delega mi sembra abbia due deficit, che io chiamerei diagnostici. Uno, a mio avviso, è molto evidente. Secondo la delega, occorrerebbe promuovere la conoscenza degli atti del processo in capo al giudice all'udienza di prima comparizione e trattazione, come se questo fosse possibile e la materia fosse materia da incentivo.
  In realtà, questo è un dato non possibile nella gran parte delle sedi giudiziarie per il carico di lavoro che ha il giudice, determinato – aggiungo, per collegarmi all'argomento di prima – dalla caoticità della creazione del ruolo dell'udienza di prima comparizione. Essendo essa determinata per accidente dalla scelta che l'attore ha fatto di un giorno randomicamente e non fatta dal giudice previa introduzione Pag. 7del ricorso, genera il caos. Dunque, si ha una prima udienza ingovernabile e un'impossibilità di conoscenza approfondita degli atti, tale per cui la proposta di conciliazione fatta ante diem in quel momento è, in realtà, non materia da incentivi, ma materia praticamente impossibile.
  Pertanto, il primo deficit diagnostico è: perché il giudice non conosce gli atti del processo alla prima udienza ? La risposta è: perché non può, è impossibile.
  Il secondo deficit, invece, sta nel fatto che il disegno di legge delega è accompagnato da un'analisi di impatto della regolazione molto interessante, che ho letto veramente con grande interesse. Indica un dato che mi ha colpito molto e che non avevo mai registrato in precedenza. Era sicuramente noto, ma io non l'avevo registrato. C’è una quota del 15 per cento di affari non contenziosi, che sono misurati in 750.000 unità.
  Non c’è alcun principio di delega che si occupi di questa materia. Parlare di «affari non contenziosi» vuol dire, dal punto di vista costituzionale, parlare di giurisdizione volontaria, non, come abbiamo imparato all'università, nel senso di procedimento in camera di consiglio, ma dal punto di vista della Costituzione. Non è necessario che ci sia un giudice. La Costituzione ha la necessità di produrre un giudice laddove c’è una ragione di tutela. Laddove non c’è una ragione di tutela, si può scegliere il giudice, perché è il massimo delle garanzie, ma non c’è bisogno della forma giurisdizionale. In prima battuta si può scegliere di avere qualcun altro per una quota di questi affari non contenziosi.
  In merito io mi sono esercitato perché nella lettera della Presidente Ferranti mi è stato detto che sarebbe stato bene che si venisse con delle proposte concrete per avere anche da parte nostra un contributo costruttivo. Poiché non c’è alcun elemento della delega che tocchi gli affari di giurisdizione volontaria nel senso in cui l'ho proposta io, mi sono permesso – e la lascerò agli atti – di produrre una normativa di delega da me ipotizzata. Tale normativa principia dalla possibilità di distribuire in prima battuta, salva una possibilità di conoscenza secondaria da parte della magistratura, una serie di affari che, secondo la formula che io avrei coniato, non hanno alcuna attitudine a decidere o incidere, neppure indirettamente, su diritti soggettivi.
  Aggiungo due note di metodo. C’è una sottostima di limiti e di potenzialità da parte del disegno di legge delega. La prima sottostima di un limite, che pure si evidenzia nella relazione, riguarda il limite dell'equilibrio di bilancio. Le impugnazioni civili non integrano – le due più importanti, le due note, – entrambi i livelli essenziali di assistenza giudiziaria. Se noi diciamo che l'appello è dispensabile costituzionalmente, stiamo dicendo che non integra un livello essenziale di assistenza giudiziaria. Il ricorso per Cassazione, invece, integra un livello essenziale di assistenza giudiziaria del cittadino.
  Da questo punto di vista mi sembra che la tecnica applicativa del principio di equilibrio di bilancio ricerchi continuamente i livelli essenziali di assistenza nel nostro campo giudiziario. Noi non possiamo continuare a trattare allo stesso modo appello e ricorso per Cassazione e immaginare una stabile generalità di entrambi, salvo poi filtrarli in maniera da suscitare malumori.
  La mia idea sarebbe, per quanto possibile, di cominciare a essere maggiormente selettivi e, se possibile, di esserlo anche su basi eventualmente dispositive. A me piace molto il modello del codice di procedura penale laddove al soggetto colpito dalla misura restrittiva, che avrebbe diritto di adire al tribunale della libertà, si concede la possibilità di andare in Cassazione se il vizio che intende denunciare è puramente di legittimità.
  Creare un meccanismo selettivo, finanche ancorato al principio dispositivo, potrebbe essere un principio di separazione di due rimedi. Se continuiamo a dire che essi non stanno costituzionalmente sullo stesso piano, dobbiamo da questa premessa lasciar derivare delle conseguenze necessarie. L'appello è un «di più» e il di più normalmente deve avere una sequela Pag. 8anche tributaria, a mio avviso, diversa da ciò che, invece, integra un livello essenziale di assistenza.
  Passando alla sottostima di potenzialità, secondo me, il disegno di legge delega sottostima tantissimo, tant’è che mette proprio in coda il tema dell'adeguamento al Processo civile telematico. È un tema formidabile. Le indicazioni eurounitarie sono tutte nel senso, per esempio, della standardizzazione degli atti. Gli studiosi del processo civile discutono di macrocategorie di processi fondate su complessità o non complessità.
  Immaginare che il Processo civile telematico possa, per esempio, affermare il principio della standardizzazione degli atti introduttivi e finali dei processi semplici con riempimento per campi di alcuni moduli preindividuati (modello regolamenti comunitari alla mano) mi sembra essere qualcosa di assolutamente doveroso, con possibili penalizzazioni di colui che volesse scegliere, invece, il regime libero e non standardizzato, assumendo una complessità dell'atto, penalizzazione che interverrebbe sul versante tributario. Da un certo punto di vista la sottostima delle potenzialità del Processo civile telematico, quindi, mi sembra molto grande.
  Aggiungo un paio di osservazioni sull'ordinamento giudiziario. Anche qui c’è una visione molto conservatrice, è inutile dirlo. Si parla di rivitalizzare le funzioni del pubblico ministero nel processo civile e si lascia sostanzialmente intatto il tribunale per i minorenni, pur introducendo la sezione specializzata per la famiglia, ma, in realtà, un nodo fondamentale non viene toccato, ed è un nodo, anche questo, non soltanto nostro: quello del carico di lavoro delle Corti d'appello.
  Già con la geografia giudiziaria sarebbe stato possibile probabilmente, osando un po’ di più, ridefinire i distretti, perché non c'era un vincolo in quel senso. A mio avviso – in questo mutuo un dibattito molto forte anche in Francia, dove alcune corti d'appello sono ritenute assolutamente esuberanti, proprio a causa dei limiti territoriali; come sapete, ci sono finanche quelle d'oltremare – bisogna occuparsi di ridefinire i distretti.
  Vi cito un dato che mi sembra emblematico. Ogni anno ci sono mediamente 432 (con riferimento agli ultimi cinque anni) impugnazioni per nullità di lodi arbitrali. Questa è materia sulla quale il disegno di legge delega interviene con una direttiva, assumendo che occorra razionalizzare questo giudizio. È un giudizio ultraspecialistico.
  Se vedete i dati del 2014, dove ci sono state in tutta Italia 414 impugnazioni, e ne osservate la distribuzione, notate che ci sono Corti d'appello in cui se ne fa una soltanto. È possibile immaginare che ci sia una distribuzione di questo tipo e che l'ultraspecializzazione richiesta al magistrato relatore della corte d'appello non sarà neanche probabilmente spendibile dallo stesso soggetto in quella sede un'altra volta ? È evidente che si tratta di uno spreco, cui va messo riparo sul versante organizzativo che nel disegno di legge delega insiste sempre sulla competenza di tipo orizzontale.
  La competenza orizzontale appartiene a una società in cui gli incontri erano di tipo fisico. Oggi il meccanismo di distribuzione degli affari è di altro tipo. Noi abbiamo già cominciato a concentrare gli affari su alcuni uffici. Il meccanismo inevitabilmente sarà quello di distribuire gli affari per uffici. Le impugnative dei licenziamenti si faranno da tutta Italia da qualche parte, le impugnazioni dei lodi arbitrali si faranno da tutta Italia da qualche altra parte, anziché pensare di avere uffici che fanno tutto dappertutto.
  Io ho visto che il 25 maggio il Sottosegretario Gozi ha annunciato che l'Italia aderisce al trattato sul brevetto unificato. Il brevetto unificato è la rinuncia italiana alla giurisdizione su tutto il settore del brevetto unificato. Noi non avremo neanche un giudice che si occuperà di questo, né di merito, né di legittimità. Questa è l'esasperazione della distribuzione non orizzontale della competenza, perché un blocco è addirittura completamente attratto a una giurisdizione che diventa Pag. 9aliena. Mi sembra che, dal punto di vista proprio ordinamentale, il disegno di legge possa osare un po’ di più.
  Dove osa, a mio avviso, lo fa troppo, perché introduce la figura dell'esperto non consulente tecnico, né assessore stabile della sezione specializzata, i cui costi sono a carico delle parti.
  Questo, in un Paese che abbonda di consulenti pagati dalle parti ma non scelti dalle parti, è, a mio avviso, un elemento eccessivo. Il tema della prevedibilità dei costi del processo passa anche attraverso il sapere quanto costerà un processo nel quale si ignora se si potrà o no avere l'intervento del consulente del giudice, che non è il consulente tecnico incaricato dell'istruttoria, ma è una sorta di assessore mobile chiamato alla bisogna.
  Esistono ordinamenti nei quali questo consulto avviene addirittura in private. Qui, invece, avverrebbe finanche in udienza pubblica, ma non lo si sa da principio e le parti subiranno i costi di questa scelta del giudice. Questo a me sembra non necessario.
  Provo a dire un paio di cose che riguardano punti specifici e poi mi taccio.
  Sulla sezione specializzata per l'impresa, c’è un'obiettiva disomogeneità che riguarda la materia dei contratti pubblici. Questo è dichiarato anche nella relazione. Segnalo, a questo proposito, che il Senato ha licenziato il 18 giugno il disegno di legge A.S. 1678 relativo alla delega per il recepimento di direttive appalti e concessioni (disegno di legge delega Codice degli appalti) che contiene una direttiva di delega esattamente contraria a quella che contiene il disegno di legge delega – chiamiamolo così – Berruti. Si insiste, nel caso del disegno di legge Berruti, al numero 1), della lettera e) del comma 2 dell'articolo 1, sul potenziamento dell'istituto dell'arbitrato. Invece, la lettera pp) del comma 1 dell'articolo 1 del citato disegno di legge costituito dall'A. S. 1678 contiene esattamente questa direttiva di delega per la « razionalizzazione dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto, limitando il ricorso alle procedure arbitrali...». Qui il coordinamento sarà assolutamente necessario.
  All'articolo 1, comma 1, lettera a), numero 3) del disegno di legge delega al vostro esame la locuzione «rafforzare la riserva di collegialità» si può interpretare, oltre che nell'estendere i casi di riserva di decisione collegiale, anche in un altro modo, a mio avviso, cioè quello di ampliare i casi in cui all'interno del grado di merito si abbia un controllo collegiale per particolari ordinanze.
  A mio avviso, l'idea di avere un primo grado forte passa attraverso l'idea di avere gli accertamenti di fatto, in maniera garantita adeguatamente può essere un modo intelligente di leggere questo rafforzamento della collegialità, che altrimenti in sede di decisione potrebbe trovare il tutto largamente pregiudicato dalle scelte istruttorie che sono state fatte monocraticamente.
  Dico questo anche perché, a mio avviso, c’è la possibilità di mettere un po’ al lavoro l'ufficio del processo. Probabilmente queste decisioni che non assumono la forma di sentenza sono quelle sulle quali questo lavoro dell'ufficio del processo può essere più intenso.
  Mi aggancio all'altro punto che volevo indicare, quello della proposta di conciliazione. In merito lascerò un documento al bisogno, elaborato da me e dal collega Cavallini della Bocconi, che si occupa sostanzialmente del tema di cui tratta la direttiva di delega al numero 1) della lettera a) del comma 2 dell'articolo 1, quando parla di «valorizzazione dell'istituto della proposta di conciliazione del giudice».
  A mio avviso, ci sono due blocchi, uno a regime e uno per lo smaltimento dell'arretrato. A regime sarebbe prudente, allo stato, soprassedere, a mio avviso, mentre potrebbe essere utilizzato in maniera cospicua, con l'aiuto dell'incipiente ufficio del giudice, il meccanismo della proposta conciliativa di quei processi che pendono e che hanno esaurito l'istruzione, che è il primum movens della proposta conciliativa – checché se ne legga nella relazione – e che non celebra l'udienza di Pag. 10precisazione delle conclusioni, la quale è destinata a distanza, secondo l'agenda possibile del giudice.
  È questo, secondo me, lo iato del processo pendente, in cui la proposta di conciliazione, aiutata nella sua elaborazione da questo incipiente ufficio del giudice, può provocare lo smaltimento dell'arretrato, che è il grande macigno del quasi liberarsi. In merito lascerò una proposta già scritta in termini di normativa di dettaglio e non di delega, che spero possa aiutare il dibattito, naturalmente, e non più di tanto.
  Voglio prendere in tutto esempio dal professor Montalenti e mi voglio fermare, anche se mi piacerebbe dire altre cose, sperando che ci siano delle domande. Grazie molte.

  PRESIDENTE. Grazie. Acquisiamo i documenti.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ALFREDO BAZOLI. Ovviamente, ringrazio delle audizioni molto interessanti. Non so se riusciremo a fare un lavoro ambizioso come quello che ci è stato suggerito, comprendente una rivisitazione così complessiva del ruolo delle impugnazioni e del primo grado, attraverso magari una maggiore riserva di collegialità, ma mi pare che gli spunti siano molto interessanti.
  Io volevo chiederle una cosa. Lei ha parlato, credo molto correttamente e giustamente, della necessità di capire cosa significhi il Processo civile telematico e di adeguare finalmente, in maniera coerente con il significato e lo spirito del Processo civile telematico, le norme che disciplinano il processo. Su questo c’è un'idea di fare una sorta di codice del Processo civile telematico che in qualche modo disciplini la questione.
  Altri, invece, ritengono che potrebbe essere utile che le norme sul Processo civile telematico fossero inserite direttamente nel codice di procedura civile. Questa potrebbe anche essere un'occasione per una razionalizzazione e un'armonizzazione del procedimento.
  Su questo punto io vorrei chiederle la sua opinione. Potrebbe essere questa l'occasione per una migliore armonizzazione e un migliore efficientamento del Processo civile telematico, magari attraverso l'inserimento puntuale delle norme che disciplinano il Processo civile telematico nel codice di procedura civile ? Questa è la prima domanda.
  La seconda domanda riguarda un aspetto che a me sta particolarmente a cuore. Spesso io insisto e intervengo su questo. Riguarda il tema del processo esecutivo. Io trovo che sul processo esecutivo ci sia scarsa attenzione. Invece, da professionista che misura sul campo le inefficienze, io vedo che il processo esecutivo è una delle grandi falle nel nostro sistema. I tempi sono infiniti. Aggredire i beni del debitore è un'operazione spericolata.
  In proposito, io mi chiedo se ci sia un miglioramento possibile che noi possiamo studiare per rendere più snello ed efficiente anche il processo esecutivo. Possono bastare le norme che abbiamo già introdotto pochi mesi fa, che, per esempio, assegnano all'ufficiale giudiziario la facoltà di accedere alle banche dati ? Può bastare questo ? Va armonizzato qualcosa di quella normativa che abbiamo introdotto o si può pensare, anche qui con un po’ di coraggio, di introdurre qualche principio o qualche disciplina un po’ più sostanziosi che ci aiutino a rendere anche questa fase del processo un po’ meno inefficiente ?

  SOFIA AMODDIO. Ringrazio il professor Montalenti e il professor Auletta. Se ho colto bene, il professor Auletta ritiene che la delega in merito al giudizio di Cassazione possa andare bene anche così. Ho capito bene, no ?

  PAOLO MONTALENTI, Professore di diritto commerciale presso l'Università degli studi di Torino. Sostanzialmente si.

  SOFIA AMODDIO. La mia preoccupazione, invece, è relativa al numero 3) della Pag. 11lettera c) del comma 2 dell'articolo 1 della delega, in materia di giudizio di Cassazione, laddove si legge «adozione di modelli sintetici di motivazione». Questo ricorso alla motivazione sintetica riguarda l'ultimo grado del processo ed è un po’ quello che si discute ultimamente in dottrina e in giurisprudenza come un motivo per accelerare e semplificare. Ritengo che – faccio questa domanda a entrambi – questo potrebbe diventare anche un pericolo. La troppa sinteticità, a mio avviso, nuoce, soprattutto perché siamo nell'ultima fase del giudizio e, quindi, è giusto che l'imputato – anche se in questo caso parliamo del processo civile – ha diritto a conoscere le ragioni della giurisdizione.
  L'altra mia titubanza è in merito al numero 1) della medesima lettera c), laddove si prescrive sicuramente l'udienza in camera di consiglio, che io ritengo molto utile, perché rappresenta uno snellimento e un alleggerimento del processo in Cassazione. La preferenza verso la camera di consiglio mi piace, ma, laddove si legge nella delega di prevedere in forma scritta sia l'intervento del procuratore generale – fin qui spesso ritroviamo la relazione del procuratore generale – ma la possibilità con il medesimo anche di interloquire parimenti per iscritto da parte dei difensori.
  Noi sappiamo che nella prassi giudiziaria raramente un difensore interloquisce con il procuratore generale. Vorrei conoscere il vostro parere in merito a queste diciture nella proposta di legge delega. Grazie.

  PRESIDENTE. Desidero porre anche io un rapido quesito. Forse non ho compreso io. Sicuramente ne avrete già parlato. In relazione all'impostazione della proposta del disegno di legge governativo – che è stata molto criticata dai colleghi processualisti, ma non solo – che riguarda il cosiddetto giudizio prognostico sull'esito della lite da parte del magistrato dopo una serie di scambi di memorie, è emerso da molti interventi che questa proposta, che un po’ si riconnette con la riforma del diritto processuale societario che invece è stato abrogato nella scorsa legislatura con la legge delega del 2009 proprio a causa della sua assoluta non buona riuscita, e quindi in realtà verrebbe sostanzialmente ripresentato.
  Si dice, non solo da parte dei professori, ma da parte un po’ di tutti, che occorre fare attenzione perché questo rischia addirittura di allungare i tempi e non risolve la problematica. Questo disegno di legge dovrebbe andare verso la razionalizzazione dei tempi della giustizia civile e, quindi, anche dell'organizzazione dei tempi e delle forme processuali. Su questo punto non so se c'era stata una considerazione. Forse non l'ho colta io.
  Un'altra questione che io mi pongo è sul giudizio prognostico che fa il giudice. A me questo sembra più idoneo a un giudizio a bocce ferme, quale un giudizio di Cassazione, che non a un giudizio di merito, cioè di primo grado, salvo che non si tratti di tracce dei temi da provare, di percorsi da provare. In questo caso, però, si tratta di una cosa diversa dal giudizio prognostico.
  Mi pare che questo fosse già applicato nell'attuale articolo 183. Il giudice potrebbe fornire la traccia. Purtroppo, però, il problema è sempre quello, ossia che il giudice non arriva preparato alla causa, perché non può farlo. Pertanto, la questione del ricorso a me sembra molto convincente, in realtà. Su questo giudizio prognostico, però, vorrei sapere la vostra opinione, altrimenti dovremmo trovare un'altra soluzione.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  PAOLO MONTALENTI, Professore di diritto commerciale presso l'Università degli studi di Torino. Intervengo solo sul tema della motivazione sintetica. Il problema qual è ? Il problema è che noi abbiamo due interessi da tutelare, da un lato l'interesse a una completezza di difesa e di argomentazione, che spesso può essere effettivamente complessa, dall'altro forse un certo costume, non del tutto condivisibile, di molti avvocati che eccedono.Pag. 12
  Segnalo una soluzione che è stata recentemente adottata da parte della Consob nel nuovo Regolamento sul procedimento sanzionatorio. Forse c’è qualche spunto anche nel processo amministrativo. Mi riferisco al fatto che, se l'atto difensivo supera una determinata dimensione, debbano essere obbligatoriamente redatti un sommario e un indice degli argomenti.
  Questo potrebbe essere un punto di equilibrio tra le due cose. Se si vuole correre il rischio di fare un'argomentazione eccessiva, si corre anche il rischio che il giudice legga soltanto l’executive summary. Mi sembrerebbe forse una soluzione da porre, in termini magari di legge delega.

  PRESIDENTE. Scusate se intervengo, ma si deve andare necessariamente verso una motivazione. Il sintetico spesso potrebbe essere interpretato come superficiale, ma in realtà non è così. È stato detto l'altro giorno, giustamente, che la motivazione sintetica è frutto di un lavoro e di un approfondimento ancora maggiore, perché la sintesi si ha quando uno l'argomento lo conosce, altrimenti si perde per rivoli.

  FERRUCCIO AULETTA, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Napoli «Federico II». Credo, presidente, che sia di Pascal la frase «Scusa per la lettera lunga. Non ho avuto il tempo di scrivertene una breve».

  PRESIDENTE. Forse si deve arrivare gradualmente a questa linea, altrimenti la mole degli atti resta eccessiva. Questo dipende sia dagli avvocati, sia dai magistrati. Forse occorre una rivoluzione culturale da fare piano piano. Rifletteremo anche su questa proposta.
  Prego, professor Auletta.

  FERRUCCIO AULETTA, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Napoli «Federico II». Provo a rispondere nell'ordine alle domande che mi sono state poste.
  Una era se sia opportuno che le norme sul processo civile telematico confluiscano nel codice di procedura civile e se vi siano indicazioni per l'esecuzione forzata tese a stimolare questa fase del processo. Io vorrei dire che noi siamo finora nella logica di adeguare il processo che abbiamo al mezzo telematico, ma che la tecnologia è in grado di scardinare i nostri basamenti dogmatici. Visto che parlo a persona che in materia di esecuzione forzata ha appena dichiarato esperienze, sia pure di inefficienza, faccio un esempio.
  La norma dell'articolo 492-bis introdotta dal decreto-legge n. 134 del 2014 sulla ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare, accennata anche dall'onorevole, è una norma nella quale – nessuno lo fa notare – per la prima volta il pignoramento di crediti avviene come pignoramento diretto di cosa mobile.
  Un meccanismo che da centinaia di anni noi facciamo in un determinato modo, perché stimiamo che il pignoramento del credito sia diverso dal pignoramento di questa bottiglia, dallo scorso gennaio lo facciamo come il pignoramento di questa bottiglia. Perché ? Perché il mezzo telematico ci ha sovvertito il basamento concettuale. La penhora online la fanno in Brasile da molti anni e l'hanno fatta senza introdurre la norma del codice. L'hanno fatta con una piattaforma telematica che collegava la Banca centrale del Brasile ai tribunali, poi rifluita nel codice di procedura civile brasiliano. Tra l'altro, ne hanno appena promulgato uno nuovo, che prevede una norma sulla penhora online.
  Non c’è dubbio che le norme sul Processo civile telematico debbano prendere il rango loro proprio, perché sono norme ormai capaci di sovvertire lo stesso impianto dogmatico. È evidente che, tolte le regole tecniche che non possono stare in una fonte primaria che ha la rigidità propria della fonte primaria, il Processo civile telematico non è solo un modo di scrivere il processo come l'abbiamo scritto finora, ma è anche un modo completamente diverso di ragionare ed è un prius dal quale ormai non si può decampare.
  All'esecuzione forzata mi sembra che la delega dedichi poca attenzione. Mi sembrerebbe Pag. 13adesso supponente da parte mia, come lettore del giornale di oggi in cui si annuncia per stasera un decreto-legge in materia di esecuzione forzata, fare proposte. Probabilmente, però, di proposte se ne possono fare tante.
  Quelle che girano sono proposte nelle quali ci sono una fuga dal processo di esecuzione forzata e un tentativo di «privatizzazione» nel senso di autotutela esecutiva. Ho visto circolare proposte che si ispirano al principio dell'autotutela esecutiva: io, creditore garantito per via reale, posso realizzare il mio credito attraverso l'acquisizione del bene un tempo costituente la mia garanzia al di fuori del processo esecutivo. Il nostro codice civile del 1942 limitava questo al pegno per il quale è prevista la vendita anticipata. Adesso sarebbe forse venuto il tempo, dati i 350 miliardi di crediti deteriorati, che il meccanismo fosse esteso al di fuori delle cose mobili.
  Quanto alla motivazione sintetica in Cassazione, io condivido quello schema, a motivo del fatto che in Cassazione bisogna distinguere due grandi funzioni. Finché c’è l'articolo 111, settimo comma, della Costituzione, e tutte le sentenze sono ricorribili per Cassazione, è indiscutibile che la Cassazione sia chiamata a fare due cose, ossia a fare la giurisprudenza e ad applicare la giurisprudenza.
  Per fare la giurisprudenza probabilmente la motivazione sintetica non basta. Per applicare la giurisprudenza la motivazione sintetica basta. Il numero di decisioni che si ispirano ad altre di natura omologabile a trattati è ormai enorme. A me non sembra il caso che siano riprodotte motivazioni che si ispirano a princìpi che le Sezioni unite, per esempio, hanno affermato in centinaia di pagine. Da questo punto di vista occorre riconoscere che l'articolo 111, settimo comma, della Costituzione, impone alla Cassazione di fare due cose, per la seconda delle quali, ossia applicare la giurisprudenza, non fare la giurisprudenza, la motivazione sintetica basta.
  Sull'interlocuzione per iscritto, io ho inteso quella norma in un modo diverso. Se c’è la camera di consiglio e non c’è più la relazione del giudice relatore, è evidente che il contraddittorio per iscritto debba avere un partner, altrimenti si va in camera di consiglio al buio: io non so, cioè, perché siamo finiti in camera di consiglio, se per manifesta fondatezza, per manifesta infondatezza, per inammissibilità. C’è una sorta di principio di eventualità che avvolge le parti.
  Se è possibile che, invece, vi sia uno stimolo che arrivi dalla requisitoria scritta del procuratore generale, questo è fondamentale per l'orientamento del dibattito. Io leggerei questo nel senso di avere la possibilità di replicare a una posizione neutra, terza, non espressa dal giudice relatore, ma dal procuratore generale.
  Infine, c’è la domanda postami dalla presidente. Io penso, presidente, che la proposta che si fonda sulla prognosi quando le prove non siano state ancora raccolte sia una forma di divinazione che, per un processo che nove volte su dieci è ispirato alla controversia sul fatto, non può avere serie chance di successo. Se vogliamo intendere altro, allora finiamo in quello che, con un'esemplificazione elegante, il giudice inglese, ritenuto il più rispettoso del contraddittorio, fa.
  Se vogliamo che il giudice si esponga, allora ciò è altro dalla proposta conciliativa. Questo è l'esempio che si fa per dire che il giudice inglese è molto rispettoso del contraddittorio. Se c’è qualcuno che reclama il risarcimento del danno per essere stato morso dal cane di un amico, il giudice inglese può orientare le parti dicendo loro che per lui l'onere della prova in tale processo si distribuisce nel seguente modo: presumendo che un cane sia un animale ordinariamente mansueto, ne scaturisce che è chi è stato morso che deve provare come mai un animale ordinariamente mansueto si sia avventato sulla vittima e le abbia procurato il danno.
  Questo non è fare una proposta conciliativa. È enunciare un criterio di giudizio, sperando di orientare anche la risoluzione in via autonoma delle parti. La proposta conciliativa sulla controversia in termini di fatto – io ho detto che le cose Pag. 14sono andate così, tu dici l'esatto contrario – cos’è ? Date metà di quello che viene preteso ? È evidente che una proposta di questo genere non avrà alcuna possibilità di successo.
  Io penso alla proposta conciliativa a istruzione esaurita, per riempire il vuoto per la destinazione della precisazione delle conclusioni, per la quale, secondo me, c’è già un'area ideale di sperimentazione: le liti pendenti, che vedono normalmente almeno 6-8 mesi, nella migliore delle ipotesi, tra la chiusura dell'istruzione e la precisazione delle conclusioni. In quel contesto, se c’è un incipiente ufficio del processo, più che del giudice, si può preparare una sana proposta conciliativa, secondo una tecnica che io spero possa essere, almeno in termini di dibattito, interessante leggere in quella proposta che con il collega Cavallini ho presentato agli atti della Commissione.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo molto di questi contributi, che ci hanno arricchito e hanno ampliato il nostro bagaglio di riflessione. Grazie.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.35.