XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Giovedì 18 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO C. 2953 , CONCERNENTE DELEGA AL GOVERNO RECANTE DISPOSIZIONI PER L'EFFICIENZA DEL PROCESSO CIVILE

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati, di rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati sezione Cassazione, di rappresentanti del Consiglio nazionale forense e dell'Associazione nazionale forense.
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 
Sabelli Rodolfo Maria , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati ... 2 
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
De Renzis Luisa , Componente del Comitato direttivo centrale dell'Associazione nazionale magistrati ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 4 
De Renzis Luisa , Componente del Comitato direttivo centrale dell'Associazione nazionale magistrati ... 4 
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 
De Renzis Luisa , Componente del Comitato direttivo centrale dell'Associazione nazionale magistrati ... 5 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Colletti Andrea (M5S)  ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Sabelli Rodolfo Maria , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Basilico Marcello , Giudice del tribunale di Genova ... 7 
Vazio Franco (PD)  ... 9 
Basilico Marcello , Giudice del tribunale di Genova ... 9 
Vazio Franco (PD)  ... 9 
Basilico Marcello , Giudice del tribunale di Genova ... 9 
Sabelli Rodolfo Maria , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Sabelli Rodolfo Maria , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Picchioni Giuseppe , Vicepresidente del Consiglio nazionale forense ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Pasqualin Andrea , Consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Pasqualin Andrea , Consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 14 
Romano Giulio , Presidente dell'Associazione nazionale magistrati sezione Cassazione ... 14 
Armano Uliana , Segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati sezione Cassazione ... 14 
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 
Armano Uliana , Segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati sezione Cassazione ... 16 
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 
Armano Uliana , Segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati sezione Cassazione ... 16 
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 
Armano Uliana , Segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati sezione Cassazione ... 16 
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 
Pansini Luigi , Avvocato in rappresentanza dell'Associazione nazionale forense ... 16 
Ferranti Donatella , Presidente ... 17 
Biagiotti Ilaria , Avvocato in rappresentanza dell'Associazione nazionale forense ... 17 
Ferranti Donatella , Presidente ... 20 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 20 
Colletti Andrea (M5S)  ... 21 
Ferranti Donatella , Presidente ... 21 
Colletti Andrea (M5S)  ... 21 
Ferranti Donatella , Presidente ... 21 
Colletti Andrea (M5S)  ... 21 
Ferranti Donatella , Presidente ... 22 
Picchioni Giuseppe , Vicepresidente del Consiglio nazionale forense ... 23 
Ferranti Donatella , Presidente ... 23 
Picchioni Giuseppe , Vicepresidente del Consiglio nazionale forense ... 23 
Ferranti Donatella , Presidente ... 23 
Pasqualin Andrea , Consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense ... 24 
Pansini Luigi , Avvocato in rappresentanza dell'Associazione nazionale forense ... 25 
De Renzis Luisa , Componente del Comitato direttivo centrale dell'Associazione nazionale magistrati ... 25 
Colletti Andrea (M5S)  ... 26 
Basilico Marcello , Giudice del Tribunale di Genova ... 27 
Ferranti Donatella , Presidente ... 28

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati, di rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati sezione Cassazione, di rappresentanti del Consiglio nazionale forense e dell'Associazione nazionale forense.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge del Governo C. 2953, concernente delega al Governo recante disposizioni per l'efficienza del processo civile, l'audizione di Rodolfo Maria Sabelli, presidente dell'Associazione nazionale magistrati, di Giulio Romano, presidente dell'Associazione nazionale magistrati sezione Cassazione, di Giuseppe Picchioni, Vicepresidente del Consiglio nazionale forense, e degli avvocati Luigi Pansini e Ilaria Biagiotti, in qualità di rappresentanti dell'Associazione nazionale forense.
  Mi scuso per lo spostamento di orario, ma purtroppo i lavori dell'Aula e alcuni voti ci hanno impedito di iniziare prima. Ringrazio chi è venuto oggi. Abbiamo con noi l'Associazione nazionale magistrati, con il Presidente Rodolfo Maria Sabelli, con Luisa De Renzis, componente del Comitato direttivo centrale, e con Marcello Basilico, giudice del tribunale di Genova, che hanno portato anche un documento scritto che acquisiamo.
  Abbiamo poi l'Associazione nazionale magistrati, sezione Cassazione, con il Presidente Giulio Romano e il segretario generale Uliana Armano.
  Infine, è presente il Consiglio nazionale forense, con Giuseppe Picchioni, vicepresidente, e Andrea Pasqualin, consigliere nazionale.
  L'Associazione nazionale forense è presente anche con Luigi Pansini e Ilaria Biagiotti.
  Inizierei dall'Associazione nazionale magistrati, a meno che non mi vengano rappresentate esigenze particolari. Do la parola al dottor Rodolfo Maria Sabelli.

  RODOLFO MARIA SABELLI, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. Grazie, presidente. Io mi limiterò veramente a una brevissima introduzione, perché poi la relazione tecnica la svolgeranno la collega Luisa De Renzis, che è la responsabile della Commissione studio in materia di diritto e processo civile, e il collega Marcello Basilico, della Commissione di studio in materia di processo del lavoro.
  Noi abbiamo depositato, in realtà, due documenti. Un documento consiste nel parere sul disegno di legge C. 2953. Il documento un po’ più corposo è il parere sul disegno di legge che contiene tutte le osservazioni sull'articolato.
  Si tratta di un disegno di legge complesso, che affronta molti aspetti, anche delicati. Fra l'altro, si affronta anche il tema della materia della famiglia e dei Pag. 3minori, tema complesso anche per la varietà di elaborazione che è stata fatta e di idee e di posizioni culturali.
  Noi abbiamo presentato anche un altro documento in materia di processo del lavoro, che nasce da una riflessione condotta dall'Associazione nazionale magistrati insieme all'Associazione giuslavoristi italiani. Su questo tema si intratterrà poi il collega Basilico.
  Io mi fermerei qui. Fin da ora chiedo scusa alla Commissione, ma purtroppo mi potrò trattenere al massimo venti o trenta minuti. Poi chiederò scusa e mi dovrò allontanare, perché avevo un altro impegno precedente.

  PRESIDENTE. La ringraziamo. Prima di sentire voi, se c’è un documento – fermo restando che oggi è qui presente uno dei relatori, l'onorevole Vazio, oltre ai colleghi naturalmente – se voi lo ritenete, vi proporrei di focalizzare soprattutto gli aspetti più critici, o comunque di proposta di miglioramento del testo.
  Do la parola alla dottoressa Luisa De Renzis.

  LUISA DE RENZIS, Componente del Comitato direttivo centrale dell'Associazione nazionale magistrati. Cercherò di essere sintetica al massimo. Naturalmente, l'Associazione nazionale magistrati ha effettuato un'analisi dettagliata del disegno di legge delega e ha espresso alcuni pareri – se così vogliamo dire – critici soltanto in relazione ad alcuni punti che riguardano essenzialmente il Tribunale della famiglia e dei diritti delle persone e il giudizio di primo grado.
  Vorrei premettere, per quanto concerne le sezioni specializzate in materia di impresa, che il disegno di legge delega appare coerente nel tentativo di proseguire quello che è stato il cammino del legislatore, ossia di giungere a un giudice altamente specializzato in materia di impresa, anche al fine di velocizzare e di facilitare la ripresa dell'economia in materie altamente specialistiche.
  Per quanto concerne la materia dei tribunali d'impresa, l'intento di attribuire nuove materie alle sezioni specializzate per l'impresa appare coerente, anche se non nascondiamo, per onestà intellettuale, che da più parti ci è pervenuta l'esigenza di segnalare che alcune delle materie creano notevoli problemi nell'ambito dell'organizzazione di queste sezioni. Faccio riferimento alla materia degli appalti. Attualmente sono di competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa gli appalti sovrasoglia di rilevanza comunitaria. Trasportare tutti gli appalti nelle sezioni dei tribunali d'impresa sarà una gravosa impresa. Occorrerebbe prevedere anche un'articolazione ben dettagliata di queste sezioni.
  Al momento occorre sottolineare che nei tribunali, soprattutto in quelli di grandi dimensioni, poco è cambiato rispetto a quanto accadeva in precedenza, perché le sezioni specializzate per l'impresa, almeno all'interno del tribunale di Roma, sono due. In qualche modo, quindi, è stata riprodotta una fotografia di quello che già esisteva ancor prima della riforma.
  Ben venga, quindi, un ampliamento delle materie di competenza del giudice specializzato, ma a questo dovrà necessariamente fare riferimento anche una ristrutturazione organica, che mi pare nel disegno di legge sia prevista. Sicuramente è prevista, ma è prevista con la clausola di invarianza finanziaria. Questo probabilmente potrebbe rappresentare qualche problema.
  Per il resto, per quanto riguarda la sezione specializzata in materia di impresa, mi riporto al parere tecnico che è stato depositato.
  Di maggiore impatto problematico è, invece, il Tribunale della famiglia e dei diritti delle persone. Naturalmente questo è un tema, come anticipava il presidente Sabelli, nel quale si scontrano diverse sensibilità, perché – ahimè – dinanzi al giudice italiano in materia di minori ci sono tre giudici che si occupano della materia, il Tribunale per i minorenni, il giudice tutelare e il Tribunale ordinario. La vera e propria riforma di sistema, non lo si può negare – questo è stato da più parti sostenuto – sarebbe quella di creare Pag. 4un Tribunale unico della famiglia e dei minori, con competenze da un punto di vista sia civile, sia penale. Ovviamente, ci rendiamo conto dell'impossibilità attuale di pervenire a questo, ma nulla è impossibile.

  PRESIDENTE. Ho fatto apposta questa premessa. Voi dovete pensare che il Parlamento è sovrano, nel senso che questo è un disegno di legge governativo che introduce un'impostazione. Lo dico per tutti. Questa è la prima audizione vera. Per il resto, abbiamo sentito il presidente della Commissione, il che era più un prendere atto di una linea.
  Non c’è niente di prestabilito o di fissato, fermo restando che, ovviamente, deve essere fatta la scelta migliore possibile, come si cerca di fare ogni volta. Se ci sono spunti costruttivi di miglioramento o di idee possibili, ben vengano. Saranno poi valutati.

  LUISA DE RENZIS, Componente del Comitato direttivo centrale dell'Associazione nazionale magistrati. Certo. Tornando al disegno di legge in materia di sezione specializzata per la famiglia, sicuramente noi abbiamo ritenuto che questa soluzione di per sé, per come è configurata attualmente nel disegno di legge, non si presenti fortemente innovativa. Se, per un verso, ha il pregio di determinare le competenze e, quindi, di ripartire meglio le competenze all'interno del Tribunale per i minorenni e del Tribunale ordinario, soprattutto chiarendo la portata dell'articolo 38 delle disposizioni di attuazione, per un altro verso riproduce un po’ quello che già attualmente esiste. All'interno dei tribunali esistono già delle sezioni specializzate in materia di famiglia e molte delle competenze del Tribunale per i minorenni sono già state erose.
  Per un verso, quindi, questo disegno di legge ha il pregio di razionalizzare e dare organicità a queste competenze. Tuttavia, forse viene meno quella portata innovativa che sarebbe potuta derivare laddove si fosse operata una scelta più radicale, ossia quella di creare un Tribunale unico della famiglia con competenze certamente specialistiche sotto il profilo sia penale, sia civile.
  È importante, però – consentitemi di fare questa notazione – aver previsto comunque l'attribuzione alla competenza del Tribunale per i minorenni dei procedimenti relativi ai minori stranieri non accompagnati e a quelli richiedenti protezione internazionale, disciplinandone il rito secondo modalità semplificate. Questo è un aspetto che attualmente è di grande rilevanza sociale.
  Lasciamo anche alla Commissione l'opportunità di valutare se questa norma, per trovare un'attuazione immediata, debba essere stralciata e, quindi, avere un percorso facilitato, proprio al fine di conferire una maggiore tutela in questi casi in cui si tratti di materia di immigrazione riguardante i minori.
  Questo è uno degli aspetti che volevamo sottolineare. Per quanto concerne la parte della delega che riguarda l'unificazione e la semplificazione dei riti, sempre in materia di Tribunale della famiglia, ci siamo permessi di osservare che sul punto la delega è molto generica, perché non è idonea a definire compiutamente i margini dell'intervento di dettaglio rimessi al Governo. Si parla di «disciplinare il rito di procedimenti attribuiti alle sezioni specializzate secondo criteri di semplificazione e di flessibilità» e, tuttavia, non si individua quale debba essere questo rito da applicare nei procedimenti solitamente camerali che si svolgono in materia.
  Sappiamo che attualmente è in corso un tavolo tecnico tra l'Associazione nazionale magistrati e i rappresentanti delle associazioni forensi per meglio definire questo aspetto, anche se bisogna considerare che le materie attribuite ai Tribunali ordinari, che verrebbero poi concentrate nell'ambito della sezione specializzata, già attualmente sono spesso sottoposte a riti diversi, per valide ragioni, trattandosi molto spesso di materie tra loro eterogenee: la crisi della famiglia da un lato, la materia da tutelare dall'altro e la protezione internazionale dall'altro ancora.Pag. 5
  Su questo punto, quindi, non si comprende come immaginare che un rito unico possa essere migliorativo della situazione attuale. È una riflessione che noi abbiamo fatto proprio in proposito.
  Direi di passare al giudizio di primo grado. Se poi ci saranno richieste di chiarimenti in materia di Tribunale della famiglia, potremo fornirli.

  PRESIDENTE. Sul Tribunale della famiglia abbiamo una seduta specifica lunedì prossimo. Meglio andare sul resto.

  LUISA DE RENZIS, Componente del Comitato direttivo centrale dell'Associazione nazionale magistrati. Benissimo. Per quanto riguarda il giudizio di primo grado, anche qui certamente si condividono gli intenti di valorizzazione dell'istituto della proposta di conciliazione del giudice anche in forma di valutazione prognostica sull'esito della lite. Tuttavia, dobbiamo dire che, invece, meno condivisibile può essere una revisione delle fasi di trattazione e di rimessione in decisione, nonché la rimodulazione dei termini processuali e del rapporto tra la trattazione scritta e la trattazione orale.
  Mi spiego meglio. Un'anticipazione rispetto alla prima udienza di comparizione e trattazione dei termini ex articolo 183 rischierebbe di porsi in contrasto con l'intero sistema procedurale, così come attualmente configurato, perché riprodurrebbe, per un verso, lo schema dell'abrogato rito societario, che – non si dimentichi – ha generato un caos incredibile nello scambio di queste comparse conclusionali, lasciandone la disponibilità certamente ai difensori, ma creando comunque creato una grande confusione prima di arrivare dinanzi al giudice.
  Questa sorta di anticipazione dei termini ex articolo 183 è probabile che, anziché accelerare il processo, lo rallenti ulteriormente. Inoltre, si porrebbe in contrasto, come dicevo poco fa, con le norme procedurali, perché il giudice nella prima udienza ha tutta una serie di incombenze che necessariamente deve effettuare. Queste incombenze sono preliminari, per esempio, alla verifica della regolarità del contraddittorio, alla verifica della correttezza delle notificazioni, a un'eventuale rinnovazione degli atti introduttivi, laddove ci fossero dei profili di nullità. Se si anticipassero i termini per lo scambio di memorie, si rischierebbe di far intraprendere agli avvocati un'attività difensiva a vuoto, che poi in prima udienza probabilmente dovrebbe essere sanata.
  Si dimentica anche che molto spesso il processo non è solo a due parti, ma può essere anche con più parti. Solitamente, quindi, l'intervento o la possibilità di chiamare un terzo in causa viene spiegata anche all'udienza di prima comparizione. Si esprime, pertanto, un giudizio critico proprio su questa anticipazione, che potrebbe essere un boomerang, proprio perché destinata a investire anche l'ordine logico-culturale di approccio al processo, da processo orale a processo scritto.
  Lo stesso si dica per quanto concerne l'anticipazione delle memorie conclusive rispetto all'udienza di precisazione delle conclusioni. Il che desta delle perplessità, perché l'udienza di precisazione delle conclusioni è proprio quella destinata alla precisazione. È vero, quindi, che non si possono formulare domande nuove, ma si può sempre chiedere una condanna per lite temeraria. Comunque gli avvocati proprio in quell'udienza precisano le conclusioni.
  Anticipare logicamente la precisazione delle conclusioni rispetto all'udienza deputata a questa incombenza ci appare forse una forzatura. Sarebbe allora meglio razionalizzare i termini e prevedere che alla stessa udienza di precisazione delle conclusioni vengano depositate delle memorie conclusive, ma non l'anticipazione sic et simpliciter.
  Per quanto riguarda, invece, l'immediata provvisoria efficacia di tutte le sentenze di primo grado, noi abbiamo reso un parere positivo, contrariamente all'orientamento predominante, che in materia vede molto rischiosa questa norma. In realtà, la riflessione che noi abbiamo condotto si basa proprio sull'attuale portata dell'articolo 282. Se è vero che la giurisprudenza Pag. 6ha attualmente ristretto l'operatività dell'articolo 282 alle sole sentenze di condanna, escludendo quindi le sentenze costitutive di accertamento, è pur vero che il legislatore attuale, quando ha voluto subordinare l'esecuzione di talune decisioni al passaggio in giudicato, l'ha detto espressamente.
  Si cita a titolo di mero esempio l'articolo 227 del codice di procedura civile in materia di esecuzione della sentenza che ha pronunciato sulla querela di falso, che non può avere luogo prima che sia passata in giudicato. Su questo punto ci pare, tutto sommato, di esprimere un parere favorevole, dal momento che poi il giudice di appello potrà, ovviamente, procedere alla sospensione della provvisoria esecuzione.
  Anche sull'appello il giudizio è sostanzialmente favorevole. Naturalmente, l'Associazione nazionale magistrati sul superamento della previsione di inammissibilità fondata sulla mancanza della ragionevole probabilità del suo accoglimento, cioè sul superamento del cosiddetto meccanismo di filtro, non può che esprimere parere favorevole, avendo già nei precedenti pareri reso delle notazioni critiche su questo meccanismo del filtro.
  Filtrare per il giudice non è più semplice che decidere, poiché il filtro esige comunque uno studio della controversia che costringe il giudice a studiarla ugualmente. Ci sembra, quindi, di maggiore garanzia prevedere un'eliminazione del filtro e razionalizzare il giudizio di appello come giudizio per il controllo sugli errori che possano avere riguardato il primo grado e, quindi, dare all'appello una connotazione di giudizio di controllo e non di un vero e proprio giudizio che replica sostanzialmente quello che si è svolto in primo grado. Anche su questo punto, dunque, siamo favorevoli.
  Sul giudizio di Cassazione mi limiterò a fare delle brevi notazioni, anche perché poi lascerò la parola ai colleghi della Cassazione. Anche in questo caso è favorevole il parere sul potenziamento del rito camerale che riguarderà i procedimenti soggetti al filtro – cioè l'articolo 380-bis – per i quali ad oggi si verifica un'attività preliminare consistente di esame volta a decidere i soli ricorsi che siano manifestamente fondati o infondati. Su questo si esprime un giudizio favorevole.
  Per quanto concerne gli altri criteri, sicuramente ci esprimiamo sul terzo criterio riguardante l'adozione dei modelli sintetici di motivazione delle decisioni. Questo criterio se, per un verso, rispecchia l'esigenza socialmente avvertita di rendere giustizia in tempi rapidi, per altro verso deve poi fare i conti con tutta una serie di situazioni di natura culturale e giuridica che impone al giudice di Cassazione di dare conto dell’iter motivazionale. Su questo mi rimetto a ciò che diranno i colleghi della Cassazione.
  Per quanto concerne il vizio di motivazione, si fa presente che di recente è stato modificato l'articolo 360 del codice di procedura civile. È deducibile in Cassazione esclusivamente l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Questo punto è stato interessato anche da una recente sentenza della Corte di cassazione a Sezioni unite del 7 aprile 2014, che ha anche chiarito quali sono i limiti di questo sindacato.
  Pertanto, il parere su questo intervento è favorevole, anche se ci si chiede – credo in coerenza con quanto diranno poi i colleghi – se sia necessario, a questo punto, introdurre un'ulteriore modifica quando, in realtà, la giurisprudenza si sta già assestando nell'andare a verificare e a far rientrare nel filtro quanto meno i casi di grave e insanabile contraddittorietà o di grave e insanabile insufficienza.
  Faccio un'ultima notazione sul processo esecutivo e sui procedimenti speciali. Il parere è sostanzialmente favorevole.
  Un'ultima notazione mi permetto di farla sul principio di sinteticità degli atti. È una notazione che, naturalmente, risente anche di una riflessione che non è solo giuridica, ma anche culturale. Sicuramente noi siamo d'accordo con l'introduzione del principio di sinteticità degli atti del giudice. Tuttavia innanzitutto non si comprende perché tale tema sia stato trattato con riferimento esclusivo ai soli Pag. 7procedimenti speciali, ossia con riferimento esclusivo al Libro quarto del Codice di procedura civile, e non invece con riferimento a tutti i procedimenti.
  Non va dimenticato poi che la scrittura per sintesi è sicuramente doverosa. Tuttavia, la scrittura per sintesi non è sinonimo di brevità, ma anzi esige un lavoro ancora più accurato da parte del giudice.
  Voglio spiegarmi meglio. Il principio di sinteticità degli atti certamente non significherà che il giudizio sarà più rapido, perché la sintesi richiede l'approfondimento. È molto difficile scrivere per sintesi. Nelle nostre università italiane, a differenza che nelle università straniere – dove nelle università forensi si svolgono addirittura delle prove di sintesi – noi siamo poco addestrati alla sintesi.
  Il principio di sinteticità non significherà né brevità, né superficialità, o meglio non dovrà significare né brevità, né superficialità, ma dovrà significare che nella motivazione non ci dovrà essere nulla di più e nulla di meno di ciò che è necessario. Dico questo per chiarire, perché molto spesso si pensa che sinteticità voglia dire motivazioni semplificate, abbozzate o quanto meno superficiali.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola all'onorevole Colletti che intende intervenire.

  ANDREA COLLETTI. Sul punto, dove si afferma l'introduzione del principio di sinteticità, in realtà ciò è scollegato ai procedimenti speciali, perché i procedimenti speciali sono alla lettera e), mentre il principio di sinteticità è alla lettera g). In realtà, ci si riferisce a tutti gli atti delle parti e a tutte le sentenze e ordinanze del magistrato. Lo dico solo per meglio precisare.

  PRESIDENTE. È, dunque, chiarito questo aspetto.

  RODOLFO MARIA SABELLI, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. Vorrebbe intervenire il dottor Basilico per qualche considerazione sul processo del lavoro.

  PRESIDENTE. Va bene. Considerato che oggi non abbiamo l'Aula, sarò più tollerante.
  Ho visto che è stata depositato un documento. È in relazione a modifiche o è qualcosa di aggiuntivo ? È qualcosa di aggiuntivo.

  MARCELLO BASILICO, Giudice del tribunale di Genova. Buongiorno a tutti. La proposta nasce da un lavoro fatto congiuntamente da avvocati e magistrati del lavoro l'anno scorso. Credo che sia stata la prima volta che magistrati e avvocati dell'intero Foro del lavoro – ossia i difensori sia dei datori di lavoro, sia dei lavoratori – hanno trovato questa sintonia spontanea e veloce per porre un rimedio a quello che per tutti noi è stato un vero e proprio grido di dolore introdotto, dalla legge n. 92 del 2012, cosiddetta «legge Fornero», in materia processuale. Mi riferisco al cosiddetto rito Fornero, come viene diffusamente definito, cioè al rito in materia di impugnazioni che è stato introdotto dalla legge n. 92 del 2012, all'articolo 1, commi da 47 a 68.
  Questo rito, che è un rito speciale di un rito già speciale qual è il rito del lavoro, era stato introdotto nella legge n. 92 del 2012 perché si era ritenuto che le cause dei licenziamenti dovessero avere una trattazione maggiormente accelerata. Tuttavia, la soluzione che è stata adottata, ad avviso di noi proponenti, è una soluzione che non ha colto nel segno. Basti soltanto pensare al fatto che il giudizio di primo grado in materia di licenziamento è stato scomposto in due fasi, in cui due giudici, o lo stesso giudice, devono esaminare due atti introduttivi e pronunciarsi per definire le due fasi autonomamente.
  In questo modo, in realtà, si è introdotto un procedimento ancora più lungo e più articolato del preesistente e tuttora vigente rito del lavoro, il quale rito del lavoro, tra l'altro, a giudizio degli operatori, è un rito che in realtà funziona, tant’è Pag. 8che tutt'oggi il rito del lavoro viene considerato un possibile modello di riferimento per il processo di cognizione ordinario. Quei princìpi di oralità, di concentrazione e di immediatezza, introdotti nel disegno di legge, leggendo anche la sua presentazione, sono gli stessi cui è improntato il rito del lavoro.
  Dunque, non si vede la ragione per cui nella materia dei licenziamenti si sia dovuto introdurre questo vero e proprio percorso a ostacoli, qual è oggi il cosiddetto rito Fornero. Scusate se uso questa espressione sintetica, ma lo faccio per rendere l'idea del processo a cui mi sto riferendo.
  Questo rito ha una serie di criticità che noi abbiamo elencato nel nostro documento. Ne cito solo alcune rapidamente. Innanzitutto c’è il fatto che, essendo un rito speciale, non si coordina e rende, quindi, impossibile la trattazione congiunta di cause in materia di lavoro introdotte da un lavoratore o da un'impresa per far valere diritti in materia di lavoro che non siano soltanto di licenziamento.
  Il caso emblematico può essere quello di un lavoratore licenziato che accusi il datore di lavoro di averlo licenziato per superamento del periodo massimo di malattia perché è stato il datore di lavoro a farlo ammalare. Ebbene, il giudizio di licenziamento che viene introdotto dal lavoratore per accertare la ragione del licenziamento non può trattare cumulativamente anche la causa risarcitoria per tale licenziamento.
  Abbiamo avuto recentemente a Genova, tra l'altro, il caso del licenziamento da parte di Costa Crociere del comandante Schettino. Questa causa di licenziamento è stata introdotta da Costa Crociere, che aveva licenziato il comandante. Perché si accertasse la legittimità del suo licenziamento abbiamo impiegato un anno e mezzo prima di sapere dalle Sezioni unite della Corte di cassazione se fosse legittima la causa fatta con il rito Fornero da parte del datore di lavoro. Il rito Fornero questo forse non lo ammette e tuttora è dubbio, nonostante i pronunciamenti delle Sezioni unite che sono intervenute su un caso molto specifico, che il datore di lavoro possa avvalersi del rito Fornero per far accertare la legittimità del licenziamento.
  In realtà, la nostra è una proposta, peraltro, articolata in sei articoli, di cui quattro mirati su questo specifico aspetto – sono quattro articoli molto chiari – di abolire il rito Fornero, tornando all'applicazione del rito del lavoro anche in materia di licenziamenti e mantenendo della legge Fornero soltanto quelle due disposizioni, che noi abbiamo riprodotto nell'articolo 2 e nell'articolo 3 della nostra ipotesi di articolato, di carattere organizzativo che riguardano la corsia preferenziale delle cause di licenziamento che deve essere garantita dal giudice con il controllo del presidente dell'ufficio.
  Questa nostra proposta, che ha tutta una serie di vantaggi che noi abbiamo elencato nel nostro articolato depositato, è una proposta che l'anno scorso poteva essere anche di provenienza esclusivamente degli operatori del diritto, ma che oggi, con il Jobs Act, è diventata una proposta che mi pare che la politica abbia fatto sua.
  Nel decreto legislativo n. 23 del 2015, infatti, è stato detto espressamente, come già diceva la legge delega, che le nuove cause di licenziamento non potranno essere trattate con il rito Fornero. Pertanto, qualora restasse in vigore il rito Fornero, noi ci troveremmo anche nell'evidente e a tutti incredibile situazione per cui uno stesso licenziamento di due lavoratori, uno assunto magari prima e uno dopo il Jobs Act, debba essere trattato con riti diversi. Oppure nei licenziamenti collettivi ci sarà la regola che lavoratori assunti prima e assunti dopo, ma licenziati insieme, potranno impugnare il licenziamento con riti diversi.
  È evidente, io credo, che questa contraddizione, che – ripeto – il legislatore già nel Jobs Act ha voluto rimuovere, avendo preso evidentemente coscienza dell'inapplicabilità, dell'inoperatività e dell'inefficienza di questo rito, non può, a nostro avviso, proseguire.
  Nella nostra proposta, che è una proposta non solo distruttiva, ma anche costruttiva, Pag. 9proprio in termini di semplificazione e di unificazione, così come vuole il disegno di legge, noi abbiamo fornito altre due indicazioni. La prima consiste nell'unificare tutte le cause di licenziamento di soci lavoratori di cooperativa su cui tutt'oggi regna una grandissima incertezza, con grande difficoltà anche per gli avvocati per capire come e davanti a chi impugnare i licenziamenti dei soci lavoratori di cooperativa. Sono in gioco, infatti, la competenza del giudice ordinario, in quanto il socio è un lavoratore di cooperativa e innanzitutto socio di una cooperativa, e del giudice del lavoro, in quanto il socio è un lavoratore.
  La seconda è un'indicazione su come gestire le cause di licenziamento discriminatorio, perché tuttora permangono nel nostro ordinamento anche altri due riti speciali per la discriminatorietà, uno previsto dalla legge n. 150 del 2001 e uno previsto dalla legge n. 198 del 2006. Noi sentiamo anche qui fortemente, insieme con gli avvocati, l'esigenza di fornire un'indicazione, e forniamo nell'articolo 5 questa nostra ipotesi su come introdurre le cause in materia di licenziamenti discriminatori.
  Noi pensiamo, dunque, che con questi sei articoli, ognuno di un comma solo e ognuno, io credo, estremamente lineare, si potrebbe dare un'uniformità alla materia dell'impugnazione dei licenziamenti.
  Aggiungo un'ultima chiosa. Noi ci siamo permessi anche di fornire un'indicazione, sempre in linea con il disegno di legge, laddove si parla di «ampliamento delle sfere di applicazione della norma sull’astreinte», l'articolo 614-bis, che è stato introdotto nel 2009. Escludendo l'applicabilità di questa norma, in cui il giudice può condannare il debitore che non voglia pagare a oneri economici aggiuntivi, abbiamo richiesto l'estensione di queste norme anche alle controversie di lavoro.
  Non esiste un commentatore della norma che abbia compreso la razionalità dell'esclusione delle controversie di lavoro da questa disposizione. Nelle controversie di lavoro, più che in altre controversie, vi sono ragioni di efficienza. Vi sono ragioni per evitare che il debitore, sia esso datore di lavoro o lavoratore, ponga in essere attività e atti volti a dilatare i tempi in cui adempie all'obbligazione creditoria.
  Noi crediamo che basterebbe eliminare la parte finale del primo comma dell'articolo 614-bis per ampliare la sfera di applicazione dell’astreinte, che è un istituto nuovissimo e accolto con unanime favore nel nostro ordinamento, anche alle controversie di lavoro.
  Grazie.

  FRANCO VAZIO. Sarebbero attratte anche le cause risarcitorie in questa proposta ?

  MARCELLO BASILICO, Giudice del tribunale di Genova. Chiedo scusa, onorevole. Si riferisce all'ultima ?

  FRANCO VAZIO. No, a quella dell'abolizione del rito Fornero. Verrebbero, quindi, attratte anche tutte le attività risarcitorie ?

  MARCELLO BASILICO, Giudice del tribunale di Genova. Si tornerebbe all'applicazione dell'articolo 40, terzo comma, del codice di procedura civile, per cui tutte le cause vengono trattate contestualmente dal giudice del lavoro, con un risparmio evidente di costi e di tempi.

  RODOLFO MARIA SABELLI, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. Presidente, può essere utile per la Commissione avere anche il file, cioè la versione informatica di questi documenti. Lo faccio avere al più presto, magari con qualche piccola correzione del documento depositato.

  PRESIDENTE. Senz'altro, così sarà messa a disposizione anche dei colleghi.

  RODOLFO MARIA SABELLI, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati. Io chiedo veramente scusa alla Commissione, ma purtroppo ho un altro impegno Pag. 10precedente e mi devo allontanare. I colleghi restano per eventuali domande dei componenti della Commissione.

  PRESIDENTE. Ora facciamo un po’ di alternanza. Sentiamo il Consiglio nazionale forense. Do la parola al Vicepresidente Giuseppe Picchioni.

  GIUSEPPE PICCHIONI, Vicepresidente del Consiglio nazionale forense. Presidente, io porto a tutti i saluti del Presidente Mascherin e mi limito a dire che la nostra Commissione del codice di procedura civile si è riunita oggi. Il nostro plenum delibererà giovedì e, quindi, l'avvocato Pasqualin, che è il coordinatore della nostra Commissione, esporrà i punti principali.

  PRESIDENTE. Do la parola all'avvocato Andrea Pasqualin, consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense.

  ANDREA PASQUALIN, Consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense. Grazie, presidente. Il documento che faremo avere alla Commissione conterrà anche delle proposte emendative del disegno di legge delega di cui ci stiamo occupando.
  Noi abbiamo valutato con estrema attenzione il lavoro della Commissione Berruti, di cui condividiamo totalmente gli intenti, anche se dissentiamo e abbiamo delle perplessità su alcune delle soluzioni adottate. Questo testo si può suddividere in tre parti. Ci sono una prima parte che riguarda l'organizzazione della giurisdizione (Tribunale delle imprese e Tribunale della famiglia), una seconda parte che riguarda le regole di esercizio della giurisdizione, che è quella più pregnante, che concerne i tre gradi, le esecuzioni e i procedimenti speciali e contiene anche l'appendice sull'arbitrato, e una terza parte che riguarda il tema della sinteticità degli atti e dell'adeguamento delle regole processuali al processo civile telematico.
  Parto subito da questa terza parte per sgomberare il campo da questi temi. È importante il riferimento al processo civile telematico. Questo potrebbe essere il contenitore per arrivare alla costruzione di quella sorta di testo unico che, come avvocatura, da molti mesi noi auspichiamo e sul quale stiamo lavorando con il Ministro, nell'obiettivo di semplificare e rendere massimamente efficiente il Processo civile telematico.
  Quanto al tema della sinteticità degli atti, condivido quanto la dottoressa De Renzis ha poco fa esposto. Questo è un tema sensibile, da trattare con molta attenzione. Come avvocatura, noi non vorremmo che anche nella giurisdizione civile trovasse cittadinanza la scelta che il legislatore ha fatto per il processo amministrativo. Il disegno di legge delega fa riferimento specifico alla misura quantitativa degli atti. Ripeto, questo è un argomento molto delicato, che ci vede assolutamente contrari, pur nella consapevolezza di una necessità...

  PRESIDENTE. Siete contrari a che cosa ?

  ANDREA PASQUALIN, Consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense. A una limitazione quantitativa degli atti normativamente disposta, che è quello che, ripeto, il legislatore ha fatto con il processo amministrativo non più tardi di un anno esatto fa, con ricadute in termini applicativi tutt'altro che agevoli, definite da poche settimane con un decreto del Presidente del Consiglio di Stato, come tutti sappiamo, che non sarà di agevolissima applicazione.
  Non ripeto le perplessità manifestate dalla dottoressa De Renzis, che condivido, per le stesse ragioni che lei ha indicato molto bene.
  Gli altri due temi sono quello dell'organizzazione del Tribunale delle imprese e del Tribunale della famiglia. Siamo assolutamente favorevoli a una spinta nel senso della specializzazione in materie – uso ancora una volta volutamente questo aggettivo – sensibili.
  Sul Tribunale delle imprese abbiamo una forte perplessità, in particolare sulla scelta di prevedere la nomina di esperti, sulla cui indipendenza, atteso il tipo di Pag. 11materie, è dato oggettivamente avere delle riserve.
  Noi riteniamo che la giurisdizione non abbia bisogno di questo tipo di contributo così strutturato. Esistono già i mezzi per avvalersi di conoscenze specifiche senza integrare nel collegio – ripeto – esperti la cui indipendenza potrebbe essere in dubbio in fattispecie che il Tribunale delle imprese si trova molto spesso a trattare.
  Quanto al tema della famiglia, l'auspicio che l'avvocatura istituzionale muove è quello di una scelta decisa verso il superamento del modello attuale. Estremizzando il problema, noi vedremmo come punto d'arrivo quello del superamento del Tribunale dei minori e della concentrazione delle competenze in materia in capo a sezioni specializzate del Tribunale ordinario, che potrebbero giovarsi delle competenze specialistiche e tecniche di cui si giova attualmente il Tribunale dei minori, anche se non necessariamente integrate nel collegio giudicante.
  Noi sottoponiamo a codesta Commissione questa riflessione, consapevoli del revirement che ha caratterizzato l'ultima versione del disegno di legge di cui ci stiamo occupando. Sappiamo tutti che la prima versione che era stata licenziata era diversa. Noi auspicheremmo un ritorno verso quell'impostazione.
  Segnaliamo, inoltre, l'opportunità di una grande attenzione al rito – anche di questo ha parlato correttamente la dottoressa De Renzis – nei procedimenti di famiglia, un argomento anch'esso molto delicato da costruire con attenzione, e al rispetto del contraddittorio, soprattutto quando i protagonisti di questo contraddittorio sono, a volte, soggetti deboli, che di conseguenza hanno bisogno di un presidio di tutela assolutamente garantito.
  Il terzo tema è quello delle regole della giurisdizione. Qui c’è una notazione di principio da fare. I princìpi e i criteri direttivi sono assolutamente evanescenti. Così come sono scritti lasciano sostanzialmente campo libero a una scrittura della normativa delegata troppo libera, tanto che, per riuscire a interpretare la volontà del redattore di questo testo, occorre fare ricorso all'amplissima relazione che espone alcuni dei possibili contenuti della normativa delegata.
  Sappiamo anche che è circolata – per bocca dello stesso Presidente Berruti del cui immane lavoro vogliamo dare atto – un'idea di quella che dovrebbe essere la struttura del nuovo processo di primo grado. In merito noi non abbiamo delle posizioni pregiudiziali, ma sottoponiamo a codesta Commissione una riflessione proprio di politica della giurisdizione, che io credo vada fatta.
  Occorre, cioè, interrogarsi, nel momento in cui si discute di una così profonda modifica dell'assetto del processo di primo grado, su una valutazione di proporzionalità tra costi e benefici. I benefici auspicati sono quelli di una prima udienza nella quale il giudice possa effettivamente governare la causa, indirizzandola possibilmente verso una definizione conciliativa. I costi sono quelli che conosciamo tutti per averli sperimentati in tanti anni di modifica di regole processuali: aporia del sistema, cause sul rito, che evidentemente disperdono energie che, invece, dovrebbero essere destinate a risolvere le controversie sui diritti e non sul rito. Di conseguenza, occorre fare una valutazione molto approfondita.
  Ripeto, noi non abbiamo contrarietà pregiudiziali a soluzioni anche di questo tipo, ma abbiamo delle fortissime perplessità che, in realtà, non siano idonee a conseguire il risultato che il Presidente Berruti con la sua Commissione si propone.
  Peraltro, non ci è sfuggito il passaggio contenuto nella relazione nel quale si dice che l'attuale non soddisfacente funzionamento del giudizio di primo grado sarebbe dato dall'accavallarsi della prima udienza seguita dalle tre memorie e seguita dalla seconda udienza.
  In realtà, questo è un modello che, in teoria, potrebbe funzionare in modo assolutamente efficiente. Ci si aspetta da questa riforma che il giudice sia in grado di arrivare alla prima udienza, esaurito il contraddittorio, con la possibilità di governare la causa. Questo può succedere già Pag. 12ora alla seconda udienza, una volta esaurita la definizione del thema decidendum e del thema probandum. Pertanto, nutriamo una forte perplessità sulla soluzione così come è stata prospettata.
  Per il resto, comunque, noi teniamo a fare presente a codesta Commissione che, in ogni caso, qualsiasi fosse la soluzione che si intendesse adottare sulla scansione dei tempi del giudizio di primo grado, occorrerebbe salvaguardare la cesura tra la definizione del thema decidendum e del thema probandum, evitando accavallamenti.
  Occorrerebbe creare comunque una passerella che consentisse l'accesso immediato al giudice per risolvere i problemi del primo comma dell'articolo 183, che non possono aspettare sei o dodici mesi, per risolvere i problemi concernenti le chiamate in giudizio, che anch'esse non possono evidentemente essere consentite – mi riferisco alla giurisprudenza della Cassazione, per il modo in cui la giurisprudenza della Cassazione le ha disciplinate – dopo un anno e, altresì, per le problematiche concernenti la provvisoria esecuzione. Mi riferisco, per esempio, al tema dell'opposizione al decreto ingiuntivo.
  Un altro passaggio strategico dell'impianto che si evince dalla lettura combinata di relazione e testo è quello relativo alla proposta di conciliazione. Pare di capire che alla prima udienza il giudice, re cognita, debba in ogni caso formulare una valutazione prognostica allo stato degli atti. Noi riteniamo che questa sia una scelta condivisibile fino a che viene contenuta nei limiti in cui il tipo di causa consenta una razionale valutazione prognostica.
  L'esperienza di chi fa cause (avvocati e magistrati) è nel senso che non tutte le cause consentono prima dell'istruttoria una razionale valutazione prognostica. Pertanto, noi faremo avere a codesta Commissione una proposta emendativa nel senso di prevedere, ove possibile, in sintesi, la formulazione di questa proposta conciliativa sulla base di una valutazione prognostica allo stato degli atti.
  Infine, sul primo grado, c’è un tema già trattato dalla dottoressa De Renzis, il tema dell'efficacia provvisoria. L'esecutività è cittadina ormai nel codice di procedura civile da quindici anni. Si parla ora di immediata efficacia provvisoria.
  In merito ci sono grosse perplessità, perché consentire l'esecuzione di sentenze costitutive può provocare degli effetti oggettivamente non reversibili, anche nel caso in cui poi in appello dovesse esserci l'inibitoria. Una cosa è dare esecuzione a una condanna al pagamento di somme di per sé naturalmente reversibile, un'altra è consentire che effetti di natura costitutiva possano prodursi prima del giudicato.
  Questo è un altro tema molto delicato, che peraltro si raccorda con tutta la filosofia dell'impianto del processo di cognizione, anche con la sua modulazione nel grado d'appello, sulla quale ora rapidamente mi intrattengo.
  Per quanto riguarda l'appello, nella relazione troviamo ancora un passaggio che ci preoccupa molto. È quello che declina la tipizzazione dei motivi d'appello, scelta in sé assolutamente condivisibile, affiancando alla violazione di legge l'errore manifesto di valutazione dei fatti.
  Questo significa che la valutazione piena del fatto resterebbe confinata al primo grado, posto che una restrizione dell'impugnazione sul fatto di questo tipo, accompagnata poi con la sostanziale espunzione del numero 5 del primo comma dell'articolo 360 del codice di procedura civile, renderebbe irreversibile l'accertamento del fatto compiuto in primo grado.
  Noi abbiamo motivo di ritenere che la scelta del legislatore delegato potrà non essere questa, ma terremmo a chiarire, e faremo anche questo in termini di proposta emendativa, che in ogni caso la tipizzazione non deve essere intesa come restrizione del catalogo dei motivi di impugnazione, bensì come codificazione degli stessi, così da consentire un montaggio più razionale dell'impugnazione e una gestione più efficiente e razionale dell'impugnazione da parte del giudice.Pag. 13
  Infine, sul giudizio di appello, naturalmente noi prendiamo con favore l'eliminazione dell'articolo 48-bis, del quale, peraltro, è fatta un'applicazione nella prassi molto modesta. Ove fatta in modo sistematico, però, rivela tutta la sua – consentitemi il termine – pericolosità. Pertanto, noi prendiamo certamente in modo positivo la proposta di eliminazione dell'articolo 348-bis.
  Per concludere sull'appello, vorrei sensibilizzare codesta Commissione su un aspetto ulteriormente delicato, leggendo anche questo – come si suol dire – in combinato disposto tra relazione e dettato normativo. Si tratta di quel criterio e principio direttivo che evoca il rafforzamento del divieto di nuove allegazioni nel giudizio di appello anche attraverso l'introduzione di limiti alle deduzioni difensive.
  Noi non vorremmo che questo criterio direttivo venisse letto nel senso della cristallizzazione totale del tema rispetto al giudizio di primo grado. Questo, oltre a essere irragionevole, va contro la giurisprudenza che si sta consolidando delle Sezioni unite.
  Ricordo la sentenza estensore D'Ascola del 2013 in materia di accettazione beneficiata dell'eredità, se non ricordo male, e anche la recentissima sentenza delle Sezioni Unite di lunedì scorso, la n. 12310, che è intervenuta con indicazioni chiarissime in materia di mutazione della domanda ex articolo 183 del codice di procedura civile. Si discuteva di un'azione promossa ex articolo 2932 del codice civile e la Corte di cassazione ha legittimato la modificazione della domanda in accertamento dell'autenticità delle sottoscrizioni in calce al preliminare improprio, fornendo delle indicazioni di sistema importanti sulla possibilità, signori parlamentari, immutati i fatti di causa, di rendere rilevanti altri profili di diritto o eccezioni rilevabili d'ufficio.
  Noi non vorremmo che questo criterio aprisse la strada a una restrizione tanto irragionevole, che andrebbe oltretutto a detrimento di un efficiente esercizio della giurisdizione e della moltiplicazione dei contenziosi. Di conseguenza, sottolineiamo questo aspetto.
  Concludo con la Cassazione, con due sole considerazioni, presidente. La prima riguarda ancora il prospettato ritorno del numero 5 del primo comma dell'articolo 360 del codice di procedura civile. La dottoressa De Renzis ha ricordato prima la lettura tranchant che la Suprema Corte a Sezioni unite ha dato nell'aprile del 2014 sul nuovo articolo 360, con riferimento all'ambito tributario, nel quale nasceva la controversia, al fine di perimetrare la portata del nuovo numero 5.
  Siamo di fronte a una sostanziale uscita della valutazione del fatto dal giudizio di legittimità, se non in termini di numero 4, chiaramente, ossia di violazione del processo nei casi più radicali in cui la motivazione erronea si riverberasse in termini di violazione dei diritti al processo.
  Noi riteniamo che riconquistare il numero 5 dell'articolo 360 renda armonia al sistema e soprattutto consenta un maggiore equilibrio tra i vari momenti e tra le varie scansioni di primo e di secondo grado delle legittimità.
  Infine – ed è veramente l'ultima notazione – c’è l'articolo 380-bis. L'esperienza di chi pratica la Cassazione, è nel senso che la sesta sezione tiene udienza con anche 60-70-80-100 procedimenti e che le presenze dei difensori a questo tipo di udienze camerali sono in percentuale molto contenuta e soprattutto che le trattazioni sono molto agili.
  L'idea è quella di cameralizzare il procedimento sulla falsariga del penale, espungendo il contraddittorio d'udienza e limitando, o meglio convertendo, il contraddittorio preliminare in una sorta di botta e risposta tra il pubblico ministero e la difesa, a dispetto di quanto avviene ora, con un meccanismo che noi troviamo assolutamente condivisibile, che è la relazione del consigliere relatore oggetto di discussione in sede camerale.
  Noi crediamo che cameralizzare espungendo il contraddittorio tra il relatore, che rende molto più civile la discussione, facendo conoscere prima il suo pensiero, e Pag. 14le parti e il breve e occasionale dibattito d'udienza sia un errore e che sacrifichi un assetto del giudizio di Cassazione che è sicuramente condivisibile.
  Ha bisogno di ben altro la Cassazione, lo sappiamo. Noi condividiamo le preoccupazioni del presidente Santacroce sulla grande difficoltà in cui si troverà la Cassazione. Non crediamo che sia questo il sistema. Non riteniamo che un arretramento sul piano delle garanzie del contraddittorio possa, ancora una volta in termini di valutazione e di proporzionalità tra costi e benefici, essere condivisibile.
  Ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie molte.
  Do ora la parola all'Associazione nazionale magistrati sezione Cassazione, per la parte specifica che si aggancia all'ultima porzione proprio dell'intervento dell'avvocato Pasqualin.
  Sono presenti il Presidente Giulio Romano e Uliana Armano.
  Do la parola al Presidente Romano.

  GIULIO ROMANO, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati sezione Cassazione. Presidente, buongiorno. La Giunta si riserva di far avere nel giro di pochissimi giorni un documento scritto. Intanto lascio la parola alla collega Armano, che è la coordinatrice del gruppo dei civilisti che compongono la Giunta.

  ULIANA ARMANO, Segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati sezione Cassazione. Grazie, presidente. Faccio una piccola considerazione iniziale perché non posso farne a meno.
  La crisi del giudizio di legittimità, secondo la Giunta e secondo gli operatori del diritto in Cassazione, si sostanzia nel gran numero di ricorsi che arrivano alla Corte suprema, circa 80.000 l'anno, con un trend in aumento. Di questo dato dobbiamo tenere conto nell'esaminare le varie ipotesi di riforma che ci sono state proposte.
  Inoltre, noi proponiamo una meditata rivalutazione su eventuali interventi sull'articolo 111 della Costituzione. È chiaro che toccare la Costituzione è delicato, ma tutto arriva in Cassazione. Qualunque sentenza, qualunque valore, qualunque oggetto, qualunque interesse arriva in Cassazione.
  Detto questo, passo all'articolato.
  Sul numero 1 noi esprimiamo parere ampiamente favorevole. Il 380-bis è un rito riservato alle cause più semplici, o almeno che appaiono più semplici, nel senso che appaiono o manifestamente fondate o manifestamente infondate. Già valutare questo dato non è un dato neutro, perché il giudice legge tutto il ricorso, legge tutta la difesa, legge tutti gli interventi. Nulla è manifestamente fondato o infondato. C’è un grande lavoro. Tenete conto che arrivano annualmente 30.000 processi e che vengono visionati tutti.
  Questo rito ha un'anomalia, perché è più garantista e permette una difesa più articolata e più importante rispetto alle cause che vanno alla pubblica udienza. Il relatore svolge, infatti, questa relazione, che viene comunicata alle parti. Chiaramente è un anticipo di decisione che nel 90 per cento dei casi vieni recepito dal Collegio.
  A questo punto ci sono delle difese scritte e poi c’è la difesa in udienza camerale, cioè la difesa orale. Poi il relatore in Camera di consiglio, se viene confermata la sua proposta di decisione, deve stendere un'ordinanza in cui tiene conto di tutte le osservazioni, come se si trattasse di un'impugnazione sulla decisione.
  Queste dovrebbero essere cause più semplici, che si possono definire in maniera più rapida o quantomeno in maniera uguale a quelle importanti che vanno alla pubblica udienza. Così non è.
  Noi esprimiamo, quindi, parere ampiamente favorevole su questa modifica, ma evidenziamo che sarebbe opportuno prevedere anche un provvedimento decisorio più sintetico. Come al solito e come ha giustamente detto la collega, sintetico non significa non motivato, non meditato, insufficiente. Si tratta di dare la possibilità al giudice, anche normativamente aiutato, a esprimere un pensiero più veloce e più Pag. 15sintetico, in modo che questo procedimento camerale dell'articolo 380-bis si allinei a quello del penale, che ha dato ottimi effetti e ha consentito alla Corte penale di Cassazione di smaltire veramente un numero elevato di procedimenti realmente infondati, quali i ricorsi senza motivi. Faccio l'esempio di un detenuto che mandi il ricorso senza motivo. Tante cose infondate o semplici possono essere eliminate.
  Per quanto riguarda il numero 2, vengono previsti interventi per favorire la funzione di nomofilachia. Su questo scopo siamo d'accordissimo, perché il magistrato di Cassazione chiede proprio di ritornare a esercitare la sua funzione più importante di nomofilachia, di cui si conosce l'incidenza, come è stato detto, per esempio, nel processo del lavoro. Se la decisione della Cassazione arriva velocemente, vicino all'accadimento dei fatti, ci sono vantaggi enormi anche a fini deflattivi. Non mi dilungo su questo punto, che è noto a tutti.
  In realtà, nell'articolato viene previsto un solo intervento, cioè la formazione dei ruoli di udienza. La Corte cerca già di formare i ruoli di udienza contemperando il principio dell'anzianità delle cause, di cui deve tenere conto per la legge n. 89 del 2001, cosiddetta «Legge Pinto», dell'importanza e di una serie di altri criteri.
  Se questa norma, in cui si parla di «interventi per favorire la nomofilachia attraverso la realizzazione dei ruoli di udienza» si intende integrata dalle ulteriori proposte contenute a pagina 23 della relazione, in cui si legge di un «intervento diretto a imporre che la formazione dei ruoli di udienza sia effettuata non tanto in considerazione dell'anzianità, ma della rilevanza economica, sociale e comunque nomofilattica, per evitare che si consolidino correnti giurisprudenziali inutilmente costose», se tutto questo integra il disposto di cui all'articolo 2, noi esprimiamo un parere ampiamente favorevole. Mettiamo, però, in evidenza che tutto ciò deve necessariamente prevedere dei criteri di contemperamento con la legge Pinto, perché, se abbandoniamo l'anzianità, qualcosa si deve fare anche sulla legge Pinto.
  Ci sono altri interventi a pagina 22 che non vengono riportati espressamente nell'articolato e che sembrano avviarsi verso il favorimento dello scopo del migliore esercizio della nomofilachia. Fra questi figurano la riduzione del numero dei consiglieri, la revisione dei meccanismi di selezione, la valorizzazione del ruolo di presidente e la creazione dell'ufficio del giudice.
  Questi interventi non sono neutri e non sono uguali. Con riferimento alla riduzione del numero dei consiglieri a numero invariato di ricorsi e a numero invariato di sopravvenienze, noi dobbiamo dire che a stento la Corte riesce a smaltire quello che arriva e non intacca l'arretrato. Evidentemente la relazione riferisce questo numero di riduzione dei consiglieri a ciò che è previsto inizialmente di una Suprema Corte formata dalle tre giurisdizioni amministrative. Non so come si possa ridurre il numero dei consiglieri. Su questo punto noi siamo proprio negativi. Gli altri princìpi espressi sono, invece, di più facile realizzazione e su questi noi siamo ampiamente favorevoli.
  Al numero 3 viene prevista, come per il processo di esecuzione, una normativa su modelli sintetici, ancora qui, di motivazione. È chiaro che ci vuole una rivoluzione culturale che accompagni l'introduzione di questa norma, e non è la cultura né troppo del giudice, né troppo dell'avvocato. Esprimiamo, quindi, un parere favorevole, su cui ci dobbiamo impegnare noi operatori del diritto, giudici e avvocati, a cambiare la visione del processo, che non è fatta di numeri e numeri di pagine o comunque di sentenze che sistemano i più alti princìpi del diritto, ma di una certa razionalizzazione e di una decisione più agile.
  Sul numero 4 esprimiamo parere favorevole. L'abbiamo già espresso in un documento del luglio 2013. È utile che sia previsto che il giudice del massimario partecipi al collegio, faccia qualche udienza e rediga qualche sentenza.Pag. 16
  Ci sono poi alcune considerazioni che non trovano, in realtà – almeno così ci sembra – un esplicito riscontro nell'articolato normativo. Sono considerazioni contenute nella relazione, fra cui il 360, numero 5, ossia la necessità di disciplinare il contemporaneo richiamo di più motivi di ricorso che denunciano lo stesso vizio, la precisione della disciplina...

  PRESIDENTE. Lei a cosa sta facendo riferimento nella delega ?

  ULIANA ARMANO, Segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati sezione Cassazione. Alle pagine 22 e 23.

  PRESIDENTE. Della relazione ?

  ULIANA ARMANO, Segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati sezione Cassazione. Alla relazione. L'articolo 360, primo comma, numero 5, del codice di procedura civile, che è molto sensibile, in realtà mi sembra che non venga ripreso dall'articolato e che rimanga nella parte di relazione alle pagine 22 e 23. Viene lasciata ampia delega al legislatore di operare in questo senso.

  PRESIDENTE. Bisogna fare una precisazione: per noi la relazione non è l'articolato. Se ci sono dei punti della relazione che sono utili, segnalateceli. Per noi l'articolato è il documento centrale, l'altro è la nota da accompagno.

  ULIANA ARMANO, Segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati sezione Cassazione. Alle pagine 22 e 23 sono previsti alcuni interventi, fra cui il più sensibile, su cui secondo me c’è una divergenza di opinioni, è sull'articolo 360, primo comma, numero 5. Si aggiungono problemi sull'autosufficienza del ricorso e sull'integrazione della disciplina della produzione documentale. Molti di questi motivi sono motivi la giurisprudenza di legittimità li sta risolvendo. Non mi sembra che sia necessaria una norma.
  Teniamo conto, come giustamente è stato evidenziato dalla relazione, che il processo di Cassazione ha subìto tre interventi, nel 2006, nel 2009 e nel 2012. Noi chiediamo l'articolo 360, primo comma, numero 5, già operato alle Sezioni unite, ampliando quella che, in realtà, secondo me, era la previsione normativa. Gli altri problemi sono facilmente risolvibili in sede di sedimentazione di giurisprudenza di legittimità.
  Pertanto, noi esprimiamo un parere negativo sulle modifiche dell'articolo 360 e su tutti gli altri interventi alle pagine 22 e 23 della relazione, evidenziando che, in realtà, nell'articolato normativo nessuno di questi è stato ripreso.

  PRESIDENTE. Chiudiamo con l'Associazione nazionale forense. Do la parola all'avvocato Luigi Pansini.

  LUIGI PANSINI, Avvocato in rappresentanza dell'Associazione nazionale forense. Buonasera, presidente. Porto i saluti dell'Associazione nazionale forense, ringraziando la Commissione per aver consentito all'associazione di partecipare a questa indagine conoscitiva. Il mio intervento sarà sintetico. Preannuncio che dovrebbe essere già arrivata a questa Commissione una nota con brevi considerazioni riflessive. Lascerò l'aspetto tecnico all'avvocato Ilaria Biagiotti e svolgerò soltanto alcune notazioni preliminari.
  La prima è quella già evidenziata dal Consiglio nazionale forense circa il processo telematico. Ormai per qualunque intervento, sia minimo, sia a titolo di riforma, noi riteniamo che si debba tenere necessariamente presente l'evoluzione del processo telematico, della sua affermazione e del regime verso il quale il processo telematico va. Pertanto, ci permettiamo di evidenziare che il disegno di legge delega, sebbene lo preveda, sotto questo aspetto presenta alcuni limiti.
  Inoltre, sempre sotto il profilo preliminare, l'Associazione nazionale forense propone che la legge delega sia integrata con un ulteriore principio e criterio direttivo, ossia la revisione della Sezione IV del codice di procedura civile (dei procedimenti di istruzione preventiva), consentendone, Pag. 17nel rispetto del principio del contraddittorio, l'espletamento a cura e spese della parte che ne abbia interesse, al fine di acquisire informazioni testimoniali sui fatti, nonché di svolgere accertamenti tecnici sia sull’an, sia sul quantum, in funzione della proposizione di un successivo giudizio.
  Questo, ovviamente, impregiudicata ogni questione relativa alla loro ammissibilità e rilevanza e alla loro eventuale rinnovazione nel giudizio per ordine del giudice e prevedendo, altresì, la possibilità che il procedimento di acquisizione delle informazioni testimoniali e di svolgimento degli accertamenti tecnici avvenga sotto la direzione e il controllo di avvocato designato dal Consiglio dell'ordine del circondario del tribunale competente per il giudizio di merito.
  Questo criterio, ad avviso dell'associazione, sarebbe utile per due ordini di motivi. Innanzitutto consentirebbe alle parti di acquisire in fase pregiudiziale tutti gli elementi di fatto e valutativi sui quali fondare un'eventuale trattativa di negoziazione assistita nella prospettiva di una definizione extragiudiziale della controversia.
  In secondo luogo, responsabilizzerebbe le parti dell'eventuale giudizio nella fase di formazione del thema probandum, con la valorizzazione del principio di specifica contestazione dei fatti diversamente dedotti di cui all'articolo 115, comma 1, del codice di procedura civile.
  Infine, renderebbe concretamente possibile da parte del giudice la formulazione della valutazione prognostica di cui all'articolo 1, comma 2, lettera a), numero 1, del testo di legge delega.
  Ancora, sempre come annotazione preliminare per quanto riguarda la successiva attuazione, condividendo e anche facendo propria l'osservazione del Consiglio nazionale forense, si ritiene che la delega al Governo indichi anche le modalità per la formazione dei decreti attuativi. In tale prospettiva, noi riteniamo necessaria la costituzione presso il Ministero della giustizia di autonome Commissioni ministeriali, delle quali siano chiamate a far parte anche le rappresentanze associative dell'avvocatura, al fine di predisporre separati decreti legislativi sui capitoli di delega relativi al Tribunale delle imprese, al Tribunale della famiglia e dei diritti delle persone, al processo civile di primo grado, di appello e di Cassazione, all'esecuzione forzata e ai procedimenti speciali.
  Io lascerei alla collega Ilaria Biagiotti le osservazioni dell'associazione sui punti del disegno di legge delega.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola all'avvocato Ilaria Biagiotti.

  ILARIA BIAGIOTTI, Avvocato in rappresentanza dell'Associazione nazionale forense. Grazie, presidente. Per quanto riguarda il contenuto del disegno di legge delega, innanzitutto per la disciplina del Tribunale delle imprese l'associazione condivide l'impostazione data dal disegno di legge. In particolar modo, condividiamo anche quanto detto al riguardo dalla dottoressa De Renzis. Ben venga, effettivamente, un ampliamento della competenza del Tribunale delle imprese.
  A questo ampliamento deve, evidentemente, seguire una ristrutturazione organica. Noi, sinceramente, abbiamo dei dubbi, come ha detto la dottoressa De Renzis, su come possa convivere questa organizzazione con la clausola di invarianza finanziaria.
  Per quanto riguarda, invece, il Tribunale della famiglia e dei diritti delle persone, l'associazione esprime una decisa e ferma contrarietà alla proposta così come è stata formulata nel disegno di legge, considerato che, peraltro, essa è in aperta contraddizione con quanto contenuto nella relazione introduttiva.
  Si propone, pertanto, un nuovo testo, sostitutivo di quello contenuto nel disegno di legge. La proposta che andiamo a formulare riprende quanto era contenuto nel testo originariamente predisposto dalla Commissione Berruti, che era stato fatto proprio dal Consiglio dei ministri a fine agosto del 2014, se non sbaglio.
  Il nuovo testo, quanto al Tribunale della famiglia e dei diritti delle persone Pag. 18propone di istituire presso tutte le sedi di tribunale le sezioni specializzate per la famiglia e la persona e di attribuire alla competenza di tali sezioni specializzate tutte le controversie attualmente di competenza del Tribunale per i minorenni in materia civile di cui all'articolo 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile; le controversie attualmente devolute al Tribunale civile ordinario in materia di stato e capacità della persona e rapporti di famiglie e di minori, ivi compresi i giudizi di separazione e di divorzio; i procedimenti di competenza del giudice tutelare in materia di minori e di incapaci; le controversie relative al riconoscimento dello status di rifugiato e alla protezione internazionale disciplinate dal decreto legislativo n. 25 del 2008 e successive modificazioni, nonché dal decreto n. 150 del 2011.
  Il testo propone, inoltre, di concentrare presso le sezioni specializzate aventi sede nel capoluogo di distretto di Corte d'appello, in aggiunta alle competenze cui precedentemente accennato, i procedimenti relativi alle adozioni, i procedimenti relativi ai minori stranieri non accompagnati e ai richiedenti protezione internazionale, i procedimenti relativi alla rettificazione di attribuzione di sesso e ai diritti della personalità, ivi compreso il diritto al nome, all'immagine, alla reputazione, all'identità personale, alla riservatezza e tutte le questioni afferenti l'inizio e il fine vita.
  Propone, inoltre, di individuare le materie riservate alla competenza collegiale, di assicurare alla sezione l'ausilio dei servizi sociali e di tecnici specializzati nelle materie di competenza; di prevedere che le attribuzioni conferite dalla legge al pubblico ministero nelle materie di competenza delle sezioni specializzate siano esercitate da magistrati assegnati all'Ufficio specializzato per la famiglia e per i minori costituito all'interno della procura della Repubblica presso i tribunali dove sono istituite le sezioni; di rideterminare le dotazioni organiche delle Sezioni specializzate dei Tribunali civili e dei Tribunali per i minorenni, adeguandole alle nuove competenze; di disciplinare il rito in modo uniforme e semplificato.
  Per quanto riguarda il processo di cognizione di primo grado, innanzitutto condividiamo l'impostazione di fondo per cui vi sia un rafforzamento del principio dell'oralità e della valorizzazione del ruolo del giudice nella direzione del processo, in sinergica collaborazione con i difensori delle parti.
  Si evidenzia, quindi, che bisogna superare l'attuale modello processuale, così come delineato dagli articoli 183 e 184, in quanto è eccessivamente rigido e applicabile a ogni controversia a prescinde dal thema decidendum e dal thema probandum. Dovendosi valorizzare, quindi, la prima udienza di trattazione, è indispensabile che a quell'udienza si arrivi solo dopo che sia stato perfezionato il contraddittorio con l'eventuale chiamante in causa a istanza di parte oppure d'ufficio e che tutte le parti abbiano formulato definitivamente le proprie conclusioni, nonché le istanze istruttorie ed effettuato tutte le produzioni documentali.
  In questo modo anche il giudice sarà facilitato a formulare la valutazione prognostica, perché questa valutazione sarebbe possibile in termini di maggiore consapevolezza. In caso di mancata adesione delle parti, a questo punto, il giudice può decidere sulle istanze istruttorie e, quindi, formare il calendario del processo ai sensi dell'articolo 81-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, tenendo conto della complessità della lite e anche della tempistica necessaria per dare effettiva soddisfazione alle esigenze di resa delle parti.
  Si dovrebbe prevedere, inoltre, anche che il mancato rispetto da parte del giudice di detto calendario debba essere sanzionato, se del caso, con la previsione come violazione disciplinare. Questo anche ai fini della professionalità, nomina e conferma degli uffici direttivi e semidirettivi.
  Per com’è stata formulata, c’è perplessità in relazione alla valorizzazione della proposta conciliativa, che non può evidentemente Pag. 19rispondere alle esigenze di definire un arretrato e di contenere richieste di indennizzo per la ragionevole durata del processo. In questo modo cade già di partenza il significato principale della proposta.
  Come condizione preliminare dovrebbe essere posto l'adeguamento delle norme processuali all'introduzione del processo civile telematico, aspetto che dovrebbe essere un principio guida del disegno di legge e non messo nella parte finale delle varie lettere.
  È proprio per questo punto che la nostra associazione propone che cambi l'atto introduttivo del giudizio, o almeno che ci sia un solo atto introduttivo, non più la citazione, ma la forma del ricorso. Questo consentirebbe al giudizio di primo grado di essere strutturato nei seguenti termini: l'attore deposita il ricorso e i relativi documenti, iscrive la causa al ruolo con il processo telematico, anche avvalendosi delle attuali disposizioni con i pagamenti telematici del contributo unificato e della marca di iscrizione. Dopodiché, una volta depositato il ricorso, estrae la copia, la può autenticare e la può notificare al convenuto.
  A quel punto, il convenuto si potrà costituire, sempre telematicamente, depositando comparsa e risposta che, a quel punto, sono già conosciute direttamente dalla parte ricorrente. Se il convenuto non intende chiamare in causa terzi, il giudice potrà fissare con decreto l'udienza di prima comparizione delle parti per la trattazione della causa, assegnando i relativi termini per lo scambio delle memorie. Se il convenuto chiede di chiamare in causa un terzo, il giudice provvede e il decreto di fissazione dell'udienza è emesso dopo la scadenza del termine di costituzione del terzo.
  Per quanto riguarda il principio dell'immediata e provvisoria efficacia di tutte le sentenze di primo grado, noi nutriamo forti dubbi e perplessità, in quanto l'anticipazione dell'efficacia delle sentenze non passate in giudicato rischia di consentire la produzione di effetti di fatto e di diritto che non sempre potranno essere ripristinati nel caso in cui la sentenza sia riformata.
  Dobbiamo anche considerare che la percentuale di sentenze di primo grado che vengono riformate in secondo grado è molto alta. Una disposizione del genere va, quindi, presa seriamente e con molta cautela.
  Per quanto riguarda il giudizio d'appello, le criticità riguardano innanzitutto la codificazione degli orientamenti giurisprudenziali, per come è introdotto il principio di delega, che è particolarmente generico.
  Inoltre, per quanto riguarda la provvisoria efficacia, ribadiamo quello che abbiamo appena detto.
  Circa il rafforzamento del divieto di nuova allegazione e l'introduzione di limiti alle deduzioni difensive manifestiamo perplessità per la genericità di questa enunciazione, che dovrà ovviamente essere riformulata per rendere evidente che non sono da considerarsi deduzioni eventuali mere e sole prospettazioni in punto di diritto.
  Anche per quanto riguarda il giudizio d'appello valgono le considerazioni fatte per il processo telematico, ossia che l'atto introduttivo abbia la forma del ricorso e non più dell'atto di citazione in appello.
  Circa la disciplina del giudizio di Cassazione noi condividiamo l'impostazione, mentre per quanto riguarda gli ulteriori princìpi e criteri di delega contenuti nella parte finale condividiamo quanto detto dall'avvocato Pasqualin e dalla dottoressa De Renzis.
  Per quanto riguarda il principio di sinteticità degli atti di parti non c’è dubbio che gli atti debbano essere redatti in maniera chiara, comprensibile e sintetica e che debbano essere chiaramente rispondenti alle finalità di ogni singola fase processuale. Il problema è che normare un tale principio potrebbe determinare pericolose limitazioni del diritto del difensore alla libera espressione delle proprie argomentazioni. Come ha ricordato l'avvocato Pag. 20Pasqualin, abbiamo proprio il recente provvedimento del Consiglio di Stato in materia di sinteticità degli atti.
  Grazie dell'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ALFREDO BAZOLI. Ovviamente, ringrazio per le audizioni. È chiaro che l'obiettivo che noi abbiamo, come maggioranza che sostiene questo tentativo del Governo, è quello di fare riforme che raggiungano un risultato fondamentale: quello, per quanto possibile, di ridurre i tempi di durata dei processi. Questo è il grande difetto del sistema della giustizia civile in Italia.
  Come ho già detto nella scorsa audizione e ribadisco qui, giusto per far capire come la penso su questo, io sono sempre persuaso che da questo punto di vista sia più necessario qualche intervento sull'organizzazione complessiva della macchina che non sul rito, che non sul processo. Già in passato sono state tentate modifiche del rito del processo con grandi ambizioni, ma ci siamo scontrati poi con risultati non all'altezza delle aspettative. Pertanto, io manifesto sempre qualche cautela nell'intervenire nuovamente sul rito e sul processo.
  Tuttavia, e su questo vorrei capire come la pensano soprattutto gli avvocati, io credo che forse qualche margine di miglioramento anche sotto questo profilo si possa tentare per snellire il procedimento e, quindi, per raggiungere l'obiettivo di una riduzione, per quanto possibile dei tempi.
  Ho sentito fare un cenno prima dal giudice del Tribunale del lavoro, ma non ho sentito, invece, fare un cenno su questo da parte degli avvocati. Io mi chiedevo se sia stata valutata in sede di Consiglio nazionale, o comunque di associazioni forensi, l'ipotesi di individuare un rito applicabile generalmente, in particolare, al processo ordinario, prendendolo da procedimenti che hanno dimostrato di funzionare molto bene e sui quali c’è una giurisprudenza ampiamente sedimentata. Mi riferisco, in particolar modo, al rito del lavoro.
  Io faccio l'avvocato e, quindi, conosco la differenza tra l'uno e l'altro. Devo dire che il rito del lavoro sotto molti profili è un rito che, per la sua elasticità e la sua snellezza, potrebbe obbedire a qualche obiettivo di miglioramento anche da questo punto di vista. In alternativa, lo si potrebbe far diventare rito ordinario o si potrebbe comunque estendere, per quanto possibile, il rito speciale dell'articolo 702-bis.
  Mi chiedo se su questo aspetto sia stata fatta una riflessione, se questa sia un'ipotesi su cui si può lavorare e che sia percorribile. A me pare che potrebbe essere una possibilità anche in questa sede su cui lavorare, senza invece accedere alle ipotesi che peraltro sono formulate nella relazione introduttiva.
  Anche noi abbiamo notato questa discrasia evidente tra il contenuto del disegno di legge delega, che è estremamente generico, fin troppo generico, e una relazione che, invece, entra nel dettaglio con alcune ipotesi di riforma sulle quali io stesso ho molte perplessità. Ci faremo carico di riempire questa delega, io credo, con contenuti un po’ più dettagliati. Sotto questo profilo, però, mi interessava capire qual è l'opinione soprattutto anche dei giudici.
  La seconda domanda è molto rapida. Ci si è soffermati poco, non solo nel disegno di legge delega, ma anche nelle relazioni che ho sentito oggi, su una delle questioni che secondo me rappresentano, invece, un tallone d'Achille del nostro procedimento, ossia il processo di esecuzione. Noi facciamo tanta fatica nel formare il titolo esecutivo e poi, quando si tratta di mettere in esecuzione il titolo esecutivo, ci scontriamo con tempi e con lungaggini che sono altrettanto, se non più, dannose di quelle che abbiamo subìto durante il procedimento.
  Poiché il disegno di legge delega è molto debole, secondo me, sotto questo profilo, mi domando se sia i giudici, sia le Pag. 21associazioni forensi abbiano magari qualche consiglio in più, in particolare per fare in modo che, quando qualcuno ha un titolo esecutivo, sia in grado di azionarlo, magari evitando che il debitore riesca, attraverso le lungaggini, ma anche attraverso facoltà consentite, di evitare che i propri beni siano aggrediti. Sotto questo profilo mi farebbe piacere sentire qualche ulteriore riflessione.

  ANDREA COLLETTI. Mi riallaccio proprio a questa ultima questione sull'esecuzione per far presente che manca ancora il regolamento ministeriale attuativo dell'articolo 492-bis, che, almeno da avvocato, io aspettavo e speravo arrivasse un mese dopo l'approvazione della legge. Invece ci sono, purtroppo, molti uffici che non permettono...

  PRESIDENTE. A chi lo diciamo, agli auditi ?

  ANDREA COLLETTI. No, pensavo che ci fosse il Ministero.

  PRESIDENTE. Non c’è. Lo facciamo tutti insieme l'incontro.

  ANDREA COLLETTI. Va bene. Quando ci sarà, lo dirò anche al Ministero. Non c’è problema. Faccio presente, però, che un problema nasce anche da questo fatto.
  Ciò che mi preoccupa all'interno del disegno di legge delega – vorrei averne contezza dagli altri – è che, laddove si prevede un maggiore ricorso alle sezioni specializzate, in realtà si parla di «rideterminazione delle dotazioni organiche nell'ambito delle risorse umane strumentali e finanziarie disponibili». Questo vuol dire passare giudici dai tribunali ordinari alle sezioni specializzate. Questo secondo, voi produrrà un rallentamento dell'attività del tribunale ordinario ancora maggiore di quello che sta avvenendo in questo momento ? Questa è la prima domanda.
  La seconda è sulla valorizzazione dell'articolo 185-bis, che – ricordo – viene fatto anche in prima udienza. Secondo voi, qualora il giudice dia una proposta conciliativa anche come valutazione prognostica in prima udienza, senza conoscere le memorie ex articolo 183, testimoni ed eventuali consulenti tecnici d'ufficio, come si pone la persona che richiede o che inizia un processo per la tutela di un proprio diritto con quella proposta conciliativa, magari difforme rispetto alle proprie richieste ?
  Io trovo che questo sia molto pericoloso da un punto di vista di tutela sostanziale del diritto della persona che chiede di accedere alla giustizia. Sarebbe diverso farla nelle forme successive all'istruzione, ma dal mio punto di vista c’è già l'ordinanza ex articolo 186-quater, che viene molto poco utilizzata, purtroppo, dai giudici.
  Non parlo dell'anticipazione dell'articolo 183 prima del giudizio perché sono d'accordo con quanto già detto.
  Vorrei fare una considerazione riguardo al principio di sinteticità degli atti. Io mi chiedo, per esempio, in Cassazione, dove ci deve essere il principio dell'autosufficienza del ricorso, con quale meccanismo si riuscirà poi a contemperare il principio di autosufficienza del ricorso con il principio di sinteticità. Se si contravviene al principio di sinteticità oppure vi è troppa sinteticità nelle motivazioni, in realtà il rischio è che ci saranno più impugnazioni degli atti forse troppo sintetici o delle sentenze forse troppo sintetiche degli stessi giudici.
  Mi sembra, quindi, che andiamo a passare la «patata bollente» al primo grado e magari alla Corte di appello, il che è già la questione più problematica che dovrebbe risolvere il legislatore.
  Un altro punto è se voi non trovate pericoloso il fatto che sulla base del combinato disposto della relazione con l'articolato non si sostanzi il giudizio in Corte d'appello come un pregiudizio di Cassazione, prefigurando la giustizia, come già affermava anche la relazione, verso una giustizia più formale che sostanziale. Nell'ottica degli avvocati, ovvero della tutela delle persone, mi chiedo se non sia un principio pericoloso Pag. 22quello di andare verso la giustizia formale piuttosto che verso la giustizia sostanziale.
  Sul carattere impugnatorio del giudizio d'appello in parte avete già risposto. Nella mia ottica da avvocato, però, io ritengo che già adesso sia molto impugnatorio il giudizio di appello in base alle tecniche di redazione delle impugnazioni.
  Soprattutto – questo è un consiglio – sarebbe stato bello aver avuto un sottosegretario. Su questo farò anche un'analisi e una ricerca, perché vi dico cosa capita nella realtà dei fatti. Spesso uno fa le relazioni, ma poi i ministri e altri non conoscono la realtà dei fatti, anche qui in Parlamento, non parlo della Commissione giustizia.
  Io ho molte cause in appello. Mi capita sempre in appello di andare prima alla precisazione delle conclusioni, per poi essere rimesso in istruttoria, perdendo due anni di tempo in Corte di appello ogni volta. Parlo della mia Corte d'appello, che è la Corte d'appello de L'Aquila. Non so cosa succede nelle altre Corti d'appello e se si segue lo stesso modello. Alcuni mi hanno detto di no, per fortuna.
  Questo sta a dimostrare che, in realtà, basterebbe codificare delle best practices a livello anche ministeriale da far seguire. Occorrerebbe, però, anche far controllare da parte del Ministero come vengono praticate queste best practices in Corte d'appello. Il vero rischio è lì.
  Oltretutto mi domando, ma forse è una domanda per me retorica, come si concili la speditezza quando rimangono gli stessi problemi di risorse strumentali, ma anche in termini di cancellieri e di magistrati.
  Soprattutto io ho ricevuto un'indicazione da parte dell'ufficio notifiche, esecuzioni e protesti del mio tribunale di Pescara, che fa riferimento al fatto che, qualora dovesse essere emanato il regolamento ministeriale ex articolo 492-bis, l'ufficio non avrebbe i computer per poter procedere alla ricerca dei beni.
  A parte la previsione, che mi sembra molto generica, noi del Movimento 5 Stelle cercheremo di specificare delle norme di immediata attuazione non attraverso una legge delega, essendo opposizione. Non so, però – a questo punto, mi rivolgo più agli avvocati che agli altri – se non si tratti di fare le nozze con i fichi secchi.

  PRESIDENTE. Concludiamo queste domande. Anch'io rivolgo la stessa domanda che ha fatto, in maniera molto sintetica, l'onorevole Bazoli.
  Nella scorsa legislatura abbiamo già assistito al cosiddetto decreto legislativo di semplificazione dei riti, che poi è diventato un aumento dei riti. C’è stata l'introduzione del filtro sia in Cassazione, sia in appello, con i precedenti Governi, che vediamo aver sortito effetti non positivi.
  Ora si tenta una riforma e anch'io faccio la stessa domanda, avendolo sperimentato anche personalmente. Vi chiedo se non ritenete che, adottando invece il modello del processo del lavoro, ossia un unico rito, non si possa risolvere il problema dei tempi del processo civile.
  Il problema – lo dico anche agli avvocati, oltre che ai magistrati – è di dover fare per ogni categoria un passettino avanti o indietro, a seconda di quale prospettiva si pone. Questo va fatto. È inutile porre il problema che esistono i problemi strutturali, che non ci sono i computer. Il lavoro si sta facendo. La bacchetta magica non ce l'ha nessuno. Nel 2014 sono stati banditi due concorsi per magistrati. Ci sono stati due concorsi che, ovviamente, vanno espletati. C’è anche tutta la questione dell'organico del personale amministrativo, che sta andando avanti, ma ovviamente c’è stata da poco.
  Anche se non c’è il Governo, rispondo per quello che è di mia conoscenza. Ieri il direttore del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria mi diceva che c’è stata una sentenza del giudice del lavoro, mi pare anche in sede cautelare, che ha bloccato alcuni provvedimenti proprio dicendo che non si può fare il completamento dell'organico se prima non si sono fatti tutti gli interpelli. Non si può fare nemmeno la mobilità, se prima non si è data esecuzione a tutti gli interpelli di movimento del personale amministrativo.Pag. 23
  Anzi la Commissione giustizia vorrà fare anche – magari lo faremo in una giornata – un monitoraggio delle riforme che sono state effettuate in questi anni. Lo faremo. Se la legislatura va avanti, io ho intenzione di farlo, insieme ai colleghi.
  Vorremmo capire questo, però. Noi siamo qui per cercare di fare una riforma che non sia l'ennesima riforma del processo civile, ma una riforma che possa essere definitiva sui tempi del processo. Pertanto, dobbiamo capire da voi, che state nei tribunali e nelle corti, dove sono i punti critici, facendo anche un po’ di autocritica.
  Vi chiedo, quindi, non solo di farci arrivare questi documenti e che non siano solo note critiche di quello che non va, ma indichino anche quali sono le forme propositive di miglioramento che possono andare anche fuori delega.
  Come diceva l'onorevole Colletti, noi, non solo come maggioranza, ma anche come Commissione tutta, abbiamo fatto un buon lavoro di sinergia, anche con l'opposizione. Siamo disponibili anche a trasformarlo in un articolato. Non è detto che dobbiamo aspettare i tempi di una delega.
  Qui c’è questa questione della prognosi. Io non sono una civilista, ragion per cui parlo più da cittadina che da esperta, ma questa questione della prognosi mi mette un po’ di ansia. Io ho sperimentato, invece, nella mia pregressa vita anche il ruolo di giudice del lavoro e ho visto come quel processo, anche nei primi anni, ha funzionato. Se il giudice arriva preparato – rivolgo questa osservazione soprattutto ai giudici di grado di merito – sono convinta al 100 per cento che funzioni.
  Come giudici del lavoro – nelle prime applicazioni era così; ora non so, ma sicuramente sarà ancora così – si doveva arrivare preparati. Il giudice è capace anche di conciliare, perché conosce e, conoscendo, riesce a conciliare. Noi vorremmo andare in quella linea.
  Quanto alle riforme strutturali e di sinergia, vi assicuro che si stanno facendo e si vogliono fare, ovviamente anche con le possibilità economiche che ci sono.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  GIUSEPPE PICCHIONI, Vicepresidente del Consiglio nazionale forense. Mi scuso, ma devo partire, ragion per cui risponderò per primo. Svolgo una sola riflessione sulle considerazioni che faceva lei.
  Io credo che il processo del lavoro goda di una non meritata fama, quanto a celerità. Io provengo da un distretto nel quale le cause di lavoro durano esattamente quanto quelle dei tribunali, quando abbiamo il giudice del lavoro che ce le fa.

  PRESIDENTE. È stato distorto, in alcuni distretti. Le prassi hanno distorto il tutto.

  GIUSEPPE PICCHIONI, Vicepresidente del Consiglio nazionale forense. Cambiando l'ordine dei fattori, quindi, io non credo che il risultato cambi molto. Quanto all'aspetto della conciliazione, si tratta di materie su cui è molto più facile conciliare che, per esempio, su altre questioni in materia di imprenditoria, o di fondi finitimi.
  Faccio solo un'osservazione sulle esecuzioni. Il grave problema delle esecuzioni, mobiliari o immobiliari che siano, è il carico di costi che grava sul ricavo dei beni, che è minimo in relazione agli oneri che ci sono: istituto vendite giudiziarie, ufficiale giudiziario, stimatore, perito, perito che redige il piano di riparto e via elencando. Alla fine, quindi, il vero problema delle esecuzioni è questo.

  PRESIDENTE. Vorrei solo fare un'aggiunta, perché la questione delle buone prassi, ossia il tema che ha sollevato il collega Colletti, la ritengo molto valida. Forse sarebbe utile questo studio delle buone prassi, perché ogni distretto ha un funzionamento diverso.
  La questione delle buone prassi, però, non può essere assunta, onorevole Colletti, dal Ministero, per via dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura. Il Ministro non impartisce direttive sul procedimento. Certamente, però, queste Pag. 24buone prassi dovrebbero emergere ed essere studiate dal Consiglio superiore della magistratura e magari trasfuse, se ci sono delle buone prassi o dei protocolli, in norme, se ci riusciamo.
  Da distretto a distretto le cose cambiano. C’è un'analisi molto importante che noi abbiamo distribuito ai colleghi, ma che trovate sul sito del Ministero della giustizia. Noi sentiremo qui i presidenti dei tribunali che hanno messo insieme tempo, durata e numeri. Ci sono 27 tribunali che in Italia mettono insieme questi due fattori, superando il livello europeo. Poi ce ne sono 16 di medio livello e 98 che, invece, non riescono a decollare. A questo punto bisogna cercare di individuare momenti organizzativi, ma anche normativi e di comportamento cadenzati che impongano che i cittadini in Italia possano avere una giustizia quasi uniforme, anche nei tempi.
  Vediamo se ci riusciamo. Almeno questo sforzo in questa legislatura c’è. Vogliamo, però, veramente l'aiuto riformatore degli organismi di riferimento. Questo lo dico perché farlo nel civile forse è più facile che farlo nel penale. Vediamo se ci riusciamo.

  ANDREA PASQUALIN, Consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense. Presidente, mi scuso, ma tra venti minuti dovrò allontanarmi. Vorrei rispondere sinteticamente alle domande, di cui la prima è quella sul rito.
  Questo della scelta di un rito uniforme è un tema dibattuto da lungo tempo. C’è una scuola di pensiero che privilegia il rito del lavoro come rito uniforme. Noi crediamo che questa non sia una buona scelta, per una serie di ragioni concorrenti.
  La prima è che il rito del lavoro nasce per un dato tipo di controversie, per le quali è adeguato. Non è adeguato, invece, a controversie che di norma sono molto più complesse e che richiedono una preventiva – sottolineo, presidente, l'aggettivo – cadenza dei tempi processuali.
  Per esercitare i miei diritti nel processo in cause che siano particolarmente complesse io ho bisogno di poter contare su cadenze già stabilite dall'inizio. Penso, per esempio, alle cause in materia successoria o in materia societaria, per citarne alcune, ma anche in materia di responsabilità civile. Spesso poter avere uno schema di procedimento che consenta dei tempi definiti dall'inizio e non rimessi alla gestione da parte del giudice è essenziale in taluni contenziosi. Pertanto, universalizzare il rito del lavoro, a mio giudizio, non va bene.
  Questo vale anche per il sommario, che, in effetti, non sta avendo il ritorno che si sperava, presidente, per la ragione che manca la certezza di poter contare su cadenze precostituite per esercitare i diritti nel processo.
  Un po’ è vero quello che è stato già detto, ossia che i tempi non dipendono tanto dal rito, ma dipendono, ovviamente, dalle risorse in campo e dalle possibilità di gestire al meglio il processo con le risorse che ci sono.
  Il tema delle esecuzioni è, ahimè, un tasto molto sensibile. Devo dire che la riforma del settembre 2014 ci aveva fatto ben sperare. Il Ministro non ha fatto la sua parte di correzione del regolamento di esecuzione. Oggi la mia Commissione ha varato una proposta di emendamento, di intervento specifico, su questo punto, che noi inseriremo nel pacchetto riguardante il processo civile telematico che stiamo per trasmettere al Ministro e che potrebbe diventare oggetto di un prossimo decreto-legge. Vi prevediamo che la possibilità di accesso diretto alle banche dati autorizzato dal presidente possa avvenire anche qualora gli ufficiali giudiziari non siano ancora dotati degli strumenti e anche in assenza del decreto del Ministro.
  Personalmente ho avuto dal presidente del tribunale di Venezia un'autorizzazione a questo accesso senza gli ufficiali giudiziari. Il direttore regionale delle entrate mi ha scritto due pagine per dirmi che, in assenza del decreto ministeriale, non mi dicono niente. Pertanto, questa riforma, che sarebbe utilissima, è scritta sulla sabbia.
  Ha ragione l'onorevole Colletti quando dice che l'esecuzione non è presidiata. Pag. 25Quello è uno strumento ottimo per presidiarla. Occorre dare voce a questa possibilità.
  Il tema delle risorse non occorre commentarlo. Purtroppo, lo conosciamo.
  Sul tema dell'articolo 185, ossia sul tema della conciliazione, onorevole Colletti, lei ha indubbiamente ragione. Quello che io ho detto prima è che non in tutte le cause è possibile, allo stato degli atti, tentare una conciliazione. Occorre discriminare tra cause che, per il modo in cui sono costituite e per l'oggetto che hanno, consentono al giudice, allo stato degli atti, cioè prima delle memorie ex articolo 183, di capire qual è l'assetto verosimile della decisione e cause che non lo consentono.
  Il tema dell'autosufficienza è facilmente, a mio giudizio, risolvibile. Noi conosciamo la giurisprudenza amplissima della Corte suprema. Basterebbe una norma che dicesse che il principio di autosufficienza si declina in termini di localizzazione, oppure, per agevolare i magistrati della Corte suprema, basterebbe prevedere che il principio di autosufficienza sia soddisfatto con il deposito di tutti gli atti e i documenti sui quali il ricorso già si fonda. Questa è una norma che esiste già, sia chiaro, nel codice di procedura civile, ma che non è accompagnata dalla precisazione della soddisfazione del requisito dell'autosufficienza.
  Mi pare di aver risposto su tutto.

  LUIGI PANSINI, Avvocato in rappresentanza dell'Associazione nazionale forense. Presidente, faccio soltanto una notazione a completamento di quanto evidenziato dal rappresentante istituzionale dell'avvocatura. È vero, il rito non risolve automaticamente i problemi della velocità del processo, ma noi ci permettiamo di aggiungere di più, prendendo spunto proprio dalla mediazione.
  Vi sono determinate materie – penso, per esempio, alla materia bancaria – rispetto alle quali la mediazione non ha funzionato e non sta funzionando perché, per la particolare natura del contenzioso, la mediazione non ha fatto presa.
  Una simile riflessione può trovare applicazione anche nel processo. Noi non vorremmo che si confondesse l'idea che il rito e, quindi, soprattutto il processo sia automaticamente l'unico rimedio attraverso il quale arrivare a un processo più snello. Si tratta magari di rivedere i diritti giustiziabili e i diritti oggetto di tutela e se vi siano diritti che consentono una tutela in termini di velocità e diritti che, invece, esigono, per la complessità della materia, come avviene per la mediazione, un'istruzione complessa e lunga.
  Occorre rivedere anche dal punto di vista proprio sostanziale le materie, mutuando dall'esperienza di questi tempi. Alcune forse richiedono un'istruzione semplice, che si traduce in velocità del processo, altre no.
  Non a caso, nelle nostre note noi evidenziamo come il giudizio ordinario oggi sia obbligatorio per ogni tipo di contenzioso, anche per quelli di facile soluzione. Si tratta di rivedere complessivamente il concetto di velocità e di snellezza del processo, alla luce non solo del diritto processuale, ma anche forse del diritto sostanziale.

  LUISA DE RENZIS, Componente del Comitato direttivo centrale dell'Associazione nazionale magistrati. Per quanto concerne l'adozione del rito del lavoro come una sorta di modello comune, in realtà nel parere dell'Associazione nazionale magistrati, a pagina 21, nel criticare proprio l'anticipazione dei termini, noi avevamo detto che forse di maggiore utilità avrebbe potuto essere il tentativo di assicurare sin dalla fase introduttiva del giudizio un'autosufficienza degli atti processuali e delle richieste istruttorie.
  Pertanto, il rito del lavoro, astrattamente, potrebbe costituire la base per la strutturazione di un procedimento più organico e meno frazionato, caratterizzato da una maggiore flessibilità, nel quale il giudice possa comprendere ed essere messo sin dall'inizio in grado di avere chiaro il possibile quadro delle asserzioni e delle prove.Pag. 26
  Questo sicuramente, per un verso, può essere valido per tutti i procedimenti che non siano connotati, però, da una maggiore strutturazione e complessità. Mi rendo conto che effettivamente per taluni tipi di procedimenti, per esempio in materia societaria e in materia bancaria, il rito del lavoro potrebbe forse non essere adatto. Come base di partenza per taluni procedimenti, però, potrebbe sicuramente consentire al giudice di conoscere sin dalla prima udienza e di avere anche più chiaro il quadro delle asserzioni e delle prove.
  Da un punto di vista propositivo – prima ho dimenticato di segnalarlo – avendo io per molti anni fatto il giudice in materia di emissione di decreti ingiuntivi e di opposizioni a decreti ingiuntivi, mi permetto di segnalare anche l'utilità di una maggiore speditezza e celerità con obiettivi di forte priorità nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo.
  Ovviamente, la stabilità nei pagamenti favorirebbe una riduzione di tutto quel contenzioso collaterale generato molto spesso proprio dal ritardo dell'emissione delle decisioni nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo. Tutto ciò, oltre che dare una certezza ai rapporti obbligatori, nonché a tutto ciò che origina dai rapporti commerciali e dal mercato, sicuramente in un breve o medio-lungo periodo genererebbe anche una diminuzione di contenzioso collaterale che si origina proprio da tutte queste cause di opposizione a decreto ingiuntivo che, anziché essere definite in tempi rapidi, durano dai tre ai cinque anni e talvolta anche sei o sette anni.
  Forse porre un obiettivo di priorità potrebbe essere utile. Sembra una banalità, ma in realtà, con riferimento alle opposizioni a decreto ingiuntivo, la soluzione rapida di queste cause potrebbe costituire anche una soluzione di molti problemi nella rapidità dei pagamenti, per favorire proprio la rapidità dei pagamenti.
  Quanto all'articolo 185-bis, è uno strumento che potrebbe anche essere un'arma a doppio taglio, laddove venisse usato dal giudice. Parliamoci onestamente: un giudice affossato di lavoro potrebbe utilizzare come arma impropria questo strumento per togliere di mezzo delle cause, facendo delle proposte conciliative, allo stato degli atti, più o meno superficiali.
  Non deve stupire che io faccia questo discorso, perché, quando il giudice si trova ogni giorno ad affrontare una marea di processi, se gli si offre anche un appiglio per poter definire e togliere di mezzo del contenzioso, questo è certamente uno strumento che può essere utilizzato in modo anche poco accurato.
  È evidente, quindi, che l'articolo 185-bis deve essere adattato anche alla complessità o meno della lite. Per le cause di facile e pronta soluzione in diritto si può anche valutarlo favorevolmente, con una proposta di conciliazione immediata. Laddove, invece, dallo stato degli atti non emergano questi contenuti di evidenze e di semplicità nella decisione, certamente la valutazione diventa un po’ più complicata.
  Esprimiamo, quindi, un giudizio favorevole, ma non pensiamo che se ne debba fare un dogma. Io non credo che sia questo l'intervento che può risolvere i problemi del processo, in tutta serietà.

  ANDREA COLLETTI. Sulla questione del decreto ingiuntivo la proposta che ho sentito, su cui sono d'accordo, di iniziare tutti i procedimenti con ricorso, per esempio, non aiuterebbe teoricamente una più celere definizione per il conflitto di interessi che si contrappone tra chi si oppone al decreto ingiuntivo e la speditezza dello stesso procedimento di opposizione al decreto ingiuntivo, per cui con ricorso se ne occupa il giudice di definire il giorno dell'udienza ? Mi chiedo se quest'ottica non potrebbe essere ripresa anche per una più celere definizione.
  Soprattutto, non sarebbe ora di prevedere criteri più stringenti di competenza territoriale, per esempio, per l'emissione del decreto ingiuntivo ? Troppo spesso io vedo nella pratica che capitano emissioni di decreti ingiuntivi da parte di tribunali non competenti. Poi, quando con l'opposizione c’è un'eccezione di competenza territoriale, teoricamente lo stesso decreto ingiuntivo è nullo. Prevedere criteri più stringenti di competenza per la stessa Pag. 27emissione del decreto ingiuntivo da parte del giudice non potrebbe essere magari utile a evitare eccezioni sul rito, piuttosto che sul merito ?

  MARCELLO BASILICO, Giudice del Tribunale di Genova. Ringrazio in particolar modo gli interventi del presidente e dei parlamentari che l'hanno preceduta perché hanno spostato lo scenario dalla sfera strettamente della riforma processuale alla sfera organizzativa, che è quella che noi generalmente amiamo trattare. Abitualmente abbiamo rinvenuto in questa sfera la materia su cui è possibile intervenire per dare una maggiore speditezza ai processi.
  Devo dire che l'impostazione proposta di un intervento organizzativo in condivisione con l'avvocatura, ma anche con il personale amministrativo, è quella che da sempre ormai, anche per esempio nell'esperienza degli Osservatori del civile, che sono ormai diffusi in tutta Italia, dimostra come siano quelli che danno luogo a quelle prassi, cui si accennava, che maggiormente danno risultati.
  Vi voglio soltanto trasmettere alcuni cenni che però non sono estranei alla bozza di intervento che abbiamo presentato, di esperienza professionale sul processo del lavoro. Le ragioni di funzionamento del processo del lavoro, laddove funziona, sono date essenzialmente da un fattore strettamente tecnico-processuale, che è quello della previsione di rigide forme di decadenza e preclusione per la costituzione delle parti. Superati i termini previsti per la costituzione delle parti, non si può più introdurre nulla nel giudizio. Questo consente al giudice non soltanto di avere una conoscenza immediata dell'oggetto e della materia del contendere, ma anche di valutare appieno la lealtà con cui le parti si confrontano nel processo, perché ogni tentativo di introdurre successivamente fonti di prova ed elementi di prova e di allargare successivamente il tema del giudizio può essere valutato anche sotto il profilo della correttezza del comportamento processuale. Questo poi ha una ricaduta anche, per esempio, in termini di compensazione o meno delle spese.
  Da questo punto di vista, collegandoci all'idea di introdurre una proposta conciliativa veramente efficace, l'esperienza del giudice del lavoro è l'esperienza – vorrei su questo aspetto non minimizzare la portata delle cause di lavoro – di un giudice del lavoro capace, perché glielo consentono gli avvocati e questo meccanismo processuale, di formulare delle proposte conciliative anche in cause in cui c’è una pluralità di parti convenute, anche in cause in cui ci sono come terze chiamate assicurazioni, o in cui sono chiamate l'INAIL e l'INPS, ossia istituti vincolati da obblighi verso la Corte dei conti e dal principio di legalità a difficoltà ad accedere alle proposte conciliative del giudice.
  Purtuttavia, la conoscenza completa del materiale probatorio e, prima ancora, delle domande e delle eccezioni delle parti consente al giudice effettivamente preparato – chiaramente il presupposto è che il giudice arrivi all'udienza preparato e conosca le cause – di fare delle proposte effettivamente efficaci e di elaborarle con gli avvocati anche in termini di estrema articolazione.
  Faccio esempi di sperimentazioni che stiamo facendo adesso a Genova di proposte conciliative che riguardano forme di pagamenti di somme di denaro in parte condizionate all'assunzione futura, posto che noi immaginiamo una ripresa futura dell'economia, di lavoratori, talché un ipotetico datore di lavoro si trova in grado oggi di fare un'offerta minimale e di fare un'offerta più cospicua in futuro qualora non sarà stato in grado di trovare un posto di lavoro per un singolo prestatore di lavoro.
  Questo tipo di soluzioni vengono elaborate insieme con gli avvocati, ripeto, in un rapporto di franca conoscenza anche delle debolezze giuridiche delle singole posizioni difensive delle parti nel processo, che devono essere esplicitate.
  Aggiungo anche un diretto rapporto con le parti, cui il giudice si può rivolgere personalmente nell'udienza pubblica, potendo esplicitare tutti quei dubbi e tutte Pag. 28quelle incertezze del giudice sul cammino processuale che loro avranno di fronte, confrontandosi anche con gli avvocati che, spesso, è inutile dirlo, hanno nel cliente talvolta un amico e talvolta un avversario. Sono gli avvocati stessi a dirci quante difficoltà abbiano loro talvolta a instaurare un rapporto franco e di reciproca fiducia con le parti. Avere anche un giudice che può rafforzare la posizione del difensore, enunciando veramente tutte le difficoltà di quel percorso processuale rappresenta un elemento di rafforzamento.
  Quali sono, invece, le ragioni delle disfunzioni ? Al di là di quelle di cui si è detto, come gli organici – perché, per fare un processo ben fatto, occorre personale in udienza, che faccia un'udienza pubblica come nel penale – e i carichi di lavoro – perché un conto è lavorare a Torino, dove ci sono 200 cause per giudice e un conto è lavorare a Foggia, dove ce ne sono 13.000 per giudice – si tratta anche di ragioni di funzioni legate a prassi che non sono adeguate e corrispondenti al dettato legislativo.
  Ammettere sistematicamente note scritte autorizzate, così come viene fatto – scusatemi – da Roma in giù significa non applicare il rito del lavoro. Sistematicamente, noi giudici di Milano, di Torino, di Venezia e di Genova ci sentiamo fare dagli avvocati la richiesta di note scritte autorizzate perché questa è la prassi da una data zona in giù del Paese. Chiaramente è una passi dettata, purtroppo, anche dai carichi di lavoro. Questo finisce anche per dare un'efficacia al processo che non è quella che era stata pensata dal legislatore.
  Io credo, quindi, che intervenire – non per decreto ministeriale, se si può, perché non credo che possa essere il Ministro a dire quale sia la prassi che un avvocato o un giudice può adottare – favorendo alcune prassi attraverso uno studio, questo sì coordinato magari a livello ministeriale, di Consiglio superiore della magistratura o di organismi congiunti dell'avvocatura e della magistratura, sicuramente aiuterebbe un'applicazione del processo del lavoro che io credo, condividendo quello che dice la collega, sicuramente non possa essere universalizzata.
  Io penso alla materia risarcitoria, alla materia della famiglia, alla materia dei diritti reali, alla materia della locazione, in cui c’è già la gran parte dei rapporti obbligatori. Tutte queste sono materie in cui io non vedo perché non si possa applicare il rito del lavoro o comunque un processo improntato a quel tipo di impostazione.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, vi ringraziamo molto. Oggi i tempi dell'Aula ci hanno concesso di darvi un po’ di spazio e di recuperare il ritardo con cui ci siamo riuniti. Grazie. Aspettiamo anche i documenti scritti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.10.