XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 1 marzo 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 4130 ERMINI, C. 40 CIRIELLI E C.257 FUCCI, RECANTI MODIFICHE AL CODICE PENALE E AL CODICE DI PROCEDURA PENALE, CONCERNENTI I DELITTI DI TRUFFA E DI CIRCONVENZIONE DI PERSONA INCAPACE COMMESSI IN DANNO DI PERSONE ULTRASESSANTACINQUENNI

Audizione di Giacomo Fumu, Presidente della II Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, e di Maria Monteleone, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Fumu Giacomo , Presidente della II Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Monteleone Maria , Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma ... 6 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Marotta Antonio (AP-NCD-CpE)  ... 9 
Sarro Carlo (FI-PdL)  ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Colletti Andrea (M5S)  ... 11 
Ermini David (PD)  ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Fumu Giacomo , Presidente della II Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ... 12 
Monteleone Maria , Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa: AP-NCD-CpE;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Civici e Innovatori: (CI);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-UDC: Misto-UDC.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Giacomo Fumu, Presidente della II Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, e di Maria Monteleone, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 4130 Ermini, C. 40 Cirielli e C.257 Fucci, recanti modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, concernenti i delitti di truffa e di circonvenzione di persona incapace commessi in danno di persone ultrasessantacinquenni, di Giacomo Fumu, Presidente della II Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, e di Maria Monteleone, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma.
  Do la parola al presidente Fumu per lo svolgimento della sua relazione.

  GIACOMO FUMU, Presidente della II Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione. Grazie, presidente, io arrivo immediatamente al dunque. Sono un componente della II Sezione penale della Corte di cassazione, che è la sezione specializzata nei reati contro il patrimonio e in particolare, quindi, nei reati di truffa.
  La percezione che si ha da un osservatorio che è «privilegiato», perché tutto ciò che accade nei tribunali e nelle corti d'appello d'Italia poi arriva alla Corte di cassazione, è quella di un reato ritenuto lieve dal legislatore e dai magistrati.
  Questa è probabilmente la realizzazione del disegno originario del legislatore del 1930, che ha considerato la truffa un reato poco più che bagatellare, probabilmente partendo dal presupposto che nella truffa vi è normalmente la collaborazione del truffato, perché è quest'ultimo che, seppur ingannato, compie un atto di disposizione patrimoniale che poi determina l'arricchimento del soggetto attivo del reato.
  Probabilmente, partendo dal presupposto che c'è una sorta di complicità del truffato, la pena è stata stabilita con un minimo di sei mesi e un massimo di tre anni.
  Anche nel reato di usura il legislatore del 1930 aveva un'impostazione analoga. Quando io sono entrato in magistratura (ormai è passato un po’ di tempo) il reato di usura era punito con il massimo di due anni, mentre adesso due anni è la pena minima.
  Per il reato di usura vi è stata un'evoluzione legislativa, probabilmente conforme al disvalore sociale sempre maggiore che aveva assunto l'usura nella vita quotidiana. Il legislatore ha reagito sanzionando pesantemente questo delitto contro il patrimonio e realizzando così una maggior prevenzione speciale nei confronti dell'usuraio e una maggior prevenzione generale nei confronti di coloro che fossero indotti a commettere il reato di usura.
  Perché ho fatto questo paragone? Perché penso che la situazione relativa alle Pag. 4truffe ormai sia tale che il legislatore potrebbe prendere in considerazione l'idea, non solo di punire più gravemente la truffa nei confronti dei soggetti deboli, ma anche di punire più gravemente la truffa tout court come reato contro il patrimonio.
  Infatti, se è vero che ancora esistono condanne per il reato di truffa collegata al gioco delle tre carte o al gioco delle campanelle, è anche vero che ormai le truffe sono arrivate a realizzare inganni straordinari, soprattutto via internet, anche nei confronti di imprese, che subiscono danni che le portano qualche volta alla decozione.
  Di conseguenza, la truffa non può essere punita con un minimo di sei mesi, che con la concessione delle attenuanti generiche, che quasi non si negano a nessuno, diventano quattro e, se si è avuta l'accuratezza di patteggiare la pena, vanno giù ancora di un terzo.
  Per la truffa probabilmente è necessario tout court un aumento della pena. Questo aumento di pena della truffa potrebbe essere già la prima risposta alla tutela degli anziani davanti all'attività decettiva.
  In particolare, venendo a questo aspetto, ho letto con attenzione le deduzioni del professor Piva, il quale propone l'introduzione di una circostanza aggravante secca (possiamo definirla così) per il reato commesso ai danni di un ultrasessantacinquenne che priva il giudice di discrezionalità nell'adattare la pena al fatto concreto.
  Si tratta di un sostanziale automatismo, che prescinde dalle circostanze in cui il fatto si è verificato, dalla qualità dell'agente e dalle caratteristiche del soggetto passivo. Questo automatismo, quindi, potrebbe non essere conforme ai princìpi costituzionali.
  La Corte costituzionale ormai da tempo ha iniziato un'opera che potrei definire «di demolizione» delle norme che prevedono automatismi, sia in campo processuale sia in campo penale sostanziale.
  In particolare, ricordo che l'articolo 275 del codice di rito, che prevedeva una sorta di automatismo nella presunzione di adeguatezza della misura cautelare in carcere e della pericolosità, è stato via via demolito dalla Corte costituzionale, fino a che il legislatore è dovuto intervenire per rimodulare.
  Così è avvenuto nel diritto penale sostanziale a proposito della recidiva. Non so come la definite qui, ma con la «legge ex Cirielli», insieme a una riduzione dei termini di prescrizione, è stato introdotto un aggravamento della funzione della recidiva nella valutazione delle circostanze e nell'aggravamento della pena.
  La legge prevedeva una serie di automatismi relativi all'impossibilità di ritenere le circostanze attenuanti prevalenti sulla recidiva, che sono stati a poco a poco dichiarati incostituzionali.
  Per esempio, il venditore abusivo di magliette contraffatte, che normalmente è un delinquente seriale (usiamo l'espressione «delinquente»), diventava recidivo in brevissimo tempo. Con l'impossibilità di ritenere l'attenuante del fatto lieve prevalente sulla recidiva, per ogni maglietta si prendeva due anni di reclusione. Pertanto, la Corte costituzionale è intervenuta per sanare questo automatismo.
  Così è intervenuta anche a proposito del fatto lieve nella violenza sessuale e a proposito del fatto lieve nello spaccio degli stupefacenti, quando ancora era una circostanza attenuante.
  In definitiva, gli automatismi sono spesso fonte di possibile distacco tra la decisione e il fatto in tutti i suoi aspetti. Probabilmente il riconoscimento di una circostanza aggravante dalla quale deriva un aumento di pena sostanzialmente automatico potrebbe, quindi, non avere una conformità costituzionale certa.
  Ho, quindi, l'impressione che la soluzione al problema, ferma restando la circostanza aggravante che già esiste a proposito della truffa, che richiama la circostanza dell'articolo 61, primo comma, n. 5, su una minorata difesa anche in relazione all'età, potrebbe essere mantenere quella circostanza aggravante, magari prevedendone altre specifiche per questo caso. Si potrebbe in tal modo ottenere una funzione di prevenzione speciale e di prevenzione generale con un sostanziale aggravamento della pena base per il reato di truffa. Pag. 5
  Magari, come avviene per la violenza sessuale, come avviene per la bancarotta, come avviene per la ricettazione, si potrebbe introdurre un'attenuante del fatto lieve che consenta di adeguare la pena al fatto tutte le volte in cui il danno, morale o materiale, sia di lieve entità.
  Questa potrebbe essere una soluzione che si proietta in un ambito maggiormente conforme alla Costituzione, perché potrebbe evitare questo automatismo che non è consentito.
  L'automatismo è consentito dalla Corte costituzionale quando si collega a circostanze che, secondo l’id quod plerumque accidit sono certe. L'automatismo della custodia in carcere e la presunzione di esigenze cautelari per il mafioso si fonda su un presupposto che è, sostanzialmente, indiscutibile: il mafioso è un soggetto legato a un'associazione criminale dedita esclusivamente alla commissione di reati e si è messo a disposizione del clan per delinquere. In questo modo, questo automatismo persiste e non è stato intaccato, ma altri automatismi, che non rispondono sempre a reali, frequenti e normali aspetti della vita, vengono regolarmente bocciati.
  Perché dico che sarebbe un automatismo? Perché l'ultrasessantacinquenne non è sempre un soggetto facilmente circonvenutile e facilmente truffabile.
  Immaginiamoci una persona perfettamente normale. A sessantacinque anni c'è qualcuno che ancora fa il magistrato, il professore universitario, il parlamentare. Non sempre si è in condizioni di minorata difesa. Se dovesse accadere che subisce una truffa un soggetto ultrasessantacinquenne che è ancora nel pieno delle sue facoltà e, anzi, forse ha qualcosa di più perché l'esperienza gli ha insegnato, si dovrebbe comunque applicare automaticamente la circostanza aggravante. Questo è l'aspetto che sotto il profilo tecnico-giuridico potrebbe far discutere.
  Io penso, quindi, che sarebbe opportuno aggravare la pena base del reato di truffa, senza immaginare un reato autonomo, perché già è accaduto quando si è voluta punire la truffa per le erogazioni pubbliche (articolo 640-bis), che è stata poi ritenuta e interpretata dalla Corte di cassazione come un'aggravante della truffa, con tutte le conseguenze relative al bilanciamento fra circostanze.
  Al di là dell'introduzione di un reato autonomo, propongo, quindi, l'elevazione della pena base, l'elevazione della pena derivante dall'aggravante a effetto speciale che fa mutare il quantum della pena base e, magari, l'introduzione di altre circostanze aggravanti sulla stessa linea.
  Ho visto la proposta dell'Associazione nazionale magistrati, che condivido, che è quella di introdurre un'aggravante per la truffa commessa all'interno dell'abitazione. È un fatto ormai frequente che dei soggetti si introducono presso l'abitazione, con ciò sostanzialmente frodando due volte, perché frodano prima per entrare e poi per ingannare e ottenere il bottino. La truffa commessa presso l'abitazione è certamente una truffa aggravata.
  Ormai è un classico: si telefona all'anziano e si dice: «Sua nipote e suo figlio hanno avuto un incidente. Arriva un avvocato che preleverà quanto serve per risolvere immediatamente la situazione». Si presenta l'avvocato e si porta via i soldi.
  Un'altra aggravante potrebbe essere quella dell'essersi procurato e aver approfittato della conoscenza dei dati inerenti alla vita privata o di dati personali. Normalmente questi signori sanno come ci chiamiamo, dove abitiamo, quanti figli abbiamo, che macchine abbiamo.
  Di recente i parenti anziani di una persona amica hanno ricevuto la telefonata da una voce misteriosa che diceva: «Voi avevate una macchina Renault, che avete venduto, ma c'è ancora qualcosa da pagare». Questi poveretti hanno risposto: «Ma come? C'è da pagare! Sono debitore, guai, per carità! Mi dica quanto le devo». Per fortuna, poi, si sono consultati con i parenti meno vulnerabili e la truffa si è conclusa lì.
  L'approfittamento di dati della vita privata costituisce uno dei presupposti della commissione di queste truffe.
  Adesso, onorevole presidente, mi taccio. Se c'è qualche domanda rispondo. Aumentando la sanzione, prevedendo queste particolari circostanze aggravanti, probabilmente Pag. 6 si potrebbe dare un segnale e non rendere più pagante questo odioso reato.
  Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Do la parola alla dottoressa Monteleone, procuratore aggiunto alla procura di Roma nel settore vittime vulnerabili, per lo svolgimento della sua relazione.

  MARIA MONTELEONE, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Faccio una brevissima premessa per spiegare le ragioni della mia presenza alla procura di Roma, dove io coordino, come procuratore aggiunto, un gruppo specializzato di magistrati che si occupa dei reati contro la libertà sessuale, la famiglia, i minori e i soggetti vulnerabili.
  Già da diversi anni (almeno cinque) abbiamo considerato comprese anche le persone anziane tra le vittime da considerarsi vulnerabili, perché l'esperienza investigativa ci ha insegnato che sono spesso vittime di molteplici fattispecie di reato.
  Oggi qui abbiamo sentito parlare prevalentemente di truffa, ma noi ci occupiamo degli anziani anche come vittime di maltrattamenti in famiglia, come vittime del delitto di abbandono di persona incapace e come vittime di circonvenzione di persona incapace.
  Abbiamo, quindi, maturato un'esperienza che ci porta a dire come nella vasta categoria delle vittime del reato, dopo i minorenni, sicuramente gli anziani sono le vittime più vulnerabili. Sono, quindi, le vittime privilegiate, soprattutto con riferimento ai fatti criminosi che riguardano gli abusi finanziari, quelli che io chiamo «veri e propri atti di spoliazione e di depredazione del patrimonio e dei beni della persona anziana».
  Il fenomeno è sicuramente molto diffuso e in progressiva espansione, come dimostrerò con alcune brevissime indicazioni di natura statistica. Questo è legato, come voi sicuramente sapete bene, alle note tendenze demografiche, che indicano un allungamento dell'età della popolazione, e a una particolare facilitazione nella consumazione di questi reati, proprio per la condizione di particolare vulnerabilità della vittima.
  Vorrei fare un'ulteriore riflessione. Molto spesso questi fenomeni sono assolutamente sconosciuti nelle loro reali dimensioni, da un lato per le caratteristiche tipiche dei luoghi della loro consumazione (mi riferisco ovviamente ai reati intrafamiliari), dall'altro perché la vittima spesso, per le conseguenze stesse del reato che ha subìto, non li denuncia e non li comunica nemmeno ai familiari.
  L'ho rilevato in una grossa indagine relativa a quelle che io chiamo «le truffe del cioccolato Tobler», quelle del finto medico svizzero, che peraltro erano furti pluriaggravati, commessi da vere e proprie organizzazioni criminali. In quel caso diverse vittime si erano suicidate e non avevano neppure denunciato o raccontato quanto accaduto ai loro stessi familiari.
  Uno degli aspetti più significativi di questi crimini sta proprio nell'approfittamento finanziario della condizione e della situazione della vittima.
  Mi sento di dire che in questi ultimi anni sicuramente questi delitti sono in crescita e richiedono un approccio investigativo del tutto specialistico. Sono queste le ragioni per le quali nella nostra procura sono assegnati alla competenza del gruppo specializzato che io coordino.
  Peraltro, debbo aggiungere che i nostri dati statistici indicano che, purtroppo, anche qui emerge l'abuso del genere femminile. Infatti, la stragrande maggioranza delle vittime sono donne.
  Per quanto riguarda l'incremento dei delitti ai quali ho fatto riferimento, mentre nel 2010 alla procura di Roma le notizie di reato iscritte per circonvenzione di persona incapace e, quindi, i procedimenti iscritti erano 161, nel tempo sono aumentati a 192, 149, 184 e 233. Nell'anno 2016 i procedimenti per circonvenzione di persona incapace sono 243. Sostanzialmente, negli ultimi cinque anni abbiamo avuto un incremento del 42 per cento delle notizie di reato iscritte.
  Voglio offrire alla vostra riflessione anche un altro dato che può esservi utile, che è quello relativo ai procedimenti penali Pag. 7iscritti dopo l'entrata in vigore della modifica legislativa della truffa, quella che ha introdotto l'ipotesi di truffa aggravata dal comma 2, n. 2-bis, dell'articolo 640 del codice penale.
  Ricorderete che la modifica risale al 2009. In concreto, la truffa aggravata da questa circostanza ha determinato pochissime iscrizioni di notizie di reato: nessuna fino al 2012, tre nel 2015 e quattordici nel 2016. Direi che i risultati sono poco incoraggianti.
  L'esperienza che ho maturato nel contrasto al delitto di circonvenzione di persona incapace mi induce anche a offrire alla vostra riflessione alcuni dati.
  La realtà qual è? Il delitto di circonvenzione di persona incapace, in realtà, non tutela soltanto ed essenzialmente la vittima, ovvero l'anziano, bensì il patrimonio dell'anziano stesso, anche in funzione della successiva devoluzione agli eredi.
  Infatti, considerate che quando celebriamo un processo a carico della persona che si è resa responsabile di circonvenzione, l'anziano, nella quasi totalità dei casi, è ormai deceduto da tempo. Peraltro, quasi mai può rendere dichiarazioni come persona informata sui fatti e nella quasi totalità dei casi ovviamente, quando le indagini iniziano, del suo patrimonio non vi è più traccia.
  Si fanno, quindi, dei processi che perseguono l'autore del reato, ma mi sento di dire che la tutela dell'anziano e la sua protezione sono scarsamente efficaci.
  In proposito vorrei ricordarvi che forse valuterei anche la possibilità di modificare l'articolo 649, perché abbiamo diversi casi di non punibilità del familiare che si renda responsabile di circonvenzione di persona incapace. Forse è il caso di valutare l'opportunità di questa causa di non punibilità e, quindi, dell'articolo 649.
  Arrivo velocemente alle proposte che sono all'esame. Io, diversamente da come ha riferito il presidente Fumu, sarei orientata verso l'introduzione di una nuova fattispecie di reato che tenga conto delle specificità di questi fenomeni criminali. Provo in sintesi a indicare per quali ragioni.
  L'esperienza che abbiamo maturato a seguito dell'entrata in vigore del delitto di atti persecutori (articolo 612-bis) mi induce a sostenere che una nuova fattispecie di reato, che fosse strutturata in modo da avere come elementi costitutivi quelli della truffa, ma che contenesse anche altre circostanze, dando un autonomo rilievo penale a dei fatti criminali specifici, ovviamente quelli particolarmente odiosi ma anche molto frequenti, ovvero quelli commessi in ragione della condizione di obiettiva vulnerabilità della vittima, avrebbe una maggiore efficacia.
  Mi riferisco, in particolare, alle condizioni di vulnerabilità della vittima, per esempio nei casi in cui viene raggiunta, come ha detto prima il presidente Fumu, nella sua stessa abitazione, oppure quando viene raggiunta con un apparente approccio con finalità di tipo commerciale. Mi riferisco anche a tutte quelle condotte criminose per le quali possiamo parlare di vero e proprio adescamento della vittima, in prossimità, per esempio, degli uffici postali o di istituti di credito.
  Secondo me, la fattispecie autonoma di reato, che dovrebbe peraltro prevedere delle aggravanti specifiche, per esempio l'aggravante del fatto commesso in danno di un ultrasettantenne, oppure l'aggravante del danno commesso presso il domicilio o l'abitazione della vittima oppure ancora l'aggravante del fatto commesso per via telefonica o telematica o, come ho detto prima, in prossimità di uffici postali o istituti di credito, potrebbe avere effetti di tutela concreta della persona che si venga a trovare in condizioni di vulnerabilità.
  A mio avviso, la previsione di una fattispecie autonoma avrebbe l'ulteriore effetto di una funzione preventiva adeguata.
  Fino a quando non è stato introdotto il reato di atti persecutori, noi avevamo una serie di condotte che avevamo difficoltà, sul piano della qualificazione giuridica, a inquadrare in una fattispecie di reato e poi a perseguire.
  A me pare che anche in questo caso ci troviamo un po’ nella stessa situazione: i fatti che vedono vittime le persone anziane non sono solo truffe, perché la persona Pag. 8anziana viene indotta a fare una serie di atti di disposizione del patrimonio, a sottoscrivere contratti, a prendere iniziative che non sempre è possibile qualificare come artifici e raggiri, così come previsto dalla truffa.
  C'è una proposta che mi pare preveda un'aggravante cosiddetta «secca» dell'aumento della pena per l'ultraottantenne. Ho delle riserve sull'utilità di una previsione di questo genere, sia per le caratteristiche che ha, sia perché in realtà non sono moltissimi gli ultraottantenni vittime di questi reati, anche perché vivono in condizioni che molto spesso non rendono possibile la consumazione di questi reati.
  Per quanto riguarda la proposta di legge dell'onorevole Ermini, farei alcune riflessioni. Sottoscrivo le obiezioni sollevate in ordine all'indicazione dell'età degli ultrasessantacinquenni, tra i quali mi annovero anch'io (ma non è per questo ovviamente che ho delle riserve sulla sua utilità). Forse, alla peggio, potrebbe essere portata a oltre 70 anni.
  È sicuramente utile il richiamo a quanto previsto dal testo dell'articolo 643-bis sulle restituzioni, anche se in concreto mi sento di dire che difficilmente e in pochi casi potremmo applicarlo.
  È sicuramente condivisibile la proposta di modifica dell'articolo 275, sulle misure cautelari e dell'articolo 380, sull'arresto obbligatorio in flagranza di reato. Mi piacerebbe che mi capitasse un'ipotesi così. La vedo un po’ peregrina, però è bene prevederla.
  Proporrei, peraltro, l'elevazione della pena massima a sei anni, perché, per le note ragioni, è una pena edittale che ci consente il ricorso alle intercettazioni telefoniche, che – mi permetto di dire – sono uno strumento investigativo particolarmente utile in queste circostanze.
  Infatti, dobbiamo dirci che la vittima del reato, molto spesso l'unico testimone del fatto, si trova in una condizione di vulnerabilità e, spesso, di incapacità di rendere dichiarazioni.
  Per ciò che concerne le truffe ai minori, francamente non ne ho mai vista una. Le ragioni sono evidenti: i minori non hanno mai beni e disponibilità economiche, che in genere sono strettamente e rigorosamente destinate ad altri fini, e soprattutto non possono disporre o compiere atti giuridici che impegnino il loro eventuale patrimonio.
  Così come formulata, la fattispecie dell'articolo 640-bis che ho visto nella proposta cosiddetta dell'onorevole Cirielli, se non erro, a me pare e un po’ troppo generica, ma non entro nel dettaglio.
  Per le ragioni che ho indicato prima, formulerei una fattispecie criminosa di più ampio respiro, alla quale potrebbe essere interessante cambiare anche il nome. Infatti, colleghiamo sempre il termine truffa, anche dal punto di vista mentale, a un qualcosa di poco importante e di poco grave. Il presidente Fumu nella sua introduzione ha detto delle cose molto condivisibili, la realtà è così.
  Io per questi fenomeni criminali, che sono veramente molto gravi – basta vedere le vittime di questi reati per capire di che cosa parliamo – immaginerei altri termini, come «raggiro», «abuso economico», «violenza economica», «atto predatorio».
  Io proporrei, quindi, una fattispecie autonoma, a cui dare una definizione più appropriata ai contenuti di queste condotte.
  Sicuramente, condivido quanto ha detto il presidente Fumu sull'assoluta necessità di prevedere aggravanti speciali. Mi riferisco ai fatti commessi nei luoghi di cui all'articolo 624-bis. Io aggiungerei anche «nelle immediate vicinanze o nelle pertinenze», oltre agli uffici postali.
  Sul piano processuale farei una sola riflessione. Nel momento in cui il reato è di competenza del tribunale monocratico, siccome la pena supererebbe i cinque anni o verosimilmente i sei e passa per l'udienza preliminare, valuterei l'opportunità di modificare l'articolo 132-bis delle disposizioni di attuazione, prevedendo che l'udienza monocratica debba essere fissata con carattere di priorità, analogamente al delitto di cui agli articoli 572 e 612-bis. Altrimenti, è veramente inutile esercitare l'azione penale in questi casi. Pag. 9
  Io concludo, salvo vostre richieste di chiarimento. Naturalmente non posso che concludere dicendo che poi la concreta operatività delle vostre modifiche legislative sarà pesantemente condizionata dalla possibilità reale che verrà data agli uffici giudiziari di perseguire questi fenomeni criminali.
  Come voi sapete bene, gli uffici giudiziari si trovano in situazione di difficoltà enorme, per cui diventa veramente difficile calibrare fra fatti gravissimi qual è più grave e qual è meno grave. Lascio, quindi, alla vostra riflessione il tema del disagio degli uffici inquirenti nel dover decidere se è più grave il maltrattamento, la violenza psicologica, la violenza sessuale o l'abuso. Queste sono considerazioni che, però, restano fuori dalla proposta.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANTONIO MAROTTA. Innanzitutto, vorrei ringraziare gli autorevoli auditi che hanno fatto un quadro preciso della situazione che oggi ci riguarda. Prendo spunto anche da una sostanziale divergenza che c'è tra i due relatori, se non ho capito male, rispetto a una situazione che a noi interessa molto, che è all'origine di questo provvedimento che stiamo trattando.
  È il caso, è necessario, è ragionevole creare nuove ipotesi di reato nel nostro sistema o forse è il caso di valorizzare quello che abbiamo, anzi di restringere, perché molte di queste non hanno alcuna funzione né sul piano dell'ordine pubblico né sul piano sociale? Molto probabilmente, dovremmo intervenire molto più sul definire quali sono i reati veramente gravi che vanno perseguiti.
  Il discorso è vasto, perché rispetto all'obbligatorietà dell'azione penale c'è un problema: l'obbligatorietà resta solamente come principio validissimo, ma poi nella realtà, come voi vedete e ci insegnate, cede il passo di fronte alle esigenze e alla necessità di intervenire in alcuni casi invece che in altri.
  Il legislatore ha una specie di frenesia, che io posso comprendere, di pensare a offrire all'opinione pubblica un numero di ipotesi di reato per cercare di tamponare quel senso di insicurezza che la pervade e che oggi come oggi, di fronte a tante situazioni di becero populismo, ci porta a farci dire: «Noi siamo intervenuti, noi abbiamo creato questa ipotesi di reato. Ora li perseguiamo in questo modo».
  Nel caso che ci occupa, io penso che con quello che abbiamo nel nostro codice, intervenendo in modo da ampliare eventualmente le aggravanti, per dare la possibilità al magistrato di poter irrogare la pena che ritiene giusta, già nelle indicazioni del minimo e del massimo, c'è quel principio di equità che il magistrato ricerca, adattandolo al caso concreto.
  Il presidente Fumu faceva riferimento al gioco delle tre carte, che ha la sua importanza, ma ormai è diventato quasi un fatto letterario che vivono nella memoria coloro che, come me, hanno superato i 65 anni e che il nostro amico vuole tutelare in maniera maggiore (anche io effettivamente).
  Al di là di questo, è il caso di creare una nuova figura di reato? Io sarei propenso a intervenire su quella esistente, che è già un patrimonio importantissimo. Infatti, se nel nostro codice abbiamo momenti di certezza che vengono dal legislatore del dopoguerra, uno è quello che individua e cerca di commisurare la pena al risultato che viene fuori dall'azione concreta, dalla condotta concreta, dal fatto concreto.
  C'è una grande disponibilità, perché il magistrato non si può muovere nell'ambito di un mese o di un anno. C'è un lasso di tempo, tra la pena minima e la pena massima, che dà un ventaglio di possibilità e rispetto al quale penso che si possa già intervenire.
  È chiaro che dobbiamo concepire una nuova ipotesi di reato laddove il sistema, l'evoluzione o il progresso richiedono nuove figure di ipotesi di reato che non esistevano precedentemente né potevano esistere in un dato momento storico. Le dobbiamo creare rispetto a una situazione diversa, nella quale il legislatore deve intervenire.
  Fatta questa premessa, vado alle conclusioni. Io vorrei avere conferma, sul piano dell'intervento sulle aggravanti, eventualmente Pag. 10 individuandone anche altre, che possano essere adeguate e rapportate a questa situazione, più che sul creare, come linea di principio, nuove forme di ipotesi di reato.

  CARLO SARRO. Ringrazio anch'io per il contributo che è stato offerto alla Commissione. Anch'io non posso che evidenziare la differenza di posizioni che c'è stata tra i nostri auditi rispetto all'esigenza di introdurre o meno una nuova figura di reato.
  Di conseguenza, anche alla luce delle considerazioni largamente condivisibili che sono state espresse, sia dal presidente Fumu, sia dal procuratore Monteleone, orienterei una riflessione nell'ambito della Commissione sull'ipotesi di aggravare la pena base per la truffa, come suggeriva il presidente Fumu.
  Dovremmo altresì tenere presente, quasi come se volessimo praticare dei correttivi sul piano processuale, di rafforzare la perseguibilità di questa ipotesi particolare che si viene a creare ai danni degli anziani, attraverso la modifica dell'articolo 649 che ci suggeriva la dottoressa Monteleone.
  Un altro suggerimento che trovo assolutamente condivisibile è quello di introdurre le modifiche alle norme di attuazione del codice, quasi a creare una corsia preferenziale per il perseguimento di questi reati, il cui tempismo, oltre alle esigenze oggettive, è anche connaturato alle caratteristiche dei soggetti vittime di questi reati, persone in genere molto avanti negli anni. Pertanto, la tempestività è sicuramente un elemento fondamentale nel perseguire il reato.
  Si potrebbe, quindi, orientare la riflessione della Commissione in questo senso, non introducendo un nuovo reato, ma aggravando la pena base per il reato esistente e praticando quei correttivi che, nella specificità del caso, possono consentire un perseguimento efficace delle condotte criminose.

  PRESIDENTE. Già nelle precedenti audizioni abbiamo avuto due linee: Padovani parla di nuovo reato e l'Associazione nazionale magistrati di circostanze aggravanti. È una questione già emersa, su cui la Commissione dovrà riflettere.
  Mi chiedo, però, se si possa lavorare solo sulla circostanza aggravante e, quindi, specificarla. Infatti, se ho capito bene, per come sono costruiti oggi l'articolo 640, secondo comma, nelle sue varie articolazioni e l'articolo 61, primo comma, n. 5, così come richiamato, in realtà, a prescindere dal limite di età che ha voluto marcare la proposta di legge del collega Ermini, non coprono alcune condotte che si realizzano.
  Secondo me, il legislatore penale non deve creare nuove fattispecie tanto per crearle, ma deve tener conto anche dell'evolversi di fenomeni criminali la cui normativa non è più adeguata.
  La proposta di legge dell'onorevole Ermini, che peraltro ho sottoscritto anch'io, prevede un limite di 65 anni, che può essere di 70, 66 o 68 (non è quello il punto). Si è voluto mettere un riferimento temporale, così come per la rapina aggravata, perché in qualche modo si superasse quell'accertamento, caso per caso, in concreto che molte volte, come diceva la dottoressa Monteleone, può creare delle problematiche di intervento immediato dovute al fatto di dover accertare la vulnerabilità.
  Mi chiedo, in primo luogo, se lavorare solo sulle aggravanti non faccia sì che alla fine, con la questione del calcolo, del giudizio di comparazione, della prevalenza, anche con un eventuale aggravamento di pena, viene sostanzialmente emesso il nulla. L'attenuante generica, anche con la distanza di tempo, non si regala a nessuno, ma il fenomeno potrebbe non essere perseguito per quello che è.
  L'autonoma fattispecie di reato, invece, non creerebbe questo, perché ci sarebbe un reato autonomo, come è stato l'articolo 612-bis, com'è la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
  In secondo luogo, l'articolo 90-bis del codice di procedura penale (mi pare) ha introdotto nell'ordinamento il concetto di vittima vulnerabile, con dei parametri. Ritenete opportuna la possibilità di introdurre questo concetto?
  Infatti, nella truffa non c'è. Nella truffa si parla di minorata difesa, ma non si parla Pag. 11di vittima vulnerabile. La minorata difesa è altra cosa (articolo 61, primo comma, n. 5). Io credo che del secondo comma ci siano pochissime applicazioni, ormai è una fattispecie arcaica. Manca poi tutto l'aggravamento che attiene agli strumenti informatici o telematici.
  Inoltre, vorrei sapere se ci sono dei suggerimenti ulteriori per colpire i patrimoni o, comunque, per cercare di creare un effettivo deterrente. Nella proposta di legge dell'onorevole Ermini c'è il suggerimento delle restituzioni, che spesso non si possono avere.
  Vorrei capire, a prescindere dal reato autonomo o dalla circostanza aggravante, come questo reato possa essere delineato in base a quello che oggi emerge.

  ANDREA COLLETTI. Personalmente non sono propenso alla disciplina autonoma di un reato specifico. Un'aggravante da inserire all'articolo 640 potrebbe essere anche quella per chi detiene o gestisce il patrimonio della persona offesa o può compiere atti di esposizione? Penso al dipendente delle Poste, al funzionario di banca eccetera, che ovviamente può disporre quasi autonomamente nei confronti del correntista. Vorrei sapere se si potrebbe inserire un'aggravante del genere all'articolo 640.

  DAVID ERMINI. Vorrei fare un chiarimento sugli ultrasessantacinquenni. L'ho già detto l'altra volta, perché anche il professor Padovani mi disse: «Oh, mica io sono rincitrullito!» Gli ho risposto: «Assolutamente no». Anche Sannicandro me l'ha detto. Qualcuno mi sta dicendo: «Ti stai preparando la legge per te». Infatti, manca qualche anno anche a me.
  Il problema non è questo. Noi abbiamo utilizzato i 65 anni perché erano già presenti nell'aggravante del 2013, per avere un'omogeneità nell'ordinamento. Dopodiché, il problema non è 65 o 70 anni, il problema è capire se si può prevedere l'automatismo o meno.
  Nella scorsa audizione abbiamo avuto il professor Padovani, che era sulle posizioni del presidente, che ci diceva che lui era contrario all'automatismo. Il consigliere Minisci dell'Associazione nazionale magistrati, invece, ci disse che era favorevole all'automatismo.
  Io credo che tutte le soluzioni siano valide. Noi abbiamo cercato di intervenire. I problemi di livello costituzionale ci sono ed eventualmente ne parliamo, però il problema è il seguente. Questa non è una norma che insegue l'opinione pubblica; questa è una norma che insegue l'andamento della società, come dovrebbero essere le riforme della giustizia.
  La società invecchia e questi problemi ci saranno. Io faccio l'avvocato e sono in parlamento da quattro anni. Stando però qui ci si accorge che a volte il legislatore arriva, non tardi, ma tardissimo rispetto alle esigenze della società. I dati che citava la dottoressa Monteleone sono evidenti e chissà quanti casi non sono denunciati. Pertanto, noi dobbiamo prevedere un intervento.
  Noi abbiamo fatto sei audizioni e ognuno degli auditi ha formulato delle ipotesi diverse, in un modo o in un altro. Io reputo che siano tutte assolutamente costruttive e che occorra ascoltarle tutte, perché ognuna ha una grande capacità di convincimento.
  Questo dimostra che il diritto non è matematica, che è anche il bello del diritto. Tuttavia, è ovvio che noi, a un certo punto, dobbiamo fare una sintesi e dobbiamo dare una risposta a questa «emergenza sociale».
  Io capisco anche che non si tratta soltanto di repressione. Io vengo dalla Toscana, dove carabinieri e polizia vanno addirittura in chiesa alla fine della messa. Il maresciallo e l'ispettore vanno sull'altare e spiegano agli anziani cosa devono fare e che numeri devono chiamare. Prevenzione e repressione, quindi, devono andare di pari passo.
  Dobbiamo valutare questi due elementi sostanziali: la fattispecie autonoma, che da un lato convince anche me sotto l'aspetto del bilanciamento delle circostanze, come diceva la presidente, e l'automatismo.
  Ci sono poi tutte le circostanze particolari di cui parlava la dottoressa: la posta, la banca, la casa, il telefono. Quanta gente telefona dicendo: «Io sono dell'ENEL, fra Pag. 12una settimana veniamo»? Ci sono una serie di situazioni molto delicate che andrebbero in qualche modo normate. Dobbiamo valutarle.
  Io ho affermato che il problema non è aumentare le pene per aumentarle, ma è che spesso sono collegate all'aspetto procedurale. Infatti, se il massimo della pena è cinque anni, posso applicare le misure cautelari; se è sei, posso utilizzare le intercettazioni. È evidente che al calcolo finale della pena il giudice valuterà. Purtroppo, il processo arriverà a conclusione a tempo molto più lontano.
  A me non interessa tanto qual è il massimo della pena, ma mi interessa inserire una pena che mi permetta delle indagini veloci, certe e che possano dare soddisfazione alla parte offesa.
  Per esempio, nel corso della sua audizione, il professor Padovani ci proponeva di collegarlo all'articolo 643, prevedendo lo stesso tipo di pena che c'è per la circonvenzione, il che ha un senso logico. Si potrebbe, addirittura, modificare la terminologia, perché la truffa forse potrebbe essere riduttiva.
  In effetti, stando qui a fare il legislatore, ci si rende conto di cose che non si vedono in altri campi. Che la truffa e soprattutto l'appropriazione indebita nel nostro sistema siano considerati reati, non di serie B, ma di serie C, è una cosa che non sta né in cielo né in terra.
  Il professor Padovani l'altro giorno faceva l'esempio del direttore di banca che con un clic sposta un milione di euro da una parte a un'altra, sottraendoli a un suo cliente. È un'appropriazione indebita gigantesca, che alla fine viene ridotta a poco più di un reato di secondo livello.
  Anche quello che sosteneva il collega Colletti è vero, però secondo me sarebbe più collegabile all'appropriazione indebita che alla truffa.
  Io pongo questi due problemi: automatismo e fattispecie autonoma. Questi sono i nodi che noi dovremmo risolvere. Chiedo a voi se il tetto dei 65 o 70 anni che sia è veramente inapplicabile. Mi chiedo se anche secondo voi a questo punto la fattispecie autonoma eliminerebbe il problema del bilanciamento delle circostanze, che è un elemento importante.
  Il presidente propone di aumentare la pena genericamente sulla truffa e di applicare le attenuanti. È una strada anche questa. Valuteremo tutti insieme.

  PRESIDENTE. Ci sono state domande, ma anche riflessioni, che però servono anche per impostare un dialogo costruttivo.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  GIACOMO FUMU, Presidente della II Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione. Io ho fatto un esempio di come la fattispecie autonoma di reato in termini di truffa sia venuta a mancare per interpretazione giurisprudenziale e di come allo stesso modo l'interpretazione giurisprudenziale abbia ridotto praticamente a niente la frode per le forniture pubbliche di cui all'articolo 316-bis o 316-ter (adesso non ricordo con precisione), proprio perché si riconduce tutto alla struttura della truffa.
  Certamente si può riflettere e organizzare i passaggi per individuare una fattispecie di reato onnicomprensiva, che contenga tutte le possibili ipotesi di reato e di locupletatio in danno dell'anziano, una fattispecie che assorba la circonvenzione di incapace e la truffa con le aggravanti di cui parliamo.
  È una costruzione che vedo assai complicata, a prescindere dalla necessità, che l'onorevole poc'anzi richiamava, di contenere in qualche modo l'intervento penale e lo sviluppo delle fattispecie penali, che rende complessa l'interpretazione del sistema, anche perché – diciamocelo chiaramente – spesso e volentieri l'intervento è asistematico, non si inserisce in un sistema globale e, quindi, rende difficile l'interpretazione.
  Ecco perché io mi sono mosso sulla linea dell'aumento delle pene e dell'introduzione delle circostanze.
  Mi viene da riflettere sul fatto che nel nostro codice esiste anche la possibilità di individuare alcune aggravanti che non possono essere portate nel giudizio di comparazione. Questo esiste, per esempio, a proposito della rapina. Anche questa è una Pag. 13sorta di automatismo, che per quanto riguarda la recidiva, come dicevo prima, la Corte costituzionale ha in parte bocciato.
  Anche questo, quindi, è un intervento a rischio costituzionalità, che forse, però, si potrebbe in qualche modo bilanciare, come dicevo prima, con una norma che preveda un'attenuante della lievità del fatto.
  Come dicevo, abbiamo la lievità del fatto anche in fattispecie gravissime, non solo nella ricettazione, ma anche nella violenza sessuale e nella bancarotta. Abbiamo una serie di fattispecie gravissime, in cui alla fine c'è questa norma che è la clausola di salvezza, che consente di non equiparare la bancarotta del «fruttarolo», come dicono a Roma, a quella della grande impresa.
  Perciò suggerisco sicuramente l'aumento delle pene. Diamo il rilievo penale che ormai meritano queste fattispecie di reato.
  Oltre all'aumento delle pene, suggerisco l'introduzione di circostanze che anche la collega ha individuato. Abbiamo parlato del telefono, dell'abitazione, della raccolta e sfruttamento di dati personali. Sono tutte aggravanti che alla fine devono convincere il giudice, quando fa il gioco di bilanciamento, a non adottare decisioni che annullino la gravità del reato.
  Peraltro, ci sono le corti d'appello che esistono per ridurre le pene. L'onorevole è avvocato e lo sa bene. In effetti, è questo a mio avviso il tentativo.
  C'è poi una cosa alla quale tengo particolarmente: la possibilità di colpire il patrimonio. Se si inserisse l'articolo 640 aggravato nell'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, che prevede la confisca del patrimonio di cui il condannato non può giustificare il provento, potremmo veramente togliere uno degli incentivi principali della commissione del reato. Infatti, il citato articolo 12-sexies consente di confiscare, ma anche di sequestrare durante le indagini, ecco perché è importante: durante le indagini si adotta il sequestro preventivo e gli si porta via immediatamente o gli si vincola immediatamente il bene.
  Avendo la possibilità di confiscare il patrimonio di cui non si può dare giustificazione, compresi i beni intestati fittiziamente ad altri, si asciuga il patrimonio di chi delinque in questo senso e probabilmente si riesce a ottenere un maggior risultato di prevenzione generale, oltre che di prevenzione speciale.

  MARIA MONTELEONE, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Proprio in vista di questo incontro, ovviamente mi sono domandata quale potesse essere, secondo me, la soluzione più corretta e mi sono imposta di essere obiettiva nell'offrire a voi gli elementi di valutazione, perché la vostra decisione fosse la migliore possibile.
  Dal punto di vista dell'inquirente, quindi del giudice di merito, gli elementi di riflessione che ho ritenuto giusto porvi sono quelli che sono nati dalla valutazione e osservazione della realtà quotidiana.
  I dati sono quelli che vi ho detto: nel 2009 è stato modificato l'articolo 640, con l'introduzione dell'aggravante, ed è stato introdotto l'articolo 612-bis. Mentre per gli atti persecutori, esattamente l'anno dopo, nel 2010, alla procura di Roma abbiamo registrato l'iscrizione di oltre 900 procedimenti penali per atti persecutori, in questo caso dopo cinque anni abbiamo 14 procedimenti. Vi cito questo dato per farvi cogliere la concretezza di come la modifica del 2-bis e del 640 abbia avuto scarsissimo rilievo.
  Di fronte a questa riflessione, il fenomeno criminale che io conosco e che vi ho rappresentato all'inizio mi induce a pensare, pur condividendo le considerazioni dell'onorevole Marotta, che anche l'efficacia preventiva che avrebbe sui potenziali autori di questi reati in danno delle vittime è maggiore se viene introdotta una figura di reato autonoma.
  Supereremmo anche tutte quelle problematiche alle quali ha accennato la presidente sul bilanciamento delle aggravanti e sull'individuazione di un'età (70 anni o 65) come dato che aggrava il reato.
  Inoltre, se mi consentite, c'è un elemento che secondo me è troppo rigido. Se noi ci muoviamo nell'ambito delle aggravanti, più o meno vincolanti per il giudice, dell'articolo 640, ci muoviamo sempre nell'ambito degli elementi costitutivi della truffa, quindi ci sono tante ipotesi che restano Pag. 14fuori. Pertanto, offro ancor più alla vostra riflessione la scelta.
  Rispondo all'onorevole Sarro sul problema che veniva posto in merito alle persone che in concreto approfittano maggiormente della condizione di vulnerabilità dell'anziano. Molti sono familiari, quindi bisognerebbe intervenire sull'articolo 649, presidente.
  Per quanto riguarda il dipendente delle Poste o l'impiegato della banca, debbo dire che la mia esperienza non va in quel senso, anzi molto spesso gli impiegati delle Poste e i dipendenti delle banche, che hanno un rapporto di frequentazione e di conoscenza personale con la vittima, sono quelli che ci comunicano l'esistenza di operazioni o prelievi sospetti. Sotto quel profilo, quindi, non posso sostenere, sulla base della mia esperienza, l'ipotesi che è stata formulata dall'onorevole.
  Sicuramente, è di grandissimo effetto l'ultima proposta del presidente Fumu, che è quella di consentire il sequestro preventivo dei beni del patrimonio dell'indagato fin dalla fase delle indagini preliminari, prevedendo la confiscabilità del suo patrimonio. Questo sicuramente è uno strumento che potrebbe essere molto utile.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo veramente con partecipazione. Peraltro, qui ci sono tutti i Gruppi rappresentati e, quindi, credo che il tema sia in evidenza. Insieme ad altri, speriamo di poterlo definire almeno alla Camera. L’iter del Senato non dipende da noi.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.55.