XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Giovedì 10 luglio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE C. 2486  GOVERNO DI CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE N. 90 DEL 2014 RECANTE MISURE URGENTI PER LA SEMPLIFICAZIONE E LA TRASPARENZA AMMINISTRATIVA E PER L'EFFICIENZA DEGLI UFFICI GIUDIZIARI

Audizione di esperti.
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 
Sandulli Maria Alessandra , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università degli Studi Roma Tre ... 3 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 6 

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici (ANIA):
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 6 
Focarelli Dario , Direttore generale dell'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA) ... 6 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 6 
Focarelli Dario , Direttore generale dell'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA) ... 7 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 7 

Audizione di rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 7 
Di Primio Umberto , Sindaco di Chieti e componente dell'ANCI ... 7 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 8 
Bosone Daniele , Membro dell'ufficio di presidenza dell'UPI ... 9 
Di Primio Umberto , Sindaco di Chieti e componente dell'ANCI ... 10 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 10 
Fiano Emanuele (PD) , Relatore ... 10 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 10 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 11 
Bosone Daniele , Membro dell'ufficio di presidenza dell'UPI ... 11 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 11 

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE):
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 11 
Buzzetti Paolo , Presidente dell'ANCE ... 11 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 13 
Fiano Emanuele (PD) , Relatore ... 13 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 14 
Bianchi Dorina (NCD)  ... 14 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 14 
Buzzetti Paolo , Presidente dell'ANCE ... 14 
Fiano Emanuele (PD) , Relatore ... 14 
Buzzetti Paolo , Presidente dell'ANCE ... 14 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 14 
Buzzetti Paolo , Presidente dell'ANCE ... 14 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15 
Buzzetti Paolo , Presidente dell'ANCE ... 15 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15 
Ottavi Francesca , Direttore legislazione opere pubbliche dell'ANCE ... 15 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15 
Ottavi Francesca , Direttore legislazione opere pubbliche dell'ANCE ... 15 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15 
Ottavi Francesca , Direttore legislazione opere pubbliche dell'ANCE ... 15 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15 
Ottavi Francesca , Direttore legislazione opere pubbliche dell'ANCE ... 15 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15 
Buzzetti Paolo , Presidente dell'ANCE ... 15 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15 

Audizione di rappresentanti di Confcooperative:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15 
Della Vecchia Tony , Capo segreteria dell'ufficio legislativo di Confcooperative ... 16 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 16 
Cannizzaro Milena , Rappresentante di Confcooperative ... 16 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 16 
Della Vecchia Tony , Capo segreteria dell'ufficio legislativo di Confcooperative ... 17 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 17 
Della Vecchia Tony , Capo segreteria dell'ufficio legislativo di Confcooperative ... 17 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 17 

Audizione di rappresentanti dell'Unione nazionale segretari comunali e provinciali (UNSCP):
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 17 
Ricciardi Alfredo , Segretario generale dell'UNSCP ... 17 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 17 
Ricciardi Alfredo , Segretario generale dell'UNSCP ... 18 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 19 
Ricciardi Alfredo , Segretario generale dell'UNSCP ... 19 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 19 
Ricciardi Alfredo , Segretario generale dell'UNSCP ... 19 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 19 
Ricciardi Alfredo , Segretario generale dell'UNSCP ... 19 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 19 
Ricciardi Alfredo , Segretario generale dell'UNSCP ... 19 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 20 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 20 
Pilozzi Nazzareno (Misto-LED)  ... 20 
Ricciardi Alfredo , Segretario generale dell'UNSCP ... 20 
Pilozzi Nazzareno (Misto-LED)  ... 20 
Ricciardi Alfredo , Segretario generale dell'UNSCP ... 20 
Pilozzi Nazzareno (Misto-LED)  ... 20 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 21 

Audizione di rappresentanti di: CGIL(FP), CISL(FP), UIL(PA), ANQUAP, CONFSAL, COSMED, CONFEDIRSTAT, CONFEDIR, CIDA, Co.Dir.P., AGDP e DIRPUBBLICA:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 21 
Biasioli Stefano , Segretario generale Confedir ... 21 
Germani Giorgio , Presidente ANQUAP ... 22 
Cavallero Giorgio , Segretario generale aggiunto COSMED ... 22 
Perrini Marinella , Dirigente sindacale CGIL – Funzione pubblica ... 23 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 23 
Perrini Marinella , Dirigente sindacale CGIL – Funzione pubblica ... 23 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 24 
Severino Chiara , rappresentante di CISL – Funzione pubblica ... 24 
Romano Gerardo , rappresentante della UIL – Pubblica amministrazione ... 24 
Ricciato Fedele , Segretario generale della CONFSAL ... 25 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 26 
Ricciato Fedele , Segretario generale della CONFSAL ... 26 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 26 
Barra Giancarlo , Segretario generale Dirpubblica ... 26 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 27 
Savarino Pompeo , Presidente AGDP ... 27 
Rembado Giorgio , Presidente della CIDA ... 28 
Casagrande Barbara , Segretario generale Co.Dir.P ... 29 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 29 
Casagrande Barbara , Segretario generale Co.Dir.P ... 29 
Boiano Pietro Paolo , Vicesegretario generale DIRSTAT ... 30 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 30 
Boiano Pietro Paolo , Vicesegretario generale DIRSTAT ... 30 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 31 
Centemero Elena (FI-PdL)  ... 31 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 31 
Rembado Giorgio , Presidente della CIDA ... 31 
Romano Gerardo , rappresentante della UIL – Pubblica amministrazione ... 31 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 31 

Audizione del direttore generale dell'INPS, Mauro Nori:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 31 
Nori Mauro , Direttore generale dell'INPS ... 32 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 32 
Giordano Silvia (M5S)  ... 32 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 32 
Nori Mauro , Direttore generale dell'INPS ... 32 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 33 

Audizione di rappresentanti di Confindustria:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 33 
Panucci Marcella , Direttore generale Confindustria ... 33 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 34 
Panucci Marcella , Direttore generale Confindustria ... 34 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 36 
Fiano Emanuele (PD) , relatore ... 36 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 36 
Panucci Marcella , Direttore generale Confindustria ... 36 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 37 
Panucci Marcella , Direttore generale Confindustria ... 37 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 37 
Panucci Marcella , Direttore generale Confindustria ... 38 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 38 

Audizione del sindaco di Brescia, Emilio Del Bono:
Agostini Roberta , Presidente ... 38 
Scalvini Felice , Assessore della giunta del comune di Brescia ... 38 
Agostini Roberta , Presidente ... 39 
Piccione Teresa (PD)  ... 39 
Scalvini Felice , Assessore della giunta del comune di Brescia ... 39 
Agostini Roberta , Presidente ... 39 

Audizioni di rappresentanti della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli odontoiatri:
Agostini Roberta , Presidente ... 39 
Benato Maurizio , vicepresidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri ... 39 
Agostini Roberta , Presidente ... 41 
Bianchi Dorina (NCD)  ... 41 
Agostini Roberta , Presidente ... 41 
Benato Maurizio , vicepresidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri ... 41 
Bianchi Dorina (NCD)  ... 41 
Benato Maurizio , vicepresidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri ... 41 
Bianchi Dorina (NCD)  ... 42 
Benato Maurizio , vicepresidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri ... 42 
Bianchi Dorina (NCD)  ... 42 
Benato Maurizio , vicepresidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri ... 42 
Agostini Roberta , Presidente ... 42 
Renzo Giuseppe , Presidente della Commissione nazionale iscritti all'Albo odontoiatri ... 42 
Agostini Roberta , Presidente ... 42 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 43 
Benato Maurizio , vicepresidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri ... 43 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 43 
Renzo Giuseppe , Presidente della Commissione nazionale iscritti all'Albo odontoiatri ... 43 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 43 

Audizione del Presidente della Scuola nazionale dell'amministrazione, Giovanni Tria:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 43 
Tria Giovanni , Presidente della Scuola nazionale dell'amministrazione ... 44 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 45 
Centemero Elena (FI-PdL)  ... 45 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 45 
Tria Giovanni , Presidente della Scuola nazionale dell'amministrazione ... 45 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 46 

Audizione di rappresentanti di FederUtility:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 46 
Bianco Massimiliano , Direttore generale della FederUtility ... 46 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 47 
Bianco Massimiliano , Direttore generale della FederUtility ... 48 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 48 

Audizione di rappresentanti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 48 
Cardani Angelo Marcello , Presidente dell'AGCOM ... 48 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 48 
Cardani Angelo Marcello , Presidente dell'AGCOM ... 48 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 48 
Cardani Angelo Marcello , Presidente dell'AGCOM ... 48 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 48 
Cardani Angelo Marcello , Presidente dell'AGCOM ... 48 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 50 
Cardani Angelo Marcello , Presidente dell'AGCOM ... 50 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 50 
Cardani Angelo Marcello , Presidente dell'AGCOM ... 50 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 50 
Cardani Angelo Marcello , Presidente dell'AGCOM ... 50 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 50 
Fiano Emanuele (PD) , relatore ... 50 
Cardani Angelo Marcello , Presidente dell'AGCOM ... 50 
Fiano Emanuele (PD) , relatore ... 50 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 50 
Fiano Emanuele (PD) , relatore ... 50 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 50 
Cardani Angelo Marcello , Presidente dell'AGCOM ... 51 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 52 
Iannuzzi Tino (PD)  ... 52 
Fiano Emanuele (PD) , relatore ... 52 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 52 
Pilozzi Nazzareno (Misto-LED)  ... 53 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 53 
Cardani Angelo Marcello , Presidente dell'AGCOM ... 53 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 54 
Cardani Angelo Marcello , Presidente dell'AGCOM ... 54 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 54 
Cardani Angelo Marcello , Presidente dell'AGCOM ... 54 
Sclafani Francesco , Segretario generale dell'AGCOM ... 54 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 54 
Sclafani Francesco , Segretario generale dell'AGCOM ... 54 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 55 
Sclafani Francesco , Segretario generale dell'AGCOM ... 55 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 55 
Sclafani Francesco , Segretario generale dell'AGCOM ... 55 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 55 
Sclafani Francesco , Segretario generale dell'AGCOM ... 55 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 55 
Sclafani Francesco , Segretario generale dell'AGCOM ... 55 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 55

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di esperti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva deliberata in relazione all'esame del disegno di legge c. 2486 Governo di conversione in legge del decreto-legge n. 90 del 2014 recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», l'audizione di esperti.
  Ringrazio per la sua presenza la professoressa Maria Alessandra Sandulli, professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università degli studi Roma Tre.
  Le do subito la parola affinché svolga la sua relazione.

  MARIA ALESSANDRA SANDULLI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università degli Studi Roma Tre. Vi ringrazio per questa opportunità. Subito dopo la pubblicazione del decreto – legge n. 90, ho cercato di fornire un contributo che non avesse collocazione politica. Io non entro nel merito dell'obiettivo della riforma. Premesso che l'obiettivo della riforma è di un certo tipo, il mio tentativo è quello di verificare se alcune delle disposizioni, in particolare quelle che riguardano la giustizia e gli appalti, siano sostenibili e compatibili con quell'obiettivo o non possano piuttosto, per eterogenesi dei fini, raggiungere l'obiettivo opposto o essere meritevoli di miglioramento.
  Il primo emendamento che proporrei riguarda l'articolo 40 e cioè l'intervento sulle modalità del processo appalti. Il processo appalti, così come strutturato nel Codice del processo amministrativo, è già un processo molto rapido, veloce ed efficiente. Arriviamo nel giro di pochi mesi alla decisione di merito di primo grado e nel giro di un anno, nella peggiore delle ipotesi, alla decisione del giudice di appello.
  Stringere troppo i tempi rischia di non consentire all'amministrazione un'adeguata difesa e di raggiungere l'effetto diametralmente opposto a quello voluto dalla riforma. Se ho ben compreso, la riforma tende a evitare che gli appalti e le commesse pubbliche siano bloccati. Se non si dà alla stazione appaltante il tempo di difendersi, si finisce col dare più facilmente ragione al ricorrente.
  Ferma restando l'opportunità di intervenire comunque per rendere ancora più veloce questo processo, è imprescindibile, a mio modesto parere, stabilire dei correttivi in modo che siano garantiti i necessari tempi tecnici e materiali. Il treno non può arrivare da Roma a Milano in un'ora. Mi sono, quindi, permessa di redigere un emendamento che tenga conto di queste tempistiche.
  Una norma che stride, per esempio, è quella che prevede – ben consapevole che in sessanta giorni non si possa fare – la possibilità di una nuova udienza a trenta giorni dalla prima. Questa seconda Pag. 4udienza, che servirebbe per consentire l'integrazione del contraddittorio e l'istruttoria, in realtà non li consente perché non c’è il tempo materiale dei termini previsti dalle altre disposizioni e questo implicherebbe un ulteriore rinvio. Su questo aspetto ho predisposto una proposta di emendamento con relazione.
  Il secondo punto, sempre con riguardo al processo appalti, concerne la sentenza in forma semplificata. Essa è già prevista; è già un modo normale di conclusione del processo. Se pensiamo a vicende come il MOSE, rendere obbligatoria una sentenza in forma semplificata sempre e comunque risulta impossibile e peraltro crea il rischio di ulteriore contenzioso in appello. C’è di nuovo un'eterogenesi dei fini.
  Un ulteriore punto riguarda la tutela cautelare, che viene subordinata, nella materia degli appalti, a una cauzione obbligatoria. La cauzione è già prevista dal Codice come una delle possibilità che il giudice può utilizzare. Siccome nel processo amministrativo è ben possibile che un'amministrazione agisca contro un'altra amministrazione, il rischio potrebbe essere che a pagare una cauzione così alta e in sé sproporzionata sia un'altra amministrazione e questo ancora una volta comporterebbe un'eterogenesi dei fini. È rischioso per le finanze pubbliche ed è abbastanza illogico perché non c’è né una sanzione minima né una sanzione massima.
  Oltretutto, per come è scritta la norma, la stazione appaltante avrebbe un grandissimo problema. La norma prevede infatti che l'efficacia della misura cautelare sia subordinata a cauzione. Il giudice concederebbe comunque la misura cautelare, ma la stazione appaltante, nelle more del giudizio di merito, non saprebbe cosa fare per il rischio di incorrere in problemi di responsabilità. La parte non pagherebbe la cauzione e si rimarrebbe in bilico. Così com’è, questa disposizione è insostenibile.
  Altrettanto illogico è prevedere un termine massimo di efficacia delle misure cautelari. Perché sessanta giorni ? E se il giudizio di merito non arriva, che cosa accade ? Anche su questo mi sono permessa di scrivere una disposizione – ho lavorato ampiamente in collaborazione con altri colleghi esperti – che cerchi ragionevolmente di limitare la possibilità di rinviare l'udienza di merito. Più o meno si raggiunge lo stesso risultato, ma consentendo di rispettare tutti i termini a difesa.
  Un'altra disposizione che potrebbe essere opportuno introdurre, per migliorare ulteriormente l'ottima disposizione che stabilisce che entro due giorni debba essere depositato il dispositivo ed entro venticinque giorni debba essere depositata la sentenza, è la previsione che i provvedimenti del giudice possano essere sottoscritti con firma digitale. È importante perché molte volte il tempo si perde banalmente per il fatto che il giudice è fuori sede o non riesce a passare dal tribunale amministrativo regionale (TAR) o dal Consiglio di Stato a firmare. Consentire la firma digitale fa risparmiare giorni, settimane e a volte anche mesi.
  Una disposizione molto pesante e ingiusta, che crea una lesione rilevante al diritto di difesa, è l'insistenza su un'ulteriore previsione di sanzioni a carico del ricorrente che abbia agito contro non si capisce che cosa. Si parla di ragioni manifeste, ma cosa vuol dire agire contro ragioni manifeste ? Questa disposizione è pericolosa.
  Sia l'articolo 96 del Codice di procedura civile sia l'articolo 26 del Codice del processo amministrativo prevedono già forti sanzioni, con grandi problemi di legittimità costituzionale e comunitaria. Non mi sembra il caso di aggiungerne di ulteriori, tra l'altro con il rischio di poter dire che, se non è prevista sanzione, significa che il giudice non è convinto delle ragioni manifeste della propria sentenza. Comunque c’è una relazione; ho provato a scrivere qualcosa.
  Una disposizione che mi sembra fondamentale per l'attenzione che il Governo giustamente ha nei confronti dell'amministrazione riguarda il processo telematico. Le comunicazioni o le notifiche effettuate a mezzo fax o a mezzo posta elettronica Pag. 5certificata (PEC) nel processo amministrativo hanno bisogno di una regolamentazione dei tempi.
  Nel processo amministrativo c’è sempre un ufficio pubblico. La controparte al TAR o al Consiglio di Stato può essere anche il ricorrente, ma una delle parti è sempre una pubblica amministrazione. Siccome gli uffici pubblici osservano degli orari, secondo me è opportuno stabilire un tempo entro il quale la notifica a mezzo fax o a mezzo PEC deve essere effettuata per poter essere valida nei confronti della parte pubblica ricevente.
  Avrei quindi scritto che le notifiche o le comunicazioni effettuate oltre le ore 18.00 o nei giorni festivi, compreso il sabato, devono intendersi perfezionate subito per il mittente, salvando così i termini che lo riguardano, ma alle ore 8 del primo giorno feriale successivo per il destinatario; altrimenti si dovrebbero pretendere straordinari da parte degli uffici pubblici per leggere le comunicazioni via PEC e i fax. Siccome il processo è molto compresso, se l'amministrazione ha cinque giorni per difendersi e gliene vengono sottratti due, con tutte le difficoltà preesistenti non si difende assolutamente più.
  Non mi sono occupata molto del profilo ordinamentale. Non vorrei tediarvi a lungo e so che ci sono già state altre audizioni. Per quanto riguarda l'eliminazione delle sezioni distaccate dei tribunali amministrativi regionali, fermo restando che forse sarebbe opportuno non eliminarle tutte, la cosa importante è che i trasferimenti avvengano con tempistiche reali. Tempistiche come quelle previste non sono materialmente sostenibili. È cioè impossibile prevedere il trasferimento di tutti i fascicoli entro quindici giorni a settembre. I rischi sono alti.
  Mi permetterei di chiedere un'ulteriore piccola fondamentale modifica. A chi si vuole che spetti la competenza giurisdizionale sugli atti dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico ? Tolta la competenza funzionale al TAR Lombardia, si vuole che resti la competenza territoriale, secondo il principio generale, o si vuole affidarla al TAR del Lazio come per le altre Autorità ? C’è grande incertezza e sarebbe opportuno un chiarimento in sede di conversione.
  Un altro elemento importante riguarda la vicenda degli atti del Consiglio superiore della magistratura. Non ho nulla da obiettare sulle limitazioni alla possibilità di sostituire direttamente il CSM da parte del giudice amministrativo. Quella scelta sicuramente tiene. Sul piano della tecnica, però, parlare di eccesso di potere manifesto è molto pericoloso.
  L'eccesso di potere deve essere sempre manifesto perché, se così non fosse, anche negli altri casi la Corte di Cassazione annullerebbe il sindacato del giudice amministrativo per eccesso di potere giurisdizionale. La grande forza del giudice amministrativo, che come ripeto è un giudice importante, speciale, utile, veloce ed efficiente, ha un limite: il giudice amministrativo non può entrare nel merito delle questioni e quindi non c’è bisogno di scrivere «eccesso di potere manifesto». Si crea un problema, ma deve essere già manifesto.
  Un'ultimo aspetto riguarda l'articolo 50. Esso riproduce una disposizione che era stata inserita nel cosiddetto «decreto del fare» all'articolo 73, vale a dire la possibilità che i laureati che facciano diciotto mesi di stage presso i magistrati o presso gli avvocati dello Stato possano accedere direttamente, senza le selezioni degli esami da avvocato, dei concorsi per le scuole di specializzazione, del dottorato di ricerca o dell'Avvocatura dello Stato, al concorso in magistratura.
  Si crea così, rispetto a tutti gli altri cittadini, una corsia preferenziale per l'accesso al concorso in magistratura nei confronti di persone scelte secondo criteri molto personali dai magistrati e dagli avvocati dello Stato e in possesso semplicemente di un attestato di buon tirocinio. Questo presenta profili di illegittimità costituzionale che mi permetto di segnalare.
  Avrei voluto segnalare un'ulteriore ipotesi di emendamento che non riguarda il decreto n. 90 ma probabilmente dovrebbe essere inserita nel decreto n. 91. Tuttavia, non è questa la sede e allora taccio. Ho Pag. 6trasmesso la mia relazione per posta elettronica, così come ho inviato il testo di un mio lavoro comparso su Federalismi.it subito dopo la pubblicazione del decreto.
  Spero di esservi stata utile e resto comunque a totale disposizione per aiuto tecnico.

  PRESIDENTE. Devo ringraziare la professoressa Sandulli non soltanto per lo sforzo che ha compiuto per essere qui, ma anche perché raramente gli esperti ci offrono dei contributi pragmatici e immediatamente controllabili. Le tesi sono affidate più alle parole che ai documenti.
  Questo mi sembra un segnale di novità.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici (ANIA).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva deliberata in relazione all'esame del disegno di legge C. 2486 Governo di conversione in legge del decreto-legge n. 90 del 2014 recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», l'audizione di rappresentanti dell'Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici (ANIA).
  Sono presenti Dario Focarelli, direttore generale di ANIA, e Roberto Manzato, direttore centrale. Anche i rappresentanti di ANIA hanno presentato un contributo scritto. La preghiera per tutti gli auditi è di darci un breve focus di quanto contenuto nelle relazioni scritte perché i documenti vengono trasmessi a tutti i commissari.
  Do la parola ai rappresentanti di ANIA per lo svolgimento della relazione.

  DARIO FOCARELLI, Direttore generale dell'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA). Ringrazio il presidente e la Commissione per questa audizione. Noi abbiamo un giudizio complessivamente positivo sull'intero provvedimento e ci concentriamo su due focus in particolare.
  Quello principale riguarda l'articolo 27, vale a dire gli interventi previsti in materia di responsabilità civile dei medici. Il provvedimento stabilisce due cose di cui comprendiamo le ragioni e che crediamo abbiano una logica ben chiara, ma che non affrontano il vero problema della responsabilità dei medici. Cerco di essere preciso.
  Per prima cosa all'articolo 27 si chiarisce che non sono soggetti ad assicurazione obbligatoria i medici dipendenti del servizio sanitario pubblico. È una scelta politica che rispettiamo e su cui non abbiamo nulla a che dire. Poniamo però due questioni. La prima è una questione di drafting. Per come è scritta la norma, abbiamo qualche dubbio che il risultato effettivo sia quello dichiarato. Lascio a voi la lettura degli approfondimenti giuridici che abbiamo elaborato anche perché, non essendo io un giurista, commetterei sicuramente qualche errore.
  A parte il drafting, vi poniamo una domanda più importante. Togliendo l'obbligo di assicurazione non risolvete il problema dei medici dipendenti del servizio sanitario pubblico, che vengono citati in giudizio molte volte e hanno un problema di capacità di esposizione delle proprie ragioni in sede di giudizio. Se questo è l'obiettivo, dovete andare oltre. Dovete riformulare la responsabilità dei medici in generale e di quelli del servizio sanitario in particolare.
  È una questione molto complicata dal punto di vista giuridico, ma si tratta di capire se sia una responsabilità contrattuale o extra contrattuale. Nei confronti dei pazienti il medico ha una responsabilità di tipo contrattuale, con un certo sviluppo processuale, o di tipo extra contrattuale ?
  Noi crediamo che il contratto non ci sia.

  PRESIDENTE. Vorrei un chiarimento. Se non sbaglio c’è differenza tra la sede penale e la sede civile.

Pag. 7

  DARIO FOCARELLI, Direttore generale dell'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA). È esatto. Stiamo parlando esclusivamente della sede civile. Scusate l'equivoco. In sede penale, come lei, presidente, sa meglio di me, ci si arriva molto raramente e le condanne sono davvero limitate.
  La nostra sensazione e la nostra consapevolezza è che, se voi legislatori volete affrontare alla radice il problema, dovete affermare l'opposto di ciò che si sostiene regolarmente in sede processuale e cioè che la responsabilità è di tipo extra contrattuale. Crediamo che sia un punto fondamentale e che abbiate un'occasione da cogliere. Sulla questione tecnica del perché secondo noi non si dia un'esatta definizione rimando alla memoria scritta.
  L'altro punto ha a che fare, invece, con il fondo di copertura. Originariamente il cosiddetto «decreto Balduzzi», il decreto-legge n. 158 del 2012, poi convertito in legge, faceva riferimento a un fondo che garantiva l'assicurazione a chi non la trovava sul mercato. Le modifiche previste nel decreto-legge specificano due cose: innanzitutto viene specificato che si opera nell'ambito delle risorse disponibili per il fondo e che il fondo non può andare in scoperto; in secondo luogo, si offre una garanzia, ma si integra la copertura. In altre parole il fondo non è un vero e proprio assicuratore. Non dà la copertura: rimborsa soltanto la differenza di premio tra un valore forfetario e quello che si trova sul mercato.
  Secondo noi, questo va nella direzione giusta perché quel fondo era probabilmente inadeguato a finanziare un'assicurazione; al tempo stesso, però, si opera di nuovo sul piano mutualistico, ma non si affronta il tema fondamentale.
  Non è in questo modo che si risolvono i problemi della responsabilità civile sanitaria.

  PRESIDENTE. Grazie. Condivido in pieno la necessità di capovolgere il sistema della responsabilità civile e adeguarlo, come l'articolo 3 della legge Balduzzi stabilisce, all'articolo 2043 del Codice civile. La responsabilità, cioè, dovrebbe essere legata non più alla prova dell'adempimento da parte del medico – la cosiddetta «responsabilità da contatto» –, ma al fatto che il paziente provi che il medico è stato inadempiente.
  Con questo sistema – è un'osservazione che mi permetto di condividere – probabilmente il rapporto fra compagnie di assicurazione e responsabilità da malpractice diventerebbe meno difficile anche dal punto di vista del risarcimento del danno e dell'affidabilità nei confronti dei medici.
  Non essendoci domande da parte dei colleghi, ringrazio i rappresentanti di ANIA e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva deliberata in relazione all'esame del disegno di legge c. 2486 Governo di conversione in legge del decreto-legge n. 90 del 2014 recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», l'audizione di rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI.
  Sono presenti per ANCI il sindaco di Chieti Umberto Di Primio, e il responsabile dell'area affari istituzionali, Agostino Bultrini. Per l'UPI sono presenti Daniele Bosone, membro dell'ufficio di presidenza, e Gaetano Palombelli dell'Ufficio Studi.
  Do la parola ai nostri ospiti per lo svolgimento della relazione.

  UMBERTO DI PRIMIO, Sindaco di Chieti e componente dell'ANCI. Abbiamo un documento scritto che consegniamo alla Commissione.
  Procederò per punti a segnalare quelle che ad avviso di ANCI sono le emergenze, apprezzando questo nuovo metodo di approccio alle riforme. Mi limiterò a illustrare le questioni che riguardano la materia del personale, lasciando al presidente Bosone il compito di trattare gli argomenti che attengono invece alle politiche di area vasta.Pag. 8
  Per quanto riguarda il personale, nutriamo una forte preoccupazione che abbiamo già espresso anche al Presidente della Repubblica. Il blocco del turnover ha condizionato la presenza nelle nostre amministrazioni di personale sempre più vecchio anagraficamente e sempre meno professionalizzato. Lo svecchiamento dei ruoli nella pubblica amministrazione di cui si parla è per noi chiaramente un elemento di particolare positività.
  Resta il fatto che, rispetto alla volontà espressa nel decreto, vi sono ancora norme vincolistiche e puntuali sulla materia del personale che di fatto rischiano di vanificare il principio riformatore contenuto nella ratio del decreto-legge n. 90. In particolare chiediamo la modifica dei commi 557 e seguenti della legge n. 296 del 2006 per ottenere maggiori spazi finanziari utili a effettuare il turnover.
  Le decisioni di molte Corti dei conti – parlo di molte perché purtroppo la pronuncia delle Corti dei conti regionali non è univoca e in ogni Regione assistiamo a una interpretazione – si stanno indirizzando a considerare, quale spesa per personale a cui fare riferimento, quella dell'anno precedente. Ciò implica una grande disparità a livello territoriale e crea situazioni per le quali un Comune virtuoso rischia di avere un risultato peggiore in termini di possibilità di assumere rispetto a chi per il personale ha speso eccessivamente.
  Quello che chiediamo è di introdurre il principio della progressiva riduzione delle spese di personale computato non sull'anno precedente, ma riferito al valore medio del triennio precedente. Come ripeto, questo lo si può ottenere modificando i commi 557 e seguenti della legge n. 296 del 2006.
  Il secondo tema di particolare rilievo per noi è disporre di un regime transitorio che ci consenta di portare a termine le assunzioni del personale destinato a funzioni fondamentali quali la sicurezza urbana, vale a dire la polizia locale, l'istruzione e il settore delle politiche sociali. Chiediamo che vi sia un'apertura su questa norma transitoria per far sì che le assunzioni già programmate per il 2014 possano essere compiute.
  Terza richiesta del mondo delle autonomie che speriamo possiate interpretare in modo positivo è la revisione dei limiti all'utilizzo del lavoro flessibile. Le amministrazioni locali hanno bisogno di lavoro flessibile perché molte delle attività che noi svolgiamo, soprattutto in determinati settori, è affidata a lavoratori a tempo determinato.
  Ciò che vi chiediamo, in coerenza con l'impianto del decreto-legge, è di rivedere i limiti contenuti nell'articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010, il quale prevede che i lavoratori a tempo determinato possano essere assunti in misura del 50 per cento della spesa del 2009. È un limite che vi chiediamo di eliminare in corrispondenza, però, di una sana gestione della finanza pubblica.
  Infine, il decreto-legge introduce tre elementi: onorari professionali per le avvocature degli enti pubblici, diritti di rogito per i segretari comunali e provinciali e incentivi per la progettazione interna. Sebbene le motivazioni che vengono addotte, cioè la riduzione e il contenimento della spesa, siano assolutamente condivisibili, tali situazioni possono provocare un evidente ostacolo alla valorizzazione delle risorse.
  Io faccio l'avvocato e, se sapessi di dover fare una causa senza poter poi contare su quanto deriva dalle spese di soccombenza, svolgerei lo stesso la mia funzione ma forse con meno entusiasmo. Noi temiamo che, così facendo, le professionalità che sono contenute negli enti locali possano venire disperse.
  Non aggiungo altro e mi rimetto totalmente al documento che vi abbiamo consegnato.

  PRESIDENTE. Informo i commissari che il documento in questione è unitario per ANCI e UPI ed è diviso in due parti. La prima è una relazione e la seconda un elenco pragmatico di proposte emendative del testo del Governo.

Pag. 9

  DANIELE BOSONE, Membro dell'ufficio di presidenza dell'UPI. Apprezziamo questo decreto, che semplifica e accelera la creazione delle nuove aree vaste. C’è una preoccupazione congiunta di ANCI e UPI in relazione al fatto che queste nuove aree vaste, Città metropolitane e Province di secondo livello possano funzionare al meglio sia dal punto di vista della sostenibilità economico-finanziaria sia dal punto di vista dei meccanismi che porteranno alla loro creazione.
  Tra i temi che vorrei portare all'attenzione della Commissione vi è in particolar modo quello del personale. Da anni, cioè da quando si è avviato il processo di riordino, le Province hanno il blocco del turnover. Questo ha impedito il ricambio generazionale e ha prodotto solo uscite e nessuna entrata. Non solo abbiamo, come i Comuni, la necessità di accelerare il ricambio generazionale, ma abbiamo anche difficoltà a sostenere funzioni che stanno venendo meno.
  Chiediamo pertanto che, una volta realizzato il processo di riordino delle Province, venga sbloccato il turnover. Ci sarà ovviamente del lavoro da fare, anche perché la legge Delrio, la legge n.56 del 2014, propone che gli enti di area vasta possano essere luogo e stazione appaltante di committenza per i Comuni che non possono più svolgere tale ruolo. Avremo quindi bisogno di riorganizzare profondamente gli uffici e i servizi a favore dei Comuni, soprattutto nelle Province in cui ci sono molti Comuni piccoli. In Lombardia, che è la mia Regione, ma anche in altre Regioni ci sono Province con oltre duecento Comuni, spesso sotto i mille abitanti. Il problema è che la Provincia dovrà servire a questi Comuni, ma senza sblocco del turnover non servirà a nulla.
  Altro tema che voglio toccare è quello dei meccanismi elettorali con riguardo sia alle aree vaste sia alla Città metropolitana di Milano. Noi proponiamo maggiore attenzione alla ponderazione del voto. Bisogna capire cosa succederà, ma occorre modificare leggermente il meccanismo elettorale per garantire tutti i territori, in modo che le realtà più piccole non siano penalizzate. Proponiamo quindi un emendamento per migliorare la procedura elettorale.
  Sia per le Città metropolitane sia per le Province proporremo degli emendamenti ad hoc. Per le Città metropolitane, in particolare per Milano, c’è una preoccupazione legata ad azioni, attivi e passivi delle aziende partecipate. Al momento del trasferimento alle Regioni questi non dovranno impattare negativamente sull'ente di area vasta, altrimenti la Città metropolitana ne subirebbe un grave danno dal punto vista economico e finanziario.
  Proporremo perciò alcuni emendamenti che servono a sostenere il passaggio dall'attuale Provincia alla Regione e poi il ritorno dalla Regione a quella che dovrà essere la Città metropolitana. È un tema molto delicato che va considerato con attenzione.
  Più in generale segnaliamo alcune necessità per la sostenibilità economico-finanziaria delle aree vaste. L'ultimo decreto IRPEF, in particolare, introduce un pesante taglio per le Province di 400 milioni di euro, simile a quello che hanno subito tutti i Comuni. Questo rende ingestibili le nuove realtà che stanno nascendo. Abbiamo, quindi, una richiesta molto importante e cioè una proroga a novembre del termine per il pagamento del contributo. Questo darà modo ad ANCI e UPI di valutare insieme al Governo le misure economiche e finanziarie sufficienti per garantire la sostenibilità dei nuovi enti di area vasta, che altrimenti nasceranno già in dissesto o fuori dal Patto di stabilità.
  Stiamo producendo una due diligence, vale a dire una relazione puntuale, Provincia per Provincia, per individuare gli elementi critici e capire insieme al Governo quale sarà il livello di sostenibilità in grado di garantire, quando a novembre ci saranno gli assestamenti di bilancio, gli equilibri necessari all'erogazioni dei servizi, cioè le strade, le scuole, lo spalamento della neve, il riscaldamento degli edifici pubblici, soprattutto delle scuole e il trasporto pubblico locale.
  Esiste, come ripeto, questa preoccupazione che esprimiamo attraverso alcuni Pag. 10emendamenti e che pensiamo rientri complessivamente nel miglioramento della pubblica amministrazione. Questo decreto interseca una profonda fase di trasformazione degli enti locali ed è chiaro che le cose devono andare in parallelo. Non si può riformare per un verso la pubblica amministrazione e pensare che gli enti locali, che in questo momento si stanno trasformando profondamente, non possano svolgere le proprie funzioni.
  Riteniamo che questa sia l'occasione per procedere a un'armonizzazione, che noi giudichiamo necessaria, tra i provvedimenti previsti con questo decreto e le possibili correzioni sia alla legge n. 56 sia al decreto IRPEF e realizzare così una buona riforma della pubblica amministrazione e degli enti locali.

  UMBERTO DI PRIMIO, Sindaco di Chieti e componente dell'ANCI. Vorrei fare un ultimo passaggio relativo all'accorpamento delle sedi di Torino, Milano e Napoli delle Autorità di garanzia. Sottolineo che queste sedi sono di proprietà degli enti locali e sono state ristrutturate con fondi degli enti locali.
  Accentrare tutto a Roma, se può avere una ragion d'essere sotto il profilo della razionalità, sotto il profilo dell'abbattimento dei costi non produrrebbe alcun risultato.
  Lo sottolineo perché la Commissione presti attenzione anche a questo aspetto del decreto.

  PRESIDENTE. Bisogna premettere che la differenza tra aree vaste e vecchie Province è tutta da stabilire.
  Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  EMANUELE FIANO, Relatore. Ringrazio i rappresentanti di ANCI e UPI. Volevo riferirmi in particolare alle parole del presidente Bosone per testimoniare la sensibilità che esiste rispetto ai temi riguardanti la fase di trasformazione delle Province a seguito della nuova legislazione.
  Anche in questo decreto-legge si può intervenire e infatti l'articolo 23 tratta argomenti inerenti alla questione. Questa fase di passaggio e di trasformazione non può mettere in ginocchio strutture dello Stato che, pur riformate, devono soddisfare esigenze di bilancio tali da permettere di fornire i servizi che, anche in seconda istanza elettiva, saranno chiamate a erogare.
  Come ripeto, su questo aspetto, che è già stato sottolineato anche in altre sedi e in incontri informali, c’è sensibilità. Siamo ovviamente sensibili anche ai temi avanzati dal rappresentante dell'associazione dei Comuni, ma volevo riferirmi in particolare a quel passaggio perché è evidente che la transizione che le Province italiane stanno attraversando rappresenta una nota in più.
  Tale sensibilità confluirà anche nel lavoro che stiamo compiendo per la conversione di questo decreto-legge.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Uno dei temi su cui mi sento maggiormente sollecitata è quello dei dipendenti precari delle Province e del personale in mobilità sulla base degli accordi tra enti. Il Commissario Cottarelli scrive che sono 85.000 i lavoratori in esubero nella pubblica amministrazione. Non sappiamo quanti siano quelli degli enti locali, ma immagino che nei tavoli di concertazione UPI, ANCI e Governo state ragionando anche su questi temi.
  La domanda che vi vorrei porre è se a questo punto abbiate idea di cosa implicheranno gli accorpamenti. Quando si parla di stazioni appaltanti, ad esempio, una parte del personale degli enti locali verrà sicuramente trasferita se verranno a mancare delle funzioni. Quali sono le sicurezze per questi lavoratori ? Quali percorsi riusciamo a garantire affinché vi sia una mobilità controllata ? In questi giorni io continuo a ripetere che se fossimo un'azienda privata dichiareremmo lo stato di crisi o pre-crisi e di organizzazione dell'ente. Mi pare che da questo punto di vista un vostro contributo potrebbe essere interessante.
  Vi ringrazio. Siamo «in pista» per darvi una mano.

Pag. 11

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica, pregandoli di essere telegrafici.

  DANIELE BOSONE, Membro dell'ufficio di presidenza dell'UPI. Per quanto riguarda il personale, abbiamo preparato degli emendamenti congiunti ANCI-UPI. Lo sblocco del turnover dovrebbe dare una risposta ai precari. Quanto ai meccanismi di mobilità abbiamo chiesto, da un lato, maggior flessibilità e, dall'altro, un congelamento delle condizioni di trasferimento da Comune a Provincia o da Provincia a Comune nel momento in cui si dovessero creare stazioni appaltanti uniche.
  Da ultimo vorrei accennare al fatto che, sempre in tema di sostenibilità, proponiamo un unico emendamento che necessita di copertura in termini di indebitamento netto. Quale che sarà il contributo richiesto – oggi è di 400 milioni di euro, ma noi speriamo che si riduca –, chiediamo che, nel caso in cui esso sia pagato mediante avanzi di amministrazione, tale contributo non impatti sul Patto di stabilità. Sarebbe assurdo se il fatto di pagare lo Stato incidesse sul Patto di stabilità e facesse aumentare il saldo.
  Chiediamo che almeno l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione ai fini del pagamento del contributo venga scontato dai saldi del Patto di stabilità.

  PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di ANCI e UPI e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva deliberata in relazione all'esame del disegno di legge c. 2486 Governo di conversione in legge del decreto-legge n. 90 del 2014 recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», l'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE).
  È presente il presidente dell'ANCE, Paolo Buzzetti, accompagnato dal vicedirettore Antonio Gennari, dal direttore dell'area legislazione e opere pubbliche, Francesca Ottavi, e dal direttore dell'ufficio per i rapporti con il Parlamento, Stefania Di Vecchio.
  Se è stato preparato un documento scritto, prego cortesemente di consegnarne copia alla Presidenza.
  Do quindi la parola ai rappresentanti dell'ANCE per lo svolgimento della relazione.

  PAOLO BUZZETTI, Presidente dell'ANCE. Buongiorno e grazie a tutti. Vado subito al dunque.
  Per quanto riguarda la soppressione dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, prevista all'articolo 19 del provvedimento di cui stiamo discutendo, ci permettiamo di chiedere che l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), che ne assume compiti e funzioni, si chiami in un altro modo più attinente alla vigilanza. Anticorruzione indica certamente un reato e invece l'Autorità deve aiutare a controllare meglio, se possibile.
  A parte questa osservazione, chiediamo di prestare attenzione alla tempistica prevista per il passaggio delle funzioni, così da rispettare i tempi indicati e non rimanere per mesi in una terra di nessuno.
  Plaudiamo alle white list perché è qualcosa in cui abbiamo sempre creduto moltissimo per alcuni tipi di lavorazione, come i noli a freddo di macchinari, la fornitura di ferro lavorato, i noli a caldo, all'autotrasporto per conto terzi e tutti gli altri aspetti sensibili dei lavori nei cantieri. Diamo una valutazione ottima a questo intervento che introduce tale obbligo per i lavori pubblici. Ci aspetteremmo che la stessa norma fosse estesa, in situazioni sensibili, anche ai lavori privati.
  Diventa molto importante anche l'unità operativa speciale per l'Expo, prevista all'articolo 30. Ne capiamo l'esigenza. La nostra posizione è però sempre stata contraria Pag. 12e vorremmo ribadire, anche se non c’è il tempo di fare discorsi strutturati, che in base alla nostra esperienza affrontare situazioni di emergenza dovute alla perdita di tempo a monte delle gare creando strutture speciali comporta sempre una discussione in merito alla violazione delle regole sia in termini di concorrenza, perché si agisce in deroga, sia in termini di uscita dai corpi ordinari dello Stato, Comuni, Regioni, Stato.
  Siamo, quindi, contrari per principio perché ci si ritrova a dover creare un'unità operativa speciale Expo per gestire le situazioni che si verificano. Come ripeto, ne capiamo la necessità, ma vorremmo che ne fosse limitata l'operatività per il tempo necessario all'Expo stessa.
  Passando all'articolo 32 e ai compiti della nuova autorità anticorruzione, dobbiamo esprimere un giudizio negativo. Si tratta sempre di un problema di compatibilità tra il principio e le necessità che si pongono. Possiamo derogare ai principi ? Io capisco l'emozione sull'onda della quale si prendono tali decisioni, ma riteniamo che si debbano applicare esclusivamente ai casi dell'Expo e del MOSE perché sono vicende su cui la magistratura ha posto la massima attenzione.
  Riguardo al fatto, però, che sulla base di eventuali notizie o sensazioni legate a presunti reati questa autorità possa suggerire al Prefetto di sostituire l'imprenditore o qualcuno del Consiglio di amministrazione o altri soggetti importanti dell'impresa siamo totalmente contrari. Le ragioni sono economiche e di principio.
  Sul piano economico, togliere la guida a un'impresa, in particolare se medio-piccola, significa metterla fuori mercato perché spesso vi sono delle figure chiave, decisive per la sua sopravvivenza. In linea di principio, invece, saremmo di fronte non a un'indagine giudiziaria a uno stadio avanzato, ma addirittura in molti casi soltanto a notizie, sensazioni, valutazioni esterne agli organismi giudiziari.
  Noi pensiamo che questo meccanismo vada limitato ai casi eclatanti dell'Expo e del MOSE e non vada applicato ai casi ordinari. Inoltre, secondo noi andrebbe consentito esclusivamente quando, ad esempio, ci sia stato un rinvio a giudizio da parte dell'autorità giudiziaria perché lì ci sarebbe già un dubbio molto forte. Non può essere adottato nella normalità dei casi per qualsiasi tipo d'appalto.
  Credo che questo sia uno dei punti essenziali della questione degli appalti pubblici e del comportamento del Paese. Mi rendo perfettamente conto della situazione. Le nostre imprese premono perché finalmente si riesca, anche con il nostro impegno, a dare una svolta decisiva alla lotta alla corruzione. Non vorrei essere frainteso perché le nostre posizioni sono molto chiare.
  Facciamo in modo che, accertato il reato, ci sia la sospensione per cinque anni dalle gare dell'impresa e non del suo rappresentante. Questa per esempio sarebbe una cosa durissima e avrebbe un significato. Ma alla previsione, a gare in corso, di introdurre improvvisamente un altro meccanismo di verifica giudiziaria diverso da quello preposto e in grado di decidere con il prefetto sul commissariamento di un'impresa siamo per forza e necessariamente contrari. Come ripeto, noi lo consentiremmo solo in casi speciali e in presenza di un rinvio a giudizio.
  C’è poi un problema relativo alle varianti. Il commissario Cantone, che si è espresso con molto equilibrio su moltissime cose, tra cui questa, ha detto che le varianti saranno prese in esame oltre un certo valore. La storia italiana degli appalti è una storia in cui il progetto spesso è sbagliato – dopo «Tangentopoli» la legge Merloni, la legge n.109 del 1994, ha provato a far sì che i progetti fossero ben fatti, ma non ci è riuscita – e c’è bisogno di una variante in corso d'opera. Il controllo obbligatorio sulle varianti andrebbe, quindi, esercitato oltre un certo importo.
  Occorre anche introdurre il principio «chi sbaglia paga» per il professionista. Se pagano le imprese, deve pagare anche il professionista che sbaglia. Era così anche nell'antica Grecia. In questo modo la variante anomala viene controllata. Poiché la maggior parte delle varianti è, nel contesto Pag. 13attuale, fisiologica, diversamente si creerebbe la paralisi totale e definitiva degli appalti pubblici in Italia.
  Senza alcuna pretesa, benché sia un settore che conosciamo, abbiamo presentato un decalogo, che stiamo divulgando, nel quale si parla dei metodi di gara. Per esempio, va benissimo l'introduzione della lite temeraria per evitare i ricorsi continui e va benissimo che, quando si deve decidere sulla qualità del progetto, le commissioni aggiudicatrici siano composte da commissari selezionati a livello nazionale o regionale.
  Non è vero che non si può fare nulla. Si può fare molto, se lo si vuole, con un'amministrazione pubblica che svolga le proprie funzioni di controllo. L'elenco dei commissari regionali o nazionali è importantissimo, così come è importantissimo il momento del collaudo e del controllo.
  Per concludere, siamo molto favorevoli ad avere modelli unici nazionali sul rilascio dell'abilitazione edilizia perché per ogni Comune c’è un regolamento. Uno schema uguale dappertutto sarebbe molto importante.
  Il resto lo trovate nel testo che abbiamo consegnato. Il principio è che non vorremmo pagare soldi per cose a cui abbiamo diritto nei contenziosi (ce ne sono un paio nel testo, le troverete). Quando una situazione è lieve non si deve pagare per rimetterla a posto; se è grave non si può sanare con i soldi.
  È una difesa di principio, ma abbiamo dovuto scegliere: andiamo dietro all'emozione o cerchiamo di fare le cose giuste nel rispetto delle norme e delle regole ? È questo che ha spinto la nostra posizione di principio nella direzione che ho detto.
  Vi ringrazio per il tempo che ci avete dedicato.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Il documento è ben costruito, con una parte espositiva e una parte critica, quindi mi sembra che possa essere un ottimo punto di riferimento per le nostre riflessioni.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  EMANUELE FIANO, Relatore. Purtroppo non ho il documento sott'occhio. Mi riferisco alle parole del presidente, che ho ascoltato con viva attenzione, e ne condivido le preoccupazioni. Non condivido, invece, il profilo che lei ha inteso dare al vostro punto di vista circa il fatto che le modalità previste da questo provvedimento per il funzionamento dell'ANAC (Autorità nazionale anticorruzione) dovrebbero essere ristrette ai due casi eccezionali dell'Expo e del MOSE.
  Presidente, noi abbiamo già un caso, nel nostro Paese, di attività straordinaria – mi passi il termine – in parallelo all'attività giudiziaria: l'attività dei Prefetti di contrasto dell'infiltrazione criminale organizzata. Come in quel caso, penso che ci sia un grande consenso parlamentare per una modifica dell'articolo 32 circa la correlazione biunivoca che deve esserci. Nella prima parte si parla del flusso di informazioni al presidente dell'ANAC derivanti dall'attività istruttoria della magistratura, ma secondo noi probabilmente dovrà esserci anche in senso inverso, cioè il presidente dell'ANAC dovrà informare la magistratura competente, perché non esistano altre forme di magistratura se non quella ordinaria.
  Pur tuttavia, così come nel caso dell'infiltrazione criminale mafiosa, che come voi imprenditori onesti sapete bene è una mala pianta molto dura a morire nel nostro Paese, anche gli elementi corruttivi hanno lo stesso gravissimo impatto nel nostro Paese, non so dirle se di più o di meno. Dunque, vorrei riportarla a una comune condivisione del fatto che l'attività ordinaria anticorruzione è necessaria in questo Paese, non solo straordinaria, con regole – questo è oggetto anche di un dibattito tra il sottoscritto, relatore del provvedimento, e il presidente e molte altre componenti parlamentari – che siano garantiste degli interessi sia delle parti offese che delle parti sane del Paese.
  Pur tuttavia – mi interessava ribadire questo punto perché è un punto centrale dell'attività del Governo e della maggioranza – questo Paese ha necessità di un'attività di contrasto anticorruttivo permanente, Pag. 14nel segno delle garanzie costituzionali per tutti, ma che sia appunto permanente e non straordinaria.

  PRESIDENTE. Aggiungo a questa osservazione del collega Fiano, con cui abbiamo un'interlocuzione attenta su questo punto, che io non credo – chiarisco che sono un penalista – che si possa attendere la richiesta di rinvio a giudizio per attivare queste sanzioni.
  L'anticorruzione è uno strumento di prevenzione. Se, a mio avviso, è legittimo che vi sia un procedimento penale aperto, dico che attendere il rinvio a giudizio potrebbe significare attendere anni dal momento del fatto. Questo ovviamente va in rotta di collisione insuperabile con il principio di prevenzione.
  Lo dico per chiederle se non ritiene, in qualità di esponente dell'ANCE, che sia appunto interesse dell'ANCE anticipare, ma in termini certi, una tutela preventiva che però ben specificata non esponga l'impresa a un'arbitraria ingerenza da parte dei provvedimenti prefettizi. Nel momento in cui c’è un procedimento penale pendente, e lo si sa, e c’è un'istruttoria e una valutazione – addirittura nella lettera a), come lei avrà visto, c’è un termine che viene dato alla società per sostituire il soggetto indagato o coinvolto (questa, mi sembra, è l'espressione che viene utilizzata, ma correggetemi) – chiedo come mai l'ANCE non ritenga che la prevenzione della corruzione sia in qualche maniera compatibile con la mera iscrizione e non sia necessario, invece, come io almeno ritengo, attendere addirittura non l'esercizio dell'azione penale ma il rinvio a giudizio.

  DORINA BIANCHI. Intervengo sulla questione della trasparenza e della legalità. Come membri della Commissione antimafia, spesso ci siamo resi conto che la problematica è soprattutto nel trasporto dei materiali, nello smaltimento, nella movimentazione terra, nei subappalti che vengono affidati dalle ditte vincitrici.
  In relazione a questo, il certificato antimafia sicuramente non è una prova dirimente. Vorrei capire, per quanto riguarda sia i subappalti sia la movimentazione terra e via dicendo, qual è la vostra posizione.

  PRESIDENTE. Do la parola al Presidente dell'ANCE per la replica, chiedendogli scusa per la risposta «compressa».

  PAOLO BUZZETTI, Presidente dell'ANCE. Sarò brevissimo, poi risponderà l'avvocato Ottavi su una questione più tecnica.
  Avete ragione, bisogna assolutamente dare una svolta sull'anticorruzione. Però che facciamo ? Deroghiamo i princìpi ? Avete specificato «rispettando la Costituzione», ma così non la rispettiamo. Non voglio usare parole grosse per essere sintetico.
  Cos’è l'ANAC ? Un nuovo corpo di polizia o un nuovo corpo giudiziario ?

  EMANUELE FIANO, Relatore. Forse lei non ha colto la modifica che abbiamo...

  PAOLO BUZZETTI, Presidente dell'ANCE. Forse no, però vorrei che cogliesse...

  PRESIDENTE. Scusate, il dibattito può andare anche bene però non è opportuno per la registrazione.

  PAOLO BUZZETTI, Presidente dell'ANCE. Lei, presidente, è penalista e io, ahimè, sono ingegnere. Sono preoccupato che si criminalizzi un settore. Si dice che bisogna fare qualcosa, ma i controlli li abbiamo; magari non funzionano, ma c’è il collaudatore, c’è l'ingegnere capo di un tempo che non c’è più e non ha più i poteri di prima, c’è l'alta sorveglianza.
  La proposta che abbiamo fatto sulla scelta di qualità di un progetto, che ci sia una commissione di esperti estratti e controllati e non sia più data dalle amministrazioni che fanno le gare, se fosse realizzata non è una cosa da poco.
  Siamo concreti e pragmatici: quando si parla di scuole, di tempo, è inevitabile, ma cominciamo con la scuola di formazione Pag. 15anche degli amministratori e via dicendo; dopodiché, i meccanismi di controllo vanno bene, tutti quelli che volete. La parte che lei diceva di informazione iniziale e di monitoraggio, ben venga. Ci mancherebbe !

  PRESIDENTE. Registriamo la posizione dell'ANCE: ci sono controlli già sufficienti...

  PAOLO BUZZETTI, Presidente dell'ANCE. Però mi chiedo: se si dice basta con la corruzione, allora andiamo in un regime diverso, non c’è più garanzia. Qui scatta anche la preoccupazione economica. Se ho sbagliato, sarò contento di rendermene conto. Se si sostituisce l'ingegnere o il proprietario di un'azienda medio-piccola, probabilmente la si commissaria dal punto di vista economico, con un lavoro in corso, senza un elemento sostanziale...

  PRESIDENTE. Scusi, la norma riguarda soltanto l'appalto oggetto del procedimento penale. Controlli l'articolo 19, lettere a) e b),

  FRANCESCA OTTAVI, Direttore legislazione opere pubbliche dell'ANCE. Lei ha ragione, però in realtà il commissariamento riguarda gli organi apicali dell'impresa.

  PRESIDENTE. Il commissariamento riguarda semplicemente il contratto oggetto di procedimento penale, quindi soltanto quella opera.

  FRANCESCA OTTAVI, Direttore legislazione opere pubbliche dell'ANCE. Sì, ma viene commissariata nella sua struttura di vertice, quindi sostanzialmente se viene commissariata la struttura di vertice, di fatto...

  PRESIDENTE. Non è così. È soltanto relativo a quel rapporto, non può essere diversamente.

  FRANCESCA OTTAVI, Direttore legislazione opere pubbliche dell'ANCE. Scusi, facciamo un esempio.
  Se lei commissaria un'impresa e il prefetto sostituisce gli organi sociali...

  PRESIDENTE. Ma ai soli fini del completamento del contratto oggetto di procedimento penale.

  FRANCESCA OTTAVI, Direttore legislazione opere pubbliche dell'ANCE. Sì, ma gli organi sociali vengono messi da parte.

  PRESIDENTE. È un punto che chiariremo. Vi ringrazio di averlo segnalato.

  PAOLO BUZZETTI, Presidente dell'ANCE. È un punto importante. Non è che si sostituisce in un'impresa un soggetto per un dato lavoro: questo avviene nella grande impresa, ma nella media e piccola impresa se lei sostituisce la persona chiave la sostituisce su tutto, non solo per quel cantiere.

  PRESIDENTE. Prendiamo atto di questa differenza tra grande, media e piccola impresa. La norma, però, come voi potete vedere, da questo punto di vista è chiarissima.
  Ringrazio gli auditi per l'effervescente ma utile e costruttiva audizione e dichiaro conclusa l'audizione medesima.

Audizione di rappresentanti di Confcooperative.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva deliberata in relazione all'esame del disegno di legge C. 2486 Governo di conversione in legge del decreto-legge n. 90 del 2014 recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, l'audizione di rappresentanti di Confcooperative.Pag. 16
  Do la parola agli auditi, ai quali chiedo di riferire, ove non intendano leggere il documento che ci hanno consegnato, un sunto dello stesso.

  TONY DELLA VECCHIA, Capo segreteria dell'ufficio legislativo di Confcooperative. Non intendiamo leggerlo. Lascio da parte il giudizio complessivo sul provvedimento, che è un po’ sospeso ed è collegato al prosieguo delle linee guida e del progetto che Governo e Parlamento hanno rispetto al disegno complessivo di riforma della pubblica amministrazione.
  Rappresento brevemente soltanto alcune preoccupazioni di Confcooperative. Una è relativa alle politiche di assunzione nelle aziende pubbliche locali, rispetto alle quali l'organizzazione teme che si allentino i controlli o, comunque, che la politica di contenimento e di riduzione della spesa pubblica possa in quel settore subire un allentamento.
  Il problema dell'essere in controtendenza rispetto a queste politiche di contenimento della spesa lo si rinviene soprattutto in altri provvedimenti, ma anche in questo, quindi riteniamo opportuno che la Commissione concentri la sua attenzione su questi profili.
  A tal proposito, abbiamo anche individuato una proposta di emendamento.
  L'ultima breve considerazione, sempre in termini di perplessità, riguarda invece le sanzioni pecuniarie di cui all'articolo 39 del provvedimento, rispetto alle quali denunciamo sommessamente una scarsa chiarezza dal punto di vista della descrizione della fattispecie. Le nostre imprese sono molto preoccupate dalla genericità dell'espressione «irregolarità essenziali» e «irregolarità non essenziali». In ogni caso, abbiamo dei dubbi anche sulla sproporzione dell'entità della sanzione.
  Su questo punto chiediamo, signor presidente, un'attenzione al fine di correggere eventualmente la descrizione della fattispecie sanzionatoria e rivedere l'entità della sanzione al fine di ridurla a ragionevolezza.
  Infine, richiamo una proposta di Federlavoro, la federazione delle cooperative di lavoro e di servizi, sulla quale chiedo che la Commissione presti attenzione e svolga delle riflessioni. È una proposta che noi tentiamo di presentare in più occasioni e in questo caso è pertinente perché l'articolato contempla comunque il richiamo sia alla materia degli appalti sia alla riforma degli enti locali, con un riferimento alla legge n. 56 del 2014. Con questa proposta si chiede l'introduzione di princìpi che, attraverso una più congrua definizione dei lotti di appalto, tutelino le piccole e medie imprese nella partecipazione alle gare.
  Questa, secondo noi, oltre a essere una cosa buona e giusta, è anche un profilo di compatibilità con i princìpi dell'ordinamento comunitario, in particolare con la recente direttiva n. 24 del 2014, rispetto alla quale è bene che l'ordinamento sfrutti tutte le occasioni per adeguarsi.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio. Su quest'ultimo emendamento, come lei sa, sono stato sostenitore personale della necessità di favorire le imprese locali evitando fenomeni di lottizzazione al contrario, cioè la macrolottizzazione.

  MILENA CANNIZZARO, Rappresentante di Confcooperative. Tengo a portarle, presidente, i saluti del presidente Stronati che, purtroppo, essendo all'estero non ha potuto partecipare all'audizione, ma tuttavia voleva ulteriormente perorare la causa di questo emendamento. So che lei si è speso al riguardo e ci piacerebbe che anche in questo vagone si potesse in qualche modo sostenerlo per arrivare a una soluzione.
  La cosa fondamentale per noi è la salvaguardia della specificità cooperativa. Consideri che il 70 per cento del fatturato delle imprese di servizi aderenti a Federlavoro è realizzato proprio nelle aree metropolitane. Quindi, un'osservazione di questo dettaglio per noi sarebbe importante.

  PRESIDENTE. Vorrei rivolgervi una domanda con riferimento all'articolo 39. Voi avete sostenuto, sul cosiddetto «soccorso Pag. 17istruttorio», cioè poter integrare una mancanza nella domanda, a parte l'esosità della sanzione pecuniaria – leggo nel vostro documento – che «se confermata, lungi dal conseguire certezze e prevenire il contenzioso lo favorirà con aggravio di costi significativo in capo alle imprese».
  Voi che siete proprio da quella parte perché sostenete che questa norma aggraverà il contenzioso e i costi dello stesso ?

  TONY DELLA VECCHIA, Capo segreteria dell'ufficio legislativo di Confcooperative. Noi non abbiamo una posizione critica nei confronti della possibilità delle sanatorie e di un'interpretazione «sostanzialista» degli adempimenti. L'unico timore che viene dalle imprese – noi lo raccontiamo così, ma è espresso in maniera molto seria e gridata – riguarda la descrizione generica della fattispecie, non anche le possibilità di sanatoria della seconda parte, e l'esosità della sanzione.
  Sulla seconda parte della disposizione non c’è invece una posizione critica.

  PRESIDENTE. Scrivete in questo documento che «lungi dal conseguire certezze e prevenire il contenzioso lo favorirà con aggravio di costi significativo in capo alle imprese». Vorrei sapere da dove scaturisce questa affermazione.

  TONY DELLA VECCHIA, Capo segreteria dell'ufficio legislativo di Confcooperative. È collegata alla tesi secondo la quale le difficoltà di interpretazione della nozione di irregolarità essenziale e irregolarità non essenziale provocheranno nuovo contenzioso.

  PRESIDENTE. Il documento sarà ampiamente distribuito e l'emendamento sarà valutato dai commissari perché possano eventualmente farne oggetto di proprio emendamento.
  Vi ringrazio e vi chiedo di salutare il presidente Stronati.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti dell'Unione nazionale segretari comunali e provinciali (UNSCP).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in esame del disegno di legge C. 2486 Governo di conversione in legge del decreto-legge n. 90 del 2014 recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, l'audizione di rappresentanti dell'Unione nazionale segretari comunali e provinciali (UNSCP).
  Sono presenti il segretario nazionale Alfredo Ricciardi e il vice segretario nazionale vicario Salvatore Maurizio Moscara.
  Vi chiedo di spiegare le ragioni di consenso o di dissenso rispetto alla norma contenuta nel decreto-legge e soprattutto vi chiedo di chiarire, essendo facoltativo questo diritto di rogito, quali conseguenze questo ha o potrebbe avere sugli esiti degli introiti.
  Do la parola al segretario nazionale dell'UNSCP Alfredo Ricciardi.

  ALFREDO RICCIARDI, Segretario generale dell'UNSCP. Signor presidente, vorrei stupirvi con effetti speciali dicendo che siamo d'accordo con l'abrogazione, ma purtroppo debbo confermare che non siamo del tutto convinti dell'utilità dell'abrogazione dei diritti di rogito in favore dei segretari. Né ci convince quanto prevede il comma 2 dell'articolo 10 del decreto in materia di eliminazione della quota dei diritti di rogito, che andava al Ministero dell'interno con la sua integrale attribuzione al Comune.
  La norma contenuta nel decreto compie un'operazione molto secca e semplice...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, la Presidenza ha acquisito il vostro documento, che ovviamente sarà distribuito a tutti i componenti della Commissione. Analogamente a quanto accaduto nelle altre audizioni, la inviterei a un'esposizione più sintetica e per punti.

Pag. 18

  ALFREDO RICCIARDI, Segretario generale dell'UNSCP. Grazie, presidente. Come dicevo, la norma fa una scelta molto secca, che è quella della totale eliminazione sia dei diritti di segreteria attribuibili al segretario sia della parte che veniva viceversa trasferita al Ministero dell'interno.
  Credo che la norma – non vediamo altra possibile spiegazione – agisca sul presupposto che vi sia un errore nella previsione precedente, vale a dire che questa previsione di lasciare al segretario una quota dei diritti di rogito evidentemente non fosse in linea né con l'ordinamento né con una corretta valutazione di congruità di questa attribuzione di compenso, anche tenendo conto del diverso momento che sta vivendo il Paese, che quindi esige che tutti – e i pubblici dipendenti per primi – contribuiscano rinnovando un rigore nelle loro retribuzioni.
  Se, come crediamo, è questo il presupposto, occorre verificare, a nostro avviso, se effettivamente il caso dei diritti di segreteria risponda a questi presupposti.
  Il primo elemento che io sottopongo alla vostra attenzione è la diversità della vicenda rispetto ad altre ipotesi che pure sono citate nel decreto-legge. Vi cito un dato: tutti sapete che il segretario comunale e provinciale è nominato con il sistema dello spoil system; viene nominato liberamente al momento delle elezioni e altrettanto liberamente revocato sempre al momento delle elezioni. L'ordinamento ha previsto – domando provocatoriamente – lo spoil system dell'ufficiale rogante ? La vicenda spoil system nasce perché il segretario è l'ufficiale rogante dell'ente locale ? Io credo di no. Credo che la scelta dello spoil system sia la plastica dimostrazione che il segretario comunale e provinciale fa tutt'altro. È il vertice o comunque uno dei vertici dirigenziali dell'ente locale. La sua naturale attività è diversa: sovrintende e coordina i dirigenti; collabora con gli organi e con la stessa dirigenza degli enti locali per assicurare che l'attività degli enti sia conforme alle leggi e all'ordinamento; è responsabile dell'anticorruzione; è responsabile dei controlli interni. È, in sostanza, il massimo o uno dei massimi vertici burocratici dell'ente.
  La funzione rogatoria non è che una funzione aggiuntiva, facoltativa. Non è la funzione del rapporto di lavoro. Il Comune non è dotato del segretario perché ha bisogno di un ufficiale rogante, ma è dotato del segretario per tutt'altro, e conseguentemente c’è una differenza rispetto ad altre figure che sono pure individuate e normate nel decreto-legge, dove si discute se sia corretto o meno un sistema incentivante rispetto alla prestazione principale di quella figura.
  Nel caso nostro, non stiamo ragionando di un sistema incentivante della prestazione principale del segretario, ma di un sistema incentivante di una funzione aggiuntiva. Come ha detto il presidente stesso e come è stato scritto anche in questi ultimi giorni su autorevoli organi di stampa, stiamo parlando di una funzione facoltativa che ha un'utilità, ed è per questo che è rimasta storicamente in capo al segretario. L'utilità è di dotare l'ente comunque di un ufficiale rogante in grado di produrre un vantaggio su tre componenti.
  In primo luogo, il vantaggio per l'ente di poter avere appunto i contratti in forma pubblica amministrativa, esigendo dal privato contraente il tributo dei diritti di segreteria, il quale tributo è dovuto proprio perché c’è un ufficiale rogante che rende l'atto con la qualità della forma pubblica amministrativa. In assenza dell'intervento dell'ufficiale rogante non sono dovuti diritti di segreteria per il contratto stipulato tra privato e Comune. Quindi, vi è il vantaggio per l'ente che incamera un tributo.
  Il secondo è il vantaggio per i cittadini o le imprese che contraggono con la pubblica amministrazione locale, perché stipulano il contratto in forma pubblica amministrativa, vale a dire con le stesse identiche prerogative dell'atto pubblico rogato dal notaio, versando un tributo che è di misura enormemente inferiore rispetto al costo delle tariffe notarili per la stessa tipologia di atto. Quindi, il cittadino o Pag. 19l'impresa roga e ha il contratto con la forma pubblica amministrativa a un costo estremamente vantaggioso.
  Siccome quella è una funzione facoltativa, aggiuntiva, che viene naturalmente, nella stessa percezione del segretario, vissuta come residuale rispetto alle altre preminenti funzioni – di sovraintendenza, di coordinamento, sull'anticorruzione, di garanzia, quelle che citavo prima e che rendono logico (secondo alcuni, mentre secondo altri non è corretto) il sistema di spoil system – venendo dopo tutte queste funzioni rischia di non essere nemmeno esercitata in modo continuativo, ma in modo molto sporadico. La scelta di incentivarne l'esercizio era proprio collegata a questo.

  PRESIDENTE. Scusi, se ho ben inteso, lei sta dicendo che essendo questo un servizio facoltativo, se il segretario si avvalesse della facoltà di non rogare, questi atti, anziché a vantaggio del comune, andrebbero a vantaggio di privati. È giusto ?

  ALFREDO RICCIARDI, Segretario generale dell'UNSCP. Di fatto sì. Debbo dirle, presidente, che non entro nemmeno nella dinamica del se, a richiesta, si è obbligati o non si è obbligati.

  PRESIDENTE. L'espressione è «può».

  ALFREDO RICCIARDI, Segretario generale dell'UNSCP. Come Unione dei segretari – mi permetto di evidenziarlo per lo spirito con il quale ci poniamo – ci siamo subito premurati di dire ai segretari di continuare a svolgere questa attività, perché è comunque utile per i cittadini. Il tema, però, è che evidentemente, siccome il segretario ha ben altro da fare quotidianamente, meno questa attività è incentivata meno verrà svolta.

  PRESIDENTE. Scusi se la interrompo. Mi pongo un problema: se i segretari legittimamente decidessero di non rogare più, anche su richiesta, perché è un'attività aggiuntiva, questa attività che oggi produce comunque utilità per il pubblico andrebbe a produrre utilità per soggetti privati. Giusto ?

  ALFREDO RICCIARDI, Segretario generale dell'UNSCP. Senza alcun tributo per l'ente, certo. Quindi, zero entrate...

  PRESIDENTE. La invito a chiudere brevemente il suo intervento.

  ALFREDO RICCIARDI, Segretario generale dell'UNSCP. Chiuderò con due considerazioni. La prima è che comunque i segretari sono consapevoli del momento che vive il Paese, quindi valutiamo anche opzioni che stanno nel mezzo tra l'opzione «tutto» e l'opzione «nulla». Consideriamo però necessario che le scelte, se debbono essere fatte, vengano fatte con un criterio di equità, tenendo conto che ci sono 3.500 segretari che hanno i loro diversi trattamenti economici in tutta Italia.
  Colleghiamoli al contratto collettivo che dovrà essere stipulato, interveniamo sulla misura percentuale del limite del compenso sull'incentivo in questione, ma ragioniamo bene sull'opportunità o meno di intervenire in modo tranchant, con conseguenze che non sono facilmente prevedibili.
  Infine, svolgo un'osservazione sul secondo comma, richiamando l'opportunità di rivedere la scelta di eliminare l'accorpamento al Comune del 10 per cento della quota dei diritti di segreteria. Quel 10 per cento era finalizzato per legge – una legge del 1962 tuttora valida, mai abrogata – a finanziare il sistema formativo dei segretari comunali e anche dei dirigenti degli enti locali.
  L'articolo 21 crea la nuova scuola nazionale, ma immagino che la formazione degli enti locali sarà una delle attività della formazione della scuola. Allora, ragioniamo semmai di trasferire quella quota, quel 10 per cento – magari ridotto, visto che si stimano risparmi con l'accorpamento di un'unica scuola – alla scuola nazionale stessa per garantire la continuità.

Pag. 20

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Condivido il principio che è opportuno che i dirigenti della pubblica amministrazione e anche i dipendenti siano incentivati o puniti, ma credo che da questo punto di visto si debba evitare l'appiattimento. Chi fa deve giustamente essere premiato.
  Rispetto a questo articolo specifico, considerato che attorno al tema dei segretari generali si aprirà una discussione a breve – e credo che possa essere una discussione interessante per l'intero Paese, perché comunque stiamo parlando della dirigenza apicale e oggi c’è bisogno di una squadra forte, capace di dirigere la pubblica amministrazione nel tempo – vorrei porre una domanda.
  Rispetto alla mia esperienza personale, il segretario generale del mio Comune ha rogitato sempre molto poco. I grandi rogiti, i grandi contratti si facevano comunque fuori. Chiedo se in questa fase – non conosco la quantità di lavoro, ma lei lo definiva marginale – non sarebbe meglio, anziché eliminare questa funzione, dire che rientra nel contratto dei segretari generali e considerarla, da questo punto di vista, una funzione dei segretari.
  Dopodiché, nella discussione più generale, si deve ragionare su cosa vuol dire un risultato per i segretari e, dentro questo risultato, dare peso e valore a quei segretari che rogitano anche, quindi valorizzarne l'impegno. Poiché su questo articolo c’è molta discussione ed ha assunto un valore direi simbolico, credo che sia difficile cambiarlo – esprimo con estrema sincerità quello che penso, ma la discussione è aperta – però mi sembra interessante a questo punto trovare un accordo con voi. Non vedo in contrapposizione l'idea di considerare che questa funzione comunque viene svolta, quindi si deve rivedere, nell'ambito di un ragionamento più complessivo, come valorizzarla.
  Trovo molto utile e interessante la vostra sottolineatura di mantenere una quota di queste risorse comunque per la formazione. Se non abbiamo i soldi per la formazione, e non ce ne sono da molti anni, come facciamo a formare la classe dirigente che ci serve per fare tutte le riforme necessarie ?

  NAZZARENO PILOZZI. Mi è sembrato che da parte dei segretari comunali ci sia stata anche un'apertura rispetto al tetto, se non sbaglio il 25 per cento...

  ALFREDO RICCIARDI, Segretario generale dell'UNSCP. Un terzo.

  NAZZARENO PILOZZI. Un terzo dello stipendio lordo.
  Vorrei però approfondire la questione. Riguardo ai rogiti per la cessione di immobili di proprietà comunale, in quel caso esistono i diritti da parte dei segretari comunali ?

  ALFREDO RICCIARDI, Segretario generale dell'UNSCP. Dipende se è compratore o venditore il Comune, come per il notaio: a seconda di chi è il compratore si pone a carico. Se è il Comune che compra, non esistono i diritti, perché se si andasse da un notaio, è il compratore che si fa carico delle spese; se è il Comune che vende, debbono essere pagati i diritti di segreteria sul valore dell'immobile.

  NAZZARENO PILOZZI. Ovviamente la stessa cosa vale anche per i vari livelli, l'enfiteusi e questioni che possono esserci sugli immobili comunali e che i cittadini possono riscattare attraverso l'avvallo del Comune con una delibera.
  In questi giorni abbiamo svolto molte audizioni di alti dirigenti dello Stato, ai quali viene chiesto in un certo senso un sacrificio in un momento difficile per il Paese. Come è stato giustamente detto, c’è anche una differenza notevole di livello retributivo fra i vari segretari comunali in tutta Italia. Come sappiamo, il livello retributivo minimo di un segretario comunale rispetto al livello retributivo minimo di un altro lavoratore degli enti locali ha comunque una differenziazione importante.Pag. 21
  Molti di noi sono stati negli enti locali, quindi sappiamo tutto questo. Quello dei lavoratori degli enti locali è un contratto molto «basso». Quindi, credo che il comparto dei segretari comunali debba fare una proposta che possa andare nel senso di aiutare, in un momento così complicato, il nostro Paese, come tutte le varie parti del pubblico impiego, anche ad alto livello, stanno facendo.
  Da questo punto di vista, credo che dire che il segretario «può rogare» non ci aiuti nella discussione, sebbene sia vero che la legge prevede che il segretario comunale può rogare. Ho sentito in giro questioni che sono un po’ preoccupanti: «continuo a rogare, poi chiedo la liquidazione e se non me la danno faccio ricorso e vediamo chi ha ragione», perché questa norma, per chi sostiene questo punto di vista, potrebbe essere incostituzionale.
  Credo che, come diceva la collega Gasparini, si debba trovare un giusto rapporto tra legislatore e categoria, perché sappiamo che i Comuni sono il front-office dello Stato sul territorio e i segretari comunali spesso sono il front-office e non il back-office del Comune.
  A mio avviso, dobbiamo lavorare a una soluzione che tenga conto del risparmio dei cittadini e delle imprese – un terzo rispetto al privato, come diceva il presidente – e allo stesso tempo vi è la necessità generale di contribuire, non solo per la parte economica ma anche come senso di appartenenza a una comunità, a quello che è uno sforzo di tutti per l'equilibrio economico del Paese.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per l'intervento e per il documento che hanno consegnato, che saranno tenuti nella debita considerazione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di: CGIL(FP), CISL(FP), UIL(PA), ANQUAP, CONFSAL, COSMED, CONFEDIRSTAT, CONFEDIR, CIDA, Co.Dir.P., AGDP e DIRPUBBLICA.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva deliberata in relazione all'esame del disegno di legge C. 2486 Governo di conversione in legge del decreto-legge n. 90 del 2014 recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, l'audizione di rappresentanti di: CGIL(FP), CISL(FP), UIL(PA), ANQUAP, CONFSAL, COSMED, CONFEDIRSTAT, CONFEDIR, CIDA, Co.Dir.P., AGDP e DIRPUBBLICA.
  Chi non avesse ancora depositato documenti scritti è invitato a farlo rapidamente. Non posso concedere più che tempi europei a ciascuno di voi, quindi tre minuti per ciascuno.
  Posso assicurare che i vostri testi saranno distribuiti per posta elettronica a tutti i componenti della Commissione perché possano tenerli nella debita considerazione per la formulazione degli emendamenti al decreto.
  Premettendo che abbiamo preferito sentire più voci possibile, pur dovendo imporre questi tempi ristretti, do la parola agli auditi.

  STEFANO BIASIOLI, Segretario generale Confedir. Grazie. Vorrei ribadire le nostre posizioni relative al tema del decreto-legge.
  Primo: la necessità di una riforma della pubblica amministrazione andrebbe comunque preceduta da una ridefinizione dell'assetto delle funzioni di Stato, Regioni, Province, aree metropolitane, aggregazioni di Comuni e Comuni singoli, onde evitare un nuovo caos istituzionale e una sovrapposizione di competenze, come avviene oggi per effetto della modifica del Titolo V della Costituzione.
  Secondo: l'identificazione chiara e preliminare degli obiettivi della riforma. Questa dovrebbe puntare a una migliore funzionalità, modernizzazione e snellimento amministrativo e regolamentare, e non solo al contenimento dei costi.
  Terzo: l'identificazione delle dotazioni organiche standard nei diversi comparti e settori, per non ledere le specificità acquisite indispensabili. Lavorare nei ministeri, Pag. 22nella scuola e nella sanità, ad esempio, esprime peculiarità e responsabilità diverse.
  Quarto: coordinare le norme pensionistiche attuali e le previsioni di spesa attuali con l'esigenza governativa di ringiovanire la pubblica amministrazione, senza per questo distruggere le competenze acquisite.
  Quinto: valorizzare tutta la dirigenza pubblica, quella ministeriale, quella regionale, quella degli enti locali, quella sanitaria, quella scolastica, coinvolgendola nel progetto di riforma e nella decretazione successiva.
  Sesto: valorizzare e non azzerare la collaborazione sindacale in un momento così importante di trasformazione dell'assetto pubblico.
  Settimo: evitare di creare ancora una volta sacche di privilegio e di privilegiati. Se i sacrifici devono essere fatti, sacrifici dovranno essere per tutti, ma nel rispetto delle regole generali e non come nuova invasione della politica nelle competenze gestionali dei dirigenti.
  Su questo, presidente, abbiamo presentato un prospetto analitico relativo al decreto con una serie di proposte e di modifiche specifiche.
  Mi limito solo a un dato di fatto: nel decreto-legge è prevista l'emanazione di circa 50 decreti ministeriali. Tutto questo in un Paese che ha ancora un arretrato di 800 decreti ministeriali da varare. Grazie.

  GIORGIO GERMANI, Presidente ANQUAP. Grazie per questa audizione. Noto con piacere che il Parlamento tenta di confrontarsi nel merito con le parti sociali.
  Debbo dire che abbiamo avuto qualche difficoltà in più con il Governo, perché più che di un confronto si è trattato di una consultazione un po’ anomala, seppure con le moderne tecnologie.
  Ci preoccupa la continuazione di un atteggiamento penalizzante nei confronti della dirigenza e delle alte professionalità: avvocati dello Stato, segretari comunali, progettisti, colti qua e là. Insomma, si dice nel documento dei 44 punti che si vuole riformare lo Stato, riformare le pubbliche amministrazioni avvalendosi degli apporti dei dipendenti e in primis dei dirigenti e alte professionalità, ma il senso non va in questa direzione.
  Siamo anche preoccupati del tentativo di una mortificazione delle relazioni sindacali, saltando il rapporto con i corpi intermedi. Credo che il sindacato si sia dimostrato, soprattutto nel pubblico impiego, estremamente responsabile. Sono anni che le contrattazioni sono bloccate, sono anni che sono bloccate le retribuzioni, ma mi pare che non abbiamo fatto nemmeno uno sciopero, nemmeno un'alzata di scudi perché siamo convinti e consapevoli dell'esigenza di compatibilità del sistema.
  Ora, che questa sia una riforma ci genera molti dubbi. Peraltro, il linguaggio utilizzato nel decreto-legge è il solito linguaggio incomprensibile, difficile da comprendere anche per chi, come noi, è avvezzo, per il mestiere che fa, a confrontarsi con le norme. Anche qui, semplificazioni non ve ne sono.
  Ci auguriamo che il percorso parlamentare possa apportare dei cambiamenti, delle modifiche migliorative, e che il disegno di legge, di cui però ancora non si conosce il testo, presenti una visione e una strategia ben più significative di quelle che sono presenti nel decreto-legge.

  GIORGIO CAVALLERO, Segretario generale aggiunto COSMED. Buongiorno e grazie per la consultazione. Credo che fare una riforma della pubblica amministrazione senza affrontare il problema dei contratti di lavoro sia qualcosa che rende poco accettabile e anche poco credibile l'intero impianto legislativo. Per questo noi ricordiamo che i nostri contratti di lavoro sono fermi dal 2009 e proponiamo degli emendamenti che, pur non aprendo direttamente i contratti di lavoro, consentano la realizzazione di questi contratti di lavoro mediante un accordo sulle aree.
  In questo momento non solo non è aperta la contrattazione, ma non è possibile farlo senza un intervento legislativo che renda coerente le aree con quelle che sono le disposizioni datoriali e della rappresentanza Pag. 23che è andata via via costituendosi e che dovrà essere rinnovata il prossimo dicembre.
  Noi ricordiamo l'importanza assoluta di questa modifica del decreto legislativo n. 150, che consentirebbe, se non altro, l'accordo di lavoro. In tal senso, anche l'ARAN si è espressa e sarebbe utile che fosse audita ai fini di ottenere un provvedimento che riapra se non i contratti almeno la contrattazione.
  Assai brevemente passo agli altri argomenti. Ricordiamo anche che, per quanto riguarda i permessi e i distacchi, questo Governo, qualche giorno prima di questo decreto, ha firmato con la dirigenza un contratto nazionale quadro in cui già si riducevano di un terzo le prerogative sindacali, ragion per cui questo decreto fa una sommatoria di penalizzazioni su penalizzazioni.
  Noi non chiediamo sconti, ma semplicemente che non ci siano discriminazioni per la dirigenza rispetto alle altre categorie.
  Per quanto riguarda i pensionamenti coatti, ricordiamo che in particolare i medici hanno una lunga carriera, un lungo iter di studi, che permette loro di accedere al mondo del lavoro oltre il trentacinquesimo anno di età, quindi prima di prepensionare dei sessantenni che sono ancora nel pieno delle loro possibilità occorre fortemente meditare, anche perché si tratta di elevate professionalità che verrebbero concesse al privato e al privato accreditato.
  Ricordiamo anche, sulla mobilità, che molte amministrazioni hanno difficoltà ad assumere personale per una serie di stratificazioni legislative – mobilità, presenza di graduatorie dal 2003, presenza di graduatorie in altre amministrazioni – per cui, come abbiamo scritto nella nostra memoria, sarebbe utile sostituire il nulla osta dell'amministrazione con un preavviso.
  Ringraziando, rimandiamo alla lettura del documento che abbiamo consegnato e restiamo a disposizione per ulteriori chiarimenti, ricordando però in conclusione che il pubblico impiego attende un segnale di apertura.
  Questo segnale di apertura di una nuova stagione contrattuale passa attraverso una norma legislativa che consenta di definire le aree contrattuali. Grazie.

  MARINELLA PERRINI, Dirigente sindacale CGIL – Funzione pubblica. Sono qui al posto di Rossana Dettori, segretario generale FP-CGIL.

  PRESIDENTE. Mi scusi. Approfitto per segnalare che per la CONFEDIR era presente il dottor Marcello Pacifico, per la COSMED il segretario generale aggiunto Aldo Grasselli, per l'ANQUAP il vice presidente Sabato Simonetti.

  MARINELLA PERRINI, Dirigente sindacale CGIL – Funzione pubblica. Noi abbiamo presentato una proposta unitaria di emendamenti insieme alla CISL-FP, alla UIL-FPL e alla UIL-PA, perché siamo convinti che le disposizioni in materia di lavoro pubblico contenute in questo decreto non raggiungano l'obiettivo di un intervento di riforma e di taglio degli sprechi in grado di rilanciare il valore e la funzione della pubblica amministrazione, così come invece annunciato da questo Governo.
  In particolare, sulla dirigenza l'articolo 11 del decreto modifica l'articolo 110 del testo unico sugli enti locali, ma è indicativo di una scelta politica precisa che è facilmente estendibile a tutta la pubblica amministrazione, che è quella di un ripensamento del rapporto tra dirigenza e politica che a noi sembra in contraddizione innanzitutto con l'imparzialità sia della dirigenza sia della pubblica amministrazione prevista proprio dall'articolo 97 della Costituzione, ma anche con delle indicazioni previste dallo stesso decreto per la riforma della pubblica amministrazione, innanzitutto e soprattutto in materia di mobilità, che viene prevista nel decreto dall'articolo 4, non soltanto per la dirigenza ma anche per i dipendenti.Pag. 24
  Nell'articolo 4 si prevede che la mobilità sia fatta motore di una riorganizzazione della pubblica amministrazione che viene prevista, non soltanto in quanto volontaria ma anche in quanto coattiva, come motore di riorganizzazione. Se questo è vero, non può essere alternativa a un quadro in cui, invece, per gli enti locali c’è la possibilità di un'assunzione a tempo determinato di persone che non soltanto non sono inquadrate nei ruoli della pubblica amministrazione, ma non sono assunte per concorso bensì soltanto intuitu personae e senza la preventiva escussione della disponibilità dei dirigenti di ruolo, come invece prevede il decreto legislativo n. 165.
  Ritroviamo, oltretutto, una contraddizione in questo stesso articolo per quanto riguarda la dirigenza anche perché un'assunzione e soprattutto un aumento del 30 per cento rispetto a quello previsto dall'articolo 110 del testo unico degli enti locali determina che non vi sia una coerenza rispetto alla razionalizzazione dei costi e delle dotazioni organiche, come invece si prevede per tutto il resto della pubblica amministrazione.
  Senza tacere, poi, circa la contraddizione nel considerare che un reclutamento senza concorso di persone che provengono dal privato non significa necessariamente qualità del personale della dirigenza. Al contrario, normalmente dal privato proviene gente che non trova nel privato ulteriore impiego e, soprattutto, per quanto riguarda gli stipendi, sicuramente si accontenta di stipendi inferiori rispetto a quelli che potrebbe avere nel privato stesso.
  Al contrario, noi riteniamo che bisognerebbe agire su una maggiore responsabilità della classe dirigente esistente e di ruolo, perché soltanto così avrebbe senso un sistema di valutazione che lo stesso Governo prevede ci sia per quanto riguarda la dirigenza, basato sulla realizzazione degli obiettivi a cui legare sia la carriera che il salario accessorio.
  Questo è un discorso che non vale soltanto per la dirigenza, ma che riteniamo debba valere anche per i dipendenti. Infatti, se non si parte da una riorganizzazione organica delle strutture, della strumentazione, dell'ITC e soprattutto da un'idea di investimento nella pubblica amministrazione in questo senso, e non nel senso di un taglio non razionale, non ha senso parlare di obiettivi, di risultati, di qualità, di valutazione e soprattutto di servizi.

  PRESIDENTE. Avverto che, anche in questo caso, è stato presentato un contributo scritto particolarmente articolato.

  CHIARA SEVERINO, rappresentante di CISL – Funzione pubblica. Buongiorno, sono Chiara Severino e sostituisco il segretario generale aggiunto Daniela Volpato che non ha potuto partecipare a quest'audizione.
  Poiché gli emendamenti presentati dalla collega della FP-CGIL sono emendamenti unitari, a quanto è stato già detto riteniamo di non dover aggiungere altro.

  GERARDO ROMANO, rappresentante della UIL – Pubblica amministrazione. Come abbiamo già sottolineato anche nel documento che abbiamo presentato, riteniamo incongruo il modo con cui si sta procedendo alla riforma della pubblica amministrazione, che in qualche modo è avulsa dalla necessaria precedente definizione del modello di Stato. Si sta operando sulla riforma della pubblica amministrazione senza sapere cosa la pubblica amministrazione in concreto debba fare.
  In particolare, proprio sulla dirigenza, si sta operando la scelta di una sostanziale precarizzazione del rapporto della dirigenza, creando in realtà, laddove si vince un concorso per diventare dirigenti, non un diritto a esercitare – così come prevede la Carta costituzionale – una funzione a servizio della cittadinanza, ma sostanzialmente portando a prevedere un'aspettativa al lavoro, soprattutto laddove si continui a determinare una condizione di creare un albo della dirigenza che quindi non garantisce la possibilità, a fronte del concorso, di esercitare la funzione per la quale un cittadino ha vinto un concorso e Pag. 25sembrerebbe dalla Costituzione avere diritto a potere esercitare la funzione per la quale quella procedura, peraltro prevista dalla Costituzione stessa, doveva essere un elemento di garanzia, anche rispetto alla cittadinanza, ed è già stato richiamato in proposito l'articolo 97 della Costituzione.
  Ci sembra, inoltre, che anche l'incursione che viene fatta sempre in tema di permessi sindacali sia in violazione delle norme costituzionali, sebbene peraltro la sentenza n. 352 del 1996 della Corte costituzionale abbia ribadito come la materia dei permessi sindacali rispetto al pubblico impiego sia sottratta alla disciplina delle norme. Già precedentemente il legislatore si era avvicinato a questa delicata materia, ma ricordo che anche nelle precedenti previsioni non c'era stato nessun automatismo di applicazione, in quanto le precedenti riduzioni che pure le norme prevedevano sono state poi riportate dentro l'applicazione di accordi sempre in ARAN, quindi lasciando aperto un problema di grave tenuta costituzionale rispetto all'assetto. Stiamo parlando di un'incursione su materie evidentemente disciplinate pattiziamente dalle parti, sulle quali una parte, che è il datore di lavoro, in questo senso interviene. Ci sembra che, su questo, questa Commissione possa intervenire.
  Ugualmente, anche in tema di mobilità ci sembra che ci sia un eccesso di libertà da parte del Governo per l'utilizzo del personale tutto, sia esso dirigente sia esso personale dipendente e nei ruoli. Grazie.

  FEDELE RICCIATO, Segretario generale della CONFSAL. Noi abbiamo lasciato una memoria molto dettagliata e, quindi, io mi limito a una dichiarazione che non supererà certamente i tempi europei che il presidente ha stabilito.
  Innanzitutto noi dobbiamo affermare che, quando si mette mano a una riforma e la si chiama riforma della pubblica amministrazione, si dovrebbe tenere conto almeno del fatto che questa riforma va fatta in una progettualità. A noi non sembra che ci sia un progetto né in questo decreto, né nel decreto n. 91. Speriamo che ci sia qualcosa nel disegno di legge che nascerà fra qualche giorno o qualche ora.
  Noi troviamo, quindi, il decreto n. 90 fuori da una progettualità e anche un po’ disorganico, in gran parte omissivo, anche incoerente rispetto agli intenti governativi dichiarati, e soprattutto penalizzante per i lavoratori pubblici. In sostanza, è un provvedimento che noi valutiamo in modo molto negativo.
  Io non penso che darà una mano alla qualità dei servizi amministrativi. Addirittura non è stato nemmeno citato il fabbisogno amministrativo. Da questo dovremmo partire per capire bene quale pubblica amministrazione vogliamo, quale erogazione, in termini di quantità e qualità, dei servizi dobbiamo fare e risalire poi per vedere come recuperare la centralità del fattore umano in questo processo innovativo.
  Secondo le dichiarazioni del Governo, si voleva privilegiare il ricambio generazionale, ma il ricambio generazionale non ci sarà certamente con il divieto di trattenimento in servizio e con la lieve e quasi impercettibile modifica del turnover. Non ci sarà sicuramente. Noi avevamo proposto l'introduzione dell'istituto dell'esonero dal servizio e l'accelerazione dello sblocco del turnover perché ci fosse veramente un effettivo ricambio. Il ricambio serve in parte perché la nostra amministrazione è la più vecchia d'Europa, in parte perché avremmo dovuto inserire nuovi processi tecnologici e innovativi anche attraverso l'avvento di giovani preparati in questo settore.
  Questa, dunque, è una prima considerazione: noi non vediamo progettualità, non vediamo un grande provvedimento. Ci sono alcuni piccoli istituti, tipo quello sulla mobilità, che, però, è un istituto rigido. I 50 chilometri rappresentano un parametro che basta confrontare con le diversità del territorio e con i problemi che si hanno sul territorio stesso, anche in termini di trasporti, per dire che, in sostanza, è un parametro che non può essere preso in considerazione.
  C’è poi il problema, che viene eluso – si sarebbe potuto fare un rinvio alla previsione Pag. 26della nuova legge di stabilità – del contratto. Dobbiamo pensare che i protagonisti di questa riforma che non c’è, a dir la verità, il che forse è un bene, sono senza contratto da cinque anni e convivono col blocco del turnover.
  In sostanza, c’è una forte invadenza del legislatore in materia negoziale e sono saltate di fatto la privatizzazione del rapporto di lavoro e la contrattualizzazione, almeno dove c’è il sistema della contrattualizzazione, per quei comparti e quelle aree dirigenziali.
  Tutto questo è un grande problema, che viene poi analiticamente affrontato nella memoria della mia Confederazione.
  C’è un'altra questione che lascio per ultima, ma che non è la minore, ed è quella dell'articolo 7. L'articolo 7 riguarda la riduzione drastica dei distacchi e delle prerogative sindacali. Questo è un aspetto che andrebbe inquadrato in un altro tipo di riforma, quella del ruolo del sindacato, ossia di quale sindacato oggi vogliamo e con quali strumenti esso debba svolgere la propria funzione.
  Io vedrei di più il tema in una riconsiderazione della rappresentatività e della rappresentanza in una legge che dovrebbe riguardare privato e pubblico e che dovrebbe lasciare al sindacato gli spazi e gli strumenti per svolgere un ruolo costituzionale.
  Mi fermo. Noi siamo qui grazie a voi, altrimenti per questi provvedimenti il Governo avrebbe ritenuto di non sentirci e, quindi, di ignorare il nostro ruolo costituzionale. Basta dire questo per mostrare come noi possiamo essere coinvolti in questo discorso decisivo. Grazie.

  PRESIDENTE. Con tutto il plauso per la decisione dell'Ufficio di presidenza della Commissione, qualche volta non sentire non vuol dire ignorare e tante volte ascoltare vuol dire, invece, non ascoltare. Noi abbiamo svolto il ruolo istituzionale di chiamarvi tutti perché, secondo noi, è nostro dovere. Il Governo potrà ascoltare usufruendo anche delle vostre audizioni. Ha la possibilità di consultare gli atti e, quindi, di prenderne atto.

  FEDELE RICCIATO, Segretario generale della CONFSAL. Mi consenta soltanto di dire che mi riferivo all'informazione preventiva di ventiquattr'ore del Ministro Madia, per essere proprio chiaro.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Ripeto, il nostro dovere istituzionale è quello di disporre audizioni. Pur rappresentando io, come lei sa, una forza di opposizione, le dico che il Governo apprezzerà il vostro dire, non so se per applicarlo o meno, ma comunque sarà messo in condizioni, come tutti i parlamentari, di prenderne contezza. Il nostro scopo è anche questo.

  GIANCARLO BARRA, Segretario generale Dirpubblica. Grazie, presidente. Mi concentrerò essenzialmente su alcuni aspetti del decreto-legge. Noi riteniamo che l'indole di questo decreto-legge risieda in due articoli, nel 4 e nel 5, che derogano ulteriormente dall'articolo 2103 del Codice civile, il quale fu riformato, a sua volta, con lo Statuto dei lavoratori.
  Già con la privatizzazione del pubblico impiego noi abbiamo avuto una deroga importante e ingiusta, cioè quella di non far coincidere mansioni superiori al conseguimento della qualifica, fatto che ha generato una serie innumerevole di danni, in particolar modo nelle Agenzie fiscali, laddove abbiamo avuto figure dirigenziali improprie per oltre 1.000 casi a causa di questa deroga ingiusta.
  Ora noi vediamo che con questi due articoli si viene ad avere addirittura una finzione giuridica, quella di ritenere che tutti gli uffici in una determinata zona costituiscano un'unità produttiva, come se si trattasse di un'impresa o di un'industria, cosa che nella realtà non è. Questo darà luogo non alla mobilità, ma a trasferimenti arbitrari.
  In più, nel successivo articolo è previsto il demansionamento, ossia la rinuncia «volontaria» alla propria qualifica. I soggetti vengono, quindi, a essere mortificati e umiliati, nell'ambito di una progressiva mortificazione del pubblico impiego che procede dall'anno 1992 ad oggi.Pag. 27
  Su questo stesso tenore vediamo le minutaglie che riguardano gli ingegneri pubblici e gli avvocati dei vari enti pubblici, i quali dovrebbero rinunciare a dei compensi che provengono da terzi, e non dalla pubblica amministrazione, per l'attività professionale da loro svolta, avendo un trattamento di base di gran lunga inferiore a quello che avviene per i loro compagni di scuola che hanno fatto la scelta di andare nel mondo privato.
  Non parliamo poi dei segretari comunali, confusi in una non identificata dirigenza. I segretari comunali non dovrebbero svolgere la funzione dirigenziale, ma devono svolgere una funzione di controllo. Forse è proprio questo che si vuole abolire. Si vuole abolire il controllo degli uffici, il controllo della burocrazia, un termine che è tanto inviso, ma che, con questo modo di interpretarlo, ci ha provocato una serie di disastri infiniti, a cominciare dalla schiavitù di Rosarno, per arrivare ai cremati di Prato, alla fine della più antica banca del mondo, il Monte dei Paschi di Siena – in quell'occasione noi abbiamo visto l'assenza dell'Agenzia delle entrate, che avrebbe potuto benissimo arginare quel fenomeno – all'Expo e al MOSE.
  Posso fare un riferimento antico per dire che il disastro del Vajont fu causato da un accordo fra la mala politica e la mala impresa, con riferimento alla politica del ministro dei lavori pubblici di allora insieme alla SADE, che, per poter realizzare quel disastro, dovettero inibire il Genio civile di Belluno.
  E ancora, noi vediamo in questo provvedimento la fine del magistrato delle acque, un altro ufficio prezioso già spogliato di competenze, di funzioni, di uomini e di capitali. Andiamo, quindi, verso un'assoluta autarchia, che porterà a questo Paese ulteriori danni.
  Spendo una parola sui permessi sindacali e i distacchi. Dirpubblica non gode di permessi sindacali e distacchi, ma questo modo di fare del Governo è certamente negativo. Noi leggiamo un'attività punitiva anche in questa situazione, che lascia alla contrattazione il compito di ripartire il residuo.
  Ci siamo permessi in tanti anni, signor presidente, un abominio: quello di non applicare l'articolo 39 della Costituzione. Da quell'abominio fino a oggi noi lasciamo questo spezzone di prerogative sindacali affidato a una contrattazione che non si sa in che modo opererà, quando il rimedio è semplice: basterebbe ripartire il carico fra tutti i sindacati sulla base dei loro iscritti.
  Mi fermo qui. Abbiamo inviato le nostre osservazioni per posta elettronica e io le ho commentate.
  Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio anche per i riferimenti storici.

  POMPEO SAVARINO, Presidente AGDP. Svolgo tre considerazioni. Innanzitutto, con riferimento alle autonomie locali e all'articolo 90 del decreto n. 267, in questo decreto-legge si prevede che lo staff del sindaco e quello degli assessori possano prendere anche non laureati, erogando loro una remunerazione dirigenziale.
  Questo, secondo noi, è un assurdo. Qualcuno sostiene che sia fatto per i comunicatori istituzionali, ma è già vigente la legge n. 150, la quale agisce sugli organi di comunicazione istituzionali e prevede anche il parametro economico di questo incarico. Sinceramente, che i collaboratori più stretti del sindaco o dell'assessore prendano la retribuzione di un dirigente non è condivisibile.
  Un'altra disposizione, sempre sui dirigenti degli enti locali, all'articolo 110 del decreto n. 267, prevede che il sindaco possa attingere per il 30 per cento in più al tempo determinato intuitu personae. Questo, ripeto, è inaccettabile per due ordini di idee.
  Il primo riguarda la violazione dell'articolo 97 della Costituzione, il quale dispone che nella pubblica amministrazione si accede per concorso pubblico. A questo punto, questo 30 per cento potrebbe a mano a mano aumentare e diventare una Pag. 28dirigenza non indipendente e terza dalla politica, ma sempre più affine all'indirizzo politico.
  L'altro elemento riguarda i diritti di segreteria dei segretari comunali. Viene soppressa questa remunerazione, il che, peraltro, viola il contratto collettivo nazionale, in cui sono previsti come retribuzione i diritti di segreteria, creando così una disparità di trattamento. A questo punto, il segretario può anche non esercitare il ruolo di erogante e i cittadini, per fare una compravendita in cui il comune sia parte, si vedranno aumentare le spese, perché dovranno accedere al notaio, il quale, ovviamente, costa dieci volte di più dei diritti di segreteria del segretario comunale.
  Ancora, noi prevedevamo un disegno – forse di questo si parlerà nel disegno di legge delega – sulla mobilità. Noi la mobilità la vorremmo incrementare, soprattutto quella volontaria, ma la procedura prevista dal decreto-legge è molto farraginosa, con i trenta giorni di pubblicazione e via dicendo. Noi vorremmo, invece, accelerare la mobilità volontaria, perché, secondo noi, il dirigente non fa parte di una sola amministrazione, ma di tutte le amministrazioni. La possibilità di veicolare queste esperienze come patrimonio della dirigenza del sistema Paese, secondo me, è cosa utile per il Paese stesso.

  GIORGIO REMBADO, Presidente della CIDA. Anch'io in premessa sento il dovere di fare una rapidissima considerazione. A me pare che ci sia uno iato profondo fra le attese dell'opinione pubblica e le attese del personale, in primo luogo del personale dirigente e delle alte professionalità delle pubbliche amministrazioni, rispetto al decreto che stiamo oggi qui commentando. Esso produce una serie di aggiustamenti attraverso richiami, rinvii e abrogazioni, in una sorta di mosaico che poi sta al lettore e all'interprete ricostruire, spesso con estrema fatica, per la difficoltà di mettere insieme norme molto disparate fra di loro.
  Svolgo brevemente due considerazioni, che raggruppo in due ordini di problemi. Anche per queste cose che sto per dire io trovo che ci sia la reiterazione di una consuetudine negativa nella produzione di molti atti legislativi, vale a dire la perdita di memoria normativa. Si ritorna, in altri termini, con alcune disposizioni di legge su altre, con sovrapposizioni talvolta parziali, e non sempre solo parziali, tali da complicare ulteriormente, anche in questo caso, l'interpretazione e l'esecuzione delle norme.
  In merito porto due esempi rapidissimi. L'articolo 21 dispone l'unificazione delle scuole di formazione per la dirigenza pubblica, ma non tiene conto del fatto che una recente norma, la legge di conversione del decreto-legge n. 104 del 2013, aveva fatto sì che le scuole nazionali di formazione, trasformate in dipartimenti, venissero aggregate all'interno della Scuola nazionale dell'amministrazione. Non tiene conto, quindi, della necessità di costituire un apposito dipartimento anche per la dirigenza scolastica, le cui competenze sono state demandate dal citato decreto-legge n. 104 alla Scuola nazionale.
  Al contrario, invece, sempre l'articolo 21 richiama la Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche, l'assorbe e la sopprime, laddove essa ha compiti, caratteristiche e natura completamente diversi da quelli di altre scuole di formazione dirigenziale.
  Il secondo esempio in quest'ambito è l'articolo 7, già più volte richiamato anche nei precedenti interventi, che dispone la riduzione del 50 per cento dei distacchi sindacali, delle aspettative e dei permessi, dimenticandosi, però, che esiste ancora una norma, non abrogata e tuttora vigente, quella della riforma Brunetta, che prevedeva la riduzione del 45 per cento per stadi successivi e graduali.
  L'ultima considerazione d'insieme – farò su questa qualche piccolo esempio; alcuni esempi sono già stati portati all'attenzione della Commissione in questa sede – è che parrebbe che ci siano spesso una mentalità e un'intenzionalità punitive nei confronti dei dirigenti.
  Ad esempio l'articolo 6 fa divieto di conferire a soggetti in quiescenza incarichi Pag. 29dirigenziali o direttivi o incarichi in organi di governo delle amministrazioni pubbliche. Se ne intende e se ne può intendere facilmente la ratio, però c’è da chiedersi perché questa disposizione sia rivolta solo ed esclusivamente ai dirigenti pensionati e non anche ad altre categorie (avvocati, notai, dirigenti di banca e via elencando).
  L'articolo 9 toglie, con un evidente profilo di incostituzionalità, i compensi professionali agli avvocati dello Stato, ma li lascia agli avvocati degli enti pubblici non economici e degli enti territoriali, purché non dirigenti. La distinzione, anche in questo caso penalizzante, sta nella dirigenza.
  L'articolo 10 abroga il diritto di rogito per i segretari comunali e provinciali. È già stato citato e, quindi, lo salto.
  L'articolo 13, ancora una volta con altrettanto evidente profilo di incostituzionalità, prevede per la sola categoria dei dirigenti il divieto di corresponsione di somme erogate a titolo di incentivi per la progettazione in materia di lavori pubblici (direzione, progettazione lavori, collaudi e via elencando).
   Naturalmente, l'organizzazione alla quale appartengo confida in un'azione correttiva del Parlamento in queste e in altre materie che non ho il tempo di trattare, facendo riferimento anche alle proposte emendative che ho depositato presso la Commissione con la memoria oggi presentata.
  Grazie.

  BARBARA CASAGRANDE, Segretario generale Co.Dir.P. Buonasera, presidente. Grazie della convocazione. Come Confederazione dirigenti della Repubblica, noi riteniamo doverosa una brevissima presentazione.

  PRESIDENTE. Avete un documento scritto ?

  BARBARA CASAGRANDE, Segretario generale Co.Dir.P. Sì, certo e la consegno alla Presidenza.
  Noi nasciamo dall'Unione nazionale dei dirigenti dello Stato, che raggruppa i dirigenti dei ministeri, della Presidenza del Consiglio dei ministri e delle Agenzie fiscali, la DIRER, che rappresenta i dirigenti delle regioni, la DIREL, che rappresenta i dirigenti degli enti locali, e iscriviamo segretari comunali e provinciali.
  Vi ringraziamo della convocazione. Noi abbiamo creduto da subito che fosse necessaria una riforma della pubblica amministrazione. Come classe dirigente del Paese, ci rendiamo conto che ci sono degli ambiti per cui sono necessari una semplificazione, uno snellimento e una razionalizzazione.
  Noi non siamo stati pregiudizialmente contrari alla proposta di riforma del Governo Renzi-Madia e su 44 punti presentati abbiamo detto «sì» a 42, dicendo «no» solo all'abolizione della figura del segretario comunale e a quella forma di licenziamento, che sembra più una decadenza dal pubblico impiego che un licenziamento.
  Oggi, però, dobbiamo dire che siamo amareggiati, perché il decreto-legge – per ora abbiamo visto solo il decreto-legge di riforma e non anche il disegno di legge, che speriamo di vedere a breve – ci sembra nascondere una visione proprietaria della pubblica amministrazione, che non era quella che ci era sembrato fosse negli intenti del Governo all'inizio.
  La pubblica amministrazione è di tutti – noi siamo al servizio della nazione – non è del Governo di turno, e quelle che vengono scritte sulla dirigenza ci sembrano norme che nascondono un intento punitivo per la classe dirigente del Paese. Con esse si va contro il principio di economicità e di buon andamento.
  Quando, per esempio, all'articolo 10 sui diritti di segreteria dei segretari o all'articolo 13 sugli incentivi per la progettazione tali elementi si tolgono soltanto per i dirigenti, noi riteniamo che questo sia contrario a un principio di buon andamento e di economicità, anche perché poi coloro che dovrebbero svolgere questa funzione al posto dei dirigenti costerebbero a parcella dieci volte tanto.
  Noi abbiamo delle proposte emendative su vari punti, compreso questo. Non diciamo Pag. 30semplicemente di abrogare queste norme, ma proponiamo, per esempio, di destinare queste somme alla contrattazione integrativa e, quindi, di decidere poi nell'ambito della dirigenza come ripartirle.
  Sull'articolo 10 c’è anche un comma 2 che è fortemente punitivo e che toglie per i segretari comunali le risorse per la formazione. Anche su quello abbiamo fatto una proposta emendativa.
  Anche quando, nel provvedimento, sugli esterni alla pubblica amministrazione, si aumenta la percentuale di accesso o, come è stato già detto, si prevede l'accesso per i non laureati, noi vediamo un attacco, che dovrebbe preoccupare tutti i cittadini, rispetto al mancato ossequio del principio costituzionale dell'articolo 97, ossia dell'accesso per concorso, che garantisce autonomia e imparzialità.
  Ci preoccupa anche la mancata agibilità minima per i sindacati come corpo intermedio. Anche su questo ci rendiamo conto che c’è bisogno di razionalizzare e snellire. Non è importante, però, una riduzione della percentuale. Piuttosto ci interesserebbe avere del tempo per capire come organizzarci. Noi proponiamo che si faccia riferimento a un concetto di pubblica amministrazione finanziaria. Se tutte queste prerogative sindacali fossero ridotte facendo riferimento non soltanto alla pubblica amministrazione intesa dall'articolo 2 del decreto n. 165, ma anche al SEC95 e, quindi, al concetto ISTAT di pubblica amministrazione, si otterrebbe lo stesso risultato, coinvolgendo una platea più vasta e non impedendo ai soggetti di svolgere la loro attività.
  Per quanto riguarda la razionalizzazione, lo snellimento e la semplificazione, noi abbiamo presentato degli emendamenti anche su una rivisitazione delle aree dirigenziali e sull'eliminazione di una procedura, quella delle RSU per la dirigenza, che ci sembra del tutto inutile, farraginosa e che in questo momento non ci appare assolutamente opportuna.
  Il documento è agli atti. Vi ringraziamo dell'attenzione.

  PIETRO PAOLO BOIANO, Vicesegretario generale DIRSTAT. Vorrei richiamare, se possibile, l'attenzione di della Commissione su un punto che gli interventi dei colleghi non hanno evidenziato.

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, c’è un documento della DIRSTAT ?

  PIETRO PAOLO BOIANO, Vicesegretario generale DIRSTAT. Sì, è stato già consegnato alla Presidenza.
  Vorrei richiamare l'attenzione, quando parliamo di riforma della pubblica amministrazione, sull'aspetto relativo all'istituzione dell'area della vicedirigenza, la quale fu istituita nel 2002 a seguito di una segnalazione del Parlamento europeo dopo un'audizione della DIRSTAT.
  Dobbiamo dire, per amore della verità, che nel 2002 il Governo istituì l'area della vicedirigenza. Seguirono poi varie vicissitudini, un contenzioso aperto, dubbi se applicarla o non applicarla e forti resistenze. Arrivammo, quindi, a un contenzioso conclusivo, in cui il Consiglio di Stato ordinava al Governo di implementare la vicedirigenza, nominando anche un Commissario ad acta.
  Sennonché, il Governo Monti, dovendo adempiere, perché la sentenza del Consiglio di Stato era del 12 aprile 2012, intervenne per abrogarla con la legge n. 135 del 2012, in base alla quale si creò anche un conflitto istituzionale. Infatti, il Consiglio di Stato, a seguito di un nostro ricorso, ha ritenuto opportuno mandare gli atti alla Consulta per far dichiarare incostituzionale la norma che abrogava la vicedirigenza.
  Esposto questo, che è un primo aspetto politico, ma c’è di più. Noi parliamo di riforma della pubblica amministrazione, ma il Governo non ritiene opportuno creare un livello intermedio tra la dirigenza e la categoria impiegatizia che possa svolgere determinate funzioni.
  Diversamente, che cosa si verifica e sicuramente si verificherà nel prosieguo ? Si verificherà che, nel momento in cui mancherà il dirigente, specialmente negli enti pubblici non economici, si faranno le Pag. 31cosiddette nomine intuitu personae, il che naturalmente esula dall'indizione di regolari concorsi pubblici, come previsto dalla nostra Costituzione e dal Testo unico sugli impiegati civili dello Stato. Pertanto, c’è un dispendio di energie, perché, nel momento in cui manca il dirigente dovrebbe subentrare il vicedirigente, a costo zero, perché quello è il suo ruolo, e nelle more si bandiscono i regolari concorsi.
  Noi abbiamo evidenziato al Governo questa situazione. Ora si attende l'esito della Consulta, ma, parlando di riforma della pubblica amministrazione, non sarebbe giusto, per motivi di opportunità amministrativa e politica, abrogare la legge che eliminava la vicedirigenza e farla rivivere ?
  Questo l'interrogativo che volevo sottoporre all'esame della commissione.

  PRESIDENTE. Le chiedo una cortesia. Mi dicono gli uffici che la nota non sarebbe arrivata. Se lei ne ha una copia, l'acquisiamo e la mettiamo a disposizione degli uffici.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ELENA CENTEMERO. La mia è una domanda specifica. Approfitto della presenza del professor Rembado per chiedere brevemente, purtroppo, perché il tempo che abbiamo è molto breve, quale sia l'impatto all'interno del comparto della dirigenza nel comparto scuola.
  Lei prima ha parlato del decreto-legge n. 104. Io mi riferisco, però, all'abolizione del trattenimento in servizio, sia per la dirigenza, sia per il personale docente. Che impatto avrà questa norma, dato che noi abbiamo una sola finestra per andare in pensione, che è il 1o settembre ? Creerà dei problemi o meno a livello procedurale ? Non vorrei trovarmi di fronte a dei nuovi esodati.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  GIORGIO REMBADO, Presidente della CIDA. Io non credo che questo possa avvenire e non credo che possa essere il problema più pesante per il comparto e per l'area dirigenziale della scuola. Da questo punto di vista sarei piuttosto tranquillo.
  Non lo sono, invece, su tutta una serie di altri fronti che in parte velocissimamente ho toccato e sui quali probabilmente non è questa l'occasione e la sede per poter intervenire.

  GERARDO ROMANO, rappresentante della UIL – Pubblica amministrazione. Intervengo soltanto per dire che, oltre al problema della scuola, è mancata in tutto il decreto la distinzione su un'altra area, quella della ricerca. Si è finito con assimilare l'area della ricerca tout-court al pubblico impiego, con una tecnica nuova, che può sacrificare questo delicato settore, il quale non è collegato direttamente solo alla scuola, ma evidentemente anche a tutto il sistema della ricerca.
  In tutto il sistema della ricerca abitualmente erano state fatte delle norme che prevedevano delle specificità. Oggi, soprattutto attraverso la mobilità, ci sono dei sistemi che confondono professionalità significativamente diverse.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutte le organizzazioni sindacali del pubblico impiego che ci hanno onorato con la loro presenza e con contributi utili e comunque pragmatici. Vi auguro una buona serata. Noi abbiamo ancora da approfondire, speriamo utilmente, il tema.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del direttore generale dell'INPS, Mauro Nori.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva deliberata in relazione all'esame del disegno di legge C. 2486 Governo di conversione in legge del decreto-legge n. 90 del 2014 recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, l'audizione del direttore generale dell'INPS, Mauro Nori.Pag. 32
  Sono presenti il direttore generale, Mauro Nori, e il direttore centrale delle risorse umane, Sergio Saltalamacchia. Informo che è stata depositata una relazione scritta.
  Invito il direttore generale a relazionare sul provvedimento, ringraziandolo per essere qui con noi.

  MAURO NORI, Direttore generale dell'INPS. Buonasera, presidente. Buonasera, signori onorevoli. Intervengo brevemente, avendo depositato una relazione.
  Per quanto riguarda il decreto della pubblica amministrazione, noi abbiamo presentato il perimetro di attività dell'Istituto in merito alla sua consistenza, in termini di strutture e di personale, e alcune esigenze collegate alla necessità, per mantenere gli stessi livelli di efficienza, in linea con il provvedimento, di chiedere anche un ricambio del turnover del personale dell'Istituto, mantenendo inalterate, ovviamente, la forza e la pianta organica.
  Con particolare riferimento al provvedimento in esame, del quale si sottolineano alcune specificità che vengono dall'Istituto in parte già praticate – c’è una mobilità molto forte del suo personale sul territorio, con particolare riferimento alla dirigenza – noi vogliamo sottolineare sul provvedimento specifico la particolare posizione degli avvocati dell'Istituto.
  Gli avvocati dell'Istituto non sono inquadrati come dirigenti, ma come funzionari. Il provvedimento in questione, così come è scritto, ancorché sia stato differenziato rispetto ad altre avvocature dello Stato, penalizzerebbe drasticamente la componente variabile della retribuzione e dei compensi degli avvocati, che sono la gran parte dei compensi degli avvocati dell'ente. Questo anche per effetto del particolare combinato disposto per cui in materia previdenziale le spese per un favor nei confronti dei pensionati vengono, anche in caso di vittoria dell'Istituto, sempre compensate. Non c’è mai un accertamento da parte del giudice, perché si presume che il pensionato sia parte debole.
  L'effetto combinato delle disposizioni per quanto riguarda il processo previdenziale e della norma di fatto penalizzerebbe la nostra avvocatura, che pure rappresenta una magna pars del contenzioso civile del nostro Paese. Ogni nostro avvocato ha circa 4.000 affari legali in gestione e, quindi, svolge anche una funzione di rilevante impatto economico-finanziario sull'ente.
  Noi abbiamo proposto un'ipotesi di emendamento, che sottoponiamo al vaglio della Commissione e della presidenza.

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SILVIA GIORDANO. Ho una domanda che riguarda l'INPS, ma non strettamente l'Istituto e i suoi dipendenti. Riguarda più l'ambito sanitario, ma anche voi, e verte, in particolare, sull'articolo 1 del decreto della pubblica amministrazione.
  L'articolo 1, al comma 5 parla della risoluzione unilaterale del contratto per i dirigenti medici responsabili di struttura complessa. Visto che, per quanto riguarda l'ambito medico e i dirigenti, non c’è uno sblocco del turnover, che è, invece, previsto per gli altri all'articolo 3, la domanda è se voi avete una stima di quante persone, in seguito a questa risoluzione unilaterale del contratto, andranno in pensione. Lo chiedo perché poi non avremo l'occupazione di questi posti proprio perché non ci sarà lo sblocco del turnover. Vorrei sapere quanto potrà pesare ciò alle casse dell'INPS, visto che saranno tutte future pensioni.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Nori per la replica.

  MAURO NORI, Direttore generale dell'INPS. Per quanto riguarda le stime, noi le abbiamo e le possiamo eventualmente fornire con separata comunicazione formale alla presidenza della Commissione.

Pag. 33

  PRESIDENTE. Concludiamo l'audizione del direttore generale, che io ringrazio, insieme a chi l'ha accompagnato.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Confindustria.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva deliberata in relazione all'esame del disegno di legge C. 2486 Governo di conversione in legge del decreto-legge n. 90 del 2014 recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, l'audizione di rappresentanti di Confindustria.
  Sono presenti la dottoressa Marcella Panucci, direttore generale, Antonio Matonti, direttore degli affari legislativi, Fabio Minoli, direttore delle relazioni esterne, la dottoressa Luigia Grasso, della Direzione affari legislativi, il dottor Rocco Cifarelli, della Direzione affari legislativi, la dottoressa Anna Candeloro, delle relazioni esterne, Simona Finazzo, assistente al direttore generale, e la dottoressa Martina Dezi, delle relazioni esterne.
  Do la parola al direttore generale, dottoressa Marcella Panucci.

  MARCELLA PANUCCI, Direttore generale Confindustria. Grazie, presidente. Ringrazio i deputati per l'invito a partecipare a quest'audizione, che è per noi molto importante, perché il tema di cui parliamo è, come a voi noto, strategico per Confindustria. Mi riferisco a semplificazione e riforma della pubblica amministrazione.
  Come sapete, noi abbiamo seguito tutte le fasi preparatorie del provvedimento approvato dal Governo, a partire dalla consultazione pubblica sulle 44 proposte, cui abbiamo risposto con un nostro documento di proposte.
  In termini generali, il provvedimento oggi all'esame è un tassello di quella che noi riteniamo debba essere una più ampia strategia di riforma e di riorganizzazione della pubblica amministrazione e, in quanto tassello, è sicuramente positivo, ma va necessariamente completato con interventi organizzativi più complessivi.
  C’è una parte molto qualificante del provvedimento, che è quella che affronta gli aspetti organizzativi e la mobilità del personale pubblico. Si tratta di una serie di questioni e di vicende che in passato sono state trascurate e che hanno determinato poi una performance non positiva – parlo, ovviamente, in linea generale – delle amministrazioni pubbliche.
  Io penso, però, che si tratti di un provvedimento che può essere arricchito durante l’iter parlamentare attraverso nuovi interventi che ne rafforzino la portata e soprattutto, per alcuni versi, che possa essere corretto, in quanto vi sono delle disposizioni che presentano notevoli criticità.
  Cito subito l'articolo 32 del decreto, che prevede la possibilità del commissariamento a seguito delle vicende e delle indagini che hanno interessato i lavori per la realizzazione di Expo 2015. Il decreto prevede delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio delle imprese che siano coinvolte in indagini per alcune fattispecie di reato contro la pubblica amministrazione.
  Ovviamente, nulla quaestio sulla necessità di tutelare la legalità, soprattutto nell'ambito dei contratti pubblici e, quindi, dei rapporti tra imprese e pubblica amministrazione. Su questo non ci sono dubbi alcuni, così come non ci sono dubbi alcuni che le imprese corrotte debbano essere escluse dalla partecipazione a gare pubbliche, così come dalla vita economica in generale.
  Tuttavia, la norma presenta diverse criticità perché, in realtà, nasce per una situazione straordinaria, ma è applicabile in maniera generalizzata a tutti i casi in cui sussistano i presupposti previsti dal comma 1, presupposti che, peraltro, non sono del tutto tassativi e chiaramente specificati. È sufficiente che vi siano delle situazioni anomale non meglio identificate per l'applicazione delle misure previste.
  Si tratta di misure che hanno un impatto estremamente invasivo sull'attività Pag. 34dell'impresa, perché si arriva alla sostituzione degli organi sociali e all'estromissione della proprietà dalla gestione dell'impresa. Tali misure vengono applicate nell'ambito di un procedimento amministrativo, su sollecitazione del presidente dell'ANAC e su disposizione del Prefetto, in assenza di qualsiasi garanzia procedurale e di difesa dell'impresa. In questo modo vi è una forte identificazione tra le responsabilità della persona che sia soggetta all'indagine o rispetto alla quale rilevino situazioni anomale e l'impresa stessa.
  L'aver sottratto queste misure al circuito giudiziario, sebbene comprensibile da un punto di vista della necessità di procedere, in alcuni casi di estrema gravità, in maniera rapida e tempestiva, crea, tuttavia, parecchi problemi in termini di difesa dell'impresa e di possibile aumento del contenzioso ex post.
  È evidente che il provvedimento del Prefetto sarà ricorribile e che vi verrà fatto ricorso in tutti i casi, con possibili sospensive e ricorsi che andranno al TAR e poi al Consiglio di Stato e che, quindi, richiederanno tempi lunghi. Se l'obiettivo era quello di garantire la continuazione della commessa dei lavori e di procedere in tempi rapidi a sostituire il management dell'impresa, tale obiettivo rischia di non essere raggiunto.
  La nostra proposta è di limitare questi casi a situazioni straordinarie, in particolare a Expo, nel caso specifico, e comunque di prevedere una serie di correttivi che ripristinino le garanzie e i diritti di difesa delle imprese.
  Peraltro, segnalo a questa Commissione che il TAR è di recente intervenuto, proprio con riferimento all'appalto contestato alla Maltauro, annullando la gara nei confronti della Maltauro. Nel caso specifico la vicenda viene risolta in via amministrativa proprio contestualmente all'approvazione del decreto con la misura che intende applicarsi al caso specifico.

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, avete un documento scritto da depositare ?

  MARCELLA PANUCCI, Direttore generale Confindustria. Sì, abbiamo un documento scritto, che immagino sarà già stato consegnato alla Commissione. Se non è già stato consegnato, lo consegniamo adesso alla Presidenza.
  Questo è un punto estremamente qualificante, su cui io penso che si possa intervenire per migliorare la formulazione della previsione.
  Approfitto poi del fatto che parliamo di organizzazione della pubblica amministrazione per segnalare un problema sorto a seguito dell'approvazione della legge Delrio. Parlo, in particolare, della questione dei commissariamenti delle province.
  Nell'attesa della riforma costituzionale che dovrebbe procedere a eliminare le province, nasce tutta una serie di problemi con riguardo all'ordinaria amministrazione. Le gestioni commissariali previste dalla legge Delrio, infatti, rischiano di determinare ritardi nei pagamenti, nonché altri problemi applicativi, su cui è necessario riflettere e operare degli interventi.
  Un'altra questione organizzativa affrontata dal decreto – vado molto rapidamente – è quella delle Camere di commercio. In realtà, il disegno noi immaginiamo debba essere più ampio. Il decreto interviene con una norma che dimezza il contributo dovuto dalle imprese alle Camere di commercio, norma, secondo noi, assolutamente positiva e su cui non abbiamo dubbi di sorta. Tuttavia, essa va accompagnata da una razionalizzazione di compiti, funzioni e dislocazione territoriale delle Camere di commercio per evitare che la norma si traduca in un taglio degli interventi delle Camere di commercio a favore del sistema produttivo piuttosto che in un taglio delle inefficienze e dei costi organizzativi e di struttura.
  Un'altra questione affrontata dal provvedimento opportunamente è quella della razionalizzazione del sistema informativo relativo alle partecipazioni di pubbliche amministrazioni ed enti locali in società o altri enti. È un tema all'ordine del giorno, che Confindustria ha lanciato fin dall'ultima legge di stabilità.Pag. 35
  Il tema delle società pubbliche, come lei sa, presidente, e come sanno gli onorevoli deputati, è stato lanciato da Confindustria proprio in occasione di un'audizione sulla legge di stabilità, lo scorso anno. Il nostro Centro studi ha presentato uno studio approfondito sull'impatto sulla finanza pubblica delle società pubbliche.
  Tale studio mostra come le oltre 7.000 partecipazioni di enti pubblici in società partecipate determinino un costo abnorme per lo Stato. Se consideriamo soltanto quelle che non erogano servizi pubblici o di rilevanza pubblica, che sono circa i due terzi delle società interessate, il costo è di circa 12,8 miliardi di euro. Parliamo di cifre importanti, che potrebbero essere sicuramente meglio impiegate.
  Se prendiamo in considerazione soltanto i ripiani che vengono fatti dagli enti locali sulle perdite di queste società, parliamo di somme equivalenti a 1 miliardo e 800 milioni di euro l'anno. Si tratterebbe di una manovra importante, per esempio, di riduzione della pressione fiscale.
  A questo punto, l'intervento è assolutamente necessario, ma non basta quanto previsto dal decreto in questione, che si occupa semplicemente di mettere in piedi un sistema informativo. Ciò è sicuramente importante, ma non sufficiente. Quello che serve è un intervento vero di razionalizzazione di queste partecipazioni pubbliche, che parta non tanto dal «come» lo Stato debba partecipare e debba utilizzare la forma societaria, ma che si soffermi soprattutto sul «se» e sul «quando» questa forma societaria vada utilizzata e intervenga imponendo degli obblighi di dismissione quando questa partecipazione societaria non sia essenziale per lo svolgimento dell'attività dell'ente e soprattutto per l'erogazione di un servizio pubblico.
  Altra questione che viene affrontata dal decreto è quella delle Autorità indipendenti. Anche qui si tratta di interventi di caratteri micro, che riguardano soltanto alcuni aspetti dell'organizzazione e dell'attività delle Autorità indipendenti e, in particolare, i componenti delle Autorità, i meccanismi di selezione del personale delle Autorità e alcune questioni logistiche.
  Il tema delle Autorità indipendenti noi pensiamo debba essere affrontato in maniera più onnicomprensiva e ci auguriamo che questo venga fatto in termini ragionevoli da parte del Governo e del Parlamento. Deve essere affrontato in maniera più onnicomprensiva perché ormai queste Autorità sono state istituite da più di vent'anni. Sono state sicuramente molto utili nell'ambito dei processi di liberalizzazione e privatizzazione operati in alcuni mercati. Tuttavia, stanno mostrando adesso delle criticità.
  Noi siamo convinti che un processo di razionalizzazione vada fatto e che vadano previste delle regole omogenee applicabili alle varie Autorità per quel che riguarda sia la nomina dei componenti delle Autorità, sia i meccanismi di finanziamento, sia l'ordinamento delle società.
  Mi avvio rapidamente alla conclusione. Sempre nell'ambito delle Autorità indipendenti viene prevista la soppressione dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici e il suo assorbimento da parte dell'ANAC. È una norma positiva, che però non tiene conto del fatto che i compiti dell'Autorità sono non soltanto compiti di prevenzione della corruzione, ma anche compiti amministrativi che riguardano i contratti pubblici e che vanno presi in considerazione.
  Non mi dilungo ulteriormente su questi temi perché ne voglio affrontare uno che per noi è centrale, ed è quello della semplificazione. In realtà su questo la valutazione sul decreto-legge è molto più critica che non su altre questioni organizzative della pubblica amministrazione, perché il decreto-legge si connota più per quello che manca che per quello che viene disciplinato.
  Durante l’iter di preparazione del decreto-legge e successivamente alla sua approvazione in Consiglio dei ministri si era parlato di alcune disposizioni per noi molto importanti, per esempio la disposizione che limitava l'intervento in autotutela della pubblica amministrazione e alcune Pag. 36semplificazioni in materia fiscale, come l'eliminazione della responsabilità solidale in campo fiscale o norme di semplificazione edilizia.
  Tali disposizioni sono, purtroppo, assenti dal testo definitivo. Noi ci auguriamo che possano essere reintegrate in sede di conversione parlamentare, perché si tratta di interventi importanti, che effettivamente porterebbero un contributo essenziale per semplificare la disciplina dei procedimenti amministrativi.
  Con questa osservazione io chiudo, presidente. Sono assolutamente a disposizione sua e degli onorevoli deputati per qualsiasi approfondimento.

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  EMANUELE FIANO, relatore. La ringrazio. Io mi scuso con la dottoressa Panucci se non ho potuto assistere completamente alla sua relazione. Ho, però, il testo delle questioni che voi avete qui rappresentato.
  In particolare, per quanto riguarda l'articolo 32 dell'articolato, la mia domanda sostanziale, visto che si esprimono delle proposte di modifica e delle critiche, che peraltro sono analoghe anche a quanto rappresentato in questa sede dall'Associazione nazionale costruttori edili, vorrei sapere se voi considerate che sia contemperabile l'esigenza di un'azione anticorruzione preventiva nel sistema giuridico e di impresa che tenga insieme, ovviamente, la libertà di impresa, la giusta esigenza di un tempo preventivo per la lotta anticorruzione e la straordinarietà ed efficacia di un'azione che l'articolato intende affidare all'Autorità nazionale anticorruzione.
  Mi sembra che il punto che stiamo discutendo, sia con voi, sia con l'Associazione nazionale costruttori edili, sia che voi considerate che ci sia un pericolo ai limiti della costituzionalità di un'azione che non è quella della magistratura ordinaria, nonché un rischio che l'azione anticorruttiva produca un danno al sistema d'impresa, cosa che noi non consideriamo altrettanto. Siamo, però, molto attenti e sensibili a questa critica.

  PRESIDENTE. In aggiunta a quanto il collega Fiano ha riferito, io ho dato una lettura veloce – come lei sa, noi dobbiamo qualche volta fare in fretta – all'elaborato che avete depositato.
  C’è un settore che voi avete definito «giustizia», in cui vi occupate del procedimento amministrativo. Io vorrei sapere se avete preso in considerazione e che giudizio esprimete sulla lettera b) del comma 1 dell'articolo 40, ossia sulle misure cautelari disposte dal TAR subordinate alla prestazione, anche mediante fideiussione, di una cauzione. Se io debbo ottenere la sospensione di un dato provvedimento, cioè, questa sospensione è subordinata al fatto che si depositi una cauzione ovvero una fideiussione.
  Io vorrei sapere se ritenete questa misura penalizzante per le imprese, in quanto chi non avesse la possibilità di accedere a questi meccanismi del credito, o diretti, o a garanzia, ovviamente non potrebbe avere accesso a tali strumenti. Vorrei sapere, in aggiunta alla curiosità, nel senso culturale, del collega Fiano, se avete esaminato questo profilo e che giudizio esprimete.
  Do la parola alla dottoressa Panucci per la replica.

  MARCELLA PANUCCI, Direttore generale Confindustria. Onorevole Fiano, la ringrazio per la sua domanda, perché effettivamente le due esigenze di cui lei parlava sono essenziali. Si tratta di contemperare la necessità di intervenire in via preventiva, e anche efficacemente, verso fenomeni di corruzione, mi auguro nei casi in cui la corruzione sia conclamata, e la libertà di impresa e i possibili danni che vi sarebbero sull'impresa a causa di un provvedimento non sufficientemente accurato o meditato.
  Io sono d'accordo che si debba intervenire in maniera preventiva. Noi non contestiamo la norma in quanto tale. Quello che, in realtà, ci preoccupa è che i Pag. 37presupposti di applicazione della norma sono dei presupposti poco tassativi e anche poco chiari. Ci sono delle clausole generali. È vero che vengono applicate da un'autorità amministrativa dotata di discrezionalità, ma parliamo comunque di applicazione nell'ambito di fenomeni penali, i quali richiedono, per principio costituzionale, un'esatta identificazione della fattispecie.
  Questo aspetto sicuramente andrebbe corretto, così come andrebbero date garanzie minime in termini di esercizio del diritto di difesa da parte dell'impresa. È vero che c’è un'esigenza di accelerare la risposta dell'ordinamento rispetto a fenomeni di anomalia e possibili illeciti, ma è anche vero, come dicevo prima, che il provvedimento del Prefetto può essere impugnato, che il TAR può disporre la sospensiva e che ci sarà poi un giudizio al TAR che potrebbe essere impugnato davanti al Consiglio di Stato. Pertanto, l'esigenza di tempestività di cui lei parlava potrebbe venir meno proprio in funzione di un lungo procedimento e processo amministrativo. Noi siamo convinti che questa norma possa essere mantenuta, ma pensiamo che debbano esserci dei correttivi che garantiscano che la norma venga correttamente applicata.
  Peraltro, a margine di questa mia risposta vorrei anche segnalare che l'ordinamento già prevede dei casi di commissariamento dell'impresa. Parlo del decreto legislativo n. 231 del 2001, che si applica ai casi di corruzione – tra i reati presupposto ci sono quelli di corruzione, come altre fattispecie di reato contro la pubblica amministrazione, e non solo – e viene applicato come misura cautelare.
  Viene applicato, quindi, anche durante, e non successivamente, la fase di indagine, la quale avviene in tempi rapidi, così come è capitato con riferimento a imprese che sono state coinvolte in indagini giudiziarie su fenomeni di corruzione e che sono poi state assoggettate al commissariamento in tempi rapidi.
  Peraltro, lo stesso Codice di procedura penale prevede una serie di misure. Io penso che l'intervento del magistrato nel caso specifico non rallenti il procedimento, ma offra delle garanzie di cui le imprese hanno sicuramente bisogno.
  Quanto alla sua domanda, presidente, lei pone un problema corretto, nel senso che la fideiussione ha un costo e che, quindi, questo potrebbe ostacolare le esigenze di tutela giudiziaria dell'impresa a fronte di procedure concorsuali nell'ambito di bandi di gara che non siano state correttamente espletate.
  È anche vero, però, che c’è un fenomeno costante e frequente che vede l'impugnativa dell'aggiudicazione di un appalto da parte delle imprese non aggiudicatarie per ragioni più o meno strumentali, spesso fondate e a volte infondate. Bisognerebbe trovare un contemperamento, forse meno costoso...

  PRESIDENTE. Mi consentirà l'osservazione che, se il tribunale concede la misura, vuol dire che ritiene fondato il diritto. Quello che, a mio avviso, non va è che un diritto fondato possa essere effettivo solo se si paga. Questo non va bene, secondo me.
  La cauzione (rectius, fideiussione) è prevista se il tribunale sospende. Il tribunale ti riconosce il diritto, ma, se tu vuoi che sia effettivo, devi versare una cauzione. Secondo me, questo è a forte rischio di incostituzionalità. Qui non si sta discutendo di un ricorso pretestuoso. Si sta discutendo di un diritto riconosciuto, ma che, per essere effettivo, deve essere accompagnato da una discriminazione economica. Vi chiedo se questo voi lo avete valutato.

  MARCELLA PANUCCI, Direttore generale Confindustria. Questo è sicuramente corretto e va appunto valutato. Il tema è che altrimenti bisognerebbe agire ex post, rafforzando le sanzioni per lite temeraria. Questo potrebbe essere un altro modo.

  PRESIDENTE. Scusi, ma il tribunale riconosce il diritto e dice: «Hai ragione, ma per avere ragione devi pagare». Scusi se ho molto banalizzato. Io le chiedo se questo voi lo ritenete giusto o meno.

Pag. 38

  MARCELLA PANUCCI, Direttore generale Confindustria. Questo non è sicuramente corretto.

  PRESIDENTE. Ringraziamo per questa utile audizione il gruppo di Confindustria, che ha avuto la cortesia di essere anche quantitativamente, oltre che qualitativamente, presente.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTA AGOSTINI

Audizione del sindaco di Brescia, Emilio Del Bono.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva deliberata in relazione all'esame del disegno di legge C. 2486 Governo di conversione in legge del decreto-legge n. 90 del 2014 recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, l'audizione del sindaco di Brescia, Emilio Del Bono.
  Comunico che il sindaco non è potuto essere presente, ma è sostituito dall'assessore della giunta del Comune di Brescia, avvocato Felice Scalvini. Gli do subito la parola, ringraziandolo per la sua presenza.

  FELICE SCALVINI, Assessore della giunta del comune di Brescia. Ringrazio io la Commissione e la presidenza per aver accolto la nostra domanda di audizione. Io sono qui in rappresentanza del comune di Brescia e giustifico il sindaco, che ha dovuto trattenersi in città per una serie di problemi istituzionali.
  Io sono qui a rappresentare la forte, netta e decisa contrarietà della città e dell'amministrazione alla norma contenuta nel decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90, riguardante la soppressione delle sedi secondarie del TAR, in particolare di quello di Brescia. Ho depositato anche alcuni documenti della Camera amministrativa e dell'ordine degli avvocati di Brescia e sono qui a rammentare cose, peraltro, note.
  Dal punto di vista generale, quando si parla di una Regione come la Lombardia, si parla di un medio Stato europeo. Parliamo di una Regione che ha una popolazione come la Svezia, come l'Ungheria, come la Repubblica Ceca e che, quindi, non può essere trattata, dal punto di vista dell'organizzazione dei servizi pubblici, alla stregua di altre Regioni che hanno dimensioni e popolazione di gran lunga inferiori.
  Come secondo punto, esiste una tradizione per cui Brescia è centro di servizi giurisdizionali. Brescia è sede di Corte d'appello da sempre ed è ovviamente sede della sede secondaria del TAR, la quale sta operando con particolare efficienza. Nonostante abbia un organico ridotto, ha diminuito notevolmente, come risulta anche dalla documentazione allegata, il carico dei procedimenti pendenti. Pochi anni fa è stata acquistata una sede ad hoc.
  Si tratta, quindi, di un esempio virtuoso di efficiente amministrazione pubblica, che serve tutta la zona orientale della Lombardia, il distretto di Corte d'appello, ossia Brescia, Bergamo, Mantova e Cremona. Stiamo parlando di circa 3,5 milioni di abitanti, di imprese, di famiglie e di amministrazioni pubbliche.
  A noi pare realmente del tutto irragionevole la soppressione di una sede come Brescia, tenendo anche conto che – ovviamente, conosciamo la situazione della nostra regione – la sede del TAR regionale milanese non ha nemmeno gli spazi fisici oggi per accogliere l'organico, pur ridotto. Parliamo di sette giudici e dodici amministrativi che dovrebbero spostarsi da Brescia a Milano, con ulteriori costi, oltre al non utilizzo della sede.
  Ci sembra un'operazione della quale sia difficilissimo decifrare la razionalità, nel senso che, a nostro parere, non esiste alcuna ragionevolezza in questa iniziativa. Io sono qui a chiedere che venga emendata questa decisione, almeno per quanto riguarda la sezione staccata del TAR di Brescia, e che sia ricondotta a ragionevolezza Pag. 39la gestione di questo essenziale servizio per i cittadini e per la realtà del nostro territorio.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'assessore Scalvini.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  TERESA PICCIONE. In relazione a quello che adesso l'assessore ha rappresentato, dopo la discussione che stamattina abbiamo avuto con il Governo in merito al decreto in oggetto – so che in Commissione giustizia dovrebbe essere già stato presentata una proposta in merito – e emersa l'opportunità della ricerca di una soluzione di chiusura dei TAR secondo criteri oggettivi.
  Uno dei criteri è quello che prevede la permanenza dei TAR laddove ci sia la Corte d'appello. Nella ricerca di un criterio oggettivo per selezionare la riorganizzazione io credo che questo aspetto possa venire incontro alle esigenze dei cittadini bresciani.

  FELICE SCALVINI, Assessore della giunta del comune di Brescia. Io ringrazio e non posso che condividere questa prospettiva, che mi sembra ragionevole e di buonsenso. Soprattutto quando c’è una consolidata tradizione di gestione dell'attività giurisdizionale – potremmo allargare il discorso – e c’è cultura, c’è tutto quello che serve per garantire un buon servizio ai cittadini.
  Parto, quindi, con qualche speranza. Ringrazio tutti i parlamentari.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva deliberata in relazione all'esame del disegno di legge C. 2486 Governo di conversione in legge del decreto-legge n. 90 del 2014 recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, l'audizione di rappresentanti della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri.
  Vi ringraziamo per la vostra presenza e per aver accolto il nostro invito. Sono presenti il vicepresidente, Maurizio Benato, il presidente della Commissione nazionale iscritti all'Albo odontoiatri, Giuseppe Renzo.
  Do la parola, pregandolo di rispettare i tempi ristretti, a Maurizio Benato, vicepresidente.

  MAURIZIO BENATO, vicepresidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. Grazie, presidente. Grazie ai componenti di questa Commissione per l'opportunità che ci offrono di intervenire a esprimere le nostre opinioni sul decreto-legge n. 90 del 2014.
  Io entrerò soprattutto in quelle norme che attengono, direttamente o indirettamente, ad aspetti sanitari e, quindi, provvederò a formulare dei suggerimenti per quanto riguarda l'articolo 1, l'articolo 11 e l'articolo 15.
  Per quanto riguarda l'articolo 1, il ricambio generazionale nella pubblica amministrazione, esso ci interessa laddove viene abrogato l'istituto del trattenimento in servizio, ampliando l'ambito applicativo della cosiddetta risoluzione unilaterale del contratto da parte della pubblica amministrazione in riferimento ai dipendenti pubblici.
  Sicuramente è una norma che liberalizza le uscite per quiescenza anche nell'ambito dei termini previsti dall'ordinamento, ma noi riteniamo che strida col persistere di una predeterminazione dei nuovi accessi in ragione delle percentuali delle uscite.
  È vero che esiste, nonostante questa doppia velocità, una mitigazione dovuta al riferimento, che è positivo, all'ammontare delle retribuzioni liberate e non alle unità Pag. 40di personale, essendo ovvio che il monte retributivo di chi esce è sicuramente superiore a quello di chi entra, ma la nostra preoccupazione è che la sopravveniente normativa, che abolisce le deroghe alla direttiva europea in materia di orari di lavoro e di riposi compensativi, sicuramente determinerà un fabbisogno di personale più elevato a parità di erogazione di servizi.
  Risulta, quindi, del tutto discutibile, o quanto meno da verificare, la concreta previsione introdotta in questa normativa di coprire tali sicuri nuovi fabbisogni attraverso la riorganizzazione della rete ospedaliera. Basti solo ricordare che in non poche regioni ormai questi standard sono stati raggiunti e che, peraltro, sono anche abbastanza prossimi alla soluzione ottimale.
  In questo contesto è incomprensibile anche la previsione specifica di applicare norme di quiescenza ai direttori di struttura complessa e, contestualmente, di salvaguardare l'età pensionabile di professori universitari, magistrati e alti gradi militari.
  Questo aspetto ci sorprende per tre ordini di motivi. Sicuramente, se la motivazione è quella di non perdere competenze, notiamo come il rapporto con il Servizio sanitario nazionale sia costituito da personale ospedaliero, come da personale universitario.
  Inoltre, la direzione di struttura complessa non è un livello dirigenziale, ma è una funzione che viene attribuita con contratto simil-privatistico e, quindi, nelle Aziende sanitarie miste, che devono, peraltro, equilibrare stati giuridici diversi tra personale delle Aziende sanitarie e personale delle università, questa norma, a nostro avviso, approfondisce una disparità di trattamento, all'interno della quale non si possono che ulteriormente facilitare sospetti e frustrazioni del personale.
  Una seconda osservazione riguarda l'articolo 11, laddove viene portato al 10 per cento della dotazione organica il numero degli incarichi dirigenziali conferibili con contratti a tempo determinato anche dalle Aziende del Servizio sanitario nazionale, peraltro – pare di capire – al di fuori di una norma generale di selezione pubblica.
  Anche se ci rendiamo conto che questa norma sarebbe limitata a incarichi di natura professionale e tecnico-amministrativa, per noi appare eccessivamente ampia l'estensione percentuale, resa ancora più evidente dalla deroga delle procedure di selezione. Ci permettiamo, quindi, di suggerire l'opportunità di un diverso equilibrio.
  Per quanto riguarda l'articolo 15, sulle scuole di specializzazione medica, la norma interviene sull'annosa questione delle specializzazioni mediche. Il nuovo finanziamento – ci riferiamo al peso relativo al 2015 – corregge quella critica situazione che si è venuta a creare con il finanziamento dei contratti di formazione, il quale è diventato parzialmente incapiente per una norma del MIUR, il Ministero dell'istruzione, università e ricerca che ha prolungato, per alcune specializzazioni, la durata dei corsi.
  La norma puntualizza che adesso si arriverà a una riduzione della durata dei corsi a monte della legge di stabilità del 2014, anche perché mancano delle indicazioni del MIUR a tal proposito. I conti, quindi, tendono a tornare su 5.000 contratti di formazione specialistica finanziati, anche se noi dobbiamo, naturalmente, notare che tutto questo viene ottenuto anche con uno slittamento contabile di qualche mese dei costi degli accessi alle scuole di specialità.
  Questi sforzi vuoi della finanza pubblica, vuoi anche dei giovani, che aggravano di anno in anno il loro percorso formativo, determinerà comunque una produzione di qualche migliaio di laureati che non troveranno accesso alla formazione post-universitaria e che si aggiungeranno alle migliaia che sono state prodotte in questi ultimi anni. Si tratta di un imbuto, che noi facciamo presente, di dequalificazione professionale e di impossibilità di accedere al mercato del lavoro.
  Noi riteniamo che non sia compito di questo provvedimento, che ha dei limiti, di correggere immediate storture. Dobbiamo, Pag. 41però, richiamarci tutti a una realtà e ognuno ai propri ruoli perché si arrivi a una moderna strutturazione del sistema formativo universitario e post-universitario degli studi di medicina.
  Resta in campo poi, al di là della sua legittimità normativa, l'evidente disparità di trattamento della formazione specialistica per altri professionisti che operano a tutela della salute (nel nostro caso la nostra professione di riferimento è la professione odontoiatrica) che non porta né equilibrio né serenità in un sistema, quale è quello dell'assistenza e delle cure, che è sempre più multidisciplinare e multiprofessionale.
  Per quanto riguarda, infine, l'articolo 27, noi valutiamo positivamente la puntualizzazione operata dalla deroga dell'obbligo assicurativo per i medici dipendenti. D'altra parte, è in coerente orientamento con la giurisprudenza e con la contrattazione in materia. Tuttavia, poniamo alla vostra attenzione due questioni.
  Una è l'invarianza della scadenza del 14 agosto prossimo per l'obbligo assicurativo dei professionisti medici, in assenza di un decreto applicativo, che peraltro era previsto dal decreto Balduzzi, all'articolo 3 del decreto-legge n. 158 del 2012. Mancando i requisiti minimi uniformi delle polizze da stipulare, per via di tutto questo, vi chiediamo se sia opportuno con questo provvedimento allineare la scadenza dell'obbligo con la piena operatività di questo decreto.
  Inoltre, vogliamo ricordare al legislatore la necessità e l'urgenza di un provvedimento organico che attenga alle misure in materia di sicurezza delle cure e dei profili di responsabilità civile e penale delle strutture sanitarie pubbliche e private, del personale medico e sanitario in esso operante e dei liberi professionisti.
  Pensiamo che questi siano gli elementi più qualificanti di quello che possiamo apportare come suggerimento a queste misure per la semplificazione e la trasparenza amministrativa. Vi ringraziamo per l'attenzione che ci avete prestato.

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DORINA BIANCHI. Sulla questione dell'età pensionabile anch'io sinceramente non comprendo la differenza tra professori universitari, magistrati e dirigenza medica. Voi avete detto, però, che il turnover sicuramente sarebbe minore rispetto alla quantità di dirigenti medici che andrebbero in pensione, soprattutto inserendo la questione della retribuzione e non il numero di pensionati.
  Avete dei numeri che ci potete fornire ? Siete in grado di fornirci la quantità di dirigenti ospedalieri che andrebbero in pensione e che, invece, con il blocco del turnover, soprattutto in alcune Regioni – non sono molte, che, peraltro, sono già bloccate – non sarebbero sostituiti ? Sottolineo la necessità che il sistema sanitario nazionale abbia i numeri necessari per il suo funzionamento.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  MAURIZIO BENATO, vicepresidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. Lo studio cui lei potrebbe far riferimento, ma che non ho qui con me, evidentemente, è stato fatto dall'Associazione nazionale aiuti assistenti ospedalieri ed è stato ripreso, nelle sue linee generali, anche dalla Federazione nazionale degli ordini.
  I dati adesso non li ho con me, ma possiamo produrli in un tempo successivo. Sicuramente rendono conto delle osservazioni che vi abbiamo comunicato.

  DORINA BIANCHI. Passo a un'altra questione. Sull'assicurazione dell'attività intramoenia che cosa ci potete dire ?

  MAURIZIO BENATO, vicepresidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. Relativamente a che cosa ?

Pag. 42

  DORINA BIANCHI. All'obbligatorietà dell'assicurazione, tenendo conto anche di chi fa attività intramoenia.

  MAURIZIO BENATO, vicepresidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. Mi risulta che la gran parte delle Aziende estenda l'assicurazione anche per l'attività intramoenia direttamente sotto la responsabilità del sistema assicurativo all'interno della stessa Azienda.

  DORINA BIANCHI. Di questo siete certi ?

  MAURIZIO BENATO, vicepresidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. È possibile che ci siano delle variazioni a livello delle diverse regioni o anche delle diverse Aziende. Esiste in alcune situazioni, per esempio, una presa in carico diretta dell'assicurazione da parte dell'Azienda rispetto a tante altre Aziende che, come al solito, si appoggiano a un sistema assicurativo esterno.
  Anche su questo potremo essere più concreti, al di là di queste considerazioni generali, nel fornirvi alcuni dati.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Do la parola al dottor Giuseppe Renzo, raccomandando sempre la brevità.

  GIUSEPPE RENZO, Presidente della Commissione nazionale iscritti all'Albo odontoiatri. Intervengo sinteticamente. La ringrazio intanto per la possibilità di poter portare il pensiero della professione odontoiatrica che ho l'onore di rappresentare. Nel confermare e condividere le affermazioni prodotte nel documento ed esplicitate anche dal Vicepresidente Benato, vorrei puntualizzare soltanto due aspetti.
  Uno è quello che riguarda le specialità in ambito odontoiatrico. Credo che sia a conoscenza di tutti voi, della parte politica e, quindi, anche del Governo che in questo momento c’è una disparità irrazionale fra i riconoscimenti e gli obblighi che rivengono dalle norme. Con riferimento alle scuole di specializzazione per due professioni, quella medica e quella odontoiatrica, che hanno l'obbligo di un corso di formazione universitaria di sei anni – così è definito – mentre per la parte medica, ancorché ci siano delle complessità e delle criticità, è prevista la scuola di specializzazione con i finanziamenti, per l'area odontoiatrica essa non esiste. Questa è una disparità che noi riteniamo debba essere attenzionata e, quindi, corretta.
  L'altro punto su cui mi preme sollevare la vostra attenzione – vi prego – è quello che riguarda la cancellazione dell'articolo 27, che prevedeva inizialmente l'obbligo di una richiesta, attraverso le Istituzioni territoriali (e, quindi, le Regioni), per l'apertura di uno studio o di una struttura sanitaria che effettuasse una valutazione sul territorio per consentire il libero esercizio della professione medica e odontoiatrica.
  Mi preme sottolineare che in questo momento esiste ancora un problema, che è quello delle autorizzazioni. Esse sono finalizzate certamente al rispetto delle norme sanitarie anche in termini di requisiti minimi dal punto di vista igienico-sanitario e di sicurezza delle prestazioni mediche e odontoiatriche. Quello che mi preme sottolineare è che in questo momento non c’è una diversità di attenzione rispetto alle strutture complesse e, quindi, agli esercizi libero-professionali.
  Le strutture complesse, per la complessità dell'esercizio stesso e dell'applicazione dei presìdi, hanno la necessità di avere un'autorizzazione complessa, mentre, a nostro parere – sottolineiamo questo aspetto – per quanto riguarda la libera professione, occorre certamente un'autorizzazione, ma che non può essere sovrapponibile a quella delle strutture complesse.
  Grazie.

  PRESIDENTE. È stato chiarissimo. Grazie.
  Lascio la presidenza al Presidente Sisto.

Pag. 43

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO

  PRESIDENTE. Buonasera. In ordine al problema assicurativo che riguarda i medici, che voi avete certamente intercettato in questo provvedimento, l'ANIA, cioè l'associazione degli assicuratori, ha sostenuto che è possibile quello che è riportato nel decreto, vale a dire liberarsi dall'obbligo per un dato tipo di medici dell'assicurazione obbligatoria, se la responsabilità del medico in sede civile subisce un cambiamento.
  Prima doveva essere il medico a provare di essere stato adempiente, mentre ora è il paziente a dover provare che il medico è stato inadempiente. Si tratta di un meccanismo di responsabilità non contrattuale, ma extra-contrattuale, esattamente come accade nel penale.
  Vorrei sapere che cosa ne pensate voi sul fatto di parificare la responsabilità del medico in sede penale, in cui l'onere della prova è a carico di chi lo denuncia, a quella civile, dove oggi, invece, differentemente, è il medico che deve provare di essere stato adempiente. Siete d'accordo con la necessità di far sì che anche in sede civile debba essere il paziente a dover provare la responsabilità del medico ?

  MAURIZIO BENATO, vicepresidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. Io penso che sia auspicabile una parificazione tra il penale e il civile e che, quindi, l'onere della prova spetti a chi denuncia il medico. Noi riteniamo che questo servirebbe a calmierare il continuo accesso al penale ai fini di dimostrare poi la colpevolezza e di passare al civile per avere il risarcimento. Sicuramente libererebbe tante situazioni, tante problematiche e renderebbe serenità al mondo medico, il quale ha bisogno solamente di serenità per poter esercitare. Soprattutto in un sistema sociale di questo genere, in cui abbiamo un servizio sanitario solidaristico, permette l'accessibilità a tutti, ma, nello stesso tempo, si comporta, da un punto di vista del pensiero giuridico, come un sistema liberale di altri mondi.

  PRESIDENTE. Grazie. Mi permetto di segnalare altri due dati: la perfetta assonanza con la norma all'articolo 3 della legge Balduzzi in tema di responsabilità penale e soprattutto, come ci ha detto l'ANIA, l'apertura di un mercato delle assicurazioni nettamente più favorevole, anche per convenienza. Le assicurazioni sarebbero ben più liete di assicurare medici che devono essere «aggrediti» utilmente che medici i quali, invece, devono provare di essere stati costantemente adempienti, essendo questa una prova estremamente più complicata.

  GIUSEPPE RENZO, Presidente della Commissione nazionale iscritti all'Albo odontoiatri. Se posso permettermi, la cosiddetta medicina difensiva, peraltro, prende spunto proprio da una serie di denunce che poi non hanno avuto, in massima parte, seguito e riconoscimento.
  Un altro aspetto che in quest'ambito mi premerebbe sottolineare, facendo riferimento proprio alla disponibilità dell'ANIA, è che, come sappiamo bene, c’è un percorso che si sta identificando e, io mi auguro, al più presto definendo anche attraverso il lavoro svolto all'interno del Ministero della salute tramite il tavolo che è stato organizzato fra le professioni sanitarie e la stessa ANIA.
  Uno degli aspetti fondamentali è quello del riconoscimento dei due fattori, la retroattività e la possibilità del cosiddetto bonus malus. Questi sono i fatti che fondamentalmente abbiamo necessità che vengano definiti.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio per la vostra presenza.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del presidente della Scuola nazionale dell'amministrazione, Giovanni Tria.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva deliberata in relazione all'esame del disegno di legge C. 2486 Governo di conversione in legge del decreto-legge n. 90 del 2014 recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e Pag. 44per l'efficienza degli uffici giudiziari, l'audizione del presidente della Scuola nazionale dell'amministrazione, Giovanni Tria.
  Sono presenti Giovanni Tria, presidente della Scuola nazionale dell'amministrazione, il dirigente amministrativo, dottor Renato Catalano, e la professoressa Francesca Gagliarducci, che insegna alla stessa Scuola nazionale dell'amministrazione.
  C’è un documento che ci è stato già consegnato, ed è questo elegante plico, che conterrà anche – ne sono convinto – osservazioni parimenti eleganti. Pregherei il presidente brevemente di fornirci alcuni focus su questo documento, che sarà distribuito puntualmente a tutti i componenti della Commissione, sicché un riferimento esteso si appalesa superfluo. Le chiedo di illustrare due o tre punti che ritiene più importanti per commentare, chiosare, criticare o esaltare questo provvedimento.
  Do la parola al Presidente Tria.

  GIOVANNI TRIA, Presidente della Scuola nazionale dell'amministrazione. Presidente, vorrei aprire le mie considerazioni affermando che gli obiettivi di razionalizzazione del sistema delle scuole di amministrazione pubblica, che sono alla base dell'articolo 21 del decreto in discussione, sono condivisi dalla scuola che rappresento. Ritengo, tuttavia, che sia necessario fare alcune riflessioni anche e soprattutto al fine di rendere più facilmente e rapidamente operative le disposizioni in esso contenute.
  La prima osservazione riguarda il fatto che nel comma 6 il provvedimento prevede l'assegnazione alla Scuola nazionale delle risorse finanziarie e strumentali necessarie a svolgere i nuovi compiti. Riteniamo che sia cruciale affrontare in modo più chiaro il tema dell'assegnazione del personale con oggetto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che dovrà definire le risorse aggiuntive da destinare alla Scuola nazionale. Noi riteniamo che sia opportuno che la questione sia definita dalla norma in termini sia quantitativi, sia di modalità di assegnazione, e vorrei spiegare perché.
  La questione può creare problemi di attuazione, in quanto il personale non docente della Scuola nazionale fa parte dell'organico della Presidenza del Consiglio e non è negli indirizzi attuali della presidenza né ampliare questo organico, né aumentare il numero dei comandi da altre amministrazioni, anche perché tale numero è sottoposto a precisi limiti di quota. Questo rischia di creare ostacoli alla concreta e rapida realizzazione del disegno di legge voluto dal legislatore.
  Noi riteniamo, quindi, che sia opportuno che la norma chiarisca in modo inequivoco l'assegnazione di personale non docente e soprattutto che tale personale possa essere assegnato anche in posizione di comando, fuori ruolo o in mobilità in eccedenza o sovrannumero rispetto al contingente previsto per la Presidenza del Consiglio dei ministri.
  A nostro avviso, questo fabbisogno aggiuntivo potrebbe essere identificato nella misura del 30 per cento del totale del contingente di personale che verrà eliminato con la soppressione di scuole e sedi periferiche. Tale numero ammonta a 300 unità. Noi richiediamo che forse un 30 per cento possa essere destinato alla nuova Scuola nazionale dell'amministrazione.
  Così facendo, voglio solo sottolineare un fatto, cioè che circa il 70 per cento dell'attuale personale delle sedi e scuole soppresse uscirebbe dal sistema delle scuole pubbliche di formazione toccate dalla riforma. Credo che gli obiettivi di risparmio sarebbero rispettati. Voglio sottolineare anche che, con la chiusura delle sedi periferiche della Scuola nazionale dell'amministrazione, 50 unità sulle 180 in servizio uscirebbero dalla Scuola nazionale.
  A questo proposito vorrei evidenziare – ci tengo a farlo – che parte dell'attività formativa viene svolta nell'intero territorio nazionale, sia dalla Scuola nazionale, sia dalle scuole soppresse, e che il personale delle sedi decentrate della Scuola nazionale e delle sedi soppresse rappresenta un patrimonio di competenze e di capacità operative la cui dispersione rappresenterebbe una distruzione di capitale umano Pag. 45che si deve, noi pensiamo, e si può evitare, anche senza contraddire la volontà del legislatore.
  Noi riteniamo che le due finalità possano essere conciliate anche nell'ambito del riordino degli enti locali, a partire da quello del sistema delle Province, che richiederà indubbiamente un'intensa attività formativa. La Scuola nazionale potrà stringere convenzioni con gli enti e le Istituzioni locali che volessero realizzare poli formativi al fine di garantire la continuità e l'ulteriore promozione delle attività didattiche tramite l'impiego del personale delle sedi soppresse, che è già specializzato.
  Un altro punto che vorrei sottolineare – poi mi avvierò rapidamente alle conclusioni – è il fatto che la Scuola nazionale ha pienamente la capacità di rispondere alle nuove funzioni dal punto di vista didattico e scientifico, soprattutto perché ha la particolarità per cui i suoi docenti non sono di ruolo. Sono docenti a tempo pieno, ma con contratti fino a due anni, rinnovabili, o a tempo parziale, con contratti fino a due anni.
  L'assenza di docenti di ruolo nella Scuola è una caratteristica importante, e io credo anche necessaria a tutte le grandi scuole di amministrazione, per garantirne il continuo aggiornamento scientifico e la flessibilità di competenze. Ciò comporterà, però, a seguito di questo decreto, le esigenze di gestire con attenzione l'asimmetria che si determinerà con l'inserimento, nel corpo docente della Scuola, dei docenti del ruolo a esaurimento della Scuola di economia e finanza.
  Per concludere, voglio richiamare il fatto che il decreto chiama la Scuola ad adeguare il proprio ordinamento, soprattutto con articolazioni in dipartimenti, per svolgere le funzioni delle scuole soppresse. Noi riteniamo che, da questo punto di vista, non ci sia un grande problema, anche perché le attuali norme che regolano la Scuola attribuiscono alla Scuola stessa una completa flessibilità, soprattutto nell'avvalersi di strumenti convenzionali.
  In ogni caso, ciò verrà fatto in accordo con i ministeri di riferimento. Io penso che sarà possibile una rapida formalizzazione del nuovo assetto organizzativo della Scuola, anche guardando, in prospettiva, agli obiettivi più ampi opposti alla scuola sia dal Governo, sia dal Parlamento in sede di conversione del decreto, anche in considerazione degli indirizzi generali che forse saranno contenuti nel disegno di legge.
  Presidente, io ho terminato di mettere in rilievo i punti che per noi sono importanti, confermando che, se pur condividiamo lo spirito del decreto che ci riguarda, vi richiediamo soltanto qualche aggiustamento per rendere più operativa l'attuazione del provvedimento.

  PRESIDENTE. Se chiedete qualche modifica, nessuno si offende.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ELENA CENTEMERO. Molto rapidamente, ho recepito quello che avete sottolineato e vi pongo una domanda molto specifica.
  Il decreto-legge n. 104 del 2013 ha modificato le modalità di reclutamento dei dirigenti scolastici, affidandolo alla Scuola della pubblica amministrazione. È chiaro che il tema riguarda parzialmente questo decreto-legge, ma volevo chiedere se ci sia l'intenzione di creare un nuovo dipartimento finalizzato proprio alla formazione dei dirigenti scolastici. Essi hanno una specificità particolare rispetto ad altro comparto della pubblica amministrazione, tant’è vero che il decreto n. 165 prevede un apposito articolo, il 25, sulla dirigenza scolastica.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Tria per la replica.

  GIOVANNI TRIA, Presidente della Scuola nazionale dell'amministrazione. Il decreto che stiamo discutendo non prevede un dipartimento dedicato al Ministero della pubblica istruzione, al MIUR, perché esso non aveva una scuola. In ogni caso non lo proibisce.Pag. 46
  Voglio sottolineare che la Scuola si stava già muovendo in direzione della creazione di dipartimenti specializzati per rispondere a specifiche esigenze. Stiamo concludendo un accordo con il Ministero della salute per avviare un programma e, quindi, per creare un dipartimento che si occupi di management sanitario e un altro che si occupi di management dei beni culturali. Quest'ultimo, ovviamente, non con il Ministero della salute, ma con il Ministero dei beni culturali.
  L'articolo 21 non prevede questo, ma ciò non significa che, nella prospettiva di un'articolazione generale della Scuola in dipartimenti, non si possa attuare un dipartimento dedicato a questo fine. In ogni caso, i compiti di reclutamento dei dirigenti scolastici rimangono, perché la Scuola nazionale non perde alcuna missione di reclutamento, ma assume solo nuove funzioni.

  PRESIDENTE. Grazie, Presidente Tria, e grazie ai suoi accompagnatori per la loro presenza. Indubbiamente il documento ha una rilevanza e sarà tesaurizzato da tutti i deputati che dovranno votare gli emendamenti e il testo.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di FederUtility.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva deliberata in relazione all'esame del disegno di legge C. 2486 Governo di conversione in legge del decreto-legge n. 90 del 2014 recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, l'audizione di rappresentanti di FederUtility.
  Sono con noi il direttore generale di FederUtility, dottor Massimiliano Bianco, e il senior advisor, Adolfo Spaziani.
  C’è un contributo scritto di FederUtility che ci viene consegnato. Do la parola al dottor Massimiliano Bianco, con la cortesia di ricordare che i tempi per l'esposizione dei punti salienti del vostro pensiero sono tempi europei.

  MASSIMILIANO BIANCO, Direttore generale della FederUtility. Onorevole presidente e onorevoli deputati, grazie per aver accolto la nostra richiesta di audizione. Procederò molto rapidamente, come il presidente ha suggerito.
  Noi interveniamo in audizione su un decreto sulla pubblica amministrazione perché le aziende che rappresentiamo, e che operano nei servizi pubblici locali – energia, acqua e, in parte, ambiente – sono spesso emanazione, in quanto partecipate, della pubblica amministrazione e perché spesso le previsioni normative che riordinano la pubblica amministrazione si intersecano con le attività industriali delle aziende.
  Nella memoria che il presidente citava c’è una panoramica che, ovviamente, salto. Vorrei solo trasmettere un messaggio. Le aziende che noi rappresentiamo sono un sottoinsieme piccolo dell'universo, in questo periodo particolarmente sotto i riflettori, delle partecipate della pubblica amministrazione. Rispetto agli 8-10.000 enti e organismi partecipati dalla pubblica amministrazione ne rappresentano circa 1.000, le quali, però, hanno il pregio di muovere una parte consistente di volume di affari e di essere in larghissima parte profittevoli per il proprio azionista.
  Il nostro approccio, come aziende operanti in questi settori, è un approccio strettamente industriale. Negli ultimi anni abbiamo sempre favorito tutte le discipline che in questa prospettiva andavano a intervenire sui settori da noi regolati, proprio per una crescita industriale dei settori e delle aziende che operano in tali settori.
  Il processo di consolidamento di questi ultimi anni è stato avviato, ma è ancora largamente incompleto, ed è questo il motivo per cui esiste ancora una forte frammentazione, soprattutto se si paragonano le aziende di questi settori a competitor europei con cui spesso esse si devono confrontare per l'erogazione dei servizi.
  Venendo ai temi chiave rispetto a quest'audizione, noi teniamo al fatto che questo percorso di consolidamento debba essere proseguito. Questo provvedimento potrebbe Pag. 47essere l'occasione per favorire questo processo di consolidamento, che determinerebbe un accrescimento e un rilancio degli investimenti, con una funzione anche anticiclica. Si pensi solo che un miliardo di investimenti nei nostri settori è capace di mobilitare 20-25.000 posti di lavoro su base continuativa, perché il fabbisogno di investimenti è continuativo.
  C’è un assetto dell'offerta, come dicevo, frammentato, che necessita la creazione di condizioni per un consolidamento, per un accrescimento delle dimensioni e per una maggiore capacità degli operatori di fare investimenti attraverso una maggiore solidità tecnica e finanziaria.
  Dei punti che vorremmo segnalare uno è legato alla regolazione indipendente. I nostri settori sono fortemente condizionati dalla regolazione e le capacità di operare degli operatori si basano anche sulla certezza della stabilità della regolazione indipendente.
  Il nostro punto di vista rispetto ai provvedimenti contenuti, in particolare, all'articolo 22 del decreto-legge, nel rispetto, che ovviamente è più che apprezzabile e condivisibile, del principio di ottimizzazione e riduzione dei costi, è di salvaguardare le professionalità e l'autonomia della regolazione, in ottica sia del soggetto regolato, sia degli interlocutori finanziari e istituzionali con cui i soggetti regolati hanno a che fare. Questo per una stabilità di lungo periodo, che è condizione essenziale per la capacità degli operatori di effettuare investimenti molto onerosi e con prospettive di lungo periodo.
  In più, c’è un tema specifico, legato alla giurisdizione delle controversie contro l'Autorità, su cui si è consolidata negli anni una competenza funzionale del TAR Lombardia e che noi riteniamo debba essere tenuta in adeguata considerazione, certamente in un eventuale transitorio. Noi auspichiamo, però, che possa rimanere tale per la consolidata esperienza che la giurisdizione ha determinato nelle controversie con il regolatore indipendente. Questo è un primo punto.
  Un secondo punto è legato all'interazione tra i provvedimenti e la capacità delle aziende di gestire le proprie risorse e il proprio personale. Spesso regole pubblicistiche sono intervenute a limitazione della capacità delle aziende di svolgere la propria attività imprenditoriale, determinando un rischio nell'efficacia della propria azione in termini di qualità del servizio e, in alcuni casi, addirittura abbassandone l'efficienza e l'economicità.
  Noi riteniamo che questo provvedimento possa ospitare un chiarimento in merito alla recente modifica dell'articolo 18, comma 2-bis del decreto-legge n. 122 del 2008, apportata dal decreto-legge IRPEF, dopo ulteriori modifiche che si sono susseguite, purtroppo, negli anni, da ultimo nella legge di stabilità, e che avevano trovato nella legge di stabilità un equilibrio.
  Quest'ultima modifica del decreto-legge IRPEF necessita di un chiarimento. Anche un ordine del giorno approvato alla Camera l'ha segnalato. Noi riteniamo, quindi, che questo provvedimento possa ospitare questo chiarimento, in maniera tale da salvaguardare la capacità di contrattazione di secondo livello degli operatori.
  Da ultimo, dato che nel provvedimento si parla, in taluni casi, di riordino delle partecipate degli enti locali, noi auspichiamo che questa sia la sede per un confronto parlamentare da cui emerga normativamente un tema molto dibattuto in questo periodo, che è quello degli strumenti di incentivo verso processi di consolidamento dei servizi pubblici locali.
  Ciò è funzionale per incentivi sia verso gli enti locali, sia verso gli operatori che favoriscono processi di consolidamento e, al contrario, per disincentivi, attraverso parametri anche di virtuosità nel Patto di stabilità, agli enti locali che si mettano a disposizione di progetti industriali volti al consolidamento e al rafforzamento degli operatori.
  Ho cercato di esprimermi con grande sintesi.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Bianco, ma vorrei rivolgergli, se non gli Pag. 48dispiace, una domanda: sostanzialmente, voi non siete favorevoli a questo trasferimento a Roma dell'Autorità dell'energia ? Mi sembra di capire questo. L'esposizione è stata garbata, ma mi sembra che vi sia un dissenso sostanziale.

  MASSIMILIANO BIANCO, Direttore generale della FederUtility. Sì, per due profili, uno di natura economica e l'altro di carattere giurisdizionale.

  PRESIDENTE. Ho capito. Va bene. Noi registriamo questo chiarissimo studio, che accompagna questa semplice, ma chiara relazione del dottor Bianco. Registriamo anche questo dissenso, che, per la verità, non è isolato, su questo tipo di scelta che il decreto effettua e vi ringraziamo per la partecipazione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva deliberata in relazione all'esame del disegno di legge C. 2486 Governo di conversione in legge del decreto-legge n. 90 del 2014 recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, l'audizione di rappresentanti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
  Sono con noi il presidente, Angelo Marcello Cardani, il segretario generale, Francesco Sclafani, il Capo di Gabinetto, Annalisa D'Orazio, e il Capo ufficio comunicazione, dottor Mario Calderoni.
  Buonasera. Mi spiace se vi abbiamo fatto attendere. Il quarto d'ora accademico è diventato mezz'ora, ma questo in politica non mi sembra sia un fatto gravissimo.

  ANGELO MARCELLO CARDANI, Presidente dell'AGCOM. Dopo trentaquattro anni di accademia ho subìto la misura tante volte. Non si preoccupi.

  PRESIDENTE. Voi avete un contributo scritto ?

  ANGELO MARCELLO CARDANI, Presidente dell'AGCOM. Abbiamo un contributo scritto col quale introdurrò l'argomento.

  PRESIDENTE. Possiamo averne una copia ?

  ANGELO MARCELLO CARDANI, Presidente dell'AGCOM. Glielo posso trasmettere domani perché vorrei fare alcune correzioni.

  PRESIDENTE. Va bene. La cortesia che le chiedo, perché il tempo, come sa, nelle audizioni è tiranno e lo scritto vale più del detto, è che lei faccia conto di aver depositato questo scritto e che, cortesemente, si limiti a due o tre punti che ritiene essenziali per qualificare il suo intervento in questa sede. Grazie.

  ANGELO MARCELLO CARDANI, Presidente dell'AGCOM. Il primo punto, signor presidente, è sicuramente un ringraziamento a tutti loro per averci invitato e per essersi dichiarati disponibili ad ascoltare le nostre considerazioni. Sono considerazioni che noi leghiamo, in particolare, all'articolo 22 del decreto-legge n. 90, che è quello più problematico per le Autorità.
  Noi siamo l'Autorità di garanzia nelle comunicazioni e abbiamo due caratteristiche. Innanzitutto abbiamo una derivazione diretta dalla legislazione europea, la quale pone sul nostro comportamento, come peraltro riconosciuto dalla legge italiana, dei vincoli.
  Secondariamente, abbiamo una natura cosiddetta convergente, che ritrova in un unico organismo, vale a dire l'AGCOM, funzioni non solo di regolamentazione e di vigilanza dei mercati delle comunicazioni, ma anche di tutela del pluralismo della comunicazione e dell'informazione e di garanzia dei diritti fondamentali dell'individuo sui mezzi di comunicazione.
  Mi scusi, ma sto cercando di saltare tutto ciò che non è strettamente necessario. Pag. 49Vorrei arrivare direttamente a quello che noi vediamo come importante nel decreto-legge n. 90.
  Innanzitutto, a nome mio, ma anche dei colleghi commissari e dei colleghi presenti quest'oggi, vorrei esprimere un apprezzamento generale per lo sforzo di razionalizzazione e di armonizzazione e per gli aspetti organizzativi.
  Io vengo da una carriera accademica, ma ho avuto esperienze importanti sia nella burocrazia europea – ho lavorato a Bruxelles per dieci anni – sia nella gestione di organismi universitari, da una scuola costituita all'estero a gestione di parte della mia università. Ho, quindi, un'esperienza manageriale lievemente superiore alla media, perché queste cose non le ho solo insegnate, ma le ho anche praticate. Non posso, quindi, che essere più che felice per un tentativo di aumento dell'efficienza e di diminuzione della spesa grazie alla gestione congiunta di attività e risorse.
  Tutte le iniziative presenti nel decreto – legge n. 90 sono sicuramente positive. Soprattutto sono positive in un momento storico come questo odierno, in cui l'efficienza della macchina amministrativa è una condizione fondamentale per la crescita economica.
  Vorrei passare ai singoli punti. Il primo è sicuramente la procedura di reclutamento.
  La procedura di reclutamento potrebbe risultare problematica, nel caso in cui questa norma, che prevede la gestione unitaria dei concorsi per il reclutamento del personale delle Autorità, riguardasse tutte le tipologie e i livelli di professionalità richiesti.
  Non meno dell'indipendenza, la ragion d'essere di queste ultime figure risiede, infatti, nella forte competenza specialistica, come hanno più volte sottolineato, peraltro, la giurisprudenza e il Consiglio di Stato.
  È vero che lo stesso comma 4 raccomanda che venga assicurata la specificità della professionalità di ciascun organismo, ma è palese che il raggiungimento di questo obiettivo potrebbe rendere complesse e macchinose le procedure dei concorsi unitari. Con specifico riferimento ad AGCOM, i concorsi unitari presentano la controindicazione di poter accrescere i costi per la finanza pubblica, laddove le Autorità non fossero tutte a carico degli operatori del mercato, come è il nostro caso.
  La norma sembra poi porsi in totale contrasto con il principio di autonomia organizzativa che si sostanzia nella potestà di definire con i propri Regolamenti l'organizzazione interna, la gestione del personale e il funzionamento. Si tratta di un'autonomia prevista dalla legge istitutiva dell'Autorità e dalle direttive comunitarie dalle quali la legislazione italiana è derivata.
  L'autonomia organizzativa è uno dei presupposti dell'indipendenza e una delle condizioni per garantire l'autonomia è la potestà di gestire in-house il reclutamento del proprio personale. Laddove si volesse intervenire in tale ambito, sarebbe più opportuno definire linee guida comuni per la razionalizzazione dei concorsi pubblici a cui tutte le Autorità dovrebbero attenersi, conservando poi ognuna la propria autonomia organizzativa.
  Una tale misura di razionalizzazione in materia di personale delle Autorità potrebbe essere estesa a una disciplina uniforme del trattamento giuridico ed economico. A ciò potrebbe provvedersi con lo strumento della delega legislativa, certo più idoneo a questo scopo.
  Mi preme comunque ricordare, anche se le norme sembrano limitarsi a obiettivi, come ho detto, più che condivisibili di contenimento della spesa, che, se si crede nell'utilità del ruolo assegnato alle Autorità amministrative di garanzia impegnate sul fronte della difesa dei diritti connessi allo sviluppo dei mercati, occorre mettere questi soggetti in condizione di funzionare con mezzi adeguati alla delicatezza e al rilievo costituzionale delle funzioni esercitate, nonché al tasso di indipendenza di cui il reclutamento e la formazione di alte professionalità hanno bisogno e che è richiesto a chi è chiamato a esercitare tali funzioni.Pag. 50
  Le norme introdotte ai commi 5 e 9 hanno il comune intento di conseguire un risparmio di spesa. La norma del comma 5, che impone di ridurre almeno del 20 per cento il trattamento economico accessorio del personale, darà modo all'Autorità di realizzare gli obiettivi di ridimensionamento dei predetti trattamenti già programmati per l'anno in corso.
  Sebbene AGCOM non sia destinataria di contributi a carico delle finanze pubbliche – mi sia consentito di ripeterlo ancora – ragion per cui i risparmi da essa conseguiti non si riflettono in benefici per l'Erario, al Consiglio è, infatti, sembrato necessario adeguarsi alla politica generale di riduzione delle spese adottate da tutte le Istituzioni, incidendo in particolare sul trattamento accessorio del personale dipendente.
  Quanto al successivo comma 6, premesso che nel bilancio di AGCOM i fondi allocati per incarichi di consulenza rappresentano già una posta esigua, una riduzione di almeno il 50 per cento appare al momento praticabile.
  Su questo punto vorrei permettermi di insistere un po’ più a lungo. Sull'argomento delle consulenze...

  PRESIDENTE. Devo pregarla di chiudere il suo intervento nel giro di due minuti. Non se ne dispiaccia, ma è un trattamento che abbiamo utilizzato con tutti.

  ANGELO MARCELLO CARDANI, Presidente dell'AGCOM. Questo non mi impedisce di avere il dispiacere che tutti avranno avuto, presidente.

  PRESIDENTE. Le assicuro che non tutti l'hanno avuto.

  ANGELO MARCELLO CARDANI, Presidente dell'AGCOM. Comunque io ne avrò dispiacere.

  PRESIDENTE. Mi dispiace, ma io devo usare il trattamento che ho usato con tutti gli altri. L'articolo 3 della Costituzione, se non l'applichiamo qui, immagini altrove.

  ANGELO MARCELLO CARDANI, Presidente dell'AGCOM. Per carità, presidente, dalla vibrante eccitazione che hanno creato fino adesso le mie parole, e che forse si è riflessa maggiormente in un uso dei mezzi di telecomunicazione personale, non credo che il togliermi la parola cambi moltissimo l'impressione che ho fatto.

  PRESIDENTE. Non le sto togliendo la parola. Le sto dicendo che i tempi delle audizioni sono ristretti.

  EMANUELE FIANO, relatore. Noi non siamo qui a farci offendere.

  ANGELO MARCELLO CARDANI, Presidente dell'AGCOM. Lei è qui per telefonare.

  EMANUELE FIANO, relatore. Io non mi faccio dire al microfono «Lei è qui per telefonare» da questo signore che non conosco. Mi perdoni, presidente. La prego di difendere le prerogative dei parlamentari della Repubblica che qui sono assisi.

  PRESIDENTE. Collega Fiano, non ha bisogno di chiederlo a me, come lei ben sa, per esperienza.

  EMANUELE FIANO, relatore. Lei è il presidente e deve chiedere a questo signore maleducato di tornare sulle sue parole.

  PRESIDENTE. Per esperienza condivisa, lei sa che io non ho bisogno di queste sollecitazioni.
  Presidente, le dico soltanto questo: noi qui abbiamo dei tempi che sono contingentati per tutti. Io non le tolgo la parola, le sto dicendo che il tempo è prefissato e che debbo usare per lei lo stesso trattamento.
  La invito, inoltre, a evitare di dire che ci sono deputati che, anziché ascoltarla, parlano al telefono, perché questo può essere dovuto a mille ragioni e non significa che sia una mancanza di rispetto verso le sue parole.Pag. 51
  Questo è un luogo, comunque la si voglia pensare, sacro, perché il Parlamento mantiene la sua sacralità, nonostante il pensiero di chicchessia. Pertanto, la inviterei, col garbo che la contraddistingue, a fare come segue: noi rispettiamo lei, lei rispetti noi.

  ANGELO MARCELLO CARDANI, Presidente dell'AGCOM. Assolutamente. La ringrazio per quello che mi ha detto. Ne terrò sicuramente conto.
  Mi permetta di aggiungere allora un punto che vorrei spiegare oralmente, in quanto non è nel testo scritto. Lo inserirò poi nel testo scritto che le arriverà, spero, domani mattina.
  Io ritengo che su questo argomento delle consulenze ci sia un atteggiamento di implicita criminalizzazione, per il quale la consulenza, forse per comportamenti scorretti di qualcuno nel passato, è vista come un modo per elargire regalie inutili ad amici.
  In realtà, la consulenza è uno strumento di gestione estremamente importante, perché permette di reperire all'esterno quelle professionalità che sono necessarie in un momento specifico, ma che non necessitano di una presenza costante all'interno dell'organizzazione.
  Come posso dire con tranquillità che oggi il tagliare le spese di consulenza del 50 per cento è assolutamente possibile per noi, questo potrebbe non essere più vero domani, dopodomani, fra un mese o in situazioni di questo genere. Richiamo, quindi, l'esigenza di una flessibilità gestionale che tutte le istituzioni che funzionano sono costrette ad avere.
  Ciò detto, presidente, io credo che tutto il resto sia di una chiarezza assoluta e, quindi, lo sottopongo in forma scritta, come le ho detto.
  Mi permetta di sottolineare un punto, che pure è molto chiaro all'interno della presentazione, ma che richiede forse un'enfatizzazione orale, ossia il punto del cosiddetto cooling off.
  AGCOM ha già esistente una norma che impone ai membri del Consiglio quattro anni di assenza di qualsiasi rapporto con imprese precedentemente regolate. Dopo che una persona per sette anni si è occupata essenzialmente di un problema, per ben quattro anni successivi non può più occuparsene. Ovviamente, può occuparsi di altro, ma si tratta, con tutta probabilità, di hobby personali, a quel punto, perché la professionalità non è facile tramandarla nel tempo.
  Il decreto – legge n. 90 suggerisce non solo di mantenere questo cooling off di quattro anni, ma di estenderlo anche a tutta una serie di posizioni apicali dell'AGCOM. Personalmente, e credo che anche i miei colleghi siano d'accordo, io considero ciò profondamente sbagliato per una serie di motivi.
  Il primo motivo è che io, che, le ripeto, non ho lavorato solo all'AGCOM, ma ho fatto vari mestieri in vita mia, non ho mai visto da nessuna parte nel mondo un periodo di cooling off di quattro anni. Quando c’è un periodo di cooling off, è generalmente di un anno ed è retribuito.
  Pertanto, non solo i nostri compensi sono stati tagliati in maniera considerevole, ma viene anche mantenuto un cooling off, a mio parere, ingiustificato, che viene esteso anche a dei colleghi. Io credo che questo sia un punto sul quale riflettere attentamente.
  Un'argomentazione che si potrebbe usare – io, ovviamente, non ho motivo di privilegiarla rispetto ad altre, ma credo che sia logica – è dire che a un compenso alto si può chiedere anche un sacrificio alto, ragion per cui, se uno è pagato tanto, può stare anche quattro anni chiuso in casa dopo che ha finito il suo mestiere. Questo non credo sia giusto.
  Un'ultima osservazione, veramente brevissima, riguarda il problema della sede di Napoli. Noi abbiamo a Napoli una parte importante dell'Autorità, soprattutto in termini di professionalità. Ci sono alcune direzioni, alcune unità che svolgono il loro compito con grande preparazione. È ovvio che un trasferimento forzoso a Roma causerebbe la perdita di una serie di queste professionalità. Questo sarebbe, oltre Pag. 52che un guaio per l'AGCOM, anche uno spreco da un punto di vista di spesa pubblica. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  TINO IANNUZZI. Vorrei rivolgere al presidente dell'AGCOM soltanto una domanda flash. Gli chiederei di approfondire rapidamente, attesi i tempi che piombano su tutti i nostri lavori, l'ultimo passaggio, quello del depauperamento delle professionalità e dell'indebolimento che le esperienze complessive di AGCOM registrerebbero con la soppressione della sede principale di Napoli e il suo trasferimento forzoso e coatto a Roma.
  Le conseguenze negative per quanto riguarda il contesto sociale, economico e culturale della comunità napoletana sono evidentissime e sono state già abbondantemente segnalate e attenzionate. Le volevo chiedere, invece, un approfondimento su questo specifico profilo.

  EMANUELE FIANO, relatore. Volevo chiedere una cosa al Presidente Cardani. Lei ha detto che in AGCOM è già presente la norma del cooling off di quattro anni, se non ho capito male. Posto che altri presidenti di Autorità hanno anch'essi qui criticato l'aspetto dei quattro anni, secondo me con motivazioni condivisibili, legate anche al recente taglio degli emolumenti rispetto ai vertici delle Autorità stesse – è una notazione alla quale personalmente, come relatore del provvedimento, sono sensibile – lei ha parlato di un aspetto diverso. Ha comparato, infatti, il meccanismo con altre normative, immagino di altri Paesi europei, che lo fissano pari a un anno e ha sottolineato la non remunerazione nel provvedimento italiano di questi anni di cooling off.
  Ritorno all'esempio che lei ha posto sul fatto che nello Statuto interno di AGCOM sia già presente questa norma. Tale norma già presente prevede una remunerazione ? Questa è la prima domanda. Lei faceva un parallelo con la norma già esistente.
  Come seconda domanda, volevo chiedere l'articolazione del personale della vostra Autorità tra la sede di Napoli e quella di Roma: quant’è la percentuale già presente presso la sede o le sedi romane ?
  Infine, volevo significarle, anche se non bisognerebbe mai perdere la calma, che io sono qui per la quarta giornata di seguito, da circa dodici ore, ascoltando interessantissime audizioni e che le porto i saluti del presidente dell'Autorità dei trasporti, il Presidente Camanzi, il quale mi ha appena telefonato – era la telefonata che lei ha visto – chiedendomi la cortesia di potermi inviare direttamente alla mia e-mail personale delle proposte di emendamento che nell'audizione che abbiamo avuto poche ore fa non ha potuto consegnarmi di persona.
  Lei può ben comprendere che nel nostro lavoro, per alcuni di noi molto gravoso e molto più lungo delle dodici ore giornaliere, ci sono dei momenti in cui i mezzi della comunicazione moderna servono per poter favorire le richieste e le critiche che vengono legittimamente anche dalle Autorità.

  PRESIDENTE. Se il presidente me lo consente, vorrei fare una domanda al segretario generale. Il tema che volevo sollevare io è quello delle procedure concorsuali per il reclutamento del personale, che il comma 4 dell'articolo 22 farebbe gestire unitariamente.
  Ha detto il presidente nella sua relazione che questo comporterebbe dei costi. Mi sembra di aver capito che comporterebbe un incremento di costi. Vorrei qualche dettaglio da lei. Essendo segretario generale, magari ci può fornire qualche numero in più su quest'affermazione del presidente.
  Soprattutto vorrei chiederle se sia possibile e auspicabile, anche sotto il profilo delle economie, una differenziazione fra concorsi. Ne parlavamo col collega Fiano. Mi chiedo se sia pensabile che ci siano dei concorsi di un dato livello, che si possano gestire unitariamente, e concorsi con maggiore Pag. 53specializzazione, che debbano rimanere di appannaggio delle singole Authority.
  Vorrei una sorta di diagramma sulla prima affermazione dell'aumento dei costi e vorrei sapere se, all'interno di questo aumento dei costi – eventualmente, ci può anche fornire i dati domani, non è questo il problema, se non li avesse precisi – sia possibile effettuare una separazione orizzontale fra assunzioni generiche (usiamo questo termine), per esempio di dattilografi, per dire la prima cosa che mi viene in mente, anche se forse ora si chiamano computeristi, e quelle di dirigenti con alto tasso di specializzazione.

  NAZZARENO PILOZZI. Vorrei solo far notare – è una discussione che abbiamo fatto anche con diverse Authority – che il fatto di concentrare tutte le sedi a Roma, alla fine, non è, a mio avviso, una scelta che va incontro a politiche di risparmio. Nel caso specifico io credo che in una città come Napoli ci sia la possibilità di avere edifici demaniali sufficienti per poter continuare a ospitare un'istituzione importante come l'AGCOM.
  C’è poi anche la questione che è stata esposta da ultimo nell'audizione. Io non dimenticherei nemmeno il fatto che noi ci troviamo di fronte a un’Authority che negli anni ha selezionato professionalità importanti. Rischieremmo, portando il trasferimento a Roma, anche in deroga e comunque al di là del decreto di cui stiamo parlando – sono ben oltre 50 chilometri quelli tra Napoli e Roma – che tutte queste professionalità che negli anni si sono apprezzate all'interno di questa Authority possano poi disperdersi.
  Io credo che su questo punto noi dobbiamo fare una riflessione attenta. Non sempre quello che sembra un risparmio immediato si traduce allo stesso modo in un risparmio reale.
  Inviterei poi tutti i colleghi – avremo la discussione generale e la fase di presentazione ed esame degli emendamenti – a tentare di ragionare insieme al Governo per capire in che modo sia giusto che si risparmi anche sulle Authority e in che modo tutte le Authority possano ampliare o migliorare l'aspetto della trasparenza e delle spese, affinché siano il più possibile trasparenti, certe e utili.
  Allo stesso modo, eviterei di fare scelte così categoriche, che poi rischierebbero solamente, da un dato punto di vista, di impoverire sia le Authority stesse, sia le realtà locali e di non portare vantaggi a nessuno.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  ANGELO MARCELLO CARDANI, Presidente dell'AGCOM. Mi pare che il punto centrale sia la sede di Napoli contro la sede di Roma. Innanzitutto quantitativamente ad oggi abbiamo in servizio 373 persone in totale, di cui 234 a Roma e 139 a Napoli.
  È ovvio, e io credo che sarebbe stupido negarlo, che una qualsiasi organizzazione funziona laddove non deve essere distribuita sul territorio. Noi abbiamo degli interventi sul territorio costituiti dai Corecom, che si trovano presso ogni Consiglio regionale italiano e svolgono un'attività a contatto col territorio.
  Per quanto riguarda il lavoro centrale dell'Autorità, mi sembra evidente che essere tutti sotto lo stesso tetto sia sicuramente la soluzione migliore. Non credo, però, d'altra parte, che si possa ignorare la realtà che si è venuta a costituire in tutti questi anni, in cui, nonostante la sede principale fosse a Napoli, negli anni passati risorse quantitativamente sempre più rilevanti sono state spostate a Roma.
  Credo che questo fosse inevitabile e non accuso minimamente i miei predecessori, perché di fatto una parte molto ampia del lavoro dell'Autorità non può che svolgersi a Roma, a contatto con il Ministero dello sviluppo economico, con gli altri ministeri, con il mondo politico, con il Parlamento e via elencando.
  Oggi ci troviamo, però, in una situazione in cui a Napoli esistono 139 dipendenti, di cui chiaramente qualcuno sarà anche sostituibile. Non tutti hanno una specificità. La maggior parte, però, è a Pag. 54Napoli non a caso e vuole restare a Napoli. Contemporaneamente, l'Autorità ha bisogno di loro. Esistono all'interno dei lavori svolti dall'Autorità delle professionalità importanti e non facilmente reperibili sul mercato.
  Quello che, secondo me, va evitato in tutti i modi è un intervento inflessibile, un intervento di deportazione, perché questo costringerebbe molti dei dipendenti napoletani a seguire scelte di vita che facciano loro preferire il restare a Napoli che il seguire lo spostamento dell'Autorità.
  Questo è un dato tipicamente italiano. In altri Paesi non è così, negli Stati Uniti assolutamente non è così, ma, considerato che in Italia è così ed è un dato di fatto, possiamo fare tutti i discorsi sociologici che vogliamo, ma non possiamo prescindere da questa caratteristica. Per l'Autorità sarebbe una perdita grave dover di colpo ricostruire tutta una serie di professionalità che perderebbe.
  Sul discorso di concentrare tutte le sedi, certo, io sono convinto che ci siano risparmi da fare, soprattutto quando il trasferimento avviene presso sedi demaniali.

  PRESIDENTE. Presidente, non si dispiaccia, ma la devo pregare di concludere.

  ANGELO MARCELLO CARDANI, Presidente dell'AGCOM. Di nuovo ?

  PRESIDENTE. Dobbiamo svolgere un Ufficio di presidenza.

  ANGELO MARCELLO CARDANI, Presidente dell'AGCOM. Volevo solo vedere se ho saltato qualcosa.
  Il cooling off viene dalla legge istitutiva, la n. 481 del 1995, con cui noi abbiamo imposto il cooling off di quattro anni. Ripeto, io non ho mai visto da nessuna parte un cooling off superiore a un anno, dai ministri della Repubblica ai Commissari europei, al Presidente della Commissione europea, ai contratti che esistono nelle imprese. Quello che ho visto, invece, molto spesso è che questo cooling off viene remunerato. Si dice: «Te ne stai a casa. Ti diamo non lo stipendio, ma un po’ meno, perché in fondo a casa puoi leggere e ascoltare musica, ma compensiamo il fatto che non lavori».
  Noi veniamo da una serie di riduzioni di remunerazione. Stare anche quattro anni a guardare il cielo non mi sembra molto ragionevole.
  Spero di aver risposto a tutto.

  FRANCESCO SCLAFANI, Segretario generale dell'AGCOM. Presidente, io sarò telegrafico, se non addirittura lapidario, nel rispondere alle sue domande, vista l'esigenza di contenimento.
  Innanzitutto voglio dire che, se c’è interesse della Commissione, noi possiamo mettere a disposizione un quadro comparativo europeo dei regimi di cooling off di tutte le Autorità consorelle.

  PRESIDENTE. Ci interessa certamente.

  FRANCESCO SCLAFANI, Segretario generale dell'AGCOM. Lo potremo allegare fisicamente.
  Per quanto riguarda la questione della gestione del personale, è ovvio, e questo mi sembra un principio ispiratore di tutta la discussione che si sta facendo sul decreto-legge, che bisogna trovare il punto di equilibrio tra esigenza di spending review, assolutamente legittima, e garanzia di indipendenza e di efficienza delle Autorità indipendenti.
  Con riguardo, in particolare, al sistema del reclutamento accentrato del personale, vi assicuro che non è facile fare politica del personale già con un sistema di reclutamento decentrato. Ancora peggio sarebbe farla con un Regolamento accentrato.
  L'esigenza fondamentale è garantire l'indipendenza. Non ci può essere indipendenza senza autonomia, come espressamente previsto dalla legge, e uno dei presupposti fondamentali dell'autonomia è proprio fare una politica del personale che prescinda dagli interessi di altri.
  Le Autorità indipendenti non sono tutte uguali. Noi possiamo, e in questo momento, Pag. 55per esempio, avevamo intenzione di farlo, bandire alcuni concorsi, ma ci siamo fermati.

  PRESIDENTE. Mi scusi, ma perché costa di più farli insieme ? Il dato che mi interessa è questo.

  FRANCESCO SCLAFANI, Segretario generale dell'AGCOM. Io partivo dalla seconda domanda.

  PRESIDENTE. Il fatto culturale lo capisco. È evidente che sono Authority indipendenti e molto specializzate. Questo lo diamo per scontato.

  FRANCESCO SCLAFANI, Segretario generale dell'AGCOM. Per i dattilografi è ovvio, ma noi abbiamo molti ingegneri all'AGCOM.

  PRESIDENTE. La mia domanda è perché fare insieme i concorsi costa di più.

  FRANCESCO SCLAFANI, Segretario generale dell'AGCOM. Perché la gestione che viene fatta in-house, ossia in casa, è una gestione che noi abbiamo sempre fatto con costi assolutamente contenuti. Nel momento in cui si fa un reclutamento di carattere generale e, quindi, si fa un concorso per 50 economisti, si creano delle esternalità di spesa e bisogna ricorrere a servizi esterni. Questo comporterebbe un aumento di spesa. Essendo coinvolte anche delle Autorità indipendenti che non vivono solo con il contributo delle imprese, come noi, questo darebbe luogo a una spesa.

  PRESIDENTE. Lei sta dicendo che più grande è il concorso, maggiore è l'organizzazione, ragion per cui anziché farlo in-house, bisogna ricorrere fuori. Voi, invece, riuscite a gestirvi internamente.

  FRANCESCO SCLAFANI, Segretario generale dell'AGCOM. Noi riusciamo a gestirci in modo contenuto.

  PRESIDENTE. È una risposta, credo, chiara. Va bene. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 18.30.