XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 9 luglio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE C. 2486  GOVERNO DI CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE N. 90 DEL 2014 RECANTE MISURE URGENTI PER LA SEMPLIFICAZIONE E LA TRASPARENZA AMMINISTRATIVA E PER L'EFFICIENZA DEGLI UFFICI GIUDIZIARI

Audizione di esperti.
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 
Clarich Marcello , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università «LUISS» di Roma ... 3 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 
Clarich Marcello , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università «LUISS» di Roma ... 3 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 
Clarich Marcello , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università «LUISS» di Roma ... 3 
Travi Aldo , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ... 5 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 5 
Travi Aldo , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ... 5 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 5 
Travi Aldo , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ... 5 
Portaluri Pierluigi , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università del Salento ... 7 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 7 
Portaluri Pierluigi , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università del Salento ... 7 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 8 
Portaluri Pierluigi , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università del Salento ... 8 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 8 
Balduzzi Renato (SCpI)  ... 9 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 9 
Portaluri Pierluigi , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università del Salento ... 10 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 10 
Portaluri Pierluigi , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università del Salento ... 10 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 10 
Travi Aldo , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ... 10 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 10 
Travi Aldo , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ... 10 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 10 
Travi Aldo , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ... 11 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 11 
Travi Aldo , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ... 11 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 11 
Travi Aldo , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ... 11 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 11 
Clarich Marcello , Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università «LUISS» di Roma ... 11 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 12 

Audizione di rappresentanti dell'Autorità di regolazione dei trasporti e dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 12 
Camanzi Andrea , Presidente dell'Autorità di regolazione dei trasporti ... 12 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 12 
Camanzi Andrea , Presidente dell'Autorità di regolazione dei trasporti ... 12 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 13 
Camanzi Andrea , Presidente dell'Autorità di regolazione dei trasporti ... 14 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 14 
Camanzi Andrea , Presidente dell'Autorità di regolazione dei trasporti ... 14 
Bortoni Guido , Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico ... 14 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 16 
Giorgis Andrea (PD)  ... 16 
Fiano Emanuele (PD) , Relatore ... 17 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 17 
Gelmini Mariastella (FI-PdL)  ... 17 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 18 
Bortoni Guido , Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico ... 18 
Camanzi Andrea , Presidente dell'Autorità di regolazione dei trasporti ... 19 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 20 

Audizione del sindaco di Catania, Enzo Bianco, del sindaco di Lecce, Paolo Perrone, e del sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 20 
Bianco Enzo , Sindaco di Catania ... 20 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 20 
Bianco Enzo , Sindaco di Catania ... 20 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 21 
Bianco Enzo , Sindaco di Catania ... 21 
Perrone Paolo , Sindaco di Lecce ... 21 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 21 
Perrone Paolo , Sindaco di Lecce ... 21 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 21 
Perrone Paolo , Sindaco di Lecce ... 22 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 22 
De Luca Vincenzo , Sindaco di Salerno ... 22 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 22 
Vecchio Andrea (SCpI)  ... 22 
Attaguile Angelo (LNA)  ... 23 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 23 
Bianco Enzo , Sindaco di Catania ... 23 
Perrone Paolo , Sindaco di Lecce ... 23 
De Luca Vincenzo , Sindaco di Salerno ... 23 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 23

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FRANCESCO PAOLO SISTO

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione di esperti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva relativa all'esame del disegno di legge C. 2486 Governo di conversione in legge del decreto legge n. 90 del 2014 recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, l'audizione di esperti.
  Ringrazio i professori intervenuti per la loro presenza e do la parola al professor Clarich.

  MARCELLO CLARICH, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università «LUISS» di Roma. Desidero intanto ringraziare la Commissione per l'opportunità di portare un contributo alla discussione e all'esame del decreto legge.

  PRESIDENTE. Professore, mi scusi, ha prodotto un documento scritto ?

  MARCELLO CLARICH, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università «LUISS» di Roma. No.

  PRESIDENTE. La inviterei, se lo ritiene opportuno, a inviarcelo nelle prossime ore perché sarebbe di grande utilità per i nostri lavori. Grazie.

  MARCELLO CLARICH, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università «LUISS» di Roma. Certamente.
  Come dicevo, si tratta di un decreto legge che contiene misure di vario tipo, alcune estremamente utili e positive. Per quanto riguarda la parte che io credo rilevi in questa sede, intendo soffermarmi su alcuni punti molto specifici in tema di processo sugli appalti e di procedure di aggiudicazione delle gare e in materia di ristrutturazione della rete periferica dei TAR. Infine, farò un accenno alla questione dell'Avvocatura di Stato.
  Cominciando dal primo punto, avendo avuto occasione di far parte della Commissione che ha redatto la bozza del Codice del processo amministrativo, osservo che il punto di partenza sono le norme già vigenti in materia di processo sui contratti pubblici, norme che già prevedono un rito superaccelerato.
  La tesi generale, che credo sia condivisa anche da molti avvocati e magistrati, è che, se c’è stato un grado di non perfetta soddisfazione sui tempi del processo, ciò non dipende necessariamente dalle norme, bensì dall'incapacità anche organizzativa di utilizzare tutti gli strumenti processuali già presenti nel Codice.
  In ogni caso, le norme processuali che sono state ipotizzate per alcuni aspetti sono sicuramente positive, perché avere entro trenta giorni una sentenza di merito, anche se il termine di trenta giorni non è di trenta esatti ma decorre in un dato modo, è sicuramente molto positivo.Pag. 4
  Bisogna, però, tener presente che si avverte una preoccupazione nell'ambiente: se si crea una corsia superpreferenziale in materia di contratti pubblici, inevitabilmente a risorse organizzative e finanziarie date si rallentano gli altri processi. È, quindi, una scelta anche politica quella di avere una giustizia amministrativa a più velocità.
  Per quanto riguarda gli aspetti specifici, è discussa nell'ambiente degli addetti ai lavori la disposizione che prevede come regola una cauzione nel caso di accoglimento della domanda cautelare, perché è difficile individuare i parametri e non è chiaro quale sia la funzione di questo strumento.
  Per quanto riguarda le procedure di aggiudicazione dei contratti, io ritengo che, in generale, l'occasione principale per rivedere il sistema sia il recepimento delle direttive europee. In quel contesto, si spera, ci sarà modo di avere un ripensamento complessivo delle procedure.
  In ogni caso, la misura prevista dal decreto legge che riguarda la sanatoria di molte domande irregolari è, a mio avviso, una disposizione molto positiva, in quanto consente di conseguire l'obiettivo dell'interesse pubblico, ovvero di avere molte domande di imprese che siano valutabili nel merito e di non escluderle per vizi formali.
  Un solo ripensamento, forse, potrebbe essere opportuno per quanto riguarda la sanzione prevista nel caso di soccorso istruttorio, come si dice in gergo tecnico, che può essere forse troppo elevata. Quella sanzione ha il senso specifico di incentivare a presentare domande più regolari possibile. Se poi si fa perdere tempo per sanare, si riceve una penalizzazione. Francamente, arrivare a 50.000 euro, però, è un po’ eccessivo.
  Io avrei previsto, invece, una sanzione – questa sì – più pesante per le offerte presentate e dichiarate irregolari e sanabili che l'impresa non è in grado di sanare. Essa viene esclusa, in questo caso, perché ha provato a presentare una domanda di partecipazione a una procedura in relazione a requisiti che non aveva. Avrei, dunque, graduato le sanzioni in questo senso.
  Il terzo punto, che credo verrà ripreso anche dal collega Aldo Travi, riguarda la soppressione di tutte le sedi periferiche dei TAR. Io credo che, in termini generali, sia importante rivedere la geografia giudiziaria secondo criteri di efficienza e di risparmio di risorse. Tuttavia, non può essere confuso il problema delle sedi dei tribunali civili, che è stato già risolto, con quello delle sedi periferiche dei TAR. I numeri – credo che questo sia facilmente accertabile – dimostrano che in alcuni casi di sedi distaccate di TAR i carichi di contenzioso e anche le aree servite sono addirittura superiori a quelli della sede principale, mentre alcuni piccoli TAR, come potrebbero essere quelli di Latina o Parma, effettivamente possono presentare un problema di efficienza e, quindi, di spreco di risorse.
  La sollecitazione, quindi, sarebbe, se possibile, di distinguere caso per caso, sulla base di numeri di carichi pendenti e di costi effettivi e non di introdurre una norma generalizzata che mette insieme casi opportuni e casi inopportuni quanto alla soppressione.
  Infine, sul problema degli onorari dell'Avvocatura di Stato io ritengo – ho anche scritto un articolo che verrà pubblicato sulla Guida al diritto de Il Sole 24 ORE – che sia giusto che anche gli avvocati di Stato concorrano al contenimento della spesa. Questo tipo di riduzione, però, oltre a incidere pesantemente, in molti casi addirittura tra il 30 e il 40 per cento degli attuali compensi, finisce anche per snaturare o cambiare il ruolo sostanziale dell'Avvocatura di Stato, ossia rischia di trasformare gli avvocati in dipendenti che alle 18.30 staccano la penna e se ne vanno.
  L'incentivo economico di avere una compartecipazione sulle cause vinte rende l'Avvocatura di Stato più simile all'Avvocatura del libero foro: c’è un allineamento di interessi personali e di interesse pubblico. Se trasformiamo gli avvocati di Stato in dipendenti come gli altri, determineremo l'effetto di diminuire l'efficienza Pag. 5della difesa dello Stato e avremo probabilmente anche un esodo degli avvocati di Stato più grave, perché in molti casi sono avvocati ad altissima professionalità. Non credo che nel medio e lungo periodo questa sarà un'operazione nell'interesse pubblico.

  ALDO TRAVI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Signor Presidente, la ringrazio per l'onore che mi è stato riservato con questo invito.
  Ci troviamo di fronte a un decreto legge di grande interesse, che affronta in modo nuovo le tematiche dello svecchiamento della pubblica amministrazione.

  PRESIDENTE. Le chiedo se anche lei ha un contributo scritto.

  ALDO TRAVI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Sì, ho presentato un contributo scritto.

  PRESIDENTE. Grazie.

  ALDO TRAVI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il decreto legge contiene una serie di spunti rilevanti. Uno in particolare è stato richiamato dal collega Clarich, ed è quello che concerne la possibilità di sanare profili e vizi di ordine formale nelle offerte degli appalti pubblici.
  Cerchiamo di portare la disciplina degli appalti sul piano del confronto fra i contenuti, fra le offerte dal punto di vista tecnico ed economico, e di non enfatizzare, come è avvenuto in passato, i profili meramente formali. Questo è assolutamente positivo e merita di essere segnalato.
  Mi sembra altrettanto positivo che sia stata segnalata, nelle fasi preparatorie del decreto legge, l'esigenza di affrontare il tema della giustizia amministrativa in modo organico. Ovviamente, questa esigenza richiede sedi che non possono essere quelle di un decreto legge, ma questo è uno dei problemi fondamentali del nostro Paese ed è giusto che sia collocato al centro.
  Le mie considerazioni riguardano essenzialmente quattro profili. Il primo concerne la disciplina introdotta nell'articolo 2, comma 4, del decreto legge per l'impugnazione degli atti del Consiglio superiore della magistratura.
  Viene prevista, in primo luogo, una limitazione dei vizi che possono essere censurati e, in secondo luogo, una riduzione dei poteri del giudice dell'ottemperanza, soprattutto del giudice dell'ottemperanza, rispetto a sentenze esecutive non passate in giudicato.
  Ebbene, al di là di tutte le posizioni dottrinali – rispettabilissime – che possiamo tenere in considerazione, il dato di fondo è inequivocabile e la Corte costituzionale si è espressa più volte su questo tema. Negli ultimi cinquant'anni ci sono state almeno tre sentenze importanti della Corte. La Corte ha sottolineato che il Consiglio superiore della magistratura è un organo a rilevanza costituzionale, ma i suoi sono atti amministrativi sottoposti alla disciplina generale degli atti amministrativi. Di conseguenza, non sono possibili limitazioni nei vizi denunciabili davanti al giudice rispetto a questi atti, perché l'articolo 113 della Costituzione lo vieta.
  Inoltre, non è possibile ridurre la possibilità d'intervento del giudice dell'ottemperanza, perché, come è stato segnalato dalla Corte costituzionale nel 1995, interventi di questo genere costituirebbero dei privilegi e delle immunità incompatibili con i princìpi costituzionali.
  A tal proposito mi permetto di segnalare un'ulteriore circostanza. Nei mesi di aprile e maggio il giudice è intervenuto più volte nei confronti del Consiglio superiore della magistratura in relazione ad atti con cui il Consiglio superiore non dava esecuzione a precedenti sentenze. È stato stigmatizzato più volte il comportamento del CSM rispetto alla sua incapacità o alla sua difficoltà a dare esecuzione a provvedimenti giurisdizionali.
  A me sembra assolutamente inopportuno che, subito dopo questi interventi Pag. 6della magistratura nei confronti del CSM, intervenga un provvedimento legislativo che crea una sorta di immunità giurisdizionale per il CSM, in sostanza smentendo questi interventi della magistratura.
  Io sono molto critico nei confronti della giurisdizione amministrativa. I miei colleghi sanno che io sono fautore di un sistema di giurisdizione unica. Tuttavia, mi sono letto attentamente queste sentenze del giudice amministrativo e mi sembrano tutte ineccepibili. Se il premio deve essere la riduzione dei poteri del giudice del CSM, questa è veramente una brutta lezione.
  Il secondo profilo, che tratterò molto celermente perché è già stato accennato dal professor Clarich, riguarda la soppressione delle sezioni staccate dei TAR. Non mi sembra che valgano i ragionamenti che potevano valere per i «tribunalini», quando è stato rivisto l'assetto della magistratura di primo grado, civile e penale. Valgono delle considerazioni notevolmente diverse. Mi pare che questo punto sia già stato, però, perfettamente messo in luce dal relatore precedente, ragion per cui non interverrei oltre.
  Il terzo profilo riguarda la soppressione della competenza del TAR Lombardia per l'impugnazione degli atti dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Vorrei ricordare che la competenza del TAR Lombardia era stata introdotta in una logica di maggiore funzionalità della giurisdizione amministrativa, onde evitare di concentrare innanzi al TAR Lazio competenze eccessive. Il TAR Lazio attualmente è il tribunale amministrativo con il maggior carico di arretrato nel nostro Paese, insieme al TAR di Napoli.
  Il TAR Lombardia ha svolto un'attività assolutamente encomiabile, dimostrando anche notevole indipendenza nei confronti dell'amministrazione. L'ha dimostrato anche di recente in alcune sue pronunce. Non mi sembra ragionevole che questa competenza venga soppressa.
  Segnalo che il TAR Lazio, oltre ad avere un carico di arretrato pesantissimo, per cui non riuscirebbe certamente ad affrontare questo contenzioso con i ritmi e i tempi con i quali è stato affrontato dal TAR Lombardia, ha una sezione che segue particolarmente il contenzioso per l'energia che attualmente versa in profonda crisi. Quella è, infatti, la sezione che deve affrontare anche tutti i ricorsi contro gli atti del gestore dei servizi energetici sulle agevolazioni in materia di energie rinnovabili.
  L'ultimo profilo che desidero segnalare riguarda l'articolo 50, comma 2, ossia la formazione dei magistrati. Mi sembra un aspetto molto importante. La formazione dei magistrati, in base alla legge di riforma sull'accesso alla magistratura, era demandata alle università e l'accesso al concorso era riservato agli avvocati e a chi avesse già conseguito un diploma di una scuola universitaria, la Scuola per le professioni legali, anche per favorire una formazione comune. Il diploma della Scuola per le professioni legali costituisce anche titolo per l'accesso all'avvocatura e al notariato. Si trattava, quindi, di una formazione comune di tutte le professioni legali, magistratura, avvocatura e notariato.
  L'articolo 50, comma 2, ripropone una disposizione che era già contenuta nel decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, che il Parlamento si era rifiutato di convertire. La legge di conversione 9 agosto 2013, n. 98 non aveva riprodotto questa disposizione, perché con un voto del Senato era stato approvato un emendamento che negava la conversione di questa previsione.
  A meno di un anno viene riproposta una previsione che il Parlamento si era rifiutato di convertire e che assegna ai laureati che abbiano svolto un'attività di collaborazione con i giudici per diciotto mesi il diritto di accedere al concorso di magistratura. A questa stregua non c’è possibilità di confronto con l'attività che viene richiesta ai laureati presso la Scuola per le professioni legali: attività di studio, attività di tirocinio, con esami che devono essere sostenuti e che devono essere superati per ottenere il diploma.
  Non è, però, soltanto la previsione di una disposizione che era già stata non convertita dal Parlamento con un voto puntuale che finisce con il danneggiare le Scuole per le professioni legali e l'università. Il problema è sostanziale, in quanto Pag. 7la formazione degli aspiranti alla magistratura non deve essere assegnata ai magistrati. Non possiamo immaginare una magistratura in cui i candidati del concorso siano formati dai magistrati.
  La formazione dei magistrati, dopo l'esito del concorso, deve essere assegnata alla magistratura, ma non è corretto e ragionevole che la magistratura prepari anche i candidati al concorso, e questo per un motivo molto semplice: diventa tutta una vicenda autoreferenziale. Noi abbiamo bisogno di superare nel nostro Paese l'autoreferenzialità della magistratura, che rappresenta uno dei problemi effettivi e più gravi dell'ordine giudiziario.
  Dobbiamo assicurare, quindi, che ci siano candidati preparati, ma anche che la loro preparazione sia di tipo generale. In tal senso, è ragionevole conservare il regime precedente, che riservava questa competenza alle università.

  PIERLUIGI PORTALURI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università del Salento. Ringrazio il presidente e tutta la Commissione dell'invito, che molto mi onora.
  Io vorrei toccare tre punti e vorrei seguire l'ordine dell'articolato, sia del decreto legge n. 90, sia del disegno di legge di conversione. Partirei innanzitutto con l'articolo 18, un tema che sta molto a cuore e che riguarda la soppressione delle sedi staccate.

  PRESIDENTE. Mi scusi, ci ha portato un contributo scritto ?

  PIERLUIGI PORTALURI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università del Salento. Mi riservo successivamente, ma in tempi molto rapidi, di trasmetterlo alla Presidenza.
  Come dicevo, la soppressione delle sedi staccate è un intervento che potremmo definire, con un gergo, purtroppo, non italiano, ma anglosassone, law's loss, ovvero non c’è alcun profilo che possa venire avvantaggiato da un intervento del genere. Noi abbiamo cercato di capire quali potessero essere i lati positivi e io vorrei partire da quello meno commendevole, vale a dire da quello finanziario.
  Mi perdonerete se faccio alcuni esempi a me più familiari, come quello del TAR di Lecce, nel quale mi onoro di operare. È un TAR che costa pochissime migliaia di euro all'anno, ma che produce contributi unificati, i quali sono, peraltro, il segno della domanda di giustizia che i cittadini formulano in modo accorato a quella sezione, di oltre un milione di euro l'anno.
  C’è anche un altro aspetto che deve essere considerato. Potrei sottolineare che la mole di contenzioso che il TAR riesce a disimpegnare è maggiore di quello del TAR al quale dovrebbe essere accorpato. Non è un caso se il Servizio studi nel dossier che abbiamo potuto leggere, pone degli interrogativi non secondari, chiedendosi come si potrebbe riuscire ad accorpare da parte della sede del capoluogo regionale una sede locale che ha un ingente contenzioso, tanto che – ecco il punto fondamentale, a mio avviso – al suo interno è articolata in tre sezioni. Molti TAR, infatti, hanno al loro interno più sezioni, il che garantisce una particolare specializzazione.
  Pertanto, ove mai – penso che, dal punto di vista giuridico, questa sia una posizione subordinata – non dovesse essere possibile modificare con un emendamento ad hoc la norma dell'articolo 18 che prevede la soppressione indiscriminata (mai participio passato fu, a mio sommesso avviso, più giusto) di tutte e otto le sezioni staccate, dovrebbero almeno essere salvati quei TAR che hanno dimostrato di venire incontro a una domanda di giustizia talmente pressante da essere al loro interno articolati in più sezioni.
  La plurisezionalità interna è un indice importante. È un indice di specializzazione, è un indice di tempestività nella risposta alla domanda di giustizia, è un indice di virtuosità, ma soprattutto è un indice di una domanda che non deve essere sottaciuta. Sopprimere indiscriminatamente i TAR nelle loro sezioni staccate significherebbe abbassare o far decadere il livello del presidio di legalità che ogni TAR ha dimostrato di poter garantire.

Pag. 8

  PRESIDENTE. Professore, la pregherei di passare agli altri punti.

  PIERLUIGI PORTALURI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università del Salento. Senz'altro, presidente.
  Vengo all'articolo 23, quello relativo alle città metropolitane. So benissimo, perché ho seguito il dibattito e sono stato onorato dell'invito del Presidente Sisto anche nell'occasione della discussione sul disegno di legge n. 1452. Noi abbiamo conosciuto, nonostante proprio la Camera avesse prodotto un testo approvato con un emendamento importante, la legge n. 56 come una sorta – perdonatemi la terminologia – di unicum in tutta Europa.
  L'Italia è l'unico Paese che si sta dotando di città metropolitane che non hanno nulla di metropolitano dal punto di vista giuridico e geopolitico. Sono le vecchie nove province beneficiate da questa identificazione, con un'etichetta che è mutata da provincia a città metropolitana.
  Dal punto di vista giuridico io mi chiedo, anche in ossequio a importanti dubbi di costituzionalità – non credo che rientri nella legislazione statale istituire città metropolitane – se non sia opportuno aprire e utilizzare la finestra di opportunità dell'articolo 23 per ristabilire quello che proprio questo ramo del Parlamento aveva previsto e che in tutta Europa è previsto, ossia che siano le popolazioni dal basso, con leggi regionali, a istituire la città metropolitane.
  Probabilmente la competenza ad oggi, ex articolo 117 della Costituzione, è regionale, come competenza esclusiva, tacendo dell'articolo 117, secondo comma, sulla possibilità ex lege di poter istituire con norma statale queste figure soggettive, città metropolitane, ovvero – diciamolo senza ipocrisie – aggregazioni provinciali che trovano strutture e infrastrutture preesistenti sufficienti a riconoscere, dal punto di vista sia identitario, sia socioeconomico, ragioni per associarsi in città metropolitane.
  Tratto un ultimo punto e ho finito. Cambio completamente scenario e vengo alle norme che regolano il processo amministrativo, di cui hanno già parlato in maniera insuperabile i colleghi Travi e Clarich. Vorrei soltanto far presente un aspetto.
  Nel decreto legge nasce una nuova figura di sentenza, fondata su ragioni manifeste. Queste ragioni manifeste consentirebbero al giudice di adottare misure particolarmente punitive nei confronti della parte soccombente.
  Il mio non è solo un intervento di drafting, ma anche un intervento sostanziale: cosa sono queste sentenze fondate su ragioni manifeste ? Il pendant di altre sentenze che sono fondate su ragioni occulte, su ragioni recondite ?
  Se il riferimento è all'articolo 74 del Codice del processo amministrativo, il cui contenuto tutti conosciamo, penso che sia preferibile, e mi ricollego a quello che diceva il professor Travi sull'autoreferenzialità di alcuni aspetti della funzione giurisdizionale, intervenire su quella norma e non parlare più di ragioni manifeste, bensì precisare e limitare quali siano i casi in cui il giudice può adottare provvedimenti così gravi nei confronti della parte che è risultata soccombente.

  PRESIDENTE. La ringrazio, professore.
  Prima di dare la parola ai colleghi che desiderano porre quesiti, ne pongo io qualcuno, se non vi dispiace.
  Poiché si tratta di profili di interesse – il professor Clarich ha parlato dell'articolo 39, ovvero della sanabilità di taluni criteri riferiti alla partecipazione alle gare di appalto – questa è una norma che dovrebbe avere un'efficacia deflattiva. C’è tutta una giurisprudenza che ha sancito che nelle microdecisioni delle varie amministrazioni si annidano pericoli di rallentamento delle gare.
  Ebbene, non è che con una sanatoria della mancanza, dell'incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale delle dichiarazioni si può violare una par condicio nei confronti di coloro che, invece, sono stati perfettamente adempienti ? Non è che il provvedimento della pubblica amministrazione di riammissione del «concorrente Pag. 9monello» con pagamento di una sanzione diventi, a sua volta, perché impugnabile anche dagli altri concorrenti, un ulteriore motivo di appesantimento della procedura ? In sostanza, se io non deposito un documento o ne deposito uno incompleto, vengo chiamato per sanare, sano male o sano bene, sano tempestivamente o quasi tempestivamente. Il mio concorrente che, invece è stato ammesso, ha tutto l'interesse a impugnare questo provvedimento e, quindi, a insistere perché non vi sia sanabilità con l'esclusione. Anziché raggiungere l'obiettivo di semplificare, questo potrebbe diventare un modo per complicare ulteriormente il percorso, che noi tutti vogliamo essere molto spedito per le procedure di appalto.
  Aggiungo un'ultima considerazione sull'articolo 39. Mi domando se indicare gli elementi essenziali la cui mancanza comporta l'esclusione, e indicarli puntualmente, possa essere un rimedio. Chi dovesse impugnare eventualmente l'esclusione per mancanza di un elemento essenziale deve andare incontro all'impossibilità di sospendere la procedura della gara di appalto, se viene escluso per mancanza di elementi essenziali, e soprattutto è tenuto al versamento di un diritto di segreteria particolarmente oneroso. Mi domando, cioè, se l'indicazione a monte degli elementi essenziali la cui mancanza comporta l'esclusione possa essere un rimedio «più economico» dal punto di vista della non moltiplicazione dei provvedimenti amministrativi impugnabili – i quali possono, quindi, secondo le regole ordinarie, paralizzare – e possa essere un modo, oltre alla sanabilità, che mi sembra sempre un nuovo provvedimento dell'amministrazione, per risolvere tutte le querelle giurisprudenziali che questa norma tenderebbe a risolvere.
  Questa è la prima domanda.
  Sulla cauzione sono perfettamente d'accordo, sulle sedi dei TAR e anche sull'Avvocatura abbiamo ascoltato gli interventi dei nostri ospiti. Vorrei un chiarimento sul problema che affronta il professor Travi nel suo scritto, ma che ha affrontato anche qui: il problema dei laureati che, dopo diciotto mesi di partecipazione all'ufficio del processo, sarebbero legittimati a partecipare al concorso di magistratura.
  Da un punto di vista di equilibrio costituzionale, vorrei chiedere se questa innovazione, qualora fosse portata a ventiquattro mesi, potrebbe consentire il ritorno ai ventiquattro mesi fra scuola e ufficio del processo. Poiché la scuola dura ventiquattro mesi, se i diciotto mesi diventassero ventiquattro, vorrei sapere se questo potrebbe essere un modo per evitare lo squilibrio che c’è fra i laureati che partecipano all'ufficio del processo e coloro che, invece, partecipano alle scuole di formazione.
  Sulle città metropolitane abbiamo ascoltato. Sulle ragioni manifeste non si può che essere d'accordo.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  RENATO BALDUZZI. Grazie, presidente. Delle tante osservazioni interessanti che abbiamo ascoltato quella che mi ha colpito di più è quella relativa all'articolo 2 e alla sottolineatura da parte del professor Travi sui profili di legittimità costituzionale della previsione relativa alla limitazione ad alcuni mezzi di impugnazione dei provvedimenti concernenti il conferimento o la conferma degli incarichi direttivi o semidirettivi per quanto riguarda il Consiglio superiore della magistratura, oltre che per il profilo dell'azione di ottemperanza.
  È difficile non prendere in considerazione questo argomento, perché il primo e il secondo comma dell'articolo 113 della Costituzione sono espressi in modo particolarmente forte e determinato, per così dire. Volevo chiedere, quindi, se su questo punto anche gli altri due nostri auditi, a questo punto – erano audendi prima di entrare, adesso sono stati già auditi – condividono questa sottolineatura del professor Travi.

  PRESIDENTE. Inviterei i nostri esperti a svolgere tre minuti di replica per uno. Dovrò essere piuttosto severo sui tempi. Mi Pag. 10perdonerete. Invertirei l'ordine e partirei dal professor Portaluri.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  PIERLUIGI PORTALURI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università del Salento. Sono assolutamente d'accordo: questo è un vero e proprio vulnus alla sfera di sindacabilità dei provvedimenti amministrativi. Non ce n’è ragione. Peraltro, una cosa va sottolineata: se di abuso si può parlare...

  PRESIDENTE. Si sta riferendo all'ultimo intervento del professor Balduzzi, immagino.

  PIERLUIGI PORTALURI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università del Salento. Certo, sto rispondendo alla sua sollecitazione. Abbiamo una seconda nuova figura di cui probabilmente non si avvertiva il bisogno, quella dell'eccesso di potere manifesto. Abbiamo, quindi, sentenze fondate su ragioni manifeste e su un eccesso di potere manifesto.
  Che cos’è questo eccesso di potere manifesto e come si distingue dall'eccesso di potere non manifesto ? Questa terminologia non solo è assolutamente atecnica, ma è anche foriera di un nuovo contenzioso e di nuovi sforzi dottrinali e giurisprudenziali dei quali non si sente assolutamente la necessità. Pertanto, non posso che condividere assolutamente quello che diceva il professor Travi. Io credo che sia una norma, oltre che di molto dubbia costituzionalità, che non deve assolutamente essere presa in considerazione.

  PRESIDENTE. Con una battuta in giuridichese, potremmo dire una «norma manifesto».
  Do la parola al professor Travi.

  ALDO TRAVI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Grazie, signor presidente.
  Per quanto riguarda l'articolo 39, il potere di soccorso, naturalmente non posso nascondere che gli atti che l'amministrazione adotta nell'esercizio del potere di soccorso sono atti impugnabili e che, quindi, possono dare origine essi stessi a un contenzioso. Vale la regola generale stabilita dall'articolo 113 della Costituzione che abbiamo appena ricordato.
  La logica dovrebbe essere un'altra, non tanto quella di intervenire sugli atti impugnabili, quanto quella di assicurare che i vizi formali non siano più un elemento decisivo per l'assegnazione di una gara d'appalto. Vorrei ricordare che, in base alla normativa comunitaria, il potere di soccorso ha delle caratteristiche molto simili a quelle previste dall'articolo 39. È il legislatore italiano che ha attuato la normativa comunitaria sul potere di soccorso riducendone moltissimo la portata.
  Si potrà poi discutere sull'esatta definizione di alcune previsioni, ma, tanto per fare un esempio, viene considerato attualmente dalla giurisprudenza come elemento essenziale che determina l'esclusione dalla gara d'appalto il fatto di aver presentato determinati documenti senza allegare la fotocopia della carta di identità. Magari ci troviamo di fronte a un'offerta splendida dal punto di vista del contenuto.

  PRESIDENTE. Il punto era stabilire prima che cosa fosse essenziale o meno. Se si dice prima che la fotocopia non è mai essenziale, questo problema non c’è.

  ALDO TRAVI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. È esatto, signor presidente. Nello stesso tempo, mi permetto di ricordare che già nel decreto sviluppo era stato stabilito il principio della tassatività dei casi di esclusione. C’è stata tutta un'elaborazione successiva per arrivare a questo. La tassatività è un elemento importante e positivo, ma spesso rimane comunque uno spazio per un'interpretazione. Io penso che i due elementi possano convivere.

  PRESIDENTE. Se lei nelle sue note scritte volesse aggiungere una riflessione su questo punto, la Commissione gliene sarebbe molto grata.

Pag. 11

  ALDO TRAVI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Non mancherò.

  PRESIDENTE. Gliene saremmo grati, perché è un punto di discussione delicata.

  ALDO TRAVI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Per quanto riguarda i laureati, certamente portare a ventiquattro mesi l'attività presso l'ufficio del processo riduce dei profili di discriminazione evidente. Mi permetto, però, di ricordare che oggi l'ordinamento delle scuole per le professioni legali in tutta Italia è ormai uniforme. Abbiamo in media una dozzina di prove scritte infra-annuali e degli esami a conclusione del primo e del secondo anno per arrivare a un diploma. Tutto questo avrebbe come equivalenza un'attività di collaborazione con un magistrato. Io mi permetto di non ricordare che cosa comporta l'attività di collaborazione di un magistrato in uffici giudiziari in cui spesso mancano il cancelliere e l'addetto per le fotocopie.
  A me sembra che con questo sistema non si risolva un problema, che è quello di avere laureati preparati per il concorso di magistratura, ma soprattutto che si finisca col demandare alla magistratura la scelta di chi sarà in futuro ammesso al concorso di magistratura. Diventa un canale autoreferenziale.

  PRESIDENTE. Speriamo che questo non comporti l'abolizione delle scuole per la magistratura.

  ALDO TRAVI, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Presidente, le scuole per la magistratura sono per chi ha superato il concorso. Questo è fuori discussione.

  PRESIDENTE. Parlavo delle scuole propedeutiche alla partecipazione, delle scuole per avvocati e magistrati.
  Do la parola al professor Clarich.

  MARCELLO CLARICH, Professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università «LUISS» di Roma. Invertirei anch'io l'ordine, se possibile.
  Per rispondere molto rapidamente alla prima domanda, condivido l'opinione del professor Travi e del collega Portaluri. È una posizione che individua un regime speciale di impugnabilità e di effettività della tutela degli atti del Consiglio superiore, perché si tratta di atti amministrativi, discrezionali, che devono essere sottoposti al medesimo regime di tutti gli atti amministrativi. Non vedo ragioni né costituzionali, né di opportunità per differenziarli. Anzi, si dà un brutto segnale, perché si considerano un po’ speciali gli atti dei magistrati relativi agli incarichi, che sono atti amministrativi.
  Quanto alla domanda relativa all'articolo 39, io non sarei preoccupato della par condicio, perché qui si crea una par condicio alla rovescia: tutte le imprese sanno che, se, per sfortuna o per l'errore dell'ultima segretaria, presentano una domanda irregolare, c’è la possibilità di sanatoria.
  Peraltro, questa è una disposizione presente anche in altri ordinamenti. Non è una novità italiana. C’è, per esempio, in Francia. La par condicio va, quindi, interpretata non più come un favore fatto a qualcuno, ma come una possibilità che tutti hanno per sanare degli errori.
  Sulla tassatività condivido l'opinione del professor Travi che non si può impedire l'impugnazione di atti di ammissione a una procedura. Al limite, come qualcuno suggeriva, fissiamo un termine brevissimo perché chi vuole impugnare questi atti lo faccia subito, in modo tale che si sgombri il campo una volta per tutte. Probabilmente sugli atti di ammissione non c’è un incentivo a farlo subito, se non si sa che si vince la gara.
  È la stessa cosa che accade per le elezioni, alla fine. Il modello elettorale va proprio in quella direzione, ossia di risolvere subito i problemi di chi può concorrere, in modo tale da evitare che poi altri si presentino successivamente.
  Sulla tassatività personalmente credo sia impossibile individuare tutti i casi Pag. 12immaginabili, anche perché, francamente, qui l'essenzialità viene molto sminuita. Se qualcosa non è essenziale, non occorre il soccorso istruttorio. Se è essenziale, si può sanare. Si riduce, quindi, a mio avviso, l'ambito di rilevanza del problema.

  PRESIDENTE. Ringraziamo i nostri esperti. Il loro è stato un contributo indubbiamente assai interessante e utile. Attendiamo i contributi scritti. È facoltà per il professor Travi di integrare il suo, se lo ritiene opportuno. Grazie.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti dell'Autorità di regolazione dei trasporti e dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva relativa all'esame del disegno di legge C. 2486 Governo di conversione in legge del decreto legge n. 90 del 2014 recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, l'audizione di rappresentanti dell'Autorità di regolazione dei trasporti e dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico.
  Per l'Autorità di regolazione dei trasporti sono presenti il Presidente Camanzi e Mario Valducci. Sono presenti anche il Capo di Gabinetto Assunta Luisa Perrotti, e il responsabile comunicazione e stampa Sergio Bruno.
  Per l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico sono presenti il Presidente Guido Bortoni, Luigi Carbone e Cecilia Gatti, direttore della Direzione relazioni esterne e istituzionali.
  Do la parola al Presidente Camanzi per il suo intervento, ma prima chiedo una piccola precisazione metodologica: avete preparato un contributo scritto da consegnare alla Presidenza ?

  ANDREA CAMANZI, Presidente dell'Autorità di regolazione dei trasporti. Sì.

  PRESIDENTE. Grazie. Devo pregarla di contenere il suo intervento in tempi «paraeuropei», vale a dire vicini ai tempi europei.

  ANDREA CAMANZI, Presidente dell'Autorità di regolazione dei trasporti. Farò del mio meglio, presidente. Grazie per averci ricevuto.
  Ovviamente, la parte sulla quale mi intratterrò è l'articolo 22 del provvedimento, che riguarda in modo particolare la razionalizzazione delle Autorità indipendenti. I profili sui quali noi vogliamo attirare la vostra attenzione sono due.
  Il primo riguarda la valutazione dell'impatto del provvedimento sull'autonomia organizzativa e funzionale dell'Autorità e delle Autorità indipendenti in senso generale. Come sapete, è un profilo tutelato, per quanto riguarda noi, dall'articolo 2 della legge n. 481 del 1995. I provvedimenti che stiamo valutando incidono, a nostro modo di vedere, in modo significativo sull'autonomia organizzativa e gestionale dell'Autorità stessa, imponendo limitazioni in materia di reclutamento del personale, di gestione dei servizi strumentali e di soluzione logistica, ossia per quanto riguarda la sede dell'Autorità.
  Il secondo profilo è quello della riduzione degli oneri a carico delle imprese per il finanziamento delle Autorità indipendenti, o della spesa pubblica, laddove le Autorità beneficino di un finanziamento pubblico, ormai del tutto residuale. Per quanto riguarda l'Autorità dei trasporti, questo non è il caso.
  Sul principio dell'autonomia che, ovviamente, è un principio fondante dell'Autorità lascio a voi ogni valutazione. Credo che voi siate meglio attrezzati di quanto non lo siamo noi. Confidiamo che il Parlamento si faccia garante della difesa di questo principio dell'autonomia e dell'indipendenza delle Autorità.
  Nell'ipotesi in cui il primo rilievo che mi sono permesso di sollevare non avesse alcun accoglimento, sul secondo aspetto, quello della parte finanziaria, noi vorremmo ricordare che l'Autorità, costituitasi nel 2013 a settembre, è operativa da gennaio Pag. 132014. Siamo operativi da appena cinque mesi, quindi, siamo nella nostra fase iniziale di operatività. È una situazione peculiare rispetto a quella delle altre Autorità indipendenti, che esistono da più di dieci anni e, in alcuni casi, anche da venti.
  A noi sembra che il Governo, ai commi 5 e 6 dell'articolo 22, l'unico articolo, ripeto, che prendo in considerazione, indichi l'entità delle riduzioni percentuali per due tipologie di spesa: una riduzione del 20 per cento per il trattamento economico accessorio del personale dipendente e una riduzione non inferiore al 50 per cento rispetto alle spese sostenute nel 2013 per incarichi di consulenza, studi e via elencando.
  Noi riteniamo che questo debba essere l'approccio che si può applicare anche ad altre categorie di spese, come quelle inserite ai commi 7 e 8. In particolare, noi suggeriamo che occorrerebbe prevedere – questo è il primo suggerimento che forniamo – non già l'obbligatorietà di gestire in modo unitario i servizi strumentali mediante la stipula di apposite convenzioni, quanto piuttosto che si dovrebbe imporre o indicare un obiettivo di riduzione dei costi rispetto a quelli del 2013, per esempio, del 10 per cento. Questo consentirebbe di salvare l'indipendenza e l'autonomia organizzativa e anche di avere certezza sul risparmio che il decreto si prefigge di raggiungere. Mi riferisco a una certezza ex ante predefinita e non ex post, come nella relazione tecnica di accompagnamento a questi commi viene riconosciuto.
  Il comma 9 impone una sede comune delle Autorità. Il problema del costo delle sedi, a nostro modo di vedere, è già stato risolto dal Parlamento in modo efficace, tenendo conto che nel 2013, quando il Parlamento ha disposto che la sede dell'Autorità dei trasporti dovesse essere a Torino, in un immobile di proprietà pubblica, questo ha consentito evidenti risparmi. Se noi estendessimo a tutte le Autorità l'obbligo di avere una sede in un immobile di proprietà pubblica, si otterrebbe un risparmio notevole rispetti ai costi di locazione sopportati oggi.
  Beninteso, nell'eseguire quest'obbligo bisogna prevedere un lasso di tempo adeguato. Si potrebbe immaginare, per esempio, di imporre semplicemente l'obbligo della proprietà pubblica dell'immobile e poi lasciare un paio d'anni (fino al dicembre 2016) per l'esecuzione.
  In alternativa, invece, di imporre una sede unica congiunta delle Autorità, si potrebbe prevedere l'indicazione di un obiettivo di risparmio, per esempio il 10 per cento o una cifra da indicare sulla base dei canoni attuali.
  In tutta questa materia io attiro la vostra attenzione su un ulteriore argomento. Qualora si pensasse a un rinvio delle decisioni sui seguenti punti, cioè, per esempio, a uno stralcio a un disegno di legge successivo o un atto normativo successivo, per noi questo sarebbe pregiudizievole, dal momento che la nostra Autorità è nella fase iniziale. Noi abbiamo personale selezionato che non ha ancora preso servizio e che sta prendendo servizio e che, ovviamente, davanti all'incertezza della sede, non prende servizio e resta nelle Amministrazioni di provenienza. Abbiamo selezioni in corso, che noi abbiamo fatto per la sede di Torino, di personale che, pendenti la questione della sede o le altre cose che ho detto, rischierebbe di non entrare in servizio.
  Da questo punto di vista, il comma 4, che ha ad oggetto le procedure concorsuali per il reclutamento del personale, qualora fosse mantenuto, rallenterebbe enormemente il completamento della nostra pianta organica. Questo per noi sarebbe un po’ come il gioco dell'oca. Si tratterebbe di ritornare alla casella iniziale e di stare fermi un giro.
  L'obbligo di fare procedure concorsuali congiunte, inoltre, comprometterebbe la capacità dell'Autorità di reclutare personale con competenze tecniche e professionali specifiche idonee allo svolgimento dei compiti da noi affidati.

  PRESIDENTE. Presidente, scusi se interrompo la sua relazione. Se ci potesse sintetizzare i punti salienti, gliene saremmo grati.

Pag. 14

  ANDREA CAMANZI, Presidente dell'Autorità di regolazione dei trasporti. È quello che ho fatto.

  PRESIDENTE. Posso concederle, purtroppo, solo pochi minuti ancora.

  ANDREA CAMANZI, Presidente dell'Autorità di regolazione dei trasporti. Riassumendo e lasciando la memoria, noi siamo del parere che, in prima battuta, dovrebbe essere valutato l'impatto di questa norma sul principio di indipendenza, di autonomia e di organizzazione – indipendenza funzionale, amministrativa e via discorrendo – che sono un valore che va tutelato.
  Come secondo punto, nell'ipotesi in cui questo non fosse valutato, proponiamo di indicare gli obiettivi di risparmio, ma di lasciare all'Autorità la scelta del modo con cui raggiungerli.
  Come terzo punto, proponiamo che non ci siano norme di rinvio ad altri atti successivi, mantenendo incerta la struttura e la sede dell'Autorità, perché questo avrebbe un effetto insopportabile per la piena entrata a regime della nostra Autorità, come, d'altra parte, la Commissione europea, nella raccomandazione sul PNR 2014, ha indicato.
  Grazie, presidente.

  GUIDO BORTONI, Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico. Signor presidente, gentili onorevoli, innanzitutto ringrazio, anche a nome dei miei colleghi e di tutto il personale dell'Autorità, la I Commissione della Camera per aver voluto invitare in audizione la nostra Autorità in merito al disegno di legge di conversione del decreto legge n. 90. Anche noi ci soffermiamo solo sull'articolo 22. Lasciamo una memoria e siamo disponibili a tutti i chiarimenti che vorrete rivolgerci.
  Innanzitutto vogliamo fare una breve premessa. Noi prendiamo atto che il decreto legge n. 90, accanto a un disegno generale di riforma della pubblica amministrazione, ha ritenuto di considerare anche interventi di razionalizzazione delle Autorità amministrative indipendenti esterne alla pubblica amministrazione, ciò anche a fronte di un contesto normativo che si è stratificato nel tempo in modo non sempre coerente.
  Ci pare ragionevole l'esigenza di superare queste sovrapposizioni, ma ci pare anche l'opportunità giusta per esplicitare e declinare la distinzione tra Autorità di garanzia, di regolazione e di vigilanza.
  Comprendiamo lo sforzo di razionalizzazione sotteso all'intervento legislativo in questione e volto a definire il più possibile – vedremo che ci sono degli spazi per farlo, almeno sui servizi amministrativi e di supporto – un insieme di regole comuni alle tre fattispecie di Autorità che ho appena citato.
  Tuttavia, risulta opportuno che le Autorità possano declinare meglio, in ragione della richiamata distinzione tra Autorità di garanzia, regolazione e vigilanza e, più in particolare – questo è importante – della diversità delle specifiche funzioni a ciascuna di esse attribuite, diversità ormai radicate e conclamate nelle distinte discipline settoriali, che per alcune Autorità, come la nostra, hanno anche una matrice e una radice europee.
  Ciò premesso, vanno rappresentate alcune preoccupazioni che talune specifiche disposizioni del suddetto articolo pongono in ordine alla continuità e alla funzionalità dell'azione di questa Autorità. Le preoccupazioni riguardano, da un lato, la tenuta dell'altissima specializzazione connessa alla funzione di regolazione e, dall'altro, la caratteristica dell'Autorità in considerazione delle specificità dei settori regolati, nel nostro caso energia e idrico, che hanno particolare delicatezza e rilevanza nell'economia del Paese.
  I nostri punti di preoccupazione sono tre. Il primo riguarda la sede dell'Autorità. È già stato descritto che l'articolo 22, comma 9, prevede l'identificazione di una sede comune a diverse Autorità e Commissioni, tra cui la nostra. Tale previsione – quella del comma 9 – se letta unitamente ai successivi commi 10 e 12, su cui non mi addentro, induce a ritenere che gli uffici di tutte le Autorità di regolazione (a noi interessano Pag. 15queste) potrebbero essere trasferiti nella città di Roma, considerato che nella Capitale hanno già la propria sede principale alcune Autorità indipendenti.
  Come è noto – andiamo al nostro caso – quest'Autorità fin dal 1997 (noi abbiamo quasi diciassette anni di vita istituzionale) ha la sua sede istituzionale, legale e soprattutto operativa, la cosiddetta «struttura», nella città di Milano, dove lavora oltre l'80 per cento del nostro personale tecnico dipendente a elevata qualificazione e specializzazione. In Roma abbiamo un solo ufficio, in cui sono concentrate principalmente le sole funzioni relazionali e di comunicazioni.
  Questo trasferimento d'ufficio avrebbe due effetti preoccupanti per noi, di cui uno in termini funzionali: trasferire di oltre 500 chilometri il personale tecnico dell'Autorità avrebbe una difficile sostenibilità dal punto di vista economico, ma anche sociale, perché sradicheremmo risorse dal territorio lombardo, ove si è sviluppato il vero mercato del lavoro nei settori di nostra competenza. Purtroppo, noi siamo dei monopolisti, siamo dei regolatori e non abbiamo concorrenze. Dobbiamo trarre risorse dal territorio che tradizionalmente ce le offre.
  Il trasferimento avrebbe, quindi, il conseguente alto rischio di depauperare l'Autorità di risorse umane altamente specializzate selezionate attraverso pubblici concorsi e con quelle qualificate esperienze formatesi – come vi dicevo – in-house, vale a dire consolidatesi negli anni alle dipendenze della stessa Istituzione. Ciò non sarebbe solo a detrimento della nostra struttura, ma anche a scapito dei settori regolati. Noi riteniamo che un depauperamento tecnico della struttura dell'Autorità farebbe venir meno la condizione necessaria, ossia la competenza per l'esercizio dell'indipendenza, che è un aspetto caratterizzante delle Autorità.
  In termini di costi, lo spostamento degli uffici dell'Autorità di regolazione comporterebbe oneri finanziari rilevanti a fronte di un mancato risparmio per la collettività. Peraltro, noi sottolineiamo, come ha fatto anche prima il Presidente Camanzi, che non sopravviviamo attraverso un'imposizione fiscale, né siamo a carico del bilancio dello Stato, ma abbiamo un contributo versato dagli operatori dei settori regolati. Svolgiamo, quindi, un vero e proprio servizio di regolazione remunerato dagli operatori regolati.
  In termini di proposte – vogliamo terminare le nostre singole preoccupazioni con delle proposte operative – l'Autorità ha già avviato iniziative per aderire alla prevista razionalizzazione e ai sacrifici imposti dalla contingenza economica individuando in Milano una diversa collocazione dei nostri uffici che ci darebbe un risparmio, in termini solo di canoni di locazione, del 20-30 per cento.
  In tal modo potremmo, permanendo in Milano con la struttura, continuare a lavorare con la Consob, con cui condividiamo già oggi importanti funzioni di controllo, per esempio sui mercati finanziari dell'energia, in funzione da qualche anno, e di monitoraggio del Regolamento per l’insider trading e per la market manipulation nell'energia, il cosiddetto Regolamento europeo REMIT.
  Vi è di più. L'Autorità intende anche realizzare uno sforzo per razionalizzare gli uffici di Roma concentrandoli e attivando un risparmio. In termini quantitativi, che penso siano interessanti, presidente, in ragione delle iniziative che ho appena citato di quest'Autorità, si verrebbe a determinare una riduzione del costo degli immobili in uso all'Autorità stessa stimabile in 1,4 milioni di euro l'anno, più di un terzo dei costi attuali di locazione di Milano e Roma. L'attuazione tout-court dello spostamento d'ufficio, al comma 9, determinerebbe, invece, un incremento di costi correlati al trasferimento della nostra struttura che noi stimiamo conservativamente – potrebbe anche essere di più – su più anni in 10 milioni di euro.
  Come ha detto anche il Presidente Camanzi, se ci vengono fissati degli obiettivi, le modalità che noi possiamo individuare in autonomia organizzativa possono anche sortire risultati superiori in termini di spending review.Pag. 16
  Passo velocemente al secondo punto, ossia le procedure di reclutamento del personale dell'Autorità. La previsione di procedure concorsuali unificate per il reclutamento del personale di ruolo delle Autorità indipendenti non sembra andare nella direzione della selezione in base alla maggior professionalità e competenza per il nostro settore di riferimento. Un concorso unico sembrerebbe utile, al più, per la selezione di profili generici o generalisti, con tutto il rispetto del caso, quali servizi comuni e servizi amministrativi, di personale non specializzato. Ciò comporterebbe una necessità di affiancamento per arrivare alla sua specializzazione, con aggravi di spesa, ma soprattutto con un degrado della tempestività dell'azione amministrativa.
  Anche in questo caso la nostra proposta è quella di dotarsi di linee guida, che potrebbero essere utilmente indicate dalla legge e poi emanate, all'interno delle quali la singola Autorità indipendente potrebbe muoversi per bandire i propri concorsi in un ambito di autonomia organizzativa.
  L'ultimo punto riguarda l'incompatibilità. L'articolo 22 prevede anche un'incompatibilità prevista per i dirigenti a tempo indeterminato e per i componenti dei Collegi delle Autorità di regolazione. Questa norma è diversa e discriminante rispetto alla disciplina prevista per le altre Autorità indipendenti. Per i regolatori è una norma rafforzata. Trattasi di avere il divieto, per quattro anni successivi alla cessazione dell'attività, di intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di ogni tipo con le imprese operanti nel settore di competenza. Questo divieto, nel caso sia violato, viene sanzionato in maniera significativa.
  Questo regime di incompatibilità, questo divieto post-mandato porterebbe – il che è molto intuitivo – per un lungo periodo di ben quattro anni per i dirigenti e per i vertici, unitamente al giusto regime delle incompatibilità durante il servizio, che è rafforzato rispetto al resto della pubblica amministrazione, a una notevolissima decrescita del grado di interesse delle posizioni offerte presso la nostra Autorità, la cui riconosciuta qualificazione e competenza dei dipendenti consente oggi di svolgere efficacemente il ruolo di presidio di settori, come ho già detto, particolarmente delicati dell'economia.
  Anche qui, passo alla proposta. Alla luce di quanto evidenziato, si ritiene che quanto previsto dal comma 3 in regime di incompatibilità possa essere significativamente ridotto. Un periodo congruo potrebbe risultare quello di due anni per il post-mandato di vertici e dirigenti, limite già previsto nella legge sul conflitto di interesse. Anzi, noi proponiamo il doppio rispetto ai divieti post-carica posti dalla legge generale sul conflitto di interesse. Noi riteniamo che questi due anni siano un ragionevole e congruo periodo all'interno del quale vada in obsolescenza qualunque tipo di affidamento che possa generarsi nei soggetti regolati.
  La ringrazio.

  PRESIDENTE. Presidente, grazie.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANDREA GIORGIS. Grazie, presidente. Io vorrei solo sottolineare un aspetto e chiedere conferma ai nostri ospiti, in particolare al dottor Camanzi, di aver bene inteso le considerazioni che hanno svolto.
  Alludo all'ipotesi di accentrare, al di là dei profili piuttosto discutibili in termini di indipendenza e autonomia o, meglio, in termini di filosofia che stava alla base dell'originaria scelta, la quale voleva, sull'esempio anche di ciò che è previsto in altri ordinamenti, decentrare le Autorità indipendenti proprio per la loro particolare natura.
  Oltre a questo c’è un aspetto di carattere economico che io vorrei fosse ben chiarito. La situazione attuale, con riferimento alle caratteristiche e ai vincoli che ha imposto la legge istitutiva dell'Autorità trasporti, mi parrebbe di aver capito, è tale da far sì che, paradossalmente, la concentrazione e lo spostamento a Roma determinino un incremento di spesa e non una riduzione di spesa, vuoi dal punto di vista del personale, vuoi dal punto di vista Pag. 17della sede. Dunque, forse per un'eterogenesi dei fini, l'idea di operare una razionalizzazione e un risparmio in questo specifico caso determinerebbe esattamente il risultato opposto.
  Io vorrei avere conferma di avere bene inteso che, per quanto riguarda sia i costi del personale, sia i costi della struttura presso la quale l'Autorità dei trasporti è collocata, sia tutti i costi che comporta ogni spostamento non si avrebbe alcun risparmio, ma, al contrario, si avrebbe un incremento dei costi.
  Questo è un elemento, secondo me, molto importante da chiarire. Alla fine, questa è la principale ragione che giustifica la scelta di ritornare sui propri passi e di rivedere quella che era stata, invece, la filosofia della precedente misura. Ovviamente, questo vale anche per le altre Authority. Ho sentito con molta chiarezza indicare anche il profilo di incertezza. Il punto andrebbe giustamente risolto una volta per tutte e non semplicemente rinviato.

  EMANUELE FIANO, Relatore. Io mi riferisco solo all'aspetto della durata dell'incompatibilità di incarichi successivi a quelli interni alle Autorità, come adesso illustrava il presidente dell'Autorità per l'energia, il quale esprimeva una valutazione diversa dal legislatore per quanto riguarda i quattro anni di incompatibilità.
  Capisco la critica, anche se non riesco con leggerezza a pensare di essere certo che due anni – che mi pare sia, invece, il termine proposto – siano per ciascuna delle fattispecie del campo d'azione delle Autorità indipendenti un termine che effettivamente esenti da possibili conflitti anche successivi di relazioni e di rapporti con soggetti che nel periodo precedente sono stati controllati dal controllore. Volevo chiedere un ulteriore supplemento di ragionamento.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Svolgo prima una considerazione. Mi colpisce molto in queste audizioni, anche in quella di oggi, il fatto che questo provvedimento faccia scattare da parte di tutte le realtà che vengono toccate dai vari articoli proposte di miglioramento economico nella gestione degli enti. Credo che questo sia un problema.
  Io credo che sarebbe opportuno che chiunque abbia una responsabilità pubblica annualmente verifichi il modo per risparmiare durante il corso dell'anno. Da amministratori pubblici, noi siamo costretti a farlo in ogni momento.
  Svolgo questa considerazione anche in termini collaborativi, fermo restando che personalmente sono convinta che l'accorpamento delle Autorità, così come è stato previsto dall'articolo 22, sia uno spreco di denaro pubblico e non una razionalizzazione. Io sono dell'avviso che le Autorità rimangano dove erano previste, per una serie di motivi.
  Chiedo anche, avendo ascoltato con attenzione la relazione del dottor Bortoni, di verificare quanto da lui detto, vale a dire che da 3,3 milioni di affitto passivo si possono risparmiare 1,3 milioni, avendo individuato altre sedi. Poiché ci sono molte sedi pubbliche libere di importanza rilevante, io credo che sarebbe necessario capire come collaborare anche con gli enti locali, e non soltanto col Governo, per ristrutturare – ormai ce ne sono, purtroppo, troppe di queste situazioni – edifici pubblici e, a questo punto, fare un doppio favore.
  Mi fermo qui. Il mio intervento è molto pragmatico.

  MARIASTELLA GELMINI. Io volevo proseguire con il ragionamento che faceva la collega Gasparini per porre una richiesta. Mi scuso se magari tra gli atti che ci sono stati consegnati questo aspetto mi è sfuggito, ma il Ministro Padoan ha parlato della riforma della pubblica amministrazione come di un pezzo della spending review.
  Io condivido la considerazione della collega Gasparini quando dice che tutti gli organi dello Stato devono concorrere a un Piano di razionalizzazione e di efficientamento. Forse, però, sarebbe utile anche capire e avere ben chiaro, accanto alle misure, quali sono i risparmi che si perseguono. La sensazione che io ho è che Pag. 18l'intendimento sia buono, ma che il risultato non sia scontato.
  Per esempio, abbiamo ragionato dell'abolizione delle sezioni del TAR. Sicuramente io non ho il curriculum per attaccare alcun Governo sui tagli o per sorprendermi della necessità di fare delle scelte che comportano dei sacrifici. Tuttavia, occorre anche, accanto alle misure, capire bene quali siano i risparmi, perché, se poi si creano degli aggravi ai cittadini senza produrre risultati concreti, credo che questo ci allontani dall'obiettivo.
  Chiedo se sia possibile che il Governo ci faccia avere contezza di come questo provvedimento incida sulla spending review e rappresenti, come ha sottolineato il Ministro Padoan, un capitolo della spending review.

  PRESIDENTE. Io avrei soltanto una curiosità da trasferire ai nostri presidenti.
  Il comma 4 dell'articolo 22 fa riferimento alla gestione unitaria del reclutamento del personale previa stipula di apposite convenzioni fra gli stessi organismi. Vi chiedo di esprimere rapidamente un parere sulla compatibilità di assunzioni comuni, tenuto conto delle diverse specializzazioni. Vorrei una spiegazione un po’ pratica della realizzabilità o meno e soprattutto dell'efficacia di uno strumento di questo genere, con riferimento alla specificità delle assunzioni, che fanno capo, immagino, a un organigramma molto dettagliato. L'ente ha una serie di professionalità che hanno una variegatura anche interna, immagino, notevole.
  Inverto l'ordine delle repliche, a partire dal Presidente Bortoni, per poi chiudere col Presidente dell'Autorità dei trasporti.

  GUIDO BORTONI, Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico. Grazie, presidente. Io mi riferisco solo brevemente alle quattro domande che possono interessare la mia Autorità. L'onorevole Fiano ha posto il seguente quesito: come mai noi riteniamo due anni un periodo congruo ? Questa proposta è stata fatta su due binari.
  Come vi dicevo prima, la nostra Autorità è di matrice europea. Anzi, l'ordinamento italiano l'ha prevista nel 1995 e operativamente dal 1997, in Europa è arrivata nel 2003 e successivamente, con i diversi Pacchetti energia, è stata sancita la necessità per ogni Stato membro di avere un'Autorità nazionale di regolazione. Il primo punto, il primo binario, quindi, è cercare un'uniformità rispetto ai periodi post-mandato e di incompatibilità a livello europeo.
  Ci sono diversi istituti. Non sto dicendo che tutti siano basati sulla durata dell'incompatibilità. Sono veramente molto diversi, ma quello italiano si caratterizza per una particolare durezza nella lunghezza del post-mandato, adesso, con il decreto legge n. 90, estesa anche ai dirigenti a tempo indeterminato.
  Il secondo binario – l'abbiamo posto nella memoria – è una considerazione di tipo più nazionale. Abbiamo una legge sul conflitto di interessi che riguarda di fatto i Ministri cessati dall'incarico governativo e che prevede un anno di astensione dall'intrattenere rapporti con tutti i soggetti con cui abbiano avuto a che fare durante il loro mandato governativo. Noi raddoppiamo il periodo, immaginando che anche i regolatori, vertici e dirigenti, non abbiano più responsabilità di quella che ha un Ministro nel proprio settore di competenza.
  La seconda realtà – questa sarebbe la terza considerazione – è che, se guardiamo alla tipica lunghezza dei mandati dei vertici degli operatori energetici, per esempio, tipicamente tre anni sia per quelli partecipati dallo Stato, sia per quelli privati, ci sembra che il periodo di due anni sia compatibile o, comunque, assolutamente sufficiente per far esaurire ogni tipo di affidamento nel campo dell'operatore.
  Onorevole Gasparini, giustamente si vede un importante sincronismo quando ci sono determinate norme di spending review coatta. In realtà, noi sulla sede di Milano stiamo guardando da tempo a forme di ottimizzazione. In particolare, stiamo cercando proprio di rimettere a Pag. 19posto degli immobili vecchi di enti, anche locali, quasi in liquidazione, perché questi immobili abbisognano di lavori.
  Noi abbiamo la possibilità, con un mix sapiente di contratti, sia in comodato, sia, in parte, in locazione, di poter riqualificare contemporaneamente l'immobile, di risparmiare sulla locazione e di avere una sede quantomeno opportuna per il nostro personale. Noi abbiamo a Milano circa 150 tecnici specializzati che lavorano da quindici anni.
  Onorevole Gelmini, io sottolineo solo un aspetto, che, in realtà, è nella nostra memoria. Non gravando noi sul bilancio dello Stato, non gravando sulla fiscalità generale, la nostra spending review di fatto non andrebbe comunque ad alleviare il conto dello Stato, dei soldi pubblici, ma semplicemente sarebbe un minor fabbisogno di contributi dei soggetti regolati, che, peraltro, già si sta manifestando. Quest'anno noi abbiamo ridotto il contributo ai soggetti regolati del 6 per cento, da un anno all'altro, sia nell'energia, sia nell'acqua...
  Chiudo con la sua domanda, presidente, ossia se i concorsi, con apposite convenzioni, possano essere adeguati per il reclutamento del personale nelle nostre Autorità. Noi in merito sottolineiamo l'aspetto altamente specialistico. Per quanto riguarda l'assunzione di personale amministrativo o, comunque, generale, assolutamente sì, credo che questo possa essere fatto. Per quanto riguarda l'assunzione di personale altamente specializzato nell'energia e nell'acqua, io credo che l'autonomia organizzativa di reclutamento sia ancora un must imperdibile per quanto riguarda le Autorità di regolazione.

  ANDREA CAMANZI, Presidente dell'Autorità di regolazione dei trasporti. Per quanto riguarda la domanda fatta dall'onorevole Giorgis, la risposta è sì. Spostandoci a Roma, noi avremmo costi superiori, tenendo conto che, oltre ai costi diretti di sede e di funzionamento, c’è anche un altro costo che è drammaticamente superiore, ed è quello dei tempi per essere operativi. Uno spostamento di sede congela l'Autorità per almeno un anno e la fa ritornare indietro, come livello di organizzazione. Questo è evidente.
  Pertanto, c’è un costo diretto, economico, quantificabile. Costa circa un 30 per cento in più la nostra antenna romana a metro quadro rispetto al costo a metro quadro della soluzione che abbiamo a Torino, al Lingotto. Sono 176 euro contro 220. Questo è oggettivo.
  Per quanto riguarda l'altra domanda del presidente, io credo che, data la nostra caratteristica di essere veramente un infante nella fase iniziale, sarebbe molto difficile per noi immaginare di gestire insieme ad altri il reclutamento di personale cosiddetto «fungibile», perché le altre Autorità hanno già questo personale. Noi saremmo gli unici a dover acquisire queste competenze e il tempo per fare gli accordi, progettare insieme i concorsi e fare le selezioni credo, sinceramente, sia ingestibile, anche per il personale «fungibile».
  Sono perfettamente d'accordo che le specialità non siano gestibili congiuntamente e, quindi, che il reclutamento delle competenze tecniche e professionali sia assolutamente diverso. Un economista dei trasporti è diverso da un economista con competenza nel settore energetico. Questo è piuttosto ovvio.
  La terza considerazione la vorrei fare in merito al quesito posto dall'onorevole Gelmini. Credo che ci sia un malinteso, nel senso che noi non insistiamo sulla spesa pubblica, come ha ripetuto anche il Presidente Bortoni poco fa.
  Il secondo punto è che un conto è fissare degli obiettivi di riduzione di spesa. Questa io non la chiamo spending review, ma interventi per ridurre coattivamente delle spese, i cosiddetti tagli lineari. La spending review in senso vero significa fissare obiettivi di efficienza e reingegnerizzare i processi. Fissare obiettivi di efficienza e reingegnerizzare i processi è specifico di chi gestisce i processi, non lo si può imporre da fuori.
  Non chiamerei questa spending review. Parlerei di obiettivi di riduzione di spesa per un periodo temporaneo. Una spending review vera è quella che consente di rivedere Pag. 20il modo di funzionare e questo lo può fare solo chi ha la responsabilità amministrativa delle singole Autorità.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Non essendoci ulteriori domande, io non posso far altro che ringraziarvi per la partecipazione. Come avete visto, il dibattito è stato anche in linea con le perplessità che naturalmente nascono in ciascuno quando si tratta di dare o meno adesione critica, nel senso di consapevole, a un testo.
  Nel ringraziare nuovamente i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del sindaco di Catania, Enzo Bianco, del sindaco di Lecce, Paolo Perrone e del sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in relazione all'esame del disegno di legge C. 2486 Governo di conversione in legge del decreto legge n. 90 del 2014 recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, l'audizione del sindaco di Catania, Enzo Bianco, del sindaco di Lecce, Paolo Perrone, e del sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca.
  In cauda venenum, abbiamo quindi i tre sindaci di queste città. Abbiamo invitato chiunque abbia chiesto di essere audito ed è stato nelle condizioni di venire. Mi auguro che domani ci possa raggiungere il sindaco di Brescia, che aveva difficoltà a venire oggi, e che ci possa portare anche il suo contributo.
  Darò la parola ai sindaci in ordine alfabetico per città e, quindi, prima al sindaco di Catania, poi al sindaco di Lecce e, infine, al sindaco di Salerno, e li ringrazio fin d'ora per la presenza e la partecipazione a quest'audizione.
  Il tema su cui saranno sentiti credo sia piuttosto chiaro e noto. Presumo che parleranno sull'articolo 18 del decreto-legge e, dunque, sull'ipotesi normativa di soppressione delle sedi distaccate dei Tribunali amministrativi regionali che hanno sede a Catania, Lecce e Salerno.
  Tenete conto che abbiamo a disposizione una quindicina di minuti scarsi. Vi pregherei, quindi, di consentire sia l'intervento, sia poi l'eventuale dibattito.
  Ringrazio anche il presidente del TAR sezione di Lecce, Cavallari, che è presente e che ha opportunamente assistito il Sindaco Perrone.
  Do la parola al Sindaco Bianco.

  ENZO BIANCO, Sindaco di Catania. La ringrazio, presidente, per l'opportunità che è stata accolta da parte della Commissione. Saluto i commissari e i rappresentanti del Governo. Peraltro, io ritorno nella Commissione di cui sono stato membro nell'XI e nella XIV legislatura.
  Io porto, insieme alla valutazione che esporrò, analoga valutazione da parte del TAR di Catania, da parte di deputati appartenenti a tutti i Gruppi parlamentari, di tutti i sindaci dei comuni capoluogo di provincia della Sicilia orientale e di esponenti del mondo produttivo.
  La città di Catania è la più grande città italiana non capoluogo di regione e città metropolitana con una popolazione, sulla base dei criteri nazionali, di oltre un milione di abitanti ed è la settima città metropolitana d'Italia per dimensioni.
  Il TAR di Catania, per carichi di lavoro...

  PRESIDENTE. Le chiedo scusa. Se ha un contributo scritto, poi la invito a consegnarlo alla Presidenza. La pregherei, anziché di leggerlo, di farne una sintesi.

  ENZO BIANCO, Sindaco di Catania. Infatti, non sto leggendo. Fornirò il contributo, con tutta la documentazione.
  Il TAR di Catania è, dal punto di vista sia dei ricorsi del 2013 che sono stati presentati, sia di quelli che sono stati discussi e definiti, sia del carico di lavoro, il terzo TAR d'Italia dopo quello di Roma e quello di Napoli. Ha un carico di lavoro nel 2013 esattamente doppio di quello di Palermo, che è il comune capoluogo di regione.Pag. 21
  Dal punto di vista della popolazione servita, insistono nel territorio del TAR di Catania cinque province e tre distretti di Corte d'appello, integralmente quelli di Catania e di Messina e in parte anche quello di Caltanissetta. Dal punto di vista produttivo vi è il cuore pulsante dell'economia dell'isola. Attualmente ci sono quattro sezioni che operano nel TAR distaccato di Catania e ve n’è una quinta che, sulla base del Consiglio di giustizia amministrativa, potrebbe essere ipotizzata.
  Dal punto di vista dei risparmi, presidente, ove si chiudesse il TAR di Catania, malauguratamente, non ci sarebbe alcun risparmio per la pubblica amministrazione, poiché tutti i dipendenti continuerebbero a essere pagati, bisognerebbe pagare loro il trasferimento e, dal punto di vista della sede, occorrerebbe prendere una nuova sede a Palermo soltanto per ospitare i 55.000 ricorsi pendenti.

  PRESIDENTE. Peraltro, credo che la sede di Catania sia demaniale.

  ENZO BIANCO, Sindaco di Catania. È esattamente demaniale. Quindi, non c’è problema di risparmio di costi fissi. È una realtà attiva e dinamica.
  Da tutti i punti di vista, quindi, io credo che questa sia un'operazione assolutamente non premiante per quanto riguarda anche il risparmio della pubblica amministrazione.

  PAOLO PERRONE, Sindaco di Lecce. La ringrazio, presidente.
  Obiettivi della riforma credo siano – me lo sono chiesto da sindaco e da cittadino – la semplificazione dell'attività della pubblica amministrazione, il miglioramento dei servizi offerti ai cittadini e l'economicità. Nella fattispecie, la scelta di sopprimere le sedi staccate, quella di Lecce in particolare, non risponde ad alcuno di questi tre motivi ispiratori. Mi spiego molto brevemente.
  Quanto al motivo economico, il TAR di Lecce svolge la propria funzione in un immobile demaniale, per un costo annuo pari a 25.000 euro di canone di fitto. Il costo di fitto della sede di Bari è pari a 500.000 euro annui. Chi ha scritto questo articolo non ha mai visitato né la sede di Lecce, né quella di Bari, perché non sa che le tre sezioni di Lecce non possono essere fisicamente trasferite nella sede di Bari, in quanto a Bari non ci sarebbe posto.
  L'idea sarebbe, quindi, quella di prendere sicuramente a un prezzo maggiore dei 25.000 euro un'altra sede, probabilmente staccata, sebbene a Bari. Avremmo così il paradosso di avere a Bari due sedi staccate. Da un punto di vista economico, quindi, il vantaggio non c’è.
  Vengo al motivo organizzativo e funzionale. Abbiamo visto dai dati che TAR con molte sezioni – mi riferisco ai più grandi, per esempio al TAR Lazio e al TAR Campania di Napoli – sono quelli che hanno un inevaso maggiore. Probabilmente, quindi, la storia ci insegna che fare TAR grandi con molte sezioni comporta problemi di carattere organizzativo e funzionale.
  Passando al servizio ai cittadini, il TAR di Lecce, il distretto di Corte d'appello, serve le tre province di Lecce, Brindisi e Taranto, ossia 1.800.000 cittadini. Peraltro, la Puglia, come ben sappiamo, è una regione lunga e, quindi, chi deve partire da Lecce città per andare a Bari deve fare 150 chilometri. Chi dovesse partire da Santa Maria di Leuca, ne deve fare quasi 230.
  È evidente, quindi, che non ci sono economicità, né semplificazione, né miglioramento del servizio a favore dei cittadini, non soltanto dei 1.800.000 leccesi, brindisini e tarantini, ma anche dei baresi, foggiani e di quelli della provincia Barletta-Andria-Trani.

  PRESIDENTE. Mi corregga, ma mi sembra che anche Lecce sia in una sede demaniale.

  PAOLO PERRONE, Sindaco di Lecce. Sì. Ho detto che costa 25.000 euro.

  PRESIDENTE. È demaniale e, peraltro, mi sembra che abbia un carico di lavoro superiore a quello di Bari.

Pag. 22

  PAOLO PERRONE, Sindaco di Lecce. Esattamente. Il carico di lavoro, se ci riferiamo, per esempio, alle sentenze pubblicate dal TAR di Lecce nel 2013, consta di 1.825 sentenze contro le 1.166 di Bari. Avremmo, quindi, il paradosso di un TAR che viene accorpato in un TAR accorpante di dimensioni inferiori.
  Chiudo dicendo che il problema dei 22 dipendenti più i 15 magistrati è, ovviamente, simile a quello che ha rappresentato il mio collega di Catania. Il Consiglio comunale di Lecce ha approvato all'unanimità un ordine del giorno alla presenza dei parlamentari delle tre province. Questo ordine del giorno è stato ripreso da numerosissimi altri Consigli comunali, che a mano a mano lo stanno approvando.
  Si tratta, dunque, di una battaglia non certo di campanile, non certo di conservazione, ma, io credo, squisitamente di logica e di buonsenso, nello spirito dei motivi che hanno animato questa riforma.

  PRESIDENTE. Certo, questa riforma la facciamo con questi presupposti.
  Ringrazio nuovamente anche per la sua presenza il Presidente Cavallari. Se il Sindaco ha qualche documento più specifico eventualmente da consegnare alla Commissione, gli sarei grato se ce lo consegnasse.

  VINCENZO DE LUCA, Sindaco di Salerno. La ringrazio, presidente. Per me, come per gli altri colleghi, il problema è di aderire allo sforzo del Governo di razionalizzazione e risparmio di risorse, facendo, però, una valutazione attenta e legata a soli due criteri oggettivi: carichi di lavoro e, quindi, servizi ai cittadini e problemi organizzativi e relativi costi.
  Per quanto riguarda la nostra sezione staccata, devo ricordare che in Campania, con 6 milioni di abitanti, abbiamo due sezioni, Napoli e Salerno. Mi parrebbe difficile da sostenere una sola sezione a Napoli città, e questo per tante ragioni.
  La sezione di Salerno copre la provincia di Salerno, con 1.100.000 abitanti, e la provincia di Avellino. Quanto ai carichi di lavoro, abbiamo nel 2013 2.431 ricorsi depositati, 13.494 ricorsi pendenti e 4.554 ricorsi definiti nel 2013. Abbiamo, quindi, un carico di lavoro enorme.
  Dal punto di vista organizzativo, tralascio il disagio che si creerebbe per la cittadinanza. Devo dirvi che dalla zona Sud della provincia di Salerno (da Sapri, per esempio) a Salerno occorrono tre ore. Vi lascio immaginare quanto occorra per andare da Sapri a Napoli, al di là di qualche problema di congestione che troveremmo nel capoluogo regionale.
  Dal punto di vista del risparmio, questo sarebbe un danno netto per lo Stato. La sede del nostro TAR è in un edificio demaniale, dove non paghiamo fitti e abbiamo solo i costi minimi di gestione, mentre a Napoli anche noi saremmo obbligati a individuare una sede ex novo nella quale collocare le attività della sezione staccata di Salerno.
  Mi pare che, dal punto di vista dei due criteri che dovrebbero ispirarci, ovvero qualità del servizio e carichi di lavoro e risparmio di spesa, tutto spinga a mantenere la situazione esistente e a impedire l'eliminazione della sede staccata.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Sindaco De Luca anche per la brevità del suo intervento.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANDREA VECCHIO. Io vorrei aggiungere due piccole considerazioni a quello che hanno detto i sindaci, tutti elementi che condivido assolutamente.
  Quando la politica assume una decisione, essa deve essere preceduta da un'analisi qualitativa e quantitativa e da un'analisi di costi e benefici. Ebbene, sommessamente faccio notare che in questo caso quest'analisi non è stata effettuata.
  Aggiungo solo una considerazione a quello che hanno detto i sindaci. Vorrei conoscere innanzitutto il numero delle imprese che il territorio che abbraccia il TAR serve, poi la popolazione, poi il PIL e, infine, la superficie del territorio che il TAR copre.
  Per quanto riguarda il numero dei ricorsi, il TAR di Catania è il terzo. Per Pag. 23quanto riguarda le altre cose che ho detto, il TAR di Catania è al nono posto in Italia tra tutti i TAR. Gli altri TAR sezioni staccate, però, quasi sempre precedono i TAR sezione centrale, quelli regionali. Si capisce, quindi, che il TAR sezione staccata è più funzionale al territorio che non il TAR sezione centrale. Questo vale per Lecce, per Catania e un po’ meno per Napoli e Salerno, perché Napoli è il più grande, ma a Salerno c’è una grande quantità di ricorsi e di imprese che fanno capo a quel territorio.

  ANGELO ATTAGUILE. Prendo la parola, anche a nome della Lega, per riferire che noi abbiamo presentato un emendamento, suggerito anche dall'onorevole Salvini. Mi riferisco al TAR di Catania. Essendo io un deputato di Catania, conosco benissimo la logistica e il lavoro del TAR di Catania, ma estendo a tutti i TAR d'Italia questo emendamento che noi presentiamo, perché ritengo che non ci sia affatto un risparmio per lo Stato.

  PRESIDENTE. Prima di chiudere quest'audizione vorrei sapere dai tre sindaci, veramente in pochi secondi, che cosa rappresenta la presenza del TAR per le rispettive città, ovvero se avete potuto constatare che la presenza del Tribunale amministrativo regionale sia un valore aggiunto nell'ambito del vostro mandato.

  ENZO BIANCO, Sindaco di Catania. A giudicare dalla richiesta che viene unanime da tutto il mondo produttivo, da Confindustria a Confcommercio, alle organizzazioni sindacali, in una realtà che, lo ripeto, è grande più della metà delle Regioni italiane – stiamo parlando di quasi 3 milioni di abitanti – ed è il cuore pulsante della Sicilia, nonché dalla quantità di lavoro che vi viene espletato, il Tribunale amministrativo regionale è una condizione essenziale per guardare con serenità alle possibilità di sviluppo ulteriore della nostra terra.

  PAOLO PERRONE, Sindaco di Lecce. Mi conformo assolutamente a ciò che ha detto il Sindaco Bianco. Il fatto che ci sia stato un movimento anche popolare diffusissimo su questa questione e che, quindi, essa sia stata sentita anche dal cittadino qualunque, che magari non ha una dimestichezza a interloquire con i Tribunali amministrativi regionali, fa comprendere che si tratta di una perdita importante non solo in termini di capacità di rispondere alle esigenze di cittadini e imprese, ma anche per la pubblica amministrazione, che ha nel TAR un interlocutore istituzionale importante nella propria azione amministrativa.

  VINCENZO DE LUCA, Sindaco di Salerno. La prospettiva più realistica in caso di soppressione è un'ipotesi di caos totale. Provate a immaginare di trasferire concretamente questi 15.000 procedimenti a Napoli, senza sapere dove, senza sapere come, senza avere una sede, senza avere possibilità neanche fisiche di raggiungimento del capoluogo. Significherebbe per noi un abbassamento drammatico della qualità del servizio ai cittadini, in primo luogo.

  PRESIDENTE. Ringrazio i sindaci per la loro partecipazione.
  Noi ci rivediamo domani per le audizioni. Se siamo d'accordo, possiamo svolgere le audizioni anche durante il periodo della chiama per il voto della seduta comune, in modo da poter guadagnare tempo. Siamo d'accordo tutti su questo ? Va bene. Grazie.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.05.