XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Mercoledì 12 novembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Agostini Roberta , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEI PROGETTI DI LEGGE C. 8  COST. D'INIZIATIVA POPOLARE, C. 14  COST. D'INIZIATIVA POPOLARE, C. 21  COST. VIGNALI, C. 148  COST. CAUSI, C. 178  COST. PISICCHIO, C. 179  COST. PISICCHIO, C. 180  COST. PISICCHIO, C. 243  COST. GIACHETTI, C. 284  COST. FRANCESCO SANNA, C. 398  COST. CAPARINI, C. 399  COST. CAPARINI, C. 568  COST. LAFFRANCO, C. 579  COST. PALMIZIO, C. 580  COST. PALMIZIO, C. 581  COST. PALMIZIO, C. 757  COST. GIANCARLO GIORGETTI, C. 839  COST. LA RUSSA, C. 861  COST. ABRIGNANI, C. 939  COST. TONINELLI, C. 1439  COST. MIGLIORE, C. 1543  COST. GOVERNO, C. 1660  COST. BONAFEDE, C. 1748  COST. BRAMBILLA, C. 1925  COST. GIANCARLO GIORGETTI, C. 2051  COST. VALIANTE, C. 2147  COST. QUARANTA, C. 2221  COST. LACQUANITI, C. 2227  COST. CIVATI, C. 2293  COST. BOSSI, C. 2329  COST. LAURICELLA, C. 2338  COST. DADONE, C. 2378  COST. GIORGIS, C. 2402  COST. LA RUSSA, C. 2423  COST. RUBINATO, C. 2458  COST. MATTEO BRAGANTINI, C. 2462  COST. CIVATI E C. 2613  COST. GOVERNO, APPROVATO DAL SENATO, IN MATERIA DI REVISIONE DELLA PARTE SECONDA DELLA COSTITUZIONE

Audizione del presidente della provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi.
Agostini Roberta , Presidente ... 3 
Rossi Ugo , Presidente della provincia autonoma di Trento ... 3 
Agostini Roberta , Presidente ... 6 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 6 
Gigli Gian Luigi (PI)  ... 8 
Ottobre Mauro (Misto-Min.Ling.)  ... 8 
Agostini Roberta , Presidente ... 9 
Rossi Ugo , Presidente della provincia autonoma di Trento ... 9 
Agostini Roberta , Presidente ... 10 

Audizione del presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, Sergio Chiamparino:
Agostini Roberta , Presidente ... 10 
Chiamparino Sergio , Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 10 
Agostini Roberta , Presidente ... 12 
Ciambetti Roberto , Assessore al bilancio e agli enti locali della regione Veneto ... 12 
Agostini Roberta , Presidente ... 12 
Lattuca Enzo (PD)  ... 12 
Mazziotti Di Celso Andrea (SCpI)  ... 13 
Quaranta Stefano (SEL)  ... 13 
Bragantini Matteo (LNA)  ... 14 
Ravetto Laura (FI-PdL)  ... 14 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 14 
Giorgis Andrea (PD)  ... 15 
Fabbri Marilena (PD)  ... 16 
Agostini Roberta , Presidente ... 16 
Chiamparino Sergio , Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 16 
Agostini Roberta , Presidente ... 16 
Bugli Vittorio , Assessore al bilancio, finanze e tributi della regione Toscana ... 16 
Chiamparino Sergio , Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 18 
Agostini Roberta , Presidente ... 18

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia: (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTA AGOSTINI

  La seduta comincia alle 14.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione del presidente della provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, in relazione all'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame dei progetti di legge costituzionali C. 8 ed abbinati recanti revisione della parte seconda della Costituzione, l'audizione del presidente della provincia autonoma di Trento, dottor Ugo Rossi.
  Ringrazio il presidente Ugo Rossi della sua presenza e della sua disponibilità e gli do subito la parola.

  UGO ROSSI, Presidente della provincia autonoma di Trento. Buongiorno a tutti. Io penso che sia opportuno procedere con una brevissima introduzione rispetto alle motivazioni di fondo del fatto che esistano in Italia delle Regioni e delle autonomie a Statuto speciale.
  Naturalmente, io svolgerò tale introduzione cercando di focalizzarla soprattutto sulle realtà che conosco meglio, cioè quelle delle Province autonome di Trento e di Bolzano, che, come è noto, originano il loro fondamento costituzionale di specialità da un accordo internazionale, l'accordo De Gasperi-Gruber del 5 settembre 1946.
  Con questo accordo, in esecuzione al trattato di pace, sono state riconosciute, in una logica bilaterale tra Italia e Austria, ai territori di Trento e di Bolzano alcune prerogative di particolare autonomia. Questo in virtù della presenza di minoranze linguistiche, ma, vorrei aggiungere, anche di un'espressione popolare, assolutamente oggettiva e rinvenibile in tutte le testimonianze storiche, in un'epoca difficilissima, in cui avere un'autonomia speciale non significava immaginare un'autonomia anche finanziaria, ma solo avere un anelito all'autogoverno. Probabilmente era molto più comodo in quel periodo chiedere qualcos'altro allo Stato. Le popolazioni di Trento e di Bolzano hanno operato, anche con manifestazioni di piazza e in maniera anche molto forte, una pressione tale che De Gasperi ha potuto avere un ulteriore fondamento rispetto alla necessità di riconoscere a questi territori la particolarità di un'autonomia speciale.
  La storia si è poi dipanata nel tempo e, naturalmente, ha assunto, anche in un determinato periodo storico particolare, i contorni di una vicenda internazionale. La minoranza linguistica tedesca nella provincia oggi di Bolzano, in relazione alla mancata esecuzione da parte dello Stato di tutte le misure di autonomia che erano previste nell'accordo De Gasperi-Gruber e che in ambito regionale non erano state sviluppate come in realtà avrebbero dovuto essere, ha portato ad aprire una vertenza di carattere internazionale all'ONU. Tale vertenza si è poi conclusa con il famoso pacchetto, ossia con un pacchetto di misure individuate in maniera bilaterale, ancora una volta, dallo Stato Pag. 4italiano e dall'Austria per attuare ciò che l'accordo De Gasperi-Gruber prevedeva.
  Questo percorso è andato avanti fino al 1992, quando, come è noto, l'Austria rilasciò la famosa quietanza liberatoria, ossia sancì la fine di un percorso di attuazione dell'autonomia prevista dall'accordo De Gasperi-Gruber e prese atto che l'autonomia era, quindi, compiuta.
  Da quel momento in poi le autonomie di Trento e di Bolzano si sono sempre raccordate con lo Stato in termini di proposizione di norme di attuazione con le quali nel tempo sono state via via previste ulteriori forme, a volte di delega e a volte di conferimento di competenze e di funzioni effettive. Questo avviene attraverso un procedimento pattizio che, come è noto, si sostanzia nella previsione di norme che hanno carattere costituzionale e che promanano anche dalla Commissione paritetica tra Stato e Province autonome.
  Io credo che i fondamenti di carattere storico e anche etnico siano tuttora da tenere in grande considerazione. Ciò che a me, invece, preme richiamare – credo sia un tema anche di grande attualità, che sta a fianco a quello che oggi trattiamo, ossia quello della riforma costituzionale – è il tema di come le autonomie garantiscono la partecipazione al destino della Nazione, ossia del nostro Stato, in un ambito di conservazione della loro autonomia. Si pone, quindi, il tema dei rapporti finanziari.
  Io vorrei affrontare questo argomento in un'ottica di grande trasparenza e anche di sincerità, cercando di andare oltre ciò che magari in passato si è cercato di sostenere.
  È indubitabile che negli anni che vanno dal rilascio della quietanza liberatoria al 2009 circa, accanto al meccanismo finanziario che per Trento e Bolzano prevede il mantenimento in loco dei nove decimi dei tributi riscossi e prodotti sul proprio territorio, ci siano stati nel tempo, in virtù del conferimento di quelle deleghe, ma anche di ulteriori previsioni normative, dei «sovra-bonus» rispetto a questi nove decimi.
  Dal 2009, con l'accordo di Milano, che ha modificato lo Statuto su questi punti – vale a dire il Titolo VI – la logica è completamente cambiata. In attuazione del federalismo fiscale le Province di Trento e di Bolzano hanno definito con lo Stato un quadro di rapporti finanziari che ora vede esclusivamente il meccanismo dei nove decimi e nega ogni partecipazione e possibilità di finanziamento per le due Province dai fondi nazionali su qualsiasi legge di settore, sanità compresa.
  Questo significa che con i nove decimi nelle Province di Trento e di Bolzano queste competenze – che vorrei elencare – vengono esercitate a carico del bilancio provinciale. Come vedrete, si tratta di competenze e di risorse che nelle altre Regioni a Statuto ordinario, invece, in molti casi afferiscono a trasferimenti dello Stato. Ve le cito. La prima è la sanità. Come è noto, Trento e Bolzano non partecipano al riparto del fondo nazionale. Seguono poi la scuola e la formazione professionale; i trasporti; l'università per Trento; tutta la gestione e la manutenzione delle strade, comprese quelle statali; tutte le opere pubbliche di mantenimento del territorio e di difesa dei suoli, particolarmente in auge in questo momento particolare; gli assegni di invalidità; le indennità di accompagnamento; tutti i finanziamenti alle attività economiche; l'edilizia sociale.
  Tutto questo viene gestito con i nove decimi. Io credo che questa sia una grande differenza che, a mio avviso, dimostra come il meccanismo dei nove decimi, a fronte dell'esercizio di competenze, abbia già in sé un dato tipo di bilanciamento, a mio parere ragionevole.
  Vorrei aggiungere altro, però. Dal 2009 in poi sono ulteriormente cambiate le condizioni a seguito della crisi finanziaria ed economica e soprattutto della necessità dello Stato di risanare i propri conti pubblici. Lo Stato, dal 2009 in poi, disattendendo l'accordo di Milano, che ha valore costituzionale, perché modifica lo Statuto, ha previsto ulteriori concorsi al risanamento Pag. 5della finanza pubblica e ha alzato, rispetto alle quote originarie, gli impatti del Patto di stabilità.
  Vi fornisco solo il dato finale. La somma dell'accordo di Milano con le manovre dei Governi che si sono succeduti dall'accordo di Milano in poi, che sono cristallizzate nella legge di stabilità dell'anno scorso, ammonta, per la provincia di Trento, ma è speculare anche per la provincia di Bolzano, a una riduzione complessiva di circa 1,3 miliardi su un bilancio di 4,3 miliardi. È agevole, quindi, vedere che si tratta di una riduzione di circa il 30 per cento.
  Se depurassimo l'effetto del Patto di stabilità, che, a onor del vero, non può essere computato in termini di risanamento secco, saremmo comunque intorno al 20 per cento. Vorrei ricordare che, a fronte della riduzione del 20 per cento, quell'elenco di competenze e, quindi, di spese è rimasto assolutamente invariato.
  Anzi, direi di più: le Province hanno chiesto, fin dall'accordo di Milano, di poter avere ulteriori competenze, in particolare università e ammortizzatori sociali, nonché le poste, per quanto riguarda la Provincia di Bolzano, computando i relativi costi a carico del bilancio provinciale e, quindi, imputandoli alla quota di risanamento.
  Perché ho fatto questo tipo di ragionamento rispetto all'autonomia finanziaria e ai rapporti fra Stato e Province autonome in relazione al risanamento ? Perché, è cronaca di questi giorni, in relazione ai ricorsi che le Province hanno presentato rispetto a queste norme, che sono lesive dello Statuto e, quindi, della Costituzione, noi abbiamo ritenuto di dover stringere con lo Stato un accordo che preveda, a legge di stabilità approvata, il ritiro dei ricorsi da parte nostra. Il valore di tali ricorsi è molto superiore rispetto ai 3 miliardi complessivi di cui ho parlato prima.
  Questo in una logica di responsabilità, nella convinzione che il risanamento dei conti pubblici sia un elemento di rispetto, dal punto di vista di appartenenza a uno Stato, ma anche – lo dico in maniera molto trasparente e sincera – un elemento che, se si realizza, definisce delle condizioni di sviluppo e di benessere migliori anche per noi. È chiaro che c’è anche una convenienza in tutto questo.
  L'accordo che abbiamo sottoscritto recentemente con il Governo dovrà essere recepito nella legge di stabilità e andrà a modificare lo Statuto. Vi riferisco un dato complessivo: i nove decimi, per effetto dell'accordo di Milano e dell'accordo recentemente sottoscritto, di fatto arrivano a sette decimi e mezzo, sempre a fronte di quella lista di competenze e di spese che ne consegue.
  Fatta questa parentesi, che comprende anche l'aspetto finanziario, io chiudo il mio intervento con alcune considerazioni rispetto al tema della riforma costituzionale. Dopo di me ci sarà il Presidente Chiamparino. Per quanto riguarda gli aspetti relativi all'architettura istituzionale legati al Senato, alle sue funzioni e anche alla sua composizione, le Province autonome di Trento e di Bolzano si riconoscono nella posizione che il Presidente Chiamparino esprimerà e che è anche in parte nota. Siamo dell'idea che si tratti di un percorso da perseguire. Siamo dell'idea che una semplificazione forte sia necessaria nel nostro Paese. Siamo dell'idea che anche in termini di composizione questo possa essere soddisfacente.
  Ciò che ci preme – lo dirà, però, il Presidente Chiamparino – è assicurare un ruolo al Senato come espressione anche delle autonomie nel processo di riforme costituzionali e di adozione di leggi che riguardano materie legate al rapporto fra Stato e Regioni. È chiaro che probabilmente a tal fine servirà anche la proposta che verrà avanzata di un meccanismo bicamerale che potrebbe garantire la possibilità per il Senato di essere dentro un processo di riforma legislativa utile e positiva, in fin dei conti, noi pensiamo, per un rapporto virtuoso.
  L'altro tema è quello che riguarda la riforma del Titolo V e, quindi, dell'articolo 117 della Costituzione e di ciò che ne consegue. Il testo attualmente approvato dal Senato, come è noto, contiene una clausola che riguarda le Regioni a Statuto Pag. 6speciale secondo la quale non si applica alle stesse fino ad adeguamento previa intesa dei rispettivi Statuti.
  Noi consideriamo questa clausola soddisfacente, anche se riteniamo che andrebbe definito il procedimento soprattutto per l'acquisizione dell'intesa. Probabilmente si tratta anche di capire se ci possano essere iniziative bidirezionali o se l'iniziativa sia solo da una parte.
  Posso anticipare che le Province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito dell'unico Statuto regionale, stanno ragionando anche per anticipare, in un certo senso, la necessità che la norma, se sarà approvata così come è attualmente, prevede – mi riferisco all'adeguamento – per cercare di allinearsi in quel percorso di revisione costituzionale che riguarda anche le altre Regioni.
  Ancora una volta, quindi, Trento e Bolzano non si chiamano fuori da questo percorso in virtù di una guarentigia, di un privilegio, ma cercano di regolare i propri rapporti dentro un percorso che deve comunque essere coerente, pur salvaguardando ciò che è già divenuto prerogativa e – permettetemelo – alla luce di quella descrizione di carattere finanziario che ho svolto prima. Essa motiva il fondamento per cui noi riteniamo che, pur dentro quel processo, ci debba essere, però, una particolarità. Se queste funzioni sono esercitate, è altrettanto evidente che, accanto agli aspetti di carattere finanziario, servono anche quelli di carattere giuridico, ossia che Trento e Bolzano conservino la possibilità di poter legiferare in determinate materie.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente Rossi.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  RICCARDO FRACCARO. Grazie, Presidente Rossi, per essere venuto a trovarci a Roma e, in particolare, in Commissione affari costituzionali della Camera.
  Io attendevo con ansia le sue considerazioni sull'autonomia, perché, come lei ben sa, sono trentino. Sono stato eletto, come lei, in Trentino e, quindi, in una zona d'Italia che ha delle peculiarità che possono essere riscontrate solamente in Alto Adige. Si tratta di un'area che vive una situazione particolare. È l'unica Provincia autonoma d'Italia, insieme all'Alto Adige, con una situazione, anche territoriale, di percezione del senso dell'autonomia, anomala nel panorama italiano.
  Lei, presidente, è stato eletto dai trentini all'interno di una lista politica che ha l'autonomia nella sua sigla e ha ricevuto – parlo da cittadino, più che da commissario della I Commissione, in questo caso – un mandato che era quello di amministrare il territorio, ma anche di difendere l'autonomia, aspetto che è nel vostro programma politico. Si tratta di una difesa che personalmente condivido, come impostazione generale.
  Io mi chiedo, quindi, oggi che stiamo analizzando le riforme costituzionali, se e quanto sia in pericolo l'autonomia della Provincia autonoma di Trento e anche di quella di Bolzano.
  Recentemente si è svolta all'Università di Trento un'interessantissima conferenza, in cui erano presenti illustri docenti universitari e costituzionalisti, come il presidente emerito della Corte costituzionale Onida e il professor Toniatti, con cui io ho studiato personalmente diritto costituzionale. Erano presenti, in sostanza, diversi professori, che hanno analizzato la riforma nell'ottica dell'autonomia, le cui fondamenta, soprattutto dal punto di vista finanziario, lei, presidente, ha in maniera eccelsa espresso alla Commissione. Sono emerse varie problematiche, che vorrei condividere con lei.
  In particolare, io vedo tre gravi rischi oggi per l'autonomia del Trentino e dell'Alto Adige. Il primo è oggettivo: noi siamo in presenza di un Presidente del Consiglio che ha scritto nel suo libro del 2012 – se non ricordo male – Stil Novo, nero su bianco, di voler eliminare le Regioni e le Province autonome. L'intenzione del Presidente del Consiglio è eliminare, come ha scritto nel suo libro, le Province autonome.Pag. 7
  Questa intenzione è stata ribadita recentemente dal Ministro per le riforme costituzionali – oggi è presente il sottosegretario di quel ministero, l'onorevole Scalfarotto – che ha detto sostanzialmente che sarebbe per l'eliminazione delle Regioni autonome, ma che in questo momento non è possibile farlo, ragion per cui sarà fatto forse in un secondo momento. Questa è la considerazione che lasciava trapelare. Comunque, ha detto che in questo momento non si possono eliminare le Regioni a Statuto speciale e, quindi, anche le Province, ma che lei sarebbe per farlo. Abbiamo, dunque, un Presidente del Consiglio che vuole farlo e un Ministro che sarebbe favorevole. Questo è il rischio concreto, anche perché vediamo tutti i giorni la capacità di persuasione del Presidente Renzi sulla sua maggioranza.
  Il secondo rischio è di natura più soggettiva. Io temo che la vera minaccia per l'autonomia del Trentino Alto Adige sia rappresentata dalla percezione esterna di che cosa quest'autonomia rappresenta. Mi spiego meglio. Io noto sempre di più in Parlamento e anche parlando con italiani che non risiedono in quei territori e che non hanno esperienza diretta di che cosa significhi autonomia in quei territori, un'idea dell'autonomia come di un privilegio. Questo è un dato di fatto.
  Questa idea sta aumentando sempre di più, sta circolando sempre di più. Mi chiedo se non sia proprio questo il punto di rottura. Quando l'opinione pubblica sarà contro questa forma di autogestione del territorio, sarà molto più semplice porre fine a questo livello di autodeterminazione.
  La riforma costituzionale – me lo chiedo insieme a lei, presidente – aumenta questo rischio ? Questa percezione, aumenta la distanza tra le Regioni ordinarie e le Regioni autonome e, in particolare, le Province autonome, oppure no ?
  Anche in quel consesso di cui parlavo prima in cui, ovviamente, io stavo assistendo e sono intervenuto solo alla fine, proprio perché si trattava di professori e di costituzionalisti di altissimo livello, si diceva come, in realtà, questa riforma costituzionale nel riparto di competenze salvaguardi formalmente la Provincia autonoma, anche se la clausola di salvaguardia che lei ha citato è piuttosto elusiva del problema. Non è ben precisa e, quindi, non si capisce esattamente quale forma pattizia il Governo intenda. Comunque, se noi ci spostiamo sul lato delle Regioni ordinarie, vediamo che il nuovo riparto di competenze sancito dall'articolo 117 della Costituzione è fortemente centralista, e lo dicevano tutti gli intervenuti in quella sede, soprattutto se noi consideriamo la clausola di supremazia che attribuisce al Governo – neanche al Parlamento; anche su questo mi chiedo quanto sia legittimo attribuire tale potere al Governo in una Repubblica parlamentare – il potere di accentrare la disciplina di una materia quando lo richieda un interesse nazionale. L'espressione «interesse nazionale» dà adito, peraltro, a gravissime interpretazioni.
  Il riparto di competenze centralista toglie alle Regioni ordinarie autonomia e possibilità di incidere su determinate materie, su un numero sempre maggiore di materie. L'intenzione di questa riforma sembra sia quella di spostare la capacità di influenzare la legislazione nazionale al Senato, che dovrebbe diventare formalmente un Senato rappresentante delle autonomie. Sinceramente questa impostazione potrebbe avere un senso logico. Allora, però, andiamo a vedere se è veramente un Senato delle autonomie. Se si analizza l'articolo 70 della Costituzione e successivi, si vede che, in realtà, non lo è.
  Mi spiego meglio. Il Senato delle autonomie, il Senato così come teorizzato da Renzi e scritto nel testo della riforma che è arrivato alla Camera, partecipa direttamente a disciplinare quelle materie, come le riforme costituzionali, che richiedono ancora il bicameralismo perfetto. Sulle altre materie interviene con una sorta di parere che può essere superato, nella maggior parte dei casi, attraverso una semplice votazione difforme della Camera e, negli altri casi, con una votazione della Camera a maggioranza assoluta.
  Questo potrebbe sembrare una garanzia della validità e dell'importanza del Pag. 8parere del Senato, ma non è così, perché la legge elettorale incardinata al Senato prevede di dare a un solo partito la maggioranza assoluta.
  Chiudo dicendo, quindi, che, da una parte, il Governo vuole eliminare le Regioni e le Province autonome e che, dall'altra, c’è una riforma costituzionale che toglie alle Regioni ordinarie potere decisionale, facendo percepire ancora di più questa discrepanza.
  In quest'ottica, secondo lei, presidente Rossi, quale garanzia, quale futuro c’è per l'autonomia e soprattutto la provincia autonoma di Trento cosa sta facendo per ostacolare questa deriva ?

  GIAN LUIGI GIGLI. Io vorrei ringraziare il presidente Rossi per l'intervento estremamente lucido e, credo, quanto mai opportuno. Senza forzare le cose forse fino alle estreme conseguenze, come ha voluto fare il collega Fraccaro del Movimento 5 Stelle, è certo che il regionalismo non goda di buona stima, in questo momento, in questo Paese, anche per colpe oggettive delle Regioni. È certo anche che ci sia, bene o male, un largo consenso sulla necessità di ridimensionare il peso delle Regioni e di restringere il peso e il ruolo delle autonomie.
  Io credo, invece, che, nel momento in cui la specialità è sotto attacco, l'intervento del Presidente Rossi abbia mostrato con chiarezza come la specialità, se correttamente intesa, non sia un privilegio e nemmeno un residuato della storia, bensì una forma di autogoverno, un modo positivo di amministrare. Perlomeno può esserlo e alcune Regioni e alcune Province a Statuto speciale (penso, in particolare, a quelle dell'arco alpino) l'hanno dimostrato con chiarezza. Anzi, forse questo ci indica proprio ciò che le Regioni avrebbero potuto essere, mentre talvolta hanno fallito.
  Bisognerebbe recuperare le ragioni dell'autonomia, precisare meglio, come ci è stato suggerito, la clausola di salvaguardia e vedere se nella discussione sul Senato come Camera di rappresentanza dei territori, nel senso più largo del termine, possa essere trovato il modo di avvicinarsi forse un po’ di più a quello che per me rimane un modello, ossia quello degli Stati veramente federali. Penso a quello della Germania o dell'Austria, per rimanere a Paesi vicini alle Regioni dove sia io, sia il Presidente Rossi viviamo. Io credo che questo dovrebbe essere uno sforzo da perseguire nell'interesse generale del Paese.

  MAURO OTTOBRE. Intervengo brevemente per ringraziare il Presidente Ugo Rossi della Provincia autonoma di Trento, ma anche per ricordare ai colleghi che il Trentino Alto Adige era nell'immediato dopoguerra la Regione più povera d'Italia.
  È evidente che la lungimiranza di Alcide De Gasperi ha comunque permesso e concesso questa autonomia e questa capacità di autogoverno, ma è altrettanto evidente che, come diceva il presidente Rossi, l'autonomia è stata chiesta anche nella situazione di un clima molto difficile tra popolazioni e lingue diverse. Ricordiamo, quindi, che l'autonomia ha portato anche alla pace di quei territori nei tempi bui che c'erano e che è stata portata inoltre davanti all'ONU una questione molto importante.
  Io svolgo una considerazione. Colleghi onorevoli, se il sistema di autogoverno ha funzionato e funziona, io credo che anche il Governo non debba fare annunci che, peraltro, non sono di immediata eliminazione di questa autonomia, perché è impossibile farlo. Essa fa parte della storia anche del Trentino Alto Adige.
  Dobbiamo dirci, francamente, che questa autonomia ha funzionato perché il sistema di servizio al cittadino nel Trentino Alto Adige è di una qualità molto elevata. Lo dicono le statistiche, lo dicono i numeri. Dovremmo lasciar stare le cose che funzionano in questo Paese e prenderle a esempio, senza togliere nulla a nessuno.
  C’è sempre questa favoletta per cui l'autonomia sarebbe a carico delle tasche o del bilancio dello Stato. Non è così: l'autonomia di Trento e Bolzano è autonoma anche finanziariamente e compartecipa al risanamento del debito pubblico. Questo è un dato di fatto che ha spiegato molto bene il presidente Rossi.Pag. 9
  Concludo dicendo che non si tratta di un'autonomia chiusa in se stessa, anche perché il futuro Senato delle Regioni avrà – lo dico al collega Fraccaro – un ruolo importante per la nostra autonomia. La nuova riforma del Senato va in questa direzione. Avere un Senato delle Regioni è un dato molto importante. Io credo che non si possa dire che il Presidente Renzi vuole eliminare l'autonomia. L'avrà scritto in un momento particolare, ma i dati devono dire cose diverse e la storia non si può cambiare con un colpo di mano o di ala.
  Il Trentino è un territorio aperto anche alle altre regioni. Proprio ieri è partita una colonna mobile per aiutare la Liguria, con volontari della protezione civile. Credo che anche questo sia un biglietto da visita che in questi momenti è molto importante.

  PRESIDENTE Do la parola al Presidente Rossi per una breve replica.

  UGO ROSSI, Presidente della provincia autonoma di Trento. Ringraziandovi nuovamente per gli interventi, osservo che sotto il profilo culturale è assolutamente evidente che viviamo un periodo storico nel quale – direi anche in maniera giustificata rispetto ad alcune esperienze di esercizio dell'autonomia; credo che si possa dire questo – assistiamo a un'inversione di tendenza rispetto solamente a qualche anno fa. Questo è un dato assolutamente oggettivo.
  Come Presidente della Provincia autonoma, io sono chiamato a valutare gli atti del Governo e devo dire che finora questo Governo, al di là di alcune dichiarazioni, sugli aspetti sostanziali ha tenuto fede al principio di revisione pattizia dei rapporti fra Stato e Province autonome. Credo che questo possa essere considerato altrettanto come un dato oggettivo.
  Se poi mi si chiede un parere personale, io penso che l'autogoverno sia un elemento assolutamente straordinario e positivo sotto il profilo della qualità dei servizi, ma spesso anche, in ultima analisi, del costo dei servizi. Non voglio parlare del Trentino. Preferisco riferirmi a qualche sistema sanitario di Regioni a Statuto ordinario che funziona e che ha saputo garantire qualità del servizio e assoluto controllo della spesa.
  Io non penso che rinunciare a quote di autonomia rispetto alla gestione di alcune competenze assicurerà allo Stato maggiore qualità dei servizi e controllo della spesa. Penso, invece, che, accentrando troppo, si perda il controllo della spesa. I cittadini devono poter verificare come sono spese le risorse.
  È altrettanto vero, però, che l'esercizio di un autogoverno non sempre positivo e anche alcune invasioni di campo reciproche tra Stato e autonomie hanno determinato un peso assolutamente non sostenibile dei ricorsi e, quindi, un gravame rispetto a ciò che bisogna garantire ai cittadini. Anche questo è un tema che doveva essere affrontato.
  Io credo che la riforma abbia, in questo senso, anche dei caratteri di positività, pur essendo certamente orientata a un maggiore centralismo rispetto al federalismo.
  Devo dire anche che, per esempio, nell'ambito della stessa Conferenza delle Regioni, le Province di Trento e di Bolzano, ma anche la stessa Valle d'Aosta e le altre autonomie speciali, in fin dei conti hanno sollecitato le Regioni a Statuto ordinario a non rinunciare a ciò che l'assetto costituzionale attualmente in vigore prevede. Parlo della possibilità di un regionalismo differenziato rispetto ad alcune deleghe che lo Stato possa un domani ritenere di concedere positivamente ad alcuni territori, proprio nell'ottica, da una parte, della qualità del servizio e, dall'altra, del controllo della spesa.
  Questo per dire che l'assoluto impegno nella difesa delle nostre prerogative non può essere esercitato in un ambito che non sappia guardare fuori da se stesso. Noi pensiamo che anche le Regioni a Statuto ordinario, pur in un riordino, debbano cercare di conservarsi la possibilità, se virtuose, di poter fare meglio rispetto al livello minimo che lo Stato assicura.
  Io credo che un Paese che vuole crescere e guardare ai migliori standard europei debba darsi questa possibilità. Altrimenti, badate bene, il rischio è quello di un appiattimento verso il basso. Io ritengo che in Pag. 10questo momento, se ci sono delle esperienze virtuose, che siano nelle Regioni a statuto speciale o nelle ordinarie, debbano essere assolutamente salvaguardate.
  Chiudo facendo un appello a voi, al vostro lavoro e alla vostra capacità, di cercare di valutare questi elementi e di tradurli in norme che ci permettano di mantenere questi obiettivi, che sono dei territori, ma anche del Paese tutto.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il Presidente Rossi e gli auguriamo buon lavoro.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, Sergio Chiamparino.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, in relazione all'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame dei progetti di legge C. 8 Cost. d'iniziativa popolare, C. 14 Cost. d'iniziativa popolare, C. 21 Cost. Vignali, C. 148 Cost. Causi, c. 178 Cost. Pisicchio, C. 179 Cost. Pisicchio, C. 180 Cost. Pisicchio, C. 243 Cost. Giachetti, C. 284 Cost. Francesco Sanna, C. 398 Cost. Caparini, C. 399 Cost. Caparini, C. 568 Cost. Laffranco, C. 579 Cost. Palmizio, C. 580 Cost. Palmizio, C. 581 Cost. Palmizio, C. 757 Cost. Giancarlo Giorgetti, C. 839 Cost. La Russa, C. 861 Cost. Abrignani, C. 939 Cost. Toninelli, C. 1439 Cost. Migliore, C. 1543 Cost. Governo, C. 1660 Cost. Bonafede, C. 1748 Cost. Brambilla, C. 1925 Cost. Giancarlo Giorgetti, C. 2051 Cost. Valiante, C. 2147 Cost. Quaranta, C. 2221 Cost. Lacquaniti, C. 2227 Cost. Civati, C. 2293 Cost. Bossi, C. 2329 Cost. Lauricella, C. 2338 Cost. Dadone, C. 2378 Cost. Giorgis, C. 2402 Cost. La Russa, C. 2423 Cost. Rubinato, C. 2458 Cost. Matteo Bragantini, C. 2462 Cost. Civati e C. 2613 Cost. Governo, approvato dal Senato, in materia di revisione della parte seconda della Costituzione, l'audizione del presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, Sergio Chiamparino.
  Sono, altresì, presenti, e li ringrazio, Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia, Vittorio Bugli, assessore al bilancio, finanze e tributi della regione Toscana, e Roberto Ciambetti, assessore al bilancio e agli enti locali della Regione Veneto, che ha peraltro partecipato a una precedente audizione nell'ambito della stessa indagine conoscitiva.
  Ringrazio i nostri ospiti della loro presenza e della loro disponibilità e do la parola al Presidente Chiamparino.

  SERGIO CHIAMPARINO, Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Grazie, presidente. Sono io che ringrazio e mi scuso, anche perché, per un disguido, non ho potuto partecipare prima, quando ero stato invitato a una precedente audizione. Spero che questa audizione ci consenta di rimediare.
  Cerco di essere molto breve, anche perché abbiamo predisposto una nota scritta altrettanto sintetica, alla quale mi rifaccio, salvo poi essere, ovviamente, a disposizione delle domande dei commissari.
  Muovo da una considerazione che, peraltro, è a voi ben nota, cioè che la Conferenza delle Regioni, attraverso un processo di confronto di proposte emendative avvenuto nella fase iniziale della discussione nella prima parte del 2014, quando il testo era incardinato nell'esame al Senato, ha sostanzialmente espresso un giudizio positivo sull'esito del provvedimento così come si era configurato nella Commissione Affari costituzionali del Senato.
  Credo sia a voi noto che, nel passaggio poi dal testo della Commissione al testo in Aula, ci sono state alcune modifiche che non vedono la nostra condivisione e sono quelle sulle quali io mi permetto di soffermarmi.
  Muovendo da una sola considerazione generale, ossia che vi è da parte delle Regioni una condivisione sugli obiettivi di fondo della riforma, quelli di superare il bicameralismo incardinando la riforma del Senato su un ruolo del sistema delle autonomie, in particolare delle Regioni e dei Comuni, mi permetto di dire tra parentesi – chiedendo scusa se vado fuori Pag. 11tema – che questa condivisione del processo e questo ruolo attivo che le Regioni hanno dimostrato nella fase che ho ricordato di discussione al Senato stridono un tantino con le modalità con cui sta procedendo la discussione sulla legge di stabilità. Trovo, infatti, che ci sia qualche potenziale contraddizione fra i due progetti di legge. Sto parlando unicamente dal punto di vista metodologico.
  Se le Regioni hanno un ruolo di impalcatura di uno dei due rami del Parlamento, come io credo sia importante in un Paese che vuole essere nazione delle autonomie e federale, io mi aspetto che anche nella fase di discussione della legge di budget, che è uno degli atti più importanti, vi sia il riconoscimento di questa pari dignità istituzionale.
  Detto questo, le nostre osservazioni puntuali muovono da una considerazione generale. Apprezzando lo sforzo volto a fare chiarezza nell'articolazione delle competenze legislative fra il livello statale e il livello delle Regioni, non si può, però, eliminare un dato che, io sarei portato a dire, è quasi di natura. Considerata, cioè, la complessità dei sistemi sociali, economici e istituzionali, è difficile evitare che vi sia oggettivamente una concorrenza di materia nelle varie tematiche.
  A dire il vero, per quel poco che io conosco, tutti i grandi Paesi federali e i grandi Paesi a base autonomistica in genere hanno nella concorrenzialità delle materie e in un sistema di regolazione affidato a uno dei due rami del Parlamento il loro caposaldo. È una questione che io vedevo e vedo nello spirito della riforma del Titolo V.
  Muovendo da questo presupposto e comprendendo in generale che tale presupposto mi sembra difficilmente controvertibile da un punto di vista di dottrina, ma anche di pratica, e tuttavia apprezzando lo sforzo teso a fare chiarezza e volto anche a superare una serie di contenziosi – peraltro non tutti riconducibili al tema delle materie concorrenti e a controversie di natura costituzionale in sede di confronto fra Regioni e Stato – e, quindi, apprezzando lo sforzo per la distinzione, noi siamo a ripetere una proposta che era stata in parte vista favorevolmente e che poi era stata messa da parte già nella fase della discussione al Senato.
  Si tratta della proposta di pensare all'introduzione di una legge bicamerale, da farsi dopo la definitiva approvazione del nuovo Senato, che regolamenti e definisca il campo di materie proprie delle Regioni e dello Stato. Questo al fine di superare alcuni rischi che noi continuiamo a vedere nell'articolato, rischi proprio di far rientrare dalla finestra – lo dico con un termine poco tecnico – quello che giustamente si vorrebbe scacciare dalla porta.
  Ove non fosse possibile prendere in considerazione una legge di tipo bicamerale che affronti il tema dell'articolazione delle competenze legislative e di altre eventuali che possano avere la stessa natura, noi riterremmo comunque necessario tornare al testo che fu varato dalla Commissione del Senato, testo nel quale, a nostro giudizio, vi era una possibilità maggiore di evitare che si producessero di nuovo ragioni di contenziosi e di confusione.
  Questo è il primo punto. Sto raccontando le posizioni emerse nel documento, che sono posizioni in cui tutte le Regioni si sono riconosciute.
  Il secondo e ultimo punto riguarda le nuove Province, o enti di area vasta. In merito noi chiediamo semplicemente che venga abolito quel passaggio, che è inserito, all'articolo 39, comma 4, del disegno di legge, nelle disposizioni transitorie e finali, laddove, facendo riferimento alle nuove aree vaste, si introduce la seguente formulazione: «fatti salvi i profili ordinamentali generali relativi agli enti di area vasta definiti con legge dello Stato, le ulteriori disposizioni in materia sono adottate con legge regionale».
  Perché chiediamo che questa definizione venga tolta ? Perché rivediamo in questo, nei fatti, una ricostituzionalizzazione di quello che le Province, in forma diversa e con un nome diverso, erano prima. Fuori dalle aree metropolitane, che Pag. 12sono ovviamente costituzionalizzate e che, quindi, è giusto che siano definite con legge dello Stato, noi pensiamo che la materia – per esprimersi direttamente – dell'ordinamento degli enti locali sia materia regionale dal punto di vista sia della dimensione territoriale, sia del profilo delle competenze da affidare.
  Avendo io contribuito, quando ero sindaco di Torino, nonché presidente dell'ANCI, all'elaborazione di alcune delle linee che ritrovo nella misura e che me la fanno condividere, credo di poter testimoniare che l'ispirazione è sempre stata quella di distinguere fra città metropolitane e altre aree vaste, distinte appunto dal profilo costituzionale che l'una ha e che le altre non hanno, in maniera tale che nei fatti lo Stato abbia due interlocutori fondamentali come corpi istituzionali intermedi, ossia aree metropolitane e Regioni. Queste, a loro volta, lavorano, dal punto di vista ordinamentale delle competenze e anche delle dimensioni territoriali, sugli assetti degli enti di area vasta in rapporto anche alle esigenze del territorio.
  Credo di essere stato sufficientemente puntuale nell'indicare i temi su cui, a nostro avviso, una riflessione da parte della Camera sarebbe importante e apprezzata.

  PRESIDENTE. Grazie anche per averci lasciato una memoria scritta, che verrà messa a disposizione dei componenti della Commissione, anche mediante l'invio per posta elettronica.
  Ha chiesto di intervenire per fare una precisazione Roberto Ciambetti, assessore al bilancio e agli enti locali della regione Veneto.

  ROBERTO CIAMBETTI, Assessore al bilancio e agli enti locali della regione Veneto. Ribadendo quanto ho già detto in una precedente occasione, lascio alla presidenza la risoluzione votata in Consiglio regionale del Veneto in cui si chiede per il Veneto il riconoscimento di Regione a Statuto speciale. La presenza del Veneto fra due realtà come Friuli e Trentino Alto Adige crea tensioni e situazioni che sono, io penso, ben comprensibili. Pertanto, il Consiglio mi ha chiesto di trasmettere questa posizione e questo documento.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ENZO LATTUCA. Rivolgo alcune domande al Presidente Chiamparino.
  Vorrei sapere se lei o comunque il sistema delle Regioni ritenete che la composizione del Senato sia coerente con le finalità stabilite dal nuovo articolo della Costituzione in cui si parla del Senato come rappresentativo delle Istituzioni territoriali.
  Non ho bisogno di aggiungere altro alla domanda, perché il concetto è chiaro. Si tratta di un Senato rappresentativo delle Istituzioni territoriali o di un Senato, così come configurato, in cui si riproducono dinamiche politiche anche nei rapporti maggioranza e opposizione, a differenza di altri sistemi, come quello tedesco ?
  La seconda domanda verte sulla clausola di supremazia di cui all'articolo 117 della Costituzione nel testo che stiamo discutendo. Al secondo comma, dopo l'elenco delle lettere, vorrei sapere se si ritiene necessaria una più definita procedimentalizzazione dell'utilizzo della clausola di supremazia da parte dello Stato nei confronti delle Regioni e se si ritiene che tale procedura non possa prescindere dal coinvolgimento diretto del Senato in cui i rappresentanti delle Regioni siedono.
  Un'altra domanda che voglio porre è se si ritiene necessaria una clausola di sussidiarietà in grado di bilanciare, così come avviene e come è previsto dal testo dell'articolo 117, per quanto riguarda la potestà regolamentare, la clausola di supremazia suddetta.
  Non sempre è necessario un intervento dello Stato per limitare le funzioni delle Regioni. Forse in alcune situazioni, che oggi non vediamo, per la cronaca, all'ordine del giorno, ma che non dobbiamo escludere, ci sarebbe la possibilità anche di devolvere ulteriori funzioni alle Regioni Pag. 13o comunque di coinvolgerle di più nell'esercizio di alcune funzioni.
  L'ultima domanda, a cui parzialmente il presidente Chiamparino ha già risposto, è se non ritiene che sia ineliminabile, almeno su alcune materie, come la sanità, una concorrenza di fatto nella potestà legislativa tra Stato e Regioni e se ritiene che gli strumenti individuati dall'attuale testo siano idonei o meno a raggiungere questo obiettivo. Chiedo se ci siano dei suggerimenti specifici per essere più coerenti sempre con questo obiettivo di ridurre il contenzioso.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Poiché è stato fatto riferimento dal Presidente Chiamparino all'eliminazione della legislazione concorrente come a un fatto che elimina un dato che in natura esiste, cioè che la sovrapposizione di competenze per definizione in molti settori avviene, il che è verissimo, il problema diventa però quello della soluzione.
  Se in tutti i sistemi esiste questo meccanismo, di fatto in un modo o in un altro esistono clausole di supremazia, perché questo è sostanzialmente il modo in cui funziona il sistema. Se non è supremazia, è anteriorità, ma quasi tutti i sistemi hanno questo meccanismo.
  Poiché qui l'obiettivo non è di tenersi le competenze, né dello Stato, né delle Regioni, ma di ridurre il contenzioso, alla fine l'impostazione che è nella riforma in che cosa potrebbe essere corretta ? Oggi si dice che la riforma è complicata perché si parla di concetti generali e di princìpi generali che non funzionano, che sono indefiniti e che porteranno a contenzioso a loro volta. Questa è la contestazione tipica su questo nuovo sistema. C’è, però, la clausola di supremazia.
  La domanda è: forse la semplificazione consiste semplicemente nel lasciare una scelta centralista ? L'alternativa procedurale alla fine non esiste perché porta a definizioni sempre più dettagliate, che però non eliminano mai la sovrapposizione. Per questo motivo volevo capire meglio la soluzione della legge attuativa. Una legge attuativa, per definizione, è comunque generale e astratta. Non porta al caso concreto. Alla fine, quindi, non so se l'elencazione delle materie risolverebbe o non duplicherebbe piuttosto la legislazione concorrente di prima.

  STEFANO QUARANTA. Svolgo alcuni flash, perché le questioni sarebbero tantissime.
  La prima è un'osservazione. A me pare che, nel momento in cui si concepisce un Senato delle autonomie, in realtà si tenda a ricentralizzare, a togliere del potere alle Regioni. Una riflessione su questo aspetto mi sembra opportuna, alla luce della contraddittorietà che a me pare ci sia in questa riforma.
  La seconda questione riguarda l'elezione del Senato. Si segue un metodo puramente proporzionale rispetto alla popolazione. Questo porterà a una rappresentanza molto differente tra le Regioni grandi e le Regioni piccole.
  Le chiedo, presidente Chiamparino, da un lato, se questa scelta può procurare un problema di funzionamento delle regioni che hanno molti senatori a Roma e, dall'altro, se le sembra corretto, dal punto di vista della costruzione di un nuovo Senato, che si applichi un sistema così fortemente proporzionale alla popolazione e che non ci siano dei meccanismi di riequilibrio che consentano di gestire il Senato in maniera diversa.
  Passo alla terza e ultima questione, che però per me è la più importante. Io credo che questo tipo di riforma avrebbe dovuto essere correttamente preceduto da un ragionamento sulle Regioni, su come hanno funzionato le Regioni in questi anni e su quali pezzi di welfare effettivamente le Regioni possano coprire.
  Si sarebbe dovuti partire dalla grande differenza sia di dimensioni e di abitanti tra le Regioni, sia di compiti che sono stati assegnati alle Regioni nel corso degli anni. Penso a pezzi fondamentali di welfare, quali sanità e trasporto pubblico locale. Prima di fare un ragionamento sul Senato delle autonomie vorrei una riflessione da parte sua su come hanno funzionato le Regioni e che futuro prevede per esse.

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  MATTEO BRAGANTINI. Poiché nella riforma costituzionale il nuovo Senato sarà composto anche da consiglieri regionali in base alle maggioranze delle singole Regioni, il mio dubbio è che, quando essi saranno in seduta in Senato, non si possano tenere i Consigli regionali, perché ovviamente andremmo a falsare il numero all'interno dei Consigli regionali.
  Nessuno ha pensato a come risolvere questa problematica o a che problema può comportare ? Se il Senato, con tutte le competenze che gli sono state affidate, ha la necessità di riunirsi tre volte ogni settimana, ciò significa che i Consigli regionali potranno lavorare solo dal venerdì al lunedì.
  Questa è una problematica su cui, a mio avviso – adesso l'ho posta in un modo un po’ scherzoso – occorre ragionare. È molto importante per vedere veramente quale debba essere la composizione del nuovo Senato. Vorrei sentire il parere delle Regioni, che saranno ovviamente le prime a essere interessate.

  LAURA RAVETTO. A completamento della prima domanda del collega Lattuca vorrei un'opinione del Presidente Chiamparino sul fatto che effettivamente ad oggi non sia previsto e non sia neanche implicito che nella delegazione che rappresenterà la Regione al Senato ci sia la presenza del governatore.
  Mi chiedo se il fatto che solo il governatore sia, in realtà, il rappresentante legale – mi esprimo impropriamente – della Regione non potrebbe determinare in futuro che la mancata presenza in Senato e la presenza, invece, di consiglieri possa creare non dico una discrasia, ma una sorta di mancata corrispondenza nelle decisioni assunte a livello centrale.
  Io mi immagino un consigliere regionale che entra nella sua Regione e che ha votato un provvedimento in cui magari un governatore non si riconosce. Vorrei sapere se lei, presidente Chiamparino, riterrebbe opportuno, da questo punto di vista, che ci fosse nel meccanismo di scelta una regola per cui il governatore debba essere presente o se ritiene che il sistema così com’è vada bene.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Riprendendo anche quest'ultima domanda che ha fatto la collega Ravetto, volevo aggiungere un'ulteriore domanda che noi ci siamo posti anche nelle precedenti audizioni sulla composizione del Senato.
  Se i consiglieri regionali sono eletti da un intero territorio regionale, i Sindaci che parteciperanno al Senato sono eletti da una parte del territorio regionale. Da questo punto di vista, si corre il rischio che possano rappresentare campanili, ma non sistemi territoriali complessi come le regioni.
  Visto che lei, presidente Chiamparino, è stato, oltre che sindaco, anche presidente dell'ANCI, cosa ci suggerisce ? Noi dovremo infatti preparare emendamenti e cercare di capire come correggere alcune situazioni. Personalmente, credo che sia importante che ci siano i presidenti dentro il Senato, ma mi interessa un'opinione precisa.
  A proposito di area vasta, molti dei costituzionalisti che abbiamo sentito nelle varie audizioni hanno sottolineato una preoccupazione, pur ribadendo il principio che sia competenza delle Regioni prima di tutto quella di definire le aree vaste per competenze e anche per territorio. La preoccupazione – che rimane anche a me – è, se così fosse e non c’è alcuna indicazione in Costituzione, che cosa debbono essere. Mi chiedo: il rischio è che ci troviamo di fronte a 8-9.000 nuovi enti ?
  Mi sembrava utile avere qualche suggerimento su come salvaguardare il ruolo delle Regioni, ma anche come garantire in Costituzione che ci sia omogeneità nella definizione di queste.
  C’è un'ultima questione, che a me interessa molto. Da anni – lo ha fatto anche il presidente della mia Regione, la Lombardia che, peraltro, è seduto vicino a lei – si è intervenuti, a volte anche in maniera un po’ strumentale, sul tema delle macroregioni. In realtà, il tema del riordino delle Regioni, delle Regioni a Statuto Pag. 15speciale e del livello delle attuali Regioni in termini numerici è un tema vero. La questione che, secondo me, sarebbe importante è se dalla vostra Conferenza arrivassero una proposta e un suggerimento.
  Io capisco che sia difficile e che ci stiamo rimpallando la palla. Oggettivamente, però, sarebbe interessante che questa palla fosse messa al centro e che provassimo a giocarcela. Quello che è venuto fuori da tutti questi confronti è stato il fatto che le regioni sono state il soggetto messo, per alcuni aspetti in modo improprio, maggiormente in discussione sul piano politico. Io sono per le autonomie delle Regioni, sono federalista e, quindi, credo che sarebbe giusto rimettere la palla al centro e attribuire a ognuno il proprio ruolo.

  ANDREA GIORGIS. Se fosse possibile, chiederei di estendere di qualche tempo il nostro incontro. È un'occasione così importante che forse varrebbe la pena di spostare gli altri argomenti che abbiamo all'ordine del giorno ad altra data. Diversamente il dialogo qui rischia di essere eccessivamente strozzato.
  Vorrei solo chiedere al presidente Chiamparino di tornare su un tema che molti colleghi hanno già in parte sollevato, ossia sul tema della composizione del Senato e, di conseguenza, del titolo di legittimazione dei senatori.
  Il problema è ormai noto. Il testo che il Senato ha approvato dichiara i senatori essere rappresentanti delle Istituzioni territoriali, ma prevede che siano eletti con un meccanismo che garantisca una rappresentanza politica a tutte le forze presenti in Consiglio regionale, il che produce una tensione tra logiche diverse.
  Si ipotizza – e mi sembra che glielo abbiano chiesto anche qui, presidente – di correggere il testo introducendo anche i presidenti di Regione tra i membri permanenti. Questa ipotesi, che va nella direzione effettivamente di garantire una qualche presenza istituzionale, incontra un aspetto che dimostra come sia difficile imboccare delle strade in maniera non lineare.
  Prendiamo il caso di un presidente di Regione che venga messo in minoranza dai consiglieri della sua stessa Regione o da alcuni consiglieri della stessa Regione e dal Sindaco. Qual è la voce della Regione ? Chi parla in nome e per conto degli interessi regionali ? Quali sono gli interessi regionali ?
  Qui arriva l'altro tema. Se non c’è il vincolo di mandato, avremo contemporaneamente senatori che rappresentano l'intera Italia, sindaci che parlano a nome dell'intera Italia e presidenti di Regione che, invece, in quanto presidenti di regione, parlano solo a nome della loro Regione. Il sistema diventa complicato. Quando poi si vota, ogni voto viene contato per uno.
  Questo tema mi sembra sia davvero preliminare a tutto il resto. Noi possiamo anche immaginare di riuscire, o nel modo che propone lei, presidente Chiamparino, o nel modo che noi proveremo comunque a tentare di individuare, a semplificare e chiarire a chi spetti fare che cosa. Tuttavia, se anche noi riuscissimo, ammesso che ciò sia possibile – io dubito che in via generale e astratta sia possibile farlo, perché la logica della concorrenza è immanente alla contestuale presenza di livelli istituzionali diversi – a definire a chi spetta fare che cosa, se poi i soggetti che fanno vivere questa ripartizione e che partecipano all'attività legislativa, perché il Senato parteciperà all'attività legislativa in maniera significativa, non hanno una chiara legittimazione e non è evidente da chi traggano indicazioni e a chi rendano conto, io temo che questo rischi, alla fine, di inficiare quella che, invece, potrebbe essere una grande occasione per il nostro Paese.
  Su questo, anche se c’è un bon ton istituzionale che le sconsiglia, immagino, di dire che sarebbe bene che altri non ne facessero parte, qualche parola forse ci aiuterebbe.

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  MARILENA FABBRI. Intervengo sempre su questo filone di chiarire le competenze e il ruolo di questo nuovo Senato delle autonomie. Sempre collegandomi a questo aspetto, vorrei sapere se avete ragionato sull'integrare la composizione del Senato con i presidenti di Regione e, quindi, anche sul tema che veniva sollevato del tempo.
  Se gran parte dei consiglieri regionali, nonché presidenti, sono fisicamente impegnati nell'attività legislativa del Senato, vorrei sapere come questo potrebbe interferire nella capacità e nell'efficienza anche gestionale della Regione.
  Inoltre, vi chiedo se abbiate già pensato al fatto che, invece, il Senato sostituisca quel ruolo di compensazione e di concertazione che oggi ha la Conferenza Stato-Regioni o se, invece, quello rimanga come luogo di concertazione «sindacale».
  Mi domando, quindi, se quello, in realtà, non sia lo spazio nel quale i governatori, i presidenti di Regione, esercitano il proprio ruolo, nella concertazione con lo Stato, finalizzato più alla gestione e all'amministrazione, mentre il Senato sia il luogo nel quale le Regioni, attraverso i consiglieri regionali, rappresentativi delle Assemblee e, quindi, del potere legislativo, compartecipano alla legislazione.
  Chiedo questo per capire se tenere distinti i due ambiti e, quindi, anche evitare che in futuro ci possa essere una confusione dei ruoli tra quando, come si diceva, si tratta nell'interesse del proprio territorio e quando, invece, si compartecipa a un potere più alto dell'interesse regionale, ovviamente con la prospettiva di chi governa il territorio, ma in una logica più di legislatore e non di portatore degli interessi territoriali.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Chiamparino per la replica.

  SERGIO CHIAMPARINO, Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Devo fare una premessa per forza di cose. Come loro sanno, io sono presidente della Regione dal 6 giugno. Bisogna essere chiari: sto parlando di questioni che io rappresento nella mia funzione istituzionale, ma che mi precedono e che io non ho seguito approfonditamente. Se qualche collega presente, a cominciare da Vittorio Bugli, vuole fornire una risposta più puntuale, io ne sarei ben lieto.
  Mi permetto, però, a questo punto, di fare due considerazioni, che sono mie riflessioni, le quali non coinvolgono la Conferenza. Se, quindi, il presidente ritiene di dare la parola al collega Buglio, io mi riserverei di fare due o tre rapidissime considerazioni, senza però coinvolgere la Conferenza. Ci tengo a dirlo per ragioni di correttezza.

  PRESIDENTE. Concordo con la proposta del presidente Chiamparino. Avremmo l'unico problema dei tempi. L'Aula riprende tra un quarto d'ora-venti minuti, ma senza votazioni, ragion per cui possiamo avere qualche minuto in più. Do quindi la parola a Vittorio Bugli, assessore al bilancio, finanze e tributi della regione Toscana.

  VITTORIO BUGLI, Assessore al bilancio, finanze e tributi della regione Toscana. Grazie e buongiorno. Per quanto riguarda le materie noi avevamo pensato a un'impostazione in cui sostanzialmente ci fosse un superamento delle concorrenti, che indubbiamente non abbiamo favorito nel dibattito fatto prima con il Governo e poi col Senato.
  Avevamo trovato un giusto equilibrio, andando a una lista delle materie esclusive dello Stato, e comunque a prevalenza statale, insieme a una lista delle funzioni a prevalenza regionale, con questo risolvendo, anche su nostra indicazione, in quello che da taluni viene definito un indebolimento delle Regioni, alcune materie per riportarle nella competenza dello Stato, tra cui energia e grandi infrastrutture. C’è stato un nostro pieno accordo sul fatto che questo avvenisse.
  Sulle materie a prevalenza regionale, per esempio sulla sanità, noi intendevamo marcare una necessità che ci sia da parte dello Stato un quadro generale di norma Pag. 17che detti un equilibrio su tutto il sistema sanitario nazionale, ma anche un'affermazione già in Costituzione, per la quale indubbiamente la materia sanitaria è una materia delle Regioni.
  Cosa venivamo a concludere a seguito di questo ? Concludevamo che, pur specificando quanto si voglia, nelle due liste non si sarà mai in grado di entrare nei singoli capitoli e titoli delle varie funzioni.
  Avevamo, quindi, suggerito l'introduzione, come diceva prima il presidente Chiamparino, di un passaggio a forme di legge bicamerale nel momento in cui vi fosse la necessità di andare a queste specifiche, in un dialogo che già avvenisse con l'altra Camera, quando si andava a legiferare su alcune materie. Questo, ovviamente, in una prima legge bicamerale che fosse stata la madre delle altre al momento dell'elezione del nuovo Senato, ma poi anche laddove vi fossero delle necessità anziché ricorrere a un contenzioso e, quindi, poi a un'espressione della Corte costituzionale.
  Questa ci sembrava una scelta innovativa e io riterrei qui di riproporla e avanzarla, perché non si trova molto in giro nelle legislazione di riferimento, mentre si trovano proposte molto simili, quali Commissioni specifiche fatte a questo scopo.
  Sulla costituzione del Senato noi avevamo avanzato una richiesta, insieme ad ANCI, in cui inserivamo i presidenti e i Sindaci delle città capoluogo e una proporzionalità dei vari territori in base alla cittadinanza, con i consiglieri regionali eletti dai Consigli e i Sindaci eletti dall'Assemblea dei Sindaci regionali.
  Questa fu la nostra proposta avanzata all'epoca, anche in forma paritaria, peraltro, tra Regioni e Comuni. Questa correzione io penso sia nelle cose ed è stata poi fatta in una prevalenza delle Regioni. Noi all'epoca, però, avevamo addirittura avanzato la proposta di inserire presidenti, Sindaci delle città capoluogo, consiglieri eletti dai Consigli e Sindaci eletti dall'Assemblea dei Sindaci di una data Regione molto semplicemente in forma proporzionale in funzione del numero degli abitanti.
  In quel contesto avanzavamo anche una necessità: essendo questo un Senato rappresentativo delle autonomie, proponevamo di non ricostituire in quell'ambito una divisione politica, anzi, addirittura in alcuni passaggi avevamo avanzato l'organizzazione per delegazioni regionali. Come sapete, ci sono delle legislazioni molto di riferimento che questa questione la tengono, ovviamente, molto stretta, perché, se si va a rappresentare la Regione, non si possono esprimere tre voti. Bisogna rappresentare un'opzione per Regione.
  Questa era l'idea che noi avevamo avanzato. Siamo arrivati a questa formulazione. In merito noi – è chiaro che in un passaggio ci sono le mediazioni – non ci siamo mai stracciati le vesti. Come avete visto, oggi non torniamo neanche sopra il punto. Vi trasmetto, però, le riflessioni di allora.
  Quanto alla supremazia – e chiudo – l'articolo 116, comma terzo, ha previsto quello che dicevo prima, cioè la bicamerale. Noi riteniamo, quindi, che alla fine siano abbastanza corrisposte le perplessità che venivano avanzate.
  Certamente si può lavorare ulteriormente a forme di garanzia, allorquando scatta la supremazia. Noi avevamo anche detto di stare attenti al fatto che ci potesse essere una supremazia opposta. Se in alcune situazioni lo Stato sta fermo, ci deve essere anche una possibilità del Senato di poter intervenire, ovviamente non a commissariare lo Stato, ma a prevedere forme di attivismo in questi termini.
  Sui princìpi e le forme associative, alla lettera p), il testo tutela in parte dalle considerazioni dell'onorevole Gasparini sulle aree vaste. Quello che diceva il presidente è che, se si va a costituzionalizzare le aree vaste, non solo se ne fanno 2.500, ma si fanno anche 2.500 mostri.
  Nella lettera p) si disciplina in parte il criterio per cui bisogna farle con consapevolezza e in modo contenuto. Non costituzionalizzarle significa anche porre dei limiti.
  La Lombardia non è la Basilicata, ma poi magari su questo si può tornare in un'altra fase della riforma. Anch'io apprezzerei Pag. 18un dibattito sulla revisione delle Regioni, ma non lo facciamo ora, altrimenti non si arriva più. È chiaro, però, che la Lombardia può avere la necessità di strutturare due, tre o quattro territori amministrativi di area vasta, mentre la Basilicata magari può gestire direttamente le funzioni senza stare a creare ulteriori ripartizioni sul territorio.
  Grazie.

  SERGIO CHIAMPARINO, Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Molto rapidamente, ci tengo a dire una cosa: credendo di interpretare quella che dovrebbe essere la filosofia di questa riforma, io penso a un Senato che dovrebbe essere rappresentativo, sul modello tedesco, dei territori, in particolare delle Regioni e delle Città metropolitane, con vincolo di mandato nel voto.
  Per questo motivo tenevo a fare la premessa. Dato che non avevo partecipato alle discussioni in sede di Conferenza, non volevo vincolare, influenzare e condizionare in alcun modo. Questa è una mia opinione.
  A me pare che questo risponda alla questione della composizione, con l'eventuale possibilità di garantire la rappresentanza delle minoranze sul territorio, ma, ripeto, secondo me con vincolo di mandato. Questo porterebbe anche alla sostituzione delle Conferenze, ovviamente, perché, al limite, ci sarebbero le Commissioni del Senato per istruire le pratiche.
  Tutte le questioni di composizione e di rappresentanza territoriale, se si assumesse questo sistema, si risolverebbero. Tuttavia, come diceva egregiamente Bugli, è evidente che ci sono delle mediazioni da fare, non tanto fra di noi, forse, quanto con l'interlocutore. Noi ne teniamo conto, quindi, perché vogliamo essere protagonisti di un processo che comunque ci vede favorevoli.
  Io mi permetto di fare un suggerimento ai commissari tutti, anche sulla base della domanda che mi veniva posta sul futuro delle Regioni, cui sarebbe un po’ complesso rispondere. È possibile che questa Commissione possa costruire e costituire una sorta di sessione permanente che consenta di fare un'indagine a vasto spettro su che cosa sono oggi le Regioni, che cosa possono diventare e quali sono le problematiche ? Questo sarebbe anche il luogo in cui trattare una serie di temi e – senza evocare le battute sui tacchini e sul Thanksgiving, che, come è noto, valgono per tutti – potrebbe consentire un confronto alla pari, mettendo in fila i problemi e consentendo a chi ha la responsabilità di decidere di farlo.
  Ci tenevo a lasciare questi due messaggi, che non rispondono puntualmente a tutte le questioni.
  Come ultima cosa, mi permetto di rilanciare i tre punti che avevo svolto nell'introduzione, che sono contenuti nel documento e che rappresentano le posizioni della Conferenza. In particolare, sottolineo che, secondo me, il tema dell'articolazione delle competenze legislative e quello della clausola di supremazia sono tutte questioni che, a mio modesto modo di vedere, se si affrontano con uno strumento come la legge bicamerale, ancorché lo strumento di per sé non sia risolutivo, sono più facili da definire che non in sede di testo costituzionale.

  PRESIDENTE. Ringrazio i presidenti Chiamparino e Maroni e gli assessori Bugli e Ciambetti per la loro presenza. È stato importante e utile avere la voce delle regioni direttamente in Commissione. Vi ringrazio.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.15.