XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 1 ottobre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 275  BRESSA, C. 1059  FRACCARO, C. 1832  CIVATI E C. 1969  TINAGLI: DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CONFLITTI DI INTERESSI

Audizione di esperti e di rappresentanti di «Articolo 21».
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 
Frosini Tommaso Edoardo , Professore ordinario di diritto pubblico comparato – Università Suor Orsola Benincasa di Napoli ... 3 
Guzzetta Giovanni , Professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico – Università degli Studi di Roma Tor Vergata ... 5 
Salerno Giulio , Professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico – Università degli Studi di Macerata ... 7 
Tuccari Francesco Fabrizio , Professore associato di diritto amministrativo – Università degli Studi del Salento ... 9 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 11 
Dalla Massara Tommaso , Professore associato di fondamenti del diritto privato europeo – Università degli Studi di Verona ... 11 
Vita Vincenzo , Rappresentante dell'associazione «Articolo 21» ... 13 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 15 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 15 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 15 
Sanna Francesco (PD)  ... 15 
Fiano Emanuele (PD)  ... 16 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 16 
Vita Vincenzo , Rappresentante dell'associazione «Articolo 21» ... 16 
Dalla Massara Tommaso , Professore associato di fondamenti del diritto privato europeo – Università degli Studi di Verona ... 17 
Tuccari Francesco Fabrizio , Professore associato di diritto amministrativo – Università degli Studi del Salento ... 17 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 17 
Salerno Giulio , Professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico – Università degli Studi di Macerata ... 18 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 18 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 18 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 18 
Guzzetta Giovanni , Professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico – Università degli Studi di Roma Tor Vergata ... 18 
Fiano Emanuele (PD)  ... 19 
Guzzetta Giovanni , Professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico – Università degli Studi di Roma Tor Vergata ... 19 
Fiano Emanuele (PD)  ... 19 
Guzzetta Giovanni , Professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico – Università degli Studi di Roma Tor Vergata ... 19 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 19 
Guzzetta Giovanni , Professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico – Università degli Studi di Roma Tor Vergata ... 19 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 19 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 19 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 20 

Audizione del Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, Giovanni Pitruzzella:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 20 
Pitruzzella Giovanni , Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 20 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 20 
Pitruzzella Giovanni , Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Cosa è andato male nella democrazia ? Cosa non funziona ? ... 20 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 22 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 22 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 23 
Pitruzzella Giovanni , Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 23 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 25 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 25 
Sanna Francesco (PD)  ... 25 
Migliore Gennaro (Misto-LED)  ... 25 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 26 
Migliore Gennaro (Misto-LED)  ... 26 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 26 
Pitruzzella Giovanni , Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 26 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 28

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di esperti e di rappresentanti di «Articolo 21».

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, in relazione all'indagine conoscitiva nell'ambito delle proposte di legge n. 275 e abbinate, recanti disposizioni in materia di conflitto d'interessi, l'audizione di esperti e di rappresentanti di «Articolo 21».
  Ringrazio i nostri ospiti. Do la parola per primo al professor Frosini, che ne aveva fatta richiesta. Vista anche la necessità di approfondimento della Commissione non dipendente dal numero dei commissari presenti – i resoconti ci consentono, ovviamente, di apprendere quello che dobbiamo approfondire – vi invito, qualora lo riteniate opportuno, a trasmetterci in tempi molto brevi dei contributi sintetici scritti, che consentono maggiore facilità di focalizzazione delle vostre opinioni.
  Dato che è in programma oggi un'altra audizione, ritengo che un tempo di sette minuti per intervento possa essere congruo.
  Do la parola al professor Frosini.

  TOMMASO EDOARDO FROSINI, Professore ordinario di diritto pubblico comparato – Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Ringrazio molto il presidente e la Commissione per l'invito. Conto di fare avere alla Commissione la prossima settimana un contributo scritto per consentire di mettere agli atti una mia breve riflessione su questo tema.
  Devo dire che ho letto con attenzione la sua relazione, presidente, che fa il punto dell'insieme dei progetti di legge depositati in questo ramo del Parlamento per regolamentare, o meglio per novellare, se non addirittura per cambiare profondamente una legge già approvata nel 2004 relativa al conflitto di interessi.
  In questo breve spazio di tempo che mi viene concesso, mi concentrerò prevalentemente sulla specificità straniera. Ritengo che un tema come quello del conflitto di interessi sia rilevante in relazione al funzionamento della democrazia, quindi si presti senz'altro a essere analizzato sotto il punto di vista della comparazione giuridica, posto che oggi non si può legiferare senza prima comparare. Quando, cioè, si va a mettere mano a una legislazione così particolare quale quella sul conflitto di interessi, credo che sia opportuno vedere come gli altri Paesi di democrazia liberale abbiano voluto regolamentare il fenomeno. Farò poi delle brevissime riflessioni sul caso italiano, ovviamente con particolare riguardo ai progetti di legge all'esame di questa Commissione.
  Direi che, per quanto riguarda la varietà dei modi di regolamentazione del fenomeno del conflitto di interessi, lascerei da parte per adesso, nonostante sia un caso molto interessante e importante e forse addirittura l'epifania della regolamentazione del modello di conflitto di Pag. 4interessi, quello degli Stati Uniti d'America. Sappiamo, però, che è un Paese utile da osservare, ma difficilmente le sue norme, i suoi modi e metodi di organizzazione dell'assetto istituzionale possono essere trapiantati nei Paesi europei.
  Molto brevemente, quindi, farò riferimento a Francia, Gran Bretagna e Spagna. Direi che, delle tre, quella che senz'altro risulta più interessante e che, a mio avviso, può fungere da modello per essere eventualmente monitorata e, se del caso, utilizzata come trapianto di alcune norme e di alcune situazioni, sia la Spagna e spiegherò perché.
  La Francia è tutta orientata sulla sanzione anziché sulla prevenzione. In Francia, nel giro di due anni sono state nominate addirittura quattro commissioni di studio dal Governo, le quali non sono riuscite a mettere a punto un progetto che potesse essere tramutato in legge. È tutta organizzata sulla base delle norme penali, che si affidano alla repressione anziché alla prevenzione.
  Come è noto, invece, e come emerge dalla relazione introduttiva del presidente, riferendosi ai progetti di legge qui in discussione, l'obiettivo, come mi sembra di capire, da parte di questa Commissione è quello di produrre orientativamente una legge che valorizzi il fenomeno preventivo piuttosto che quello successivo, come finora è stato regolamentato dalla legge del 2004, nota come legge Frattini.
  La Francia si presta poco a un'emulazione perché ha una mancanza organica di disciplina normativa ed è orientata tendenzialmente a sanzionare anziché a prevenire.
  Altro discorso è quello relativo alla Gran Bretagna. Sapete che qui siamo in un regime di common law, tendenzialmente in un sistema giuridico non scritto, ma convenzionale. Il rapporto Nolan del 1994, infatti, che aveva predisposto, appunto, una serie di argomentazioni relative al conflitto di interessi, è poi stato tramutato, essenzialmente, in codici di condotta, di comportamento e non in vero e proprio bill.
  La Spagna risulta interessante perché ha provveduto, con la ley 10 aprile 2006, n. 5, a regolamentare il conflitto di interessi, allargando e ampliando notevolmente la platea di coloro che possono essere soggetti, appunto, a una valutazione dei propri comportamenti con riferimento al munus pubblico e, eventualmente, una ricaduta in punto di attività privata.
  Si tratta, cioè, non solo di membri di Governo, ma di un piuttosto nutrito numero di funzionari pubblici, come i direttori generali di importanti aziende di Stato, quale quella della televisione pubblica, o di vertici delle autorità di garanzia e di tutti coloro che sono nominati dal Governo nella Administración General del Estado; la nomina del Governo fa sì che assumano una potenzialità di figura pubblicistica di munus, pertanto soggetto a una valutazione in punto di eventuali conflitti di interessi.
  Altro punto che merita di essere evidenziato del sistema spagnolo è la severità nel regime di incompatibilità funzionali e patrimoniali dei soggetti interessati. Anche questo è un problema molto significativo, cioè appunto quando deve scattare il momento in cui può essere dichiarato incompatibile un soggetto laddove abbia un suo rapporto con aspetti di carattere funzionale e patrimoniale.
  Inoltre, la Spagna prevede un altro profilo interessante, il registro dei beni e delle attività degli alti funzionari, per motivi di riservatezza. Ovviamente, è un registro detenuto dall'organo Oficina de Conflicto de Intereses, una sorta di Autorità, che fa sì che siano riservati i dati, ma assicura la pubblicità laddove ne sia fatta richiesta esplicita riguardo a un determinato soggetto.
  Infine, la parte sanzionatoria gode di un certo grado di severità, e quindi di una capacità di deterrenza.
  Per i parlamentari – va detto, dato che appunto ripeto che la platea dei soggetti è molto vasta e non riguarda solo i membri del Governo, come la nostra legge del 2004 – addirittura vi è un divieto assoluto di svolgere attività di tipo professionale, ovvero qualsiasi attività lavorativa. Addirittura, Pag. 5vi è un'unica retribuzione a carico delle finanze pubbliche, quindi senza possibilità dell'accumulo tra il compenso dell'attività dell'impegno parlamentare ed eventuali altri compensi che possano provenire da altre attività lavorative e funzionali.
  Concludo sul fenomeno spagnolo. Sappiamo tutti che la Spagna è senz'altro da ritenersi un Paese di democrazia liberale, ma la legge stringe molto e per certi versi quasi sembra addirittura dover chiudere su alcune libertà, quella professionale, quella di impresa, quella lavorativa, ma con lo scopo precipuo di blindare la possibilità di arrecare un danno alla società e alla cittadinanza per il tramite di una commistione di interessi piuttosto che di un conflitto di interessi.
  D'altronde, nessuno è obbligato a fare il parlamentare o il membro del Governo o ad andare al vertice di un'alta società partecipata dello Stato se non è in condizione di poterlo fare rinunciando a una serie di prerogative e benefit di cui godeva.
  Addirittura il caso spagnolo prevede che coloro che sono nominati sono sottoposti a una sorta di vaglio dei due anni precedenti alla nomina, in relazione a cui debbono dichiarare tutti i beni e le attività. Inoltre, per i due anni successivi alla dismissione dell'incarico pubblico, non possono assumere incarichi privati la cui attività sia direttamente collegata con l'incarico pubblico. Le infrazioni solo graduate: molto gravi, gravi, lievi, a seconda delle situazioni. Quelle molto gravi possono portare, naturalmente, alla dimissione ovvero all'esclusione dall'incarico pubblico.
  Per quanto riguarda il caso italiano, ritengo che finora si sia vista la pagliuzza e non la trave. Tutto è stato costruito intorno alla figura dell'ex Presidente del Consiglio, laddove si riteneva che lì vi fosse un macroscopico conflitto di interessi, mentre la questione va dilatata e vista in tutte le sue potenzialità.
  Credo che non sia necessario, come alcune proposte di legge prevedono, l'istituzione di una nuova autorità. Può senz'altro continuare l'Autorità garante della concorrenza, l'Agcom, l'ISVAP, la Consob, purché siano messe in condizione di farlo.
  Da una statistica emerge chiaramente che l'Antitrust è intervenuta pochissime volte e le altre ha sempre giustificato, bon gré mal gré, certe distonie in termini di conflitto perché non è messa in condizione di essere ficcante sul punto. Grazie.

  GIOVANNI GUZZETTA, Professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico – Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Ringrazio la Commissione per l'invito. Sarò molto breve, perché spero di riuscire a elaborare un testo scritto, nel quale mi diffonderò su tanti dettagli che lo studio di questo documento ha sollecitato alla mia attenzione.
  Illustrerò tre premesse generali e la considerazione principale, su cui vorrei soffermarmi. Anzitutto, c’è certamente da rallegrarsi all'idea che si compia uno sforzo per far emergere una cultura del conflitto di interessi, cosa non semplice. Non a caso, ho utilizzato il termine «cultura», perché la letteratura comparata, in particolare canadese e statunitense, ma anche tutte le altre, mostrano come quello del conflitto di interessi non sia solo un problema di norme giuridiche e di sanzioni, ma che sia affrontato in quegli ordinamenti attraverso una pluralità di strumenti, come è già stato in parte detto.
  Sostanzialmente, questi strumenti sono: quello legale della disciplina giuridica, ma molto è affidato alle cosiddette norme etiche e non a caso uno degli uffici americani che si occupano del conflitto di interessi fa riferimento anche nel suo nome alle norme etiche; la responsabilità politica, perché ci sono dei conflitti di interesse che è difficile rendere oggetto di una disciplina giuridica, e quindi ciò che si è tentato di fare in altri ordinamenti è quello di farli emergere sottoponendo poi, soprattutto per le cariche elettive, ai cittadini la responsabilità di valutare e giudicare quei comportamenti.
  Passo a un ultimo punto in questa brevissima premessa. La Costituzione non ci dice molto sul conflitto di interessi. Era Pag. 6un tema certamente poco presente o presente indirettamente. Qualcosa ci dice, ovviamente, nel senso che dall'interpretazione sistematica molte indicazioni si possono trarre.
  Tutte le norme sull'ineleggibilità sono chiaramente volte, per esempio, a tutelare contro quel conflitto di interessi che definisco bottom-up, cioè quello di chi vuole accedere alle cariche pubbliche ma è in condizione di influenzare o è ritenuto in condizione di influenzare il comportamento elettorale, e perciò è dichiarato ineleggibile acciocché non possa nemmeno accedere alla competizione elettorale. Il conflitto di interessi più studiato, però, più considerato è quello top-down, cioè quello di chi, rivestendo cariche pubbliche, le usa per condizionare le scelte, e quindi per anteporre gli interessi propri.
  Il tema è complesso persino in Italia, dove non c’è una grandissima tradizione perché anche sul piano filosofico, come insegna tutta la letteratura sui conflitti di interessi nel settore privato, esso è consustanziale alla situazione in cui si trova chi «veste due vestiti,» qualunque sia il ruolo, pubblico o privato. Ci sono degli studi negli Stati Uniti proprio sui percorsi psicologici, che si creano in chi esercita, – nel medico, nel manager e così via –, quindi il tema è estremamente delicato.
  Personalmente, mi sono concentrato sul progetto di legge n. 275. Qual è la novità, secondo me, più significativa rispetto al passato ? La novità è che, mentre la legge Frattini si occupa di colpire i singoli atti commessi in conflitto di interessi, questo progetto avrebbe l'idea, invece, di stabilire delle condizioni generali di presenza del conflitto di interessi.
  Astrattamente, questo è assolutamente legittimo sul piano costituzionale, purché si tenga presente che la disciplina in via generale e astratta, quindi quella che ridonda per esempio in incompatibilità, deve fare i conti con norme costituzionali che tutelano il diritto all'accesso e alla permanenza nei pubblici uffici.
  Abbiamo, cioè, più valori costituzionali in gioco: l'articolo 51, l'articolo 48, per l'iniziativa economica privata l'articolo 41, quindi il problema di una disciplina che si ponga come obiettivo quello della considerazione del conflitto di interessi in potenza, ancora prima che si svolga con alcuni atti, pone questo problema di bilanciamento, che a mio parere – mi permetto di esprimere un'opinione ovviamente del tutto personale – non è del tutto ben calibrato nel progetto di legge.
  Per citare solo un esempio, quello che più mi ha colpito, il progetto di legge, all'articolo 2, disciplina il conflitto di interessi attribuendolo a colui che è «titolare di un interesse economico privato tale da condizionare l'esercizio delle funzioni pubbliche».
  Ora, in quel «tale» c’è il mondo intero. Il problema della tipicità delle fattispecie in una materia assistita da tutele costituzionali quanto al diritto di svolgere ed esercitare pubblici uffici non consente, secondo me, di limitarsi a una formula così blanda. Si pone, infatti, il problema di certezza nella definizione del parametro che giustifica la conclusione che quel conflitto sia tale da condizionare l'esercizio di funzioni pubbliche.
  Un altro punto riguarda la scelta di considerare in conflitto di interessi coloro che sono in condizioni economiche tali da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza. Anche in questo caso, secondo me, la formulazione non è felice. Non si capisce se quest'idoneità ad alterare le regole del mercato dipenda dal fatto che si esercita quella funzione o che si abbia quella condizione economica ex ante.
  Se si ha, però, quella condizione economica ex ante, una disciplina di questo genere rischia di essere inutile o illegittima; inutile se esiste una norma generale, come credo, nel nostro ordinamento che vieta le alterazioni del mercato a tutti. Se, invece, questa norma non esistesse e si ritiene che solo coloro che, essendo titolari di pubblici uffici, occasionalmente sono anche in una posizione tale da attentare alla libera concorrenza e al mercato, secondo me la norma sarebbe incostituzionale. Sarebbe, infatti, discriminatoria essendo legata a una condizione che prescinde Pag. 7dall'essere titolare di cariche pubbliche. Non so se sono riuscito a spiegarmi.
  Ci sono tante questioni di dettaglio. L'unica che vorrei segnalare è quella relativa all'Autorità. Fermo restando che, a mio avviso, forse sarebbe più utile, ma è una considerazione generale sulla nostra tendenza a istituire autorità, lavorare su un ampliamento dei poteri dell'Autorità antitrust, ci sono due disposizioni che secondo me vanno meglio tarate.
  Una è sui poteri dell'autorità, quando ricorre alla Guardia di finanza: secondo me, andrebbe specificato che, comunque, essendo sempre autorità amministrativa, non gode dei poteri dell'autorità giudiziaria nei suoi accertamenti; l'altra è sulla giurisdizione, perché c’è una norma sulla giurisdizione che attribuisce quest'ultima per tutti gli atti dell'Autorità al giudice civile.
  Ora, alcuni atti dell'Autorità non ledono diritti soggettivi, ma interessi legittimi, e quindi in base alla Costituzione non possono essere attribuiti al giudice ordinario. Questa è una possibile lettura della disposizione rubricata «giurisdizione sugli atti dell'Autorità» in generale; se, invece, si tratta, ovviamente, della giurisdizione sulle sanzioni, lì sappiamo che è pacifico che deve essere sottoposta a giurisdizione del giudice ordinario trattandosi di lesioni di diritti soggettivi.

  GIULIO SALERNO, Professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico – Università degli Studi di Macerata. Prima di tutto, formulerei qualche osservazione sulla tecnica legislativa. In questi progetti di legge, è affrontata una pluralità di tematiche. Si va dal conflitto di interessi dei titolari delle cariche di Governo.
   Si va dal conflitto di interessi dei titolari delle cariche di Governo alle tematiche relative all'ineleggibilità e all'incompatibilità, sino ad arrivare alla incandidabilità, alle tematiche che riguardano anche gli organi di governo delle regioni e degli enti locali.
  Direi che forse sarebbe più opportuno, anche per un migliore approfondimento dei singoli temi, scindere queste problematiche e toccarle in testi di legge differenti, partendo da ciò che non funziona nell'ordinamento, quindi ciò che non funziona nella disciplina dell'ineleggibilità e dell'incompatibilità dei parlamentari.
  Sappiamo che parecchio non funziona, quindi bisognerebbe mettere mano a quella normativa, aggiornandola, chiarendo e specificando le fattispecie; sull'incandidabilità sappiamo che c’è stato un intervento del legislatore negli ultimi anni, ma che ha distinto le fattispecie relativa all'incandidabilità negli enti locali rispetto a quella del parlamentare. Bisognerebbe creare una disciplina tendenzialmente uniforme.
  Sul conflitto di interessi dei titolari delle cariche di Governo penso sia il punto di novità principale. Eviterei su questo punto di dettare una disciplina omogenea per le cariche di Governo di rango nazionale rispetto a quelle degli enti territoriali. Si tratta, infatti, di soggetti che hanno funzioni diverse, competenze differenti, nominati in un modo differente, che hanno uno status completamente diverso, per cui non sono tendenzialmente omogenei.
  Eviterei anche quello che è stato fatto in alcune proposte di legge, cioè sostenere che quanto è detto in questa legge varrebbe come principio fondamentale per le discipline regionali. Anche questa è una tecnica normativa utilizzata varie volte, ma devo dire che costituisce un escamotage. Spesso, non si riesce a comprendere quali siano i princìpi fondamentali all'interno della normativa dettata con legge dello Stato. In alternativa, tutta questa normativa è considerata principio fondamentale, e non può essere; quindi tenderei a evitare questa sovrapposizione.
  Devo dire che, in generale, dalle varie proposte di legge alla nostra attenzione, se si approvasse una disciplinata tendenzialmente coerente con l'impostazione che viene più o meno seguìta, anche se in modo differenziato, particolarmente differenziato per le diverse proposte di legge, la nostra soluzione approvata dal Parlamento Pag. 8sarebbe eccentrica rispetto a quanto sussiste negli altri ordinamenti, come è stato spiegato bene dal collega Frosini.
  Partirei da un dato essenziale: manca una norma costituzionale che in Italia disciplini lo status dei titolari degli organi di Governo. Manca anche perché, per esempio, dalle poche norme che abbiamo qualcosa si può trarre, come ha detto bene il collega Guzzetta che mi ha preceduto, ma ben poco.
  L'articolo 51, per esempio, riguarda soltanto la riserva di legge sull'accesso alle cariche pubbliche, ma non sulle modalità, le condizioni e i limiti di svolgimento delle stesse, quindi è un articolo utilizzabile, ma soltanto nella fase delle condizioni per accedere, ma non per quanto riguarda le condizioni di svolgimento. Devo aggiungere che è chiaro che gli articoli 97 e 98, che riguardano gli impiegati pubblici, non sono applicabili ai titolari degli organi di Governo. Non sono dipendenti pubblici, per quanto talora li si possa considerare tali.
  Allora, dobbiamo domandarci: la legge può stabilire liberamente criteri che limitino le modalità di accesso alle cariche pubbliche del Governo nazionale e condizionino lo svolgimento di queste ultime ?
  In linea generale, dobbiamo dire che, dato che abbiamo tutti accettato il fatto che il Costituente non ci ha detto nulla sul punto, esistono i princìpi generali, cioè la legge può intervenire nei limiti di quanto previsto in Costituzione. Quali sono questi limiti ?
  Prima di tutto, se vogliamo definire delle norme che circoscrivano in modo anche abbastanza costrittivo lo status dei titolari degli organi del Governo nazionale, credo che debbano esserci in gioco princìpi costituzionalmente rilevanti. Non si può fare se non abbiamo chiara l'idea che dobbiamo tutelare dei princìpi costituzionali.
  Questi princìpi costituzionale, per prassi, anzi potrei dire per consuetudine costituzionale, sono riassunti nella formula del giuramento che i ministri e il Presidente del Consiglio prestano di fedeltà alla Repubblica, di perseguire soltanto l'interesse esclusivo della Nazione e del rispetto della Costituzione e delle leggi.
  Bisogna avere chiari, quindi, gli obblighi fissati nel giuramento, che non sono di perseguire interessi pubblici, come spesso in queste proposte di legge è affermato. Sappiamo che gli interessi pubblici sono quelli ricavabili dalle leggi. In questo caso parliamo di interessi che, invece, vanno aldilà, comprendono anche la tutela degli interessi previsti dalla legge, ma sono interessi prima di tutto politico-costituzionali.
  Quando, allora, parliamo della definizione degli obblighi o vogliamo imporre al Presidente del Consiglio e ai ministri, come diceva bene il collega che mi ha preceduto, questa definizione deve essere chiara, quanto più possibile esaustiva e tassativa, non perché tutto debba essere penalisticamente considerato, ma perché si tratta di obblighi che poi ricadono sulla possibilità di svolgere queste funzioni e sui limiti del loro svolgimento, quindi si tratta di obblighi che incidono sulla libertà costituzionale fondamentale in uno Stato democratico di poter accedere alle cariche di Governo della collettività intera. Dobbiamo essere molto attenti nella precisazione di queste fattispecie.
  Quanto il collega ha illustrato è perfettamente vero: le fattispecie sono delineate ricorrendo in genere a definizioni utilizzate in altri ordinamenti, ma per altri e vari scopi (di finalità politiche, di tutela dell'amministrazione), alcuni con sanzioni penali, che invece non mi pare siano espressamente previste, mentre credo che le definizioni comunque debbano essere tutte molto chiare.
  In una proposta di legge, si dice, per esempio, che non deve andare in conflitto con un interesse economico rilevante, non deve esserci un interesse privato economico che possa influenzare o condizionare lo svolgimento dell'attività: potrei dire che in questo caso i componenti del Governo dovrebbero tutti astenersi da qualsiasi provvedimento in tema di imposte, dato che anche loro sono soggetti alle imposte. Quelle definizioni andrebbero studiate con attenzione.Pag. 9
  In ogni caso, la violazione dei doveri imposti dovrebbe essere sanzionata. Bisognerebbe cercare con attenzione quale sia l'organo istituzionalmente preposto alla tutela di quegli interessi: quando si tratta di un interesse politico costituzionale, individuare esattamente un organo di rango politico costituzionale; diverso se si tratta di lesioni di interessi amministrativi dall'amministrazione – penso in particolare al collega – o interessi penalmente rilevanti. In quel caso, il giudice penale potrebbe entrarci.
  Dal punto di vista della tutela degli interessi politico-costituzionali, quelli che la formula del giuramento racchiude nel perseguimento dell'interesse esclusivo della Nazione essenzialmente, poi la fedeltà alla Repubblica, che però è un obbligo che ricade su tutti noi, credo che non si possa assoggettare la composizione del Governo e lo svolgimento delle attività dello stesso Governo ad accertamenti politici sulla compresenza di interessi privati che possano condizionare lo svolgimento delle attività a istituzioni o soggetti diversi da quelli presenti nella nostra forma di Governo. Come, quindi, si fa in Francia, è il Parlamento che dovrebbe pronunciarsi su queste attività potenzialmente lesive.
  Escluderei su questo aspetto specifico le autorità indipendenti e ancor di più un intervento del giudice. Qui si corre il rischio di una giurisdizionalizzazione di tematiche che riguardano conflitti di natura politica. Credo che la rappresentanza politica democratica del nostro ordinamento sia già debole: introdurre delle norme come queste la renderebbe ancora più debole.

  FRANCESCO FABRIZIO TUCCARI, Professore associato di diritto amministrativo – Università degli Studi del Salento. Ringrazio molto il Presidente e gli altri componenti di questa Commissione per il cortese invito rivoltomi e per la stimolante occasione di confronto offertami.
  Dando per ampiamente noti gli elementi di positività e di criticità insiti nella formulazione della legge 20 luglio 2004, n. 215 e confermati dall'oramai decennale applicazione concreta che se n’è fatta, passo a svolgere qualche considerazione di carattere generale sull'impianto delle varie iniziative legislative sui conflitti di interessi che sono oggi al vostro esame, ricordando, anche a fini di opportuno coordinamento, quelle in corso davanti all'altro ramo del Parlamento (A.S. n. 840) e quelle provenienti dalla società civile («Articolo 21», i cui rappresentanti verranno peraltro uditi qui e oggi a seguire).
  Tutte tali iniziative, pur nell'ovvia polifonia di accenti propria di ciascuna, presentano una forte affinità d'impostazione che ne permette un esame pressoché congiunto, che qui è possibile effettuare soltanto per temi-problemi, rinviando per gli aspetti di dettaglio al contributo scritto che ho consegnato alla Presidenza e che, all'occorrenza, mi riservo di ulteriormente ampliare e integrare.
  Anzitutto osservo come non sembri suscettibile di una soluzione univoca la questione preliminare, già magistralmente affrontata da chi mi ha preceduto, del possibile rango (o della possibile rilevanza) costituzionale della «materia» – intesa ovviamente in senso atecnico – dei conflitti di interessi.
  Infatti, già a livello di diritto positivo, la rilevata mancanza in Costituzione di riferimenti diretti sull'argomento appare bilanciata dall'esistenza di almeno sei disposizioni costituzionali (gli articoli 51, 54, 67, 97, 98 e 101), che se lette a sistema tra loro, evolutivamente e con gli opportuni correttivi, potrebbero di sicuro fornire tutti i principi e i corollari di base in specie rilevanti.
  A tanto aggiungasi che, a mio sommesso avviso, quello del divieto dei conflitti di interessi è un principio già di per sé immanente in Costituzione e, forse, istituzionale ancor prima che costituzionale, un principio cioè non scritto e fondante di un qualsivoglia ordinamento giuridico, a maggior ragione di un ordinamento democratico e repubblicano quale è il nostro, sembrando scontato che chi intenda assumere e ricoprire una carica pubblica non debba versare in una situazione di conflitto di interessi.Pag. 10
  E aggiungasi ancora che in altre esperienze giuridiche, come ad esempio quella inglese, che tuttavia sembra fare storia a parte, la problematica dei conflitti di interessi viene affrontata e risolta attraverso disposizioni aventi valenza prettamente deontologica.
  Tanto per dire che, ferma restando la piena libertà del legislatore di intervenire direttamente sulla Costituzione, e mi risulta che sia in avanzata fase di studio un'apposita proposta di legge costituzionale in materia di conflitti di interessi, un'operazione di questa portata, considerata alla luce del quadro costituzionale vigente, mi sembra francamente eccessiva nei mezzi rispetto ai fini.
  Altro e diverso ancorché collegato problema, che va ovviamente affrontato e risolto a livello di legislazione ordinaria, consiste nell'individuare le ipotesi di conflitto ed, eventualmente, la soglia della loro rilevanza giuridica.
  Sotto questo profilo mi pare che sia stata sostanzialmente mantenuta la tradizionale impostazione dicotomica di fondo della legge n. 215 del 2004, che in ciò sembrerebbe essere stata assunta come punto di ripartenza, la quale prevede e disciplina, sebbene in maniera distinta e differenziata, le ipotesi di incompatibilità e di conflitti d'interesse; una proposta in particolare (A.C. n. 2339) poi, che riguarda specificamente i parlamentari, contiene anche la revisione della delicata e nevralgica materia delle ineleggibilità.
  Al riguardo mi limito a segnalare che, se è opinione diffusa e accreditata quella secondo cui il fenomeno dei conflitti d'interessi presenterebbe una dimensione statica che rimanda all'incompatibilità e una dimensione dinamica che rimanda al conflitto d'interessi vero e proprio, così vi sono opinioni altrettanto diffuse e accreditate sul fatto che l'incompatibilità e il conflitto d'interessi siano istituti o figure che nulla, o comunque pochissimo, avrebbero in comune tra loro; l'ineleggibilità, poi, riguarda tutt'altro.
  È con questa consapevolezza, dunque, che sembra doversi effettuare la scelta di campo sul se occuparsi dei conflitti di interessi in senso ampio ovvero in senso stretto o comunque dei conflitti di interessi e delle incompatibilità; il tutto a tacere delle ovvie difficoltà rivenienti dall'eventuale dedicarsi anche al distinto e differenziato istituto delle ineleggibilità.
  Un'ulteriore considerazione «di scenario» riguarda il possibile approccio ai conflitti di interesse.
  Se ci si accosta alla problematica in esame in maniera puristica e olistica, va da sé che la soluzione «a rischio zero» delle varie ipotesi di conflitti di interessi passa, da un lato, attraverso forme di incompatibilità assoluta e, dall'altro, attraverso la donazione del proprio patrimonio a fondazioni benefiche.
  È altrettanto chiaro, però, che un'impostazione del genere potrebbe rivelarsi pressoché impraticabile in un ordinamento complesso e multipolare com’è quello attuale, che peraltro assume proprio il rischio tra i propri principali slogan informatori.
  Se si accetta questa premessa, vengono metodologicamente a cadere le due opposte logiche della prevenzione in senso assoluto e dell'intervento soltanto postumo ed eventuale, in favore di un approccio che, mutuando con qualche improprietà la terminologia del diritto dell'ambiente, definirei di tipo precauzionale o, come si legge nelle relazioni di accompagnamento di alcune delle proposte in esame, improntato al principio della cosiddetta incompatibilità concreta e controllata, soprattutto quando si verta della nevralgica ipotesi di conflitto di interessi di tipo patrimoniale.
  Un approccio cioè che, ferme restando le cosiddette incompatibilità di status, le quali vanno aggiornate e coordinate con gli interventi legislativi più recenti, come ad esempio quello recato dal decreto legislativo n. 39 del 2013, per il resto, cioè per il conflitto patrimoniale faccia leva sia sul principio di sufficiente determinatezza della norma, senza però tracimare nella casistica pura, che consegna all'interprete una norma a rischio di obsolescenza fin dalla sua nascita, sia sulle clausole generali, in funzione di chiusura del sistema.Pag. 11
  Sarà poi una questione di merito, che qui non è possibile neppure sfiorare, l'approntamento di valori-soglia e di misure equiordinate per la soluzione del conflitto.
  Mantenendosi sempre in una prospettiva d'insieme, mi sembra significativa ma non risolutiva all'uopo la previsione del trust cieco che, per lo meno nella versione mutuata pressoché tal quale dall'ordinamento statunitense, può comportare più problemi di quanti intenda commendevolmente risolverne.
  Basti pensare, per limitarsi ai principali aspetti di criticità, che il trust è soltanto riconosciuto ma non anche disciplinato dal nostro ordinamento; che, tecnicamente, esso comporta il passaggio della proprietà dei beni al trustee, soluzione che mi lascia perplesso in relazione agli attuali dettami del diritto dominicale; che si tratta di uno strumento poco efficace nel caso di aziende, non potendo essere garantita la totale ed effettiva cecità dello strumento, soprattutto nel caso in cui il sottostante patrimonio sia composto da cespiti immobiliari; che alcune misure estreme a esso ricollegate, come ad esempio la vendita coattiva anche di aziende, appare di difficile per non dire impossibile compatibilità sul piano anzitutto costituzionale; che negli ordinamenti d'origine, quelli cioè di common law (Stati Uniti su tutti), è rispettato nella forma ma largamente disatteso nella sostanza.
  Queste sono, in estrema sintesi, le ragioni per cui mi sembra preferibile la soluzione dell'affidamento dei beni del titolare della carica in conflitto di interessi a una gestione fiduciaria o a società aventi le caratteristiche contemplate dalla legge n. 1966 del 1939.
  Concludo, richiamando l'attenzione su due istituti.
  Il primo è quello della prevista sanzione di nullità delle delibere e di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti ai quali abbia partecipato il titolare della carica in situazione di conflitto d'interessi: si tratta di una soluzione alla quale preferirei quella dell'annullabilità cosiddetta assoluta e, in ogni caso, distinguerei tra atti adottati in seno a collegi perfetti, senz'altro annullabili, e atti adottati in seno a collegi virtuali, da sottoporre a previa «prova di resistenza», stando peraltro attento, per ragioni di intuitiva evidenza, a ben perimetrare gli ambiti di operatività dell'invalidità derivata e del connesso effetto caducante.
  Il secondo istituto è quello della contemplata sospensione di diritto degli iscritti agli albi professionali: premesso che andrebbe forse specificato se si tratti di sospensione dall'iscrizione all'albo o dall'esercizio della professione, con tutte le ricadute del caso, mi sembra una misura alquanto penalizzante, soprattutto se comparata con la ben diversa posizione del pubblico dipendente, se non altro perché non assicura alcun meccanismo di salvaguardia degli eventuali benefici che possono derivare dall'anzianità di iscrizione all'albo.
  Mi fermo qui e, per tutti il resto, rinvio al contributo scritto.

  PRESIDENTE. La ringrazio, professore.
  Salutato il Governo, presente nella persona del Sottosegretario Scalfarotto, che è nostro ospite abituale.
  Do ora la parola al professor Tommaso Dalla Massara, che ha consegnato alla Presidenza un contributo scritto, che certamente lo aiuterà a rispettare la sintesi.

  TOMMASO DALLA MASSARA, Professore associato di fondamenti del diritto privato europeo – Università degli Studi di Verona. Ringrazio per l'invito e per la bella occasione. Sarò rapidissimo e proverò a suggerire una lettura diversa perché diversa è la mia prospettiva, non quella di un costituzionalista, ma di una persona che studia il diritto privato europeo.
  Richiamo il diritto privato europeo perché, quanto all'aspetto privatistico, prendo in considerazione il conflitto di interessi sotto il profilo di una patologia del funzionamento del mercato, e quindi della concorrenza. L'aspetto europeo mi è particolarmente caro perché credo che la comparazione giuridica su questo sia veramente decisiva. Bisogna, quindi, capire dove vada l'Europa e i singoli ordinamenti.Pag. 12
  Prima di passare all'Europa, però, dico che in Italia in realtà – nel nostro ordinamento privatistico – un conflitto di interessi è regolamentato ed è nel codice civile. È una ragione di annullamento del contratto.
  Non è banale parlare di annullamento del contratto, perché già comincio a pensare che la sanzione dell'atto posto in essere in conflitto di interessi nella nostra tradizione civilistica debba essere l'annullabilità piuttosto che la nullità. Già qui c’è uno snodo importante, nel senso che nei diversi progetti talora emerge la nullità e, come dirò meglio più tardi, questa soluzione non mi convince.
  Nel nostro ordinamento c’è l'annullabilità, e non solo: l'annullabilità dell'atto realizzato nel conflitto tra gli interessi del rappresentante e del rappresentato quando c’è, secondo il nostro codice – e bisogna fidarsi del codice civile – la conoscibilità da parte dei terzi. Anche in questo caso, mi viene da pensare: l'affidamento del terzo rispetto alla validità dell'atto è tutelato, quindi, nel nostro codice civile, negli atti realizzati inter cives; credo che a maggior ragione ci sia da prestare una massima attenzione quando l'atto che si pensa di demolire è realizzato nell'esercizio di funzioni pubbliche.
  Queste sono due indicazioni che già traggo: l'annullabilità e la massima attenzione per l'affidamento dei terzi. Serve, quindi, massima attenzione nel momento in cui definiamo cosa sia conflitto di interessi. È decisivo decidere cosa sia.
  Mi sposto dall'Italia e vado all'Europa. Una tecnica legislativa che il legislatore europeo sta adottando ultimamente – penso alle direttive in tema di consumo – è quella utilizzata in un progetto di legge: e si tratta della tecnica di distinguere le situazioni in quelle che noi definiamo lista nera e lista grigia.
  Nella lista nera certe situazioni si presumono essere di conflitto di interessi e questa presunzione non è superabile. Nella lista grigia si dice che si presume che ci sia conflitto di interessi, ma si può provare che non è così. Inoltre, suggerirei una definizione che a questo punto diventa di chiusura, secondo un'altra tecnica appena evocata, cioè quella delle clausole generali, che dica che cosa in ogni caso sia da intendersi conflitto di interessi.
  Mi sembra che siano presenti molti spunti nei progetti di legge. Così si riuscirebbe a chiudere il cerchio.
  A questo punto, quello di interessi è, appunto, quel conflitto che si realizza allorché, credo si debba dire, nella clausola di chiusura, vi è la prevalenza di un interesse privato al momento in cui ci sia un esercizio, una deliberazione per un interesse collettivo, cioè viene a prevalere l'interesse privato nel momento in cui si dispone di interessi collettivi, di interessi pubblici.
  Questo suggerisce un criterio che si usa ormai chiamare di precauzione: bisogna, cioè, stare un passo indietro rispetto a questo rischio.
  Il primo precipitato, la prima conseguenza, di questo principio di precauzione è il dovere di astensione. Mi sembra sia presente anche questo nei progetti. Il dovere di astensione, quindi, è come primo presidio, prima garanzia nel momento in cui ci sia anche solo il ragionevole dubbio della presenza di un conflitto di interessi.
  Una volta impostata così la questione, direi che a quel punto bisogna tenere molto ben distinti i due profili dell'incompatibilità e del conflitto di interessi, perché ciascuno dei due in realtà risponde alla stessa ratio, ma si snoda su percorsi diversi.
  L'incompatibilità, ad esempio, esaurisce il problema in Germania: qui in sostanza ci si concentra e non c’è uno sviluppo particolare del conflitto di interessi. Essa essere, a mio parere, sviluppata in maniera molto dettagliata, molto precisa, anche molto serrata dal vertice fino ai livelli locali. Credo che su questo si dovrebbe essere molto incisivi.
  Il conflitto di interessi – che è naturalmente il vaglio che si fa rispetto all'esercizio del potere, quindi è nella dinamica dell'esercizio del potere, non può essere un filtro ex ante come l'incompatibilità – merita un dovere di disclosure totale, quindi di evidenza delle posizioni di Pag. 13soggetti che ricoprono cariche pubbliche fin dall'inizio, e la capacità – anche qui traggo dall'esperienza diritto privato europeo – la più penetrante possibile di correzione da parte dell'autorità che si immagina di costituire. Per quanto possibile, bisogna intervenire in via precauzionale – correttiva piuttosto che sanzionatoria – finale.
  Quando si evoca in alcuni progetti il trust, questo per esempio si può ricavare dall'esperienza del trust: c’è una figura eventuale, che è quella del guardiano del trust; l'Autorità dovrebbe riuscire ad avere in sé una sorta di guardiano che, di fronte al rischio di conflitto di interessi, intervenga secondo la tecnica delle astreinte, che abbiamo ormai recepito anche nel nostro ordinamento processual-civilistico, imponendo una certa condotta, cioè cercando per quanto possibile di evitare il profilo sanzionatorio perché si interviene prima.
  Se non si riesce in via preventiva – oggi si usa dire manutentiva – allora indubbiamente si arriva al piano della sanzione, in relazione al quale credo sia suggeribile pensare che nei confronti dell'atto sia l'annullabilità, quello che dicevo prima, cioè un intervento che va a demolire, quindi con una sentenza costitutiva ex nunc l'atto.
  Non si può pensare di mettere a repentaglio la sicurezza generale del traffico giuridico con la nullità, cosa che io trovo molto rischioso, almeno dalla mia prospettiva appunto giusprivatistica, quindi con una sentenza costitutiva di annullamento dell'atto realizzato in conflitto di interessi.
  Laddove, invece, il problema diventi ancora più ampio, ovverosia non di annullamento del singolo atto ma di intervento sull'intero patrimonio, di nuovo nell'alternativa tra trust e mandato fiduciario, opto per il mandato fiduciario, che ritengo una via più sicura, più certa.
  Come sappiamo, infatti, non si sposta la titolarità dei beni, bensì è una figura che si gioca sul piano obbligatorio, e quindi siamo in grado, di nuovo, di non avere un impatto rischioso dal punto di vista della sicurezza del traffico giuridico.
  Arrivo alla conclusione per dire che, quindi, se dobbiamo spostarci dal piano della fattispecie a quello dell'Autorità, visto il quadro che ho cercato di tratteggiare rapidissimamente, la soluzione più coerente è pensare che sia l'Autorità antitrust, proprio perché è un problema che ho affrontato sul tema della concorrenza, a occuparsi di questo, semmai potenziata, rimodellata, ridisegnata, in modo che possa avere tutte le forze in campo che servono.
  Questo discorso vale tanto più se la scelta fosse quella di andare fino ai livelli locali perché in quel caso, indubbiamente lo sforzo è notevole: l'Autorità deve intervenire e arrivare a sanzionare – con un'annullabilità – che a quel punto sarebbe impugnabile, secondo regola già acquisita al nostro ordinamento avanti al TAR dell'atto realizzato in conflitto di interessi.
  Concludo dicendo che, con l'annullabilità che andrebbe davanti al TAR, e quindi anche in questo senso ragionando in prospettiva più anglosassone, diventerà decisivo il crearsi dei precedenti su questo.
  Sono materie talmente delicate che sicuramente si cercherà di creare una norma la più precisa possibile, ma poi saranno decisivi gli interventi giurisprudenziali. Bisognerà creare un'uniformità giurisprudenziale tutta interna allo stesso organo. Penso al TAR perché, appunto, lì vanno le decisioni impugnate da Antitrust. Si potrà realizzare una giurisprudenza, un sistema di precedenti in Italia, su questo coerente e conforme.
  Vi ringrazio per l'attenzione.

  VINCENZO VITA, Rappresentante dell'associazione «Articolo 21». Sono accompagnato dal segretario generale, l'avvocato Fulfaro.
  L'associazione Articolo 21 è nata nel 2002. Ha avuto come presidente per tutti questi anni il compianto Federico Orlando, che ci ha lasciato qualche settimana fa. Ne è portavoce Giuseppe Giulietti, è segretario generale Tommaso Fulfaro e mio compito in questa sede è rappresentarne il lavoro su una materia per esemplificare anche i Pag. 14riferimenti – è lo stesso contributo scritto – su cui vi è stata una collaborazione con l'associazione Astrid. È una vexata quaestio, come è noto, che si trascina da molti anni e che oggi potrebbe trovare finalmente qualche opportunità concreta.
  Dico subito, per dare un contributo nostro ai lavori e ringraziando per l'invito, che tutti i progetti di legge depositati sostanzialmente vanno in una direzione omologa, certamente non identica, con tante differenze e specificità, ma nell'insieme comunque colgono l'urgenza della normativa.
  Dico anche che – credo vi si sia già accennato in uno degli interventi – c’è un buon testo di riferimento in Europa. Conta anche l'età dei testi: quello spagnolo, la ley n. 5 del 2006, che anche qui per semplicità proporremmo come uno dei riferimenti.
  Aggiungo anche qual è il tema, non politico in questo caso in senso stretto, ma certamente di riflessione generale. Non è un caso che in Italia una legislazione adeguata sul conflitto di interessi non vi sia stata. Troppo evidente è stato per tanti anni un preponderante conflitto di interessi, che per esempio impedì in queste stesse stanze tanti anni fa, in un'altra legislatura, di arrivare a compimento di una riforma di cui pure si era cominciato a parlare, persino approvandone in un ramo del Parlamento, alla Camera, un articolato, che poi fu cambiato al Senato rendendolo più stringente e lì si fermò.
  La legge in vigore del 2004, che prende il nome dall'ex Ministro Frattini, ad avviso nostro, ma credo non solo nostro ormai, non è assolutamente da prendere come il riferimento giusto. Ricorderete che la stessa Commissione di Venezia, nel giugno 2005, diede un parere piuttosto aspro sui limiti interni di un testo chi sfiorò qua e là gli argomenti essenziali, ma si limitò a rimanere alla superficie.
  Il conflitto di interessi richiede, infatti, non un'opera di cesello, ma qualche intervento chirurgico. Vengo, per stare nei tempi, a porre i problemi che forse, in un buon mixage dei testi depositati e qualche aggiunta potrebbero dar luogo a una normativa utile. Si è già visto che fare una legge giusto per dire che c’è l'etichetta non serve a granché. Credo, peraltro, di non sbagliare, presidente, nel riferire che, alla prova provata, la legge Frattini non ha portato a particolari conseguenze in tema di conflitto di interessi, cioè non è accaduto quasi nulla di significativo.
  Quali sono i temi ? È stato accennato, innanzitutto, mi pare con molta cura dai professori che mi hanno preceduto, che deve essere chiara la delimitazione delle categorie dei soggetti: membri di Governo nazionale, ma anche del governo locale; parlamentari, naturalmente con delle forme differenziate di tutela. È ovvio che chi assume un ruolo esecutivo, a fortiori deve dimostrare il massimo di autonomia da qualsiasi decisione possa passargli sotto il naso.
  In tal senso – è uno dei limiti tra i diversi che presenta la legge Frattini – la procedura, che in un bel testo di Claudio Marchetta si evoca con precisione, dell'astensione dal giudizio in una sede collettanea non serve a granché. Quand'anche, infatti, l'autorevole membro del Governo che ha a che fare con quell'oggetto si assenti per un attimo, il testo è a lui noto e certamente anche nelle sue conseguenze è ancor più noto.
  Allo stesso modo, cura va messa nella definizione del blind trust, altra complicata questione che va bene – il caso degli Stati Uniti docet – quando vi è un capitalismo con azionariati molto diffusi. In questo senso, allora, il fondo cieco rende difficile a chi ne ha la proprietà rilevante di sapere esattamente dove finiscano le azioni.
  Quando, invece, si tratta di grandi aziende, con una loro unità di spazio e di tempo – direbbero gli uomini di teatro – è più difficile immaginare il blind trust, a meno che non si entri nel filone cui è stato accennato, complesso, non solo per il diritto italiano, della vendita dei beni, che apre una questione molto diversa.
  Recentemente, Articolo 21 parlò in un seminario – lo riporto qui perché può essere utile ai lavori – di certe fattispecie, come nel caso della televisione, di cui ci Pag. 15siamo occupati. Articolo 21 si occupa di libertà di informazione, quindi il broadcasting è uno dei suoi punti caratterizzanti: in alcuni casi è assolutamente preferibile la via dei casi di ineleggibilità a priori.
  Per non incorrere, cioè, in disquisizioni che non portano, come si è visto, a grandi conseguenze, è meglio chiarire la normativa sull'incompatibilità. Se ne discusse per molto tempo nell'anno di grazia 1994, poi andò come andò la decisione della Giunta specifica della Camera, ma quello è un punto serio. Se non si affronta a monte il tema delle ineleggibilità, entrando poi nella conflittualità di interessi, si rischia di colpire magari situazioni minori e non, invece, situazioni maggiori.
  Stando ai testi, per concludere, ci sono tante cose nel disegno di legge n. 1833 che credo possano essere utilmente riprese. Una riflessione che va tenuta aperta sull'affidare all'Autorità antitrust i compiti delicatissimi che la normativa assegnerebbe alla medesima o se, invece, riflettere su una specifica autorità ex novo.
  Allo stesso modo, davvero come parte finale della riflessione, vi è da considerare con molta importanza una parte che nel testo n. 275 Bressa è molto ben indicata in uno dei titoli, cioè il tema del sostegno privilegiato e del ruolo di attenzione specifica ai mezzi di comunicazione, che sono un pezzo non autonomo, ma certamente peculiare della normativa.
  Bisogna, quindi, fare presto, fare bene, finalmente per dare all'Italia un sistema che si basi sull'incompatibilità concreta e controllata. È il titoletto del contributo che arriverà a lei, presidente, e alla Commissione.

  PRESIDENTE. La ringraziamo.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Abbiamo una ventina di minuti. Pregherei i commissari di rendere essenziali le domande, non certamente di limitarle.
  Do la parola all'onorevole Fraccaro.

  RICCARDO FRACCARO. Visto che il professor Frosini si è allontanato...

  PRESIDENTE. Aveva un impegno alle 15.00, che aveva già preannunciato. Gli siamo grati, comunque, per aver trovato il tempo di essere in Commissione.

  RICCARDO FRACCARO. Gliene siamo grati. Peccato, perché avevo delle domande da porgli.

  PRESIDENTE. Se fossimo d'accordo, potremmo anche fare in questo modo: possiamo passare queste domande al professor Frosini in modo che possa rispondere per iscritto.

  RICCARDO FRACCARO. Ho trovato molto interessante l'audizione del professor Dalla Massara sulla parte della clausola volta a chiudere il cerchio, il sistema. Si parlava di nullità, di annullabilità. C'era questa lista grigia, una definizione puntuale delle fattispecie intollerabili di conflitto di interessi per cui prevedere delle soluzioni e una clausola generale che chiudesse il cerchio. Questa è un'impostazione che anch'io penso sia la preferibile.
  Il professore ha anche suggerito una definizione generale di conflitto di interessi, che ho apprezzato perché la difficoltà sta anche lì per noi legislatori. L'ho trovata interessante e ritengo che giustamente parlasse di interesse privato, non limitandosi all'interesse patrimoniale o al mero interesse economico. Secondo me, un punto su cui ci sarà un dibattito forte tra le varie forze politiche sarà anche questo: limitare il tema del conflitto di interessi al lato economico o ampliarlo anche ad altri interessi perché vadano a prevalere sull'interesse pubblico.
  Sono per l'opinione che limitare l'interesse patrimoniale economico sia eccessivo, mentre è limitativo andare ad escludere alcune fattispecie di conflitto di interessi che oggi in Italia non possiamo permetterci di non affrontare. Vorrei chiedere la sua opinione su questo tema e l'opinione degli altri auditi interessati a rispondere.

  FRANCESCO SANNA. Una domanda è in termini puntuali sull'oggetto ai professori Pag. 16che hanno maggiormente sviluppato gli argomenti di diritto costituzionale: come ritengono compatibile e, nel caso, con quali avvertenze circa l'organo che deve rilevare il conflitto e irrogare la sanzione, il conflitto di interessi del ceto parlamentare, considerato in alcune proposte di legge ?
  Sotto un altro punto di vista, qui sul versante più civilistico, al di là della clausola generale di chiusura e partendo da quell'impostazione per cui la dimensione del patrimonio era già un indicatore di sospetto di conflitto di interessi nella determinazione dell'interesse più semplice da rilevare, cioè quello economico, anche alla luce di quello che diceva il professor Dalla Massara, vorrei capire se esista la possibilità di fare al tornio del legislatore una formulazione in cui la prevalenza dell'interesse privato è rilevabile in termini non discrezionali da chi deve rilevarla.
  Qui, soprattutto legando tutto questo alla sanzione, se la sanzione fosse o un obbligo a vendere o un obbligo a inserire in blind trust o anche, rilevata la «ribellione» del soggetto pubblico ad assoggettarsi a questi obblighi, quale sarebbe il tipo di sanzione sul versante della decadenza ? Qui torniamo sulla rilevanza costituzionale delle posizioni che abbiamo. Se devo dichiarare la decadenza di un ministro, mi sembra che questo tema non vada davanti al TAR del Lazio nemmeno indirettamente. Questo è quanto volevo segnalare.

  EMANUELE FIANO. Vorrei riferirmi a quanto detta da Vincenzo Vita sull'ipotesi che in alcuni casi possa prevalere una proposta di soluzione a monte, quindi di ineleggibilità del soggetto. Nel formulare quest'ipotesi, Vincenzo Vita ha ricordato il precedente frangente storico, del 1994, quando l'apposita Giunta della Camera prese legittimamente alcune decisioni: quest'ipotesi – poi bisogna vedere esattamente la fattispecie dell'ineleggibilità – non è in contrasto con una facoltà costituzionale di dirimere la questione che presiede a un organo parlamentare ?
  Anche l'onorevole Sanna ha citato la domanda sull'organo dirimente, ma mi pare che in particolare, rispetto a quello che diceva Vincenzo Vita, ci sia questo contrasto con la facoltà di una Giunta parlamentare di prendere una decisione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il collega Fiano.
  Passiamo alle repliche dei nostri esperti. Abbiamo un'altra audizione esattamente alle 15.30, quindi il tempo è quello che è. Credo che un paio di minuti per uno possano essere sufficienti.

  VINCENZO VITA, Rappresentante dell'associazione «Articolo 21». Il tema è molto complesso e delicato. Non sarei certo io a poter dirimere con l'associazione Articolo 21 un argomento che, non per caso, ha anche una data storicamente determinata, perché lì si presentò persino un caso di scuola.
  Richiamo la legge del 1957, che formulava alcune ipotesi ovviamente contemporanee di ineleggibilità, attribuendo al concetto di ineleggibile una specifica funzione, cioè di evitare che la competizione politico-elettorale fosse viziata ex ante da una troppo evidente posizione del concorrente. Si fa riferimento a sacerdoti, prefetti e quant'altro, ma anche a chi ha concessioni con lo Stato.
  Ricordo, onorevole Fiano, proprio nella città di Milano un caso, se non ricordo male, di un addetto a una scuola – nella vecchia terminologia bidello, nella nuova personale ATA – che non poté concorrere al consiglio di zona in quanto la scuola era pubblica.
  I grandi mezzi di comunicazione di massa hanno, più di altre funzioni che quella legge immaginò, un ruolo di condizionamento. Il caso di Berlusconi è stato clamoroso, ma non è detto che non ne nascano altri. Se Murdoch prendesse la cittadinanza italiana, il problema si porrebbe eccome, o se un altro mister X o miss Y lo facesse. In quei casi, bisognerebbe introdurre una più esplicita definizione del ruolo di concessionario con lo Stato.Pag. 17
  In conclusione, ricordo che all'epoca finì, presidente, che in base a quanto fu discusso, il dottor Confalonieri non poteva concorrere alle elezioni in quanto amministratore delegato, ma Silvio Berlusconi invece sì. Questo è un punto da chiarire.

  TOMMASO DALLA MASSARA, Professore associato di fondamenti del diritto privato europeo – Università degli Studi di Verona. In effetti, avevo anche vista nella proposta la tecnica della lista grigia e della lista nera e della definizione e mi sembra convincente.
  Il punto dell'identificazione di interesse privato – ho usato la stessa espressione anche nel breve abstract che ho lasciato – anziché dell'interesse economico patrimoniale è, a mio avviso, importante. Certo, in punto di applicazione la cosa si fa difficile, nel senso che talora è molto difficile identificare l'area di un interesse privato e non anche economico e quando quello che sia meramente privato non economico possa essere oggetto del conflitto di interessi.
  Proprio per questo, però, dicevo che decisiva sarà la parte correttiva dell'intervento dell'Autorità, che credo debba essere in grado di alzare una paletta ideale per allertare sul sospetto che ci sia un interesse non esercitato per il beneficio della collettività.
  Allora, è lì, secondo me, che quel grigio diventa bianco o nero. L'interesse rilevato perché privato, poi approfondendo con apposita documentazione, con analisi un po’ più attenta, diventa decisamente punto di emersione di un conflitto di interessi oppure no. A mio avviso, il filtro deve essere abbastanza capace di intercettare tanti problemi che poi vanno il più possibile corretti e solo in caso estremo sanzionati.
  L'esperienza europea ci insegna molto in questo senso. Noi italiani tendiamo ad avere delle sanzioni elevatissime e a non applicarle: dobbiamo cercare, invece, di correggere tutto quello che è possibile correggere in corso d'opera, rilevando anche l'interesse privato, senza lasciar fuori, solo per la definizione, quello che possa essere privato ma non anche patrimoniale. Qui perderemmo per strada, probabilmente, dei pezzi importanti di conflitti di interessi.

  FRANCESCO FABRIZIO TUCCARI, Professore associato di diritto amministrativo – Università degli Studi del Salento.
  Riguardo alla domanda se il conflitto di interessi debba rimanere circoscritto alla dimensione meramente patrimoniale o sia configurabile anche al di là di questa dimensione, ho segnalato nel contributo scritto che la scelta spetta essenzialmente al legislatore, che è sovrano nel decidere se rimanere ancorato alla logica della legge n. 215 del 2004 o inglobarla e superarla.
  Ora, considerato l'attuale trend dell'ordinamento, che «giuridicizza» o «giurifica» una serie di beni, utilità e vantaggi anche immateriali, l'apertura a ipotesi di conflitti d'interessi di tipo anche non patrimoniale non sembra di per sé peregrina.
  Concordo tuttavia con il collega privatista sul fatto che potrebbero sorgere non poche difficoltà sul piano probatorio; e ciò anche perché l'accertamento della situazione di conflitto, e quindi anche del tipo di vantaggio, è demandato in prima istanza a un'Autorità indipendente, i cui poteri istruttori, per quanto ampi e penetranti, non possono mai coincidere con quelli dell'Autorità giudiziaria.
  Riguardo alla domanda su quale sia l'organo competente a rilevare il conflitto e a irrogare la sanzione nei confronti dei parlamentari, mi sembra di poter affermare che, alla luce dell'articolo 66 della Costituzione, esso non possa essere, a seconda dei casi, che la Camera o il Senato.

  PRESIDENTE. Do la parola al professor Salerno, con una precisazione, in qualità di relatore: vorrei capire soltanto se nel concetto di interesse privato sia compresa la possibilità che il soggetto possa agire nell'interesse della cosa pubblica, cioè possa porre in essere delle condotte assolutamente legittime.
  È vero che la prospettiva è cambiata, ma storicamente nella giurisprudenza del Pag. 18vecchio interesse privato, articolo 324, si poneva il problema dalla coincidenza, pur in presenza di un interesse privato, della condotta del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio con l'onesto agire, agere, un comportamento corretto pur in presenza di queste situazioni.
  Chiedo se questa lettura sia qualche modo compresa e compatibile con questo tipo di normativa o, comunque, con il problema che solleviamo.

  GIULIO SALERNO, Professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico – Università degli Studi di Macerata. Presidente, su questa lettura concordo, vale a dire che temo che queste norme possano produrre effetti distorsivi.
  Leggendo queste norme a mente fredda, senza pensare ai casi concreti rispetto ai quali molte di queste norme sono state pensate e immaginate, potrebbero dare luogo a effetti paradossali. Gli interessi privati potrebbero essere collegati, per esempio, al trattamento giuridico di un proprio familiare. Poniamo che il familiare sia un condannato per qualche reato: qualsiasi legge che riguardi quel trattamento normativo che possa incidere sul proprio familiare già condannato sarebbe considerato un interesse privato.
  Da questo punto di vista, credo che la normativa debba essere attentamente valutata, perché torno a sottolineare il dato che questa ha degli aspetti di tono costituzionale straordinariamente importanti. Qui sono in ballo princìpi, come quello della libertà del mandato parlamentare, che non possono essere trascurati a fronte di altri interessi di buon funzionamento, corretto svolgimento delle funzioni, correttezza e, ovviamente, incorruttibilità dei soggetti che svolgono funzioni di Governo così importanti.
  Dobbiamo, però, tenere conto del tenore costituzionale rispetto al quale mi meraviglia qualche previsione che fa riferimento al TAR, che si troverebbe, infatti, a sindacare in relazione a comportamenti attinenti al conflitto di interessi su atti dei quali non ha il sindacato. Bisogna stare un po’ attenti. Immaginiamo, ad esempio, un decreto-legge.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Salerno.
  Vorrei integrare una precisazione, professor Guzzetta: è possibile ritenere che un interesse non patrimoniale o non patrimonializzabile possa costituire una slabbratura sul piano della tipicità della condotte contestate ?
  In sede penale, sempre materia di cui mi occupo, quello di utilità o altra utilità è comunque un concetto che nel 99 per cento dei casi deve essere patrimonializzabile: mi sembrerebbe strano che, per sanzioni così incisive come quella penale, vi sia la necessità di una consistenza del tipo di presupposto perché sia applicata e, invece, su sanzioni che – sono d'accordo – ledono diritti costituzionali fondamentali vi sia un allargamento di questa platea, che mi sembra, anche dal discorso del professor Dalla Massara, difficilmente controllabile sul piano delle dimensioni.
  Stabilire qual è il limite dell'interesse che fa scattare l'incompatibilità mi sembra un problema che andrebbe affrontato.

  RICCARDO FRACCARO. Deva fare una sola domanda !

  PRESIDENTE. Scusate. È l'ultima domanda che faccio. Se dalla discussione il relatore ha un chiarimento, credo non meriti un rimprovero essere interessato al provvedimento.

  GIOVANNI GUZZETTA, Professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico – Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Assorbo la domanda in quanto pensavo di dire già sulla base delle altre, presidente.
  I punti sono tre, di cui uno è stato appena accennato. È evidente che ci muoviamo in una materia delicatissima, perché nel vuoto c’è un particolare vuoto. Il Costituente, verosimilmente dal presupposto che in una forma di Governo parlamentare i membri del Governo sono tutti i parlamentari...

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  EMANUELE FIANO. Non tutti i membri del Governo sono parlamentari !

  GIOVANNI GUZZETTA, Professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico – Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Non voglio dire che sia così. Nella concezione tradizionale...

  EMANUELE FIANO. Esistono i governi tecnici.

  GIOVANNI GUZZETTA, Professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico – Università degli Studi di Roma Tor Vergata. I Governi tecnici, infatti, non esistono nella tradizione parlamentare. Esistono in Italia.
  Nella tradizione parlamentare, i membri del Governo in genere sono parlamentari, e quindi forse ci si è interessati meno di una disciplina specifica per i membri del Governo. Questo, però, rende ancora più evidente che sarebbe rilevante un intervento di tipo costituzionale.
  Veniva citato un esempio: la sanzione da parte del TAR di un Ministro con la decadenza sarebbe un fatto abbastanza eclatante, tanto che nella proposta di legge, secondo me, si entra in contraddizione. Si prevede, infatti, un caso di incompatibilità, ma la sanzione per quel caso non è quella che dovrebbe essere, naturalmente, in base ai principi, cioè si è incompatibili, quindi si decade. La sanzione è invece che si resta là, si partecipa alla riunione e gli atti a cui si partecipa sono nulli, che è l'evidente imbarazzo di chi si rende conto che sta toccando una materia estremamente delicata, sennò sarebbe stato sufficiente prevedere la decadenza.
  Cito un altro caso. Si dice che chi ha sospetto di essere in conflitto di interessi investe l'Autorità per sapere se lo sia o meno: vi immaginate un Governo che, di fronte alla necessità di adottare un decreto-legge, si ferma, investe l'Autorità per sapere se il ministro può o meno partecipare all'atto, aspetta i cinque giorni prescritti e così via ?
  Siamo in una materia estremamente delicata, a fortiori per i parlamentari. Direi che, dal punto di vista della titolarità, dell'accertamento, non ci sono dubbi: lo dice la Costituzione espressamente, che parla del potere delle Camere di giudicare dei titoli di ammissione e di sopravvenuta ineleggibilità e incompatibilità e tutto rientra in quella disposizione.
  Sarebbe assurdo pensare che, siccome qui non è un caso di incompatibilità, ma di conflitto di interessi, che non necessariamente coincide, si possa attribuire a un'altra autorità, perché quella è chiaramente una norma di chiusura. Che ci piaccia o no – forse oggi ci piace meno perché i tempi sono cambiati – nel modello l'autonomia e la tutela del Parlamento è tale per cui sono i parlamentari che giudicano i propri pari.
  È superato ? In termini di de iure condendo, si può anche discutere, ma questo è il modello.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Guzzetta.

  GIOVANNI GUZZETTA, Professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico – Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Vorrei rispondere alla sua domanda.

  PRESIDENTE. Si può rinunciare, se ritiene. Magari invia una sua nota scritta alla Commissione.
  Vorrei soltanto segnalare come, dal Presidente del Consiglio ai Ministri Lanzetta, Poletti e Guidi, ci sono componenti del Governo che non sono parlamentari. Mi è venuto un esempio a caso: Renzi. È un esempio qualsiasi.
  Professore, le chiedo scusa, ma è già arrivato il presidente Pitruzzella. È una questione di cortesia. Se ci invierà questa risposta, come ci tengo, per iscritto, gliene sarò grato.
  Ringrazio i nostri esperti.

  RICCARDO FRACCARO. Vorrei precisare la mia interruzione. Siccome abbiamo poco tempo, avevo il piacere di ricevere una risposta alle domande da tutti. Va benissimo interloquire con gli auditi.Pag. 20
  Voglio aggiungere che, visto il livello dei professori auditi, credo che, se dessimo loro mandato di trovarsi attorno a un tavolo e scrivere un testo, ne avremmo uno meraviglioso da adottare come testo base per lavorare. Era solamente questa la mia precisazione.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, Giovanni Pitruzzella.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, in relazione all'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 275 ed abbinate, recanti disposizioni in materia di conflitto di interessi, l'audizione del Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, Giovanni Pitruzzella.
  Ringraziando il presidente Pitruzzella della sua presenza e disponibilità, gli do subito la parola. I tempi non sono lunghi, ma vista l'importanza del provvedimento, credo che potremo consentire al presidente Pitruzzella un tempo maggiore rispetto agli altri esperti.

  GIOVANNI PITRUZZELLA, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Ringrazio il Presidente e tutti i componenti di questa Commissione per avermi invitato a esporre qualche considerazione su un tema così delicato. Ritengo, infatti, che quello tra le Autorità indipendenti e il Parlamento debba essere un rapporto costante, anche perché le Autorità indipendenti hanno un obbligo di accountability proprio nei confronti del Parlamento.
  Come sapete, si tratta di un tema che l'Autorità antitrust ha costantemente sottoposto all'attenzione del Parlamento. Nelle relazioni semestrali sull'applicazione della normativa sul conflitto di interessi abbiamo sempre sottolineato la centralità di questa questione e la necessità di provvedere a interventi riformatori. La disciplina attuale così com’è fornisce, all’Antitrust (o comunque a qualsiasi soggetto cui si riterrà opportuno affidare questi compiti) delle armi abbastanza spuntate.
  Aggiungo che è particolarmente importante discutere oggi di questo tema perché ci troviamo in una fase di profonda trasformazione. Al di là delle singole ipotesi di riforma, e quindi al di là degli orientamenti politici, quello che veramente sta accadendo in Europa è un cambiamento degli equilibri tra democrazia, mercato e coesione sociale.
  Pensiamo, appunto, in relazione al tema oggi in esame, a come la democrazia sia considerata tante volte debole, incapace di resistere alle pressioni di interessi settoriali, frammentati, che portano a un pregiudizio per l'interesse generale, alla forza quindi che certi attori economici possono esercitare sulle istituzioni pubbliche. Basterà citare Colin Crouch, che recentemente scrive su quanto sia sopportabile il capitalismo dalla democrazia o gli scritti di Latouche, che hanno ampiamente trattato questo tipo di temi.
  Ritengo che, al di là delle vicende nazionali, da un punto di vista dell'evoluzione del contesto europeo, sia importante riflettere e non si tratta di un tema di destra o di sinistra. Pensiamo al fatto che uno degli ultimi numeri di The Economist intitolava What's gone wrong with democracy ? E poneva al centro proprio la permeabilità della democrazia agli interessi particolari.

  PRESIDENTE. Sarebbe in italiano Cosa c’è di sbagliato nella democrazia ?

  GIOVANNI PITRUZZELLA, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Cosa è andato male nella democrazia ? Cosa non funziona ?
  Ecco la legge n. 215 del 2004, anche in rapporto al contesto e alle migliori pratiche europee, presenta dei limiti emersi nell'applicazione, soprattutto sotto due profili. Da una parte, che tenderei a sottolineare, in Europa l'approccio è fondamentalmente preventivo piuttosto che repressivo, cioè si cerca di prevenire il Pag. 21conflitto di interessi piuttosto che reprimerlo con le sanzioni.
  L'altro profilo a nostro modo di vedere rilevante – rinvio, naturalmente, al testo scritto oltre che alle relazioni ex lege tante volte inviate – riguarda la debolezza dell'apparato sanzionatorio nel caso in cui dovesse emergere una situazione di effettivo conflitto di interessi o una violazione dalle regole sul conflitto di interessi. Allo stato sono previsti solamente interventi abbastanza limitati.
  D'altra parte, sottolineo che, con riguardo alle problematiche applicative, lo stesso accertamento di un conflitto di interessi è subordinato alla sussistenza di presupposti formali di non facile verifica nella legge attuale: l'adozione di un atto di Governo, il vantaggio patrimoniale preferenziale, il danno all'interesse pubblico nonché il collegamento funzionale tra questi atti e il titolare della carica. Generalmente, si tratta di elementi di difficile accertamento in relazione a fattispecie concrete.
  Proprio quest'approccio prevede la repressione del conflitto di interessi ex post e non lo si prevede ex ante, come invece avviene in sistemi come quello statunitense e britannico e, soprattutto, in quello spagnolo. La legge spagnola è, probabilmente, una degli esempi più interessanti di disciplina sul conflitto di interessi.
  In questo contesto comparativo, sul piano proprio della prevenzione, sono previsti degli istituti fondamentali, quali la cessione della proprietà, il trust cieco, (il blind trust), che costituisce uno strumento che direi ignoto alla normativa italiana sul conflitto di interessi. Contemporaneamente, dobbiamo osservare che il cuore della questione riguarda, naturalmente, forti interessi patrimoniali, che potrebbero condizionare l'esercizio di funzioni pubbliche.
  Qui vorrei evidenziare, innanzitutto, la necessità, perciò, di ridefinire il conflitto di interessi, considerando il pericolo che ne può derivare per la cura dell'interesse pubblico, per l'adempimento dei doveri connessi alla carica, piuttosto che la situazione di concreto pregiudizio per l'interesse pubblico. Mi pare che alcune delle proposte in corso di elaborazione si muovano proprio in questa direzione.
  È interessante parlare anche di un'estensione dell'ambito soggettivo di applicazione. Lo abbiamo sostenuto nelle relazioni al Parlamento, io per primo ho detto che occorre andare oltre i membri di Governo, comprendendo anche le Autorità indipendenti, ma sarebbe insufficiente. Oggi, infatti, il direttore generale di un ente pubblico – pensiamo ad esempio all'AIFA (Agenzia italiana del farmaco), che gestisce il settore farmaceutico e a quanta rilevanza economica hanno queste decisioni – adotta atti che probabilmente incidono sull'economia al pari di quelli adottati da un membro del Governo.
  Sottolinerei addirittura che, data la separazione tra politica e amministrazione presente nel sistema, l'atto politico tante volte si può limitare a un indirizzo, laddove invece la concreta gestione amministrativa determina un'incidenza effettiva sugli interessi economici a livello amministrativo.
  Il tema è, quindi, quello di ampliare l'ambito soggettivo di applicazione oltre i membri di Governo, le Autorità indipendenti, ma anche presidenti, dirigenti generali di enti pubblici, direttori generali di ministeri, naturalmente non prevedendo – permettetemi di sottolinearlo – che costoro, quando cessa l'ufficio, non possano far nulla, altrimenti avremmo un effetto paradossale per cui una persona competente, che ha bisogno comunque di lavorare per vivere, non può più continuare a farlo. Questo riacuirebbe il problema del conflitto di interessi, perché assumerebbe certe cariche soltanto chi ha una forza economica per ricoprirle.
  L'altro tema che emerge è quello delle autorità di controllo. Sul punto, potrà sembrare di parte, ma l'Autorità antitrust ha già maturato una sua esperienza nella gestione del conflitto di interessi, ha sicure professionalità al suo interno (indipendentemente dai collegi, a capo di cui stanno in un momento o nell'altro soggetti diversi) dei funzionari che si sono occupati di questa materia.Pag. 22
  Già da studioso, sono sempre stato contrario alla proliferazione delle Autorità indipendenti. Mi permetterei di suggerire, al di là dell'affidamento all'Antitrust, confermando la normativa vigente, o ad altri soggetti, di muoverci nell'ambito del perimetro delle autorità esistenti piuttosto che in quello dell'istituzione di nuove figure, secondo una tendenza a cui in passato a mio parere si è un po’ ceduto.
  Ciò premesso, l'altra questione riguarda i poteri di enforcement. Mi pare che tutte le proposte oggi all'esame partano dalla consapevolezza della scarsa incisività dei poteri di enforcement oggi in capo all'Autorità.
  È molto importante sottolineare che i testi in esame attribuiscono all'Autorità poteri più incisivi non soltanto di natura sanzionatoria ma, nell'ottica della prevenzione, di adottare strumenti effettivamente idonei a incidere sulla posizione del singolo, appunto prevedendo meccanismi di separazione del patrimonio dalla persona ovvero, nei casi più gravi, irrogando sanzioni e arrivando addirittura alla decadenza dalla carica.
  Con riguardo alle misure proposte, osservo che in qualche progetto di legge si parla anche dei parlamentari. Mi permetterei di sottolineare che risultano evidenti dei delicati profili di costituzionalità. Sappiamo tutti come la Costituzione affidi a ciascuna Assemblea, a ciascuna Camera, la verifica dei titoli di ammissione dai suoi parlamentari.
  Il fatto che un organismo esterno possa controllare i parlamentari, addirittura incidendo sulla permanenza nella carica, probabilmente pone un problema di costituzionalità. Ripeto che forse il terreno su cui questi temi relativi ai parlamentari possono essere affrontati, più che quello della disciplina del conflitto di interessi, è quello della disciplina delle incompatibilità.
  L'altro tema, contiguo a quello del conflitto di interessi e che secondo me sarebbe bene riprendere in considerazione, è quello della disciplina delle attività di lobby. Se parliamo di un condizionamento nell'esercizio dei doveri pubblici inerenti l'ufficio, questo può essere dato dal titolare della carica che ha interessi nel settore, ma può provenire anche da soggetti esterni che riescono comunque in qualche modo a influenzarlo.
  Direi che la tematica si amplia e che, accanto al cuore delle proposte all'esame, delle legislazioni in materia di conflitto di interessi, esistono però, almeno per i parlamentari secondo me, tematiche diverse. Difficilmente mi occuperei del tema sotto il profilo del conflitto di interessi vero e proprio con riguardo ai parlamentari.
  C’è poi il tema a cui accennavo, per finire, dell'incompatibilità post carica, già prevista dalla normativa vigente. Certamente, un'incompatibilità post carica, come abbiamo sempre affermato, occorre, è già prevista, ma un'estensione oltre misura condannerebbe alcune persone a non far più nulla. Nessuno accetterebbe più il posto di direttore generale, di ministro, di sottosegretario o di presidente di un'Autorità. Naturalmente, l'incompatibilità post carica deve riguardare proprio il settore che è stato amministrato (con riguardo alle regole applicate in quel settore).
  Infine, ricordo come esistano delle competenze non dell’Antitrust ma dell'Agcom, che in alcuni progetti di legge sono salvaguardate, (come quelle sul sostegno privilegiato), e naturalmente non mi occupo del tema. Sono favorevole a questa distinzione di compiti.
  Mi fermo qui, perché credo che sia più importante dare ai componenti della Commissione la possibilità di porre qualche domanda.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Pitruzzella per il suo apporto.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  RICCARDO FRACCARO. Vorrei congratularmi con il presidente Pitruzzella per le letture: ho sentito Latouche e, soprattutto, Postdemocrazia di Colin Crouch. Complimenti.
  Visto che abbiamo l'opportunità di parlare direttamente con lei in Commissione, Pag. 23mi farebbe piacere ascoltare la sua opinione sul tema del conflitto di interessi proprio delle Autorità indipendenti, o meglio il solito problema di chi controlla il controllore.
  Nell'elaborare una proposta, avevo pensato a un trittico: cariche di Governo, parlamentari controllati a livello nazionale da un'Autorità, che potrebbe essere l’Antitrust, a livello locale da un'altra. Le due autorità dovrebbero vicendevolmente controllarsi, perché il potere limita il potere, secondo un'importante tradizione. Vorrei una sua opinione su questo.
  Attualmente, il livello di garanzia dell'indipendenza dell’Antitrust da cosa è garantito ? Quali sono i parametri in vigore ?
  L'altro tema molto più pratico su cui mi interesserebbe un parere è quello della dotazione: attualmente, di quali strumenti disponete per controllare la sussistenza di conflitti di interessi ? Sono sufficienti dal punto di vista pratico ?
  Inoltre, un'estensione anche a livello regionale delle vostre competenze o degli altri enti territoriali, dal punto di vista di organico, di dotazione, quali strumenti comporterebbe, quali oneri economici ?

  PRESIDENTE. Porrei io una domanda.
  Il problema è quello delle sanzioni con riferimento a colui che dovesse violare il divieto o la situazione di conflitto di interessi. Nelle varie proposte si parla della giurisdizione del giudice amministrativo di seguito alla applicazione delle sanzioni da parte della Commissione: vorrei chiede al presidente Pitruzzella se questo portare al di fuori – è la stessa questione che ponevo a uno dei nostri esperti – del Parlamento questo tipo di situazioni possa essere compatibile con quanto accade abitualmente nell'ambito del Parlamento, cioè che i comportamenti dei parlamentari sono giudicati all'interno delle Camere di appartenenza.
  Parliamoci chiaro: esiste un disagio tra componenti del Governo parlamentari e non parlamentari, una differenza cui a mio avviso bisogna porre rimedio. Non è possibile che chi è chiamato al Governo non essendo parlamentare debba subire un trattamento peggiore rispetto a chi, invece, parlamentare è e svolge esattamente la stessa funzione. È un'elementare applicazione dell'articolo 3 della Costituzione, ma questo è un tema su cui possiamo, ovviamente, dibattere nella Commissione.
  Al di là di questo, trova in linea con le regole attuali della sanzione delle condotte all'interno del mandato parlamentare portare all'esterno le sanzioni ?

  GIOVANNI PITRUZZELLA, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Le domande poste sono, secondo me, tutte molto interessanti. Pongono l'accento su nodi problematici veri. Comincio nell'ordine in cui sono state formulate, a partire da Autorità indipendenti e conflitto di interessi.
  Sono d'accordo sull'affermazione per cui il potere limita il potere. Si diceva che l'ambizione è il principale antidoto all'ambizione altrui, questa possibilità di entrare in limitazione reciproca e in bilanciamento. Come raggiungere, però, l'obiettivo è un problema proprio di ingegneria istituzionale.
  Personalmente, al di là di quest'incontro, ho sempre pensato con riferimento alle Autorità indipendenti che dovrebbero avere una forma di accountability, di responsabilità nei confronti del Parlamento. Sono indipendenti dal Governo. L'attività di controllo, però, che ovviamente non riguarda l'indicazione sulle ragioni di un determinato atto, ma le policy delle Autorità indipendenti, dovrebbe costituire, come ripeto in tutte le sedi, un momento di confronto tra il Parlamento e le Autorità indipendenti.
  L'indipendenza riguarda poi la gestione, per esempio nel mio caso, della singola vicenda Antitrust. Naturalmente, nessuno potrà intervenire sulle indagini di un poliziotto mentre le svolge, perché sarebbe veramente un conflitto di interessi. Capite bene che, tutto con poche risorse e poche persone, sarebbe però da ipocriti dire che si possano affrontare tutti i campi.Pag. 24
  Se poi vada privilegiato l'esame del mercato farmaceutico, citando esempi a caso, ovvero quello delle TLC, secondo me dovrebbe essere oggetto di confronto con le competenti Commissioni e in primo luogo con questa, che è una Commissione che ha competenza in materia di tutte le Autorità indipendenti, per capire cosa sta succedendo.
  Per questo dico sempre che ben vengano i momenti di confronto. Il Parlamento in questo modo può orientare, ma può essere anche informato per meglio legiferare. È, quindi, quello il tema vero e proprio in quel momento e proprio perché la trasparenza e la pubblicità sono il modo principale per limitare il potere, esiste un bilanciamento effettivo. Il bilanciamento non può essere fatto in chiave cartolare solamente perché si manda una relazione o perché ci si incontra per la relazione annuale.
  Badate bene che sarebbe un modo per rilanciare il ruolo del Parlamento. Parlo senza ipocrisie, sono diretto: anche noi in questa fase da tempo viviamo il problema del ruolo del Parlamento, soprattutto in questa fase di trasformazioni, in cui il Governo adotta i decreti-legge e così via. Il Parlamento può avere un ruolo fondamentale nel riappropriarsi delle sue funzioni di controllo su temi realmente scottanti e decisivi per la vita del Paese.
  Pensate al problema della rete sia come infrastruttura fisica sia come supporto per lo sviluppo dell'economia digitale. Tutto ciò non è una cosa di cui ci si occupa solo con la legge. Le competenze sono anche in autorità di regolazione, ma il Parlamento non può restare estraneo a queste vicende e a queste scelte. Credo che quello sia il tema vero per il rapporto con le Autorità indipendenti se vogliamo restare su cose reali e non soltanto su un manifesto.
  Mi permetto di sottolineare un altro aspetto – qui parlo di casa mia – al quale tengo moltissimo. Badate bene a un tema che anche nel dibattito pubblico in Parlamento sfugge: Antitrust e altre autorità indipendenti rappresentano situazioni diverse. Le altre sono autorità di regolazione, che interloquiscono con le imprese per porre regole in un segmento definito, ex ante, che possono quindi modificare gli equilibri.
  Altro è il ruolo dell’Antitrust che quello del poliziotto: interviene ex post, quando c’è stato un illecito, per sanzionarlo, e il suo punto di riferimento è il consumatore. L’Antitrust, quindi, è l'Autorità che interviene, non solo in Italia, ma anche nel contesto europeo, a tutela di soggetti deboli e del benessere del consumatore. Direi, quindi, che il tipo di intervento è comunque differente e non solo.
  Infatti, ai fini del conflitto di interessi, nel caso del regolatore, questo si occupa di 50, 100 aziende e soltanto di quelle. L’Antitrust si occupa di tutte le attività economiche e di tutti i soggetti pubblici e privati. Ci sarà, ad esempio, l'ENI o Telecom, ma anche il piccolo negozio di un paesino sperduto che vende schede telefoniche, ci sarà il comune di Milano, ma anche il piccolo comune. Ci occupiamo di tutti.
  È evidente che porre un'incompatibilità che riguarda qualsiasi attività significherebbe dire che chi lavora all’Antitrust non può più fare nulla a vita o comunque per tre anni, ma nessuno può uscire fuori dal mondo del lavoro, salvo che sia ricco di famiglia o abbia altri fini. Questa è una cosa importante.
  Sul problema centrale delle Regioni e degli enti locali, sottoscrivo pienamente quanto è stato detto ed è anche in qualche progetto di legge. Il problema del conflitto di interessi in uno Stato comunque regionale, delle autonomie, non riguarda solo il Governo e le autorità garanti ma, come le vicende di cronaca degli ultimi anni mettono in evidenza, soprattutto le regioni e gli enti di grandi dimensioni.
  Chiaramente, altro è il discorso dei reati, della corruzione e così via, che non ci riguarda, è di competenza del giudice penale, altro quello della prevenzione del conflitto che dovrebbe riguardare, appunto, le Regioni. Oggi un assessore regionale alla sanità incide sugli interessi economici molto di più – nessuno se ne offenda – del Ministro della salute, che si occupa di indirizzi, di leggi, ma poi non Pag. 25stabilisce quali siano gli ospedali, il numero di posti letto, il tipo di accreditamento.
  È lì, in settori cruciali per la spesa pubblica e per gli interessi economici, che si annida il potere. Allora, sarebbe ipocrita una legge sul conflitto di interessi che si occupi, giustamente, di quanto abbiamo esaminato, ma non, in questo assetto, delle Regioni.
  Chi controlla ? L'Autorità antitrust, ma credo nessun'altra autorità, con le persone che ha a disposizione difficilmente potrebbe occuparsene. Tale difficoltà potrebbe essere risolta, piuttosto che attraverso nuove assunzioni, attraverso l'utilizzo di personale che proviene da altre amministrazioni, le formule si possono trovare, ma con le risorse attuali credo che pochi potrebbero occuparsi dello Stato e delle Regioni.
  Andiamo al tema delle sanzioni e concludo. Anch'io vedo, almeno personalmente, con preoccupazione la traslazione del potere di controllo verso il giudice amministrativo. Dire che a un certo punto si applicano delle sanzioni, ma alla fine quello che decide è soltanto il giudice amministrativo significherebbe che, probabilmente, usciamo al di fuori dei circuiti della democrazia, anche di una democrazia più partecipata.
  Non so come, ma si può studiare: cercherei di valorizzare al massimo il ruolo del Parlamento, dove alla fine siedono anche i rappresentanti di tutte le correnti di pensiero delle forze politiche del Paese. Il rischio è che, altrimenti, si affidi a una burocrazia, sia pure qualificata.
  Il punto è di pensare a una legge che impedisca delle cose, che a decidere sia l’Antitrust o le autorità che volete. C’è la possibilità che qualcun altro, per esempio un organismo parlamentare, verifichi non tanto con interpretazioni creative, ma alcuni profili procedurali, alcune regole fondamentali, che devono essere rispettate nell'accertare la decisione dell’Antitrust. Certamente, però, a mio avviso, con riguardo ai membri del Parlamento, ci sono dei problemi di costituzionalità nell'affidare a organismi esterni i poteri sanzionatori.

  PRESIDENTE. Hanno chiesto di intervenire i colleghi Fraccaro, Sanna e Migliore per porre ulteriori quesiti.

  RICCARDO FRACCARO. È rivolta in realtà a tutti noi la prima domanda che mi viene in mente, sempre sulle Regioni. Anch'io trovo fondamentale estendere la disciplina. Pensarne prima una a livello nazionale già sarebbe un passo in avanti, poi effettivamente è fondamentale pensarla anche per le Regioni.
  Il problema è che non abbiamo la competenza. Lo Stato oggi non ha la competenza per disciplinare in maniera dettagliata quanto meno la disciplina del conflitto di interessi a livello regionale. Inoltre, vorrei anche sapere, se è possibile, che strumenti oggi utilizzate per controllare, ad esempio dal punto di vista dei data base, oggi spesso non collegati e non fruibili ?

  FRANCESCO SANNA. Presidente, vorrei chiederle se sia nella fase attuale, cioè a legislazione invariata, sia nella prospettiva in cui Antitrust sia confermata quale Autorità che rileva e sanziona i conflitti di interessi, ella non ritenga che debba esservi, per suggerimento o previsioni di legge o per autonoma determinazione del Collegio, una differente prospettiva di pubblicità dei lavori su questi temi.
  Conosciamo la sua trasparenza totale, come delle procedure di Antitrust sui suoi compiti istituzionali: su questi compiti aggiunti vi è non voglio dire una segretazione, ma qualcosa che le somiglia alquanto, quindi vorrei un parere su questo.

  GENNARO MIGLIORE. Porrei una domanda che ho posto anche in altre audizioni. Sto cercando di farmi un'opinione.
  La ringrazio per l'intervento e, prima di tutto, condivido la sua notazione sull'integrazione maggiore che dovrebbe esserci tra Parlamento e Autorità indipendenti, Pag. 26anche per segnalare quello che lei ha stabilito come una gerarchia di priorità. Questo mi è chiaro.
  Proprio perché mi è chiaro questo punto e proprio perché lei, giustamente, ha aggiunto, anche su sollecitazione dei colleghi, tutta la materia riguardante gli eventuali conflitti di interessi a livello locale, mi chiedo come possa sopportare una mole di lavoro teoricamente così ingente una singola autorità, mentre potrebbe esserci una definizione, per esempio, di un collegio come negli arbitrati, sorteggiato e che di volta in volta, su indicazione di specifiche segnalazioni fatte dall'autorità, provveda all'istruzione e alla decisione del conflitto di interessi che riguarda in particolare persone fisiche.
  L’Antitrust, infatti, come sappiamo, è relativa anche alle aziende: siccome c’è, in primo luogo oserei dire, comunque la necessità di avere una quanto più ampia capacità di lettura di questo processo come di un processo indipendente e «casuale», mi chiedo se questa possa essere una delle strade da adottare.

  PRESIDENTE. Vorrei soltanto fare una precisazione. Approfittiamo forse della cortesia del nostro ospite, il dibattito non può diventare una radiografia dell'Autorità da lui presieduta. Scusate, vorrei che fosse chiaro che non diventa una radiografia né un'indagine conoscitiva sull'Autorità diretta da professor Pitruzzella.
  Se c’è quest'equivoco...

  GENNARO MIGLIORE. Presidente, non c’è mai stata un'audizione così interessante, almeno per me. Era un apprezzamento.

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, non era una risposta soltanto alla domanda di Gennaro Migliore, ma sul generale approccio delle domande successive, che mi sembrava in qualche modo fossero un po’ invasive dell'Autorità rispetto al tema dell'informazione sul testo del conflitto di interessi.]
  Se questo è accaduto, le chiediamo scusa e comunque le diamo la possibilità di rispondere come meglio ritiene di fare.

  GIOVANNI PITRUZZELLA, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Presidente, la ringrazio, ma noi siamo una casa di vetro, pienamente trasparente.
  Il primo problema è quello della competenza del Parlamento a legiferare in materia di conflitti di interessi che riguardano le Regioni. Il problema sussiste e va studiato. Non c’è, come vedete, nell'elenco dell'articolo 117 della Costituzione una materia sul conflitto di interessi: a quale materia dobbiamo ascriverlo ?
  Non è detto che sia il tema ineleggibilità e incompatibilità dei consiglieri regionali, perché parliamo di cariche di Governo, di direttori generali e così via, quindi è un tema diverso. Non è detto che sia quello dell'ordinamento degli uffici. Forse potrebbe esserlo, ma a quel punto ci sarebbe una possibilità di legislazione direi condominiale, concorrente: il Parlamento fissa i princìpi, dopodiché saranno le Regioni a sviluppare il resto della normativa. Degli spazi di intervento, quindi, probabilmente potrebbero esserci.
  È, però, vero che – scusate se mi lego all'ultima domanda, ma sono connesse – qualora parliamo di un'estensione della disciplina del conflitto di interessi a Regioni ed enti locali, la mole di lavoro è amplissima.
  Per quanto riguarda l’Antitrust, abbiamo in tutto 240 dipendenti. Siamo l'Autorità con meno dipendenti tra le autorità indipendenti. Potete confrontarlo facilmente; ci occupiamo di tutto il diritto antitrust in tutti i mercati, della tutela del consumatore, accertando e sanzionando le pratiche commerciali scorrette e la pubblicità ingannevole, del rating di legalità, dei ricorsi avverso le pubbliche amministrazioni lesive dei princìpi della concorrenza e anche di conflitto di interessi.
  Faccio notare che, quando si vuole potenziare o depotenziare determinate attività, basta scriverlo sulla carta e poi dedicarvi cinque persone: di fatto un'attività è depotenziata. Scusate, ma io sono chiaro.
  A quel punto, è evidente che potremmo reggere con qualche incremento lieve il Pag. 27conflitto di interessi con una migliore disciplina a livello statale. Quando, però, poniamo il tema su tutto il Paese, credo che né noi né altre autorità potremmo svolgere efficientemente il loro lavoro.
  L'ipotesi del collegio, di una sorta di soggetto terzo, potrebbe andar bene, quindi la giudico positivamente, con riguardo proprio non alla fase preventiva, ma a quella in cui veramente si è accertato un conflitto. In quel caso, si procede a un'azione simile a quella del magistrato penale e poi un collegio terzo decide.
  In questo caso, però, il problema delicatissimo e di difficile soluzione è chi porta il caso davanti al collegio. L’Antitrust potrebbe farlo per le vicende nazionali. Per le vicende locali ? Dobbiamo stare attenti a evitare che mille soggetti agiscano. Il risultato che si ottiene è, come per i temi della giustizia civile, che tanti vanno in giudizio e che, se non si prende la decisione, in realtà abbiamo peggiorato la situazione. Dovremmo fare in modo che ci sia comunque un filtro. Potrebbero arrivare delle segnalazioni all’Antitrust e questa potrebbe portarle davanti a questo collegio.
  Dico, però, una cosa che ho detto nelle mie segnalazioni al Parlamento e che ribadisco, ricollegandomi ancora al discorso del bilanciamento: badate bene che è fondamentale che tutto ciò si colleghi all'idea dell’open government, della casa di vetro. Il principale controllo deriva dal fatto che le informazioni, per carità non quelle che riguardano la sfera privata, le abitudini del singolo – stiamo parlando di interessi patrimoniali e simili – siano accessibili. Ritengo che questo sia un bene, senza diventare occhiuti su questioni personali.
  Per quanto riguarda i nostri poteri e cosa facciamo, operiamo – lo dico perché è stato evocato – in due modi sulla base della legge vigente, che giudico insufficiente: quando il Governo si forma, ci sono delle dichiarazioni rese sulle situazioni patrimoniali e simili e decidiamo se esiste un'incompatibilità, e quindi se, per esempio, si debba cessare da qualche carica. Lo facciamo sempre.
  Si è giustamente chiesto perché i procedimenti sono opachi: i nostri procedimenti sono trasparenti, ma chiaramente non tutta l'attività di indagine. Non potremmo condurre indagini se il colpevole sapesse che ha qualcuno sul collo. Svolta, però, l'indagine, c’è il massimo del contraddittorio, l'apertura. Per nostra fortuna, le associazioni dei consumatori partecipano attivamente a tutte le fasi e sono molte, pluralistiche, quindi non c’è una cultura o un'altra, è aperta a tante cose.
  Sul conflitto di interessi l'Autorità riceve le informazioni sulle situazioni personali che non possiamo rendere pubbliche, anche perché possono esserci coniugi, figli e così via, una situazione appunto di privacy che deve essere tutelata.
  Il Parlamento dovrebbe definire una normativa che individui i dati che devono essere resi pubblici, a quel punto indipendentemente dal fatto che siano trasferiti all’Antitrust, e quali invece non devono esserlo. È già previsto in modo analogo con la situazione patrimoniale dei componenti del Governo.
  Interveniamo poi in caso di conflitto reale. Come, però, ho detto proprio nel testo scritto, a causa del modo in cui è stata costruita la fattispecie verificare che un soggetto abbia compiuto un certo atto è molto complicato. In qualche caso lo abbiamo fatto, ma sono casi sporadici. C’è una verifica successiva sull'incompatibilità post carica, per cui nell'anno successivo all'assunzione della carica nel settore in cui si è amministrato non si possono ricoprire incarichi. L'Autorità svolge un monitoraggio: se il soggetto non si adegua, la sanzione è soltanto reputazionale. Fondamentalmente, lo pubblichiamo nella lista di coloro che non si sono adeguati.
  Devo dire che, però, almeno per la mia esperienza, ho trovato sempre, quando siamo intervenuti – poi le notizie non sono finite sui giornali – che gli ex ministri o sottosegretari si sono adeguati alle nostre indicazioni. Non c’è stato mai un contenzioso. Hanno capito che c'erano dei profili di incompatibilità, e quindi magari l'hanno accettato e si sono dimessi o, addirittura, ci hanno scritto quasi sempre Pag. 28prima chiedendo preventivamente e noi abbiamo verificato se si potesse fare o meno.
  Badate che tale sistema funziona, perché è reso pubblico. Se rispondiamo che si può fare, è pubblico, quindi lo si verifica attraverso i provvedimenti. In ogni caso, c’è un rapporto di collaborazione – puoi farlo o non puoi – piuttosto che la sanzione che scatta quando qualcuno ha agito in assoluta buona fede. A mio parere, in questo modo il meccanismo funziona meglio.
  Va bene, quindi, la trasparenza, ma con rispetto della privacy.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Pitruzzella.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.15.